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Tibet

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Il bon*
di Francesco Maniscalco

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Bon (bon) e buddhismo sono le due forme religiose organizzate del Tibet. Il
bon è considerato una tradizione distinta dal buddhismo sia dai suoi stessi
seguaci, i bonpo (bon po), sia dagli altri tibetani, sebbene sotto vari aspetti
esso sia correlato al buddhismo tibetano (Kværne, 2015: 831):

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1. per l’esistenza di monasteri ove monache e monaci conducono una vi-
ta di studio, meditazione e attività rituali;
2. per la presenza di un esteso corpo di scritture sacre ove è impiegata la
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stessa lingua tibetana letteraria usata dai buddhisti;
3. per l’utilizzo di una medesima estetica a esprimere la sua arte e icono-
grafia.
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Il bon ritiene maestro (ston pa) del presente eone cosmico sTon pa gShen
rab Mi bo che, riformatore e sistematico ordinatore del bon arcaico, vissu-
to secondo la tradizione prima di ‡åkyamuni agli inizi del secondo millen-
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nio a.C. e nato nel paese di ’Ol mo Lung ring (vedi p. 128) da dove secon-
do i bonpo i precetti e i riti si diffusero in molti paesi compreso il Tibet.
Stabilitosi in Tibet, il bon fiorì sino a essere parzialmente soppiantato dal
buddhismo a partire dall’ secolo d.C.
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Le scritture del bon si stima siano state tradotte in tibetano dalla lingua
dello Zhang Zhung prima dell’arrivo dei testi buddhisti in Tibet. Nono-
stante molti buddhisti reputino ciò un inganno, la ricerca ha evidenziato
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come un cospicuo numero di scritti buddhisti tibetani derivi da un adatta-


mento di testi del bon e non il contrario (Blondeau, 1971).
Sebbene l’esistenza del bon come forma religiosa organizzata e dotata di
una regola monastica non sia identificabile in Tibet prima del  secolo
d.C. (Karmay, 33, 1975; Stein, 74, 1985), è questa tradizione a essere de-
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nominata dai suoi aderenti “bon eterno” (g.yung drung bon),1 il quadro
* Per la traslitterazione dei termini tibetani il metodo adottato è quello di Turrell Verl
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Wylie (Wylie, 1959: 261-267). Per la trascrizione fonetica e la pronuncia si rinvia a Nam-
khai, 2005; Rossi, Dhondup, 2013: 1-4; Sanders, 2016: 5-10.
1 Nelle antiche iscrizioni g.yung drung è sovente usato avverbialmente, accompagnato
dalla particella du, g.yung drung du, con il senso di ‘sempre’, ‘permanentemente’; esso co-
stituisce anche parte di un epiteto del bon, ’phrul ngag g.yung drung bon ‘la parola magica,
112 Tibet

della situazione è molto più complesso, dal momento che i membri di un


importante gruppo di esperti dei riti del Tibet prebuddhista, legati alla
corte dei re tibetani, sono chiamati bonpo e gshen (vedi p. 125) nei testi di
entrambe le religioni (Orosz, 2003; Blezer, 15, 2008; Dotson, 128, 2008).

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Le loro pratiche religiose furono chiamate bon, “ma presero questo no-
me nella tradizione storiografica successiva e prevalentemente buddhista”
(Kværne, 2007: 59), sebbene gli studiosi siano fortemente divisi su questo

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tema e proprio Kværne affermi che “sia come sia, il loro sistema religioso fu
essenzialmente diverso non soltanto dal buddhismo, ma anche dalla tradi-
zione religiosa bon così come venne praticata nei secoli successivi” (Kvær-

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ne, 2007: 59). Tuttavia le loro tradizioni mitologiche e rituali per molti ri-
guardi paiono essersi perpetuate sino ai giorni nostri anche nella religione
popolare del Tibet e più in generale dell’area himalayana. Alcuni testi in ti-
betano preclassico descrivono miti e riti connessi al ruolo di questo anti-

