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Francesco Maniscalco

Sapienza Università di Roma

Dipartimento Istituto di Studi Orientali - ISO

Dottorato di ricerca, XXVIII ciclo, Civiltà dell’Asia e dell’Africa

Curriculum Asia Orientale

Tutor Professoressa Donatella Rossi

ANALISI DEI PRINCIPI SOTERIOLOGICI DEL TANTRA MATERNO

NELLA TRADIZIONE TIBETANA DEL BON, ATTRAVERSO L’OPERA

DI YONGZIN TENDZIN NAMDAK

1
ai miei nonni

2
Animae cibum esse veritatem, utpote quae in eius substantiam, veluti proprium nutrimentum,
transmutabilis est, [esse] constat: perfectio et finis huius nutrimenti est lumen contemplationis, quo
animus noster oculis intelligentiae primum quidem solem primae veritatis, deinde ea quae circa
ipsum sunt, valet intueri.

(Giordano Bruno, Lampas Triginta Statuarum, l. 1-7)

Cibo dell’anima, com’è noto, è la verità: questa può infatti trasfondersi nella sostanza dell’anima,
quasi ne fosse il naturale alimento. Perfezione e fine di tale nutrimento è il lume della
contemplazione, per la cui virtù il nostro animo con gli occhi dell’intelligenza innanzitutto scruta il
sole della verità prima, e successivamente le realtà che circondano il sole.

(Giordano Bruno, La Lampada delle Trenta Statue, l. 1-7, in Opere Magiche, pp. 928-929)

“Maestro da chi avete imparato l’insegnamento del Tao?” chiese Nan-bo Zi-kui.
“L’ho imparato dal figlio della scrittura; questi dal nipote della lettura; questi dall’illuminazione;
questi dall’attenzione continuata; questi dal lavoro penoso; questi dal cantico; questi dall’oscurità
profonda; questi dal vuoto supremo; questi dal senza-inizio”.

(Zhuangzi, capitolo VI, p. 62)

3
INDICE

INTRODUZIONE 2

sGrung ( སྒྲུང་), lDe’u (ལདེའུ་), Bon (བོན་): le origini del Bon in Tibet 11

Shes pa bcu gnyis ( ཤེས་པ་བཅུ་གཉིས་): i Bon delle dodici scienze 53

I quattro Bon dello gShen ( གཤེན་) dell’Universo fenomenico 84

Il Bon prima di sTon pa gShen rab Mi bo che ( སྟོན་པ་གཤེན་རབ་མི་བོ་ཆེ་) 91

Il Bon secondo la classificazione dei Nove Veicoli (theg pa dgu/ ཐེག་པ་དགུ་) 97

Bon sgo bzhi mdzod lnga ( བོན་སྒོ་བཞི་མཛོད་ལྔ་): le Quattro Serie e la Quinta, detta
il Tesoro 113

INTRODUZIONE AL MA RGYUD YE SHES THIG LE’I MCHAN ’GREL, COMMENTO

E NOTE AL TANTRA MATERNO: ESSENZA DELLA SAGGEZZA PRIMORDIALE

117

Commento e note al Tantra Materno: Essenza della Saggezza Primordiale,

(Ma rgyud ye shes thig le’i mchan ’grel/ མ་རྒྱུད་ཡེ་ཤེས་ཐིག་ལེའི་མཆན་འགྲེལ།),


traslitterazione e traduzione 133

APPENDICE 147

BIBLIOGRAFIA 155

4
INTRODUZIONE

L’interesse degli studiosi occidentali per il Bon principiò nella seconda metà

dell’ottocento: risale al 1880 la pubblicazione postuma della traduzione, mai eseguita

prima in una lingua europea, di una scrittura bonpo, il Klu ’bum ( ཀླུ་འབུམ་), per opera del
celebre linguista e filologo estone Franz Anton Schiefner (1817-1879).1

A essa fece seguito “gZer-myig, A Book of the Tibetan Bonpos”, tentativo di August

Hermann Francke (1870-1930) di tradurre per intero un testo bonpo in lingua inglese, 2

opera, peraltro, di capitale importanza poiché lo gZer mig ( གཟེར་མིག་) rappresenta

cronologicamente la seconda biografia di sTon pa gShen rab Mi bo che ( སྟོན་པ་གཤེན་རབ་

མི་བོ་ཆེ་) fondatore del Bon Eterno (g.Yung drung Bon/གཡུང་དྲུང་བོན་). 3

1
Cfr. F.A. Schiefner, “Uber das Bonpo-Sūtra: Das weisse Nāga-Hunderttausend”, pp. 1-86.
2
Cfr. A.H. Francke, “gZer-myig, A Book of the Tibetan Bonpos”, pp. 243-346, 321-339. L’esperimento di
Francke non giunse al termine dal momento che dei diciotto capitoli vennero tradotti i primi sette e
parzialmente l’ottavo.
3
S.G. Karmay, “A General Introduction to the History and Doctrines of Bon”, pp. 176-177; Idem, “A gZer-
mig version of the interview between Confucius and Phyva Keṅ-tse lan-med”, pp. 562-580. Lo gZer mig,
(’Dus pa rin po che’i rgyud gzer mig/ འདུས་པ་རིན་པོ་ཆེའི་རྒྱུད་གཟེར་མིག་) composto di due volumi strutturati in
diciotto capitoli, costituisce la versione di media lunghezza (mDzad mdo ’bring po, མཛད་མདོ་འབྲིང་པོ་) tra le

tre biografie di sTon pa gShen rab Mi bo che. Come il mDo ’dus (མདོ་འདུས་), la più antica narrazione nota

della vita di gShen rab, anch’esso è un gter ma (གཏེར་མ་) “un tesoro riscoperto”. Tradizionalmente si reputa

che esso fosse stato tradotto dalla lingua dello Zhang Zhung in tibetano da Vairocana e che venisse ritrovato
da Drang rje bTsun pa gSer mig ( དྲང་རྗེ་བཙུན་པ་གསེར་མིག་) presso bSam yas (བསམ་ཡས་, il primo complesso
monastico buddhista in Tibet, fondato nella seconda metà dell’VIII d.C.), nell’anno 893 d.C., oppure nel 913
d.C., anche se il Legs bshad (ལེགས་བཤད་) affema che Drang rje bTsun pa gSer mig trasmise gli insegnamenti
a rMe’u lHa ri gNyen po (རྨེའུ་ལྷ་རི་གཉེན་པོ་) (1024-1091 d.C.) altro maestro, scopritore a sua volta di gter ma

bonpo; sull’intera questione cfr. S.G. Karmay, The Treasury of Good Sayings: a Tibetan History of Bon, p. 4,
n. 1; p. 163, n. 1; cfr. P. Kværne, “The Canon of the Tibetan Bonpos”, p. 44.
5
Nel secolo precedente un deciso passo verso lo studio del Bon fu compiuto da Helmut

Hoffmann (1912-1992) con la sua Quellen del 1950,4 ma come ricorda Karmay le fonti

sulle quali l’accademico tedesco si fondò furono

mainly accounts made by Tibetan Buddhists from their point of view. 5

Una vera cesura in questo campo della ricerca scientifica, come nel destino stesso del

Tibet è costituita dall’anno 1959. Già precedentemente all’insurrezione di Lhasa del 10

marzo 1959, ma in misura maggiore in seguito alla definitiva conquista e annessione del

territorio tibetano da parte della Cina, moltissimi Tibetani abbandonarono il Tibet e

raggiunsero l’India.

Con l’ausilio del governo indiano e di alcune organizzazioni internazionali i rifugiati

vennero insediati in campi profughi, a partire dalla regione himalayana, sino al più

meridionale stato del Karnataka. Si stima in circa centomila il numero degli esiliati e si può

approssimativamente calcolare che l’un per cento del totale fossero Tibetani professanti la

religione Bon.6 Solo successivamente all’esodo si avviarono i primi contatti diretti tra i

Bonpo e gli studiosi europei, ai quali si rese in tal modo disponibile un’ingente e originale

mole di nuovi materiali di studio.

Nel 1961 la Rockfeller Foundation di New York finanziò il soggiorno in Inghilterra di tre

sapienti bonpo, visita organizzata dal professor David Llewellyn Snellgrove della School

of Oriental and African Studies dell’Università di Londra. Due di questi erano Sangye

Tendzin (Sangs rgyas bsTan ’dzin/ སངས་རྒྱས་བསྟན་འཛིན་) l’allora abate del monastero di

Menri (sMan ri/ སྨན་རི་) e Yongzin Lopon Tendzin Namdak (Yongs ’dzin sLob dpon bsTan

4
Cfr. H. Hoffmann, Quellen zur Geschichte der tibetischen Bon-Religion.
5
Cfr. S.G. Karmay, Treasury, p. xi.
6
T. Skorupski, “Tibetan g.Yung-drung Monastery at Dolanji”, p. 25.
6
’dzin rNam dag/ ཡོངས་འཛིན་སློབ་དཔོན་བསྟན་འཛིན་རྣམ་དག་) “Grande Insegnante” (slob

dpon/ སློབ་དཔོན་) dello stesso.

Il monastero bonpo di sMan ri nello gTsang ( གཙང་), il Tibet centrale, venne fondato nel

1405 da mNyam med Shes rab rGyal mTshan (1356-1416) ( མཉམ་མེད་ཤེས་རབ་རྒྱལ་མཚན་),


nel punto in cui sorse il più importante centro monastico bonpo del Tibet antico di g.Yas ru

dben sa kha ( གཡས་རུ་དབེན་ས་ཁ་), nel 1072, ad opera di ’Bru g.Yung drung bla ma ( འབྲུ་

གཡུང་དྲུང་བླ་མ་), discepolo del gter ston (གཏེར་སྟོན་), ‘scopritore di tesori nascosti’, gShen

chen Klu dga’ (996-1035) ( གཤེན་ཆེན་ཀླུ་དགའ་); esso fu spazzato via da un’inondazione nel
1386; sMan ri fu completamente distrutto durante la Rivoluzione Culturale nel 1966, e

rifondato in India all’inizio degli anni sessanta del secolo scorso.

Tornando a Lopon Tendzin Namdak e Snellgrove, dalla loro collaborazione nacque un

lavoro capitale nella tradizione degli studi bonpo, The Nine Ways of Bon,7 il quale consiste

nella traduzione di alcuni brani tratti dallo gZi brjid ( གཟི་བརྗིད་) (’Dus par rin po che dri-

ma med pa gzi brjid rab tu ’bar ba’i mdo/ འདུས་པ་རིན་པོ་ཆེ་དྲི་མ་མེད་པ་གཟི་བརྗིད་རབ་ཏུ་

འབར་བའི་མདོ་, meglio noto come Dri med/ དྲི་མེད་) 8


terza biografia di gShen rab,

appartenente alla categoria della trasmissione orale (snyan brgyud/ སྙན་བརྒྱུད་).


Al 1972 risale la pubblicazione di The Treasury of Good Sayings, traduzione e commento

di Samten Karmay a un’ampia sezione del Legs bshad rin po che’i mdzod dpyod ldan dga’

7
Cfr. D.L. Snellgrove, The Nine Ways of Bon: Excerpts from gZi-brjid.
8
Cfr. D. Rossi, The philosophical view of the Great Perfection in the Tibetan Bon religion, pp. 33-34.
7
ba’i char ( ལེགས་བཤད་རིན་པོ་ཆེའི་མཛོད་དཔྱོད་ལྡན་དགའ་བའི་ཆར་), composto negli anni

venti del secolo scorso dal grande e prolifico maestro bonpo Grub dbang bKra shis rGyal

mtshan Dri med sNying po ( གྲུབ་དབང་བཀྲ་ཤིས་རྒྱལ་མཚན་དྲི་མེད་སྙིང་པོ་) (1859-1934).


L’apparizione di questo fondamentale testo attirò per la prima volta l’attenzione della

comunità scientifica occidentale non solo sul Bon, ma anche su quanto nella stessa

tradizione bon esistesse (ed esista tuttora) una profonda e strutturata visione del proprio

passato; pertanto The Treasury costituisce una pietra miliare nell’ambito di questi studi.

Più o meno negli stessi anni compaiono i primi scritti di Per Kværne, studioso norvegese,

attualmente tra i più esperti conoscitori della tradizione bon.

Nelle ultime quattro decadi - accanto a un nuovo interesse della comunità accademica

occidentale teso alla contestualizzazione e alla comprensione della tradizione sulla base di

opere originali - è aumentato sempre più repentinamente il numero delle ristampe di opere

in tibetano, tanto che attualmente sono disponibili migliaia tra scritti storici e biografici,

nonché commentari religiosi e filosofici appartenenti alle tradizioni bonpo e buddhista; ciò

dimostra la grande vitalità che erompe dalla ricerca e dallo studio sulle origini e identità

del popolo tibetano.9

La religione Bon si presenta codificata in un canone di scritture. I principi stessi della

filosofia, come anche le pratiche rituali e meditative, sono piuttosto assimilabili a quelle

dei lignaggi buddhisti tibetani, sicché cercare di distinguere all’interno di tale somiglianza

formale le due tradizioni, al fine di enucleare la specificità di quella bonpo, si impone

all’attenzione del ricercatore. Sulla scia di P. Kværne, D. Rossi, in un suo contributo di

prossima pubblicazione sulla storia delle dottrine rDzogs chen ( རྫོགས་ཆེན་) nel lignaggio
9
Per una bibliografia sul Bon sia in lingue occidentali sia in tibetano si rimanda a D. Martin, Unearthing bon
treasures, life and contested legacy of a Tibetan scripture revealer with a general bibliography of Bon, pp.
287-442.
8
bonpo in relazione con quelle dei rNying ma pa ( རྙིང་མ་པ་), la Scuola Buddhista degli
Antichi, rammenta la basilarità degli studi comparativi delle due tradizioni i quali10

may hold the clue to a fuller understanding of the troubled centuries following the

introduction of Buddhism in Tibet (eight to eleventh centuries) [which] is precisely the

period in which the bonpo as well the Nyingmapa sects were formed. 11

Numerosi sono i campi poco o per nulla esplorati in seno alla religione Bon. Tra questi

riveste una particolare importanza quello della tradizione tantrica la quale è certamente

trattata dal punto di vista buddhista in Occidente, ma in merito al Bon l’unico studioso a

essersene occupato, specialmente riguardo al Tantra Materno, è Dan Martin con il suo

Mandala Cosmogony: Human Body Good Thought and the Revelation of the Secret

Mother Tantras of Bon (Wiesbaden, 1994). Lo studio di Martin verte sulla figura di Mi lus

bSam legs ( མི་ལུས་བསམ་ལེགས་), antico re dello Zhang Zhung (ཞང་ཞུང་), il quale avrebbe
svolto un ruolo cruciale per la diffusione al genere umano dei Tantra Bon.

Il Tantra Materno (Ma rgyud/ མ་རྒུད་) nel Bon non è stato oggetto di ulteriori studi da parte
della comunità scientifica occidentale.

Il perno della presente ricerca consiste nell’avviare uno studio preliminare del

Tantra Materno nel Bon, basandosi su una fonte inedita in lingua tibetana, per la quale si

propone la traduzione e il commento delle parti salienti, intendendo quelle precipuamente

inerenti la visione metafisica e filosofica dell’autore, tralasciando invece le sezioni

dedicate agli aspetti pragmatici e liturgici.

A tal fine la scelta è ricaduta su un’opera di Lopon Tendzin Namdak, maestro e studioso

bonpo fra i più autorevoli tuttora esistenti, il Ma rgyud ye shes thig le’i mchan ’grel ( མ་
10
Cfr. D. Rossi, “The Yid ches lung gi sgron ma (The Lamp of the Thruthful Transmission), A Bonpo
Rediscovered text from the rDzogs pa chen po Yang rtse klong chen cycle”, p. 3.
11
Cfr. P. Kværne, “Bonpo Studies, the A Khrid System of Meditation”, p. 22.
9
རྒྱུད་ཡེ་ཤེས་ཐིག་ལེའི་མཆན་འགྲེལ་), Commento e note al Tantra Materno: Essenza della

Saggezza Primordiale.

Lopon Tendzin Namdak12 nacque nel 1926 a Khyung po dKar ru ( ཀྱུང་པོ་དཀར་རུ་) nel

Khams ( ཁམས་/provincia orientale del Tibet). Nel 1933 entrò nel monastero di sTeng Chen

( སྟེང་ཆེན་) nel medesimo distretto e nel 1941 si spostò in quello di g.Yung drung ling

( གཡུང་དྲུང་ལིང་). Dal 1945 al 1950 condusse una vita anacoretica con il suo consigliere e

maestro sGang ru Tshul khrims rGyal mtshan ( སྒང་རུ་ཚུལ་ཁྲིམས་རྒྱལ་མཚན་), su cui

consiglio si recò nel 1950 al monastero di sMan ri ove nel 1953 conseguì il grado di dGe

bshes ( དགེ་བཤེས་), l’equivalente del nostro Doctor Philosophiae, e del quale fu sino al
1957 l’insegnante principale. Nel 1960 in seguito agli eventi su ricordati tentò anch’egli la

fuga in India, ma, catturato e ferito dai soldati cinesi, fu imprigionato per dieci mesi.

Successivamente alla prima permanenza in Europa, a Londra (1961-1964), tornò come

Visiting Professor all’università di Monaco nel 1969, su invito di Helmut Hoffmann. Dal

1964, essendo morto in esilio il trentaduesimo abate di sMan ri, capo spirituale dei bonpo,

Shes rab bLo gros (1935-1963) ( ཤེས་རབ་བློ་གྲོས་), per le durissime condizioni vissute dai
profughi nel distretto indiano dell’Himachal Pradesh, obbligati alla costruzione di strade e

privi di risorse economiche, Lopon Tenzin Namdak si assunse il compito di raccogliere

fondi e individuare una terra per installarvi la comunità bonpo indiana. Nel 1967 a Dolanji,

vicino Solan, nell’Himachal Pradesh, la Tibetan Bönpo Foundation, già esistente, si

registrò formalmente presso il governo. La fondazione aveva una costituzione e

amministrazione proprie e l’abate di sMan ri ne era presidente.

12
Cfr. Sh. Gyaltsen, L’essenza del cuore del Dharmakaya. Pratica dzogchen della tradizione bönpo, pp.125-128.
10
La nuova comunità di Dolanji fu nominata Thobgyal Sarpa (Thob rgyal gSar pa/ ཐོབ་རྒྱལ་

གསར་པ་), in memoria dell’omonimo villaggio nello gTsang che sorgeva ai piedi

dell’antico monastero di sMan ri. Circa settanta famiglie vi giunsero da Manali e ciascuna

ebbe assegnate una porzione di terra e una dimora. Per quanto attiene al Tibet occidentale

la maggior parte dei fuggitivi qui residenti proveniva dalle regioni del Ti se( ཏི་སེ་)/Kailash

e dello gTsang settentrionale; per il Tibet orientale dai distretti di Hor ( ཧོར་), rKong po

( རྐོང་པོ་), sDe dge (སྡེ་དགེ་), A mdo (ཨ་མདོ་) e rGya rong (རྒྱ་རོང་).


Il capo spirituale della comunità in esilio divenne Sangye Tenzin. Nel 1969 fu iniziata la

costruzione del tempio principale, terminata nel 1978; gli fu dato nome di Pal Shenten

Menri Ling (dPal gshen bstan sMan ri’i gling/ དཔལ་གཤེན་བསྟན་སྨན་རིའི་གླིང་), mentre il
complesso nel suo insieme prese nome di Bönpo Monastic Center, ascritto alla Tibetan

Bönpo Foundation. Nel 1978 fu istituito il collegio monastico (bshad sgrub/ བཤད་སྒྲུབ་) di
Yung drung Bon Shedrup Lobnyer Dude (g.Yung drung Bon bshad sgrub sLob gnyer ’dus

sde/ གཡུང་དྲུང་བོན་བཤད་སྒྲུབ་སློབ་གཉེར་འདུས་སྡེ་) nel quale, dopo la morte di Sangye Tenzin


(1912-1978), la responsabilità dell’istruzione dei giovani monaci ricadde integralmente su

Tenzin Namdak. Lo scopo del centro è preservare l’antica tradizione sviluppatasi a g.Yas

ru dben sa kha e poi a sMan ri ove l’analisi dialettica e logica erano applicate alla dottrina

dei Sūtra dei Tantra e dello rDzogs chen, a differenza per quest’ultimo insegnamento di

quanto accade nella Scuola degli Antichi.

11
Nel 1995 sotto la guida di Tenzin Namdak è sorto un altro monastero e collegio bonpo

chiamato Triten Norbutse (Khri brtan Nor bu rtse/ ཁྲི་བརྟན་ནོར་བུ་རྩེ་), situato presso la
collina di Swayambhunath ad Ovest di Kāṭh’māṇḍū, Nepal, attuale residenza di Namdak.

Dalla fine degli anni novanta la biblioteca del monastero di Triten Norbutse ha organizzato

e pubblicato tutti i lavori del Lopon, editi in occasione dell’ottantesimo compleanno

(2006), sotto il titolo di The Collected Works of Menri Yongdzin Lopon Tendzin Namdak

Rinpoche. L’undicesimo dei diciassette volumi pubblicati è il Ma rgyud kyi ’grel ba’i skor

( མ་རྒྱུད་ཀྱི་འགྲེལ་བའི་སྐོར་) ovvero Commento al Tantra Materno, il cui primo scritto è

proprio il Ma rgyud ye shes thig le’i mchan’grel.

L’approccio al testo spera di far emergere una “visione da dentro” di una tra le

molteplici testimonianze di profondo valore della tradizione filosofico-dottrinale bonpo e

mira a costituire un’iniziale base, premessa all’individuazione di peculiarità e contributi

dottrinali nel Tantra Materno del Bon, non solo rispetto al suo corrispondente della Scuola

degli Antichi, ma anche relativamente al modo in cui le dottrine bonpo si sono manifestate

e riorganizzate a seguito della seconda diffusione del Buddhismo in Tibet, a partire

dall’undicesimo secolo d.C, nell’intento di contribuire alla formulazione di un’identità

spirituale che potesse garantire continuità, soprattutto in termini di autorevolezza testuale e

di lignaggio, alla tradizione autoctona.

L’analisi del testo è preceduta da un’introduzione generale alle tradizioni religiose,

filosofiche, rituali del Bon, a partire dalle origini connesse ai sGrung ( སྒྲུང་), saghe e

racconti trasmessi oralmente da tempi immemori da bardi e cantori, e ai lDe’u ( ལྡེའུ་),


linguaggi, oggetti simbolici, ed enigmi per la comunicazione di messaggi segreti -

indirizzati a una vera conoscenza della realtà - espressione dell’antica tradizione

12
sapienziale del Tibet prebuddhista e non solo. Quando possibile, nell’intero corso del

lavoro, sono considerati taluni miti, leggende e riti che possano suggerire un’analogia

strutturale, un’affinità fra elementi del Bon e dello sciamanesimo eurasiatico.

Conclude l’introduzione un’analisi dello scibile dottrinale, a partire da i Bon (dettami)

delle dodici scienze (Shes pa bcu gnyis/ ཤེས་པ་བཅུ་གཉིས་) e dell’Universo fenomenico

(sNang gShen/ སྣང་གཤེན་), tradizionalmente presenti in Tibet prima dell’avvento di gShen


rab Mi bo che, sistematizzatore del Bon arcaico vissuto in epoca precristiana, sino

all’antica formulazione detta delle Quattro Serie più la Quinta che è il Tesoro (Bon sgo

bzhi mdzod lnga/ བོན་སྒོ་བཞི་མཛོད་ལྔ་) e alla più recente classificazione nel XIV secolo dei

Nove Veicoli (Theg pa dgu/ ཐེག་པ་དགུ་), il settimo e l’ottavo dei quali sono per l'appunto
costituiti dai Tantra.

13
sGrung (སྒྲུང་), lDe’u (ལདེའུ་), Bon, (བོན་): le origini del Bon in Tibet

L’indagine che si diriga alla ricerca delle origini storiche, religiose e culturali del Tibet

non può che tendersi, quale suo fulcro imprescindibile, allo studio del Bon ( བོན་), vale a
dire quella tradizione religiosa o ancor meglio l’insieme dei culti e delle tradizioni

magiche, rituali e religiose

basate molto probabilmente su elementi comuni al patrimonio dello sciamanismo pan-

asiatico,13

che precedettero di secoli l’avvento e la diffusione del Buddhismo in Tibet. Seguendo le

parole di Ch. Namkhai

sicuramente alcuni tipi di Bön erano basati su principi e pratiche simili a quelle dello

sciamanismo: ciò è provato da numerosi elementi che ancora sopravvivono nei riti Bön e

nei riti buddhisti derivati dal Bön. Ad esempio il tema dell’anima (in tibetano bla[/ བླ་])

rapita dagli spiriti e riconquistata grazie al potere dello sciamano (del bon po[/ བོན་པོ་] in
questo caso) è comune a molte tradizioni sciamaniche non solo asiatiche. 14

Il confronto della religiosità prebuddhista con lo sciamanismo è oggetto di ricerca di

numerosi studiosi, a partire dall’analisi, per taluni aspetti ancora fondamentale, condotta da

H. Hoffmann in Quellen zur Geschichte der tibetischen Bon-Religion, pubblicata nel 1950;

la visione di una componente animistico-sciamanica all’origine del Bon è continuata a

prevalere nella visione dello studioso tanto da poter asserire nel 1961

13
Cfr. Ch. Namkhai, Drung, Deu e Bön. Le narrazioni, i linguaggi simbolici e il Bön nell’antico Tibet, (d’ora
innanzi Drung).
14
Cfr. Ch.Namkhai, Drung, p. 19, n.1.
14
We are in a position to say with some certainty that the original Bon religion was the

national Tibetan form of that old animist-shamanist religion which at one time was

widespread not only in Siberia but throughout the whole of Inner Asia, East and West

Turkestan, Mongolia, Manchuria, the Tibetan plateaux and even China .15

Avendo adottato l’argomento di una totale dipendenza e soggiogazione degli antichi

Tibetani rispetto al proprio ambiente naturale per spiegarne l’adorazione degli spiriti

naturali e il ricorso alle tecniche magiche e divinatorie Hoffmann sostiene che:

their completely nature-rooted and nature-dominated religious ideas revolved reverently

and submissively around the powers and forces of their wild highland landscape whose

divinities were reflected in the idea of numerous gods and evil spirits the Tibetans tought to

see around them.16

Su tali basi è stata mossa allo studioso la critica di essere stato influenzato e avere aderito a

una serie di

nature romantic ideas which had been current in Europe since the early nineteenth century,

but which by the 1950s were outdated both in antropology and in the study of religion 17.

Conviene concordare su tale stigma, non tanto, a mio parere, perché Hoffmann non abbia

còlto nel vero indicando un’affinità tra Bon, sciamanesimo e una visione religiosa

peculiarmente animistica al cui fondo era

un vivo e concreto avvertimento delle forze naturali, in un ambiente che, per la sua stessa

morfologia, per l’imponenza delle montagne, dei fiumi, dei ghiacciai, poneva

quotidianamente a contatto con gli aspetti numinosi e tremendi dei fenomeni della natura, 18

quanto soprattutto in vista di un radicale cambio di prospettiva riguardo al confronto tra

queste due forme religiose, infatti, ed è questa la seconda importante censura rivolta allo
15
Cfr. H. Hoffmann, The Religions of Tibet, pp. 14-15.
16
Ivi, p. 17.
17
Cfr. P. Kværne, “The Study of Bon in the West:Past, present, and future”, p. 8; cfr. anche Idem, “The Bon
Religion of Tibet: A Survey of Research”, pp. 131-134.
18
Cfr. A. di Nola, “Bon”, col. 1174.
15
studioso tedesco, egli giunse a interpretare il Bon come una sorta di distorsione, di eresia,

addirittura, del buddhismo, caratterizzata da vasti tratti di perversione e negatività, 19

avendo impostato la sua analisi del Bon unicamente su quanto riportato da testi buddhisti,

come è stato fortemente evidenziato da R.A. Stein,20 da E.G. Smith21 ed ancora da P.

Kværne.22

Sebbene Hoffmann abbia successivamente molto mitigata la sua idea, essa è continuata a

sussistere e ad essere ripetuta anche in tempi molto più recenti come sottolineato da

Kvaerne.23

Una questione fondamentale in merito allo sviluppo del Bon riguarda la natura delle

pratiche e delle credenze religiose nel Tibet antico dall’avvento della dinastia di Yar lung

( ཡར་ལུང་) sino al trionfo buddhista; al riguardo G. Samuel ha proposto una

sistematizzazione storica dell’antica religione tibetana nella quale la prima fase coincide

con “the original shamanic religion of Tibet”24 ed è a sua volta suddivisa in due stadi “ that of a

state-less society and that of proto-states. ”25

Samuel utilizza il termine ̔sciamano̕ in maniera alquanto diversa da Hoffmann, e

soprattutto lo associa a una religione di corte connessa ai monarchi di Yar lung. Questa

religione della corte avrebbe subìta l’influenza non solo della «shamanic religion», ma

anche della «court religion» del regno dello Zhang Zhung e sarebbe stata caratterizzata

dall’attività dei bon e degli gshen ( གཤེན་), intesi in forma di sacerdozio tanto che
19
Cfr. H. Hoffmann, The Religions of Tibet, p. 107.
20
Cfr. R.A. Stein, “Tibetica Antiqua V. La religion indigène et les bon-po dans les manuscrits de Touen-
houang”, p. 31.
21
Cfr. E.G. Smith, Introduction, Thu’u-bkvan Blo-bzang chos-kyi nyi-ma, Collected Works, p. 1.
22
Cfr. P. Kværne, “The Study of Bon”, pp. 9-10, Idem, “Bon”, p. 59.
23
Cfr. Idem, “The Study of Bon” pp. 17-18.
24
Cfr. G. Samuel, Civilized Shamans. Buddhism in Tibetan Societies, p. 438.
25
Ibidem.
16
The bön priests who formed part of the court religion at Lhasa were only one of a number

of kinds of priests at this time.26

Contemporaneamente il Bon è considerato “a Buddhist or quasi-Buddhist order” nonostante

it seems likely that the modern Bön religion has preserved a significant amount of early

material.27

P. Kværne suggerisce invece uno schema in quattro categorie da lui stesso giudicato più

semplice e conservativo:

1) Una religione autoctona pre-buddhista corrispondente alla “original shamanic religion of

the Tibetans” di G. Samuel, la quale “may or may not have been styled bon at the time”.28

2) Un culto organizzato e dinastico, in quanto concentrato sulla persona del sovrano,

influenzato dalle religioni di aree geograficamente prossime al Tibet, quali l’India (Kværne

menziona il Buddhismo), l’Iran29 e il regno dello Zhang Zhung ( ཞང་ཞུང་).


Questa categoria coinciderebbe con quella della «court religion»30 sia dello Zhang Zhung

sia del Tibet; anch’essa avrebbe potuto, a suo tempo, riconoscersi nella denominazione

Bon.

3) Coeva alle su citate una «folk religion», per inciso analoga alle definizioni di «religione

popolare» e «religione senza nome, ovvero la tradizione» postulate rispettivamente da G.

26
Ibidem.
27
Ibidem.
28
Cfr. P. Kværne, “The Study of Bon”, p. 17.
29
La possibile presenza di un cospicuo elemento iranico nello sviluppo culturale del Tibet antico, in specie
nella formazione dei miti cosmogonici, è indagata da P. Kværne, “Dualism in Tibetan Cosmogonic Myths
and the Question of Iranian Influence”, pp. 163-174. In merito all’eventuale influenza dello sciamanesimo
iranico arcaico su quello tibetano, cfr. Ph. Gignoux, “Sur quelques contacts entre l’Iran et le Thibet”, pp. 501-
507; Idem, Man and Cosmos in Ancient Iran, pp. 76-78. Sui contatti tra il Tibet e il cristianesimo nestoriano e
le dottrine gnostico-manichee di derivazione iranica, provati da evidenze archeologiche, epigrafiche e
letterarie, cfr. G. Uray, “Tibet’s Connections with Nestorianism and Manicheism in the 8th-10th Centuries”,
pp. 399-429.
30
Cfr. P. Kværne, “The Study of Bon”, p. 17.
17
Tucci31 e da R.A. Stein.32 Sebbene non sia possibile ricostruire la struttura della religione

pre-buddhista sulla base di questa nameless folk religion, conviene tuttavia stimare

massimamente una serie di legami, ancora presenti attualmente, tra l’odierna religione

popolare e le credenze prebuddhiste.

Al proposito si rammenti lo studio di S.G. Karmay 33 sui culti ancestrali devoluti alle

montagne e alle deità identificate con quelle, che, attestati sin dall’epoca di Yar lung,

ancora perdurano, testimoniando contiguità e continuità tra dimensioni religiose che

l’analisi tende a dividere.

4) Dall’undicesimo secolo d.C. la religione Bon che definisce se stessa g.yung drung bon

( གཡུང་དྲུང་བོན་), ̔Bon Eterno̕ , “organised and eventually monastic”, 34


dallo stretto legame con

il Buddhismo, ma ovviamente anche con quanto appena menzionato.

Chiaramente questa distinzione in categorie ha senso in quanto risponde a un intento

analitico, ma in esso è riposto il suo stesso limite, come lo stesso Kværne è disposto a

riconoscere, individuando che il vero tema della questione, specificatamente al primo paio

di classificazioni,

here being that an «original shamanic religion of the Tibetans» has to be reconstructed

entirely a posteriori.35

Ritornando così al rapporto tra Bon e sciamanesimo non si può che assentire con le

preoccupazioni espresse da Kværne quando sostiene che

as the contours of its history slowly emerge, Bon becomes in turn the basis of new myth-

making. Projections of Western fantasies regarding Tibet multiply also with regard to Bon.

In particular, it is now fashionable in certain circles to link Bon with shamanism; not with

31
Cfr. G. Tucci, Le Religioni del Tibet, pp. 205-260.
32
Cfr. R.A. Stein, La civiltà tibetana, pp. 163-199.
33
Cfr. S.G. Karmay, “The Tibetan cult of mountain deities and its political significance”, pp. 59-75.
34
Cfr. P. Kværne, “The Bon Study”, p. 17.
35
Ibidem.
18
the northern Asian shamanistic complex, as Hoffmann imagined, but with Native American

shamanism, a potent symbolical term in the New Age movement.

As encounters between Bon and the West multiply, so also do misrepresentations. Bon

surrounded by an aura of mystification in which terms as «Zhang-zhung» and «Tönpa

Shenrap» abound, has become a commodity in the global supermarket of religions. Bon has

become an object of New Age economic and ideological exploitation, in which the

Tibetans, ultimately, are the losers. To reinsert Bon into its real historical and cultural

context is therefore not only a meaningful academic pursuit, but is also a way for us, as

scholars, to practise solidarity with the Tibetan people. 36

Il fenomeno di mercificazione e vendita di cui parla lo studioso norvegese si spinge oltre

gli apparenti confini di qualsivoglia credo religioso o di qualunque altra disciplina che sia

associabile, nel sentire comune, alla sfera della spiritualità; eppure, nonostante o forse

proprio alla luce di questi bisogni che innescano e sono a loro volta procurati da un vasto

appiattimento ed un’omogeneizzazione culturale e psichica molto sottili, rimane ineludibile

il bisogno della ricerca, di rintracciare nella diversità delle forme e delle aree culturali,

comprese quelle appena nominate, l’unità, un’unità che non possa prescindere però

dall’analisi del contesto e del dato storico e culturale.

Lo stesso Kværne in un più recente contributo del 2009 reputa necessario in relazione al

tema dell’esistenza di uno sciamanismo tibetano

an approach which can encompass and make sense of the ethnographic data of Tibetan

popular religion and [corsivo dell’autore] the literary and historical data of the textual

sources37

e in ultima analisi auspica

36
Ivi, p. 18.
37
Per Kvᴂrne, “Bon and Shamanism”, p. 23.
19
that Bon and its possible relation to shamanism should be studied not within the limits

imposed by Tibetology, and even less as a specific problem for ̔Bonology̕, but in the

context of broad regional studies and in the light of an open-end Religiongeschichte38

Anche sulla scia di tali parole, nel corso del presente lavoro, si è ponderato di presentare un

confronto, quando possibile, tra determinati elementi attestati in episodi mitologici,

racconti leggendari e rituali bonpo che possano rendere contezza, o quantomeno suggerire

un’analogia strutturale tra miti e riti bonpo e lo sciamanismo eurasiatico.

Si pensi e. g. alla funzione simbolica della corda dei dMu ( དམུ་) (clan ancestrale all’origine

del lignaggio paterno di sTon pa gShen rab Mi bo che [ སྟོན་པ་གཤེན་རབ་མི་བོ་ཆེ་], mitico


riformatore e fondatore del Bon Eterno, g.Yung drung Bon, e allo stesso tempo classe di

esseri divini del Bon più antico) garanzia di contatto tra Cielo e Terra, mai interrottasi per

gli antichi re, come anche al volo, al ruolo del tamburo, veicolo che consente il librarsi e lo

spostarsi negli spazi, alla manifestazione di poteri magico-miracolosi, quali ad esempio le

metamorfosi in animali, prerogativa di maghi, maghe, sacerdotesse e sacerdoti, re ed

esponenti di varia natura e ruolo del Bon.

L’etimologia del termine bon ( བོན་) deriva dal sostantivo bzlas pa (བཟླས་པ་) “recitazione”

e dal predicato ad essa collegato bon pa ( བོན་པ་) il cui significato, analogo a bzla ba (བཟླ་

བ་) “recitare, ripetere”, è


recitare mantra, preghiere o comunque formule prestabilite 39.

38
Ivi, p. 24.
39
Cfr. Ch. Namkhai, Drung, p. 19, Idem, “Il regno dello Shang Shung: le origini del pensiero e della cultura
tibetana”, Idem, The Light of Kailash. A History of Zhang Zhung and Tibet, II, The Intermediate Period,
(d’ora innanzi The Light of Kailash II), pp. 42-54. Sarat Chandra Das ascrive a bon il senso di bzlas-pa ̔to
express, to mutter”, cfr. A Tibetan-English Dictionary, p. 879; così come J. Bacot, F.W. Thomas, Ch.
Toussaint, Documents de Touen-houang relatifs à l’histoire du Tibet, p. 199: “bon-pa=zla-ba, dire, passer;
bzlas-pa, rapporté”; secondo D.L. Snellgrove: “by the few bonpos who know their texts well, Bon is
20
Secondo H. Hoffmann:

The name Bon is derived from the verb bon-pa, which denotes the conjuring of gods and

spirits by the chanting of spells to guarantee their presence. Later, when Bon came into

close contact with Tibetan Buddhism, the word bon took on all the meanings of the

Buddhist word chos (Skr. dharma), meaning ̔doctrine̕, but also f̔ actors of existence̕. Hence

the sphere of Absolute, chos-dbyings [ ཆོས་དབྱིངས་] (dharmadhātu), ̔boundless potential

existence,̕ is called bon-dbyings [ བོན་དབྱིངས་] in the Bon religion. 40

Una spiegazione più ampia è proposta da Tsering Thar:

In ancient times Bon did not only mean to recite; in a broader sense, it also referred to all

indigenous beliefs that were present in Tibet before the introduction of Buddhism. This

explained as the Tibetan equivalent of the Zaṅ Zuṅ term Gyer which means chant”, The Nine Ways of Bon:
Excerpts from gZi-brjid, p. 1; H. Hoffmann sostiene che “the origin of the word Bon to describe it is lost in
the past, and it is not readily definable, but in all probability once referred to the conjuring of the gods by
magic formulas”, cfr. The Religions of Tibet, p. 14, suggerendo inoltre il senso di “murmeln, murmelnd
rezitieren”, Quellen zur Geschichte der tibetischen Bon-Religion, p. 137; W. Simon, “A Note on Tibetan
Bon”, p. 8, afferma che l’equivalente di bon pa in mongolo è uriqu pertanto: “Bearing in mind that ̔to invite̕
is the primary meaning of uriqu, it may be inferred that the Mongolian translators intended to assign the
meaning of ̔to invoke (by muttering)̕ to bon-pa when used as a verb, and the meaning of ̔an invoker̕, when
used as a noun”; M. Lalou segnala l’alternanza Bon/Bod (Tibet) nei manoscritti di Dunhuang, che parrebbe
essere ancora attestata nel XV secolo, “Tibétain ancien Bod/Bon”, pp. 275-276; pur lasciando uno spiraglio a
tale eventualità R.A. Stein rimane assai dubbioso sulla questione, Les tribus anciennes des marches sino-
tibétaines. Légendes, classifications et histoire, p. 11, n. 28; l’ipotesi di Lalou è invece favorevolmente
accolta, sebbene limitatamente a uno specifico senso della parola da D.L. Snellgrove: “Bon in the sense of
̔Tibetan religion̕ is probably connected with Bod [ བོད་] (even occasionally written Bon in early text) meaning
̔Tibet̕, and possibly with bon as in sa-bon [ ས་བོན་] ̔seed.̕ The original meaning may be ̔autochthonous̕, op. cit.,
p. 20, n. 2; decisamente contrario invece G. Uray che conclude: “the following meanings can be attributed to
the verb bon with complete certainly: ̔to ask (a god, a sovereign; to give, offer (to a god, a sovereign): (a god,
a sovereign) receives, obtains, takes̕, and the following meanings can be assumed as probable: ̔to murmur,
recit (charms, prayers); to invoke, summon, call”, cfr.“The Old Tibetan Verb Bon”, p. 334.
40
Cfr. H. Hoffmann, Tibet. A Handbook, p. 101; “verosimilmente Bon va interpretato come la religione
dell’evocazione degli dèi mediante formule magiche”, Idem, “Religione Bon (Tibet, Swat, Gilgit)”, p. 871.
21
broader meaning is explained by the phrase srid pa rgyud kyi bon [ སྲིད་པ་རྒྱུད་ཀྱི་་བོན་, il
Bon del lignaggio originale dell’esistenza], found in early Bonpo texts. In any case, Bon

included not only the category designated by the phrase srid pa rgyud kyi bon, but also the

traditions that spread to the south from the region of Mount Ti se [ ཏི་སེ་]. In that respect,

the Bon tradition speaks of a rgya gar bon skor [ རྒྱ་གར་བོན་སྐོར་], the Bon teachings of
India, which probably spread there from the Mount Ti se area. This seems to suggest that

the ancient civilization of the Mount Ti se area influenced not only Tibet, but also some

parts of India41.

Ch. Namkhai ricorda che

the word gyer [ གྱེར་], an archaic Tibetan term [brda rnying, བརྡ་རྙིང་], has become well-

known. Utilized with the same meaning as the Tibetan verb ‘to chant’ [’don pa, འདོན་པ་]
it is found in expressions such as ‘reciting the fumigation ritual in this way’ [bsang gi cho

ga ’di ltar du, བསང་གི་ཆོ་ག་འདི་ལྟར་དུ་གྱེར་] or ‘reciting these words for the ransom
rituals’ [glud kyi cho ga ’di ltar du gyer, གླུད་ཀྱི་ཆོ་ག་འདི་ལྟར་དུ་གྱེར་]. In the modern
idiom, however, the two archaic verbs bon pa and gyer ba have the specific meanings of

bzla ba and ’don pa respectively.42

Mediante la risonanza vibrativa della recita dei mantra, cioè suoni o sillabe che possono

condizionare determinate sfere energetiche - intendendo per energia

la dimensione vitale, strettamente legata alla respirazione, alla voce e alla funzione dei

cinque elementi interni ed esterni che in ogni essere collega il corpo alla mente - 43

41
Cfr. T. Thar, “Mount Ti se (Kailash) Area: The Center of Himalayan Civilization”, p. 29.
42
The Light of Kailash II, p. 42 ed inoltre cfr. The Light of Kailash. A History of Zhang Zhung and Tibet, I,
The Early Period, ( d’ora innanzi The Light of Kailash I), pp. 77-78.
43
Cfr. Ch. Namkhai, Drung, p. 15, n 5.
22
anticamente i Bonpo si ponevano in ascolto e in contatto con le energie invisibili e le forze

che regolano la natura anche allo scopo di controllarle.

Sulla scorta di ciò, facendo nostre le parole di A. Clemente, curatore dell’edizione italiana

del testo di capitale importanza per lo studio delle antiche tradizioni sapienziali del Tibet,

di Ch. Namkhai, Drung, Deu, Bön. Narrations, Symbolic languages and the Bön tradition

in ancient Tibet,

è ipotizzabile che in origine il Bön fosse un insieme di conoscenze e di pratiche magico-

rituali basate sul principio dell’interazione fra l’uomo e quelle forze esterne della natura e

del cosmo che, pur non essendo ordinariamente percepibili erano ritenute capaci di

esercitare un influsso determinante sull’esistenza umana. Gli antichi Bönpo, come traspare

dalla letteratura rituale tuttora esistente, erano profondi conoscitori della sfera dell’energia

dell’individuo e delle energie presenti nell’universo personificate o dominate da una grande

varietà di esseri non umani, capaci di apportare sia influenze benefiche, sia disturbi.

