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Nella prima fase della storia di Roma i cives osservano i precetti dello ius inscindibilmente

legati al fas, il controllo è affidato ai Pontefici ovvero sacerdoti ai quali spettano compiti
fondamentali come l'organizzazione del calendario e i giorni fasti e nefasti garantendo la Pax
deorum. Tramite il responso i Pontefici interpretano i Mores maiorum ed elaborano la
scienza iuris.
Riguardo l'epoca regia si presume esistessero le c.d. leges regiae, probabilmente
consuetudini recepite da parte del Rex.
Nel 450, frutto di pressioni da parte della plebe, vennero emanate le dodici tavole,
fondamentale complesso normativo composto da una commissione di 10 uomini i decemviri
legibus scribundis.
Tale codice nel 390 andò perduto durante il sacco della città ad opera dei Galli ma
comunque per molti secoli i romani riconobbero in esso la fonte di tutto il diritto sia pubblico
che privato poiché in esso erano disciplinati i principali rapporti di scambio, trasferimento di
diritti sulla res e alcuni gravi crimini e antichi riti processuali delle legis actiones.
Contemporaneamente continua il processo di consolidamento del regime repubblicano, il
popolo si riunisce in assemblee cittadine il comizio centuriato che da originale funzione
militare assume un ruolo centrale per molti aspetti della vita politica di Roma, dividendo il
popolo in 5 classi in base alla ricchezza posseduta votando le leggi proposte dal magistrato
che se approvate prendono il nome di legis Rogatae.
Altro pilastro dell'ordine repubblicano è il pretore, eletto annualmente nel comizio centuriato
e titolare di imperium alla pari dei consoli anche se con minore potestas, istituito con la legge
Liciniae sextiae nel 367, successivamente nel 242 fu istituito anche il pretor peregrinus.
All'inizio dell'anno di carica il pretore pubblicava nel foro il programma annuale della sua
giurisdizione, configurando nell'editto specifici mezzi processuali su situazioni concrete in cui
avrebbe fornito tutela giudiziaria a coloro che gliene avessero fatto richiesta.
Le disposizioni che si trasmettevano da pretore a pretore venivano chiamate edictum
tralaticium, mentre quelle che se ne aggiungevano in circostanze particolari era il c.d.
edictum repentinum, formando nel totale il c.d. ius honorarium.
Il ruolo di questo diritto fu di aiutare integrare o correggere il diritto civile per il pubblico
interesse come disse Papiniano.
Con la creazione del diritto pretorio si affermò da un lato lo ius civile formato dagli antichi
Mores, dalle 12 tavole e dall’interpretazione Pontificale, dai responsi dei Giuristi, dalle leggi
comiziali e dei Plebisciti; dall'altro lo Ius honorarium interagiva direttamente sul piano
processuale offrendo non solo ai cives ma anche agli stranieri efficace protezione
giudiziaria.
ultima fonte di produzione erano i senatoconsulti,delibere del Senato e fonti indirette.

Nel 31 a.c. nasce il principato, con Augusto muta l'organizzazione degli uffici pubblici con
nuove figure di funzionari che dipendono dal principe e con la creazione di una struttura
parallela amministrata dall'imperatore il fiscus che si affianca all’aerarium populi romani.
L'ultima legge comiziale è sotto Nerva, l'editto pretorio si cristallizza sotto Adriano, il Senato
è ormai sotto il controllo Imperiale affermandosi gradualmente l'idea che il principe possa
emanare in prima persona atti aventi efficacia normativa come nel celebre caso della lex de
imperio vespasiani 69 d.c.
Il principe poteva emanare le Constitutiones, divise in:
● Edicta, disposizioni indirizzate al popolo per tutto l'impero
● Mandata, istruzioni inviate ai funzionari
● Decreta, sentenze emanate nell'esercizio della funzione giurisdizionale svolta dal
Principe
● Rescripta, risposte date alle richieste dei privati
● Epistole, pareri scritti dati a magistrati e funzionari
I primi due secoli e mezzo dell'età imperiale l'ordinamento Romano si regge sulle
costituzione e su responsa prudentium.
Dopo Papiniano Paolo e Ulpiano non si hanno più scienze giuridiche creative, il responso
cede il passo al parere concesso dagli uffici della burocrazia centrale emergendo la
tendenza alla semplificazione.
Nel 426 Valentiniano III emanò una legge delle citazioni per stabilire quali fossero i giuristi le
cui opere potevano essere usate nei tribunali, infatti era consentito usare gli scritti di
Papiniano Paolo Gaio Ulpiano e Modestino nonché di tutti i giuristi menzionati da costoro e
se l'opinione fosse stata in contrasto avrebbe prevalso la maggioranza oppure l'opinione di
Papiniano.
Due compilazioni private si hanno con i codici gregoriano ed ermogeniano mentre la prima
raccolta ufficiale si ha nel 438 ad opera di Teodosio II: inizialmente aveva stabilito di creare
un codice che avrebbe dovuto avere finalità didattiche dove sarebbero rientrate le norme da
Costantino in poi purché dotate di carattere generale, mentre in un secondo codice
avrebbero dovuto trovare posto solo le norme in vigore tratte dal primo codice dei precedenti
gregoriano ed ermogeniano.
Quest’ambizioso progetto non vide mai la luce, nel 435 si raccolse in un unico codice tutte le
norme generali da Costantino in poi e dal 439 il nuovo codice entrò ufficialmente in vigore.
Un secolo più tardi Giustiniano annuncia con la Costituzione deo auctore l’intento di
costruire un monumentale edificio giuridico, e nel 533 Giustiniano proclamò che la sua
impresa era compiuta affermando nella costitutio tanta che esclusivamente all’Augusta
auctoritas era concesso sia creare sia interpretare le leggi.

