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“Basta un colpo per darmi il tempo di scappare e procurarmi delle spade.” Ori scrutò Hiraga. Considerava
tra sé le preziose informazioni appena ricevute e già riformulava la risposta da dare al brutale messaggio di Anjo
chiedendosi quanto potesse osare e quanto si potesse fidare delle notizie di Tyrer. Come sempre gli accadeva in
circostanze di quel genere, ricordò con disagio le ammonizioni con cui era stato congedato dal capo del suo
ministero. “Prendi.” Hiraga scosse il capo, ammutolito per la rabbia. Malcolm e Jamie hanno ragione, ti vuoi
soltanto impadronire della Struan o mandarla in rovina. Ah, doversi fidare di un uomo! Se soltanto fossi a
Parigi, o a Hong Kong, là conosco decine di donne alle quali potrei rivolgermi con discrezione e ottenere l'aiuto
che mi serve. Ma qui? “Calmati!” gridò. “Il soldato ha ragione. I samurai spaventano la gente! Hiraga annuì:
“Non tutte parole, ma capito”. Aveva colto il senso del discorso e ne era rimasto turbato perchè non riusciva a
spiegarsi come un grande generale potesse venir considerato cattivo. “Prego, continua, Taira-san.” Tyrer
proseguì la lezione di storia, poi si interruppe: “Torniamo al tuo caso. Quando hai lasciato lo Yoshiwara le
guardie ti hanno creato problemi?”. Lasciò spuntare le prime lacrime. “Per favore, aiutatemi.” “Vedete,
sfortunatamente il padre non è il signor Struan.” “La mia compagnia è onorata di servire i vecchi clienti. Prego,
“Vorrei che per favore voi faceste pervenire loro a Osaka il mio impegno e vi sarei grato se in cambio di questo
mi anticipaste del denaro.” “Avete ragione” sentenziò l'ammiraglio. “Tyrer, versate al povero sir William un
altro gin.” Tyrer si precipitò a ubbidire. Sir William trovò il fazzoletto, si soffiò il naso, fiutò una presa di
tabacco, starnuti e si soffiò di nuovo il naso. “Perché sono degli idioti. Taira sarà la punta della tua lancia. Lui è
in grado di farti accettare, di ordinarlo. Insisterà.” “Sì, signore.” Hiraga sospirò mentre le sue dita allentavano la
pressione e al dolore si sostituiva una sensazione di piacere diffuso. Dunque tutti sanno che io sono uno shishi,
pensò. Soltanto il petto si alzava e si abbassava seguendo il ritmo regolare del cuore. Poi se ne andò senza
aggiungere altro. “Perché non organizzarne uno tutte le settimane? Tette d'Angelo potrebbe sgambettare e
mostrarmi i suoi mutandoni tutti i giorni della settimana insieme a Naughty Nellie Fortheringill...” “A sonno-
joi. Ah, avevo ragione!” Ancora quella risata che lo sconcertava. “Interessante.” McFay finì il suo curry e gridò
per farsene portare un'altra porzione. “In cambio non lo dirò ad anima viva.“ “Oh, voi sorridete, onorato
samurai! Non è un trucco per spillarvi denaro” disse mentre le sue dita lavoravano sulla schiena. “E un segreto
che mi ha tramandato mia nonna. Anche lei era cieca.” “Approfittando della confusione andremo all'assalto
della più grande. Abbiate dunque la compiacenza di ordinare un bombardamento limitato, venti cannonate, ai
“No, grazie, mi rimangono ancora alcuni oban” rispose esagerando giacché gliene rimanevano soltanto due.
“Per favore apritemi un credito da cui dedurrete le spese della stanza e del cibo. Ho bisogno di vestiti e di spade.
Vi prego inoltre di trovarmi una massaggiatrice.” “Potrete fermarvi almeno tre giorni, Otami-san. Spiacente, ma
nel caso di un'improvvisa incursione dovete essere pronto ad andarvene in fretta, di giorno o di notte.” Hiraga
percepì il suo disappunto e se ne rallegrò. Sonno-joi, pensò con astio. Era stato costretto a pagare di tasca sua i
servizi di Fujiko ma non se ne preoccupava. Raiko gli aveva detto: “Visto che paghi bene, anche se non quanto i
gai-jin, accetto. Ma Taira dovrà avere Fujiko dopodomani; non voglio che se ne trovi un'altra...”. “Signora,
vogliate accettare le mie...” “La prima che ti capiterà tra le mani. Mi fido.” Nettlesmith scrutò ancora Tyrer che
si sforzò di non tradire alcuna emozione. “Maledetti bastardi!” esclamò l'ammiraglio con il volto più paonazzo
del solito, dirigendosi verso la mensola per versarsi un altro whisky generoso. “Sono al di là di ogni
comprensione.” Li odio tutti, eccetto Malcolm. A fatica Hiraga passò all'inglese, e con lunghe pause tra una
parola e l'altra spiegò: “Molte guardie alla porta e al cancello. Io passato per palude e acqua e recinto. Soldati
visto. Io fermato, inchinato, preso lasciapassare, loro buttato per terra. Io lottato ma loro troppi”. “Per favore,
dimmi come si dice in giapponese: oggi, domani, dopodomani, settimana prossima, anno prossimo; e come si
Per tutti gli dei, quando tornerà l'imperatore mercanti e zaibatsu la pagheranno cara... “Prendi.” Hiraga scosse
il capo, ammutolito per la rabbia. Uno dei miei uomini ha un braccio rotto e un altro il naso rovinato. La
prossima volta che lo prendiamo non gliela facciamo passare liscia.” I due soldati se ne andarono. “Prendi.”
