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Duke Ellington

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Duke Ellington

Duke Ellington nel 1940

Nazionalità  Stati Uniti


Genere Swing
Jazz
Blues
Periodo di 1914 – 1974
attività musicale
Etichetta Columbia, Brunswick,
Victor
Album pubblicati 20
Sito uf ciale
Modi ca dati su Wikidata · Manuale
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Edward Kennedy Ellington, detto Duke (Washington, 29 aprile 1899 – New


York, 24 maggio 1974), è stato un direttore d'orchestra, compositore e
pianista statunitense.
Duke Ellington è considerato uno dei massimi compositori del '900, oltre le
etichette di genere; grande è stata e rimane la sua in uenza su generazioni di
jazzisti: dalle orchestre bianche di Woody Herman e Charlie Barnet a
Thelonious Monk e Charles Mingus, e poi le avanguardie più underground di
Sun Ra e Archie Shepp. Grande è il debito nei confronti del duca anche da
parte dell'esule africano Dollar Brand, Muhal Richard Abrams e di Anthony
Davis[1].

Indice
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Collegamenti esterniBiografia[modi ca | modi ca wikitesto]


(FR) (IT)
«Non, "Duke" n'est pas un «No, "Duke" non è un nome, bensì
prenom, c'est bien un titre: un titolo: Duke Ellington ha saputo
Duke Ellington a su être pour essere per il jazz ciò che Diaghileff
le jazz ce que Diaghileff fut fu per il balletto russo.»
pour le ballet russe.»
(André Coeuroy, Histoire générale du jazz.[2])