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chissimo sacerdozio bon (Lalou, 240, 1952; Stein, 258, 1970; 1971); essi
contengono svariati elementi rintracciabili in testi posteriori; ciò nonostan-
te sembrerebbe esserci stata una frattura in tale continuità nel  secolo
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d.C., legata alla disintegrazione dell’impero tibetano (Kværne, 2015: 831;
Beckwith, 1987).
In ogni caso sia i bonpo sia i buddhisti concordano sul fatto che dopo
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l’ottenimento del patrocinio regale per il buddhismo, nell’ e nel  se-
colo, il bon subì una forte battuta di arresto; pur tuttavia nell’ secolo
comparve una forma religiosa strutturata e monastica definita bon di cui i
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bonpo sostengono l’ininterrotta continuità con la prima religione e questa


dichiarazione “indipendentemente dalla sua validità storica, è significativa
in se stessa” (Kværne, 2007: 59). La definizione, il contenuto e le funzioni
di questa antica religione sono state affrontate, in un monumentale articolo
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di vastissima erudizione del 1971, da Ariane Macdonald “che ribaltò le idee


dei tibetologi sulla religione prebuddhista del Tibet e, di colpo, la tradizio-
ne tibetana adottata dagli studiosi sino a quel termine” (Stein, 74, 1985:
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83). Macdonald analizza i manoscritti Pelliot 1286 e 1287, che costituisco-


no le cosiddette Cronache di Dunhuang (Bacot, Thomas, Toussaint, 1940;
mentre il Pelliot 1288 corrisponde agli Annali), il Pelliot 1038, che espone
varie teorie sull’origine del primo re, il 1290, collazione di testi per un ‘can-
to di gloria’, e infine il Pelliot 1047, lungo testo oracolare. Macdonald data
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il P. 1047 al 640 d.C. (contra Stein, 74, 1985: 85), durante il regno di Srong
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il bon eterno’; comunque “g.yung drung come epiteto del bon non sembra essere stato
mai usato prima del  secolo d.C., anche se l’esatto momento in cui esso entrò nell’uso
non può stabilirsi con certezza” (Karmay, 1975, 33: 172). Esso si ritrova in uno dei più an-
tichi documenti bonpo, lo mDzod phug, un gter ma, ‘tesoro’ testuale riscoperto nel 1017
d.C. dal maestro bonpo gShen chen Klu dga’ (996-1035) (Mimaki, Karmay, 2009: 1).
Il bon 113

btsan sGam po (627-649 d.C.), poiché il manoscritto inizia con un oracolo


celebrativo del potente ministro tibetano Khyung po sPung sad Zu tse, im-
plicato nella conquista dello Zhang Zhung (Beckwith, 1987: 20), di cui, se-
condo l’oracolo, era originario, negli ultimi anni di regno di Srong btsan

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sGam po; il testo aggiunge che la lingua straniera utilizzata per la mantica
delle corde divinatorie (Ju thig, vedi p. 152) era quella dello Zhang Zhung,
ma ciò resta da provare (Macdonald, 1971: 286; Stein, 74, 1985: 85). La

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studiosa francese pensa che la religione antica del Tibet chiamata gTsug o
gTsug lag fosse la sola religione praticata in Tibet all’epoca (Macdonald,
1971: 289-291, 309, 356). Essa si sarebbe fondata sulla concezione di gTsug

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‘Ordine dell’Universo’ (ivi: 353-354), di cui è suggerita l’analogia con il
principio cinese del Dao (ivi: 384), e avrebbe comportato aspetti politici e
amministrativi (ivi: 346), ma anche una “visione totale del mondo, dello
spazio e del tempo” (ivi: 378). Lo gTsug lag non fu “un amalgama di nozio-

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ni magico-religiose, anarchiche e disperse”, ma una religione caratterizzata
da “un sistema strutturato”, (ivi: 367) “elaborato a colpo sicuro prima del-
l’introduzione e della diffusione del buddhismo in Tibet” e codificato come
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“religione regale”, base teorica del potere monarchico, da Srong btsan
sGam po (ivi: 376-377). La studiosa si domanda se questa costituzione mo-
narchica dal tratto giuridico-amministrativo non risentisse di influenze stra-
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niere, pensando alla Cina, o non si ispirasse quantomeno a nozioni comuni
tra le due culture (ivi: 384-85). I re sono considerati figli degli dèi (lHa o
Phywa) e il loro antenato divino (gNya’ khri bTsan po) discese dal cielo,
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fondò lo gTsug e regnò in sua funzione; agli inizi, in un’antica età felice, gli
dèi e gli esseri umani non erano separati e i re, pur essendo umani, ascende-
vano al cielo. Gli dèi lHa o Phywa stabilirono lo gTsug e furono associati al-
le montagne sacre a loro volta divinità protettrici del monarca (sku bla) (ivi:
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352-353). Per quanto riguarda il bon Macdonald conclude che “nel P.