Secondo la tradizione, queste conoscenze e pratiche rituali, alcune delle quali

comportavano sacrifici animali, furono riformate e codificate grazie all’opera di Shenrab

Miwoche (gShen rab mi bo che), un maestro originario dello Shang Shung, simile per molti

aspetti ai grandi saggi e fondatori di religioni del passato. I suoi insegnamenti nei secoli

successivi sono stati suddivisi in base a diversi criteri, ma la classificazione in dodici

scienze sembra essere la più antica. 44

Le dodici tradizioni nominate costituiscono il fulcro della cultura tibetana sino all’avvento

del buddhismo nell’VIII secolo d.C.

La fase più arcaica della storia del Tibet coincide con l’esistenza del regno dello Zhang

Zhung45 donde:

44
Ibidem.
45
In accordo alle fonti bonpo, il regno dello Zhang Zhung era composto di tre parti, Zhang Zhung Interno,
Zhang zhung Phug pa ( ཞང་ཞུང་ཕུག་པ) con al suo centro la capitale Khyung lung dNgul mkhar (ཁྱུང་ལུང་དངུལ་
མཁར་), il Castello d’Argento della valle di Khyung, 87 km ad Ovest del monte Ti se; Zhang Zhung
23
“Traditionally speaking the origin of Bon teachings known as the Everlasting Bon [g.Yung

drung Bon]46 coincides with the birth47 of gShen-rab Mi-bo-che in ’Ol-mo Lung-ring

Zhang Zhung, about 3908 years ago. 48 The teaching of gShen-rab became the essence of

all the different forms of Bon, or one of the most sophisticated of all the traditions that had

been called Bon up to that time. The majority of those who indulged in bloody rituals

converted and adapted their views and practices to the teachings of gShen-rab, so that the

Intermedio, Zhang zhung Bar pa ( ཞང་ཞུང་བར་པ་) con capitale Dwang ra Khyung rdzong (དྭང་ར་ཁྱུང་རྫོང་), il
Castello Khyung di Dwang ra; Zhang Zhung Esterno, Zhang zhung sGo pa (ཞང་ཞུང་སྒོ་པ་), con capitale

Khyung po ri rTse drug (ཁྱུང་པོ་རི་རྩེ་དྲུག་), la Montagna dei Sei Picchi del paese di Khyung. Cfr. T. Thar,

“Mount Ti se (Kailash) Area: The Center of Himalayan Civilization”, pp. 26-27.


Sebbene i confini dell’antico regno dello Zhang Zhung non possano essere precisamente stabiliti, ad Est è la
valle dello Yar lung, nucleo originario del regno tibetano, nonché la Cina; a Sud il Nord-ovest indiano; a
སྟག་གཟིག་), di influenza iraniana, nonché O rgyan
Ovest il bordo orientale dell’altipiano iranico, lo sTag gzig (

(ཨོ་རྒྱན་)/Oḍḍiyāna; a Nord-ovest Gilgit, ovvero Bru sha (བྲུ་ཤ་); a Nord Khotan, ovvero Li (ལི་)

46
Nelle antiche iscrizioni il termine g.yung drung è sovente usato avverbialmente accompagnato dalla
དུ་
particella du ( ), g.yung drung du, con il senso di ̔sempre̕, ̔permanentemente̕; esso costituisce anche parte

di un epiteto del Bon, ’phrul ngag g.yung drung bon ( འཕྲུལ་ངག་གཡུང་དྲུང་བོན་) ̔La Parola Magica, il Bon
Eterno̕ ; comunque: “g.yung-drung as an epithet of Bon never seems to have been used, before the 10th
century A.D. altough the exact period when it came into use is not yet known”, cfr. S.G. Karmay, “A General
Introduction to the History and Doctrines of Bon”, p. 172. Il termine si ritrova in uno dei più antichi
documenti bonpo, lo mDzod phug (མཛོད་ཕུག་), gter ma (གཏེར་མ་), t̔ esoro̕ riscoperto nel 1017 d.C. da gShen
chen Klu dga’ (996-1035) (གཤེན་ཆེན་ཀླུ་དགའ་); cfr. Cfr. K. Mimaki, S.G. Karmay, Nine Vehicles of the

Southern Treasury (lho gter gyi theg pa dgu) as presented in the Bon sgo gsal byed of Tre ston rGyal mtshan
dpal, I: First Four Vehicles, p. 1, n. 2.
47
Il luogo di nascita e di fioritura degli insegnamenti di gShen rab è nelle fonti bonpo sTag gzig ’Ol mo Lung
ring ( སྟག་གཟིག་འཨོལ་མོ་ལུང་རིང་) o anche sTag gzig ’Ol mo’i gling (སྟག་གཟིག་འཨོལ་མོའི་གླིང་). Incerta e fonte
di dibattito tra gli studiosi la sua precisa collocazione geografica. Secondo Ch. Namkhai: “sTag-gzig,
sometimes written Ta-zig, has been identified by some scholars with Persia. In ancient times the area
indicated not only what is now known as Persia, but also the regions that were under the influence of that
country. The fact that now in the Community of Independent States there exists a state called Tajikistan, in
which name and in the name of whose people, the term Ta-zig can be clearly inferred, bears witness to that;”
inoltre pur non accettando la corrispondenza tra sTag gzig e Persia l’identificazione non è giudicata
totalmente irragionevole dal momento che le fonti bonpo annettono all’area occidentale di influenza dello
24
terms Bon and Bon-po eventually became a standard way of designating the teachings of

the Everlasting Bon expounded by gShen-rab Mi-bo-che”.49

In accordo alla parola del Maestro fu così che si diffusero i bsGrags pa skor gsum ( བསྒྲགས་

པ་སྐོར་གསུམ་), vale a dire I Tre Cicli di Propagazione della Dottrina Bon, nei mondi divino,
umano e ctonio:

Zhang Zhung i territori delimitati ad Ovest e Nord-ovest dalla Persia (in senso lato) e dalla catena montuosa
del Karakorum rispettivamente, che costituirebbero poi proprio lo ’Ol mo Lung ring, centro del regno dello
Zhang Zhung e non parte dello sTag gzig/Persia, cfr. The Light of Kailash I, pp. 110-114. Per il Ta zig,
sebbene considerato da D.L. Snellgrove un’indicazione geografica piuttosto vaga, è proposta l’identificazione
con le terre immediatamente ad Ovest della catena del Pamir, le antiche satrapie achemenidi di Battriana e
Sogdiana, cfr. Indo-Tibetan Buddhism. Indian Buddhists and Their Tibetan Successors, pp. 390-391; si noti
per inciso che queste terre di piena cultura iranica, liminali sia geograficamente sia culturalmente l’area
tibetana e lo Zhang Zhung, sono considerate luoghi di origine del profeta Zoroastro, e che il culto
zoroastriano, prima di capitolare dinanzi all’invasione islamica del 641-642 d.C., sopravvisse in eta seleucide
(312-64 a.C.) e si rinvigorì durante l’età partica-arsacide (247 a.C.-226 d.C) e in epoca sasanide (226-651
d.C.) divenendo, in quest’ultima, religione di stato; cfr. R.C. Zaehner, Zoroastro e la fantasia religiosa, pp.
13-15, 205-207. B.I. Kuznetsov e L.N. Gumilev ritengono che l’interazione tra l’antico Tibet e le terre al suo
Occidente, specialmente la Persia, fu molto più considerevole sin dall’antichità di quanto la maggioranza
degli storici sia disposta ad ammettere; prova di ciò sarebbe l’ingente mole di informazioni concernenti
luoghi anche molto distanti possedute di prima o seconda mano dai geografi tibetani e che a loro dire furono
incorporate nell’originale precursore di una mappa dello Zhang Zhung, ascrivibile all’opera di Nyi ma Grags
pa (1616-1670) ( ཉི་མ་གྲགས་པ་). Sebbene non tutti gli argomenti addotti per tali identificazioni risultino

convincenti, meritano attenzione alcune individuazioni proposte, eminentemente quella che parrebbe una
delle chiavi di volta dell’indagine, l’associazione del nome che giace al centro della mappa, Bar po So
brGyad ( བར་པོ་སོ་བརྒྱད་), con l’antico iranico Parsogard e con il greco Pasargadés (Πασαργαδής), capitale
dell’impero persiano sotto i regni di Ciro II, il Grande (559-530 a.C.) e del figlio Cambise II (530-522 a.C.);
le antiche mappe di ’Ol mo Lung ring, preserverebbero così una rappresentazione delle aree orientali
dell’impero persiano sin dall’epoca di Ciro, cfr, “Two Traditions of Ancient Tibetan Cartography (Landscape
and Ethnos VIII)”, pp. 565-579; a favore dell’ipotesi sostenuta dai due russi J.E. Schwartzeberg, Maps of
Greater Tibet, pp. 639-642; contrario D. Martin, “’Ol-mo-lung-ring, the Original Holy Place”, pp. 48-82.
48
Il monte g.Yung drung dGu brtsegs (གཡུང་དྲུང་དགུ་བརྩེགས་) è il punto focale della regione centrale - nang
gling (ནང་གླིང་) - di’Ol mo Lung ring; ad Est di esso sorge il tempio di Sham po lHa rtse ( ཤམ་པོ་ལྷ་རྩེ་); a Sud

il palazzo di Bar po So brgyad, luogo di nascita di gShen rab; ad Ovest il palazzo di Khri smon rGyal bzhad
( ཁྲི་སྨོན་རྒྱལ་བཞད་); a Nord il palazzo di Khong ma Ne’u chung (ཁོང་མ་ནེའུ་ཆུང་). “The snowy mountain Ti-se
25
1) Sher phyin bsGrags pa skor gsum ( ཤེར་ཕྱིན་བསྒྲགས་པ་སྐོར་གསུམ་);

2) Spyi spungs bsGrags pa skor gsum ( སྤྱི་སྤུངས་བསྒྲགས་པ་སྐོར་གསུམ་);

3) rDzogs chen bsGrags pa skor gsum ( རཛོགས་ཆེན་བསྒྲགས་པ་སྐོར་གསུམ་).

may very well be one and the same as Mount g.Yung-drung dGu-brtsegs. Firstly because Ti-se was the most
important centre of Zhang-zhung which is the source of Bon”, cfr. S.G. Karmay, “A General Introduction”,
pp. 174-175. Nel ’Dzam gling gangs rgyal ti se’i dkar chag tshang dbyangs yid ’phrog ( འཛམ་གླིང་གངས་རྒྱལ་
ཏི་སེའི་དཀར་ཆག་ཚང་དབྱངས་ཡིད་འཕྲོག་), L’Incantevole Melodia di Brahmā, Guida al monte Ti se, Re delle
Montagne Nevose del Mondo - cfr. Ch. Namkhai, The Light of Kailash I, pp. 24-26 - è così descritto: al
centro del continente meridionale, ove sgorgano le sorgenti dei quattro fiumi del Tibet, è lo Zhang Zhung,
paese del Bon. Qui, sotto il Cielo, che simile ad una ruota a otto raggi si innalza come baldacchino, e sopra la
terra, trono di loti dagli otto petali, è il monte Ti se, lo Stūpa di Cristallo, Montagna Anima del Bon Eterno,
primordiale, quale i Tre Gioielli di Corpo, Parola, Mente, il migliore dei nove luoghi sacri della vera
realizzazione, simile alla swastika a nove livelli, centro delle otto grandi sepolture, primo dei ventiquattro
luoghi supremi, puro, quali i meravigliosi fiori dei trentasette luoghi di raccolta. Stūpa di neve cristallina,
simile esternamente alla dimora di Brahmā. Internamente simile alle tremila dimore delle Tre Divinità
Tutelari, - A ti Mu wer (ཨ་ཏི་མུ་ཝེར་), Ku byi Mang ke (ཀུ་བི་མང་ཀེ་), dBal chen Ge khod (དབལ་ཆེན་གེ་ཁོད་) -.
Segretamente è la vasta, profonda sede dei raduni delle Ḍākinī, madre e sorella. Re dello ’Dzam gling ( འཛམ་

གླིང་), ovvero del cosmo intero, è il Monte Ti se, monte del Bon, elevato, non creato, spontaneamente perfetto
ed autoriginato sin dall’inizio. Dalle pendici del Ti se scorrono quattro fiumi, ma occorre premettere che a
seconda dei testi, rispetto al Ti se, può variare il punto cardinale dal quale ne principia il corso; dal testo
appena citato si apprende che ad Est sgorga il Gyim shang ’Khyil ba ( གྱིམ་ཤང་འཁིལ་བ་), da rocce dalla foggia
di bocca di Cavallo - rTa mchog Kha ’bab ( རྟ་མཆོག་ཁ་འབབ་) -; a Nord il Seng nga ( སེང་ང་)/Pakshu, dalla

bocca di Leone - Seng ge’i Kha ’bab ( སེང་ངེའི་ཁ་འབབ་) -; ad Ovest la Gaṅgā, dalla bocca di Elefante - Glang

chen Kha ’bab (གླང་ཆེན་ཁ་འབབ་) -; a Sud il Na ra dza ra ( ན་ར་ཛ་ར་), dal becco di Pavone, rMa bya’i Kha

’bab (རྨ་བྱའི་ཁ་འབབ་); cfr. ivi, pp. 71-72.

49
Cfr. Ch. Namkhai, The Light of Kailash I, pp. 91-92.
26
Analogamente furono trasmessi i precetti de I Quattro Portali e il Tesoro come Quinto 50,

sGo bzhi mdzod dang lnga ( སྒོ་བཞི་མཛོད་དང་ལྔ་). Inoltre Sei Grandi Traduttori, discepoli di

Mu cho lDem drug ( མུ་ཆོ་ལྡེམ་དྲུག་), - uno degli otto figli nonché apostolo di gShen rab -,
avendo da questi profondamente appreso le tre saggezze, - i tre tipi di consapevolezza

discriminante: ̔uditiva̕, thos pa ( ཐོས་པ་), ̔contemplativa̕, bsam pa (བསམ་པ་), e ̔meditativa̕

sgom pa ( སྒོམ་པ་) - tradussero nell’idioma del proprio paese dal Divino Linguaggio

Immortale51 e disseminarono tutti gli insegnamenti impartiti dal Maestro in ’Ol mo’i gling,

come anche le serie delle Tre Proclamazioni, diffusesi colà, dopo la dipartita del Maestro.

Il dominio politico dello Zhang Zhung si collocava nell’attuale regione di Gu-ge ( གུ་གེ་) nel
Tibet occidentale; la civiltà e la cultura, fondate sulle tradizioni bonpo, si diffusero

50
“The main protagonist for holding, preserving and disseminating the teachings of the Four Portals and the
Treasure as Fifth, which represents the essence of the Bon religion, were the physical and spiritual sons of
gShen-rab Mi-bo-che. [...] All major and minor Bonpo doctrinal and historical texts narrate how each of his
children and disciples endeavored to collect and take care of his teachings: his son gTo-bu ’Bum-sangs [གཏོ་
བུ་འབུམ་སངས་] assembled all the tantras related to gTo [གཏོ་] rituals; dPyad-bu Khri-shes [དཔྱད་བུ་ཁྲི་ཤེས་]
collected the teachings of medicine [dpyad/དཔྱད་]; Kong-tsha ’Phrul-bu [ཀོང་ཚ་འཕྲུལ་བུ་] those of astrology;

Kong-tsha dBang-ldan [ཀོང་ཚ་དབང་ལྡན་] collected the teaching of the Original Lineage of Existence, the

Chab Nag [ཆབ་ནག་] series; Yid-kyi Khye’u-chung [ཡིད་ཀྱི་ཁྱེའུ་ཆུང་] the’Phen yul [འཕེན་ཡུལ་] ones;

rGyud-’dren sGron-ma [ རྒྱུད་དྲེན་སྒྲོན་མ་], the Chab dKar [ཆབ་དཀར་] ones; and Lung-dren gSal-ba [ལུང་དྲེན་
གསལ་བ་], those of the Treasure of the High Summit. In particular it is also explained how the great successor
Mu-cho lDem-drug [མུ་ཆོ་ལྡེམ་དྲུག་] settled in the palace of Sham-po lHa-rtse, and protected for a long time

the teaching related to the Four Portals and the Treasure as Fifth”, cfr. Ch. Namkhai, ivi, pp. 108-109.
51
Il linguaggio degli Dei Eterni, derivò da quello della principale divinità dei dMu gshen ( དམུ་གཤེན་), e fu
parlato dal popolo di rGyal sa Pho brang Gling brgyad ( རྒྱལ་ས་ཕོ་བྲང་གླིང་བརྒྱད་), ̔le otto residenze̕ di gShen
rab in ’Ol mo lung ring. Tradizionalmente si reputa che trecentosessanta idiomi emanarono da questa lingua,
dei quali centosessantaquattro in ’Ol mo’i gling e centonovantaquattro al di là dell’anello di montagne di
dBal so ( དབལ་སོ་) che ne recingono l’area, cfr. S.G. Karmay, The Treasury, pp. 16-17.
27
verisimilmente e precocemente in tutto il Tibet, sebbene materialmente le regioni

corrispondenti all’attuale Tibet centrale ed orientale non rientrassero nei suoi domini.52

Inizialmente è presumibile che il nome53 del regno fosse unicamente Zhung e che zhang

( ཞང་), “zio materno”, sia stato unito ad esso successivamente ed in segno di rispetto dai
Tibetani memori del fatto che sovente i re del Tibet sposarono principesse dello Zhang

Zhung;54 il termine zhung ( ཞུང་) invece corrisponde al tibetano khyung (ཁྱུང་),


52
Cfr. Ch. Namkhai, Drung, pp. 21-22.
53
Secondo Ch. Namkhai se si esamina il nome Zhang Zhung , associato al luogo d’origine “of the primeval
Zhang-Bod people, we can understand that it is related to the Zhang Zhung primordial triad of the lHa [ ], ལྷ་
ཀླུ་
Klu [ ], and gNyan [ གཉན་] entities, which also seems to be connected to and paralleled by that of kings,
priests, and subjects [rgyal gshen ’bangs gsum/རྒྱལ་གཤེན་འབངས་གསུམ་]” cfr. The Light of Kailash I, p. 73.

54
Zhang è spiegato in diversi modi; dal momento che nella lingua Zhang zhung significa ̔valle̕ (cfr. A
Lexicon of Zhangzhung and Bonpo Terms, p. 217) ed essendo zhung “a contraction of zhung zhag, meaning
the garuḍa bird”, sulla scia di T. Namdak, T. Thar sostiene che “the word therefore means the valley or land
of the khyung”.
Nel 641 d.C. Srong brtsan sGam po ( སྲོང་བརྩན་སྒམ་པོ་, 627-649 d.C.) prese in moglie la principessa cinese
rGya mo Kong jo ( རྒྱ་མོ་ཀོང་ཇོ་)/Wen cheng - dalla corte dell’imperatore Tang, Taizong (627-649 d.C.) - la
quale portò in dono un’immagine di Śākyamuni per cui si edificò il tempio di Ra mo che ( ར་མོ་ཆེ་); da quel

momento “the Tibetans began referring to China as the country of maternal uncle [...] Since many ancient
kings of Tibet, for reasons that are easily understood, contracted marriages with several Zhang Zhung
princesses, it is also quite possible that the word Zhang became part of the name as an indication of that
kinship. Another possible reason would be that Zhang Zhung was the place of origin of the Four Great Tribes
and Six Families of the Early Human Generations, from which the Tibetans claim their descendancy,” cfr.
Ch. Namkhai, The Light of Kailash I, p. 75. Srong brtsan sGam po ebbe altre quattro mogli: Ru yongs bZa’
rgyal mo ( རུ་ཡོངས་བཟའ་རྒྱལ་མོ་) figlia del re di Mi nyag (མི་ཉག་), Khri lcam (ཁྲི་ལྕམ་) figlia dello zhang blon
( ཞང་བློན་) (“a sort of privy councillor, a title previously borne apparently only by the highest minister, some
or most of whom were of the blood-royal,” cfr. L.A. Waddell, “Ancient Historical Edicts at Lhasa”, p. 1274)
del clan dei Mong ( མོང་), la principessa Khri gtsun (ཁྲི་གཙུན་) dal Nepal - che recò un’icona di Byams pa
(བྱམས་པ་)/Maitreya, per la quale venne costruito un tempio a Ra sa ( ར་ས་), invece che, secondo un’altra

tradizione, avere portato con il corredo nuziale un’immagine di Mi bskyod rDo rje ( མི་བསྐྱོད་རྡོ་རྗེ་)/Akṣobhya-

vajra ed aver fatto erigere il tempio di ’Phrul snang ( འཕྲུལ་སྣང་) - cfr. S.G. Karmay, The Treasury, p. 78 e G.
28
l’aquila-garuḍa, che in quell’antica civiltà rappresentava la forza dell’energia legata

all’elemento fuoco, considerato nella tradizione Bön il più attivo dei cinque elementi55.

Con l’avvento della dinastia di Yar lung il suo mitico fondatore gNya’ khri bTsan po

( གཉའ་ཁྲི་བཙན་པོ་)
according to the tradition marks the introduction of Bon and the introduction of an all-

Tibetan ruler.56

Tucci, Le religioni del Tibet, p. 16, rispettivamente - e la figlia del re Li mig skya ( ལི་མིག་སྐྱ་), sovrano dello
Zhang Zhung, Li Thig dman ( ལི་ཐིག་དམན་) che presentò un’immagine di gShen rab all’età di un anno
proveniente dal tempio di dKar nag bKra gsal (དཀར་ནག་བཀྲ་གསལ་) in sTag gzig ’Ol-mo’i gling, per la quale

fu innalzato il tempio di Them chen (ཐེམ་ཆེན་); cfr. G. Tucci, “The wiwes of Sroṅ btsan sGam po”, Idem,

“The validity of Tibetan historical tradition”, pp. 460-461, e G.N. Roerich, The Blue Annals, pp. VI-VII.
Ritornando al senso di zhang la derivazione sinica proposta da B. Laufer è stata criticata da G.Tucci e da
V.A. Bogoslovskij il quale, rispetto al largo impiego del titolo tra VII e IX secolo d.C., reputa attesti “une
survivance indubitable du matriarcat,” soggiungendo che ancora in tempi moderni lo zhang imparentato con
la moglie del capo del clan “jouit d’un pouvoir parfois plus important que celui du chef lui-même”; cfr. B.
Laufer, “Bird Divination among the Tibetans. Notes on document Pelliot No 3530, with a study of Tibetan
Phonology of the ninth century”, pp. 103-106; G. Tucci, The tombs of the Tibetan kings, p. 57; V.A.
Bogoslovskij, op. cit., p. 31. Al di là dell’impronta di un ancestrale matriarcato nel lemma, nella
composizione onomastica dei primi sette sovrani di Yar-lung, e solo in quella, è palese la preminenza
materna, infatti oltre la componente fissa - il titolo di Khri bTsan po ( ཁྲི་བཙན་པོ་), ̔potente Khri̕ - “une
variable entre dans la composition du nom; elle représente le nom personnel du souverain et c’est toujours le
nom de la mère”, cfr. V.A. Bogoslovskij, op. cit. pp. 29-30; si ricordi e. g. il nome della sposa del primo
sovrano gNya’ khri bTsan po ( གཉའ་ཁྲི་བཙན་པོ་), gNam mug mug (གནམ་མུག་མུག་), e quello del figlio Mu khri
bTsan po ( མུ་ཁྲི་བཙན་པོ་).
55
Ch. Namkhai, Drung, p. 21. “The Bon tradition views the khyung as a very important manifestation at the
origin of the primordial divine generations”; Idem, The Light of Kailash I, p. 74.
56
Cfr. E. Haarh, The Yar-Luṅ Dynasty, p. 18.
29
Lungo trentatré generazioni di re sino a Srong brtsan sGam po57 ( སྲོང་བརྩན་སྒམ་པོ་, 627-649
d.C.), che per primo tentò di gettare le fondamenta per l’introduzione di una nuova

religione che non temesse il confronto con l’autoctona, il Bon fu religione ufficiale e

l’autorità del sovrano (chab srid, ཆབ་སྲིད་) fu costantemente affiancata dai sacerdoti reali

(lett. ̔gshen del corpo [sacro]̕, sku gshen, སྐུ་གཤེན་) 58


i quali assolvevano anche alla funzione

di protettori regali. Il fatto stesso che tradizionalmente i nomi dei re tibetani erano scelti e

conferiti dai sacerdoti bonpo nella lingua dello Zhang Zhung 59 testimonia il prestigio e il

57
Come rammenta S.G. Karmay si tenga presente che “the kind of agreement between independent historical
sources, which provides the critical historian with firm fact, is not available in the case of Tibet before the
seventh century. The first date that can be fixed with such certainty seems to be A.D. 649, the death of
Srong-btsan sGam-po. Not only the dates but also the existence of most of the kings listed by Tibetan
historians as having preceded Srong-btsan sGam-po are questioned by Western historians in view of the
complete lack of convincing evidence,” cfr., The Treasury, p. xxxi.
58
Cfr. R.A. Stein, La civiltà tibetana, pp. 201-202.
59
ཁྲི་
Particolarmente indicativa in tal senso la presenza della parola khri ( ) nei nomi dei primi sette monarchi

della dinastia di Yarlung i così detti ‘Sette Khri del Cielo’ (gNam gyi Khri bdun, གནམ་གྱི་ཁྲི་བདུན་); per
quanto riguarda il nome di gNya’ khri bTsan po , ad esempio, sebbene si sia provato a spiegare l’utilizzo di
khri, legandolo al fatto che i Tibetani sollevarono sulla nuca (gnya’ ba, གནའ་བ་) il trono (khri) ligneo su cui
si assise il sovrano (btsan po, བཙན་པོ་), tale interpretazione andrebbe scartata, mentre il senso reale di khri,
come di altre componenti del nome dei sovrani, andrebbe rintracciato alla luce del più profondo significato
che il termine assume nella lingua dello Zhang Zhung; difatti considerando gli altri nomi esistenti per il
primo dei Sette Khri, attestati nel Tun hong bod kyi lo rgyus yig rnying ( ཏུན་ཧོང་བོད་ཀྱི་ལོ་རྒྱུས་ཡིག་རྙིང་), Le
Antiche Cronache Tibetane di Dunhuang, PT 1287, 31, Khri Nyag khri bTsan po ( ཁྲི་ཉག་ཁྲི་བཙན་པོ་) e lDe

Nyag khri bTsan po (ལྡེ་ཉག་ཁྲི་བཙན་པོ་) si può ricostruire per la lettura Nyag khri ( ཉག་ཁྲི་) un senso

corrispondente al tibetano ̔natura della mente della divinità’ (lha’i thugs nyid, ལྷའི་ཐུགས་), od anche ̔stato di

contemplazione della divinità̕ (lHa’i dgongs pa, ལྷའི་དགོངས་པ་). Relativamente invece alla lettura Nya khri

(ཉ་ཁྲི་), è possibile un’altra spiegazione, come si legge nel Blon po bka’i thang yig (བློན་པོ་བཀའི་ཐང་ཡིག་)

gNya’ khri bTsan po nacque durante la luna piena (zla ba nya, ཟླ་བ་ཉ་). Per tale motivo egli è anche

conosciuto come Nya Khri btsan po (ཉ་ཁྲི་བཙན་པོ་); cfr. Ch.Namkhai, The Light of Kailash II, pp. 119-123.
30
considerevole potere della classe sacerdotale collegato agli interessi di tale regno nonché la

pubblica dimostrazione di onore e sostegno tributata dai monarchi tibetani al Bon.60

La capillare diffusione del Bon avvenne dunque all’epoca del secondo monarca Mu

khri bTsan po,61 figlio di gNya’ khri bTsan po. Durante il loro regno si propagarono gli

insegnamenti tantrici della dottrina del sPyi spungs ( སྤྱི་སྤུངས་) 62


e fiorirono

conseguentemente i precetti legati allo ̔Stadio di Emanazione o Creazione̕ - bskyed rim

I numerosi composti con Khri nel lessico zhang zhung riverberano sovente un’area semantica inerente il
principio vitale, la condizione essenziale, come si comprende dal confronto con il corrispettivo in tibetano, si
ricordino ad esempio: khri tse ( ཁྲི་ཙེ་) = condizione assoluta, natura primordiale della mente (thugs nyid,
ཐུགས་ཉིད་); khri seg (ཁྲི་སེག་) = principio, forza vitale (srog gi dbang po, སྲོག་གི་དབང་པོ་); khri min (ཁྲི་མིན་) =
coscienza percettiva (rnam shes, རྣམ་ཤེས་); sad khri (སད་ཁྲི་) = mente divina (lha sems, ལྷ་སེམས་); khri tsu (ཁྲི་

ཙུ་) = longevità (tshe,ཚེ)་; khri tsun (ཁྲི་ཙུན་) = frutto (’bras bu, འབྲས་བུ་); khri tsar (ཁྲི་ཙར་) = fattori mentali
(sems pa, སེམས་པ་);, cfr. Ch. N. Norbu, Drung, pp. 63-66, ed anche P.T. Tenzin, Ch.T.N. Nyima, G. L.

Rabsal, A Lexicon of Zhangzhung and Bonpo Terms, pp. 25-27. Inoltre Khri compare in svariati nomi
dell’antico regno di Zhang Zhung; si rammenti Khri wer La rje Gu lang gSer gyi Bya ru can, cioè Khri wer
La rje Detentore dell’Aurea Corona di corno ( ཁརི་ཝེར་ལ་རྗེ་གུ་ལང་གསེར་གྱི་བྱ་རུ་ཅན་), il primo dei ‘diciotto re
dello Zhang Zhung dalla corona ornata di corna’ (zhang zhung gi rgyal po bya ru can bco brgyad, ཞང་ཞུང་གི་

རྒྱལ་པོ་བྱ་རུ་ཅན་བཅོ་བརྒྱད་); la sede reale - Ga ljang g.Yu lo rDzong mkhar (ག་ལྗང་གཡུ་ལོ་རྫོང་མཁར་) - era


situata nei pressi del lago Mu le khyud ( མུ་ལེ་ཁྱུད་) ai piedi del sPos ri Ngad ldan ( སཔོས་རི་ངད་ལྡན་), dinanzi al

monte Ti se (ཏི་སེ་); “this king was a close disciple of gShen-rab Mi-bo-che, and an outstanding patron of the

Bon religion. He had a temple [gsas khang/གསས་ཁང་], built at the foot of Mount Ti-se called Nor-bu sPungs-

rtsegs (ནོར་བུ་སྤུང་རྩེགས་).” Cfr. Ch. Namkhai, The Light of Kailash I, p. 130.

60
I regi sacerdoti, allorché nasceva il figlio di un re, officiavano due importanti riti di purificazione: il rito di
fumigazione del bsang ( བསང་) e la cerimonia di aspersione lustrale del tshan khrus (ཚན་ཁྲུས་), terminati i
quali era conferito al neonato un nome speciale nella lingua dello Zhang Zhung, cfr. Ch. Namkhai, Drung,
pp. 62-63, pp. 193-198, e anche The Light of Kailash II, p. 119.
61
Analogamente al padre anche qui il nome del sovrano reca significato nella lingua dello Zhang Zhung: Mu
མུ་
( ) = ‘Onnipervadente, Onnicomprensivo’, come il tibetano kun khyab ( ཀུན་ཁྱབ་), cfr, Ch. Namkhai, The
Light of Kailash II, p. 120.
62
Cfr. S.G. Karmay, The Treasury, p. 39.
31
( བསྐྱེད་རིམ་) 63
- dei Tantra Paterni (pha rgyud/ ཕ་རྒྱད་), e allo ̔Stadio di Perfezione o

Compimento̕ - rdzogs rim ( རྫོགས་རིམ་) 64


- dei Tantra Materni (ma rgyud/ མ་རྒྱུད་) 65
; allo

stesso tempo vennero introdotte le dottrine dello rDzogs pa chen po ( རྫོགས་པ་ཆེན་པོ་) 66


, la

Totale Perfezione.

63
Il bskyed rim (sanscrito, utpattikrama) consiste nella fase meditativa di sviluppo della visualizzazione della
deità e del suo maṇḍala, la cui essenziale caratteristica è la regolarità verso ogni direzione dal momento che:
“the first thing it must express is emanation from a centre into space. As the divinities in whose forms the
process of emanation (utpattikrama) is expressed, have the value of pure symbol, their forms and their
number are relevant only to the categories in terms of which the meditator conceives of his own personality,
for it is these two things, the divine forms (nirvāṇa) and the components of his own self (saṃsāra), which are
to be identified”. Cfr. D.L. Snellgrove, The Hevajra Tantra. A critical study, p. 31. La fase di creazione è
particolarmente importante nei metodi soteriologici - sgrub thabs ( སྒྲུབ་ཐབས་), (sanscr. sādhana) - del

Mahāyoga e dei Tantra Paterni dell’Anuttarayoga, il cui scopo essenziale è la purificazione e trasformazione
delle percezioni esterne, e il culmine è costituito dalla realizzazione dell’esperienza dell’inseparabilità
dell’apparenza fenomenica e della vacuità (snang stong zung ’jug/ སྣང་སྟོང་ཟུང་འཇུག་), cfr. Ch.N. Norbu, The
Cycle of Day and Night. An essential Tibetan Text on the Practice of Dzogchen, pp. 19-20, cfr. Ph. Cornu,
Dizionario del Buddhismo, p. 315. Nel caso in questione la trasmissione dei precetti del bskyed rim consiste
di cinque tipi di Pha rgyud, pertinenti al settimo e ottavo veicolo della classificazione Bon, A dkar theg pa
( ཨ་དཀར་ཐེག་པ་) e Ye gshen theg pa (ཡེ་གཤེན་ཐེག་པ་), rispettivamente; cfr. S.G. Karmay, The Treasury, pp.
39, n. 2, 45, n. 2; D.L. Snellgrove, The Nine Ways of Bon, pp. 10-11.
64
I Tantra Materni invece fondano il loro sgrub thabs sullo rdzogs rim (sanscr. saṃpannakrama), il metodo
esoterico avanzato detto di ̔completamento̕ o ̔perfezionamento̕ dell’esperienza meditativa, seconda fase dei
sādhana dei Tantra Superiori - di particolare rilievo nell’Anuyoga e in quei Tantra Paterni del Mahāyoga che
le lasciano spazio - durante la quale l’adepto si concentra sulla struttura del maṇḍala interno composta dai
རྩ་
canali - (rtsa/ ), (sanscr. nāḍi) -, dai venti sottili interni - (rlung/ རླུང་), (sanscr. vāyu) - e dalle gocce

dell’essenza dell’energia - (thig-le/ ཏིག་ལེ་), (sanscr. bindu).


Il principio cardine delle pratiche tantriche e dello rdzogs rim nella fattispecie risiede nella trasformazione
dell’energia vitale e dei venti karmici sino all’esperienza della chiara luce (’od gsal) (sanscr. prabhāsvara)
manifestazione della natura vacua e luminosa della mente, che è coalescente a quella della Realtà Ultima.
Lo scopo ultimo delle due fasi è rimuovere le apparenti contaminazioni che sorgono da una visione ignorante
e falsa dell’esistenza per quello che essa già è in se stessa, difatti: “The whole training consists in learning to
conceive of existence in knowledge of its non-existence, and one will then automatically realize its true
nature which is innate (sahaja) and a matter for self-experience (svasaṃvedya). But this can only be done by
32
Lo stesso Mu khri bTsan po, definito rGyal gShen ( རྒྱལ་གཤེན་) ‘Sacerdote Reale̕, ricevette,
come anche il padre, gli insegnamenti del sPyi spungs da dMu gshen sNang ba’i mDog can

( དམུ་གཤེན་སནང་བའི་མདོག་ཅན་). 67
Questi aveva a sua volta ricevuto il sPyi spungs da un

leggendario sovrano dello Zhang Zhung, la cui trasmissione fu fondamentale per la

rivelazione del Ma rgyud, rGyal gshen Mi lus bSam legs ( རྒྱལ་གཤེན་མི་ལུས་བསམ་ལེགས་).


using existence itself as the means (upāya) for there is no other possible. One creates mentally (bhāvayati) an
idealized representation of the process of emanation of existence (utpattikrama) which is the saṃsāra, and by
realizing the dream-like nature of its apparent diversity, one realizes its unity in this process of realization
(saṃpannakrama), which is nirvāṇa”. Cfr. D.L. Snellgrove, The Hevajra Tantra, p. 22.
Va evidenziato che nel passo in questione la trasmissione del Ma rgyud è assimilabile a quella dello rDzogs
chen; difatti entrambi sono considerati parte del nono veicolo, cfr. S.G. Karmay, The Treasury, p. 39, n. 2.
65
Nel Bon esistono tre cicli del Ma rgyud: 1) il Ciclo Esterno, Phyi sKor ( ཕྱི་སྐོར་); 2) il Ciclo Interno, Nang
sKor ( ནང་སྐོར་); 3) il Ciclo Segreto, gSang sKor (གསང་སྐོར་). Si ritiene che essi siano stati predicati in risposta
alle domande poste da schiere di mKha’ ’gro ma ( མཁའ་འགྲོ་མ་)/Ḍākiṇī, dal Buddha Primordiale Kun tu

bZang po (ཀུན་ཏུ་བཟང་པོ་), cui, in tal contesto, sono attribuiti i nomi di gSang mchog rGyal po ( གསང་མཆོག་

རྒྱལ་པོ་) e di gSang mchog mThar thug (གསང་མཆོག་མཐར་ཐུག་). Ai tre Ma rgyud del gSang skor sono attribuiti
due differenti titoli: 1) Sangs rgyas rGyud gsum (སངས་རྒྱས་རྒྱུད་གསུམ་), I Tre Tantra del Risveglio; 2) Thugs

rje Nyi ma (ཐུགས་རྗེ་ཉི་མ་), Il Sole della Compassione. Essi illustrano la Base, gZhi (གཞི་), il Cammino, lam

(ལམ་), e il Frutto, ’bras (འབྲས་), il risultato finale.Cfr. D. Martin, Mandala Cosmogony. Human Body Good

Thought and the Revelation of the Secret Mother Tantras, p. 32.


66
Il nono e supremo veicolo - Shin tu rNal ’byor ( ཤིན་ཏུ་རྣལ་བྱོར་) (sanscr. Atiyoga) - , lo rDzogs chen, non
enfatizza le elaborate visioni di deità e maṇḍala (Tantra Paterni), né lo yoga esoterico dei canali e
dell’energia interni (Tantra Materni), ma è senza sforzo rispetto ad entrambi; il metodo non è né la rinuncia,
né la purificazione o la trasformazione come nei Sūtra e nei Tantra, ma il cammino dell’auto-liberazione
(rang grol lam/ རང་གྲོལ་ལམ་) attraverso la visione (lta ba/ ལྟ་བ་) dell’indissolubilità di consapevolezza e

vacuità (rig stong zung ’jug/ རིག་སྟོང་ཟུང་འཇུག་), stato naturale della Saggezza Primordiale (ye shes/ཡེ་ཤེས་)
senza creazione né cessazione sin dall’origine; cfr. Ch.Namkhai, The Cycle of Day and Night, pp. 20-21.
Dudjom Rinpoche efficacemente sintetizza il tripartito Veicolo dei Tantra Superiori: “The Father tantras of
Mahāyoga are the natural expression of the skilful means of the appearance, intended on behalf of those
requiring training who are mostly hostile and possessed by many ideas; the Mother tantras of Anuyoga are
the discriminative awareness of the perfection stage which is the reality of emptiness, intended for the benefit
of those who are mostly desirous and delight in the tranquillity of the mind; and the Atiyoga is revealed as
33
Narra la tradizione che Mi lus bSam legs nacque in rGyal mkhar Ba chod ( རྒྱལ་མཁར་བ་

ཆོད་). Quando il sovrano fu in procinto di morire, i re vicini si dichiararono pronti ad

annetterne il regno, così il popolo riunito supplicò la dea Byams ma ( བྱམས་མ་).


Dopo un anno la regina diede i natali a un bimbo molto intelligente che apprese subito

molte dottrine, in special modo quelle del Ma rgyud, dal maestro Yongs su Dag pa ( ཡོངས་

སུ་དག་པ་). Mentre egli ne praticava i precetti le Sei Madri Custodi dell’insegnamento lo


visitarono interrogandolo sulla profondità della sua conoscenza; egli replicò che essa era

molto profonda poichè aveva incontrato sei grandi maestri. Sicché le Madri gli mostrarono

un cranio riempito dell’acqua dell’oceano, vi immersero una canna e gliela porsero,

spiegando che il Bon del Ma rgyud è l’oceano, la sapienza del Ma rgyud dei sei maestri

come l’acqua contenuta nel cranio, la sua, infine, come le gocce trattenute dalla canna.

Così Mi lu bSam legs scoraggiato chiese in che modo realizzare una piena conoscenza e le

Sei Madri lo invitarono a recarsi dalla mKha’ ’gro lHa mo bZang za Ring btsun ( མཁའ་འགྲོ་

the natural expression of their non-duality, intended for the benefit of those who are mostly deluded and who
are energetic. For one who would trascend the mind there is the creative phase, for one who would posses the
essence of the mind there is the perfecting phase, and for those who are supreme and most secret there is the
Great Perfection.” Cfr. Dudjom Rinpoche, The Nyingma School of Tibetan Buddhism. Its Fundamentals and
History, p. 359.
67
Riguardo alla trasmissione degli insegnamenti tantrici in Tibet era stato così profetizzato: “O Nam mkha’
sNang ba’i mDog chen, quando sarà giunto il tempo, nel Tibet, paese nevoso, in un luogo chiamato Lha ri
Gyang tho ( ལྷ་རི་གྱང་ཐོ་), insieme al primo dei Sette Khri, sosterrai egualmente il re, il sacerdote, la dottrina;
diffonderai gli insegnamenti tantrici”. Avendo realizzato che il tempo della profezia era oramai giunto, Nam
mkha’i sNang ba’i mDog chen si recò in Tibet a propagare i precetti. ̔Le Quattro Dee Miracolose̕ sostennero
il suo piede con l’ausilio di un drago, di un garuḍa e di un leone, ed egli discese dal cielo in terra. Egli agì
come precettore del re gNya khri bTsan po, ecco perché il re, il sacerdote e la dottrina appaiono fianco a
fianco. Cfr. S.G. Karmay, The Treasury, pp. 32-33.
34
ལྷ་མོ་བཟང་ཟ་རིང་བཙུན་, la Compassionevole Emanazione della dea Byams ma) 68
ed egli,

ricevutane la conoscenza, iniziò a praticare i tre cicli del Ma rgyud.69

Tornando a dMu gshen sNang ba’i mDog can, egli, acquisiti i precetti, sviluppò enormi

poteri tra i quali essere servito dagli dèi, sottomettere ai suoi voti demoni e dèi.

La tradizione ascrive anche al secondo monarca l’esibizione di prodigiose facoltà quali

librarsi in volo come un uccello, camminare sulla superficie delle acque e compiere

metamorfosi, mutandosi in drago, in aquila, in leone; si attribuisce al sovrano l’invito di

centootto esperti dal sTag gzig, onde veicolarne e tradurne gli insegnamenti. Mu khri

stesso divenne traduttore nel sTag gzig, intese il senso delle istruzioni, adempì allo scopo

della pratica e realizzò il senso della meditazione.70

Così è descritta questa mitica età dell’oro per la diffusione del Bon e l’equilibrio tra le

creature che durerà sino al regno dell’ottavo sovrano Gri gum bTsan po.

A quel tempo, concordemente alla tradizionale visione, il regno del Tibet era il paese del

Bon; i sovrani erano grandi, i sacerdoti dignitosi, le leggi rigorose e i sudditi felici. Nello

Zhang Zhung e in Tibet poiché i sovrani erano dèi, gli esseri umani erano ben protetti.