“At least one day out of the year all musicians should just put their
instruments down, and give thanks to Duke Ellington.” Miles Davis , 1974
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A partire dalla ne degli anni dieci inizia a suonare professionalmente, come
pianista, nella natia Washington; solo pochi anni dopo, manifestando già
qualità manageriali, raduna attorno a sé alcuni amici musicisti, Sonny Greer e
Otto Hardwick, per suonare a feste e in locali da ballo. Nel 1922, grazie a
Sonny Greer, si trasferisce a New York per suonare con il complesso di
Wilbur Sweatman; il primo importante ingaggio a New York, in uno dei più
eleganti locali di Harlem, data al luglio 1923 con la Snowden's Novelty
Orchestra.
Questo complesso di Elmer Snowden comprendeva già un primo nucleo della
futura orchestra di Ellington: Otto Hardwick e Roland Smith (ance), Arthur
Whetsol e Bubber Miley (trombe), John Anderson (trombone), Elmer
Snowden (banjo), Sonny Greer (batteria). Nel 1924, dopo l'allontanamento di
Snowden, Ellington diviene il band-leader della formazione, che prenderà
successivamente il nome di Washingtonians e rimarrà al Kentucky Club no
al 1927. Nel 1926 Irving Mills, l'uomo giusto al momento giusto, diventa
l'impresario dell'orchestra per la quale organizza brevi tournée, ingaggi e
sedute di registrazione. Nel 1927 Ellington ottiene un contratto nel locale più
in vista di Harlem: il Cotton Club; questa si rivelerà una svolta decisiva nella
sua carriera. Sono anni fondamentali per la scelta dell'organico, e
conseguentemente della sonorità, dell'orchestra e della preparazione di un
repertorio. Nel 1928 entrano a far parte dell'orchestra Johnny Hodges
(sassofono contralto e soprano) e Barney Bigard (clarinetto); nel 1927 erano
entrati Louis Metcalf (tromba), Harry Carney (sassofono baritono) e Wellman
Braud (contrabbasso). Nel 1926 Ellington aveva ingaggiato il trombonista Joe
"Tricky Sam" Nanton, che assieme a Miley avrebbe contribuito alla
de nizione del suono "growl" e "jungle" che avrebbe contraddistinto
l'orchestra nei primi anni.
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Duke Ellington (1943)
Risalgono al 1927 i primi capolavori riconosciuti di Ellington: brani in stile
jungle[3] come richiedeva la moda esotica del momento per gli spettacoli
pseudo-africani del Cotton Club (Black and Tan Fantasy, The Mooche, East
St.Louis Toodle-Oo) e brani d'atmosfera e di carattere intimista (Black Beauty,
Mood Indigo). Il jungle era gradito ai bianchi: i neri erano ancora visti come
creature semplici e primitive. Walter Mauro scrive che lo stile jungle di
Ellington potrebbe essere correlato ad una certa sua indifferenza verso i
modelli culturali occidentali. Egli non si era "ancora del tutto emancipato"[4].
Negli anni trenta entrarono altri membri fondamentali: Cootie Williams, Rex
Stewart (trombe), Lawrence Brown, Juan Tizol[5] (trombone). In questo
decennio Ellington cominciò a rivolgere la sua attenzione anche al rapporto
fra voce umana e strumenti musicali. Come altri direttori d'orchestra all'epoca,
egli era perfettamente conscio dell'importanza commerciale di un vocalist
nell'orchestra: un brano cantato aveva più possibilità di venire diffuso via
radio e una band con una cantante, soprattutto se donna, assicurava un
maggior numero di ingaggi. Alcuni pezzi come Don't Get Around Much
Anymore o It Don't Mean a Thing (If It Ain't Got That Swing) nacquero già con
un testo e furono decisivi nel far conoscere suo il talento artistico. La sua
intuizione nel 1931 fu quella di scritturare Ivie Anderson come cantante ssa:
allora ventiseienne, la Anderson aveva già esordito nei teatri ma non aveva
mai ricevuto proposte a lungo termine. Ellington volle aspettare un anno
nché non trovò il primo pezzo giusto da farle incidere, appunto It Don't Mean
a Thing (If It Ain't Got That Swing), e la cantante rimase nell'orchestra per più
di dieci anni, no al 1942. Nelle incisioni di alcuni suoi brani tuttavia, Ellington
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si servì molto spesso della voce di altri solisti quali Bing Crosby, Ethel Waters,
Kay Davis, Rosemary Clooney.
Alla ne del decennio, nel 1939, entrano a far parte dell'orchestra Ben
Webster (sassofono tenore) e Jimmy Blanton (contrabbasso). Quest'ultimo,
nei tre anni in cui fu in grado di suonare e incidere (muore infatti nel 1941)
rivoluzionò la tecnica e la concezione del contrabbasso che grazie a lui
divenne non solo il motore dell'orchestra ma strumento solista vero e proprio,