1047, il termine bon non si applica né a una religione, né a un insieme di
credenze, ma a delle tecniche magico-religiose e agli esecutori di tali tecni-
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che” (ivi: 292, n. 375), ma ammette che bon e bonpo sono componenti “del-
la religione dello gTsug lag” (ivi: 376). Conseguentemente i rituali funerari
e le idee sull’aldilà sono legate allo gTsug, non al bon (ivi: 357). Anne Marie
Blondeau (1987: 265-271), Hugh E. Richardson (1978: 147) e Géza Uray
(1979: 298), sulla scia di Macdonald, sostengono la divergenza tra l’antica
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religione prebuddhista e la religione bon, sebbene Uray riconosca che “una


considerevole parte di quest’ultima si originò dall’antica religione” (ibi-
dem); inoltre Uray condivide la storicità degli eventi raccontati per determi-
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nare la cronologia del manoscritto 1047, ma non la datazione dello stesso,


coeva agli avvenimenti, proposta da Macdonald (Uray, 26, 1972: 40). An-
che David Llewellyn Snellgrove aderisce alla linea della studiosa francese,
spingendosi oltre; egli, già nel 1967 (vedi p. 121), sottolinea la distinzione
114 Tibet

tra i bon po dei manoscritti di Dunhuang, semplici sacerdoti funzionari, e i


più tardi bon po seguaci della scuola o setta che porta questo nome dal -
secolo d.C. in poi (1967: 20-21), asserendo più recentemente che “la natura
del Bon è infatti quella di una forma eterodossa di buddhismo, con nulla

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nei suoi insegnamenti pratici che entri in conflitto con l’ortodossia di que-
sta religione” (1987: 503).
Rolf Alfred Stein muove due principali critiche alla visione di Macdo-

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nald: la prima obiezione risiede nel fatto che i documenti di Dunhuang so-
vente citano l’opposizione tra sacerdoti bonpo e monaci buddhisti, come,
parallelamente, i testi posteriori all’ secolo parlano di opposizione tra

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bon e buddhismo. Stein ricorda che in occasione del trattato di pace sino-
tibetano dell’821-823 d.C. (fra Khri gTsug lDe brtsan/Ral pa can, 815-838
d.C., e l’imperatore Muzong, 821-824 d.C., dei Tang, cfr. Richardson, 1978:
137-162; 1985: 106-143) gli Annali cinesi nominano i bonpo associati alla

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recitazione dei rituali di giuramento, i quali chiamano a testimone le divi-
nità del cielo e della terra, dei fiumi, del sole, della luna e delle stelle (Stein,
74, 1985: 88-89). Inoltre negli stessi manoscritti utilizzati da Macdonald
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“bon po, bon mo [sacerdotesse del bon], e gShen [officianti] compaiono ab-
bondantemente nelle recite arcaiche” (ivi: 89), a riprova che “il Bon dell’
secolo non potè sorgere ex nihilo. Esso ebbe un passato” (ivi: 88). Il nome
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gShen rab Mi bo, collegato allo Zhang Zhung, compare in almeno sei oc-
correnze nei documenti di Dunhuang, non come il riformatore del bon del-
la tradizione posteriore, ma come un bonpo importante, capace di comuni-
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care tra mondo dei vivi e mondo dei morti (Thomas, 1957: 16; Karmay, 33,
1975: 178; Macdonald, Imaeda, 1978: 19; Stein, 74, 1985: 89). Stein ipotiz-
za per i bonpo dei testi di Dunhuang una funzione “equivalente a quella
degli ‘stregoni’ o medium cinesi, rappresentanti della religione ‘popolare’
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cinese (divinazione, riti matrimoniali e funebri)” (Stein, 74, 1985: 88 e n.


15; 72, 1983: 171-174; Pelliot, 1961: 2-3, 81-82).
La seconda obiezione riguarda il fatto che successivamente ai testi di
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Dunhuang, nessuna traccia è serbata del termine gTsug (Stein, 74, 1985:
87); conscia di questa assenza, Macdonald spiega che essa “è il risultato di
un sistematico lavoro teso a sopprimere il più radicalmente possibile qua-
lunque ricordo della religione ufficiale della monarchia” (Macdonald, 1971:
388). Stein conclude invece che gTsug non ha mai indicato un principio re-
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ligioso supremo come ‘Ordine del Mondo’, ma nell’accezione di ‘sincipite,


sommità’ fu connesso agli dèi ancestrali (Phywa) legati alle montagne sacre
e in questo caso “sembra dipendere da un insieme semantico coerente, de-
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stinato a esaltare la potenza e la perennità del potere regale. Esso compren-


de immagini di altezza che aderiscono alla nuca e al copricapo dei re e li le-
gano al cielo” (Stein, 74, 1985: 133); in ultima analisi “esso designa una sag-
gezza, un’arte, una scienza, un savoir-faire (e gli scritti che ne parlano). Per
Il bon 115

i sovrani, particolarmente per Srong btsan sGam po, si tratta chiaramente


dell’arte di governare e di una saggezza politica” (ivi: 133). Quale fu allora
il nome della religione antica: bon o gTsug? Secondo Stein “la religione in-
digena non ebbe mai un nome, ma nei testi arcaici il bon e i bonpo svolgo-