68
bZang za Ring btsun è legata anche alla trasmissione dello rDzogs chen; infatti ’Chi med gTsug phud ( འཆི་
མེད་གཙུག་ཕུད་), maestro dello rDzogs chen, che diverrà in una successiva esistenza gShen rab, nasce da
bZang za e ’Phrul gshen sNang ldan (འཕྲུལ་གཤེན་སནང་ལྡན་) il quale, sceso dal cielo come cuculo, atterra

sulla sua spalla destra, mentre ella riposa sulla riva di un lago. cfr. ivi, p. xxi.
69
La storia di rGyal shen Mi lus bSam legs si fonda su alcuni gter ma in particolar modo sul Ma rgyud Thugs
rie Nyi ma (v. sopra, p. 23, n.53), riscoperto da Gu ru rNon rtse ( གུ་རུ་རྣོན་རྩེ་), (nato nel 1136); sul gZhi ye
Sangs rgyas pa’i rgyud (གཞི་ཡེ་སངས་རྒྱས་པའི་རྒྱུད་), sempre appartenente al Ma rgyud e ritrovato dallo stesso
maestro; e sul bSen thub (བསེན་ཐུབ་), gter ma riscoperto da gShen chen Klu dga’ nel 1017. I gter ma

rinvenuti da Gu ru rNon rtse furono da questi trasmessi al monaco gZhon nu ( གཟོན་ནུ་) nel Khams (ཁམས་).

Cfr. S.G. Karmay, The Treasury, pp. xxii-xxv, 129, n. 1; D. Martin, Mandala Cosmogony, pp. 33-34.
70
Cfr. Ch. Namkhai, The Light of Kailash II, p. 54.
35
Dal momento che i sacerdoti si curavano dell’al di là, i sovrani vivevano lungamente.

Vivendo virtuosamente le rinascite erano felici. Dal momento che la corda dei dMu era

sospesa nel cielo, la scala dei dMu era solida. Gli dèi senza macchia invocati accudivano il

popolo; essendo i ministri saggi in politica, il governo era stabile. I re riverivano i sacerdoti

ed erano attratti in particolare dai segni di realizzazione mostrati da questi preti, detentori

di conoscenza, dotati di poteri soprannaturali. Il re accordava ai sacerdoti tre onori a

suggello della loro superiore nobiltà. Per il corpo l’onore di non tagliare i capelli, un

turbante di seta bianca sul quale era appuntata una piuma d’avvoltoio, uccello emblema di

regalità, una tunica del manto di lince bianca il cui collare era di pelliccia di leopardo, tigre

o caracal, un paio di calzari di seta dai lacci d’argento.

Per la voce, il re garantiva l’onore della parola sempre prima che egli ordinasse o i ministri

proponessero qualcosa.

Come onore per la mente la loro tassazione era uguale a quella regale.71

Assai significativo sarà il tentativo dell’ottavo sovrano del Tibet Gri gum bTsan po ( གྲི་གུམ་

བཙན་པོ་) di scardinarne l’influenza, esiliando i sacerdoti e avviando una dura

persecuzione;72 probabilmente i suoi ministri, consci del pericolo esercitato sull’ancora

piccolo regno del Tibet dai sacerdoti bonpo strettamente legati ai più potenti sovrani dello

Zhang Zhung, indussero il re alla repressione del Bon; lo g.Yung drung bon gyi rgyud

’bum ( གཡུང་དྲུང་བོན་གྱི་རྒྱུད་འབུམ་) rammenta il conflitto tra Gri gum e i sacerdoti quando il

71
Cfr. S.G. Karmay, The Treasury, pp. 43-44.
72
Cfr. S.G. Karmay, The Treasury, pp. xxxi-xxxiii, 66-67; P. Kværne, “The Monastery of sNang-zhig of the
Bon Religion in the rNga-ba district of Amdo”, p. 209; in merito al su citato monastero di Phyogs las rnam
ཕྱོགས་ལས་རྣམ་རྒྱལ་བཀྲ་ཤིས་གཡུང་དྲུང་གླིང་), noto come sNang zhig dgon pa
rgyal bkra shis g.yung drung gling (

(སྣང་ཞིག་དགོན་པ་), fondato nel 1766 nel distretto del rNga g.yang phyug mo ( རྔ་གཡང་་ཕྱུག་མོ་) in Amdo (ཨ་

མདོ་) si veda D. Rossi, “The Monastic Lineage of sNang zhig dgon pa in Amdo rNga ba”, pp. 58-71.
36
ministro bTsan gzher Me lha ( བཙན་གཞེར་མེ་ལྷ་) disse: “Ascolta o sovrano! Se il copricapo
è più grande della testa, il corpo appare piccolo: Se si mangia troppo buon cibo, si prova la

nausea. I pidocchi che camminano sulle gambe, presto aspirano alla testa. Questi Bonpo

altezzosi depriveranno il re del suo potere” [...] Il ministro Blo ngan Bya mgo ( བློ་ངན་བྱ་

མགོ་) soggiunse: “Adesso la parola dei Bonpo è più importante di quella del re, più potente
di quella dei ministri. Loro contraddicono la parola del re. Se ciò non viene interrotto,

nessun potere verrà serbato dal re.”73

Va comunque detto che, non solo nonostante lo sforzo profuso ciò non raggiunse gli effetti

sperati, e Gri gum bTsan po venne assassinato, ma fu il sovrano stesso a concedere che

almeno gli insegnamenti de I Quattro Divini Portali - lha bon sgo bzhi ( ལྷ་བོན་སྒོ་བཞི་) -,
vale a dire il Bon della Causa,74 fossero risparmiati dalla persecuzione, come rievocato dal

medesimo testo nella minaccia di Gru zha gNam sras ( གྲུ་ཞ་གནམ་སྲས་) al sovrano: “Se i
divini insegnamenti dei Quattro Portali non saranno protetti, la morte del re accadrà presto.

Se il Re intende procedere in tal guisa, senza neanche uno gShen regale ad insegnare i

Quattro Portali, il Re sarà potente come una vergine”; sicché Gri gum si rivolse agli gShen:

“In questo paese non v’è posto sia per il mio governo regale sia per la vostra autorità

religiosa, così io risparmierò esclusivamente le Quattro Vie del Bon Divino e richiederò

soltanto a Ge khod This ’phen ( གེ་ཁོད་ཐིས་འཕེན་) e a gCo Gyim bu Lan tsha (གཅོ་གྱིམ་བུ་

ལན་ཚ་) di restare come miei attendenti. Il resto dei preti deve lasciare le quattro divisioni
del Tibet”; allora Gyim bu Lan tsha asserì: “Se le Quattro Vie del Bon Divino resteranno,

73
Cfr. Ch. Namkhai, The Light of Kailash II, p. 62.
74
Cfr. Ch. Namkhai, Drung, p. 99: “è molto probabile che le Quattro antiche tradizioni del Bon divino (lha
bon) coincidessero con le serie di Bon successivamente conosciute come i Quattro veicoli della Causa.”
37
la forza vitale degli dèi sarà preservata, perciò sarà meglio che io rimanga. Sono felice che

i divini insegnamenti non saranno soppressi”, cosicché gli fu consegnata una serie e mezza

concernente unicamente il Bon della Causa”; 75 molto probabilmente lo gShen ricevette

l’intera serie del sNang gshen ( སནང་གཤེན་) lo gShen dell’Universo fenomenico -

contenente riti apotropaici, esorcistici, protettivi e di riscatto -, e circa mezza serie del Srid

gshen ( སྲིད་གཤེན་), lo gShen dell’Esistenza, relativo essenzialmente ai riti funerari.


L’omicidio di Gri gum nonché l’abbandono in terra delle spoglie mortali segnano un

radicale cambio rispetto ai suoi sette predecessori che alla morte ascesero al cielo tramite la

corda dei dMu (dmu thag/ དམུ་ཐག་). 76


Il taglio della corda impedì l’ascensione celeste e

conseguentemente i ministri del regno invitarono dallo Zhang Zhung e da altre lande i

bonpo specializzati nell’esecuzione di nuovi riti funerari.

Sin dall’origine della dinastia tra le facoltà inerenti al sovrano vi sono il byin ( བྱིན་), lo

splendore, garanzia del suo potere politico, il ’phrul ( འཕྲུལ་) dei poteri magici, e la capacità
di recarsi in cielo tramite la corda dei dMu; 77 esaurite le sue funzioni terrene i sovrani non

75
Cfr. S.G. Karmay, The Treasury, p. 59.
76
G. Tucci in relazione al dMu thag ricorda alcuni miti cinesi e thailandesi di ascensione celeste ed anche che
a Gilgit, terra di sicura tradizione bonpo, si narra ancora di una catena aurea collegante cielo e terra; cfr.
Tibetan Painted Scrolls II, pp. 733-734. I Na khi dello Yunnan cinese, eredi di arcaiche tradizioni religiose
bonpo, durante le celebrazioni funebri calano, da un foro praticato sul tetto della casa, una striscia di stoffa
bianca ché ricongiunga il defunto alla sua celeste dimora; inoltre sono avvezzi all’impiego di una lunga
striscia di stoffa dipinta, chiamata hä zhi p’i, raffigurante il cammino postmortem, che srotolata e disposta
verso Nord, luogo reputato sede degli antenati, consenta al defunto il ricongiungimento: l’officiante illustra al
morto i regni invisibili raffigurati sul rotolo, affinché possa evitare felicemente le insidie causate dai demoni
e da altre classi di esseri; cfr. G. Tucci, ivi, pp. 714-716; J.F. Rock, “Studies in Na-khi Literature: II. The Na-
Khi Hä zhi p’i or the Road the Gods Decide”, pp. 40-119; M. Eliade, Lo sciamanismo e le tecniche arcaiche
dell’estasi, p. 458; M. Nicoletti, “Bon e sciamanismo: studio introduttivo di comparazione dei due fenomeni
religiosi”, p. 108, n. 4.
77
Cfr. A.M. Blondeau, “Le religioni del Tibet”, p. 267.
38
morivano come gli altri esseri, ma si dissolvevano unendosi alla corda dMu, come in

arcobaleno.

Il dMu thag costituiva il collegamento tra la sommità del capo del re e la sua dimora

celeste78. Nel rgyal po bka’i thang yig ( རྒྱལ་པོ་བཀའི་ཐང་ཡིག་) 79


è scritto che durante il

tempo del sovrano sTong ri sTong bTsan ( སྟོང་རི་སྟོང་བཙན་), 80


il re prese in moglie una

རྨ་
regina rMa ( ) e una Klu ( ). ཀླུ་
Da quel momento i sovrani e i sudditi entrarono in relazione. Dopo che il dMu thag venne

reciso, le tombe furono fatte sulla Terra. Prima, quando morivano, dipartivano attraverso il

dMu thag, il ponte dei lHa (lha zam/ ལྷ་ཞམ་); preme rilevare l’ulteriore simbologia ché la
corda dMu è qui definita ponte degli Dèi.

Riferendosi ai primi sette sovrani nel Chos ’byung mkhas pa’i dga’ ston ( ཆོས་འབྱུང་མཁས་

པའི་དགའ་སྟོན་) di dPa’ bo gTsug lag ( དཔའ་བོ་གཙུག་ལག་) si narra che di giorno

scendevano sulla Terra, di notte ascendevano al Cielo. Non appena i figli erano in grado di

governare le briglie, afferravano il rMu thag ( རྨུ་ཐག་) e ritornavano in Cielo. Non esistendo
un corpo per i lHa, essi scomparivano come un arcobaleno. Le tombe di quelli morti si dice

si trovino in Cielo.81

R.A. Stein osserva

78
Cfr. R.A. Stein, La civiltà tibetana, pp. 195-197.
79
Cfr. E. Haarh, op. cit., pp. 119-120.
80
Ventiquattresimo sovrano di Yar-lung, secondo E. Haarh egli marcherebbe “the real prehistoric beginning
of the Dinasty”, op. cit., p. 120. Cfr. N.S. Cutler, “The Early Rulers of Tibet. Their lineage and burial rites”,
p. 167.
81
Cfr. E. Haarh, op. cit., pp. 119-120.
39
la diafana apoteosi degli antichi re, che partiva dai piedi per proiettarsi fuori dal sincipite,

corrisponde alla tecnica yoga del «processo di compimento». È vero che la risalita della

«goccia», dell’«uovo» o del bodhicitta avviene nell’arteria centrale, a partire dall’organo

sessuale, per raggiungere il sincipite passando attraverso i tre «nodi di bambù» dei centri

psichici; ma i testi parlano anche del «vento», o della luce che si innalza, come presso i re

mitici, a cominciare dai piedi. Il risultato di queste operazioni è il corpo d’arcobaleno e il

trasferimento (’pho-ba/ འཕོ་བ་) dell’anima (principio cosciente) in un cielo. Questo

cambiamento è descritto con immagini significative: «senza abbandonare il proprio corpo,

andare nel campo puro [il paradiso]» dice un testo; « come un uccello che vola via

attraverso l’apertura spalancata di un tetto», precisa la biografia di Milarepa. Taluni

manuali chiamati Apertura della porta del cielo (nam mkha’ sgo ’byed/ ནམ་མཁ་སྒོ་འབྱེད་)
sono interamente dedicati a questo procedimento: vi vediamo l’«anima» di luce

allontanarsi attraverso l’«apertura del tetto» del cielo, come una freccia scagliata lontano. 82

Il soffio vitale che si propaga a partire dai piedi ricorda, come R.A Stein suggerisce, le

tecniche di respirazione taoista «che si compie attraverso i talloni» descritte nel Zhuangzi

(VI, 1).83

Anche J. Reynolds associa i motivi legati alla corda dMu, al conseguimento del ’ja’ lus

( འཇའ་ལུས་), ̔corpo d’arcobaleno̕ , 84


culmine della pratica rDzogs chen.

È il sems ( སེམས་), la mente, che crea il mondo dell’illusione, oscurando da tempo

immemorabile la sua reale natura (sems nyid rang bzhin/ སེམས་ཉིད་རང་བཞིན་), immacolata

(dri bral/ དྲི་བྲལ་) e luminosa (’od gsal/འོད་གསལ་), completamente pura sin dall’origine (ye

82
Cfr. R.A. Stein, La civiltà tibetana, pp. 196-197.
83
Ivi, p. 220, n. 92.
84
Cfr. J. Reynolds, “The Bonpo Book of the Dead”, p. 24.
40
nas dag pa/ ཡེ་ནས་དག་པ་): il riconoscimento della propria realtà (rang gi rig pa/རང་གི་རིག་

པ་) da cui si è allontanato e deviato da lungo tempo presuppone l’abbandono di qualunque

concetto e discorsività (rtog pa/ རྟོག་པ་), generatrice della propria illusione (’khrul ba/འཁྲུལ་

བ་). Il ricongiungimento del sems alla Base Primordiale (gdod ma’i gzhi/གདོད་མའི་གཞི་),

sempre esistita in uno stato perfetto e completo (rdzogs pa/ རཛོགས་པ་), senza nulla da

aggiungere, è chiamato mas ldog ( མས་ལྡོག་), ̔ritorno dal di sotto̕


and this state of purity, i.e. the Primordial Basis is the «Rainbow Body» (’ja’lus), the

ultimate goal of the rDzogs chen doctrine.85

Il valore della corda/scala o ponte dMu, nonché la sua interruzione cagionata dalla colpa di

un antenato mitico, richiama il tema della corda tramite dell’ascensione celeste; esso è per

M. Eliade un motivo chiaramente sciamanico infatti

il simbolismo della corda, come quello della scala, implica necessariamente l’idea di una

comunicazione fra Cielo e Terra. Facendo da mezzo una corda o una scala (in altri casi

anche una liana, un ponte, una catena di freccie, ecc.) gli dèi discendono in terra e gli

umani salgono in cielo.86

Tagliata la corda il cielo e la terra sono definitivamente separati e questo elemento

non è limitato ai domini dove domina lo sciamanismo in senso stretto, ma ha un ruolo

considerevole anche nelle mitologie sciamaniche e nei rituali estatici degli sciamani .87

85
Cfr. S.G. Karmay, The Great Perfection (rDzogs chen). A Philosophical and Meditative Teaching of
Tibetan Buddhism, p. 190, Idem, “A Discussion of the Doctrinal Position of rDzogs-chen from the 10th to the
13th Centuries”, p. 155, Idem, The Treasury, pp. xv-xvi, 53, n. 1; Ch. Namkhai, “«Il canto dell’energia» di
Nyag-bla Padma bDud-’dul”, pp. 1021-1022.
86
Cfr. M. Eliade, Lo sciamanismo, p. 457.
87
Cfr. Idem, Mefistofele e l’androgine, p. 154.
41
Nell’iniziazione sciamanica tungusa la corda rappresenta il ponte di realizzazione della

convivenza, seppur temporanea, tra esseri umani e spiriti; raggiunto il potere necessario,

non sono più gli spiriti a scendere, ma lo sciamano a salire verso il mondo degli dèi.88

Presso i Samoiedi, gli Ostiachi, gli Iurachi (o Nenets), popoli siberiani appartenenti ad un

altro contesto culturale rispetto ai Tungusi, si ritrova il tema della corda, ma in tutta la

cosmologia sciamanica sovente si incontra una corda che cala per lo sciamano al principio

del suo volo magico; arrampicatosi su di essa si è raggiunto il cielo.89

Un altro simbolo che frequentemente appare nelle iniziazioni rituali dei contesti sciamanici

asiatici è quello dei numeri sette e nove: il giovane sciamano buriate palesa alla comunità

la sua ascesa iniziatica, scalando una betulla su cui sono state precedentemente incise nove

tacche;90 lo sciamano altaico, nel rito del sacrificio del cavallo e ascesa al cielo, incide nove

tacche sul tronco di una giovane betulla, a significare i nove piani celesti da raggiungere

per offrire l’animale sacrificato alla divinità suprema Bai Ulgan.91

Questa simbologia affiora sorprendentemente anche nel Bon infatti allorché Lo ngam ( ལོ་

ངམ་, ministro di Gri gum bTsan po) assassinò il re facendo apparire la sua bocca al posto
della nuca su una roccia piatta (i.e. battendolo su una roccia piatta e torcendogli il collo).

Si narra che ancora esiste una roccia chiamata Nyang ro lTag zhal ( ཉང་རོ་ལྟག་ཞལ་) ̔nuca-
bocca di Nyang ro̕. Poiché la rossa corda dei dMu e la scala dai nove pioli dei Dmu

vennero tagliate, il corpo del re rimase sulla terra e Lo ngam, chiusolo in uno scrigno di

rame, lo gettò nel fiume Nyang ( ཉང་) a ’Da’ le Zang kha (འདའ་ལེ་ཞང་ཁ་). 92

88
Cfr. S.M. Shirokogoroff, Psychomental Complex of the Tungus, pp. 351-352.
89
Cfr. M. Eliade, Lo sciamanismo, pp. 283-311.
90
Ivi, pp. 139-145.
91
Cfr. U. Marazzi, Testi dello sciamanesimo siberiano e centrasiatico, p. 56.
92
Cfr. S.G. Karmay, The Treasury, p. 69.
42
Ciò costituì nella storia della dinastia un’irriversibile frattura. In seguito all’assassinio ’Od

lde sPu rgyal93 ( འོད་ལྡེ་སྤུ་རྒྱལ་), dopo la prima persecuzione avviata dal padre Gri gum
bTsan po, ripristinò e corroborò il prestigio del Bon, rappresentando una restaurazione e un

nuovo inizio di quell’

integral royal power of the ancient Tibetan monarchy exercised by a trinity, The Thre Great

Ones, constituted by the king, the head-shaman or gśen-gñan and the minister (...). As this

trinity represents in a wider sense the idea of the Tibetan monarchy, the tradition obviously

regards sPu-de-guṅ-rgyal as the founder and first king of this monarchy which is

characterized by the constitutional trinity, or of the dynasty which developed into the Yar-

luṅ Dynasty of historical time.94

Ciò in accordo con la nozione del carattere sacro del monarca tibetano la cui essenza,

derivata degli antenati divini, continuamente si perpetua reincarnandosi in ciascun re al

raggiungimento del tredicesimo anno d’età e rimanendo in esso serbata sino al compimento

del medesimo anniversario del primogenito.95

In numerosi testi storici ad appartenere al vetusto patrimonio sapienziale del Tibet

prebuddhista insieme al Bon compaiono i sGrung ( སྒྲུང་) saghe, leggende, narrazioni - la


cui esecuzione orale, da tempi immemori sino alla fine dell’indipendenza del Tibet fu

93
Il regno di ’O lde sPu rgyal è probabilmente da collocare tra II e I sec. a.C.; secondo W.D. Shakabpa egli fu
contemporaneo di Wu di (140-87 a.C.), imperatore cinese della dinastia Han, Tibet. A Political History, p. 24.
La tradizione ascrive alla sua età fondamentali innovazioni come l’installazione dei primi canali irrigativi
nella valle dello Yar lung, premessa alla nascita di un sistema agricolo evoluto, l’inizio dell’estrazione di
metalli quali oro argento, ferro e rame, la costruzione dei primi ponti sui fiumi, cfr. V.A. Bogoslovskji, op.
cit., pp. 28-29; Ch. Namkhai, Drung, p. 22, n. 11; A.H. Francke, F.W. Thomas, The Antiquities of Indian
Tibet, II, p. 79; cfr. anche A History of Tibet by the Fifth Dalai Lama of Tibet, p. 11.
94
Cfr. E. Haarh, op. cit., pp. 108-109, cfr.T. V. Wylie, “’O-lde-spu-rgyal and the Introduction of Bon in
Tibet”, pp. 93-103.
95
Cfr. G. Tucci, “The sacral character of the kings of ancient Tibet”, pp. 569-584, Idem, “The symbolism of
the temple of bSam-yas”, pp. 279-281.
43
prerogativa dei sGrung mkhan ( སྒྲུང་མཁན་), bardi e cantori - e i lDe’u (ལྡེའུ་), linguaggi, ma
anche oggetti simbolici, enigmi. Su tale triade anticamente si fondò la cultura del Tibet.

Nell’opera Specchio delle genealogie reali, rGyal rabs gsal ba’i me long ( རྒྱལ་རབས་གསལ་

བའི་མེ་ལོང་), composta nel 1372 da bSod nams rGyal mtshan ( བསོད་ནམས་རྒྱལ་མཚན་),

(1312-1375), si legge che il potere politico (chab srid/ ཆབ་སྲིད་) 96


era dominato dagli

sGrung e dai lDe’u. Nella sua Cronaca97 del 1322/23 (bDe bar gshegs pa’i bstan pa rigs

’byed chos kyi ’byung gnas gSung rab rin po che’i mdzod/ བདེ་བར་གཤེགས་པའི་བསྟན་པ་

རིགས་འབྱེད་ཆོས་ཀྱི་འབྱུང་གནས་གསུང་རབ་རིན་པོ་ཆེའི་མཛོད་) Bu ston ( བུ་སྟོན་) (1290-1364)

riferisce, riguardo al regno di lHa tho tho Ri gnyan btsan ( ལྷ་ཐོ་ཐོ་རི་གཉན་བཙན་) -

96
La religione Bon, come notato, è intimamente legata all’idea della regalità in Tibet, infatti “this connection
is mostly distinctly expressed in the variously occurring formulas that, until the appearance of Buddhism
under lHa-tho-tho-ri-gñan-btsa, the Chab-srid, the integral idea of the royal authority, was guarded, protected,
or even exercised by the Bon, sGruṅ and lDe’u, or by the gNam-bon gśen-po, sGruṅ and lDe’u”, cfr. E.
Haarh, The Yar-Luṅ Dynasty, p. 106; questa stretta relazione rappresenta molto più di una mera occorrenza
formale causata dalla contemporanea esistenza, “It presents a reality of deep significance with regard to the
status of the ancient Tibetan kings, and the mutual position of the secular and the religious power”, ivi, pp.
107-108. H. Hoffmann attribuisce a chab srid il senso di Leitung, ̔guida, conduzione̕, connettendone il
significato all’esercizio dei riti legati ai Nove Veicoli del Bon; cfr. Quellen, p. 299, ma conviene piuttosto
rimarcare che “the term Chab-srid appears as a most firmly established specific term signifying one of the
four fundamental prerogatives of the king, his royal authority when performing his acts of government or
exercising the sovereign power of the realm”, E. Haarh, op. cit., p. 108. Le altre funzioni regali sono chos
(ཆོས་) “the religious law, entrusted with the sacerdotal class” (cfr. G. Tucci, “The sacral character of the kings
of ancient Tibet”, p. 573), mnga thang (མངའ་ཐང་), la maestà, e dbu rmog (དབུ་རྨོག་), l’elmo, il copricapo,

“the visible emblem of the magic power of the king which is transmitted from father to son and is an essential
part of his costume, as he wears it at the sacred functions he is vested with. It protects the king’s head,
whence, according to Bonpo tradition, started the luminous rope that bound him to heaven. It should
therefore be related to the casque, the bonnet, the turban which, as the case may be, still represents the
essential feature of the headdress of a shaman.” Perciò mnga thang e dbu rmog, non possono essere letti
separatamente, rappresentando il primo “the essence of power, the other its active symbol”, ivi, p. 575.
97
P. 123, cit. in E. Haarh, op. cit., pp. 106-107.
44
ventottesimo monarca di Yar-lung, probabilmente da collocare agli inizi del IV sec. d.C. 98

che la Sacra Legge prese avviò in quel momento, mentre sino allora il chab srid era stato

protetto dal Bon; infatti, secondo la tradizione, al tempo di Lha tho tho Ri gnyan btsan

apparvero i primi segni della diffusione del Buddhismo sotto forma di libri ed oggetti sacri caduti

sul tetto della fortezza di Yum-bu Bla-sgang [ ཡུམ་བུ་བླ་སགང་].” 99

Il V Dalai Lama Ngag dbang Blo bzang rGya mtsho ( ངག་དབང་བློ་བཟང་རྒྱ་མཚོ་) (1617-
1682) negli Annali del Tibet: il canto della regina di Primavera (1643), (Bod kyi deb ther

dpyid kyi rgyal mo’i glu dbyang/ བོད་ཀྱི་དེབ་ཐེར་དཔྱིད་ཀྱི་རྒྱལ་མོའི་གླུ་དབྱངས་), riferendosi a


’Od-lde sPu-rgyal scrive

Al tempo di suo padre giunsero gli gshen [ གཤེན་] del Bon dei riti Dur [དུར་] (Bon dei riti

funebri) dallo Zhang Zhung e dal Bru sha/Gilgit [ བྲུ་ཤ་]. Durante il suo regno fu costruita la

fortezza di Phying-nga sTag-rtse [ ཕྱིང་ང་སྟག་རྩེ་, nella valle di ’Phyong-rgyas (འཕྱོང་རྒྱས་)


fu residenza di molti re tibetani] ed arrivarono sGrung e lDe’u e i grandi gShen del gNam

Bon [ གནམ་བོན་] (il Bon del Cielo) (...). Per ventisette generazioni di re il paese fu protetto
da queste tre categorie di persone, sGrung, lDe’u e Bon.100

Tshal pa Kun dga’ rDo rje ( ཚལ་པ་ཀུན་དགའ་རྡོ་རྗེ་), (1309-1364) negli Annali Rossi, Deb

ther dmar po ( དེབ་ཐེར་དམར་པོ་), del 1346, afferma che Ru la skyes (རུ་ལ་སྐྱེས་) intronizzò il
98
Cfr. V.A. Bogoslovskij, op. cit., pp. 33-34, 149, n. 12.
99
Cfr. Ch. Namkhai, Drung, p. 27. n. 30.
100
Ibidem. Il computo delle generazioni annovera in successione: i Sette Khri del Cielo di Sopra (sTod gnam
gyi Khri bdun, སྟོད་གནམ་གྱི་ཁྲི་བདུན་); i Due sTengs dell’Alto (sTod kyi sTengs gnyis, སྟོད་ཀྱི་སྟེང་གཉིས); i Sei
Legs della Terra (Sa’i Legs drug, སའི་ལེགས་དྲུག་); gli Otto lDe (lDe brgyad, ལྡེ་བརྒྱད་), e infine i Cinque bTsan

(bTsan lnga, བཙན་ལྔ་) di cui Lha tho tho Ri gnyan btsan fu il penultimo esponente. Cfr. N.S. Cutler, “The

early rulers of Tibet: their lineage & burial rites”, pp. 28-30.
45
principe Nya khri ( ཉ་ཁྲི་) con il nome di ’Od lde sPu rgyal (འོད་ལྡེ་སྤུ་རྒྱལ་). A Sha khri (ཤ་

ཁྲི་), fratello maggiore, e Bya khri (བྱ་ཁྲི་), fratello minore, affidò rispettivamente il governo

del Kong po ( ཀོང་པོ་) (regioni del Tibet centro-orientale) e del Nyang po (ཉང་པོ་). Ru la

skyes sconfisse Lo ngam rTa rdzi ( ལོ་ངམ་རྟ་རྫི་), l’assassino di Gri gum bTsan po.
Al tempo di Ru la skyes e ’Od lde sPu rgyal giunsero i sGrung e i lDe’u.

R.A. Stein101 e E. Haarh102 definiscono sGrung e lDe’u due differenti tipologie di sacerdoti

che affiancavano i Bonpo alla corte di Yar lung e

dovevano rappresentare tutti insieme, quella che è chiamata la ̔religione degli uomini̕ (mi

chos [ མི་ཆོས་]) in contrapposizione alla ̔religione degli dei̕ (lha chos [ལྷ་ཆོས་]), termine che
designò soprattutto il buddhismo. I pochi esempi di ̔religione degli uomini̕ che ci siano

pervenuti sotto questo nome sono unicamente massime di saggezza, recitate dagli anziani

del clan, e sempre enunciate in uno stile poetico, caratterizzato dall’uso di metafore,

clichés e proverbi.103

Prosegue Stein, a riguardo della funzione sacrale, parallela a quella dei Bonpo, eseguita da

bardi e cantori di enigmi e genealogie

se le cronache dicono che gli antichi bardi ̔proteggevano̕ (vale a dire, esercitavano) il regno

allo stesso titolo dei Bonpo, è perché la recitazione corretta delle leggende sulle origini è un

atto religioso, necessario al mantenimento dell’ordine del mondo e della società. I ̔cantori

di enigmi̕ (lde’u), citati come terzo tipo di specialisti, dovevano avere le stesse funzioni

[...]. Ma l’etimologia della parola che li designa implica che erano canti alternati, a

domanda e risposta, che riguardavano la creazione del mondo e le genealogie divine e

umane. Nell’epica vediamo gli specialisti di questi canti all’opera durante le gare di corsa

101
Cfr. R.-A. Stein, Recherches sur l’épopée et le barde au Tibet, pp. 426-437.
102
Cfr. E. Haarh, The Yar-Luṅ Dynasty, p. 108.
103
Cfr. R.A. Stein, La civiltà tibetana, p. 164.
46
disputate in occasione della festa del luogo sacro, e il cui vincitore sarà nominato re del

paese. La funzione rituale del cantore, e la necessità di raccontare l’origine degli esseri

mitici e degli oggetti rituali, sono già attestate negli antichi testi dei manoscritti di

Dunhuang.104

L’origine degli sGrung è quindi legata alle narrazioni dei miti delle origini (cho rabs o

chog rabs/ ཆོ་རབས་/ཆོག་རབས་) 105


, le cui spiegazioni illuminano la genesi e la storia dei riti

del Bon.

Cosmogonie, nascita da un uovo primordiale (srid pa’i sgo nga/ སྲིད་པའི་སྒོ་ང་), 106
l’origine

ལྷ་
e l’apparizione dei lHa ( ) - le divinità celesti - , dei gNyan ( གཉན་) - i semidei dello

ཀླུ་
spazio intermedio - , dei Klu ( ) - gli spiriti che presiedono al sottosuolo e alle acque, i

Nāga della mitologia indiana -, l’origine sia delle varie stirpi umane sia della relazione tra

queste ultime e le classi di esseri non umani che popolano l’universo ed ancora il bisogno e

le funzioni dei riti e le manifestazione delle capacità di emanazione sia di influssi positivi

sia di causare disturbi pertengono a questi racconti mitologici.

104
Ivi, p. 167.
105
Cfr. Ch. Namkhai, Drung, p. 56 e n 81, ove si specifica che, nel caso la grafia originaria fosse stata chog
rabs, potrebbe intendersi ‘storia del rito’, cho ga’i rabs ( ཆོ་གའི་རབས་).
106
Per i miti cosmogonici cfr. S. G. Karmay, “A General Inroduction to the History and Doctrines of Bon”,
pp. 126-131; Idem, “The Appearance of the Little Black-Headed Man. Creation and Procreation of the
Tibetan People according to an indigenous myth”, pp. 248-249. Cfr. Ch. Namkhai, The Light of Kailas I, pp.
39-45; P. Kværne, “Dualism in Tibetan Cosmogonic Myths and the Question of Iranian Influence”, pp. 163-
174; H. Hoffmann, Tibet. A Handbook, pp. 107-109, enfatizza l’affinità con le cosmogonie mesopotamica e
greca, in specie orfica, nonché l’ascendenza iranica sulle cosmogonie bonpo; è ricordato il mito di un re dello
Zhang Zhung avvertito da un mandriano che udiva delle voci provenire da una roccia; recatosi colà apparve
al sovrano dall’interno di una spelonca un giovinetto dal corpo intessuto di luminosi raggi d’arcobaleno; la
storia potrebbe riverberare alcuni elementi dal culto del dio Mithra, suprema divinità di luce, che tra i suoi
epiteti annovera quello di Petrogenés/Petregenés (Πετρογενής/Πετρηγενής) ̔Nato dalla roccia̕ , (Giovanni
Lydo, De Mensibus 4, 30), (V-VI d.C.); cfr. H.G Liddell, R. Scott, Greek-English Lexicon, p. 1398.
47
I sGrung rappresentano da sempre per il popolo tibetano l’occasione dell’apprendimento e

della diffusione culturale; quando in Tibet si propagarono i rGyu’i bon bzhi ( རྒྱུའི་བོན་བཞི་,

le quattro tradizioni del Bon della Causa) - Phywa gShen ( ཕྱྭ་གཤེན་), sNang gShen (སྣང་

གཤེན་), Srid gshen (སྲིད་གཤེན་) e ’Phrul gShen (འཕྲུལ་གཤེན་) - le leggende cosmogoniche


nonché le saghe, i racconti, le narrazioni scaturite da quei miti

vennero inevitabilmente considerate parte della religione .107.

I sGrung, come pure i lDe’u,

erano anche meravigliosamente utilizzati come mezzi destinati a risvegliare profonde

conoscenze spirituali108

efficaci in particolar modo nel comunicare e nel chiarire il significato dei principi

fondamentali dgli insegnamenti dello rDzogs pa chen po (‘la Totale Perfezione’/ རྫོགས་པ་

ཆེན་པོ་), attraverso il racconto di edificanti parabole, quale, ad esempio, quella de

L’epitome del principe, rGyal bu’i stong thun ( རྒྱལ་བུའི་སྟོང་ཐུན་), connessa ai precetti
bonpo del sistema dello rDzogs chen A Khrid ( རཛོགས་ཆེན་ཨ་ཁྲིད་), contenuta ne Il

racconto ̔L’epitome del principe̕ dai preziosi insegnamenti dell’A khrid, gDams pa rin po

che a khrid kyi gtam rgyud rgyal bu stong thun ( གདམས་པ་རིན་པོ་ཆེ་ཨ་ཁྲིད་ཀྱི་གཏམ་རྒྱུད་རྒྱལ་

བུ་སྟོངཐུན་) 109

C’era una volta un re che aveva due figli. Il maggiore, non appena intronizzato, morì. Il

minore un giorno uscì a giocare, smarrì la strada e non ritornò più. Morto il re non esisteva

107
Cfr. Ch. Namkhai, Drung, p. 57.
108
Ibidem.
109
Ivi, p. 44.
48
un successore, allora un ministro disse: «Tanto tempo fa un principe si perse, ma se lo

cercassimo, forse lo ritroveremmo. I suoi segni inconfondibili sono un sole sulla spalla

destra, una luna sulla spalla sinistra ed alcuni cho lo [ ཆོ་ལོ་, “pedine decorate con figure di
vario genere, venivano anticamente usati per la divinazione e servivano da contrassegno

per alcuni giochi”]110 sull’interno delle cosce». I sudditi, subito inviati alla ricerca del

principe, trovarono uno che corrispondeva alla descrizione e dopo averlo ben lavato e

pulito, gli fecero indossare una veste nuova e lo incoronarono. Così in tutti i paesi fu

ristabilita la felicità.

Ch. Namkhai illustra la simbologia testuale

Il re rappresenta la condizione originaria dell’esistenza e i due figli rappresentano i due

aspetti del saṃsāra e del nirvāṇa, rispettivamente frutto dell’ignoranza e della conoscenza.

Il figlio che si perde giocando rappresenta l’inizio della trasmigrazione, il ministro

simboleggia il maestro, e il bagno e la pulizia rappresentano le pratiche spirituali

preliminari. L’incoronazione infine simboleggia il riconoscimento dello stato originario e il

conseguimento del nirvāṇa.111

Venendo al significato dei lDe’u l’etimologia rimane incerta; l’antico termine tibetano,

risalente forse alla lingua dello Zhang Zhung, ma è possibile fosse presente in entrambe le

lingue, assolve a più funzioni; difatti la scienza dei lDe’u, rilevabile in tanta parte della

letteratura tibetana

si serviva di simboli, enigmi e linguaggi segreti per trasmettere conoscenze e comunicare

informazioni.112

Tra le spiegazioni è da annoverarsi, pur non esaurendo i differenti valori di lDe’u,

l’identificazione con i Khegs o Khed113 ( ཁེགས་/ཁེད་) cioè gli indovinelli che descrivono
110
Ibidem, n. 54.
111
Ivi, p. 44.
112
Ivi, p. 59.
113
Ivi, pp. 60-61.
49
mediante un linguaggio enigmatico gli oggetti da scoprire; ma il termine ebbe sicuramente

altri sensi più profondi, ancora misteriosi, e non si deve certo credere che i re ed i ministri

amministrassero il paese mediante l’uso di indovinelli, quando i testi riportano che

anticamente il governo era esercitato tramite i lDe’u; inoltre il valore del lemma fu così

ལྡེ་
alto che esso, accanto alla variante lDe114 ( ), compare nei nomi di molti antichi sovrani,

come quello di ’Od-lde sPu-rgyal.

Il sistema divinatorio del lDe’u ’phrul ( ལྡེའུ་ཕྲུལ་) - assai praticato nell’antica tradizione

bonpo, si fa risalire alla trasmissione degli insegnamenti di gShen rab nel Phywa gShen ( ཕྱྭ་

གཤེན་) - costituisce un ulteriore fondamento per la comprensione dei lDe’u; per molti

secoli i Tibetani hanno usato tale metodo - il cui significato potrebbe essere

‘manifestazione’ (’phrul/ ཕྲུལ་) della conoscenza (lde’u/ལྡེའུ་) o anche della chiaroveggenza

(rmu gab/ རྨུ་གབ་)

114
Tra le prerogative che riverberano la natura divina della regalità tibetana sin dai primordi si annoverano il
sprul ( སྤྲུལ་) che indica “magic power, the liberty of magic action, magic creation”, il titolo con cui è

regolarmente chiamato il sovrano, btsan po o btsad po, che rievoca la nozione di btsan ( བཙན་) “designating a
kind of power mainly of chtonian character” e anche lde tanto che “as during the historical period the
Tibetans kings were called lde sras [ ལྡེ་སྲས་], devaputra, like the Chinese emperors, so there are traces that
would show that in ancient times they were called lde sras, i.e., son of lde. lDe in ancient Tibetan probably
means “divine creature”. It is a word that appears in many names of divinities and is preceded byanother
word -O- prefixed to the name of divine beings: o lde, which appears to be not a name but a title: O lde spu
ཨོ་དེ་རིང་མོ་], the name of a Klu mo [ཀླུ་མོ་]. It should perhaps be compared with t’e [ཐེ་]
rgyal, O de riṅ mo [

-gNams t’e- [གནམས་ཐེ་] a groups of gods who play an important part in the celestial mythography of the

Bonpo, and perhaps with also the Chinese t’i, (celestial) lord, the name, in the days of the Shang dynasty, of
some kings as well as the Supreme Deity”; cfr. G. Tucci, “The sacral character of the kings of ancient Tibet”,
pp. 575-576.
50
poiché lo ritenevano particolarmente efficace nel rivelare, in qualsiasi circostanza e per

qualsiasi aspetto, tutto ciò che normalmente rientra nella sfera dell’occulto; ad esempio in

che modo una persona debba agire per evitare la sfortuna o vedere esauditi i propri

desideri.115

Attualmente esistono alcuni metodi di divinazione originatisi dal lde’u’phrul, quale, ad

མོ་
esempio il mo ( ) o cha mo ( ཆ་མོ་). 116

Di massima rilevanza sono poi sia i lDe’u nella forma di brevi componimenti enigmatici

per accedere alla vera conoscenza della realtà, mediante l’uso di simboli ed enigmi sia i

lDe’u atti a garantire la comunicazione di messaggi segreti tramite oggetti simbolici e

linguaggi criptici. Da annettere alla prima categoria i lDe’u presenti negli insegnamenti

dello rDzogs pa chen po

che hanno la sola funzione di favorire la comprensione diretta dei principi e dei metodi più

profondi e segreti attraverso l’enigma, senz’altro l’espressione più elevata di questa forma

di conoscenza.117

115
Ivi, p.73.
116
In merito all’importanza di queste pratiche magiche e rituali sin dall’epoca imperiale si tenga presente lo
stretto legame che intercorre tra i metodi e i testi divinatori e l’esercizio giuridico; B. Dotson, esaminando
scritti di divinazione mo ed alcuni testi legali dai manoscritti di Dun-huang, afferma “the connection between
the divination text and the legal text reveals that the local magistrates employed divination dice and
divination manuals to decide legal disputes. In doing so, the method by which cases were decided overlapped
significantly with ritual technologies employed by ritual specialists for healing and prognostication”, e
sebbene non risulti ancora chiaro quale ruolo fosse precisamente espletato da tali specialisti
nell’amministrazione della giustizia, comunque il contenuto delle opere mantiche svela “a truly i̔ mperial ̕
pantheon of deities from whose mouths the prognoses come, in that the text names territorial deities of
several different regions. This reveals the creation of a pan-Tibetan pantheon called into existence by the
Tibetan’s Empire expansion and its administrative centralization”; cfr. B. Dotson, “Divination and Law in the
Tibetan Empire: The Role of Dice in the Legislation of Loans, Interest, Marital Law and Troop
Conscription”, p. 59.
117
Cfr. Ch. Namkhai, Drung, p. 76; per alcuni esempi cfr. ivi, pp. 74-76.
51
Il secondo genere di lDe’u si avvale sia dell’interpretazione del valore di oggetti simbolici

- attraverso la cui decifrazione si decide quali azioni compiere o si decodifica il

suggerimento su di una data situazione senza l’ausilio della parola - sia invece di un

linguaggio verbale composto di enigmi sì da renderlo un messaggio in codice, un

linguaggio segreto (log pa’i skad/ ལོག་པའི་སྐད་). 118


Riguardo al simbolismo degli oggetti si

consideri l’inganno a danno dell’ultimo re dello Zhang Zhung, Lig mi rgya ( ལིག་མི་རྒྱ་),

ordito dalla consorte Sad mar kar ( སད་མར་ཀར་), sorella di Srong btsan sGam po.
Dal momento che ella non dava un figlio al re dello Zhang Zhung il fratello le inviò

un’ambasceria guidata dal ministro sPug Gyim brtsan rMa chung ( སྤུག་གྱིམ་བརྩན་རྨ་ཆུང་)
immaginando volesse in qualche modo ostacolare il matrimonio e invitandola ai suoi

doveri di regina; ma Sad mar kar, mentre il ministro la omaggiava, cantò versi di dolore

per la permanenza in terra straniera e dichiarò che in questa circostanza non aveva alcuna

risposta scritta119 da inviare, ma mise direttamente nelle mani di Gyim brtsan un

sacchettino composto da una striscia di stoffa del suo stesso indumento (zhu g.yag zhu/ ཞུ་

གཡག་ཞུ་) assicurandosi che venisse consegnato al re.

118
Ivi, p. 79.
119
Per N. Nyima Dagkar l’affermazione della regina di non avere risposte scritte potrebbe essere una
testimonianza di una lingua scritta presente in Tibet molto tempo prima della codificazione di Thon mi ( ཐོན་
མི་), tanto da poter essere usata normalmente in uno scambio del genere. L’ipotesi pare del tutto logica.
Ritenere che questo sistema di scrittura fosse nella lingua dello Zhang Zhung e non in tibetano è considerato
inaccettabile da N. Nyima Dagkar il quale lascia, d’altra parte, ragionevolmente inevasa la domanda se i due
fratelli avessero potuto o meno imparare tanto velocemente la scrittura da potersene avvalere in modo così
sicuro, subito dopo il ritorno in Tibet di Thon-mi; cfr. N. Nyima Dagkar, “The Early Spread of Bon”, pp.
511-512; cfr. anche G. Uray, “Queen Sad-mar-kar’s Songs in the Old Tibetan Chronicle”, pp. 245-246.
52
Tornato in Tibet il ministro consegnò il pacchettino sigillato a Srong btsan sGam po, il

quale a lungo riflettè con i ministri sul suo contenuto di trenta turchesi antiche di pregevole

qualità. Finalmente il sovrano comprese: se avesse avuto coraggio di affrontare Lig mi

rgya avrebbe dovuto indossare sul collo le turchesi, alla maniera degli uomini, in caso

contrario vi avrebbe dovuto ornare il capo alla foggia delle donne. Dopo avere ancora

ponderato il re e i ministri abbatterono con un’imboscata il potere di Lig mi rgya120.