allo stesso livello di un qualsiasi strumento a ato o del pianoforte. Sempre
nel 1939 entra a far parte del circolo il giovane compositore, pianista e
arrangiatore Billy Strayhorn[6], che no alla morte (1967) rimane il più fedele
collaboratore, coautore e alter ego musicale di Ellington (anche se la reale
portata del contributo di Strayhorn alla musica di Ellington ha iniziato a essere
indagata e soprattutto riconosciuta solo negli ultimi anni).
Tra il 1940 e il 1943 nacque così una straordinaria serie di incisioni che
complessivamente costituiscono uno dei vertici assoluti della musica del
Novecento e insieme il contributo più duraturo e generalmente riconosciuto di
Ellington alla storia della musica afroamericana. Essendo quasi impossibile
estrapolare, da questa lunga e apparentemente inesauribile sequenza, gli
innumerevoli capolavori, potrà essere suf ciente citare, tra i tanti, Jack The
Bear, Ko-Ko, Concerto For Cootie, Sepia Panorama, Cotton Tail, Harlem Air
Shaft. Molti brani ellingtoniani sfuggono a una ristretta etichettatura di genere,
andando ben oltre gli schemi tecnico-interpretativi del jazz dell'epoca. Più
spesso, nel caso del Duca, si deve parlare di musica espressionista del
Novecento, e l'idea che le sue composizioni fossero dei "quadri musicali" o
che egli riuscisse a "dipingere con i suoni", fu un concetto più volte espresso
dallo stesso Ellington, che non a caso in gioventù aveva lungamente coltivato
anche una certa passione per la pittura (in realtà, prima di diventare
musicista, aveva accarezzato l'idea di intraprendere la carriera di cartellonista
pubblicitario). Il brano Mood indigo (che si potrebbe tradurre con umore color
indaco) è uno degli esempi più signi cativi dell'espressionismo di Ellington.
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Duke Ellington al Club Hurricane (1943)
I grandi risultati ottenuti si dovettero anche al fatto che per oltre trent'anni
Duke Ellington riuscì a mantenere unita la sua orchestra, caso abbastanza
raro a quei tempi, il che gli permise di amalgamare il gruppo e di plasmarlo
secondo la sua inventiva, raggiungendo un'intesa perfetta con ciascuno
strumentista e ricavandone un sound unico e inconfondibile, quasi che
l'orchestra fosse un unico strumento nelle sue mani.
A partire dal 1943 Ellington iniziò a tenere ogni anno un concerto alla
Carnegie Hall (1943-1948) tempio della musica colta d'ispirazione europea, in
occasione del quale presentava, a ogni concerto, una nuova composizione in
forma di suite ad ampio respiro. Nel 1943 fu presentata, e per fortuna incisa
integralmente (cosa che non accadrà più in studio, se non in versioni
frammentarie), una composizione ispirata alla storia dell'integrazione razziale
dei neri negli Stati Uniti, dal titolo Black, Brown and Beige.
Duke Ellington (1954)
Negli anni quaranta e cinquanta diversi solisti lasciano l'orchestra per seguire
la carriera solistica o per ragioni di salute (tra cui il batterista Sonny Greer,
per problemi di alcol, il sassofonista Ben Webster, a causa del carattere
irascibile di questi e delle continue liti che intercorsero tra i due, e il
clarinettista Barney Bigard, per problemi di stress derivanti dai frequenti tour
in tutto il mondo). Assieme al fedele Harry Carney[7], che gli rimase sempre
accanto, s larono Al Sears, Paul Gonsalves, Jimmy Hamilton, Russell
Procope (sax), Ray Nance (tromba, violino), Al Killian, Shorty Baker, Clark
Terry, Cat Anderson, Willie Cook (trombe), Tyree Glenn (trombone,
vibrafono), Quentin Jackson, Britt Woodman, Booty Wood (tromboni), Oscar
Pettiford, Junior Raglin, Jimmy Woode (contrabbasso), Louis Bellson, Sam
Woodyard, Jimmy Johnson (batteria). Il 23 maggio 1950 l'orchestra di
Ellington si esibisce nel Teatro Verdi di Pisa. Dopo un periodo di magra, dal
1951 al 1955, segnato soprattutto dalla dipartita del trombonista Lawrence
Brown e dell'altosassofonista Johnny Hodges (colonna portante della sezione
ance e il più grande sassofonista contralto della storia del jazz prima
dell'avvento di Charlie Parker). Con Hodges rientrato nell' orchestra nella
primavera del 1956, Ellington pubblicò due album nel 1959, Back to Back:
Duke Ellington and Johnny Hodges Play the Blues e Side by Side, suonando
con una piccola formazione e non con una grande orchestra.
L'orchestra tornò sulla cresta dell'onda con la celeberrima esibizione al
Festival del Jazz di Newport la sera del 7 luglio 1956, esibizione nota per il
lunghissimo assolo di sax tenore di Paul Gonsalves come intermezzo tra i
due brani "Diminuendo in Blue" e " Crescendo in Blue " composti nel 1937.