Il pensiero giurisprudenziale accompagna lo svolgimento storico della Civiltà Romana per un


arco temporale vastissimo.
Uno dei caratteri principali è appunto la controversialità, come diceva Norr un diritto instabile
e Iperstabile allo stesso tempo.
Gli elementi del giureconsulto erano il respondere l’agere e il cavere:
l’agere è l'agire processuale, il cavere consiste nell'allestire congegni verbali necessari ai
privati per comprare e concludere contratti, il respondere è per l'esperto di diritto la risposta
alle sollecitazioni alle domande rivolte da costoro su infinite questioni non solo giuridiche.
Nella Roma antica il giurista è onnipresente, notava jhering, un interprete tra il vecchio e il
nuovo, appena fuori dal caso dal quale era scaturita la soluzione elaborata dal giureconsulto
questa era immersa in un circuito di opinioni e di valutazioni tecniche, un sapere quindi
specialistico, restando impregiudicata la possibilità di seguire un indirizzo differente per un
caso uguale a quello già deciso.
In origine la prassi pontificale impose la segretezza e i primi giuristi furono Publio Papirio e il
suo allievo Appio Claudio il decemviro che contribuì alla stesura delle 12 tavole.
Nel 280 Tiberio Coruncanio ebbe il merito di rompere la segretezza del collegio Pontificale,
per primo iniziò a insegnare pubblicamente il diritto, verificandosi così la laicizzazione del
sapere giuridico.
Nel 198 Sesto Elio tramite il tripartita analizzerà le dodici tavole, qualche decennio più tardi
sono attivi i giureconsulti Publio Mucio Scevola, Giunio Bruto e Mario Manilio costoro sono
visti da Pomponio come qui fundaverunt ius civile, fondare nel senso di dare assetto e
stabilità a una disciplina che aveva già una lunga tradizione alle spalle.
L'ultimo secolo della Repubblica si apre con Quinto Mucio Scevola il pontefice, console nel
95 a.c. scrisse 18 libri di diritto civile in una disposizione ordinata per genere ordinando il
diritto in genere e specie.
Suo allievo fu Rufo, console nel 51, abilissimo oratore che sottopose ad analisi critica il
commentario civilistico di Quinto Mucio.
Rufo appare come colui che era stato in grado di trasformare il diritto in ars, la iuris scientia.
In età augustea è operante a Roma uno degli esponenti più autorevoli della giurisprudenza:
Labeone, fortemente critico nei confronti dell'operato del console di cui aveva intuito i
disegni politici.
Fonda la scuola dei proculiani in forte contrasto ideologico con capitone che fondò l'altra
influente scuola dei sabiniani.
Nell'età antoniniana Sesto pedio si dedica soprattutto allo studio di tematiche contrattuali,
per lui l'accordo delle parti era l'elemento cardine su cui si fondavano non solo i contratti
consensuali ma anche quelli re verbis litteris.
Altro giurista fu Salvio Giuliano al quale Adriano affida il compito di stendere il testo definitivo
dell'editto perpetuo, altro ancora fu Gaio autore del celebre manuale di istituziones in 4 libri a
quale si ispireranno le istituzioni giustinianee.
Con l’epoca dei Severi fiorisce l'ultima grande stagione del pensiero giuridico romano come
diceva savigny tramite Papiniano Paolo e Ulpiano.
Dopo Modestino la giurisprudenza si avviò rapidamente al declino.

il Corpus Iuris Civilis fu il risultato del lavoro di maestri bizantini incaricati da Giustiniano di
realizzare un'impresa eccezionale per vastità e complessità; il progetto prese forma nel 529
componendosi di leggi estratte dai codici precedenti e di alcune costituzioni successive.
Nel dicembre del 530 si avvia un nuovo progetto allo scopo di sostituire l'uso diretto delle
opere classiche e nel 533 vide la luce la splendida raccolta chiamata digesta o pandette
divisa in 50 libri che prese il posto dei testi originali, mentre un mese prima era stato
pubblicato un manuale destinato agli studenti ovvero le istitutiones che sostituiva l'omonima
opera di Gaio.
La nuova versione del codice fu pubblicata nel 534 e fu diviso in dodici libri nota con il nome
di Codex repetitae praelectionis, mentre successivamente nel 565 vengono emanate altre
leggi c.d. novelle.
L'impresa codificatoria fu realizzata grazie alla perizia e alla cultura giuridica di alcuni
funzionari, primo fra tutti Triboniano ma anche Teofilo Doroteo e Anatolio.
Il diritto giurisprudenziale e imperiale ricevono in egual misura il crisma di un riconoscimento
ufficiale creando un corpo organico e autoreferenziale di precetti dotati tutti di immediata
forza normativa.

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