120
Si è molto disputato se Lig mi rgya sia stato sconfitto da Srong btsan sGam po o da Khri srong lDe’u btsan
( ཁྲི་སྲོང་ལྡེའུ་བཙན་) e di conseguenza se il regno dello Zhang Zhung sia stato annesso nel VII (come si evince
dai documenti di Dunhuang) o nell’VIII secolo d.C. a quello del Tibet. Nei testi Bon Khri srong lDe’u btsan
è contemporaneo di Lig my -rgya ed è narrato che il grande maestro Bon dello rDzogs chen sNang bzher Lod
སྣང་བཞེར་ལོད་པོ་) vendicò l’omicidio del re su richiesta della vedova Za snang sGron legs ma ( ཟ་སྣང་སྒྲོན་
po (

ལེགས་མ་) inviando una bomba magica a base aurea (riti Dzo/ཛོ་, appartenenti alla prima serie di Tantra della
dodicesima scienza, vedi p. ) che ferì gravemente il re del Tibet: Tenzin Namdak spiega che il termine zhang
zhung lig mi rgya, corrispondente al tibetano srid pa’i rje ( སྲིད་པའི་རྗེ་), ̔re dell’esistenza̕ , fu un appellativo di
numerosi sovrani dello Zhang Zhung; conseguentemente il regno venne conquistato anche da Srong btsan
sGam po, ma ribellatosi, fu definitivamente annesso da Khri srong lDe’u btsan con l’omicidio dell’ultimo Lig
mi rgya, ma secondo Ch. Namkhai sNang bzher Lod po “è molto probabile sia vissuto durante il regno di
Srong-btsan sGam-po che ha annesso definitivamente lo Shang Shung”, Drung, p. 340, n. 81. La questione
non è del tutto risolvibile e si intreccia con il tema dell’antecedenza tra fonti bonpo e documenti da
Dunhuang, nonché con quello della ricostruzione della successione dei paragrafi del ms. 1287 Pelliot,
riguardante i su detti fatti, ricostruita da J. Bacot e reputata arbitraria principalmente da G. Uray, L. Petech, e
A. Macdonald. Nel paragrafo ottavo del ms. Pelliot 1287 è illustrata la storia della principessa Sad mar kar,
della missione di sPug Gyim brtsan rmang cung per riconciliare i coniugi in rotta, e della successiva guerra
allo Zhang Zhung; il ministro viene menzionato nuovamente in un passo degli Annali ( DTH, p. 13) ove
risulta nominato mngan ( མངན་), i̔ ntendente̕ del paese di Zhang Zhung; inoltre nel ms Pelliot 1288 (Royal
Annals I, pp. 13-14) è detto che tre anni dopo l’arrivo a corte della principessa Mung chang ( མུང་ཆང་), la

consorte cinese di Srong-btsan sGam-po, quindi nel 644 d.C., l’intero Zhang Zhung cadde in possesso del
Tibet; verisimilmente questa appare l’ipotesi storicamente più percorribile: cfr. a favore G. Uray, “Note on a
Chronological Problem in the Old Tibetan Chronicle”, pp. 238-240; Idem, “The Structure and Genesis of the
Old Tibetan Chronicle of Dunhuang”, pp. 127-131; A. Macdonald-Spanien, “Histoire et philologie
tibétaines”, pp. 533-534; Eadem, “Une lecture du Pelliot tibétain 1286, 1287, 1038, 1047, et 1290. Essai sur
la formation et l’emploi des mythes politiques dans la religion royale de Sroṅ-bcan sgam-po”, pp. 220, 259;
L. Petech, “La struttura del ms. Tib. Pelliot 1287”, p. 310; Idem, A Study on the Chronicles of Ladakh
[Indian Tibet], p. 52, n. 8; P. Demiéville, “Récents travaux sur Touen-houang”, pp. 65-67; K. Chang, “On
53
Infine nelle scritture dello rDzogs chen compare il lDe’u, veicolo di vera conoscenza della

realtà, nella forma di breve racconto enigmatico, di cui leggiamo un esempio tratto dal

Thig le gsang ba’i brda’ rgyud ( ཐིག་ལེ་གསང་བའི་བརྡའ་རྒྱུད་), Tantra della trasmissione


simbolica della sfera segreta121

Tanto tempo fa nel paese ̔Autoluminosità Beata̕ viveva un re che si chiamava Visione

Totale. Non possedendo cuscini, egli stendeva il mare come tappeto; non possedendo abiti,

indossava il cielo; non avendo cibo, si nutriva dei quattro elementi. Possedendo un occhio

di sciacallo, allontanava il buio sia di giorno, sia di notte. Mantenendo la visione

internamente, la riassorbiva senza difetti nell’occhio prezioso. Con la grande energia del

corpo, della voce e della mente imprigionava i leoni. Poiché la sua visione non dipendeva

dall’esterno, nascose il sole sotto le ascelle, uccise tutti e li mangiò e nessuno gli

sopravvisse. Rimasto solo, senza un amico con cui parlare, era contento di non avere più

nemici. Eppure dicono che non riuscisse a stare tranquillo.

Ch. Namkhai spiega che il sovrano riflette

lo stato primordiale di pura presenza (rig pa [ རིག་པ་]) di ogni individuo, la cui saggezza
illumina tutto e governa tutti i fenomeni dell’esistenza: per questo è scritto che «stendeva il

mare come tappeto [...] indossava il cielo...si nutriva dei quattro elementi». La luminosità

naturale di questo stato, che dissipa ogni buio, viene paragonata agli occhi di uno sciacallo.

L’energia illimitata del corpo, della voce e della mente, le tre porte dell’individuo, viene

definita capace di immobilizzare persino i vigorosi leoni. Ma la conclusione significa che,

sebbene lo stato primordiale sia il padrone dell’esistenza, il movimento legato al prāṇa dei

Zhang Zhung”, p. 138; S.G. Karmay, “Introduction”, p. 181; D. Esler, “The Origins and Early History of
rDzogs chen”, pp. 47-48. Contrari, cfr. J. Bacot, F.W. Thomas, Ch. Toussaint, Documents de Touen-houang
relatifs a l’histoire du Tibet, p. 159, n. 1; A. Róna-Tas, Review of G. Schulemann’s Geschichte der Dalai-
Lamas, pp. 322-324; R.A. Miller, “Thon-mi Sambhoṭa and his grammatical treatises”, pp. 488-489; Idem,
“Notes on the Relazione of Ippolito Desideri”, pp. 452-453; N.N. Dagkar, “Concise Analysis of Zhang
Zhung Terms in the Documents of Dunhuang”, pp. 439-440.
121
Cfr. Ch. Namkhai, Drung, p. 74.
54
pensieri innati causa la caduta nell’illusione: e così «dicono che non riuscisse a restare

tranquillo.122

122
Ivi, pp. 74-75.
55
Shes pa bcu gnyis (ཤེས་པ་བཅུ་གཉིས་): i Bon delle dodici scienze

L’esistenza di un insieme di credenze, pratiche, rituali, concezioni e insegnamenti che

consentano di parlare di un sistema bonpo, precedentemente all’arrivo di gShen rab, circa

3.900 anni fa secondo la tradizione, è attestata in numerosi documenti bonpo; si pensi

all’episodio della sottomissione dei demoni cannibali (Srin po/ སྲིན་པོ་) del Tibet e all’arrivo

colà del Maestro in seguito al furto dei sette cavalli del paese di gShen ( གཤེན་) ad opera del

demone Phrug shor ba rKya bdun ( ཕྲུག་ཤོར་བ་རྐྱ་བདུན་) da questi sconfitto con l’aiuto dei
suoi quattro figli, narrato ne Il Tesoro dei Buoni Detti, (Legs bshad rin po che’i mdzod,

ལེགས་བཤད་རིན་པོ་ཆེའི་མཛོད་). 123

Divenuto Kong rje ( ཀོང་རྗེ་) discepolo di gShen rab, cui offrì in matrimonio la figlia Kong

bza ’Khri lcam ( ཀོང་བཟ་འཁྲི་ལྕམ་), il testo espone i precetti del Maestro dopo che egli ebbe
compiuto il suo ingresso in Tibet, i quali già pertengono inequivocabilmente alle così dette

Dodici Scienze ( ཤེས་པ་བཅུ་གཉིས་):

1 le istruzioni per pregare gli dèi (lha gsol ba/ ལྷ་གསོལ་བ་) collegate al Bon delle

divinità, la Scienza della Protezione (mgon shes lha bon/ མགོན་ཤེས་ལྷ་བོན་);

2 i precetti impartiti per bandire il potere dei demoni (’dre bkar ba/ དྲེ་བཀར་བ་)

pertinenti sia al Bon dei Glud ( གླུད་), la Scienza degli Esseri (’gro shes glud

123
Cfr. Ch. Namkhai, The Light of Kailash II, p. 45.
56
bon/ འགྲོ་ཤེས་གླུད་བོན), sia ai rituali gTo ( གཏོ་), la Scienza della Proclamazione

(smrang shes gto dgu/ སྨྲང་ཤེས་གཏོ་དགུ་);

3 le norme per scacciare le maledizioni (yugs phud pa/ ཡུགས་ཕུད་པ་), attinenti allo

gShen dell’Esistenza, la Scienza dei Rituali Funerari (’dur shes srid gshen/ འདུར་

ཤེས་སྲིད་གཤེན་).
In merito alla vetustà e all’antichità della diffusione sia delle Dodici Scienze, - nel cui

contenuto rientrano i Veicoli del Bon della Causa (rgyu’i bon theg pa/ རྒྱུའི་བོན་ཐེག་པ་) -, sia

dei Veicoli del Bon del Frutto (’bras bu’i bon theg pa/ འབྲས་བུའི་བོན་ཐེག་པ་), dal momento
che numerose fonti bonpo danno per certo che precedentemente all’avvento del primo

monarca della dinastia di Yar lung, gNya’ khri bTsan po ( གཉའ་ཁྲི་བཙན་པོ་), il così detto
Bon del Frutto non fosse comparso nel Tibet, conviene domandarsi

but who can say whether this kind of teaching really was not propagated in Tibet during the

many years that elapsed between the death of gShen-rab Mi-bo-che and the time that

preceded the advent of the first king of Tibet gNya’-khri bTsan-po? 124

Dall’assiduo esame delle fonti eseguito da Ch. Namkhai si evince che non è improponibile

ritenere diffusi in Tibet, nel periodo precedente l’avvento dei dinasti di Yar lung, i testi

dello gSas mkhar spyi spungs ( གསས་མཁར་སྤྱི་སྤུངས་), [Collezione generale del Palazzo
gSas], “profound essence of the Bon teachings ”125, i cui dettami sono direttamente legati alla

figura dello gShen Nam mkha’i mDog can ( གཤེན་ནམ་མཁའི་མདོག་ཅན་) al cui riguardo il

124
Ivi, p. 46.
125
Ivi, p. 51.
57
rGyal rabs bon gyi ’byung gnas ( རྒྱལ་རབས་བོན་གྱི་འབྱུང་གནས་), [Fonti Bon per la storia

dei lignaggi regali] afferma che in Tibet, sGam lHa sras ( སྒམ་ལྷ་སྲས་), Dog lha Bon po

( དོག་ལྷ་བོན་པོ་), e così via, furono i Bonpo delle Dodici Scienze. Essi scelsero il nome

reale, eseguirono le purificazioni rituali (khrus gsol/ ཁྲུས་གསོལ་) e vi fu un sovrano, gNya’

khri bTsad po ( གཉའ་ཁྲི་བཙད་པོ་). Prima di ciò lo gShen Nam mkha’i mDog can risiedette
in Tibet. Non v’era alcuna legge monarchica, ma poiché la regola del Bon abbracciava il

paese, ciò significa che i Bonpo vi dimoravano già prima del re. In accordo alla presenza

dello gShen Nam mkha’i mDog can in Tibet in epoca remota è legittimo chiedersi

if that is the case, and since it is implicit that he possessed the Bon teachings of the sPyi

spungs cycle, what certainty can there be that he did not teach them to the Bonpos of Tibet? 126

Ne consegue che se gli insegnamenti del sPyi spungs127 furono trasmessi prima dell’ascesa

di gNya’ khri bTsad po, allora anche e soprattutto quelli dello rDzogs pa Chen po ( རྫོགས་པ་

ཆེན་པོ་),
which are older than all the teachings of the Bon of the Fruit, existed then. 128

Ciò può essere inteso, come evidenziato da Ch. Namkhai, dalla lettura dei testi che

palesano principi peculiari allo rDzogs pa chen po, come il Tantra gSas mkhar rin po che

126
Cfr. Ivi, p. 47.
127
I Tre Cicli di Propagazione dello sPyi spungs, inerenti a insegnamenti tantrici, si ritiene venissero
proclamati nel mondo degli Dèi, dei Serpenti e degli Esseri Umani rispettivamente da lHa’i gShen po Yongs
su Dag pa ( ལི་ྷཱ གཤེན་པོ་ཡོགས་སུ་དག་པ་), Klu’i gShen po Ye shes sNying po (ཀླུའི་གཤེན་པོ་ཡེ་ཤེས་སྙིང་པོ་), e rGyal
rigs kyi gShen po Mi lus bSam legs ( རྒྱལ་རིགས་ཀྱི་གཤེན་པོ་མི་ལུས་བསམ་ལེགས་). Cfr. S.G. Karmay, The

Treasury, pp. xxii-xxiv, 15, n. 3.


128
Cfr. Ch. Namkhai, The Light of Kailash II, p. 47.
58
spyi spungs gsang ba bsen thub ( གསས་མཁར་རིན་པོ་ཆེ་སྤྱི་སྤུངས་གསང་བ་བསེན་ཐུབ་) che

recita:

The great Awareness, pure from the beginning,

is not trapped in obscurations, nor [enticed by] thoughts of deliverance.

If one realizes the state of Mind devoid of bondage and liberation,

everything is perfected in the Condition of the Mind [of] Kun-bzang.

The state of rDzogs-pa Chen-po is not something which can be investigated.129

Così il Gab pa srog ’dzin sngags kyi don ( གབ་པ་སྲོག་འཛིན་སྔགས་ཀྱི་དོན་):


If one realizes the meaning of [that] Identity,

how can there be something to protect and someone who protects?

It is pure, great protection fronm the beginning.

It is protection from the very beginning because it does not exists as [something] to be protected.

Being held in the Heart-Mind of the Enlightened Beings of the three times,

it is the very Owner of the Commitment (dam tshig, དམ་ཚིག་).


If one goes beyond that Commitment,

the Commitment itself [becomes] the basis of violation.

Hence how can acceptance and rejection exist?

Everything is the Nature of Kun-bzang..

Apart from the Enlightned essence (sangs rgyas ngo bo, སངས་རྒྱས་ངོ་བོ་), it is nowhere else.

One’s own mind [which] is entirely Pure [and] Perfect(byang chub, བྱང་ཆུབ་),
does not conceive of the boundaries of falling into partiality and limitations. 130

129
Ibidem.
130
Ivi, pp. 47-48.
59
Infine sempre il tantra gSang ba bsen thub ( གསང་བ་བསེན་ཐུབ་) proclama:
Perfection as such is devoid of appearance and emptiness.

Viwed from the inside, it is filled with Bodies and Primordial Wisdom.

The whirlwind of the mind where afflictions need to be tamed like demons

shines forth as illusory Bodies and Primordial Wisdoms.

The Five Poisons are perfected in the Primordial Wisdoms of the five Bodies.

Perfection as such is devoid of clarity and obscuration.

It is the secret Condition, natural bliss.

The dimension where the objects of knowledge need to be tamed like demons

shines forth as illusory Method and Discriminating Knowledge.

It is spontaneously perfected as the Great Self131.

Evidenziata la plausibilità di una diffusione assai precoce degli insegnamenti e delle

tradizioni bonpo nel loro complesso, preme porre l’attenzione sul ruolo degli gShen bonpo,

dai quali, sin dagli albori della monarchia di Yar lung e per l’intera durata del così detto

Periodo Intermedio, dipendeva l’intronizzazione stessa del monarca; nel rGyal rabs bon

gyi ’byung gnas è detto che essi già esercitavano le Dodici Scienze del Bon, le quali

costituiscono

The main bonpo teachings that developed in Tibet during the Intermediate Period. Therefore, if we

want to understand the distinctive nature of the Bon of that period, it is necessary to meticulously

research their specific theories and practices .132

Come si diceva la materia dei Quattro Veicoli del Bon della Causa è contenuta nei principi

delle Dodici Scienze, i quali, invece che essere cercati o dedotti dai trattati filosofici, si

ritrovano nelle narrazioni mitologiche (smrang/ སྨྲང་), negli antichi racconti, garanzia

131
Ivi, p. 48.
132
Ivi, p. 53.
60
dell’efficacia del rito, e il cui tenore riverbera la conoscenza diretta dei poliedrici aspetti

dell’energia degli esseri nella loro dimensione di esistenza.

Per le Dodici Scienze lo studio di fondamentale importanza è quello di Ch. Namkhai,

Drung, Deu e Bön. Le narrazioni, i linguaggi simbolici e il Bön nell’antico Tibet133, a cui si

rimanda anche per l’elenco delle scienze fornito dall’autore134, che confrontando diversi

testi lo ha così determinato:

1) mNgon shes lha bon (མངོན་ཤེས་ལྷ་བོན་), il Bon della divinità, scienza della protezione,

o il Bon della divinità che sa proteggere. Esso appartiene al sNang gshen ( སྣང་གཤེན་) del
Bon della causa e raggruppa principalmente due antiche tradizioni rituali dello gShen

dell’Universo fenomenico, associate ai rispettivi numi peculiari:

A) Thugs dkar gnyan po lha’i gzhung ( ཐུགས་དཀར་གཉན་པོ་ལི་ྷཱ གཞུང་), ̔le potenti divinità
Thugs dkar̕,135 il cui ciclo comprende

a 1) Ye srid lha gzhung dkar po ( ཡེ་སྲིད་ལྷ་གཞུང་དཀར་པོ་), cioè ̔la tradizione bianca dei lHa
dell’esistenza primordiale̕, con trecentosessanta divinità;

a 2) Ye dbang gnyan gzhung khra bo ( ཡེ་དབང་གཉན་གཞུང་ཁྲ་བོ་), ̔la tradizione multicolore


degli gNyan136 dal potere primordiale, con duecentocinquanta divinità;

a 3) Ye ’dul dmag gzhung nag po ( ཡེ་འདུལ་དམག་གཞུང་ནག་པོ་), ̔la tradizione nera delle


armate dei conquistatori primordiali,̕ con centootto divinità.

133
Cfr. Ch. Namkhai, Drung, pp. 99-344.
134
Ivi, 99-101.
135
Ivi, pp. 106-109.
136
R. De Nebeskj-Woikowitz, Oracles, pp. 288-289; G. Tucci, Tibetan Painted Scrolls, pp. 721-722.
61
Pacificare (zhi ba/ ཞི་བ་), incrementare (rgyas pa/རྒྱས་པ་), conquistare (dbang pa/དབང་པ་),

distruggere ferocemente (drag po/ དྲག་པོ་), sono le quattro azioni (phrin las bzhi/ཕྲིན་ལས་

བཞི་) per le quali queste schiere divine sono invocate.

B) sGra bla wer ma dpa’ khrom gyi gzhung ( སྒྲ་བླ་ཝེར་མ་དཔའ་ཁྲོམ་གྱི་གཞུང་), ̔le eroiche
schiere dei sGra bla e dei Wer ma̕. Sono qui comprese quattro classi di manifestazione

divina; oltre le due nominate i Chang seng ( ཆང་སེང་) e gli Shugs mgon (ཤུགས་མགོན་).
Le divinità sGra bla, le più potenti, sono a loro volta suddivise in tre classi:

b 1) Ye srid ’phrul gyi sgra bla ( ཡེ་སྲིད་འཕྲུལ་གྱི་སྒྲ་བླ་), ̔i sGra bla manifestazione

dell’esistenza primordiale̕;

b 2) Ye rje smon pa’i sgra bla ( ཡེ་རྗེ་སྨོན་པའི་སྨྲང་སྒྲ་བླ་), ̔i sGra bla signori dell’aspirazione
Primordiale̕ ;

b 3) Ye dbang mthu’i sgra bla ( ཡེ་དབང་མཐུའི་སྒྲ་བླ་), ̔i sGra bla dal potere primordiale̕.
Il nesso sgra bla ( སྒྲ་བླ་), ̔bla (བླ་) del suono̕ , manifesta la profondità di senso sottesa
all’esistenza e alle capacità di tali esseri: il suono è connesso con la potenza, l’energia

ཕྱྭ་
vitale degli esseri - phywa ( ) - e mediante il suono si invera e mantiene il legame tra le

entità e divinità protettrici, che si possiede sin dalla nascita, e l’individuo.

Entrambi i su citati cicli afferiscono al Fiume delle Acque nere, la serie dei riti

dell’esorcismo (chab nag chu bo sel gyi sgo/ ཆབ་ནག་ཅུ་བོ་སེལ་གྱི་སྒོ་); i praticanti dello

gShen dell’Universo fenomenico, rendendo culto a tali deità e onorandole con le ̔prime

offerte̕ (phud/ ཕུད་) delle tre sostanze bianche (dkar gsum/དཀར་གསུམ་) vale a dire latte,

62
yogurt, burro); con i sostituti delle tre sostanze rosse (dmar gsum/ དམར་གསུམ་) ovvero

carne, sangue, ossa); e con medicine nettaree (sman grub/sman rtsi/ སྨན་གྲུབ་/སྨན་རྩི་)
placano le disarmonie dell’universo e proteggono l’insegnamento del Bön, sottomettono le

entità ostili e le energie negative, e ristabiliscono la felicità nel mondo .137

2) g.Yang shes phywa bon (གཡང་ཤེས་ཕྱྭ་བོན་), appartenente al Phywa gshen theg pa (ཕྱྭ་

གཤེན་ཐེག་པ་); ogni fenomeno dell’esistenza è governato dal phywa (ཕྱྭ་), tutte le possibili
circostanze della vita sia faste sia nefaste discendono e sono controllate dal phywa, la forza

che comprende una serie di basilari aspetti benefici tra cui g.yang ( གཡང་), la prosperità.

Nel commento al Srid pa’i mdzod phug ( སྲིད་པའི་མཛོད་ཕུག་) di Dran pa Nam kha’ (དྲན་པ་

ནམ་མཁའ་) si legge
Phywa indica la capacità vitale indistruttibile, g.yang è la sua essenza che si manifesta;138

Inoltre concorrono a determinarne l’efficacia dpal ( དཔལ་), la gloria; phun sum tshogs pa

( ཕུན་སུམ་ཚོགས་པ་), la completezza; dbang thang (དབང་ཐང་), la capacità-ascendente; bkra

shis ( བཀྲ་ཤིས་), la buona sorte. La principale divinità del Phywa gshen è dKil chen Pu wer

dkar po ( དཀིལ་ཆེན་པུ་ཝེར་དཀར་པོ་), sostenitore e custode del soffio essenziale; ugualmente

importanti le Klung rta’i lHa ( ཀླུང་རྟའི་ལྷ་) - le garanti del klung rta (ཀླུང་རྟ་) o rlung rta

( རླུང་རྟ་), 139
l’energia protettiva connessa alla fortuna, alla fama, e alla realizzazione delle
137
Cfr. Ch. Namkhai, Drung, p. 113.
138
Ivi, p. 123, n. 2.
139
Ivi, p. 129, n. 27.
63
imprese, legata al bla e al phywa, fondata sulla funzione dei cinque elementi;140 le ’Go ba’i

lHa lnga ( འགོ་བའི་ལྷ་ལྔ་), le Cinque divinità dell’individuo: Mo lHa (མོ་ལྷ་), la Divinità

delle Femmine; Srog lHa ( སྲོག་ལྷ་), la Divinità della Vita; Pho lHa (ཕོ་ལྷ་), la Divinità dei

Maschi; Yul lHa ( ཡུལ་ལྷ་), Divinità dei Luoghi; dGra lHa (དགྲ་ལྷ་), la Divinità del Nemico.
Un altro culto tributato da tempi antichissimi, molto diffuso nel Tibet orientale, è per le

Phug lHa ( ཕུཧ་ལྷ་), letteralmente Divinità dell’interno o Khyim lHa (ཁྱིམ་ལྷ་), Divinità della
famiglia, essenzialmente deità che presiedono al phywa della casa, alla prosperità

famigliare. Per le divinità della casa

non c’è l’usanza di ergere tempietti [gsas mkhar/ གསས་མཁར་] sulle montagne o sui tetti
delle case come avviene per le Divinità dei Maschi o dei Luoghi. Il loro sostegno viene

collocato all’interno della cucina perchè si ritiene siano femminili, essendo le mansioni

della cucina svolte da donne - madri, sorelle, zie - che sempre devolvono loro culto e ne

nutrono grande rispetto. Così, ad esempio, se in casa arriva una nuova scorta di piante

aromatiche per il bsang [ བསང་] o una partita di lana colorata, le donne ne offrono la prima
parte a loro e quando i cibi traboccano sul focolare ed emanano cattivo odore esclamano:

«le Phug lHa ne saranno disturbate!» ed immediatamente rimediano al danno.141

3) ’Gro shes glud gtong (འགྲོ་ཤེས་གླུད་གཏོང་), i riti di riscatto, ovvero la scienza di coloro

che sanno inviare e indirizzare correttamente il riscatto, appartenente al sNang gshen.

140
Ivi, pp. 133-136.
141
Cfr. G. Tucci, Tibetan Folk Songs from Gyantse and Western Tibet. With two Appendices by Namkhai
Norbu, pp. 171-172; cfr. Ch. Namkhai, Drung, pp. 138-139.
64
Glud ( གླུད་) è usato per designare i riti del riscatto atti a scongiurare il pericolo di morte, di

malattie e disturbi in generale, provocati da esseri molto potenti quali i lHa ( ལྷ་), i Klu (ཀླུ་),

gli gNyan ( གཉན་), come da qualsiasi altro spirito dell’universo, solitamente classificato

nelle otto classi (sde brgyad/ སྡེ་བརྒྱད་), 142


o nella antica suddivisione bonpo delle trentatré

dimensioni di esseri non umani, g.yen khams sum cu rtsa gsum ( གཡེན་ཁམས་སུམ་བཅུ་རྩ་

གསུམ་). Sicché, a seconda del pericolo causato e della specifica classe di esseri coinvolta, si
mette a punto il rituale più adatto a soddisfare l’essere che ha aggredito la vittima per

riscattarne la vita attraverso uno ̔scambio equo̕ (mnyam brje/ མཉམ་བརྗེ་); difatti la serie dei
riti Glud è la più importante tra le quattro tradizioni rituali dello gShen dell’Universo

fenomenico, il ’Phenyul. Allo scopo si preparano le immagini rituali, stampate o dipinte,

esemplificative della ricchezza cosmica (montagne, animali, foreste etc.) al cui centro verrà

collocato il glud gzugs ( གླུད་གཟུགས་), l’effigie sostitutiva dell’individuo che lo eguaglia


esteticamente e nelle qualità sensoriali; essa, offerta al particolare essere in questione, è

comunemente composta di farina d’orzo e burro (tsam pa/ ཙམ་པ་). In ordine di rilievo

decrescente abbiamo i riti mDos ( མདོས་) 143


, i Glud144, gli Yas ( ཡས་) 145
.

4) ’Dur shes srid gshen (འདུར་ཤེས་སྲིད་གཤེན་), lo gShen dell’Esistenza, la scienza che sa

esguire i riti funerari. Appartiene al Srid gShen. Gli esseri dotati di un corpo materiale che
142
Cfr. G. Tucci, Tibetan Painted Scrolls, pp. 717 sgg.; R. De Nebesky Wojkowitz, Oracles, pp. 254 sgg.; S.
Beyer, The Cult of Tārā. Magic and ritual in Tibet, pp. 292-301; D. Ermakov, Bɵ & Bön. Ancient Shamanic
Traditions of Siberia and Tibet in their relation to the Teachings of a Central asian Buddha, pp. 220-228.
143
Cfr. Ch. Namkhai, Drung, pp. 145-147.
144
Ivi, pp. 148-155.
145
Ibidem.
65
trasmigrano sono afflitti da malattie, provocazioni dell’energia (gdon/ གདོན་), e

dall’incertezza di luogo, momento e condizione della morte. 146 Tutti i Bon dello gShen

dell’Esistenza partono da due metodi: l’esame dei modi di morire (shi tabs/ ཤི་ཏབས་), e i
riti per soggiogare le energie negative che ostacolano il morto, al fine di condurlo in una

dimensione intermedia (bar sa/ བར་ས་) spaziosa e confortevole. Narra la tradizione che il

rito del ’dur gshed ( འདུར་གཤེད་), per la conquista dello gshed (གཤེད་), ̔l’impedimento̕, fu

introdotto in Tibet dal bonpo dello Zhang Zhung ( ཞང་ཞུང་) sTong rgyung mThu’ chen

( སྟོང་རྒྱུང་མཐུའ་ཆེན་) dopo l’omicidio di Gri gum (གྲི་གུམ་). 147


Le entità gShed possono agire

བླ་
più facilmente alla morte, per impadronirsi del bla ( ), l’anima, e succhiarne la vita; senza

più il supporto del corpo, che renderebbe arduo l’assalto, il bla separato dalla mente (sems/

སེམས་) e dalla coscienza percettiva (yid/ཡིད་) 148


è molto fragile; con l’intervento del ’dur

gshed il bla è recuperato e riunificato.

5) gTsang shes sel ’debs (གཙང་ཤེས་སེལ་འདེབས་), i riti di esorcismo, la scienza per

esorcizzare e purificare pertiene al sNang gshen. A causa delle malattie delle passioni,

della sofferenza, gli esseri umani non distinguono ciò che è bene dal suo contrario e

conseguentemente non evitano l’impurità e non serbano la purezza, accumulando con

queste contaminazioni molte azioni che turbano le Divinità delle Pure Regioni (gTsang ris

kyi lHa/ གཙང་རིས་ཀྱི་ལྷ་). Il potere che dimora nei luoghi e nella Terra, connesso ai vari tipi
146
Cfr. D.L. Snellgrove, The Nine Ways, pp. 116 sgg.
147
Cfr. Ch. Namkhai, Drung, p. 174.
148
Ivi, pp. 161-162.
66
di esseri si sgretola, corrompendosi e indebolendosi (mnol bar ’gyur/ མནོལ་བར་འགྱུར་)
progressivamente; le esalazioni di queste contaminazioni cagionano miseria, carestia,

epidemia, guerra: il compito dei riti esorcistici sel è eliminare (sel ba/ སེལ་བ་) e purificare
gli influssi nefasti.149 Essi fanno parte, come visto, della ̔Grande Proclamazione delle

origini dell’esistenza̕, la prima delle quattro tradizioni del Fiume delle Acque Nere; vi sono

tre grandi gruppi, a loro volta quadripartiti, di esorcismi150

a) rtsa dkar ’phel ba’i yar sel ( རྩ་དཀར་འཕེལ་བའི་ཡར་སེལ་), gli esorcismi verso l’alto, per
incrementare il canale bianco della fecondità, della fortuna, etc.;

b) rtsa nag ’grib pa’i mar sel ( རྩ་ནག་གྲིབ་པའི་མར་སེལ་), gli esorcismi verso il basso, per
eliminare il canale nero di sterilità, sfortuna, etc.;

c) mnyam gnyis bsor ba’i bar sel ( མཉམ་གཉིས་བསོར་བའི་བར་སེལ་), gli esorcismi dello

spazio intermedio, per pacificare i conflitti tra forze equivalenti.

6) ’Grol shes gtad byad (འགྲོལ་ཤེས་གཏད་བྱད་), la scienza che libera dalle maledizioni.

Essa pertiene al sNang gshen, nonché al dpon gsas phywa gnyan gto yi sgo ( དཔོན་གསས་ཕྱྭ་

གཉན་གཏོ་ཡི་སྒོ་), i dPon gsas dal potente phywa: i riti gTo 151


dello gShen dell’Universo

fenomenico. Questi riti servono a rimuovere le potenti provocazioni, causa di sventura,

squilibrio e malattia, scagliate dagli esseri non umani, innescate dalle azioni umane, e. g.

abbattere o divellere gli alberi, sostegno delle energie dei Sa bdag ( ས་བདག་), cui sono
sacri; deviare ruscelli, scavare in terre vergini, distruggere rocce sacre, uccidere uccelli o
149
Ivi, pp. 188-189.
150
Ivi, pp. 185-188.
151
gTo designa quei riti in cui l’officiante si avvale del potere della sua divinità protettrice, soddisfatta con
offerte, per dominare le energie negative; ivi, p. 215.
67
animali feroci, riconciliandoli con chi li ha offesi, e pongono rimedio anche ai malefici

inviati dagli esseri umani.152

I riti che placano le ostilità degli esseri non umani sono divisi in quattro categorie153

a) dbyings kyi lha tshogs mchod pa ( དབྱིངས་ཀྱི་ལྷ་ཚོགས་མཆོད་པ་), riti di offerta alle Divinità
delle Pure Dimensioni;

b) mkha’i dbal mo bskang ba ( མཁའི་དབལ་མོ་བསྐང་བ་), riti di espiazione per le dBal mo del


cielo;

c) Klong gi dam can brten pa ( ཀློང་གི་དམ་ཅན་བརྟེན་པ་), riti per stabilire il sostegno dei
protettori giurati dello spazio;

d) sa bdag klu gnyan bcos pa ( ས་བདག་ཀླུ་གཉན་བཅོས་པ་), riti di riconciliazione con i Sa


bdag i Klu, gli gNyan.

Numerosi i riti per annullare gli effetti di magie umane, e.g. il byad ’grol ( བྱད་གྲོལ་) per gli

influssi del byad lha ( བྱད་ལྷ་), maledizione che si fonda sul potere di mantra distruttivi, o il

gtad rul ( གཏད་རུལ་) per eliminare il gtad (གཏད་), in cui diverse sostanze e mantra dalle
proprietà distruttive sono inserite in un corno di yak sotterrato, possibilmente sotto le

fondamenta di casa della vittima.154

7) Phan shes sman dpyad (ཕན་ཤེས་སྨན་དཔྱད་), i metodi terapeutici, la scienza della

medicina; i metodi di cura pertengono al Phywa gshen. La diagnosi si effettua sulla scorta

di quattro esami155

152
Ivi, pp. 223-224.
153
Ivi, pp. 215-217.
154
Ivi, p. 216; cfr. R. De Nebesky-Wojkowitz, Oracles, pp. 483-486.
155
Cfr. Ch. Namkhai, Drung, pp. 227-228.
68
a) rgyu rkyen mthong la dpyad pa ( རྒྱུ་རྐྱེན་མཐོག་ལ་དཔྱད་པ་), l’anamnesi delle cause

primarie e secondarie;

b) ngos ’dzin rtsa la dpyad pa ( ངོས་འཛིན་རྩ་ལ་དཔྱད་པ་), l’identificazione del tipo di polso;

c) phan gnod chu la dpyad pa ( ཕན་གནོད་ཆུ་ ལ་དཔྱད་པ་), l’esame delle urine;

d) ’chi sos khams la dpyad pa ( འཆི་སོས་ཁམས་ལ་དཔྱད་པ་), l’esame dei segni topici di morte
o guarigione.

Appurata l’origine del disturbo, malattia o gdon, provocazione dell’energia, si cura la

malattia con la dieta (zas/ ཟས་), il comportamento (spyod/སྤྱོད་), le medicine (sman/སྨན་), gli

interventi esterni (dpyad/ དཔྱད་); in caso di gdon si eseguono divinazione e calcoli

astrologici per appurare l’eziologia e riti gTo per rimuovere le avversità, e si applicano gli

interventi esterni appropriati, quali il salasso, la moxibustione, l’agopuntura.156

8) sKos shes rtsis mkhan (སྐོས་ཤེས་རྩིས་མཁན་), l’astrologia, scienza che controlla l’ordine

dell’esistenza; pertiene al Phywa gshen. Secondo la tradizione il principale depositario del

Bon delle scienze astrologiche (gtsug lag rtsis kyi bon/ གཙུག་ལག་རྩིས་ཀྱི་བོན་) fu ’Phrul bu

chung ( འཕྲུལ་བུ་ཆུང་), figlio di gShen rab Mi bo che 157; tuttavia emerge dalle fonti

tradizionali l’esistenza della scienza astrologica già prima della vita del grande riformatore.

L’astrologo (skos/ སྐོས་), in virtù del potere delle azioni passate, si ritiene possa decidere
cosa o meno è giusto nell’esistenza e controllarne il corso.

156
Ivi, pp. 239-243.
157
Cfr. S.G. Karmay, The Treasury, p. 23.
69
Nel Phywa gshen esistono trecentosessanta combinazioni oroscopiche dette gab rtse ( གབ་

རྩེ་), ̔punte nascoste̕, ove gab (གབ་), ̔nascosto̕, si riferisce a


a) le classi di esseri - Klu, gNyan, lHa, etc - che controllano quel giorno dell’anno;

b) l’elemento di quel giorno rispetto al ’byung rtsis ( འབྱུང་རྩིས་), l’astrologia degli

elementi;

c) gli otto spar kha ( སྤར་ཁ་), i trigrammi che suddividono il diagramma circolare

dell’ellittica zodiacale; il gab rtse ’phrul gyi me long ( གབ་རྩེ་འཕྲུལ་གྱི་མེ་ལོང་), ̔Lo Specchio
delle Manifestazioni delle Punte Nascoste̕, rappresentato come una tartaruga distesa

supina;

4) i nove sme ba ( སྨེ་བ་), i quali simboleggiano la totalità dei fenomeni dell’esistenza.

རྟ་
I nove sme ba, gli otto spar kha, e i dodici animali - cavallo (rta/ ); pecora (lug/ ལུག་);

scimmia (sprel/ སྤྲེལ་); uccello (bya/བྱ་); cane (khyi/ཁྱི་); maiale (phag/ཕག་); topo (byi/བྱི་);
bufalo (glang/ གླང་); tigre (stag/སྟག་); coniglio (yos/ཡོས་); drago (’brug/འབྲུག་); serpente

(sbrul/ སྦྲུལ་) -, associati al ciclo di dodici anni su cui si fonda l’astrologia degli elementi,
costituiscono il centro del gab rtse.158

̔ Punta̕, rtse, si riferisce invece alle congiunzioni astrologiche, poiché nei trecentosessanta

gab rtse si studiano e si verificano le rotazioni cicliche astrologiche degli esseri

appartenenti alle otto classi, in specie i Sa bdag, le cui influenze sul bla, sulla vita, sulla

fortuna si possono rivelare determinanti.159

I quattro sistemi principali di questo metodo oroscopico sono:

158
Cfr. L. Marinangeli, Astrologia tibetana, p. 20.
159
Cfr. Ch. Namkhai, Drung, pp. 245-250.
70
a) lo Specchio delle manifestazioni delle punte nascoste, già nominato;

b) i Diagrammi delle sedi dei spar kha e dei sme ba ovvero, spar kha sme ba’i gling skor

( སཔར་ཁ་སྨེ་བའི་གླིང་སྐོར་);

c) il Ciclo temporale degli elementi, ’byung ba dus kyi ’khor lo ( འབྱུང་བ་དུས་ཀྱི་འཁོར་ལོ་);

d) l’Interdipendenza astrologica delle azioni, ju zhag rten ’brel las rtsis ( ཇུ་ཞག་རྟེན་འབྲེལ་

ལས་རྩིས་).

9) sMrang shes gto dgu (སྨྲང་ཤེས་གཏོ་དགུ་), i riti gTo, scienza che sa proclamare le origini;

tale scienza pertiene in parte al Phywa gshen e in parte al sNang gshen per quanto riguarda

i Veicoli del Bon della Causa. Essa comprende due tradizioni rituali dello gShen

dell’Universo fenomenico.160

A) srid pa mi’u rgyud kyi gzhung ( སྲིད་པ་མིའུརྒྱུད་ཀྱི་གཞུང་), ̔Le generazioni umane dalle
origini dell’esistenza, appartenente alla serie del Bon del lignaggio originario

dell’esistenza: le Acque Nere. L’officiante principia la comunicazione con una specifica

classe di esseri con la proclamazione del potere della verità (bden pa’i smrang/ བདེན་པའི་

སྨྲང་) connessa con l’esposizione sin dai primordi dei miti delle origini (chog rabs), dalla
generazione cosmica, con la descrizione delle due uova cosmiche, luminosa una, buia

l’altra, a quella dell’esistenza umana.161

160
Ivi, pp. 271-278.
161
Cfr. S.G. Karmay, “Introduction”, pp. 191-196.
71
B) ’dre dang sri yi go ( འདྲེ་དང་སྲི་ཡི་གོ་), ̔I riti per i ’Dre e per i Sri,̕ serie conosciuta nello
gShen dell’universo fenomenico come il Bon delle Acque Bianche. Essa comprende due

tradizioni162

b 1) ’dre dgu skyas kyis ’deb pa ( འདྲེ་དགུ་སྐྱས་ཀྱིས་འདེབ་པ་), il trasferimento dei nove ’Dre;

b 2) sri bcu thur du gnon pa ( སྲི་བཅུ་ཐུར་དུ་གནོན་པ་), la soppressione dei dieci Sri.


Entrambe le liturgie sono destinate ad allontanare le negatività provocate da queste entità

malefiche; esse esistono dall’inizio della vita, dimorano al centro della terra, donde si

muovono cagionando in ogni direzione attacchi improvvisi (ye ’brog/ ཡེ་འབྲོག་), in cui
scatenano guerre, pestilenze e afflizioni di ogni sorta, al punto da tramandare che gShen

rab Mi bo che approntò una serie specifica di riti gTo, in cui a tali numi sono dedicati

piccoli doni rituali, affinchè essi si dileguino.163

10) lDing shes sha ba (ལྡིང་ཤེས་ཤ་བ་), i riti del cervo, colui che esegue i riti del cervo sa

volare; il Bon del cervo che vola pertiene al sNang gshen. Esso contiene numerosi riti

mDos di riscatto, la cui fase centrale è sempre legata all’esposizione di miti cosmogonici,

suddivisi in nove categorie principali,164 indirizzati all’eliminazione del maleficio causato

da entità divine e demoniche, ma che nella loro esecuzione non si discostano dal mdos del

bon sha ba ru rgyas ( བོན་ཤ་བ་རུ་རྒྱས་), il Bon del Cervo dalle corna ramificate, rito tuttora
praticato, strettamente legato alla facoltà di librarsi in aria e di volare.165

Come notato da Ch. Namkhai il Bon del Cervo

162
Cfr. Ch. Namkhai, Drung, pp. 271-278.
163
Ivi, pp. 280-283.
164
Ivi, pp. 287-288.
165
Cfr. R. De Nebesky-Wojkowitz, Oracles, p. 387; H. Hoffmann, Quellen, p. 183.
72
sembra sia alla base delle facoltà magiche, attribuite ai bonpo, di volare cavalcando un

tamburo.166

Ritengo opportuno a questo punto ricordare alcuni esempi a tal riguardo

1) dPa bo gTsug lag Phreng ba (1504-1556) ( དཔ་བོ་གཙུག་ལག་ཕྲེང་བ་) nel Chos ’byung

mkhas pa’i dga’ ston ( ཆོས་འབྱུང་མཁས་པའི་དགའ་སྟོན་), riassumendo i primi quattro veicoli


del Bon della causa, aggiunge

E si dice che abbiano molti poteri miracolosi relativi alla sfera materiale, come quello di far

volare un cervo di argilla e di volare essi stessi nel cielo, cavalcando un tamburo. 167

2) Il duello magico tra Na ro Bon chung ( ན་རོ་བོན་ཆུང་), maestro del Bon, e Mi la Ras pa

( མི་ལ་རས་པ་), in cui i due si sfidarono nell’ascendere il Ti se (ཏི་སེ་). La gara viene vinta


dal santo buddhista, libratosi senza supporto nel cielo, quando lo sfidante si trovava già a

metà del percorso. Dal Mi la’i mgur ’bum ( མི་ལའི་མགུར་འབུམ་), biografia di Milarepa di

gTsang-smyon He ru ka (1452-1507) ( གཙང་སྨྱོན་ཧེ་རུ་ཀ་) si apprende


Quando giunse l’alba del quindicesimo giorno Na ro Bon chung indossò un mantello blu, e

suonando lo gshang ( གཤང་) 168


, montò sul suo tamburo (rnga/ རྔ་) e si librò in volo nel
cielo.169

166
Cfr. Ch. Namkhai, Drung, p. 299.
167
Ibidem.
168
Lo gshang è un piatto metallico di modeste dimensioni nella cui parte concava c’è un batacchio
solitamente ligneo che viene suonato afferrando lo strumento tra l’indice e il pollice della mano sinistra; esso
è analogo al dril bu ( དྲིལ་བུ་) del buddhismo tantrico; cfr. ivi, p. 95, n. 55.
169
Ivi, p. 300.
73
3) Nel Grub mtha’ shel gyi me long ( གྲུབ་མཐའ་ཤེལ་གྱི་མེ་ལོང་) si narra l’arrivo in Tibet dei
Bonpo da altri luoghi per officiare i riti funerari, sconosciuti sino a quel termine, di Gri

gum bTsan po ( གྲི་གུམ་བཙན་པོ་).