Duke Ellington con il pianista e direttore d'orchestra Luciano Maraviglia e con il cantante
Luciano Virgili
È interessante notare che questi due brani, insieme a Jeep's Blues sono le
uniche registrazioni dal vivo contenute nell'originario disco Ellington at
Newport, uscito nella tarda estate del 1956: in quel disco tutte le altre
registrazioni, benché dichiarate "dal vivo", erano in realtà state incise pochi
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giorni dopo il concerto in studio e mixate con nti applausi, operazione che
suscitò il disappunto di Ellington. Solo la casuale scoperta dei nastri della
emittente radiofonica "The Voice of America", più di quarant'anni dopo,
dimostrerà lo splendore e la forza del concerto originale. Questa scoperta
renderà possibile la pubblicazione nel 1998 del doppio CD Ellington at
Newport - Complete, che contiene l'intero concerto, senza tagli e/o omissioni,
a testimonianza de nitiva di un evento storico realizzato da un'orchestra e da
un direttore in forma eccellente.
Nei primi anni '60, Ellington registrò con artisti che erano stati amici - rivali in
passato o erano musicisti più giovani che si concentravano su stili più
moderni. Le orchestre di Ellington e Count Basie registrarono insieme l'album
First Time! The Count Meets the Duke (1961). Durante un periodo in cui
Ellington era tra un contratto discogra co e l'altro, fece dischi con Louis
Armstrong The Great Summit (1961), con Coleman Hawkins, con John
Coltrane Duke Ellington & John Coltrane (1963) e partecipò ad una sessione
con Charles Mingus e Max Roach che produsse l'album "Money
Jungle" (1962). Nel 1962 rmò per la nuova etichetta Reprise di Frank
Sinatra, sotto la quale nel giro di poco più di tre anni produsse otto album che
per la maggior parte privilegiavano la musica da intrattenimento. Da
segnalare il progetto di collaborazione tra Ellington e lo stesso Sinatra, che si
concretizzò solo nel 1968, a contratto scaduto, con la pubblicazione di un
solo album (Francis A. & Edward K.) che tuttavia deluse sia la critica che il
pubblico, riscuotendo un mediocre successo commmerciale.
In quegli stessi anni, alcuni musicisti che avevano precedentemente lavorato
con Ellington tornarono all'Orchestra come membri: Lawrence Brown nel
1960 e Cootie Williams nel 1962. In seguito la carriera di Ellington fu scandita
da una serie innumerevole di concerti e tour per il mondo e da nuove
registrazioni: eccellenti le suite Such Sweet Thunder (1958), ispirata alle
opere di William Shakespeare, la Far East Suite (1966) e la New Orleans
Suite (1970), nonché il Second Sacred Concert (1968, con la cantante
svedese Alice Babs). I tour furono interrotti il 31 maggio 1967, giorno nel
quale muorì di cancro all'esofago il suo intimo amico e preziosissimo
collaboratore Billy Strayhorn: per le tre settimane seguenti Duke non uscì
dalla sua camera da letto, per tre mesi non diede concerti e cadde in una
depressione profonda, interrotta solo dalla registrazione del celeberrimo
album And his mother called him Bill... contenente alcune delle più famose
partiture di Strayhorn. Un altro giorno funesto per l'orchestra fu l'11 maggio
1970, quando, durante una seduta dentistica, un infarto uccise Johnny
Hodges.
Negli anni sessanta e settanta nel collettivo brillarono le presenze di Norris
Turney (sax alto, auto), Harold Ashby (sax tenore), Fred Stone ( icorno),
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Buster Cooper e Julian Priester (trombone), Aaron Bell, Joe Benjamin e
Ernest Shepard (contrabbasso), e Rufus Jones (batteria).
Nel luglio 1970, grazie all'impresario Sergio Bernardini, Ellington tornò in
Italia per un concerto tenuto alla Bussola di Marina di Pietrasanta e ripreso
dalla RAI.
Duke Ellington morì, di cancro ai polmoni, il 24 maggio 1974, assistito dal
glio Mercer e senza sapere che pochi giorni prima era morto anche il dato
collaboratore Paul Gonsalves per overdose di eroina. Mercer Ellington non
aveva avuto il coraggio di dargli la brutta notizia.
Molti sono stati i brani-tributo dedicati a Duke Ellington da altri artisti:
• Dave Brubeck gli dedicò nel 1954 The Duke, divenuto poi uno standard
e interpretato da numerosi altri artisti tra cui Miles Davis nel suo album
Miles Ahead e Louis Armstrong in duetto con Carmen McRae.
• Lo stesso Miles Davis compose, un mese dopo la sua scomparsa, He
Loved Him Madly, una sorta di requiem di 32 minuti, includendolo nel
doppio album Get Up with It.
• Charles Mingus, pur essendo stato molti anni prima "licenziato" da
Ellington, scrisse Duke Ellington's Sound Of Love sempre nel 1974.
• Stevie Wonder nel 1976 gli dedicò Sir Duke, che sarebbe diventato uno
dei suoi più grandi successi, includendolo nell'album Songs in the Key
of Life.
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