Hiraga scosse il capo, ammutolito per la rabbia. Guardava André con un'espressione fiduciosa e implorante.
Sono costretta ad affidarti la mia vita ma grazie a Dio adesso ti leggo nell'animo. Dannazione! Questo non è
che l'inizio. Dobbiamo imparare tutto quello che sanno ed essere in grado di pensare come loro, così poi li
potremo distruggere”. Era una bella giornata e la baia era punteggiata di navi. I mercanti convergevano verso il
circolo. “Oh, salve, André! Sono contento di vedervi. “E voi, prediligete qualche casa? Siete in buoni rapporti
con una mama-san?” “E una certa sera” lo interruppe Ori spingendosi oltre col pensiero, “magari ne potremmo
Quando si fu calmato, Tyrer disse: “Mi dispiace, ma è stato un tuo errore...”. Arretrò d'istinto per evitare
l'improvviso scatto di Hiraga. “Il sorriso comincia in molte parti del corpo. Le mie dita vi ascoltano, ascoltano i
vostri muscoli e a volte anche i vostri pensieri.” Sei di loro stavano diligentemente preparando il gatto a nove
code con cui all'alba sarebbero stati puniti con cinquanta frustate per aver turbato l'ordine e la disciplina
militare: uno per aver minacciato di spezzare il collo a un nostromo omosessuale, tre per rissa, uno per aver
rubato una razione di rum e un altro per aver insultato un ufficiale. L'inserviente tornò in cucina brontolando e
non appena vi giunse si sbellicò dalle risate nel pandemonio che vi regnava. “Fay della Nobil Casa è scoppiato
come un barile di petardi quando gli ho messo il roastbeef sotto il nasone fingendo che fosse curry. Ayeeyah”
disse tenendosi la pancia dal ridere. Hiraga annuì: “Non tutte parole, ma capito”. Aveva colto il senso del
discorso e ne era rimasto turbato perchè non riusciva a spiegarsi come un grande generale potesse venir
considerato cattivo. “Prego, continua, Taira-san.” Tyrer proseguì la lezione di storia, poi si interruppe:
“Torniamo al tuo caso. Quando hai lasciato lo Yoshiwara le guardie ti hanno creato problemi?”. Sir William e
l'ammiraglio, suo ospite d'onore, entrambi vestiti da sera, erano furenti. Hiraga si alzò di scatto. Mentre si
infilava la yukata chiese alla massaggiatrice di tornare l'indomani alla stessa ora e la congedò. Si avvicinò alle
spade che gli aveva procurato lo shoya in attesa di trovargliene di migliori e si inginocchiò in posizione di
difesa-attacco, rivolto verso la porta. “Fallo entrare, e tieni tutti lontani.” Il giovane contadino, esile e sporco,
strisciò con il suo kimono cencioso lungo il corridoio e si inginocchiò fuori dalla porta. “Siete molto forte,
samurai-sama” disse la giovane, rompendo il silenzio. “Per favore, dimmi come si dice in giapponese: oggi,
domani, dopodomani, settimana prossima, anno prossimo; e come si chiamano i giorni della settimana e i mesi
dell'anno.” Euforico aggiunse: “Ci sarà molto utile, la useremo per aizzarli tra di loro, così si uccideranno senza
“E colpa di Babcott e del suo sonnifero se ora mi trovo in questo guaio” borbottò lei con una voce che lo fece
rabbrividire. “Allora quell'uomo è vivo?” “Va bene, glielo chiederò. Ma potrete parlare con lui soltanto in mia
presenza.” André Poncin sgranò gli occhi: “Siete incinta?”. Jamie McFay alzò le spalle. “Attento. Qui mi
faccio chiamare Nakama Otami.” Nella casetta accanto alla Legazione britannica che divideva con Babcott,
Tyrer faceva esercizio di calligrafia con Hiraga, che conosceva con il nome di Nakama. “Vi sto ascoltando,
parlate, Phillip, o leggerete la notizia sull'edizione del pomeriggio.” Sorridendo benevolmente McFay raccolse
l'ultimo sugo con un pezzo di pane e se lo portò alla bocca. Ruttò e allontanò la sedia dal tavolo accennando ad
alzarsi. “L'avete voluto voi.” “Un aborto? Ma siete cattolica!” Nella nicchia del takoyama c'erano una lampada
a olio, una composizione floreale e un piccolo dipinto raffigurante un paesaggio con una piccola casa in un
boschetto di bambù e sull'uscio una donna minuta dall'aspetto desolato e lo sguardo perso in lontananza. “Me lo
procurerò.” Hiraga ringraziò con un inchino e nascose il disappunto per quelle condizioni.