Tre Bonpo furono chiamati da Kha che ( ཁ་ཆེ་), il Kashmir, da Bru sha (བྲུ་ཤ་)/Gilgit e

dallo Zhang Zhung ( ཞང་ཞུང་). Uno di loro, volendo propiziare i dGe god ( དགེ་གོད་) 170
,i

Khyung ( ཁྱུང་)
171
, i Me lha ( མེ་ལྷ) 172
[tre classi numinose], mostrò la sua abilità di

ascendere al Cielo montando un tamburo, di svelare tesori nascosti, di tagliare il ferro con

una piuma di uccello.173

4) Sul volgere dell’VIII secolo d. C. a Brag dmar ’grin bzang ( བྲག་དམར་འགྲིན་

བཟང་), ove nacque, 174


fu indetto dal sovrano Khri srong lDe’u btsan ( ཁྲི་སྲོང་ལྡེའུ་བཙན་) un
agone di abilità tra maestri bonpo e buddhisti onde stabilire quale delle due dottrine fosse

vera e quale mendace; essa invece che essere una disputa filosofica si rivelerà una

meravigliosa competizione nell’esibire da ambo le parti le facoltà magiche più miracolose

per aggiudicarsi la vittoria.

A presiedere furono assegnati due esponenti di fede buddhista e due di religione bonpo tra

i quali ultimi il Gran Primo Ministro (zhang blon chen po/ ཞང་བློན་ཆེན་པོ་) cioè sTag sgra

Klu khong ( སྟག་སྒྲ་ཀླུ་ཁོང་); 175


come referenti e avvocati fu scelto Bodhi Sattva per i
170
Cfr. H. Hoffmann, Quellen, p. 269; R. De Nebesky-Wojkowitz, Oracles, p. 340.
171
Cfr. R. De Nebesky-Wojkowitz, Oracles, pp. 256-258.
172
Ivi, pp. 529-532.
173
Cfr. E. Haarh, op. cit., p. 113, M. Nicoletti, op. cit, p. 115.
174
Cfr. G. Tucci, The Tombs of the Tibetan Kings, p. 84.
175
Cfr. H.E. Richardson, Ancient historical edicts at Lhasa and the Mu Tsung Khri Gtsug Lde Brtsan treaty
of A.D. 821-822 from the inscription at Lhasa, pp. 1 e sq.; Idem, A corpus of early Tibetan Inscriptions, pp.
4-5.
74
buddhisti, che lanciò nel cielo una folgore la quale vi rimase tutto il giorno, e Dran pa Nam

kha ( དྲན་པ་ནམ་མཁའ་) per i bonpo, del quale si narra che in volo battè il Sole e la Luna
l’una contro l’altro come fossero un paio di cimbali.

Ogni sorta di abilità magiche venne messa in campo e, come si è già osservato nel duello

del Ti se, quelle concernenti il volo abbondarono in entrambi gli schieramenti: il maestro

bonpo Se Sha ri dbu chen ( སེ་ཤ་རི་དབུ་ཆེན་) giunto al lago di Ma phang (མ་ཕང་) cavalcò un

destriero acquatico e ascese al cielo; sNya Li shu sTag ring ( སྙ་ལི་ཤུ་སྟག་རིང་) trasformatosi
in avvoltoio si librò in cielo, e così via.176

Sono dunque numerosissimi gli episodi del volo indipendentemente dal tipo di supporto, o

senza di esso e del volo a cavallo di un tamburo, nonché del potere magico del tamburo

stesso nella tradizione bonpo. Si rammenti ancora Mu khri bTsan po177, il quale grazie

all’assiduità della pratica e al rigore sia meditativo, sia della dieta si sollevava in volo come

un uccello e percorreva gli spazi celesti mutandosi in drago e in aquila; e ancora la

sacerdotessa bonpo sTag wer Li wer ( སྟག་ཝེར་ལི་ཝེར་), insieme a quest’ultimo una tra i

tredici membri dei g.Yu rnga can ( གཡུ་རྔ་ཅན་), i Detentori del tamburo turchese di cui si
narra fosse dotata di infinite grazie meravigliose, tra le quali la capacità di domare e

rendere mansuete le fiere come pecore o vitelli, di soggiogare gli spiriti acquatici, montani

e ctoni, di metamorfosi in qualsiasi creatura desiderasse e, dopo trecentosessanta anni

trascorsi tra gli esseri umani, la salita in volo alla sfera celeste senza lasciarsi dietro le

spoglie terrene.178

176
Cfr. S.G. Karmay, The Treasury, pp. 88-89.
177
Ivi, p. 45.
178
Ivi, p. 46.
75
Il rapporto tra il tamburo, l’animale (si tenga presente qui il cervo con la cui pelle è spesso

costruito il tamburo), e il volo è molto presente in diversi contesti sciamanici; inoltre nello

sciamanismo una peculiarità del tamburo è proprio quella di costituirsi in veicolo dello

sciamano.

Presso i Limbu, nel Nepal centrale, il tamburo è formato di pelle di cervo; il cervo come il

cavallo è l’animale-cavalcatura per il volo estatico dello sciamano.179

I Teleuti venerano il tamburo, cavalcatura della transe sciamanica; inoltre come nel caso

dei Limbu l’iconografia uranica caratterizza lo strumento sulla cui impugnatura sono incisi

uccelli mitici, il sole, la luna, la stella del mattino e della sera, l’arcobaleno.180

In un’area molto vasta dell’Asia centrale e settentrionale il tamburo è spesso associato ad

un animale, sovente il cavallo, essere psicopompo per eccellenza.

I Buriati narrano nei miti ancestrali riguardanti il primo sciamano che egli, messo alla

prova da Bai Ulgan, per saggiarne l’abilità, libera la fanciulla catturata dal Dio supremo,

librandosi nei cieli sul tamburo181.

Sovente è stato osservato come ricorda P. Daffinà, indagando se le forme di sciamanesimo

riscontrabili presso gli Sciti fossero loro precipue o se non invece mutuate dalle polazioni

sedentarie preesistenti, che182

l’esistenza di pratiche sciamaniche avvicina l’antica religione degli Indoeuropei a quella

dei popoli dell’Asia centrale e settentrionale, molto più che non a quella dei popoli

dell’Oriente anteriore antico.183

179
Cfr. M. Eliade, Lo sciamanismo, pp. 192-205; Ye.D. Prokof’yeva, “The Costume of an Enents Shaman”,
pp. 124-156.
180
Cfr. U. Marazzi, Testi dello sciamanesimo, pp. 173-193, 242-245; E. Lot-Falck, “L’animation du
tambour”, pp. 213-239; V.N. Basilov, “The Shaman Drum among the Peoples of Siberia”, pp. 35-51.
181
Cfr. M. Eliade, Lo sciamanismo, pp. 93-97.
182
Cfr. P. Daffinà, Elementi di geografia ed etnografia storiche dell’Asia interna, desunti dalle fonti
classiche, p. 15.
183
Ivi, p. 16.
76
Si è notato quanto spesso nel Bon è associata alla facoltà di solcare lo spazio la prerogativa

della trasmutazione in altre creature, il potere magico di divenire invisibile, e la contiguità

con il reame degli spiriti e delle divinità latrici e custodi degli insegnamenti.

Tali elementi, tutti definibili sciamanici, richiamano alla memoria, in ambito indoeuropeo,

un curioso parallelismo nella storia di Arístea di Proconnéso,184 un’isola del mar di

Marmara, (Aristées Proconnésios/Ἀριστέης Προκοννήσιος), poeta epico, autore di poemi

detti Arimaspici e di una Teogonia in prosa, nato intorno al 547 a.C.185, personaggio

significativamente molto legato al mondo asiatico in generale.

Si tramanda che nei suoi meravigliosi viaggi nell’Asia centrale, “posseduto da Febo”

(foibolamptos/φοιβόλαμτος)186, dio della Sapienza, Arístea fosse misteriosamente giunto

presso gli Issèdoni, oltre i quali dimorano gli Arimaspi, i Grifoni custodi dell’oro e più

oltre gli Iperbòrei.187

Egli poteva scomparire e riapparire simultanemente in posti molto distanti, ed essere

contemporaneamente presente in luoghi diversi, tratto che lo accomuna ad altri esempi di

stregoni (goetes/γόητες) e suggerisce una relazione con lo sciamanismo centroasiatico 188,

ma forse ancora più interessante è il resoconto degli abitanti di Metaponto, sempre attestato

da Erodoto (484 a.C.-dopo il 430 a.C.) e collocato, seguendo i calcoli dello storico di

Alicarnasso, duecentoquarant’anni dopo la seconda scomparsa di Arístea

I Metapontini raccontano che lo stesso Arístea, comparso nel loro paese, ingiunse di

innalzare un altare ad Apollo e di erigere presso di esso una statua con il nome di Arístea di

184
Ivi, pp. 16-17.
185
Ivi, p. 16. Egli probabilmente nacque al tempo di Creso re di Lidia e di Ciro il Grande, e ciò rende
verosimile il 547 a.C., anno della conquista di Sardi, capitale della Lidia, da parte di Ciro.
186
Erodoto, Le Storie, IV, 13, 2.
187
Ivi, IV, 13, 3-8. Cfr. P. Daffinà, op. cit., passim; per gli Arimaspi cfr. F. Maniscalco, Arachosia. Terra di
incontro tra Oriente e Occidente, pp. 5-20.
188
Cfr. A. Corcella, S.M. Medaglia, a cura di, Erodoto, Le Storie, pp. 240-241; cfr.W. Burkert, Lore and
Science in Ancient Pythagoreanism, pp. 147-149; cfr. E.R. Dodds, I Greci e l’Irrazionale, pp. 172-173.
77
Proconnéso. Difatti diceva che tra tutti i territori degli Italioti, solo quello di Metaponto era

stato visitato da Apollo e lui stesso lo aveva accompagnato: lui che adesso era Arístea, ma

che allora - quando aveva accompagnato il dio - era un corvo (corax/κόραξ). Ciò detto

scomparve.189

Plinio il Vecchio soggiunge (Naturalis Historia, VII, 174)

Aristae etiam visam evolantem ex ore in Proconneso corvi effigie.

L’anima di Arístea si sarebbe involata a Proconneso sotto forma di corvo, volatile

specialmente legato al culto apollineo, uscendo dalla sua bocca. L’uccello come immagine

dell’anima rimanda al mondo degli sciamani. 190 La simbologia ornitomorfa e il regno degli

uccelli e delle creature alate in generale, come avremo modo di osservare successivamente,

ricoprono nel Bon un ruolo basilare, e indugiando sul corvo (bya wang/ བྱ་ཝང་) in

particolare esso rappresenta l’emanazione dei numi guardiani degli insegnamenti 191 ed è

annoverato tra i Tredici Uccelli (o comunque esseri capaci di volare) del Bon (bya bon bcu

gsum/ བྱ་བོན་བཅུ་གསུམ་), difensori della dottrina e messaggeri delle potenti divinità del

sNang gShen192 ovvero il cuculo (khu byug/ ཁུ་བྱུག་); ལྕོ་ག་);


l’allodola (lco ga/ la gru

(khrung khrung/ ཁྲུང་ཁྲུང་); il the ba ( ཐེ་བ་), non meglio identificato; la rondine (khug

ta/ ཁུག་ཏ་); il pipistrello (pha wang/ཕ་ཝང་); il balestruccio (khyim bya/ཁྱིམ་བྱ་); la pernice

delle nevi o il tetraogallo tibetano (Tetraogallus tibetanus) (gong mo/ གོང་མོ་), simili,

entrambi appartenenti alla famiglia Phasianidae; il falco o l’avvoltoio (dung khra/ དུང་ཁྲ་);

189
Erodoto, Le Storie, IV, 15, 5-10.
190
Cfr. U. Marazzi, op. cit., p. 118, n. 1, pp. 162-163.
191
Cfr. Ch. Namkhai, Drung, p. 128.
192
Cfr. D.L. Snellgrove, The Nine Ways, pp. 64-65, p. 258, n. 22.
78
l’upupa (phu shud/ ཕུ་ཤུད་); lo scoiattolo volante (bye ma brel/བྱེ་མ་བྲེལ་); il pappagallo (ne

tso/ ནེ་ཙོ་).
I Turchi della Siberia meridionale nominano il corvo nelle suppliche agli spiriti che abitano

il mondo infero, ritenendolo un loro inviato; anche nelle invocazioni agli spiriti adiutori

insieme a vari altri animali è invitato il corvo, esempio ne è la parenesi di una sciamana

tuvina agli spiriti in occasione della cerimonia (kamlanie) per la guarigione di un malato

cui ebbe modo di assistere O. Maenchen-Helfen negli anni trenta del secolo scorso

Ascoltami,/ ascoltami, mio cavallo!/ Ascoltami,/ ascoltami mio orso!/ Venite miei uccelli!/

O mio corvo,/ che voli con le nere nubi,/ che voli sotto i nove cieli,/ corvo con gli occhi di

sangue, che mangi i cadaveri!/ Tu che voli di giorno e di notte,/ che fiuti la terra,/ mia

nera,/ tu, mia grigia aquila!/ (...).193

Come mette in luce U. Marazzi

il corvo (qarγa) è animale assai importante nelle credenze religiose altaiche e più in

generale siberiane (e non solo; basti pensare al posto che esso occupa nella cultura indigena

nord-americana). Il suo ruolo nelle cosmogonie siberiane e nord-americane è di “demiurgo-

trickster” per eccellenza.194

11) ’Phur shes ju thig (འཕུར་ཤེས་ཇུ་ཐིག་), il Juthig (ཇུ་ཐིག་), scienza della divinazione;

pertinente al Phywa gshen, esso è il primo dei metodi divinatori Mo,195 a loro volta

suddivisi in quattro categorie:

A) Ye srid ’phrul gyi ju thig ( ཡེ་སྲིད་འཕྲུལ་གྱི་ཇུ་ཐིག་), il Juthig della manifestazione

primordiale, la mantica più comune in Tibet, praticata ovunque sin dall’antichità, per la

193
Cfr. U. Marazzi, op. cit., pp. 162-163.
194
Ivi, p. 118, n. 1.
195
Cfr. R. De Nebesky-Wojkowitz, Oracles, pp. 454-466.
79
quale è indispensabile apprendere come si allestiscono i cordoncini da annodare, essendo

l’interpretazione della forma dei nodi creatisi durante la divinazione il fulcro del responso.

I nodi fungono da supporto alle facoltà divinatorie (ju thig gi rten/ ཇུ་ཐིག་གི་རྟེན་); infatti il
Juthig predice il bene e il male, risolve i dubbi e fornisce responsi in base alla

chiaroveggenza relativa (zag bcas/ ཟག་བཅས་), ovvero la chiaroveggenza cui necessita un


sostegno materiale per manifestarsi, contrapposta alla chiaroveggenza assoluta o spontanea

(zag med/ ཟག་མེད་). La divinazione è preceduta da invocazioni e preghiere per propiziare i

Phywa’i lHa bdun ( ཕྱྭའི་ལྷ་བདུན་), le sette Divinità del Phywa: i tre fratelli dKyil chen Phu

wer ( དཀྱིལ་ཆེན་པུ་ཝེར), sin dai primordi dell’esistenza sovrani delle divinità della mantica;

le tre sorelle Sring mo Tsa min ( སྲིང་མོ་ཙ་མིན་); e Phywa’u g.Yang dkar (ཕྱྭའུ་གཡང་དཀར་).
Apprestandosi a formare i nodi, si offre alle divinità del Phywa e si proferisce la

proclamazione per invocare il responso (mo bdar ba’i smrang/ མོ་བདར་བའི་སྨྲང་); 196
il

valore spirituale del Juthig, come delle altre pratiche mantiche dello gShen del Phywa, è

profondo come si evince dalle parole di gShen rab nel gZi brjid:

Innanzitutto si entra nel veicolo dello gShen del Phywa per beneficiare gli esseri e rendere

il mondo felice. Insegnerò a distinguere tra i buoni e i cattivi segni, a separare la verità

dalla menzogna, il falso dal giusto, l’intatto dal corrotto, a curare le malattie, a salvare la

vita e a incrementare la longevità, la prosperità, e il benessere: sicuramente poco a poco

tutti gli esseri ne ricaveranno vantaggi, e anche se a volte i sollievi sono di breve durata, i

benefici che ne scaturiscono in seguito sono inconcepibili. La felicità degli esseri è il

196
Cfr. Ch. Namkhai, Drung, pp. 307-312; cfr. a cura di D. Rossi, l’intervista al Ven. Lopon Trinley Nyma
Rinpoche su Practice of Divination: The Tibetan Zhang Zhung Ju thig Divination System, vedi in
bibliografia.
80
Supremo Bon, perciò bisogna adoperarsi in tutti i modi per rendersi utili, e in caso di

necessità si devono sacrificare anche il corpo e la vita .197

2) Ye mkhyen sgra bla’i mngon shes ( ཡེ་མཁྱེན་སྒྲ་བླ་འི་མངོན་ཤེས་), la Chiaroveggenza dei


sGra bla della conoscenza primordiale, mantica che si avvale di numerosi metodi, quali la

པྲ་
comparsa di particolari segni su uno specchio (pra/ ), sassolini (lde’u ’phrul/ ལྡེའུ་འཕྲུལ་),

mālā (phreng mo/ པྲེང་མོ་), etc.

3) Ye rje smon pa’i rmi lam ( ཡེ་རྗེ་སྨོན་པའི་རྨི་ལམ་), il Sogno dei signori dell’aspirazione
primordiale; l’oniromanzia è preceduta dall’invocazione ai sGra bla.

4) Ye dbang lha yi bka’ babs ( ཡེ་དབང་ལྷའི་བཀའ་བབས་), l’Oracolo delle divinità del potere

primordiale, in cui il lha pa ( ལྷ་པ་) o dpa’ bo (དཔ་འབོ་), cioè il medium, predice il futuro

per voce della divinità (lha bka’/ ལྷ་བཀའ་); anticamente erano i sGra bla a impossessarsi
del medium. La possessione spiritica di questa mantica era praticata anche dal celebre

oracolo di stato gNas chung ( གནས་ཆུང་) 198


e si riscontra un’analogia con medesime

pratiche svolte in contesti sciamanici, indagata da diversi studiosi.199


197
Cfr. Ch. Namkhai, Drung, p. 315.
198
Cfr. R. De Nebesky-Wojkowitz, Oracles, pp. 409-443.
199
Cfr. J.V. Bellezza, Spirit-mediums, Sacred Mountains and Related Bon Textual Traditions in Upper Tibet.
Calling down the Gods, pp. 3-52; T. Yamada, An Antropology of Animism and Shamanism, pp. 13-32,
Eadem, “The Ladakhi shaman asPerformer of Oneness with Local Gods, Lha”, pp. 89-95.
Nella letteratura bonpo il lha bka’ è una funzione assegnata allo specialista di divinazione proveniente dal
Bru sha/Gilgit, uno dei tre gShen invitati per svolgere le liturgie funerarie dopo l’assassinio di Gri gum. Il
primo riferimento a questo medium, sia maschile, sia femminile si ritrova nei manoscritti di Dun huang tra
VIII e IX secolo. Cfr. R.A. Stein, La civiltà tibetana, pp. 202-203. Nel Pelliot 1047, manoscritto divinatorio,
sono menzionate donne medium per le nove Mu sman ( མུ་སྨན་), dee di monti e laghi, che potevano predire il
futuro e prescrivere le liturgie funerarie adatte al defunto, cfr. A. Macdonald, “Une lecture des Pelliot
Tibétaine”, pp. 274-275, 294-295. Le divinità che prendono possesso del medium controllano il circolo dei
suoi spiriti ausiliari, antropomorfi o zoomorfi a seconda delle circostanze. Gli animali soccorritori più comuni
81
12) sGrol shes ’phrul bon ( སྒྲོལ་ཤེས་འཕྲུལ་བོན་), il Bon del Potere magico, che sa eseguire i
riti di distruzione; esso pertiene al ’Phrul gshen theg pa. Lo gShen del Potere magico libera

dalle afflizioni coloro che sono schiavi dell’ignoranza, sottomette gli arroganti, e salva con

la distruzione (bsgral ba/ བསྒྲལ་བ་), 200


ovvero distrugge ritualmente i nemici e coloro che

sono ostili al Bon. Reclusosi in un luogo solitario, preparati gli oggetti rituali a supporto, e

meditando sulle divinità del potere magico con la recita di mantra feroci, per ottenere lo

scopo il praticante deve attenersi agli unici obiettivi del beneficio per gli esseri e della

protezione dell’insegnamento, astenendosi da sentimenti personali di acrimonia e rancore;

ciò va costantemente ricordato durante l’evocazione (dbab/ དབབ་) del bla del nemico, e

nelle prassi magiche di recisione (gcad/ གཅད་), uccisione (gsad/ གསད་) e distruzione

(bsgral/ བསྒྲལ་).
Le tre fasi fondanti di questo Bon sono201

A) l’affidarsi (bsnyen pa/ བསྙེན་པ་) al divino maestro (dpon gsas lha/དཔོན་གསས་ལྷ་), che

trasmette lo Yi dam ( ཡི་དམ་), il potere della divinità.

del lha pa sono orsi, lupi, tigri, uccelli carnivori, cani, volpi. Esistono chiari paralleli funzionali nello
sciamanismo siberiano e altaico: gli sciamani yakuti detengono quale principale assistente uno spirito degli
antenati o una deità urania, in forma di alce, stallone, bue, lupo, con funzioni mediatrici verso altri spiriti; gli
ausiliari degli sciamani dei Todji, popolo al confine tra Siberia meridionale e Mongolia settentrionale a sud-
ovest del lago Bajkal, sono aquile, corvi, falchi; i Dolgani, anticamente nomadi siberiani allevatori di renne,
si accompagnano a volpi e lupi; cfr. R. De Nebesky-Wojkowitz, Oracles, p. 541; N. Alekseev, “Helping
Spirits of the Siberian Turks”, pp. 268-280.
200
Cfr. S. Beyer, The Cult of Tārā, p. 305. Si salva liberando ritualmente la coscienza; compiuta l’esecuzione
il principio cosciente viene trasferito dall’officiante in una dimensione pura.
201
Cfr. D.L. Snellgrove, Nine Ways, pp. 98-115.
82
La ricerca del maestro giusto, dotato di saggezza, potere (mthu’ dbang/ མཐུའ་དབང་),

compassione, ed energia spirituale (byin rlabs/ བྱིན་རླབས་), che deve essere condotta con
intensi desiderio, amore e coscienza del soccorso che si richiede; è necessario in seguito

rimanere accanto al maestro, dedicarsi a lui, e venerarlo sempre per aver fatto scaturire

l’impegno a realizzarsi, come sempre bisogna rispettare i genitori che ci hanno donato la

vita.

Così potranno riceversi le istruzioni del ’Phrul gshen, desiderando veementemente di

accedere alla fortezza della divinità yi dam, cioè il suo maṇḍala, la sua pura dimensione, di

accrescersi recitando il relativo mantra essenziale, e infine di vestirne la meditazione,

come una corazza.

B) La realizzazione del potere (sgrub pa/ སྒྲུབ་པ).

Al fine va scelto il luogo adatto che riverberi la presenza dei Rigs kyi Srung ma ( རིགས་ཀྱི་

སྲུང་མ་), quattro divinità protettrici in forma animale; bisogna procurarsi e approntare tutti
gli oggetti per il rito e il supporto alla divinità, dopo aver fatto offerte alle classi di esseri

non umani del mondo esterno (Phyi’i g.yen/ ཕྱིའི་གཡེན་). Si giunge così alla fase delle ting

nge ’dzin rnam gsum ( ཏིང་ངེ་འཛིན་རྣམ་གསུམ་), le contemplazioni, solitamente correlate

allo bskyed rim, ovvero quelle sull’essenza dell’esistenza (de bzhin nyid/ དེ་བཞིན་ཉིད་),

sulla sua manifestazione compassionevole (Kun tu snang ba/ ཀུན་ཏུ་སྣང་བ་), e sulla

རྒྱུ་
visualizzazione della divinità nella sua sillaba seme (rgyu/ ).202 Per riceverne il

potenziamento, la divinità va visualizzata dissolta nel proprio Thig le, la sfera luminosa che

202
Cfr. Ch. Namkhai, Drung, p. 322, n. 10.
83
rappresenta la potenzialità infinita dello stato illuminato. Si avvia ora la fase delle mudrā,

affinché le divinità (gsas/ གསས་) 203


appaiano nello spazio primordiale di fronte a sé (klong/

ཀློང་), per aderire indissolubilmente al vincolo che si intende suggellare (dam tshig/དམ་

ཚིག་). La richiesta dell’azione (phrin las/ཕྲིན་ལས་), che le divinità eseguiranno nello spazio,

avverrà nella fase cantata (tshig bshad/ ཚིག་བཤད་), accompagnata dal suono di strumenti,
che attira le divinità, con canti, grida d’invocazione e lodi.

C) L’azione distruttiva (las sbyor/ ལས་སྦྱོར་).

Per l’azione feroce (mngon spyod/ མངོན་སྤྱོད་) le istruzioni sono note come ̔Rete della

magica ferocia̕ (brnag pa sgyu ’phrul drwa ba/ བརྣག་པ་སྒྱུ་འཕྲུལ་དྲ་ྭ བ་); esse sono

caratterizzate da ̔contraddizione rispetto al comportamento e coerenza rispetto al senso̕

(spyod lam ’gal zhing don la ’brel/ སྤྱོད་ལམ་འགལ་ཞིང་དོན་ལ་འགྲེལ་); si legge nello gZi brjid
Nel Bon del ’Phrul gshen theg pa c’è contraddizione rispetto al comportamento, ma

coerenza rispetto al senso. Dimorare in luoghi terrificanti contrasta con il comportamento,

ma se serve a ridurre tutto in proprio potere, corrisponde al senso. Le azioni feroci

contrastano con il comportamento, ma se servono a consolidare l’insegnamento,

corrispondono al senso204

Vi sono tre serie principali di Tantra per l’azione rituale distruttiva:

A) mKha’ ’gying dBal gyi rgyud ( མཁའ་འགྱིང་དབལ་གྱི་རྒྱུད་), i Tantra ̔esterni̕ di mKha’


’gying dBal. L’energia di cui si avvalgono comprende sia tre azioni rituali legate

all’elemento fuoco; sia l’intervento dei lHa rgod ( ལྷ་རྒོད་), divinità feroci; sia la magia dei
203
La divinità maggiore del ciclo del ’Phrul gShen è dBal gsa rNgam pa ( དབལ་གས་རྔམ་པ་), ivi, p. 320, n. 5.
204
Ivi, p. 327.
84
zor ( ཟོར་), armi magiche legate nella fattispecie al lancio dei semi di senape (thun

rdzas/ ཐུན་རྫས་) e al potere delle Ma mo (མ་མོ་); sia la magia distruttiva (lta byad/ལྟ་བྱད་)

dei neri bDud (nag po bdud/ ནག་པོ་བདུད་), direttamente connessa all’annientamento dei
nemici.

B) dBal gsas Drag po’i rgyud ( དབལ་གསས་དྲག་པོའི་རྒྱུད་), i Tantra ̔interni̕ di dBal gsas Drag

po. Essi comprendono rituali legati alla ferocia (drag po/ དྲག་པོ་) dell’azione.

C) Las kyi thig le’i rgyud ( ལས་ཀྱི་ཐིག་ལེའི་རྒྱད་), i Tantra ̔segreti̕ della sfera delle azioni.

Essi sono collegati alla potente azione delle dBal mo ( དབལ་མོ་).

In tutti i casi, qualunque sia la serie tantrica scelta, la ferocia (mngon spyod/ མངོན་སྤྱོད་)
dello gShen del Potere magico è effettiva solo allorchè siano state completate le fasi di

affidamento e realizzazione del potere.205

205
Ivi, pp. 323-325.
85
I quattro Bon dello gShen (གཤེན་) dell’Universo fenomenico

Come visto a scampare alla prima persecuzione del Bon di Gri gum bTsan po furono una

serie e mezza delle così dette Quattro Serie dei Bon Divini - lHa bon sgo bzhi - vale a dire

l’intera sezione dello sNang gshen, corrispondente al secondo veicolo del Bon della Causa,

lo gShen dell’Universo fenomenico, e una metà del Srid gshen, lo gShen dell’Esistenza,

analogo al quarto veicolo della Causa; alla luce di ciò, l’eventualità che queste quattro

antiche serie del Bon Divino coincidano esattamente con i Quattro Bon della Causa

(rGyu’i bon bzhi, རྒྱུའི་བོན་བཞི་) è molto elevata.


In seconda battuta, come spiegato da Ch. Namkhai, 206 se ritenessimo coincidere le sezioni

del Bon Divino con i quattro Bon dello gShen dell’Universo fenomenico, oggetto di questo

paragrafo, vale a dire un’antica tassonomia del Bon in quattro serie (sgo bzhi) interne al

solo sNang shen, attestata nel gZi brjid di Khyung po Blo ldan sNying po ( ཁྱུང་པོ་བློ་ལྡན་
སྙིང་པོ་), (1360-?), si presenterebbe il problema dell’esclusione degli altri tre veicoli del
Bon della Causa, ovvero il Phywa ghsen theg pa, lo gShen della Divinazione, il ’Phrul

gshen theg pa, lo gShen del Potere magico, e il Srid gshen theg pa, ragione in più per non

reputare valida l’identificazione.

Passando in rassegna i quattro Bon dello gShen dell’Universo fenomenico conviene

ricordare le parole dello gZi brjid

206
Cfr. Idem, Drung, pp. 96-99.
86
Praticando in base alle regole e alla tradizione, attraverso il Bon dello gShen dell’Universo

fenomenico - qui universo fenomenico (snang) significa tutta l’esistenza percepibile e

gShen colui che la domina - si guidano tutti gli esseri. 207

La felicità degli esseri e l’equilibrio con gli spiriti e le forze che presiedono alla creazione

naturale sono garantiti dall’abbinare a ognuna delle Quattro Serie di Bon il metodo di

comunicazione delle nove melodie (gcong dgu/ གཅོང་དགུ་), cioè quelle modulazioni sonore
di mimesi fonetica di altrettanti animali; la peculiarità di queste esecuzioni canore è

consentire all’officiante lo stabilirsi di un rapporto diretto con la specifica classe di esseri

che si intende raggiungere. Fondandosi su tali presupposti è ipotizzabile un’affinità tra

questi particolari linguaggi umani e quelli comunemente noti nello sciamanismo come

̔linguaggio degli dèi̕, o ̔lingua segreta̕ , argomenti cui M. Eliade si è molto dedicato nella

sua maggiore opera sullo sciamanismo. Un maestro o direttamente certe categorie di spiriti

insegnano allo sciamano questo linguaggio attraverso il quale egli potrà poi comunicare e

rendere possibile agli esseri della comunità d’appartenenza il contatto con il mondo

invisibile; a seconda degli spiriti che vanno supplicati, invocati o scacciati si calibra la

voce dell’animale che l’officiante utilizza; anche la funzione della psicopompia, della

ricerca e della conduzione delle anime dei defunti e degli ammalati si avvale di questa

lingua, la quale funge da tramite con gli spiriti ausiliari dello sciamano, vale a dire, a

seconda dei luoghi, i più svariati animali; è interessante ricordare che sebbene tutto il

mondo animale ricorra, di particolare importanza si rivela il simbolismo ornitologico,

simbolismo, già materialmente notato nell’abbigliamento onorifico accordato dagli antichi

re di Yar lung al sacerdozio reale, si pensi alla piuma d’avvoltoio, iconica della dinastia, ad

ornare il copricapo.208 Ritornando all’imitazione dei suoni animali, essa è largamente

207
Ivi, p. 96.
208
Cfr. M. Eliade, Lo sciamanismo, pp. 110-120; cfr. M. Nicoletti, op. cit., pp. 121-124; cfr. R. De Nebesky-
Wojkowitz, Oracles and demons, pp. 544-546.
87
presente nello sciamanismo asiatico, specificatamente sud-siberiano, nell’ascensione

celeste verso Bai Ulgan, officiata dallo sciamano altaico durante il rito del sacrificio del

cavallo: nella salita lo sciamano modula a più riprese il verso dell’oca, sua

accompagnatrice celeste, e quello del cavallo sacrificato da condurre sino alle sfere più

elevate; successivamente il potente Bai Ulgan indicherà o meno il suo gradimento del

sacrificio, e profetizzerà eventi futuri.209

Analogamente a quanto avviene nel Bon anche nello sciamanesimo dell’Himalaya

meridionale e nello sciamanesimo nepalese in particolare sono mimate dallo sciamano le

caratteristiche psicologiche e le tipologie espressive di molti uccelli e animali selvatici

quali il cinghiale e la tigre210.

Nel sNang gshen, secondo veicolo della Causa, ampiamente dedicato ai riti di protezione è

illustrata la celebrazione esorcistica, la quale deve modulare correttamente

gli otto suoni ululati (...) e per stimolare l’accettazione della purezza e l’allontanamento

della contaminazione, si modula il verso del ruggito della tigre. Per l’incantesimo

dell’esposizione dell’esorcismo il verso dell’uccello, del cane, del cavallo. Il suono del

cane è il latrato o il ringhio, quello del cavallo è il nitrito ed è piacevole. L’emissione

sonora deve essere svolta correttamente, 211

e ancora

Quando Gar-gsas bTsan-po ( གར་གསས་བཙན་པོ་) [la divinità che presiede all’esistenza


fenomenica] vuole esortare gli esseri viventi, egli li invita con il verso dell’uccello reale

Khyung; quando vuole esortare i nove demoni (’Dre dgu) e i dieci vampiri (Sri bcu), li

invita con il bel suono del pappagallo (ne tso/ ནེ་ཙོ་). 212

209
Cfr. U. Marazzi, op. cit., pp. 55-85; cfr. M. Eliade, Lo sciamanismo, 213-223.
210
Cfr. R. Mastromattei, La terra reale, pp. 45-48, 106-107; cfr. N. Allen, “Shamanism along the Thulung
Rai”, p. 133.
211
Cfr. M. Nicoletti, op. cit., pp. 121-124; cfr. D.L. Snellgrove, Nine Ways, p. 47.
212
Cfr. D.L. Snellgrove, Nine Ways, pp. 73-75.
88
Per una buona esecuzione rituale è necessario che l’officiante attiri le divinità che

presiedono ai riscatti con il verso del leone ruggente, mentre per costringere i mostri e gli

dèi ai compiti stabiliti serve la melodia dell’allodola (lco ga/ ལྕོ་ག་) 213
.

Per controllare l’esistenza fenomenica e ordinare l’officio del dPon gsas (la cui serie,

contenente gli insegnamenti dello rDzogs chen, rappresenta il culmine dei Bon sgo bzhi

mdzod lnga, བོན་སྒོ་བཞི་མཛོད་ལྔ་, le Quattro Serie e la Quinta, detta il Tesoro), bisogna

modulare il verso del drago, re del suono (sgra rgyal ’brug/ སྒྲ་རྒྱལ་འབྲུག་); mentre per
consacrare il riscatto e dirigere all’obiettivo il rito si ricorre al dolce suono del cuculo (khu

byug/ ཁུ་བྱུག་) 214


. Basate su una mimesi che è dunque evocazione e identificazione con le

peculiarità dell’animale si dispiegano le nove melodie:

1) il barrito del drago turchese (g.yu ’brug/ གཡུ་འབྲུག་) che invita le schiere delle divinità;

2) il garrito dell’aquila (khyung mo/ ཁྱུང་མོ་) o del nibbio (ne le/ནེ་ལེ་), parenesi all’azione

(bdar ba/ བདར་བ་) delle divinità feroci;


3) lo stridio dell’anatra che ha perduto i piccoli per concentrare il phywa, l’energia positiva

degli esseri umani;

4) il battito delle penne del pavone (rma bya/ རྨ་བྱ་), atto a richiamare il phywa, nonché per
la prosperità del bestiame;

5) la melodia soave del cuculo allieta demoni e dèi;

6) il trillo dell’allodola indirizza i riscatti e gli oggetti rituali;

7) il gracchiare del pappagallo entra in contatto con dèi e demoni;

213
Ivi, p. 87.
214
Ivi, p. 95.
89
8) il gracchio del corvo affamato avvisa della presenza dei Sri;

9) il ronzio del calabrone (stag brang/ སྟག་བྲང་) controlla i Sri.


L’esercizio di questi versi come si diceva è associato ai quattro Bon dello gShen

dell’Universo fenomenico, la cui suddivisione è:

1) Chab nag chu bo sel gyi sgo (ཆབ་ནག་ཆུ་བོ་སེལ་གྱི་སྒོ་), il Fiume delle Acque Nere, la

serie dell’esorcismo, che annovera215

1) la Grande Proclamazione (smrang) delle origini dell’esistenza (srid pa),

alludendo alla pregnanza della sacra potenza cosmogonica da cui il Bon deriva il

suo potere, e i riti dell’esorcismo (srid pa smrang chen sel gyi gzhung/ སྲིད་པ་སྨྲང་

ཆེན་སེལ་གྱི་གཞུང་) [quarta scienza];

2) i riti delle potenti divinità Thugs dkar (thugs dkar gnyan po lha yi gzhung/ ཐུགས་

དཀར་གཉན་པོ་ལྷ་ཡི་གཞུང་) [prima scienza];


3) i riti delle eroiche schiere dei sGra bla e dei Wer ma (sgra bla wer ma dpa’

khrom gyi gzhung/ སྒྲ་བླ་ཝེར་མ་དཔའ་ཁྲོམ་གྱི་གཞུང་) [prima scienza];


4) i riti delle generazioni umane delle origini dell’esistenza (srid pa mi’u brgyud

kyi gzhung/ སྲིད་པ་མིའུ་བརྒྱུད་ཀྱི་གཞུང་) [nona scienza].

2) Chab dkar ’dre dang sri yi sgo (ཆབ་དཀར་འདྲེ་དང་སྲི་ཡི་སྒོ་), le Acque Bianche, la serie

dei riti per i ’Dre e i Sri, che comprende216

215
Cfr. Ch.N. Norbu, Drung, pp. 96-98.
216
Ibidem.
90
1) i riti per trasferire i nove’Dre e sopprimere i dieci Sri (’dre dgu skyas kyis ’debs

shing sri bcu thur du gnon pa’i gzhung/ འདྲེ་དགུ་སྐྱས་ཀྱིས་འདེབས་ཤིང་སྲི་བཅུ་ཐུར་དུ་

གནོན་པའི་གཞུང་) [nona scienza].

3) ’Phan yul mnyam brje glud kyi sgo (འཕན་ཡུལ་མཉམ་རྗེ་གླུད་ཀྱི་སྒོ་), ’Phan yul, la serie dei

riti di riscatto come scambio equo che annovera217

1) i riscatti per i maschi (pho glud/ ཕོ་གླུད་) [terza scienza];

2) i riscatti per le femmine (mo glud/ མོ་གླུད་) [terza scienza];

3) i riscatti per i bambini (chung glud/ ཆུང་གླུད་) [terza scienza].

4) dpon gsas phywa gnyan gto yi sgo (དཔོན་གསས་ཕྱྭ་གཉན་གཏོ་ཡི་སྒོ་), i dPon gsas del

potente Phywa, la serie dei riti gTo, che comprende218

1) i riti di offerta alle divinità delle pure dimensioni (dbyings kyi lha tshogs mchod

pa/ དབྱངས་ཀྱི་ལྷ་ཚོགས་མཆོད་པ་) [sesta scienza];

2) i riti di espiazione per le dBal mo del Cielo (mkha’ yi dbal mo bskang ba/ མཁའི་

དབལ་མོ་བསྐང་བ་) [sesta scienza];


3) i riti per il sostegno dei protettori giurati dello spazio (klong gi dam can brten pa/

ཀློང་གྱི་དམ་ཅན་བརྟེན་པ་) [sesta scienza];

217
Ibidem.
218
Ibidem.
91
4) i riti di riconciliazione per i Sa bdag, i Klu, i gNyan (sa bdag klu gnyan bcos pa/

ས་བདག་ཀླུ་གཉན་བཅོས་པ་) [sesta scienza]

92
Il Bon prima di sTon pa gShen rab Mi bo che (སྟོན་པ་གཤེན་རབ་མི་བོ་ཆེ་)

Commonly Bon has been more or less identified with the teaching transmitted by gShen-

rab Mi-bo-che; this is a serious mistake. The Bon taught by gShen-rab Mi-bo che was

specifically referred as g.Yung drung bon [Eternal, Immutable, Everlasting Bon], in order

to distinguish it from the various Bonpo traditions that preceded gShen-rab, and whose

existence can be clearly proven by reasoning, as well as scriptural authority. 219

Alle più ancestrali tradizioni bonpo pertiene la suddivisione delle Trentatré Sfere di Esseri

non umani (g.Yen khams sum cu rtsa gsum), ove il termine g.Yen

can have several meanings, such as “to create disaccord”, “to threaten”, “to insult”, “to

shame

ma soprattutto

it is evident that the name was given to those dimensions because of the ominous nature of

the beings that inhabited them. The so-called Bonpos of the Nonhuman Spheres are

considered compassionate emanations of gShen-rab, said to have appeared in this world

before his birth, in order to tame sentient beings, an idealistic view maintained by the Dri

med gzi brjid [the longest account of the life of gShen-rab Mi-bo-che], and other sources 220

Queste trentatré classi di esseri corrispondono ad altrettanti tipi di Bon e sono distinte in tre

gruppi per il cui elenco a seguire e intendimento si rimanda costantemente e integralmente

all’essenziale opera di Ch. Namkhai, The Light of Kailash. A History of Zhang Zhung and

Tibet. Volume One. The Early Period, tradotta dal tibetano e a cura di D. Rossi.

Il primo gruppo, costituito dai ‘Tredici Potenti gShen Primordiali’ (Ye gshen gNyan pa

bCu gsum, ཡེ་གཤེན་གཉན་པ་བཅུ་གསུམ་), o anche detti i ‘Tredici Potenti esseri della


219
Cfr. Ch.Namkhai, The Light of Kailash I, p. 78.
220
Ivi, p. 82.
93
Dimensione Superiore’ (Yar g.yen gNyan po bCu gsum, ཡར་གཡེན་གཉན་པོ་བཅུ་གསུམ་),

annovera: dBal bon221 Rom po ( དབལ་བོན་རོམ་པོ་), Yogs bon 222


gTo rgyal ( ཡོགས་བོན་གཏོ་

རྒྱལ་), Khrin bon 223


Phywa sangs ( ཁྲིན་བོན་ཕྱྭ་སངས་), gNyer bon 224
gTo chen ( གཉེར་བོན་གཏོ་

ཆེན་), ’O bon 225


’Brang zu ( འོ་བོན་འབྲང་ཟུ་), ’Tshams bon 226
Yo khru ( འཚམས་བོན་ཡོ་ཁྲུ་),

bDud bon227 Chu lcags ( བདུད་བོན་ཆུ་ལྕགས་), dMu bon228 Ye’u than ( དམུ་བོན་ཡེའུ་ཐན་),

bTsan bon229 ’Tshal lcags ( བཙན་བོན་འཚལ་ལྕགས་), Srid bon 230


Mu cho ( སྲིད་བོན་མུ་ཆོ་),

221
dbal bon, probabilmente un bonpo in grado di neutralizzare, attraverso la forza ed il potere del calore i
disturbi causati dagli Yar-g.yen dBal ( ཡར་གཡེན་དབལ་) i dBal della Sfera Superiore, cfr. Ch. Namkhai,

Drung, p.245 n 3; Idem, The Light of Kailash I, p. 78 n 1.


222
yogs bon, un bonpo che, mediante i riti gTo ( གཏོ་), può impedire i danni causati dagli Yar-g.yen Yogs
( ཡར་གཡེན་ཡོགས་); cfr. Drung, p. 245 n 4, e The Light of Kailash I, p. 78 n 2.
223
khrin bon, Ch. Namkhai ipotizza un bonpo “incaricato di ispezionare l’osservanza delle leggi”, Drung, p.
245 n 5, sulla base di una lettura di Khrin in Khrims ( ཁྲིམས་) ‘legge’, cfr. The Light of Kailash I, p. 79 n 3.
224
gnyer bon, presumibilmente un bonpo capace di controllare le influenze dei gNyer della Sfera Superiore in
merito alla fortuna del popolo ed al benessere dei luoghi e delle famiglie, ivi, n 4.
225
འོ་
’o bon, il bonpo che controlla la classe degli ’O ( ), divinità in grado di danneggiare le attività pastorali,

nonché incaricato di incrementare la produzione casearia (dkar rigs, དཀར་རིགས་) e del latte (’o ma, འོ་མ་);
cfr. Drung, p. 246 e The Light of Kailash I, p. 79, n 5.
226
’tshams bon, specializzato, probabilmente, nel riconoscere e placare le disarmonie matimoniali e nelle
cerimonie atte ad assicurare una progenie, presumibilmente anche attraverso il calcolo astrologico; cfr.
Drung, p. 246, n 8; The Light of Kailash I, p. 79, n 6.
227
bdud bon, che pacifica gli impedimenti causati dai bDud (བདུད་),cfr. ivi, p. 79, n 7.
228
dmu bon, che invoca il benefico potere delle divinità dMu (དམུ་) e dei loro ancillari; ivi, pp. 79-80, n 8.

229
btsan bon, il bonpo che previene i danni causati dalla classe degli bTsan (བཙན་). Cfr. ivi, p. 80, n 9.

230
srid bon, il bonpo per l’incremento della prole mediante il rendere onore alla classe degli Srid ( སྲིད་) ed al

loro signore Srid-rje ’Brang-dkar (སྲིད་རྗེ་འབྲང་དཀར་). Cfr. ivi, p. 80, n 11; Id., Drung, p. 246, n 9.
94
sKos bon231 gTsug sgras ( སྐོས་བོན་གཙུག་སྒྲས་), Phywa bon 232
The’u legs ( ཕྱྭ་བོན་ཐེའུ་ལེགས་),

lHa bon233 Thod dkar ( ལྷ་བོན་ཐོད་དཀར་). Tutti questi ‘Bonpo che controllano i Tredici
Potenti gShen Primordiali stavano insieme a gShen rab’ (Ye gshen gNyan pa bCu gsum

’dul pa’i bon po, ཡེ་གཤེན་གཉན་པ་བཅུ་གསུམ་འདུལ་པའི་བོན་པོ་), recita lo gZer mig.


Il secondo gruppo si trova nella medesima situazione ed è composto dai ‘Nove Esseri

Inflessibili della Sfera Intermedia’ (Bar g.yen gTod po dgu, བར་གཡེན་གཏོད་པོ་དགུ་) che

sono: Zla bon234 Tshes pa ( ཟླ་བོན་ཙེས་པ་), Nyi bon 235


Drang ma ( ཉི་བོན་དྲང་མ་), sKar bon 236

Tshig gu ( སྐྲ་བོན་ཚིག་གུ་), sPrin bon 237


Ba Thul ( སྤྲིན་བོན་བ་ཐུལ་), gZha’ bon 238
Khug tang

231
skos bon, specializzato nei calcoli astrologici volti a determinare le circostanze propizie; onorava la
categoria degli sKos ( སྐོས་), guidata da sKos-rje Drang-dkar (སྐོས་རྗེ་དྲང་དཀར་). Cfr. The Light of Kailash I, p.
80, n 11; Drung, p. 246, n.10.
232
phywa bon, il bonpo pratico nei riti per l’allontanamento della povertà e propiziare la prosperità, onorava
ཕྱྭི་
gli dei Phywa ( ). Cfr. The Light of Kailash, p. 80, n 12.
233
lha bon, “this has the same meaning of ‘mgon shes lha bon’ [Bon of the Deities, Lore of Protection, or
Bon of the Deities who know how to protect] which is one of the Twelve Lores of Bon.”, cfr. ibidem, n 13.
234
zla bon, il bonpo che convoca le buone influenze e dissipa quelle nefaste, entrambe collegate alle fasi della
luna (zla, ཟླ་). Ibidem, n 14.
235
nyi bon, la funzione è analoga alla precedente, ma connessa al corso del sole (nyi, ཉི་). Ibidem, n 15
236
skar bon, la funzione è qui collegata al corso delle costellazioni (rgyu skar, རྒྱུ་སྐྲ་). Ibidem, n 16.
237
sprin bon, quando i Bar-g.yen gTod-po-dgu, offesi dagli errati comportamenti di un singolo o di un
gruppo, cagionano siccità e calamità naturali affini, questo bonpo ha il potere di richiamare e riunire nuvole
imbrifere (sprin, སྤྲིན་). Ivi, p. 81, n 17.
238
gzha’ bon, Ch. N. Norbu ipotizza si tratti di un bonpo “who could cause rainbows [gzha’/ གཞའ་] to appear
in the sky as a sign of a good relation having been reestablished between human beings and the Inflexibles
ones [gTod], by balancing the elemental forces and thus repairing the damage caused by frost, hail, and crop
rust.” Ibidem, n 18.
95
( གཞའ་བོན་ཁུག་ཏང་), Dal bon 239
Lu gu ( དལ་བོན་ལུ་གུ་), Zer bon 240
gDang snyan ( ཟེར་བོན་

གདང་སྙན་), Lo bon 241


rTsis ’debs ( ལོ་བོན་རྩིས་འདེབས་), rDzi bon 242
Phyur ba ( རྫི་བོན་ཕྱུར་

བ་).
Alla terza dimensione appartengono ‘gli Undici Grandi Esseri della Sfera Terrestre’ (Sa-

g.yen Che-ba bCu-gcig, ས་གཡེན་ཆེ་བ་བཅུ་གཅིག་): Klu (ཀླུ་), gNyan (གཉན་) e rGyal (རྒྱལ་);

sMan ( སྨན་), Ther (ཐེར་) e Srin (སྲིན་); ’Dre (འདྲེ་), Sri (སྲི་) e Byur (བྱུར་); ed infine gShin-

rje ( གཤིན་རྗེ་) e Chud (ཆུད་).


L’intendimento e le precise classificazioni di queste dimensioni non umane costituiscono

una peculiarità del Bon sin dalle sue origini, rappresentando inoltre un portato con cui si

confronteranno e si combineranno per sempre le tradizioni e gli insegnamenti ad esse

successivi;243 inoltre questo tipo di narrazioni contenute nelle agiografie di gShen rab

239
dal bon, il bonpo la cui azione rituale impedisce l’epidemia. Ibidem, n 19.
240
zer bon, il bonpo che sbaraglia le circostanze avverse provocate dagli squilibri degli esseri viventi, sia
rendendo manifesta la luce solare che disperde le tenebre, sia richiamando il calore in tempi di rigidità
termiche estreme, sia applicando il metodo dei potenti raggi che sfolgorano (dbal zer, དབལ་ཟེར་) degli
gShen-po. Ibidem, n 20.
241
lo bon, il bonpo che scongiura i rischi di uno scarso raccolto, combattendo i danni causati dai Bar-g.yen
gTod-po-dgu. Ibidem, n 21.
242
rdzi bon; sia le calamità del rapimento degli infanti da parte dei demoni (sri, སྲི་) sia della perdita di
bestiame dei pastori (rdzi, རྫི་), sempre procurate di Nove Inflessibili della Sfera Intermedia, sono contrastate
da questo bonpo. Ibidem, n 22.
243
A tal riguardo si ricordi che “however, as a result of the great involvement on the part of New Bonpos
[Bon gsar ba] with Buddhist worldviews, the attention previously accorded the notion of nonhuman
dimensions has disappeared, replaced by an emphasis on other views, identical with Buddhist ones. These
views are extensive and detailed divisions of the dimensions of existence in the Sphere of Desire [’dod
khams, Skt. kāmadhātu], the Sphere of the Form [gzugs khams, Skt. rūpadhātu], and the Sphere Without
Form [gzugs med kyi khams, Skt. arūpadhātu], cfr. Ch. Namkhai, The Light of Kailash I, p. 82.
96
explain clearly how the Bon of the so-called Bonpos of Tibet already existed before gShen-

rab arrived in Tibet, and when gShen-rab arrived in Tibet about 3,900 years ago. 244

Tali affermazioni sono corroborate dalle genealogie del divino lignaggio dMu gShen ( དམུ་

གཤེན་), contenute nello rTsa rgyud nyi sgron (རྩ་རྒྱུད་ཉི་སྒྲོན་), esaminate da Ch. Namkhai:
innanzi tutto si comprende che gShen rab Mi bo che, in quanto figlio di rGyal bzhad ma

( རྒྱལ་བཞད་མ་) e di rGyal bon Thod dkar (རྒྱལ་བོན་ཐོད་དཀར་) - diciannovesimo discendente

di Mes po dMu phyug sKyer zhon ( མེས་པོ་དམུ་ཕྱུག་སྐྱེར་ཞོན་), fondatore ancestrale del

lignaggio dMu gShen, e di lHa mo Gang drag ma ( ལྷ་མོ་གང་དྲག་མ་) - è il ventesimo


discendente per parte paterna del lignaggio regale dei dMu; in secondo luogo

those accounts show that the royal lineages existed prior the advent of gShen-rab Mi-bo-

che; and if we consider names such as dMu-rgyal bTsan-pa Gyer-chen, and rGyal-bon

Thod-dkar, we receive the clear impression that Gyer and Bon also existed before gShen-rab.245

Un’ulteriore conferma è fornita dallo Srid pa spyi mdos ( སྲིད་པ་སྤྱི་མདོས་), testo di Ra sangs

Khri na khod ( ར་སངས་ཁྲི་ན་ཁོད་), (VIII d.C.), ove sono descritti i sanguinari sacrifici dei

bDud bon ( བདུད་བོན་) e dei gDon bon (གདོན་བོན་); essi non furono approvati da gShen rab
e, aboliti, vennero introdotte da gShen rab “sacrifical cakes”246 in sostituzione delle carni e

delle ossa, così come le libagioni di sangue si mutarono in offerte di birra di grano; in

seguito gShen rab soggiogò, mediante il rituale igneo dello dzo mar ( ཛོ་མར་), il Signore

244
Cfr. Ch. Namkhai, The Light of Kailash II, p.44.
245
Cfr. Ch. Namkhai, The Light of Kailash I, p. 88.
246
Ivi, p. 89.
97
degli bTsan ( བཙན་) il quale, divoratore di carne e bramoso di sangue, aveva il potere di
risucchiare il soffio vitale

Alla luce di ciò

the fact that the text definitely mentions the introduction of ransoms [glud] as substitutes

for life and breath is a clear indication that the bTsan-bon also existed before gShen-rab

Mi-bo-che247

in conclusion, this sort of popular ritual text should be considered as a special source of no

little merit. In that respect, the descriptions of the bDud-bon, gDon-bon, and bTsan-bon

provided by the Srid pa spyi mdos should be viewed as historical evidence of the existence

of those classes of Bonpos prior to the adventof gShen-rab. 248

247
Ivi, p. 90.
248
Ivi, p. 91.
98
Il Bon secondo la classificazione dei Nove Veicoli (theg pa dgu, ཐེག་པ་དགུ་)

L’esigenza per i bonpo di organizzare il proprio sapere religioso in una classificazione in

nove veicoli sembra non essere sorta prima del X o XI secolo d.C., 249 in una fase assai

posteriore alla formazione e allo sviluppo della religione Bon, di reciproca influenza con il

mondo buddhista, nello stesso momento il sistema rNying ma pa struttura analogamente la

propria tradizione religiosa in nove veicoli (theg pa dgu/ ཐེག་པ་དགུ་). Come osserva D.L.
Snellgrove, quel che è rimarchevole nella tassonomia dei Nove Veicoli del Bon è il modo

essenziale in cui l’intero sistema delle pratiche religiose tibetane è stato sintetizzato:

metodi predittivi ai quali i Tibetani, a qualunque ordine religioso appartengano, devolvono

la loro attenzione; la pacificazione e il controllo sulle divinità locali e sul mondo degli

spiriti, della cui esistenza sia i laici sia i religiosi sono certi; la sottomissione, se non la

distruzione degli avversari, attraverso i riti tantrici, cui sia i buddhisti sia i bonpo sono

interessati; la guida del principio cosciente attraverso uno stato intermedio, ugualmente

sostenuta da bonpo e rnyingmapa; la disciplina morale dei devoti, tanto quanto la ferrea

regola monastica di qualsiasi ordine religioso; la teoria e il rituale tantrici basilari

nell’iconografia e nella venerazione di tutte le comunità religiose. 250 Si ritiene che nel

classificare il rGyu’i bon bzhi ( རྒྱུའི་བོན་བཞི་), i Quattro Veicoli della Causa, quei veicoli
reputati i più autentici della antica tradizione religiosa del Bon, i bonpo

were trying sincerely to relate the old ways of magic ritual to the new ways of morality and

meditation251

249
Cfr. D.L. Snellgrove, The Nine Ways of Bon, p. 16.
250
Ivi, pp. 11-12.
251
Ivi, p. 12.
99
intendendo queste ultime come le vie normate nei ’Bras bu’i bon lnga ( འབྲས་བུའི་བོན་ལྔ་), i
Cinque Veicoli del Frutto, più strettamente legate all’influenza buddhista, ma si è

precedentemente potuto notare che su questo punto la visione degli studiosi non è

concorde.

La classificazione in nove veicoli presenta tre distinti gruppi252

1) i Nove Veicoli del Tesoro Settentrionale (byang gter/ བྱང་གཏེར་), originari secondo la
tradizione dallo Zhang Zhung;

2) i Nove Veicoli del Tesoro Centrale (dbu gter/ དབུ་གཏེར་), provenienti dal ciclo indiano

(rGya gar Bon sKor/ རྒྱ་གར་བོན་སྐོར་);

3) I Nove Veicoli del Tesoro Meridionale (lho gter/ ལྷོ་གཏེར་), dal Tibet.
L’elenco a seguire pertiene a quest’ultima serie. I Quattro Veicoli della causa sono:

1) Phywa gshen theg pa253, il Veicolo dello gShen del Phywa, che descrive quattro

principali metodi di predizione:

1) mo, sortilegi e divinazione;

2) rtsis, calcoli astrologici;

3) gto, i riti gTo;

4) dpyad, la diagnosi medica.

Il Phywa gshen pertiene alle tradizioni delle Dodici Scienze elencate ai numeri 2, 7, 8,

parte di 9, 11.

252
Cfr. K. Mimaki, S.G. Karmay, Nine Vehicles of the Southern Treasury, p. 2.
253
Cfr. D.L. Snellgrove, op. cit., p. 9.
100
2) sNang gshen theg pa254, il Veicolo dello gShen dell’Universo fenomenico, che

contiene:

1) i riti di esorcismo, connessi alla esposizione (smrang) dell’esistenza (srid pa);

2) i riti di protezione nei riguardi di entità demoniche (’Dre) e vampiriche (Sri);

3) i riti di riscatto;

4) i riti apotropaici verso gli gNyan, spiriti furiosi e i Sa bdag, lHa, dBal, gTod,

etc.,divinità locali.

Lo sNang gshen è contenuto nelle serie delle Dodici Scienze 1, 3, 5, 6, parte di 9, 10.

3) ’Phrul gshen theg pa255, il Veicolo dello gShen del Potere magico, che contiene i riti di

distruzione (bsgral) delle entità malvagie e dei nemici.

Il ’Phrul gshen è incluso nella Dodicesima Scienza.

4) Srid gshen theg pa256, il Veicolo dello gShen dell’Esistenza, attinente ai riti funerari e

alla condizione dello stato intermedio (bar do).

Lo Srid gshen fa parte della Quarta Scienza.

254
Ivi, pp. 9-10.
255
Ivi, p. 10.
256
Ibidem.
101
I Cinque Veicoli del Frutto sono:

5) dGe bsnyen theg pa257 (དགེ་བསྙེན་ཐེག་པ་), il Veicolo dei Virtuosi - dge bsnyen (དགེ་

བསྙེན་), generalmente il termine tibetano per upāsaka, riferito in India al laicato buddhista.
Esso contiene le regole di condotta per i laici, secondo la pratica delle dieci virtù e delle

dieci perfezioni

6) Drang srong theg pa (དྲང་སྲོང་ཐེག་པ་)258, il Veicolo degli Asceti; il termine drang

srong ( དྲང་སྲོང་) è traduzione dell’indiano ṛṣi, i grandi profeti ancestrali, utilizzato dai

bonpo per definire i monaci altamente qualificati ed esperti, come dge slong ( དགེ་སློང་),
traduzione dell’indiano bhikṣu, in ambiente buddhista. Questa è la via della più stretta

regola ascetica e monastica

the whole inspiration is Buddhist, but many of the arguments and even the substance of

some of the rules are manifestly not Buddhist 259

7) A dkar theg pa (ཨ་དཀར་ཐེག་པ་)260, il Veicolo della A Bianca; esso illustra la teoria

tantrica dedicando particolare attenzione al processo di trasformazione attraverso il

maṇḍala, preludendo agli ulteriori insegnamenti tantrici del successivo veicolo.

257
Ibidem.
258
Ibidem.
259
Ibidem.
260
Ivi, p. 11.
102
8) Ye gshen theg pa (ཡེ་གཤེན་ཐེག་པ་)261, il Veicolo dello gShen Primordiale , ye (ཡེ་). La

preparazione del maṇḍala è descritta dettagliatamente, con il costante monito a

rammentare le deità locali (Sa bdag). Sono esposti il processo meditativo di emanazione

(bskyed rim) e il processo di realizzazione (rdzogs rim) del saggio perfetto, il cui

comportamento può essere frainteso per quello di un pazzo.

9) Yang rtse bla med theg pa (ཡང་རྩེ་བླ་མེད་ཐེག་པ་).

Il Veicolo Supremo, riferito all’assoluto, la Base, gZhi ( གཞི་), da cui derivano l’illusione e
la liberazione. La Via è descritta come Mente allo stato assoluto, ̔Pensiero di

Illuminazione̕; il Frutto è descritto in termini di speciali poteri del saggio realizzatosi. Le

categorie e le idee del Nono Veicolo sono ascrivibili agli insegnamenti della Totale

Perfezione, rDzogs pa chen po.

In Tibet l’insegnamento dello rDzogs chen, diffusosi in tempi remotissimi, essenza di tutte

le tradizioni spirituali, si trova sia nella tradizione bonpo sia in quella buddhista.

Il termine designa la perfezione assoluta, stato primordiale (ye nas gnas lugs/ ཡེ་ནས་གནས་
ལུགས་) di tutte le cose, natura ultima (rang bzhin/རང་བཞིན་), natura di Buddha (sangs

rgyas/ སངས་རྒྱས་); lo stato naturale è quello della purezza primordiale (ka dag/ཀ་དག་) ove

tutti i fenomeni, espressione della sua luminosità intrinseca (’od gsal/ འོད་གསལ་), si

manifestano spontaneamente (lhun grub/ ལྷུན་གྲུབ་) perfetti in se stessi.


Sebbene tutto sia primordialmente puro e perfetto, gli esseri senzienti sono obnubilati

dall’ignoranza e condizionati dalle forze del Karma, e il raggiungimento del proprio stato

261
Ibidem.
103
naturale, saggezza primordiale (ye shes/ ཡེ་ཤེས་), intelligenza primordiale (rig pa/རིག་པ་) è
costituito dal reintegrarvi la totalità delle proprie percezioni.

Nelle tradizioni rnyingmapa e bonpo lo rDzogs chen, nono veicolo, principia dove

finiscono tutti gli altri, poiché è l’unico a fondarsi non su sems ( སེམས་), coscienza ordinaria

e discorsiva, bensì su sems nyid ( སེམས་ཉིད་) la Natura della Mente, condizione di vacuità

(stong pa nyid/ སྟོང་པ་ཉིད་) illuminata e luminosa degli esseri, rig pa, Base Primordiale (ye

gzhi/ ཡེ་གཞི་), incomposta, priva di caratteristiche, che sottende i fenomeni, non coinvolta
nella loro illusorietà.

Mentre i veicoli settimo ed ottavo del Tantra si fondano sul sentiero della trasformazione

(bsgyur lam), poiché la sublimazione e la trasformazione dei cinque veleni - desiderio

(’dod chags/ འདོད་ཆགས་); avversione (zhe sdang/ ཞེ་སྡང་); stupidità (gti mug/ གཏི་མུག་);

gelosia (phrag dog/ ཕྲག་དོག་); orgoglio (nga rgyal/ང་རྒྱལ་) - promuovono il sentiero della
realizzazione, il veicolo dello rDzogs chen è quello dell’auto-liberazione (rang grol).

Il sorgere di passioni, sentimenti, emozioni è osservato e lasciato per ciò che è; non si

rifiuta, non si trasforma; i cinque veleni non sono né accettati né rigettati, dal momento che

la loro mancanza di esistenza intrinseca non consente che li si stimi impuri262.

Per i rnyingmapa, dGa’ rab rDo rje ( དགའ་རབ་རྡོ་རྗེ་), di O rgyan (ཨོ་རྒྱན་)/Oḍḍiyāna (valle
dello Swat in Pakistan), fu il primo maestro di tradizione buddhista.

Le Tre Serie di insegnamenti rDzogs chen - suddivisione dovuta a Mañjuśrīmitra, suo

discepolo - sono la Serie della Natura della Mente (Sems sde/ སེམས་སྡེ་); la Serie dello

262
Cfr. D. Rossi, The philosophical view of the Great Perfection in the Tibetan Bon religion, p. 97, n. 4.
104
Spazio Primordiale (Klong sde/ ཀློང་སྡེ་); e la Serie delle Istruzioni Segrete (Man ngag gi

sde/ མན་ངག་གི་སྡེ་). La trasmissione delle prime due, coeva a quella della terza serie in
Tibet da parte di Padmasaṃbhava e Vimalamitra, risale prevalentemente al maestro

tibetano Pa gor Be ro tsa na/Vairocana ( པ་གོར་བེ་རོ་ཙ་ན་) che recò i suoi insegnamenti in


Tibet dall’India, - ove tra i suoi più eminenti maestri ebbe Śrīsiṃha, di cui, grazie a Klong

chen Rab ’byams pa Dri med ’od dzer ( ཀློང་ཆེན་རབ་བྱམས་པ་དྲི་མེད་འོད་ཛེར་) (1308-1363) è


noto soltanto che nacque in Cina e viaggiò e risiedette in India -, nel periodo in cui Khri

srong lDe’u btsan ( ཁྲི་སྲོང་ལྡེའུ་བཙན་), sul volgere del suo regno (755-797 d. C.) 263
, avviò la

grande disputa di bSam-yas ( བསམ་ཡས་) (792-794 d.C.) 264

when the minds of Tibetans were wawering between the two systems of Buddhism as

represented by Śantarakṣita from India and Hva-shang [ ཧྭ་ཤང་] Mahāyāna from China.
The Buddhism Mahāyāna was professing had an essentially exoterical character leaning

mainly on sūtras such as Prajñāpāramitā and Laṅkāvatāra whereas the teaching brought by

Vairocana was in the mainstream of the tantric tradition involving the transmission of

abhiṣeka, but before it became established Vairocana was himself expelled from Central

Tibet and not long after this the Buddhist persecution took place. When buddhism began to

reappear at the beginning of the 11th century A.D. the word rDzogs-chen already covered

not only the teachings of Vairocana and Vimalamitra. From this time rDzogs-chen

remained an ever-controversial subject. On the one hand, it is considered to be a teaching

263
Cfr. H. Hoffmann, Tibet. A Handbook, p. 44; V.A. Bogoslovskij, Essai sur l’histoire du peuple tibétain, p.
12; Ch.I. Beckwith, The Tibetan Empire in Central Asia. A History of the Struggle for Grat Power among
Tibetans, Turks, Arabs, and Chinese during the Early Middle Ages, p. 217.
264
Cfr. P. Demiéville, Le Concile de Lhasa. Une controverse sur le quiétisme entre bouddhistes de l’Inde et
de la Chine au VIIIᵉ siècle de l’ère chrétienne; G. Tucci, Minor Buddhist texts II; H. Hoffmann, ivi, pp. 126-
135; P. Williams, Il Buddhismo Mahayana. La sapienza e la compassione, pp. 214-228.
105
exceeding all other means and therefore the best and most effective in bringing about the

realization of Buddhahood in this present life. on the other hand, for the orthodox

Buddhists it is nothing but the remnants of doctrines once brought to Tibet by Hva-shang

Mahāyāna, which were proved to be false and banned. 265

La maggior parte della vulgata rnyingmapa rifiuta questa derivazione cinese anche se

Klong chen Rab ’byams pa descrive gli insegnamenti del monaco Hva-shang come

un’elevata forma di rDzogs chen tanto che

the orthodox Buddhists attack the adepts of rDzogs-chen saying that the doctrine contains

the germ of Hva-shang Mahāyāna who taught the meditation of ci-yang yid-la mi-byed-pa

[ ཅི་ཡང་ཡིད་ལ་མི་བྱེད་པ་] which may be translated as ̔not to think of anything̕. This

particular meditation may have derived from an extreme form of avikalpajñāna (rnam-par

mi-rtogs-pa’i ye-shes) [ རྣམ་པར་མི་རྟོགས་པའི་ཡེ་ཤེས་] which is a fundamental tenet of the

Dhyāna [bsam gtan/ བསམ་གཏན་] teaching. 266

In merito alla radicalità degli insegnamenti dello rDzogs chen, ritenuta in un certo senso

eretica da parte dell’ortodossia buddhista, e all’ascendenza del Chan sullo rDzogs chen, G.

Tucci scrive nel 1958

I said before [pp. 21, 45] that in my opinion, Ch’an did not completely dissapear from

Tibet and that traces of it can be found in the rDsogs c’en, a branch, as is known, of the

rÑiṅ ma pas. The rDsogs c’en laid great stress on the Haṭhayoga and the mantras, but their

doctrine emphasizes the existence of a pure mind, luminous, and unshakable; except it

nothing exists, since it is the only reality, its recognition leads to release; no effort or

practice is needed. The means proposed by the school for arousing this releasing

consciousness of our inner reality are not those proposed by the other schools of Mahāyāna

265
Cfr. S. G. Karmay, “A General Inroduction”, pp. 213-214
266
Ivi, p. 214.
106
or even Vajrayāna. The progressive method of the Bodhisattva, which Kamalaśīla supports

and explains, is considered by them as one of the inferior vehicles; their classification of

the Tantras is quite different from that postulated from Vajrayāna (Kriyā, Caryā, Yoga,

Anuttara) and they proclaim the Atiyoga as superior to all revelations; they praise its

methods as surpassing all other means of salvation. That explains why the rDsogs c’en

were considered as in some way heretical, the school more distant than any other from the

teaching of Śākyamuni, and why the esponents of Tibetan thought, following the example

of their Indian models, start by expounding Tibetan philosophical systems with that of the

rDsogs c’en as the remotest from the true imageof the Buddhist tradition. That is also why

they base their own doctrine on same books which were excluded from the orthodox canon,

as being or supposed to be heretical267.

Esiste la possibilità che specifici principi del Chan abbiano contribuito allo sviluppo della

̔Totale Perfezione̕, come indicherebbero le indagini lessicali e di comparazione concettuale

tra le due correnti di R.A. Stein268, ma ritenere ciò un fatto stabilito e certo pare essere una

verità più enunciata che dimostrata e conviene ricordare le parole di P. Kværne:

267
L’analisi prosegue con la definizione, dal Grub mtha’ shel gyi me long ( གྲུབ་འམཐ་ཤེལ་གྱི་མེ་ལོང་), dello
rDzogs chen: “an extratemporal (da lta[/ ད་ལྟ་]), immaculate intelligence, rig pa, luminous, void, naked (rjen
pa[/རྗེན་པ་]); every dharma, samsaric or transcendental, has in it its pleroma (rdsogs); rDsogs c’en is also
called c’en po, “great”, because there is no other way to salvation except it. Reality or absolute, c’os ñid (ཆོས་

ཉིད་), is nothing else but the very undulation (kloṅ[/ཀློང་], ūrmi) of Kun tu bzaṅ po; it is unchangeable. By a
synthetical (zuṅ ạjug[/ཟུང་འཇུག་]) intelligence of non-duality which transcends any idea concerning

something either to be taken or to be abandoned, one masters all dharmas, whether samsaric or
transcendental, in voidness, stoṅ ñid, but devoid of any notion (grāha) of voidness itself; thus and so the
direct experience (mṅon sum[/ མངོན་སུམ་]) of the absolute, c’os ñid, as knowledge (rig pa) transcending

saṃsāra or nirvāṇa, is realized. Whatever is manifest (snaṇ[/ སྣང་]) is pure mind, and it appears in the self-
existent intelligence (raṇ ạbyuṇ gi ye šes[/ རང་འབྱུང་ཡེ་ཤེས་]), which is the mind itself; therefore it cannot
become anything else except this self-existent intelligence”, cfr. G. tucci, Minor Buddhist texts II, pp. 60-62.
268
Cfr. R.A. Stein, “Illumination subite ou saisie simultanée. Note sur la terminologie chinoise et tibétaine”,
pp. 23-28 ed anche Vie et chants de ’Brug-pa kun-legs le yogin, p. 23 n 3
107
That Ch’an elements are to be found in rDzogs-chen, nowhere demonstrates that these

elements must necessarily, or even preferably, be interpreted as emanating from Ch’an. (...)

It is extremely difficult to positively identify such traits on internal, textual criteria, as

Ch’an has to a large extent the same indian sources as those which, through the siddhas,

may be taken to have influenced rDzogs-chen. 269

Analogamente per la questione della sopravvivenza del Chan nel Tibet dell’ VIII e IX

secolo

even though in rDzogs-chen there may be parallel ideas and practices to those of the Chan,

rDzogs-chen must be considered as of Indo-Tibetan origin whilst the tradition of Chan in

Tibet may be studied as an independent tradition.270

Tornando ad una prospettiva che situi il discorso nella concretezza dell’insegnamento,

considerato nella sua totalità essenziale, Ch. Namkhai scrive

Even today there are some Tibetan and foreign scholars who believe that Dzogchen is a

creation of Nyingmapa masters influenced by the doctrines of chinese Ch’an Buddhism and

Indian Śaivaism. These misunderstandings imply a thorough incomprehension of

Dzogchen which leads to emphasis only on single terms instead of the whole meaning.

Nobody can judge the authenticity of a teaching without any knowledge of its full meaning.

The understanding of Dzogchen is traditionally established on the «four indications» (rton

pa bzhi [རྟོན་པ་བཞི་]):

1) it is not indicated by a culturally-conditioned meaning (drang don [ དྲང་དོན་]), but by

the real sense (nges don [ ངེས་དོན་]);

2) it is not indicated by a doctrine (chos [ ཆོས་]), but by a practitioner (gang zag [གང་ཟག་]);
269
Cfr. P. Kværne, “̔The Great Perfection̕ in the Tradition on the Bonpos”, p. 384.
270
Cfr. S.G. Karmay, “Introduction”, p. 215. Sui legami tra Chan e rDzogs chen nelle regioni del confine
sino-tibetano tra IX e X secolo, si veda C. Meinert, “The conjunction of chinese Chan and tibetan rDzogs
chen yhought: reflections on the tibetan Dunhuang Manuscripts IOL TIB J 689-1 and PT 699, pp. 239-301.
108
3) it is not indicated by the mind (rnam shes [ རྣམ་ཤེས་]), but by the primordial

understanding (ye shes [ ཡེ་ཤེས་]);

ཚིག་]), but by the sense (don [དོན་])


4) it is not indicated by the literal significance (tshig [

The term «rdzogs chen», can be used in any way; but a name or a term, whether

meaningful or meaningless, cannot convey the true sense of the teaching, which is grasped

only through direct experience. In reference to the «sense» of Dzogchen teaching, it can be

indicated by the term «rdzogs chen» or by any other, whether in Tibetan or in any other

languages. If attention is esclusively devoted to «terminology» then a plurality of concepts

arises, which produces mental confusion instead of contributing to deep comprehension of

the real sense of the teaching.271

Nella tassonomia degli insegnamenti bonpo lo rDzogs chen è annoverato nella quarta

sezione de ̔Le Quattro Serie e la Quinta, detta il Tesoro, con la designazione di dPon gsas,

̔La nobile guida̕ , mentre nei Nove Veicoli esso costituisce l’ultimo dei Cinque Veicoli del

Frutto. Tradizionalmente tali insegnamenti apparvero sotto il regno di Khri wer La rje Gu

lang gSer gyi Bya ru can ( ཁརི་ཝེར་ལ་རྗེ་གུ་ལང་གསེར་གྱི་བྱ་རུ་ཅན་), re dello Zhang Zhung,


circa 3600 anni fa; essi furono proclamati all’umanità per la prima volta da sTon pa gShen

rab Mi bo che nel sTag gzigs e in ’Ol mo Lung ring.272

Le principali tradizioni rDzogs chen nel Bon sono tre:

1) Il Lignaggio Aurale dello Zhang Zhung dello rDzogs chen, lo rDzogs pa chen po zhang

zhung snyan brgyud ( རྫོགས་པ་ཆེན་པོ་ཞང་ཞུག་སྙན་བརྒྱུད་). Esso appartiene alla trasmissione

orale (bka’ ma/ བཀའ་མ་), emanata dall’Istruttore Primordiale (ye nyid kyi ston pa/ཡེ་ཉིད་ཀྱི་
271
Cfr. Ch. Namkhai, sBas pa’i rgum chung The Small Collection of Hidden Precepts: A study of an Ancient
Manuscript from Tun-huang, p. 11.
272
Cfr. Ch. Namkhai, J.M. Reynolds, The Golden Letters, pp. 13-15.
109
སྟོན་པ་) Kun tu bZang-po ( ཀུན་ཏུ་བཟང་པོ་)/Samantabhadra, trasmessa mentalmente

(dgongs rgyud/ དགོངས་རྒྱུད་) ai ̔Nove Beneandati̕ (bder gshegs dgu/ བདེར་གཤེགས་དགུ་),

̔ entiquattro Individui̕ (gang zag nyi shu rtsa bzhi/


ricevuta poi dai V གང་ཟག་ཉི་ཤུ་རྩ་བཞི) del
regno di Zhang Zhung e messa per iscritto, tra VII e VIII secolo d.C, dall’ultimo di questi

Gyer spungs sNang bzher Lod po ( གྱེར་སྤུངས་སྣང་བཞེར་ལོད་པོ་), grazie ai precetti ricevuti

da Ta pi Hri tsa ( ཏ་པི་ཧྲི་ཙ་), dopo aver questi conseguito il corpo di arcobaleno del grande

trasferimento (’ja’ lus ’pho ba chen po/ འཇའ་ལུས་འཕོ་བ་ཆེན་པོ་), corpo di luce suprema. 273

Si ritiene che questi testi abbiano goduto di una trasmissione singola (gcig rgyud/ གཅིག་

རྒྱུད་) e ininterrotta sino al tempo di sPa ston bsTan rgyal bZang po (སྤ་སྟོན་བསྟན་རྒྱལ་བཟང་

པོ་) 274
, autore di Le biografie dei Maestri del lignaggio Aurale dello Zhang Zhung della

Totale Perfezione, rDzogs pa chen po zhang zhung snyan rgyud kyi brgyud pa’i bla ma’i

rnam thar ( རྫོགས་པ་ཆེན་པོ་ཞང་ཞུང་སྙན་རྒྱུད་ཀྱི་བརྒྱུད་པའི་བླ་མའི་རྣམ་ཐར་), e che fino al

tempo di Gyer spungs questi insegnamenti ebbero unicamente una diffusione aurale

cosicché non vennero soppressi durante le persecuzioni né occultati in quanto tesori

testuali - gter ma ( གཏེར་མ་) - come le prossime tradizioni elencate.

2) Il sistema chiamato rDzogs chen, il cui testo base è lo rDzogs chen yang rtse’i klong

chen ( རྫོགས་ཆེན་ཡང་རྩེིའི་ཀློང་ཆེན་), compreso nel Bon po bsTan ’gyur (བོན་པོ་བསྟན་འགྱུར་).

273
D. Rossi, The Philosophical View, pp.28-29; S.G. Karmay, The Great Perfection, p. 203.
274
Tra XIII e XV secolo, la datazione è controversa, per un riepilogo bibliografico si rimanda a D. Rossi, The
Philosophical View, p. 28 e n. 50.
110
Il ciclo dello rDzogs chen Yang rtse’i klong chen, particolarmente rivolto agli aspetti

epistemologici e pragmatici, è correlato a un altro sistema di precetti ascritto alla prima

propagazione della dottrina - snga dar ( སྔ་དར་) - (precedente la persecuzione dell’ottavo


secolo), quello delle Tre Proclamazioni bsGrags pa skor gsum, legate maggiormente alla

teoria dottrinale, proclamate nei tre regni, celeste (lha), ctonio (klu), e umano (mi) da ’Chi

med gTsug phud un’emanazione della divinità gShen lHa ’Od dkar ( གཤེན་ལྷ་འོད་དཀར་);
esse furono introdotte nello Zhang Zhung dal sTag gzigs dallo studioso e maestro sNya

chen Li shu sTag ring ( སྙ་ཆེན་ལི་ཤུ་སྟག་རིང་), che nell’ottavo secolo d.C le diffuse in Tibet,
occultandole durante la grande persecuzione del Bon, la prima storicamente attestata, 275

decisa, probabilmente tra il 780 e il 790 d.C. da Khri srong lDe’u btsan. Gli insegnamenti

furono riesumati da bZhod ston dNgos grub Grags pa ( བཞོད་སྟོན་དངོས་གྲུབ་གྲགས་པ་),

275
La persecuzione avvenne presumibilmente alla fine della grande sfida di poteri magici indetta dal sovrano
tra maestri bonpo e buddhisti. Figure chiave di questo momento di passaggio furono Khod spungs Dran pa
Nam mkha’ e Gyer spungs sNang gzher Lod po che secondo i testi bonpo condusse il sovrano molto
prossimo alla morte con una magia di avvelenamento, per vendicare, su istigazione della vedova, l’uccisione
dell’ultimo re dello Zhang Zhung. Il primo, invece, riconoscendo la sostanziale, profonda uguaglianza
contenuta nell’essenza delle diverse dottrine, si convertì; cfr. S.G. Karmay, The Treasury, pp. xxxii-xxxiii.
Probabilmente la persecuzione principiò nell’anno del maiale d’acqua (783 d.C.) perdurando sino all’anno
del bue di legno (785 d.C.), corrispondente al quarantacinquesimo genetliaco del re; cfr. S.G. Karmay,
“Introduction”, p. 183, Idem, The Treasury, p. 94, n. 2. Al tempo della persecuzione di Gri gum bTsan po si
legge nel rDzogs chen pa gsas mkhar gyi gzhung las bshad pa’i lung ( རྫོགས་ཆེན་པ་གསས་མཁར་གྱི་གཞུང་ལས་
བཤད་པའི་ལུང་) che il Divino Bon delle Offerte (bon bshos kyi lha bon/བོན་བཤོས་ཀྱི་ལྷ་བོན་) non declinò. Il Bon
dei Rituali Funerari per il Morto (grong gi ’dur bon/གྲོང་གི་འདུར་བོན་) declinò per metà.Il Bon della Pura

Mente (yang dag pa’i sems bon/ཡང་དག་པའི་སེམས་བོན་) scomparve totalmente. La base degli ̔Insegnamenti

della Pura Mente̕, tradizionalmente trasmessa già al tempo del primo re di Yar lung dal grande gShen sNang
ba’i mDog can, consiste in testi e istruzioni diffuse oralmente e ininterrottamente nello Zhang zhung snyan
rgyud; quindi tale denominazione descrive, per l’epoca, lo rDzogs chen; cfr. Ch. Namkhai, The Light of
Kailash I, p. 105.
111
ritenuto un’emanazione di sNya chen Li shu sTag ring, sotto la statua di Vairocana, nel

tempio di Khoms mthing ( ཁོམས་མཐིང་) nel lHo brag (ལྷོ་བྲག་), nel 1088 d.C. 276

Le proclamazioni sono suddivise in tre sezioni: rgyud ( རྒྱུད་), gli insegnamenti tantrici;

lung ( ལུང་), i precetti; man ngag (མན་ངག་), le istruzioni essenziali.

3) Lo rDzogs chen dello A khrid (ཨ་ཁྲིད་), ̔La guida della A̕,277 fondato da rMe’u dGongs

mdzod Ri khrod Chen po (1038-1096 d.C.) ( རྨེའུ་དགོངས་མཛོད་རི་ཁྲོད་ཆེན་པོ་) e

sistematizzato da Bru chen rGyal ba g.Yung drung ( བྲུ་ཆེན་རྒྱལ་བ་གཡུང་དྲུང་) (1242-1290 d.C.).


Esistono ulteriori cicli di insegnamenti bonpo dello rDzogs chen, quali lo Ye khri mtha’sel

( ཡེ་ཁྲི་མཐའ་སེལ་), noto anche come ̔Ciclo Indiano̕ (rgya gar gyi skor/ རྒྱ་གར་གྱི་སྐོར་),
emanato nell’VIII secolo d.C. da Dran pa Nam mkha’.

Il secondo è il Byang chub sems gab pa dgu skor ( བྱང་ཆུབ་སེམས་གབ་པ་དགུ་སྐོར་),

appartenente al ciclo dello Stato Pacifico - zhi ba’i don skor ( ཞི་བའི་དོན་སྐོར་) - , nella serie
dei tesori testuali del Tesoro Meridionale (lho gter). Esso fu scoperto a ’Bri mtshams mtha’

dkar ( འབྲི་མཚམས་མཐའ་དཀར་) nel 1017 da gShen chen Klu dga’ (996-1035), protagonista

della più tarda diffusione (phyi dar/ ཕྱི་དར་) del Bon, che molto si basa sulla tradizione dei
gter ma.

La pratica dell’occultamento dei testi sacri allo scopo di preservarne i preziosi tesori in essi

contenuti, accomuna la tradizione bonpo a quella dei rNying ma pa, ma mentre nel caso di

276
Sulla questione si veda D. Rossi, “The Yid ches lung gi sgron ma”, in stampa.
277
Cfr. P. Kværne, “Bonpo Studies, the A Khrid System of Meditation”; Idem, “The Essential Teachings of
the A Khrid System”.
112
questi ultimi si ritiene che Padmasambhava e i suoi discepoli avessero celato i testi

religiosi perché i seguaci non erano ancora spiritualmente maturi, affinché essi

ricomparissero in momenti più propizi alla loro trasmissione, nel caso dei bonpo ciò

accadde perlopiù a causa delle persecuzioni subite a più riprese in seguito alla diffusione

del Buddhismo. Nella religione Bon molti gter ston ( གཏེར་སྟོན་) cioè gli scopritori di testi
non furono uomini istruiti, ma contadini, cacciatori, pellegrini, commercianti e

viaggiatori.278

I gter ma possono essere occultati in luoghi naturali (sa gter/ ས་གཏེར་) ed anche nella

mente di maestri realizzati (dgongs gter/ དགོངས་གཏེར་). 279

Anche nel Bon il valore ad essi attribuito è elevatissimo, come testimonia l’inclusione nel

Canone (bka’ ’gyur/ བཀའ་འགྱུར་) 280


. Il Canone fu sistematizzato nel quindicesimo secolo in

སྡེ་
quattro sezioni (sde/ ),281 e in accordo al contenuto i gter ma sono spartiti tra queste:

278
Cfr. S.G. Karmay, The Treasury, p. xxxvi.
279
Cfr. D. Rossi, The Great Perfection, p. 31. Ad esempio lo gZi brjid fu trasmesso mediante visioni da un
maestro passato a uno vivente. Gyer mi Nyi ’od ( གྱེར་མི་ཉི་འོད་) (1108-?) è ritenuto il primo esponente di
questa tradizione: egli ricevette i precetti in una visione di Dran pa Nam mkha’ ( དྲན་པ་ནམ་མཁའ་) (VIII d.C.).

Allo stesso modo il Dri med passò da sTang chen dMu tsha Gyer med (སྟང་ཆེན་དམུ་ཚ་གྱེར་མེད་) (VIII d.C.) a

Blo ldan sNying po (བློ་ལྡན་སྙིང་པོ་) (1360-?). Cfr. S.G. Karmay, The Treasury, pp. xxxvii-xxxviii.

280
Cfr. P. Kværne, “The Canon of Tibetan Bonpos”; S.G. Karmay, “Introduction”, pp. 187-190.
281
Cfr. Idem, “Local Literatures: Bön”, p. 832.
113
1) mDo ( མདོ་), ovvero gli aforismi del Maestro; termine che i buddhisti 282
usano per

tradurre ̔sūtra̕.

2) ’Bum ( འབུམ་), “Centomila [Versi]”, ovvero i testi filosofici ispirati ai principi della
̔Prajñāpāramita̕.

3) rGyud ( རྒྱུད་), ̔tantra̕.

4) mDzod ( མཛོད་), ̔Tesoro̕ , traduzione buddhista di Abhidharma.


Quest’ultima categoria differisce totalmente tra Bon e Buddhismo, essendo costituita dai

testi dello rDzogs chen. Questa divisione è attribuita a gShen rab Mi bo che sul volgere

della sua esistenza terrena e annovera tutti gli insegnamenti dei sGo bzhi mdzod lnga e dei

Theg pa dgu.

282
“The development of Bon and Chos were parallel processes, and both bonpos and chos-pas were using the
same literary language within the same cultural sorroundings. It would be naïve to expect bonpo literature to
be totally different from Buddhist literature. On the contrary, it is rather remarkable that bonpo texts contain
so much comprehensible pre-Buddhist literature”; cfr. D.L. Snellgrove, The Nine Ways of Bon, p. 21.
Analogamente a ciò, sia per il Bon dei Nove Veicoli sia per il Bon delle Quattro Serie o Portali, più il Quinto,
detto il Tesoro, “the practices and doctrines described in these groups might with very little change serve
equally as a description of Tibetan Buddhism. Bon and Buddhism have pervaded one another completely, yet
each persists in denying the debt it owes to the other”; ivi, p. 19.
114
Bon sgo bzhi mdzod lnga (བོན་སྒོ་བཞི་མཛོད་ལྔ་): le Quattro Serie e la Quinta,

detta il Tesoro

Il Bon dei Nove Veicoli e il Bon delle Quattro Serie e la Quinta, detta il Tesoro, sono

simply two different ways of grouping the different types of Bon practice. 283

D’altra parte è stato già osservato che i nomi di queste quattro serie sono utilizzati anche

per designare i quattro tipi di tradizioni rituali dello sNang gshen theg pa dell’Universo

fenomenico. Nello Srid pa rgyud kyi kha byang ( སྲིད་པ་རྒྱུད་ཀྱི་ཁ་བྱང་), Il registro dei

lignaggi dell’esistenza, gter ma riscoperto nel 1310 da Khod po Blo gros Thogs med ( ཁོད་

པོ་བློ་གྲོས་ཐོགས་མེད་) (1280-?), emerge l’importanza di questi insegnamenti in una storia che


ha per protagonista il re Khri srong lDe’u btsan, che già sappiamo artefice di un’importante

persecuzione del Bon

il re era sdraiato nell’ambulacro del tempio quando ebbe la visione di una donna nera che

aveva i capelli spioventi color ferro, tre occhi e i canini digrignati, e vestiva un mantello di

piume di pavone. Ella gli disse: «Consegnami i testi basilari e i commenti delle mie

Quattro Serie del Bon più la Quinta, il Tesoro! Se non me li rendi e li trasformi o distruggi,

non avrai il tempo di diffondere falsi insegnamenti, perché farò finire la tua vita al

tramonto del sole! Da morto ti purificherai negli inferni». E scomparve nel nulla. Il re,

atterrito, iniziò a preoccuparsi.284

283
Cfr. D.L. Snellgrove, The Nine Ways of Bon, p. 19.
284
Cfr. Ch. Namkhai, Drung, pp. 82-83.
115
Dallo gZer mig si ricavano le definizioni e funzioni di questi Bon

1) dPon gsas (དཔོན་གསས་), ‘Maestro e Discepolo’; esso è il Bon dei precetti (lung) e degli

insegnamenti essenziali (man ngag); è denominato lung perché consiste di precetti sintetici

e brevi, che purificano il flusso della coscienza evitando le parole e concentrandosi sul

significato; essi sono stati inseriti in un volume aureo.285

Nel Legs bshad skal bzang mgrin rgyan ( ལེགས་བཤད་སྐལ་བཟང་མགྲིན་རྒྱན་) si legge che gli
insegnamenti del dPon gsas corrispondono allo rDzogs chen, e pertengono alla serie dei

Tantra (rgyud sde) delle Formule Segrete (gsang sngags) del Grande Veicolo (theg chen).

Poiché descrivono la visione del non sé, non è opportuno presentarli alle menti comuni e

inferiori; perciò sono considerati Tantra Interni. In linea di principio, essi sono la

quintessenza totale che supera ogni parola; in sostanza sono insegnamenti in cui la

contemplazione è il fulcro.286

Il Tantra radice del volume d’oro del dPon gsas è il ’Dul ba rgyud drug ( འདུལ་བ་རྒྱུད་དྲུག་),
Sei Tantra del Vinaya; seguendone la storia del lignaggio monastico, l’iniziatore della

regola fu gShen rab Mi bo che.287

La prima serie è formata da precetti e insegnamenti appartenenti al ciclo dello Zhang

zhung snyan brgyud e ad altra letteratura dello rDzogs chen; corrispondono al Nono

Veicolo.288

2) Chab nag ( ཆབ་ནག་), le Acque Nere; la seconda serie si fonda su una moltitudine di
precetti dettagliati accumulatisi per il beneficio degli esseri e ascrivibili a tre grandi fila: la

corrente esterna dei riti funerari; la corrente interna dei riti per la malattia e i riscatti; la
285
Cfr. D.L. Snellgrove, Nine Ways, p. 17; Ch. Namkhai, Drung, p. 84.
286
Cfr. Ch. Namkhai, The Light of Kailash I, p. 106.
287
Ivi, p. 97.
288
Cfr. D.L. Snellgrove, Nine ways, p. 18.
116
corrente mediana per i riti di diagnosi e i riti magici in generale. Il Bon del lignaggio/o

della continuità (rgyud) originario/a dell’esistenza (srid pa rgyud kyi bon) è stato inserito

in un volume di ferro. Esso corrisponde, secondo Snellgrove, ai veicoli primo, secondo,

quarto.289

3) ’Phen yul (འཕེན་ཡུལ་), il Bon dei centomila vasti insegnamenti (rgyas pa ’bum gyi bon/

རྒྱས་པ་འབུམ་གྱི་བོན་), perché contiene ampliamenti esplicativi e conclusioni concise,

inserito in un volume di rame; il ’Phen Yul è identico

in its essence, nature and appearance, to the extended, medium, and abridged version of the

Buddhist Prajñāpāramitā,290

ma la sua essenza è collegata ai riti di riscatto ed equo scambio della ’Gro shes glud gtong,

la scienza che indirizza i riscatti [terza scienza] 291. Esso corrisponde ai veicoli quinto e

sesto.292

4) Chab dkar (ཆབ་དཀར་), le Acque Bianche; il Bon delle Formule Nere (nag po

sngags/ ནག་པོ་སྔགས་), è detto bsNgags (བསྔགས་), perché consacra (bsngags) il significato


dei precetti. Esso racchiude il senso profondo delle meditazioni sulla fase di

sviluppo/emanazione, bsKyed rim, e quella di compimento/realizzazione, rDzogs rim, ed è

stato inserito in un volume d’argento. Contiene gli insegnamenti tantrici, corrispondendo,

secondo Snellgrove, ai veicoli settimo, ottavo ed anche al terzo in quanto i suoi riti si

ritrovano nel Tantra del Bon.293


289
Ibidem.
290
Cfr. Ch. Namkhai, The Light of Kailash I, p. 103.
291
Ibidem.
292
Cfr. D.L. Snellgrove, Nine Ways, p. 18.
293
Ibidem.
117
5) gTsang mtho thog ( གཙང་མཐོ་ཐོག་), la Pura Sommità; il Bon che tratta tutte e quattro le
serie e ne purifica il flusso di conoscenza, implicando la visione della non sostanzialità di

ogni fenomeno, comprendendo la natura illusoria dell’involucro esterno delle verità

relative, scorgendo la vacuità essenziale della manifestazione. Il Bon del Tesoro della Pura

Sommità che tutto racchiude (gtsang mtho thog spyi rgyug mdzod kyi bon/ གཙང་མཐོ་ཐོག་སྤྱི་

རྒྱུག་མཛོད་ཀྱི་བོན་), poichè si fonda su un’unica visione. Il suo contenuto è stato inserito in


un volume turchese.294

294
Cfr. Ch. Namkhai, The Light of Kailash I, pp. 106-107.
118
INTRODUZIONE AL MA RGYUD YE SHES THIG LE’I MCHAN GREL,

COMMENTO E NOTE AL TANTRA MATERNO:

ESSENZA DELLA SAGGEZZA PRIMORDIALE

Il Commento e note al Tantra Materno: Essenza della Saggezza Primordiale (Ma rgyud ye

shes thig le’i mchan ’grel, མ་རྒྱུད་ཡེ་ཤེས་ཐིག་ལེའི་མཆན་འགྲེལ།) è il primo scritto contenuto

nel Commento al Tantra Materno (Ma rgyud kyi ’grel ba’i skor/ མ་རྒྱུད་ཀྱི་འགྲེལ་བའི་སྐོར།),
undecimo dei diciassette volumi dell’opera omnia di Menri Yongdzin Lopon Tendzin

Namdak (sMan ri Yongs’dzin Slob dpon bsTan ’dzin rNam dag/ སྨན་རི་ཡོངས་འཛིན་སློབ་

དཔོན་བསྟན་འཛིན་རྣམ་དག་), massima autorità, tuttora vivente, nel campo dell’ermeneutica


dei testi sapienziali del Bon, intitolata The Collected Works of Menri Yongdzin Lopon

Tendzin Namdak (Triten Norbutse, Kāṭh’māṇḍū, 2006).

I principi soteriologici, escatologici, e metafisici del Ma rgyud esposti nell’opera si

rivelano inerenti alla matrice metafisica degli insegnamenti del Totale Perfezionamento

(rDzogs pa chen po/ རྫོགས་པ་ཆེན་པོ་).


A. Loseries-Leick, studiando il simbolismo rituale e artistico del Ma rgyud nel Bon sulla

scia dei precetti dello Yongs ’dzin, osserva che il Ma rgyud si fonda su un tipo di Base

(gZhi/ གཞི་), differente rispetto a quella degli altri Tantra: kun gzhi (ཀུན་གཞི་).
Nel Ma rgyud, kun gzhi non corrisponde all’uso del medesimo termine nella scuola

Yogācāra, bensì a quello utilizzato nello rDzogs chen.295 Nella scuola filosofica indiana la
295
Cfr. A. Loseries-Leick, “Symbolism in Bon Mother Tantra”, pp. 504-505.
119
denominazione kun gzhi (sancr. ālaya) è attribuita a uno degli otto tipi di coscienza

posseduti dagli esseri senzienti, rnam par shes pa ( རྣམ་པར་ཤེས་པ་/sancr. vijñāna); ove la

ālaya-vijñāna (kun gzhi rnam par shes pa/ ཀུན་གཞི་རྣམ་པར་ཤེས་པ་) o coscienza di base è

considerata il contenitore di tutte le tracce e impronte karmiche - bag chags ( བག་ཆགས་)


(sanscr. vāsanā) - e per tale ragione ritenuta impura; inoltre purificati gli impedimenti

karmici, si stima che essa scompaia del tutto.296

Nella visione bonpo del Totale Perfezionamento, kun gzhi è ricettacolo e fonte di ogni

fenomeno del ciclo di trasmigrazione e al contempo la base dello stato che supera la

sofferenza, ovvero Base sia del saṃsāra sia del nirvāṇa. Essa rappresenta la condizione

primordiale, da sempre pura (ka dag/ ཀ་དག་) e spontaneamente realizzata (lhun grub/ལྷུན་

གྲུབ་). D. Rossi osserva


It is important to note that the qualifications of the Basis are actually those of the

quintessential state of the individual, taken from a macrocosmic perspective. 297

La Base ha una capacità perfetta e spontanea di dispiegarsi in ogni sorta di manifestazione

(’byung rang ma ’gag pa/ བྱུང་རང་མ་འགག་པ་); dall’intendimento della propria Natura

Ultima dipende la percezione delle apparenze (snang ba/ སྣང་བ་) vale a dire come stato di
trasmigrazione o trascendente la sofferenza.

L’Illuminazione primordiale (ye sangs rgyas pa/ ཡེ་སངས་རྒྱས་པ་), ovvero la Condizione di

Kun tu bZang po (kun tu bzang po’i ngang/ ཀུན་ཏུ་བཟང་པོའི་ངང་), è il riconoscimento della


propria Natura nella sua essenza, che è pura e autorealizzata sin dall’origine.

296
Cfr. D. Rossi, The philosophical view, p. 53.
297
Ivi, p. 54.
120
L’illusione (’khrul pa/ འཁྲུལ་པ་) e la trasmigrazione derivano dalla mancanza di questo
riconoscimento; dall’ignoranza della via erronea in cui la mente inferiore (dman pa’i sems/

དམན་པའི་སེམས་) concepisce se stessa e il proprio contesto ambientale. 298

Rispetto a tali considerazioni in merito alla natura della Base conviene osservare subito

come Lopon Tenzin Namdak spieghi la relazione che intercorre tra la Base (gzhi/ གཞི་), la

Saggezza Primordiale (ye shes/ ཡེ་ཤེས་) e la coscienza (shes pa/ཤེས་པ་).

Trattando ye shes come un concetto, sorgono tre differenti designazioni (ltar btags pa/ ལྟར་

བཏགས་པ་) (Ma rgyud, p. 5, l. 10-11):

1) rang gi yul ( རང་གི་ཡུལ་): ilsoggetto, la coscienza;

2) rang rig ye shes ( རང་རིག་ཡེ་ཤེས་): la Saggezza Primordiale intrinsecamente

consapevole di sé;

3) ngo bo ( ངོ་བོ་): l’essenza.


L’oggetto dell’autoconsapevolezza straordinaria (rang rig thun mong ma yin pa’i yul can/

རང་རིག་ཐུན་མོང་མ་ཡིན་པའི་ཡུལ་ཅན་) non può essere che l’oggetto diretto (dngos yul/དངོས་

ཡུལ་) di nessun’altra forma di intelletto o stato mentale ordinario (blo/བློ་) che non sia rang

rig ye shes ( རང་རིག་ཡེ་ཤེས་) ovvero la Saggezza Primordiale intrinsecamente consapevole


di sé (Ma rgyud, p. 5, l. 13-15).

Acclarato che l’autoconsapevolezza straordinaria di sé è l’oggetto diretto di rang rig ye

shes, in conseguenza di ciò (tshul gyis/ ཚུལ་གྱིས་), la coscienza è realizzata (rtogs pa/རྟོགས་
298
Ibidem.
121
པ་) essere concretamente (dngos su/དངོས་སུ་) un’ unica essenza (ngo bo gcig/ངོ་བོ་གཅིག་)
con la Saggezza Primordiale (Ma rgyud, p. 5, l. 17-18).

Ne deriva che essendo la Base (gzhi) la Saggezza Primordiale, la Base deve essere (yin

dgos pa/ ཡིན་དགོས་པ་) anche la coscienza (shes pa) (Ma rgyud, p. 5, l. 19).

Essendo la coscienza una entità sostanziale (dngos po/ དངོས་པོ་), la maggior parte delle

scritture confuta il fatto che la Base corrisponda alla Vacuità (stong nyid/ སྟོང་ཉིད་), alla

Natura della Mente (sems nyid/ སེམས་ཉིད་), oppure alla Realtà (bon nyid/བོན་ཉིད་) (Ma
rgyud, p. 6, l. 1).

Tenzin Namdak ricorda a questo punto il significato di ye shes: ye ( ཡེ་) allude alla

dimensione del Bon nyid, la Realtà Assoluta o Ultima; shes ( ཤེས་) è il modo d’essere della

Totale Saggezza Primordiale (ye shes chen po/ ཡེ་ཤེས་ཆེན་པོ་) non appena si attribuisca un

senso (don/ དོན་) alla natura della mente con rig pa (རིག་པ་), la coscienza della Natura della

Mente (sems nyid rig pa/ སེམས་ཉིད་རིག་པ་) (Ma rgyud, p. 6, l. 3), su cui si tornerà più
avanti.

La Totale Saggezza Primordiale spontaneamente realizzata (lhun grub/ ལྷུན་གྲུབ་) della Base
è esaminata nella terza sezione (Ma rgyud, pp. 2 sgg.) dopo l’invocazione preliminare

(sngon ’gro klad don bstan pa/ སྔོན་འགྲོ་ཀླད་དོན་བསྟན་པ།), che assume il duplice valore di
introduzione metafisica al testo e di omaggio alle divinità, affinché esse concedano la

realizzazione dell’Unica Essenza (thig le/ ཐིག་ལེ་) della Saggezza Primordiale (Ma rgyud , p. 1).

122
Essa presenta sette differenti caratteristiche, ciascuna indagata nelle sue peculiarità

distintive:

1) La Saggezza Primordiale (ye shes/ ཡེ་ཤེས་) Autoriginata (rang ’byung yin pa/རང་

འབྱུང་ཡིན་པ་). La Totale Saggezza Primordiale della Base (gzhi yi ye shes chen po/

གཞི་ཡི་ཡེ་ཤེས་ཆེན་པོ་) non dipende (ma ltos pa/མ་ལྟོས་པ་) da alcun tipo di causa

(rgyu dang rkyen/ རྒྱུ་དང་རྐྱེན་), e costituisce la vera natura (rang bzhin/རང་བཞིན་)


dei fenomeni, poiché la sua naturale, costante condizione è intrinseca (rang chas su

gnas pa/ རང་ཆས་སུ་གནས་པ་) ad essi; da ciò consegue l’epiteto rang ’byung (རང་

འབྱུང་); l’origine intrinseca della sua manifestazione si dispiega

incondizionatamente rispetto alla concettualità e alla sfera dei desideri.

2) La Saggezza Primordiale Immacolata dalle impurità (dri ma med pa/ དྲི་མ་མེད་པ་).


Essa viene anche definita con l’epiteto ka dag, ̔Purezza Primordiale̕.

Non può essere afflitta dall’ignoranza dell’oscuramento delle afflizioni fenomeniche in

quanto natura del Thig le chen po ( ཐིག་ལེ་ཆེན་པོ་), lo stato Unico, indivisibile e totale che

caratterizza la Base della Natura della Mente (sems nyid kyi gzhi/ སེམས་ཉིད་ཀྱི་གཞི་).
3) La Saggezza Primordiale non contaminata dalle circostanze avventizie (glo bur

gyi rnam pas ma gos pa/ གློ་བུར་གྱི་རྣམ་པས་མ་གོས་པ་). Si sottolinea qui la natura della
Saggezza Primordiale della Base la quale non può, non potrà, e mai sin dall’origine

poté essere contaminata (ma gos pa/ མ་གོས་པ་) dai due tipi di contaminazioni

123
derivanti da ciò che è avventizio (glo bur/ གློ་བུར་), conoscibile per la mente

ordinaria (sems) e, in generale, dalle cause primarie e secondarie.

Nella natura non duale della Base non v’è una derivazione dalle leggi di causa ed

effetto; la Base è senza nascita e senza cessazione.

4) La Totale Saggezza Primordiale che esiste sin dall’origine (thog ma nyid nas

gnas pa/ ཐོག་མ་ཉིད་ནས་གནས་པ་). Si fa ricorso all’epiteto thog ma (ཐོག་མ་) di ye


shes per denotare che non si tratta di qualcosa che sorge, cessa, e risorge dopo

l’interruzione; esso indica che ye shes è di per se stessa al di là di ciò che è

conoscibile, al di là dei fenomeni per come essi appaiono all’intelletto ordinario.

5) La Saggezza Primordiale che neanche la profondità dei Buddha può creare

(sangs rgyas sgam ste ma mdzad pa/ སངས་རྒྱས་སྒམ་སྟེ་མ་མཛད་པ་). L’investigazione


della Saggezza Primordiale della Base non può essere compiuta attraverso i mezzi

della mente ordinaria (sems). Infatti, neanche ai Buddha è consentita la spiegazione

(bstan du med/ བསྟན་དུ་མེད་) di ye shes ad altre forme di intelletto. Inoltre essa non è
verbalizzabile (Ma rgyud, p. 4, l. 9-13); come recita lo sGra dbyangs tshangs pa’i

mdo ( སྒྲ་དབྱངས་ཙངས་པའི་མདོ་), il Sūtra del Puro Suono di Brahmā, citato

dall’autore (Ma rgyud, p. 4, l. 13-15), il senso (don) totale e definitivo consiste

nell’assenza di un soggetto e di un oggetto (yul dang yul can med/ ཡུལ་དང་ཡུལ་ཅན་

མེད་). Sin dall’origine (ye nas/ ཡེ་ནས་) non v’è nulla da investigare. Poiché la

Natura della Mente (sems nyid) non cade (ma lhung ba/ མ་ལྷུང་བ་) in parzialità e in

distinzioni (phyogs su/ ཕྱོགས་སུ་), l’intendimento di questa dimensione assoluta è

124
intrinseco all’Autoconsapevolezza (rang rig), la quale è insostanziale (dngos

med/ དངོས་མེད་) e risiede, immobile (ma yengs/མ་ཡེངས་) nello stato naturale della

mente (gnas lugs/ གནས་ལུགས་).


6) La Saggezza Primordiale che, anche se giudicata dagli esseri, resta inalterata

(sems can sgrin te ma bcos pa/ སེམས་ཅན་སྒྲིན་ཏེ་མ་བཅོས་པ་). Il vaglio, la

concettualità, la discorsività di qualunque essere non intacca, non altera, e non può

descrivere ye shes.

7) La Saggezza Primordiale la cui natura è la Vera Essenza (don dam pa’i rang

bzhin/ དོན་དམ་པའི་རང་བཞིན་). Si giunge con ciò al senso-essenza (don) di ye shes.


In merito alla definizione di ye shes (Ma rgyud, p. 4, l. 2 sgg.) ye (primordiale) rappresenta

la dimensione (dbyings/ དབྱིངས་) della Realtà Assoluta (bon sku/ བོན་སྐུ་), ovvero la

Condizione primordiale (ngang/ ངང་), mentre shes è la saggezza in quanto consapevolezza


(rig pa) della Natura della Mente (sems nyid), della Natura Ultima (rang bzhin).

La Condizione primordiale (ngang) e la Natura della Mente (sems nyid) risiedono nel Thig

le nyag gcig ( ཐིག་ལེ་ཉག་གཅིག་), l’Unica Essenza, al di là di unione e separazione (’bral

med/ འབྲལ་མེད་). La dimensione della Natura Ultima del Thig le è sangs rgyas (སངས་རྒྱས་),
la condizione della Buddhità, il Risveglio, che corrisponde al così detto frutto (’bras

bu/ འབྲས་བུ་) [alla pratica] della Saggezza Primordiale della Natura della Mente.
Per illustrare il senso profondo del Thig le Tenzin Namdak si avvale di una citazione dal

Sems nyid rdzogs chen gyis tshad ma gtan tshigs sgra don gtan la dbab pa ( སེམས་ཉིད་
125
རྫོགས་ཆེན་གྱིས་ཚད་མ་གཏན་ཚིགས་སྒྲ་དོན་གཏན་ལ་དབབ་པ་) 299
(Ma rgyud, p. 4, l. 7-9): nel

Totale Perfezionamento (rDzogs pa chen po), si fa esperienza (nyams su myong ba/ ཉམས་

སུ་མྱོང་བ་) del senso (don) che consiste nella Luminosità (’od gsal/ འོད་གསལ་), Auto-

Consapevolezza (rang rig) del Thig le chen po, ovvero la totale perfezione, la non corruzione

(ma ’dres pa/ མ་འདྲེས་པ་), e lo stato di equanimità (mnyam/ཉམས་) di ogni fenomeno (bon). Il

senso emerge senza sforzo (rtsol bral/ རྩོལ་བྲལ་), e senza concetti (mi rtog/མི་རྟོག་).

La Chiarezza (gsal ba, གསལ་བ་) riverbera la Primordiale Saggezza

dell’Autoconsapevolezza (rang rig pa’i ye shes/ རང་རིག་པའི་ཡེ་ཤེས་); mentre la Vacuità

(stong pa/ སྟོང་) rappresenta il modo d’essere, lo stato naturale e costante (gnas lugs/གནས་

ལུགས་) della Primordiale Saggezza Autoriginata (rang ’byung ye shes) [Ma rgyud, p. 10, l.
17: gsal cha ste rang rig pa’i ye shes dang/ stong cha ste gnas lugs rang ’byung ye

shes];300Chiarezza e Vacuità formano l’Unica Essenza [Ma rgyud, p. 11, l. 4-5: . de gnyis

ngo bo gcig tu gnas pa la thig le nyag gcig ces bya’o//].301

dPon-slob ’Phrin-las Nyi-ma ( དཔོན་སློབ་འཕྲིན་ལས་ཉི་མ་), come ricorda D. Rossi nel

commento al suo lTa ba seng ge sgra bsgrags ( ལྟ་བ་སེང་གེ་སྒྲ་བསྒྲགས་), La Visione che è


come il Ruggito del Leone, 302 afferma che nella visione dello rDzogs chen la Primordiale

299
Classificato nella categoria di “Philosophy and Logic”, in S.G. Karmay, A Catalogue of Bonpo
Pubblications, p. 102. Cfr. A.C. Klein, Tenzin Wangyal Rinpoche, Unbounded Wholeness. Dzogchen, Bon,
and the Logic of Nonconceptual.
300
གསལ་ཆ་སྟེ་རང་རིག་པའི་ཡེ་ཤེས་དང༌། སྟོང་ཆ་སྟེ་གནས་ལུགས་རང་འབྱུང་ཡེ་ཤེས་
301
དེ་གཉིས་ངོ་བོ་གཅིག་ཏུ་གནས་པ་ལ་ཐིག་ལེ་ཉག་གཅིག་ཅེས་བྱོ།ཱ །
302
Cfr. D. Rossi, The philosophical view, p. 61.
126
Saggezza Autoriginata (rang ’byung ye shes) è definita anche ̔la Chiara Luce che è il senso̕

(don gyi ’od gsal/ དོན་གྱི་འོད་གསལ་) མ་


ed è designata come ̔madre̕ (ma/ ); mentre il

riconoscimento della propria Natura Ultima è detto ̔la Chiara Luce che è l’esempio̕ ed è

definita ̔figlio̕ (bu/ ). བུ་


L’espressione thig le nyag gcig ricorre sovente nei testi della Totale Perfezione per

indicare lo stato di non dualità che caratterizza la Base (kun gzhi) o lo Stato della Mente

(sems nyid). Thig ( ཐིག་) denota la Primordiale Saggezza della Vacuità; le ( ), la ལེ་

dimensione della Chiarezza; nyag gcig ( ཉག་གཅིག་) la loro unificazione (gzung du ’jug pa/

གཟུང་དུ་འཇུག་པ་).

Thig indica l’assenza di nascita (skye ba med pa/ སྐྱེ་བ་མེད་པ་); le, l’assenza di interruzione

(’gag pa med pa/ འགག་པ་མེད་པ་), e nyag gcig l’assenza di nascita e cessazione (skye ’gag

gnyis med/ སྐྱེ་འགག་གཉིས་མེད་). Questo è il Corpo non duale della Realtà (gnyis med bon
sku/ གཉིས་མེད་བོན་སྐུ་), puro (ka dag) sin dall’origine. 303

Il significato di Thig le è anche quello di ̔punto̕ , ̔sfera̕ , e nel Tibet moderno, ̔zero̕ ; esso

allude alla potenzialità dello stato non duale e, come è implicito nella sfera, alla infinità,

all’assenza di limiti e confini, alla perfezione interna304.

Pertiene al termine anche un significato legato alle tecniche meditative e di visione.

Nel lTa ba seng ge sgra bsgrags si legge:

303
Ivi, p. 60, n. 180.
304
Ibidem.
127
If one wishes to realize the state of That, the Mind-itself,

(one) does not pursue conceptuality;

(one) does not follow the delusion (of) characterization.

With respect to the Mind, no effort is to be undertaken.

With respect to the contemplation which is not conceived,

(one) remains without concepts (and without following) feelings.

The unimagined great Thig le

is to be clearly hit by the unaltered state. 305

Nello stato di contemplazione (dgongs pa/ དགོངས་པ་), la Natura Ultima dell’individuo si


palesa spontaneamente nello spazio esterno sotto forma di sfere (thig le) le quali

are absolutely not created through the mind’s imagination. Visions of such kind can be

experienced by consummate meditators in daytime and at night as well, since they do not

depend on secondary sources such as sunlight etc. That is why it is said that thig le is

uncostrued and that it can only appear by remaining in the state of contemplation. 306

H. Guenther,307 in accordo al Byang chub tu sems skyod pa ( བྱང་ཆུབ་ཏུ་སེམས་སྐྱོད་པ་),

attribuito a ’Jam dpal bShen gnyen ( འཇམ་དཔལ་བཤེན་གཉེན་) (VIII-IX d.C.), nota come in
thig le nyag gcig, il le significhi totalità derivante da qualsiasi cosa; nyag alluda alla

profondità e sottigliezza; e gcig si riferisca alla continuità tra soggetto e oggetto.

S.G. Karmay osserva che nella tradizione rNying ma pa dello rDzogs chen, thig le è ̔senza

amplificazioni,̕ esso allude alla Base Primordiale, e le espressioni thig le nyag gcig e thig

305
Ivi, p. 217.
306
Ibidem, n. 2.
307
Cfr. H. Guenther, Wholeness lost and Wholeness Regained: Forgotten Tales of Individuation, fron Ancient
Tibet, pp. 2-3, 18, n. 10.
128
le chen po si equivalgono.308 Restando in contesto rNying ma, il thig le nyag gcig è chos

sku ( ཆོས་སྐུ་), il Corpo del Dharma. 309

Nel bSam gtan mig sgron ( བསམ་གཏན་མིག་སྒྲོན་), La luce degli occhi per la

contemplazione, che come ricordano Ch. Namkhai e A. Clemente, è testo basilare per

l’intendimento delle diverse tradizioni buddhiste esistenti in Tibet nel IX secolo d.C,

all’epoca della prima diffusione, poiché

è il primo testo sullo rdzogs chen scritto da un maestro tibetano e l’unico a trattare

esaurientemente e senza pregiudizi l’antica tradizione sTon mun [ སྟོན་མུན་], una

diramazione del ch’an cinese molto diffusa in Tibet a quell’epoca, 310

il grande maestro dello rDzogs chen gNubs chen Sangs rgyas Ye shes ( གནུབས་ཆེན་སངས་

རྒྱས་ཡེ་ཤེས་) (832-942 d.C.), introducendo l’insegnamento dell’atiyoga “l’apice di tutti gli


yoga e la madre di tutti i Buddha”, scrive

L’essenza di questo eccelso tesoro, progenitore universale di tutte le vie, è uno stato

spontaneo e naturale che bisogna percepire o riconoscere direttamente, in una pura

presenza, senza l’intervento della mente concettuale: deve rivelarsi chiaramente alla

propria pura presenza istantanea. Ma qual è il modo di accedere a questa conoscenza?

Nella via dello yoga supremo non esiste un oggetto di conoscenza basato sulle scritture da

dover analizzare con le proprie facoltà intellettive. Perché mai? Sin dall’origine la totalità

dell’esistenza, senza mai mutare il pelo né cambiare colore, è lo stato naturale

dell’illuminazione nella dimensione dell’unica sfera della saggezza autoriginata. Chi

potrebbe mai individuarvi qualcosa di concreto da esaminare? Chi potrebbe addurre

ragioni? A quale conclusione filosofica si potrebbe arrivare? E in base a quali mezzi

308
Cfr. S.G. Karmay, The Great Perfection, p. 118, n. 55.
309
Cfr. A.C. Klein, T. Wangyal, op. cit., p. 69, n. 38.
310
Cfr. Ch.Namkhai, A. Clemente, La Suprema Sorgente, p. 66, n. 7.
129
conoscitivi? La verità è che l’essenza di tutto, essendo inscindibile, non può proprio essere

concepita dalla mente.311

Tenzin Namdak preliminarmente all’identificazione (ngos bzung ba/ ངོས་བཟུང་བ་) del thig
le nyag gcig nota che la Chiarezza (gsal) è la Saggezza Primordiale intrinsecamente

consapevole di sé (rang rig pa’i ye shes), la quale, nel suo aspetto di Vacuità (stong

cha/ སྟོང་ཆ་), è la condizione naturale della Base, il modo d’essere fondamentale (gnas
lugs), ovvero la Saggezza Primordiale Autoriginata (Ma rgyud, p. 10, l. 17, vedi n. 301).

Esse costituiscono un’unica essenza (Ma rgyud, p. 11, l. 2, ngo bo gcig).

Quattro caratteristiche illustrano la natura del thig le nyag gcig (Ma rgyud, p. 12, l. 10-17):

thig le nyag gcig de ni ’dus ma byas yin te/ rtag pa yin pa’i phyir/ ’gyur ba

med pa yin te/ khyod la rgyu dang rkyen gyis bskyed pa med pa’i phyir/ g.yung drung gi sku yin

te/ rang la brten pa’i yon tan du ma’i rten gzhi byed cing rang gi ngo bo ’gyur ba med pa’i

phyir/ bde ba chen po yin te/ rang gi ngo bo la sdug kun gyis bsdus pa’i bon gyis bslad

pa med cing gnas lugs mthar thug yin pa’i phyir/

she bya thams cad rang gi gnas lugs thig le nyag gcig yin te/ spros pa’i

mtha’ dang bral ba’i phyir/312

311
Cfr. A.C. Klein, T. Wangyal, op. cit., p. 66.
312
ཐིག་ལེ་ཉག་གཅིག་དེ་ནི་འདུས་མ་བྱས་ཡིན་ཏེ། རྟག་པ་ཡིན་པའི་ཕྱིར། འགྱུར་བ་
མེད་པ་ཡིན་ཏེ། ཁྱོད་ལ་རྒྱུ་དང་རྐྱེན་གྱིས་བསྐྱེད་པ་མེད་པའི་ཕྱིར། གཡུང་དྲུང་གི་སྐུ་ཡིན་
ཏེ། རང་ལ་བརྟེན་པའི་ཡོན་ཏན་དུ་མའི་རྟེན་གཞི་བྱེད་ཅིང་རང་གི་ངོ་བོ་འགྱུར་བ་མེད་པའི་
ཕྱིར། བདེ་བ་ཆེན་པོ་ཡིན་ཏེ། རང་གི་ངོ་བོ་ལ་སྡུག་ཀུན་གྱིས་བསྡུས་པའི་བོན་གྱིས་བསླད་
པ་མེད་ཅིང་གནས་ལུགས་མཐར་ཐུག་ཡིན་པའི་ཕྱིར།
ཤེ་བྱ་ཐམས་ཅད་རང་གི་གནས་ལུགས་ཐིག་ལེ་ཉག་གཅིག་ཡིན་ཏེ།
སྤྲོས་པའི་ མཐའ་དང་བྲལ་བའི་ཕྱིར།
130
Il Thig le nyag gcig è incondizionato, perché è permanente.

Non muta, perché non è prodotto da cause e condizioni.

È una dimensione eterna, poichè è la base e la sorgente di molte eccellenti qualità che su di

esso si fondano; e perché la sua stessa essenza è immutabile.

È totale Beatitudine, dal momento che la sua essenza non è intaccata dalla accumulazione

del dolore; e [anche] perché è il Modo Assoluto dell’Essere.

Inoltre, poiché il Thig le nyag gcig è libero da ogni estremo, è lo stato d’essere

fondamentale di tutti i fenomeni conoscibili.

Il primo epiteto ascritto all’Unica Essenza è ’dus ma byas ( འདུས་མ་བྱས་), ̔incondizionata̕ ;


ciò indica la sua dimensione non composita, non creata, non causata; difatti essa è bskyed

pa med ( བསྐྱེད་པ་མེད་), non creata da alcuna causa e condizione (rgyu dang rkyen).

Semmai esso è rten gzhi ( རྟེན་གཞི་), supporto e fonte di qualità supreme, positive (yon tan/

ཡོན་ཏན་), grande gioia (bde ba chen po/བདེ་བ་ཆེན་པོ་) poichè la concentrazione (bsdus pa/
བསྡུས་པ་) della sofferenza (sdug/ སྡུག་) non ne corrompe (bslad pa med/ བསླད་པ་མེད་)

l’essenza (ngo bo). Libero (bral ba/ བྲལ་བ་) da qualsiasi limitazione legata all’elaborazione

concettuale (spros pa’i mtha’/ སྤྲོས་པའི་མཐའ་) il Thig le nyag gcig è la natura fondamentale,
lo stato basilare dell’essere (gnas lugs) di qualsiasi fenomeno che sia oggetto di

conoscenza (shes bya thams chad/ ཤེས་བྱ་ཐམས་ཆད་). La comprensione di rig pa prelude a


quella del Thig le nyag gcig.

131
Tenzin Namdak elabora una tripartizione di rig pa, peculiare al Ma rgyud313 (Ma rgyud, p.

8, l. 2-7):

khyab rig gzhi gsal stong zung ’jug kun la khyab ces pa’i gnas lugs

de la ’jog pa dang/ bsam rig ces sgom byed pa’i tshe gnas lugs rig pa dang/ ma

byas pa’i skabs mi mthong bar ’dod pa’i rig pa de dang/ ye rig ces sgom pa dang ma

sgom pa gang gi tshe na yang gzhi yi gnas lugs dang rang rig pa’i ye shes gnyis ’du

’bral med par ’dod pa’i rig pa dang gsal ba zhes pa sogs su smos pa de la ’dod

do//314

La Consapevolezza Onnipervadente, così definita in quanto è il Modo d’Essere che

pervade ovunque, è l’unione di Chiarezza e Vacuità, che è la Base.

La Consapevolezza Contemplativa, avverte il Modo d’Essere fondamentale qualora si

mediti; ma nel momento in cui ciò non accade è consapevolezza che non vede.

La Consapevolezza Primordiale la quale, che si mediti o non si mediti, è l’inseparabile

unità della Saggezza Primordiale intrinsecamente consapevole di sé e del Modo d’Essere

della Base; Essa è definita Consapevolezza e Chiarezza.

313
“Though these three are not, strictly speaking, a Dzogchen set of categories insofar they derive from the
Mother Tantra, they are used in Paṇḍita-style Bon Dzogchen instruction to clarify the question of what newly
arises in the course of Dzogchen practice”, cfr. A.C. Klein, T. Wangyal, op. cit., p. 105.
314
ཁྱབ་རིག་གཞི་གསལ་སྟོང་ཟུང་འཇུག་ཀུན་ལ་ཁྱབ་ཅེས་པའི་གནས་ལུགས་
དེ་ལ་འཇོག་པ་དང༌། བསམ་རིག་ཅེས་སྒོམ་བྱེད་པའི་ཚེ་གནས་ལུགས་རིག་པ་དང༌། མ་
བྱས་པའི་སྐབས་མི་མཐོང་བར་འདོད་པའི་རིག་པ་དེ་དང༌། ཡེ་རིག་ཅེས་སྒོམ་པ་དང་མ་
སྒོམ་པ་གང་གི་ཚེ་ན་ཡང་གཞི་ཡི་གནས་ལུགས་དང་རང་རིག་པའི་ཡེ་ཤེས་གཉིས་འདུ་
འབྲལ་མེད་པར་འདོད་པའི་རིག་པ་དང་གསལ་བ་ཞེས་པ་སོགས་སུ་སྨོས་པ་དེ་ལ་འདོད་
དོ།།

132
La presenza istantanea (rig pa/ རིག་པ་) è analizzata nella sua accezione tripartita:

1) Onnipervadente (khyab/ ཁྱབ་).


Essa riverbera lo stato fondamentale (gnas lugs) della Base, definita unione di

Chiarezza e Vacuità (gzhi gsal stong zung ’jug/ གཞི་གསལ་སྟོང་ཟུང་འཇུག་), natura

intrinseca di ogni manifestazione che irradia ovunque (kun la/ ཀུན་ལ་).

2) Contemplativa, in quanto intenta al pensiero (bsam/ བསམ་).

Unicamente durante la fase meditativa (sgom byed pa/ སྒོམ་བྱེད་པ་), tale tipo di rig

pa può afferrare lo stato basilare dell’essere; altrimenti non vede (mi mthong pa/ མི་

མཐོང་པ་). Essa è descritta da A.C. Klein e T. Wangyal


actually a consciousness, not an open awareness. 315

ཡེ་
3) Primordiale (ye/ ), descritta quale Consapevolezza e Chiarezza (rig pa dang

gsal ba/ རིག་པ་དང་གསལ་བ་).


Essa è la Saggezza Primordiale dell’Autoconsapevolezza consustanziale (lett. al di

là di unione e separazione, ’du bral med pa/ འདུ་འབྲལ་མེད་པ་) al Modo d’Essere

della Base (gzhi’i gnas lugs dang rang rig pa’i ye shes/ གཞི་ཡི་གནས་ལུགས་དང་རང་

རིག་པའི་ཡེ་ཤེས་). Nulla può essere aggiunto, e nulla sottratto allo stato di unione
indissolubile della Base. L’intendimento di ciò prelude a quello del thig le nyag

gcig, poiché in esso è superata la dicotomia fra la mente ordinaria concettuale

315
Cfr. A.C. Klein, T. Wangyal, op. cit., p. 106.
133
(sems/ སེམས་) e la Pura Natura della Mente (sems nyid/ སེམས་ཉིད་), nonché la

credenza egoica di esistenza e non esistenza analoga a quella che pone distinzioni

tra lo stadio di meditazione e quello postmeditativo (mnyam bzhag dang rjes

thob/མཉམ་བཞག་དང་རྗེས་ཐོབ་).

Emerge la condizione dell’Equanimità (mnyam pa’i ngang/ མཉམ་པའི་ངང་, Ma rgyud, p. 9,


l. 19), l’indivisibilità di quanto appena esposto (mnyam bzhag dang rjes thob dbyer

med/ མཉམ་བཞག་དང་རྗེས་ཐོབ་དབྱེར་མེད་); senza sforzo (rtsol med/རྩོལ་མེ); senza ego (nga

med/ ང་མེད་); senza concetto (rtog med/ རྟོག་མེད་); eterna (g.yung drung/ གཡུང་དྲུང་);

completamente perfetta sin dall’inizio (ye rdzogs/ ཡེ་རྫོགས་). Rivelatasi l’indissolubilità

ཡེ
della dimensione della Realtà Primordiale (ye/ ་) e della dimensione della Mente

(shes/ ཤེས་), il Thig le nyag gcig, Natura Ultima (rang bzhin/རང་བཞིན་) di ogni fenomeno,

risiede nell’inseparabile unione di Chiarezza (gsal ba/ གསལ་བ་) e Vacuità (stong pa/སྟོང་པ་).

134
Commento e note al Tantra Materno:

Essenza della Saggezza Primordiale,

(Ma rgyud ye shes thig le’i mchan ’grel/

མ་རྒྱུད་ཡེ་ཤེས་ཐིག་ལེའི་མཆན་འགྲེལ།),

traslitterazione e traduzione

sngon ’gro klad don bstan pa/


Introduzione preliminare
dngos gzhi’i gzhung don bstan pa/
Esposizione dei punti fondamentali
gzhi rang ’byung ye shes gtan la dbab pa/
Comprensione della Saggezza Primordiale Autoriginata [che
è] la Base
don thig le nyag gcig ngos bzung ba/
Riconoscimento dell’Unico Thig le [che è] il senso (finale)
yang dag khyad par gyi ru shan dbye ba/
Distinzione tra saṃsāra e nirvāṇa
gsal ba rang rig gis myong ba bstan pa/
Insegnamento dell’esperienza [meditativa] attraverso la
chiara autoconsapevolezza
mchog gi grub mtha’i rang gzhung ’chad pa/
Esposizione della filosofia suprema che emerge dai testi del
Ma rgyud
rjes bya ’jug don bstan pa/
Conclusioni

135
ma tā sa ntā dznyā na re tā sya ku la ḅri rta pa tha mo kṣha
Ma rgyud ye shes thig le’i mchan ’grel thar lam rab gsal
bhi a khya be dza ha ra/
zhes bya ba bzhugs so/

dznyā na pa rā kā sya na ṭa ke
ye shes ral gri’i zlob gar gyis/
ma nda a pā ne mi jā li ni/
rmongs blo drwa ba’i mu khyud bkral/

pu ste ka kā mā a rā ni nghā/
sde snod gter mdzod glegs bam ’chang/
bu rta mu kā dwā ra sā la nghi
rig grol sgo ’byed smar ba’i seng/

Commento e note al Tantra Materno, essenza della Saggezza


Primordiale,
il brillante Sentiero della Liberazione.

Recidendo la rete dell’ignoranza con la danza


della spada della Saggezza Primordiale,

Leone della parola, il tesoro degli insegnamenti custoditi


nelle scritture,
spalanca la porta dell’autoliberazione.

136
[1] sngon ’gro klad don bstan pa/

ye shes ral gri’i zlos gar gyis//

rmongs blo drwa pa’i mu khyud bkral//

sde snod gter mdzod glegs bam ’chang//

rig grol sgo ’byed smar ba’i seng//

yin lugs ma bcos spros bral kun tu bzang//

snang ba yon tan phun tshogs longs spyod rdzogs//

shar ba rol rtsal zad med sprul pa’i sku//

gzhi gnas sku gsum mchog la phyag ’tshal lo//

rang ’dra sngags kyi gzhung la mos pa dag//

ye shes thig le’i yin lugs rtogs pa’i ched//

rgyal gshen ’grel ba’i mchan bu nyung ’dus shig//

’god la mkha’ ’gro rgya mtshos gnang stsol//

137
Che l’oceano delle Ḍākinī (mKha’ ’gro) consenta di mettere
per iscritto note di commento agli insegnamenti del vittorioso
gShen, cosicché io e tutti coloro che come me sono ispirati
dalle scritture del mantrayāna possano realizzare la
condizione dell’Unica Saggezza Primordiale.

Leone della parola, il tesoro degli insegnamenti custoditi


nelle scritture spalanca le porte dell’autoliberazione
recidendo la rete dell’ignoranza con la danza della spada
della Saggezza Primordiale.

Rendo omaggio ai supremi Tre Corpi della Base Primordiale,


Kun tu bZang po [Dharmakāya], reale natura dell’esistenza,
inalterata e indifferenziata.
Longs spyod [Saṃbhogakāya] apparizione dalle qualità
perfezionate.
sPrul pa’i sku [Nirmāṇakāya], inesauribile energia manifesta.

138
[2] dngos gzhi’i gzhung don bstan pa/

de la ye shes chen po’i gzhi lhun grub bstan pa la lnga ste/ gzhi rang ’byung ye shes
gtan la dbab pa/ don thig le nyag gcig tu ngos bzung ba/ yang dag khyad par gyi ru
shan dbye ba/ gsal ba rang rig myong ba bstan pa/ mchog gi grub mtha’ rang gzhung
’chad pa’o//

gzhi rang ’byung ye shes gtan la dbab pa/

dang po gzhi ye shes chen po lhun grub tu gnas pa de la khyad bon bdun dang ldan pa
yin te/ rang ’byung yin pa/ dri ma med pa/ glo bur gyi rnam pas ma gos pa/ thog ma nyid
nas gnas pa/ sangs rgyas sgam ste ma mdzad pa/ sems can sgrin te ma bcos pa/ don
dam pa’i rang bzhin no//

dang po rang ’byung yin te/ gzhi yi ye shes chen po de rgyu dang rkyen gang la ma ltos
pa/shes bya’i rang bzhin du rang chas su gnas pas na rang ’byung ngo// ’byung zhes
gsar du byung ba la mi ’dod cing yod pa tsam la ngos bzung ngo//

gnyis pa dri mas ma gos te/ de lta bu’i ye shes thig le chen po de’i rang bzhin la
nyon mongs dang shes bya’i sgrib pa gang gis kyang gos pa med de/ gzhung gzhan rnams su
ka dag ces pa’i don dang ldan pa’o//

139
Esposizione dei punti fondamentali del trattato
Per quanto riguarda la Base Autoperfezionata della Saggezza Totale vi sono cinque
spiegazioni:
- Definizione della Saggezza Autoriginata Primordiale che la Base
- Riconoscimento dell’unico Thig le che è il senso assoluto
- Distinzione tra saṃsāra e nirvāṇa
- Spiegazione dell’esperienza meditativa tramite la chiara autoconsapevolezza
- Esposizione della filosofia suprema che emerge dai testi del Ma rgyud.
Definizione della Saggezza Autoriginata Primordiale che è la Base.
Per quanto riguarda la Saggezza Totale della Base, che risiede nello stato spontaneamente
perfezionato, [essa] è dotata di sette caratteristiche:
- è Autoriginata;
- [è] Immacolata;
- [è] Incontaminata dalle circostanze avventizie;
- [è] Esistente sin dall’origine;
- non può essere prodotta dalla saggezza dei Buddha;
- [è] Inalterata nonostante il vaglio degli esseri;
- [è] la Natura della realtà Ultima.
Primo, è Autoriginata: la Saggezza Totale della Base è indipendente da qualunque causa; è
Autoriginata poiché in quanto natura dei fenomeni è [ad essi] intrinseca. ’Byung [è] il
riconoscimento del suo manifestarsi, [ma] soltanto al di là del desiderio e della
concettualità.
Secondo, è Immacolata: tale [Saggezza Totale Primordiale] in quanto natura del Thig le
chen po è spoglia di qualsivoglia oscuramento [prodotto] delle afflizioni e dei fenomeni
conoscibili; [tale condizione] in altri testi viene indicata come Purezza Primordiale.

140
[3] gsum pa glo bur gyi rnam pas ma gos pa zhes gnas tshul gyi yod pa ma yin zhing
rgyu rkyen gzhan gyis byas pa’i sgrib pa gnyis te nyon mongs dang shes bya’i sgrib pa rnam pa
gnyis po gang rung gi gzhi la gos pa med de/ de rnams kyis gzhi de ma bslad pa’o//
bzhi pa ye shes chen po de thog ma nyid nas yod ches pa’i brda chad byas kyang shes bya
yod tsam nas de nyid yod pa’i don yin gyi thog ma zhes gsar du grub pa’i mtshams
’jog tu yod nas brjod pa min pa’i phyir/
lnga pa ye shes chen po de/ sgam po zhes sangs rgyas ji tsam mkhas kyang ye shes
chen po de la bcos bsgyur mi mdzad pa dang/ bcos ma’i bya ba gzhi de la mi ’jug pa’i
phyir na’o//
drug pa ni sems can sgrin po zhes ci tsam spyang grung ’dzom pa yin yang gzhi de la
bcos pa dang bsgyur ba mi nus pa’i phyir te/ gzhi de la bcos pa dang/ bslad pa bsgyur ba
gtan nas mi ’jug pa’i phyir ro//
bdun pa ni/ don dam pa’i rang bzhin zhes pa don ni rtogs bya yul gyi don dam
zhes rtogs bya mthar thug gnas lugs rang ’byung ye shes zhes pa de yin te/ khyod
rtogs pa mthar phyin pas bon sku ’grub pa’i phyir ro//
rtogs byed yul can btags pa ba’i don dam ni/ yul can thams cad kyi mchog
gam dam pa ni rang rig pa’i ye shes la ’jog ste/ de las gzhan pa’i yul can gyi
rigs kyis gzhi yi ye shes rtogs mi nus pa’i phyir te/ ’grel las/ gzhi’i ye shes blta ba la/
rang rig min pas mi mthong ba’i phyir/ zhes gsungs pa’i phyir/ rang rig pa’i ye shes de

141
Terzo, è Incontaminata dalle circostanze avventizie; la Base non è contaminata dai due tipi
di oscuramento relativi a ciò che è conoscibile e alle afflizioni; vale a dire, sia da ciò che è
causato dalle circostanze sia da ulteriori cause primarie e secondarie. Quelle non hanno
mai contaminato e mai contamineranno la Base.
Quarto, anche l’espressione «Saggezza Primordiale Totale che è sin dall’origine» [viene
utilizzata] perché thog ma indica ciò che è di per sè stesso al di là dei fenomeni conoscibili
e non perché è qualcosa che sorge di nuovo dopo essere cessato.
Quinto, se si usa sgam po [profondo] ciò è perché i Buddha, nonostante la profondità della
loro saggezza, non potranno [mai] alterare o trasformare la Saggezza Primordiale Totale; e
perché l’artificio non rientra nella Base.
Per quanto riguarda il sesto punto, vale a dire il vaglio degli esseri senzienti, si dice così
perché per quanto sottili possano essere le loro argomentazioni, esse non potranno mai
alterare e traformare la Base; e anche perché la Base non può essere assolutamente
penetrata dalla contaminazione, dalla trasformazione, o dall’artificio.
Per quanto riguarda il settimo punto, vale a dire la natura della Realtà Ultima, si dice così
perché, da un punto di vista relativo. ciò che dev’essere compreso (don), ovvero il senso, è
la «Realtà Ultima», mentre ciò che dev’essere realizzato a livello assoluto è la condizione
di questa Realtà Ultima, ovvero la Saggezza Primordiale Autoriginata; una volta raggiunta
la comprensione finale si ottiene il Bon sku [Dharmakāya].
La suprema e sacra Natura Ultima di tutti i soggetti il cui modo di conoscere è provvisorio
risiede nella Saggezza Primordiale intrinsecamente consapevole di sè; per questo, eccetto
essa, gli altri tipi di soggetto non sono in grado di capire la Saggezza Primordiale della
Base.

142
[4] yul can gyi dam pa yin te/ khyod la goms pa mthar phyin pas gzugs sku ’grub pa’i
phyir ro// ’grel las/ ye bya ba bon nyid khyi dbyings dang/ shes bya ba sems nyid kyi rig
pa gnyis po de/ ngang dang rang bzhin ’du ’bral med pa thig le nyag gcig tu gnas
so// zhes pa de’i bon nyid kyi dbyings de ngos ’dzin tshul mang du yod kyang/ sems kyi
rang bzhin ye shes kyi ’bras bu thob pa la sangs rgyas su ’dod de/ zhes pa’i sems kyi
rang bzhin de dang bon nyid kyi dbyings zhes pa de rnams/ gtan tshigs gal mdo rigs
pa’i tshad ma (118) las/ rdzogs pa chen pos bon thams cad mnyam la ma ’dres pa
yongs su rdzogs pa’i thigle chen po ’od gsal bar rang rig pa la rtsol ba gang du mi rtog
cing ma lhung pa’i don nyams su myong ba’o// zhes pa’i rang rig gis rtsol bral mi rtogs par
myang bya de ni/ sems nyid dngos po ma yin phyir/ zhes dgag bya bden grub kyi phyogs min
pa dang/ sangs rgyas nyid kyis kyang bstan du med ces rang rig ma yin pa’i blo gzhan dang
rjod byed kyi sgra rnams kyis yul du bzung nas brjod mi nus pa dang/ rtogs mi nus zhes
pa’i don yin no// sgra dbyangs tshangs pa’i mdo las /ma nor nges pa’i don chen ni/ ye
nas yul dang yul can med/ sems nyid phyogs su ma lhung ba/ rang rig nyid la dngos
med dang/ de las ma yengs gnas pa’o// zhes pa’i lung des yul gyi gnas lugs
dngos med phyogs bral yin pa dang/ yul can btags pa ba rang rig gis rang bab kyi
ngo bo myong ba’i tshul bstan pa’o//
de ltar myong ba’i tshul ni/ kun bzang bde ba’i lung las/ sems la bltas pas
de bzhin te/ mthong ba’i dngos po ci yang med/ gdod nas med pa’i snying po can/ de la

143
Quando si investiga, il concetto non si vede; e in virtù del fatto che il commentario dice
così, la Saggezza Primordiale consapevole di sé è l’aspetto puro del soggetto per te [il
praticante]; per questo motivo, essendo la meditazione liberazione, si realizza il
Nirmāṇakāya.
Il commentario dice che ye [Primordiale, ovvero la dimensione della realtà assoluta] e shes
[ovvero la saggezza, la consapevolezza della natura della mente] corrispondono alla
condizione primordiale e alla natura assoluta e risiedono nell’unico Thig le, al di là di
unione e separazione.
Rispetto a ciò, per quanto esistano molti modi di identificare la dimensione della natura
ultima di questo [Thig le] il frutto ottenuto dalla Saggezza Primordiale della Natura della
Mente viene considerato Buddhità.
La natura della mente e lo stato assoluto della mente [Bon sku/Dharmakāya]: nel testo
gTan tshigs nges pa’i gal mdo [per esteso Sems nyid rdzogs chen gyis tshad ma gtan tshigs
sgra don gtan la dbab pa] è scritto:
“Attraverso il totale perfezionamento si sperimenta il senso che non cade in alcuno sforzo e
non è concettualizzato rispetto alla grande consapevolezza del Thig le totale in cui tutti i
fenomeni sono equanimi, non corrotti, e totalmente perfezionati.”
Dal momento che la natura fondamentale del senso è insostanziale e imparziale,
l’autocoscienza del soggetto si illude di esperire l’essenza dello stato naturale.
Quando si investiga la Saggezza Primordiale della Base questa non si può vedere, perché
l’investigazione non è l’autoconsapevolezza; e si dice che anche gli stessi Buddha non la
possano spiegare a un altro tipo di intelletto che non sia l’autoconsapevolezza; e inoltre,
che non si possa esprimere a parole.
Il Sūtra del Puro Suono di Brahmā dice:
“Il senso totale, definitivo, e privo di errore è
l’assenza primordiale di un soggetto e di un oggetto
La Natura della Mente non cade nella parzialità;
e che la totale autocosapevolezza di ciascuno
non ha sostanza e risiede immobile nella condizione
della Dharmatā”
Il Tantra del Beato Samantabhadra dice:
“Quando si osserva la mente è così:[come è].
Non esiste nessuna sostanza concreta che possa essere vista.
Tale condizione è dotata sin dall’origine di un’essenza vuota.

144
[5] ngang gis ’dris par bya/ zhes pas bstan/ lung ’di rnams kyi tshig zin la med ces pa
dang/ sangs rgyas nyid kyis kyang bstan du ma btub ces dang/ mthong ba’i dngos po ci
yang med ces pa rnams kyi don/ rang rig ma yin pa’i blo rig gi yul du med pa dang/
sangs rgyas nyid kyis ji ltar gzigs pa ltar gdul bya’i rang rig ma yin pa’i blo yul du
bstan du med ces pa la go dgos so//
ji ltar bshad pa’i gzhi’i ye shes sam rang ’byung ye shes de nyid dgag bya gzhan
snang du snang ba ltar grub pas stong pa dang mi ’jig pa’i bon yin pas rtag pa yin pa dang/
dgag bya’i rnam pa bcad cha dang ldan pa yin pa dan bon thams cad kyi gnas lugs
mthar thug grub tu cing cha shas du ma’i bdag nyid can yin pas cha bcas yin no// gzhi
’di la rang ’byung gi go don sngar bshad cing ye shes zhes brjod pa’i don ni/ rang gi yul
can rang rig ye shes dang ngo bo tha dad med pas na ye shes zhes btags pa yin pas de la
de ltar btags pa’i bon gsum tshang ngo//
dang po de ltar btags pa’i dgos pa ni/ rang gi thun mong ma yin pa’i yul can
rang rig ye shes las gzhan pa’i blo gang gi dngos yul du ma gyur pa shes pas ched du
yin pa’i phyir//
gnyis pa ’dogs pa’i rgyu mtshan yod de/ rang gi thun mong ma yin pa’i yul can
rang rig ye shes kyi dngos yul yin pa dang/ de dang ngo bo gcig pa’i tshul gyis dngos
su rtogs pa’i phyir/
gsum pa gnod byed yod de/ gzhi de ye shes yin na shes pa yin dgos pa dang/

145
Ciò diviene spontaneamente familiare attraverso la
contemplazione [della Condizione Primordiale]. Così è
spiegato.
Per questi Tantra il significato di tutto ciò è che il senso non può essere catturato dalle
parole; che persino gli stessi Buddha non possono spiegarlo; che non esiste alcuna sostanza
che possa essere vista; che non è oggetto dell’intelletto; che non è l’autoconsapevolezza
(ossia la conoscenza di colui che percepisce), che allo stesso modo in cui i Buddha
contemplano, bisogna capire che non può essere spiegato come un oggetto della mente
intellettiva, e che non è l’autoconsapevolezza di coloro che devono essere domati [i
discepoli].
In termini di logica filosofica (grub pas), quando la Saggezza Primordiale della Base,
ovvero la Saggezza Primordiale Autoriginata spiegata precedentemente, viene presentata
attraverso altri modi di vedere, essa è considerata eternalismo, dal momento che è un
fenomeno (bon) sia vacuo (stong) sia imperituro (mi jig); tuttavia, essa cade anche
nell’ambito del nichilismo [quando viene esaminata dal punto di vista] di ciò che
dev’essere confutato. Inoltre, è divisibile dal momento che rappresenta la vera
caratteristica dei vari aspetti fenomenici.
Rispetto alla Base il significato di rang ’byung è stato precedentemente spiegato; mentre
per quanto riguarda l’espressione ye shes, sebbene siano inseparabili il soggetto, la
Saggezza Primordiale e l’essenza, la Saggezza Primordiale è trattata come un concetto; per
questo motivo, analogamente, esistono tre differenti designazioni: rang gi yul (soggetto,
coscienza); rang rig ye shes (Saggezza Primordiale Autoconsapevole); e ngo bo (essenza).
In primo luogo, la necessità della designazione deriva dal fatto che la coscienza
straordinaria di sé stessi non va intesa come un oggetto diretto di un qualsiasi altro stato
mentale che non sia la Saggezza Primordiale intrinsecamente consapevole di sè.
In secondo luogo, la ragione del designare risiede nel fatto che la coscienza straordinaria di
sé stessi è l’oggetto diretto della Saggezza Primordiale che si autoconosce, e che sulla base
di ciò, è concretamente realizzata nella stessa natura di quella.
Per quanto riguarda il terzo punto, la confutazione, se la Base è la Saggezza Primordiale,
deve necessariamente corrispondere alla coscienza .

146
[6] de yin na dngos po yin dgos pas gzhi de stong nyid dang/ sems nyid dang bon nyid yin
par sgrub pa’i lung rig thams cad kyis gnod pa’i phyir/ ye bya ba bon nyid kyi dbyings
dang/ shes bya ba sems nyid kyi rig pa gnyis po de zhes pa sems nyid kyi don gang du
bshad ma thag gi ye shes chen po’i yin tshul bshad pa ltar yin la/ rig pa ni de ltar ye
shes chen po dngos su rtogs pa’i rig pa de la brjod cing/ de ltar rig pa de phar phyin
pas ’dod pa’i blo rig gang yin zhe na/ des ’dod pa’i blo rig la rtog pa dang rtog med
gnyis las/ rtog pa ma yin te/ rtog pa rang yul la cha shas phye nas ’jug pa’i blo yin
la/ rig pa’di ni rang yul la cha shas su ma phye bar ’jug pa’i rig pa zhig la ’jog
rtog med kyi shes pa la yang ’khrul pa dang ma ’khrul pa gnyis las ’khrul pa ma yin te/
’di gnas lugs rtogs pa’i mngon sum gyi myong rig yin pa’i phyir/ ma ’khrul pa la
yang mngon sum dang bcad shes gnyis su yod cing/ bcad shes la sngar rtogs zin byed
pa ma nyams pa’i rigs la sgro ’dogs dang ’gal bar ’jug pa’i rig pa la ’jog pas
’di der ’jog mi nus te/ khyod yin pa’i tshad ma yang yod pa’i phyir/ mngon sum la
dbang po mngon sum/ yid kyi mngon sum/ rang rig mngon sum/ rnal ’byor mngon
sum dang bzhi yod pas/ mig dang rna ba sna lce lus dang yid bcas re re nas gnas
lugs rtogs pa’i rig pa ’jog rgyu med cing yid mngon yang min te/ rang ’dren byed
dbang shes med cing/ ting ’dzin yang med pa’i rig pa yod pa’i phyir/ rang rig mngon
sum ni/ rang gi shes pa snang stobs kyis rig pa zhig la ’jog cing/ de yang rang gi
dngos yul shes pa yin dgos pas so//

147
E se è questa, essendo la coscienza (shes pa) un’entità sostanziale, tutte le scritture nonché
la logica confutano che la Base possa corrispondere alla Vacuità, alla Natura della Mente,
alla Dharmatā.
Il cosiddetto ye allude alla dimensione della Dharmatā; shes è definito come il modo
d’essere della saggezza totale non appena si attribuisca qualunque senso alla Natura della
Mente con ciò che viene definito rig pa, ovvero la coscienza della Natura della Mente.
Allo stesso modo rig pa viene definita sia come perfezione trascendente sia come mente
condizionata dal desiderio.
Vi sono due aspetti: che ha comprensione o il capirlo come mente concettuale, che non la
ha; non ha comprensione quando frammentando in varie parti il proprio oggetto viene detta
“mente che crea” (dividendo le parti nell’oggetto della comprensione, è la mente che crea).
Questo tipo di rig pa è la coscienza che è priva di comprensione, e che non è in grado di
capire la consapevolezza che crea senza caratterizzare gli oggetti all’interno di sé.
Invece, quando si parla della divisione fra illusione e non-illusione, rig pa rappresenta la
non-illusione, poiché questa è la consapevolezza esperienziale della reale comprensione
dello Stato Naturale.
La non-illusione viene a sua volta divisa in due aspetti: quello reale, di percezione diretta; e
quello indiretto per inferenza [ovvero il giudizio di percezione].
Per quanto riguarda il giudizio di percezione del riconoscimento, poiché esso si inserisce
fra la coscienza che crea il dubbio e il conflitto nei confronti di ciò che è precedentemente
incorrotto, non può comunque penetrare quest’ultimo.
Per quanto riguarda l’esperienza diretta esistono quattro tipi di percezione:
1) la percezione sensoriale diretta (dbang po mngon sum, indriyapratyakṣa, ovvietà,
evidenza sensoriale);
2) la percezione mentale (intellettiva) diretta (yid kyi mngon sum, mānasapratyakṣa)
[attraverso la autoconsapevolezza]
3) l’appercezione dell’intrinseca consapevolezza (rang rig mngon sum, svasaṃvedana
pratyakṣa), [la percezione diretta dello stato naturale];
4) la sapienza yogica, mistica.
Occhio e orecchio, naso e lingua, corpo e mente: da ciascuno la consapevolezza che
realizza lo Stato Naturale privo di causa. Non sorge causa rispetto alla consapevolezza che
realizza lo Stato Naturale derivante da ciascuno dei sensi e dell’intelletto.

148
APPENDICE316

མ་རྒྱུད་ཡེ་ཤེས་ཐིག་ལེའི་མཆན་འགྲེལ།

སྔོན་འགྲོ་ཀླད་དོན་བསྟན་པ།

དངོས་གཞིའི་གཞུང་དོན་བསྟན་པ།

གཞི་རང་འབྱུང་ཡེ་ཤེས་གཏན་ལ་དབབ་པ།

དོན་ཐིག་ལེ་ཉག་གཅིག་ངོས་བཟུང་བ།

ཡང་དག་ཁྱད་པར་གྱི་རུ་ཤན་དབྱེ་བ།

གསལ་བ་རང་རིག་གིས་མྱོང་བ་བསྟན་པ།

མཆོག་གི་གྲུབ་མཐའི་རང་གཞུང་འཆད་པ།

རྗེས་བྱ་འཇུག་དོན་བསྟན་པ།

316
La trascrizione del testo segue fedelmente l’edizione del 2006 tratta da il The Collected Works of Menri
Yongdzin Lopon Tendzin Namdak Rinpoche, vol. XI, pp. 1-6.
149
༄།མ ཏཱ ས ནྟཱ ཛྙཱ ན རེ ཏཿ སྱ ཀུ ལ བྲྀ རྟ པ ཐ མོ ཀྵ

༄།མ་རྒྱུད་ཡེ་ཤེས་ཐིག་ལེའི་མཆན་འགྲེལ་ཐར་ལམ་རབ་གསལ་

བྷི ཨ ཁྱ བེ ཛ ཧ ར།

ཞེས་བྱ་བ་བཞུགས་སོ།

ཛྙཱ ན པ རཱ ཀཿ སྱ ན ཊ ཀེ

ཡེ་ཤེས་རལ་གྲིའི་ཟློས་གར་གྱིས།

མ ནྡ ཨ པཱ ནེ མི ཇཱ ལི ནི།

རྨོངས་བློ་དྲ་ྭ བའི་མུ་ཁྱུད་བཀྲལ།

པུ སྟེ ཀ ཀཱ མཾ ཨ རཱ ནི ངྷཱ།

སྡེ་སྣོད་གཏེར་མཛོད་གླེགས་བམ་འཆང༌།

བི རྟ མུ ཀཱ དྭཱ ར སཱ ལ ངྷི

རིག་གྲོལ་སྒོ་འབྱེད་སྨྲ་བའི་སེང༌

སྔོན་འགྲོ་ཀླད་དོན་བསྟན་པ།
150
ཡེ་ཤེས་རལ་གྲིའི་ཟློས་གར་གྱིས།།

རྨོངས་བློ་དྲ་ྭ བའི་མུ་ཁྱུད་བཀྲལ།།

སྟེ་སྣོད་གཏེར་མཛོད་གླེགས་བམ་འཆང༌།།

རིག་གྲོལ་སྒོ་འབྱེད་སྨྲ་བའི་སེང༌།།

ཡིན་ལུགས་མ་བཅོས་སྤྲོས་བྲལ་ཀུན་ཏུ་བཟང༌།།

སྣང་བ་ཡོན་ཏན་ཕུན་ཚོགས་ལོངས་སྤྱོད་རྫོགས།།

ཤར་བ་རོལ་རྩལ་ཟད་མེད་སྤྲུལ་པའི་སྐུ།།

གཞི་གནས་སྐུ་གསུམ་མཆོག་ལ་ཕྱག་འཚལ་ལོ།།

རང་འདྲ་སྔགས་ཀྱི་གཞུང་ལ་མོས་པ་དག།

ཡེ་ཤེས་ཐིག་ལེའི་ཡིན་ལུགས་རྟོགས་པའི་ཆེད།།

རྒྱལ་གཤེན་འགྲེལ་བའི་མཆན་བུ་ཉུང་འདུས་ཤིག།

འགོད་ལ་མཁའ་འགྲོ་རྒྱ་མཚོས་གནང་སྩོལ།།

151
དངོས་གཞིའི་གཞུང་དོན་བསྟན་པ།
དེ་ལ་ཡེ་ཤེས་ཆེན་པོའི་གཞི་ལྷུན་གྲུབ་བསྟན་པ་ལ་ལྔ་སྟེ། གཞི་རང་འབྱུང་ཡེ་ཤེས་
གཏན་ལ་དབབ་པ། དོན་ཐིག་ལེ་ཉག་གཅིག་ཏུ་ངོས་བཟུང་བ། ཡང་དག་ཁྱད་པར་གྱི་རུ་
ཤན་དབྱེ་བ། གསལ་བ་རང་རིག་མྱོང་བ་བསྟན་པ། མཆོག་གི་གྲུབ་མཐའ་རང་གཞུང་
འཆད་པའོ།།
གཞི་རང་འབྱུང་ཡེ་ཤེས་གཏན་ལ་དབབ་པ།
དང་པོ་གཞི་ཡེ་ཤེས་ཆེན་པོ་ལྷུན་གྲུབ་ཏུ་གནས་པ་དེ་ལ་ཁྱད་བོན་བདུན་དང་ལྡན་པ་
ཡིན་ཏེ། རང་འབྱུང་ཡིན་པ། དྲི་མ་མེད་པ། གློ་བུར་གྱི་རྣམ་པས་མ་གོས་པ། ཐོག་མ་ཉིད་
ནས་གནས་པ། སངས་རྒྱས་སྒམ་སྟེ་མ་མཛད་པ། སེམས་ཅན་སྒྲིན་ཏེ་མ་བཅོས་པ། དོན་
དམ་པའི་རང་བཞིན་ནོ།།
དང་པོ་རང་འབྱུང་ཡིན་ཏེ། གཞི་ཡི་ཡེ་ཤེས་ཆེན་པོ་དེ་རྒྱུ་དང་རྐྱེན་གང་ལ་མ་ལྟོས་
པ། ཤེས་བྱའི་རང་བཞིན་དུ་རང་ཆས་སུ་གནས་པས་ན་རང་འབྱུང་ངོ༌།། འབྱུང་ཞེས་
གསར་དུ་བྱུང་བ་ལ་མི་འདོད་ཅིང་ཡོད་པ་ཙམ་ལ་ངོས་བཟུང་ངོ༌།།
གཉིས་པ་དྲི་མས་མ་གོས་ཏེ། དེ་ལྟ་བུའི་ཡེ་ཤེས་ཐིག་ལེ་ཆེན་པོ་དེའི་རང་བཞིན་ལ་
ཉོན་མོངས་དང་ཤེས་བྱའི་སྒྲིབ་པ་གང་གིས་ཀྱང་གོས་པ་མེད་དེ། གཞུང་གཞན་རྣམས་སུ་
ཀ་དག་ཅེས་པའི་དོན་དང་ལྡན་པའོ།།

152
གསུམ་པ་གློ་བུར་གྱི་རྣམ་པས་མ་གོས་པ་ཞེས་གནས་ཚུལ་གྱི་ཡོད་པ་མ་ཡིན་ཞིང་
རྒྱུ་རྐྱེན་གཞན་གྱིས་བྱས་པའི་སྒྲིབ་པ་གཉིས་ཏེ་ཉོན་མོངས་དང་ཤེས་བྱའི་སྒྲིབ་པ་རྣམ་པ་
གཉིས་པོ་གང་རུང་གི་གཞི་ལ་གོས་པ་མེད་དེ། དེ་རྣམས་ཀྱིས་གཞི་དེ་མ་བསླད་པའོ།།
བཞི་པ་ཡེ་ཤེས་ཆེན་པོ་དེ་ཐོག་མ་ཉིད་ནས་ཡོད་ཆེས་པའི་བརྡ་ཆད་བྱས་ཀྱང་ཤེས་བྱ་
ཡོད་ཙམ་ནས་དེ་ཉིད་ཡོད་པའི་དོན་ཡིན་གྱི་ཐོག་མ་ཞེས་གསར་དུ་གྲུབ་པའི་མཚམས་འཇོག་
ཏུ་ཡོད་ནས་བརྗོད་པ་མིན་པའི་ཕྱིར།
ལྔ་པ་ཡེ་ཤེས་ཆེན་པོ་དེ། སྒམ་པོ་ཞེས་སངས་རྒྱས་ཇི་ཙམ་མཁས་ཀྱང་ཡེ་ཤེས་
ཆེན་པོ་དེ་ལ་བཅོས་བསྒྱུར་མི་མཛད་པ་དང༌། བཅོས་མའི་བྱ་བ་གཞི་དེ་ལ་མི་འཇུག་པའི་
ཕྱིར་ནའོ།། དྲུག་པ་ནི་སེམས་ཅན་སྒྲིན་པོ་ཞེས་ཅི་ཙམ་སྤྱང་གྲུང་འཛོམ་པ་ཡིན་ཡང་གཞི་དེ་ལ་
བཅོས་པ་དང་བསྒྱུར་བ་མི་ནུས་པའི་ཕྱིར་ཏེ། གཞི་དེ་ལ་བཅོས་པ་དང༌། བསླད་པ་བསྒྱུར་བ་
གཏན་ནས་མི་འཇུག་པའི་ཕྱིར་རོ།།
བདུན་པ་ནི། དོན་དམ་པའི་རང་བཞིན་ཞེས་པ་དོན་ནི་རྟོགས་བྱ་ཡུལ་གྱི་དོན་དམ་
ཞེས་རྟོགས་བྱ་མཐར་ཐུག་གནས་ལུགས་རང་འབྱུང་ཡེ་ཤེས་ཞེས་པ་དེ་ཡིན་ཏེ། ཁྱོད་
རྟོགས་པ་མཐར་ཕྱིན་པས་བོན་སྐུ་འགྲུབ་པའི་ཕྱིར་རོ།།
རྟོགས་བྱེད་ཡུལ་ཅན་བྟགས་པ་བའི་དོན་དམ་ནི། ཡུལ་ཅན་ཐམས་ཅད་ཀྱི་མཆོག་
གམ་དམ་པ་ནི་རང་རིག་པའི་ཡེ་ཤེས་ལ་འཇོག་སྟེ། དེ་ལས་གཞན་པའི་ཡུལ་ཅན་གྱི་རིགས་
ཀྱིས་གཞི་ཡི་ཡེ་ཤེས་རྟོགས་མི་ནུས་པའི་ཕྱིར་ཏེ། འགྲེལ་ལས། གཞིའི་ཡེ་ཤེས་བལྟ་བ་ལ།
རང་རིག་མིན་པས་མི་མཐོང་བའི་ཕྱིར། ཞེས་གསུངས་པའི་ཕྱིར། རང་རིག་པའི་ཡེ་ཤེས་དེ་

153
ཡུལ་ཅན་གྱི་དམ་པ་ཡིན་ཏེ། ཁྱོད་ལ་གོམས་པ་མཐར་ཕྱིན་པས་གཟུགས་སྐུ་འགྲུབ་པའི་ཕྱིར་རོ།།
འགྲེལ་ལས། ཡེ་བྱ་བ་བོན་ཉིད་ཁྱི་དབྱིངས་དང༌། ཤེས་བྱ་བ་སེམས་ཉིད་ཀྱི་རིག་པ་གཉིས་པོ་དེ།
ངང་དང་རང་བཞིན་འདུ་འབྲལ་མེད་པ་ཐིག་ལེ་ཉག་གཅིག་ཏུ་གནས་སོ།
ཞེས་པ་དེའི་བོན་ཉིད་ཀྱི་དབྱིངས་དེ་ངོས་འཛིན་ཚུལ་མང་དུ་ཡོད་ཀྱང༌། སེམས་ཀྱི་
རང་བཞིན་ཡེ་ཤེས་ཀྱི་འབྲས་བུ་ཐོབ་པ་ལ་སངས་རྒྱས་སུ་འདོད་དེ། ཞེས་པའི་སེམས་ཀྱི་
རང་བཞིན་དེ་དང་བོན་ཉིད་ཀྱི་དབྱིངས་ཞེས་པ་དེ་རྣམས། གཏན་ཚིགས་གལ་མདོ་རིགས་
པའི་ཚད་མ་༼༡༡༨༽ལས། རྫོགས་པ་ཆེན་པོས་བོན་ཐམས་ཅད་མཉམ་ལ་མ་འདྲེས་པ་
ཡོངས་སུ་རྫོགས་པའི་ཐིག་ལེ་ཆེན་པོ་འོད་གསལ་བར་རང་རིག་པ་ལ་རྩོལ་བ་གང་དུ་མི་རྟོག་
ཅིང་མ་ལྷུང་པའི་དོན་ཉམས་སུ་མྱོང་བའོ།། ཞེས་པའི་རང་རིག་གིས་རྩོལ་བྲལ་མི་རྟོག་པར་མྱང་བྱ་དེ་ནི།
སེམས་ཉིད་དངོས་པོ་མ་ཡིན་ཕྱིར།
ཞེས་དགག་བྱ་བདེན་གྲུབ་ཀྱི་ཕྱོགས་མིན་པ་དང༌། སངས་རྒྱས་ཉིད་ཀྱིས་ཀྱང་བསྟན་དུ་མེད་ཅེས་རང་རིག་
མ་ཡིན་པའི་བློ་གཞན་དང་རྗོད་བྱེད་ཀྱི་སྒྲ་རྣམས་ཀྱིས་ཡུལ་དུ་བཟུང་ནས་བརྗོད་མི་ནུས་པ་དང༌། རྟོགས་
མི་ནུས་ཞེས་པའི་དོན་ཡིན་ནོ།། སྒྲ་དབྱངས་ཚངས་པའི་མདོ་ལས། མ་ནོར་ངེས་པའི་དོན་ཆེན་ནི།
ཡེ་ནས་ཡུལ་དང་ཡུལ་ཅན་མེད། སེམས་ཉིད་ཕྱོགས་སུ་མ་ལྷུང་བ། རང་རིག་ཉིད་ལ་དངོས་མེད་དང༌།
དེ་ལས་མ་ཡེངས་གནས་པའོ།། ཞེས་པའི་ལུང་དེས་ཡུལ་གྱི་གནས་ལུགས་དངོས་མེད་ཕྱོགས་བྲལ་ཡིན་པ་
དང༌། ཡུལ་ཅན་བཏགས་པ་བ་རང་རིག་གིས་རང་བབ་ཀྱི་ངོ་བོ་མྱོང་བའི་ཚུལ་བསྟན་པའོ།།
དེ་ལྟར་མྱོང་བའི་ཚུལ་ནི། ཀུན་བཟང་བདེ་བའི་ལུང་ལས། སེམས་ལ་བལྟས་པས་
དེ་བཞིན་ཏེ། མཐོང་བའི་དངོས་པོ་ཅི་ཡང་མེད། གདོད་ནས་མེད་པའི་སྙིང་པོ་ཅན།

154
དེ་ལ་ངང་གིས་འདྲིས་པར་བྱ། ཞེས་པས་བསྟན། ལུང་འདི་རྣམས་ཀྱི་ཚིག་ཟིན་ལ་མེད་ཅེས་པ་དང༌།
སངས་རྒྱས་ཉིད་ཀྱིས་ཀྱང་བསྟན་དུ་མ་བཏུབ་ཅེས་དང༌། མཐོང་བའི་དངོས་པོ་ཅི་ཡང་མེད་ཅེས་པ་རྣམས་
ཀྱི་དོན།
རང་རིག་མ་ཡིན་པའི་བློ་རིག་གི་ཡུལ་དུ་མེད་པ་དང༌།
སངས་རྒྱས་ཉིད་ཀྱིས་ཇི་ལྟར་གཟིགས་པ་ལྟར་གདུལ་བྱའི་རང་རིག་མ་ཡིན་པའི་བློ་ཡུལ་དུ་
བསྟན་དུ་མེད་ཅེས་པ་ལ་གོ་དགོས་སོ།།
ཇི་ལྟར་བཤད་པའི་གཞིའི་ཡེ་ཤེས་སམ་རང་འབྱུང་ཡེ་ཤེས་དེ་ཉིད་དགག་བྱ་གཞན་
སྣང་དུ་སྣང་བ་ལྟར་གྲུབ་པས་སྟོང་པ་དང་མི་འཇིག་པའི་བོན་ཡིན་པས་རྟག་པ་ཡིན་པ་དང༌།
དགག་བྱའི་རྣམ་པ་བཅད་ཆ་དང་ལྡན་པ་ཡིན་པ་དང༌། བོན་ཐམས་ཅད་ཀྱི་གནས་ལུགས་
མཐར་ཐུག་གྲུབ་ཏུ་ཅིང་ཆ་ཤས་དུ་མའི་བདག་ཉིད་ཅན་ཡིན་པས་ཆ་བཅས་ཡིན་ནོ།།
གཞི་འདི་ལ་རང་འབྱུང་གི་གོ་དོན་སྔར་བཤད་ཅིང་ཡེ་ཤེས་ཞེས་བརྗོད་པའི་དོན་ནི། རང་གི་ཡུལ་
ཅན་རང་རིག་ཡེ་ཤེས་དང་ངོ་བོ་ཐ་དད་མེད་པས་ན་ཡེ་ཤེས་ཞེས་བཏགས་པ་ཡིན་པས་དེ་ལ་
དེ་ལྟར་བཏགས་པའི་བོན་གསུམ་ཚང་ངོ༌།།
དང་པོ་དེ་ལྟར་བཏགས་པའི་དགོས་པ་ནི། རང་གི་ཐུན་མོང་མ་ཡིན་པའི་ཡུལ་ཅན་
རང་རིག་ཡེ་ཤེས་ལས་གཞན་པའི་བློ་གང་གི་དངོས་ཡུལ་དུ་མ་གྱུར་པ་ཤེས་པས་ཆེད་དུ་ཡིན་པའི་པྱིར།
གཉིས་པ་འདོགས་པའི་རྒྱུ་མཚན་ཡོད་དེ། རང་གི་ཐུན་མོང་མ་ཡིན་པའི་ཡུལ་ཅན
་རང་རིག་ཡེ་ཤེས་ཀྱི་དངོས་ཡུལ་ཡིན་པ་དང༌། དེ་དང་ངོ་བོ་གཅིག་པའི་ཚུལ་གྱིས་དངོས་སུ་
རྟོགས་པའི་ཕྱིར།
གསུམ་པ་གནོད་བྱེད་ཡོད་དེ། གཞི་དེ་ཡེ་ཤེས་ཡིན་ན་ཤེས་པ་ཡིན་དགོས་པ་དང༌།

155
དེ་ཡིན་ན་དངོས་པོ་ཡིན་དགོས་པས་གཞི་དེ་སྟོང་ཉིད་དང༌། སེམས་ཉིད་དང་བོན་ཉིད་ཡིན་
པར་སྒྲུབ་པའི་ལུང་རིག་ཐམས་ཅད་ཀྱིས་གནོད་པའི་ཕྱིར། ཡེ་བྱ་བ་བོན་ཉིད་ཀྱི་དབྱིངས་དང༌།
ཤེས་བྱ་བ་སེམས་ཉིད་ཀྱི་རིག་པ་གཉིས་པོ་དེ་ཞེས་པ་སེམས་ཉིད་ཀྱི་དོན་གང་དུ་བཤད་མ་ཐག་གི་ཡེ་ཤེས་
ཆེན་པོའི་
ཡིན་ཚུལ་བཤད་པ་ལྟར་ཡིན་ལ། རིག་པ་ནི་དེ་ལྟར་ཡེ་ཤེས་ཆེན་པོ་དངོས་སུ་རྟོགས་པའི་རིག་པ་དེ་ལ་
བརྗོད་ཅིང༌།
དེ་ལྟར་རིག་པ་དེ་ཕར་ཕྱིན་པས་འདོད་པའི་བློ་རིག་གང་ཡིན་ཞེ་ན།...དེས་འདོད་པའི་བློ་རིག་ལ་རྟོག་པ་
དང་རྟོག་མེད་གཉིས་ལས། རྟོག་པ་མ་ཡིན་ཏེ། རྟོག་པ་རང་ཡུལ་ལ་ཆ་ཤས་ཕྱེ་ནས་འཇུག་པའི་བློ་ཡིན་ལ།
རིག་པ་འདི་ནི་རང་ཡུལ་ལ་ཆ་ཤས་སུ་མ་ཕྱེ་བར་འཇུག་པའི་རིག་པ་ཞིག་ལ་འཇོག་
རྟོག་མེད་ཀྱི་ཤེས་པ་ལ་ཡང་འཁྲུལ་པ་དང་མ་འཁྲུལ་པ་གཉིས་ལས་འཁྲུལ་པ་མ་ཡིན་ཏེ།
འདི་གནས་ལུགས་རྟོགས་པའི་མངོན་སུམ་གྱི་མྱོང་རིག་ཡིན་པའི་ཕྱིར། མ་འཁྲུལ་པ་ལ་
ཡང་མངོན་སུམ་དང་བཅད་ཤེས་གཉིས་སུ་ཡོད་ཅིང༌། བཅད་ཤེས་ལ་སྔར་རྟོགས་ཟིན་བྱེད་
པ་མ་ཉམས་པའི་རིགས་ལ་སྒྲོ་འདོགས་དང་འགལ་བར་འཇུག་པའི་རིག་པ་ལ་འཇོག་པས་
འདི་དེར་འཇོག་མི་ནུས་ཏེ། ཁྱོད་ཡིན་པའི་ཚད་མ་ཡང་ཡོད་པའི་ཕྱིར། མངོན་སུམ་ལ་
དབང་པོ་མངོན་སུམ། ཡིད་ཀྱི་མངོན་སུམ། རང་རིག་མངོན་སུམ། རྣལ་འབྱོར་མངོན་
སུམ་དང་བཞི་ཡོད་པས། མིག་དང་རྣ་བ་སྣ་ལྕེ་ལུས་དང་ཡིད་བཅས་རེ་རེ་ནས་གནས་
ལུགས་རྟོགས་པའི་རིག་པ་འཇོག་རྒྱུ་མེད་ཅིང་ཡིད་མངོན་ཡང་མིན་ཏེ། རང་འདྲེན་བྱེད་
དབང་ཤེས་མེད་ཅིང༌། ཏིང་འཛིན་ཡང་མེད་པའི་རིག་པ་ཡོད་པའི་ཕྱིར། རང་རིག་མངོན་
སུམ་ནི། རང་གི་ཤེས་པ་སྣང་སྟོབས་ཀྱིས་རིག་པ་ཞིག་ལ་འཇོག་ཅིང༌། དེ་ཡང་རང་གི་
དངོས་ཡུལ་ཤེས་པ་ཡིན་དགོས་པས་སོ།།

156
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