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no già un ruolo fondamentale” (ivi: 132).
Di diverso avviso dalla Macdonald e anche da Stein è Samten Gyaltsen
Karmay (bSam gtan rGyal mthsan mKhar rme’u) che nel 1983 analizza il

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Pelliot 972 da Dunhuang, il cui oggetto è “promuovere la conversione al
buddhismo dei non buddhisti. L’autore constata che la popolazione comu-
ne ha fede nel Bon, la credenza ‘falsa’, e il lettore è avvertito del pericolo

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che corre nel seguirla” (Karmay, 1983: 92). Per lo studioso tibetano il bon
si presenta “come un sistema di credenze diffuso e già radicato al tempo
dei re” anche se “ciò non vuol dire che non esistessero altre credenze indi-
gene all’epoca” (ivi: 94). Questa posizione, in contrasto con l’assunto di

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Macdonald, è ribadita anche più recentemente (cfr. Karmay, 1987: 130; 59,
2009: 57). Il nucleo originario dell’antica religione è formato dalla natura
numinosa dei re e dalle loro divinità, specialmente quelle delle montagne
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(sku bla), e i rituali noti come bon eseguiti da sacerdoti chiamati gShen e
bonpo ne furono parte essenziale (Karmay, 33, 1975: 182; 1996, passim;
Hill, 2015, passim).
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Se bon definisce un sistema organico religioso, mitologico e rituale sin
dall’epoca reale, una netta crasi tra gli antichi culti da un lato e la religione
‘organizzata’ e monastica dall’altro si rivela poco verosimile (Kværne, 1985;
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Stein, 77, 1988: 43). Questa religione, resistita sino ai giorni nostri, ha assi-
milato pratiche e dottrine del buddhismo dominante, adattandole ai propri
bisogni e prospettive, ma è necessario tener presente che “non si tratta di
plagio, bensì di una strategia dinamica e flessibile che ha assicurato la so-
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pravvivenza e la vitalità di una minoranza religiosa” (Kværne, 2007: 61).


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L’interesse degli studiosi occidentali per il bon principiò nella seconda
metà dell’ottocento: risale al 1880 la pubblicazione postuma della traduzio-
ne (Schiefner, 1880: 1-80), mai eseguita prima in una lingua europea, di una
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scrittura rituale bonpo, il Klu ’bum (Centomila Någa), per opera del lingui-
sta e filologo estone Franz Anton Schiefner (1817-1879). Una differente
versione del medesimo testo comparve nel 1898 ad opera dell’accademico
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statunitense di origine tedesca Berthold Laufer (1874-1934). A esse seguì


una serie di articoli dal titolo “gZer-myig, A Book of the Tibetan Bonpos”
(Francke, 1924-1930), tentativo del tibetologo slesiano August Hermann
Francke (1870-1930) di tradurre per intero un testo bonpo in lingua ingle-
116 Tibet

se, opera di capitale importanza poiché lo gZer mig è cronologicamente la


seconda biografia di sTon pa gShen rab Mi bo che.2
Nel  secolo un deciso passo verso lo studio del bon fu compiuto da
Helmut Hoffmann (1912-1992) con le sue Quellen del 1950, ma le fonti

le
usate dall’accademico tedesco furono principalmente espressione del pun-
to di vista buddhista sul bon (Karmay, 1972:   ).
Una vera cesura nella ricerca scientifica, come nel destino stesso del Ti-

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bet, è l’anno 1959. Già precedentemente all’insurrezione di Lhasa del 10
marzo 1959, ma in misura maggiore in seguito alla cosiddetta ‘liberazione
pacifica’ da parte della Cina, moltissimi tibetani abbandonarono il Tibet e

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raggiunsero l’India. I rifugiati vennero insediati in campi profughi, dalla re-
gione himalayana allo stato del Karnataka. Si stima in circa centomila il nu-
mero degli esiliati e circa l’un per cento del totale i tibetani professanti la
religione bon (Skorupski, 1, 1981: 1). Solo successivamente all’esodo si av-

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viarono i primi contatti diretti tra i bonpo e gli studiosi europei.
Nel 1961 la Rockfeller Foundation di New York finanziò il soggiorno in
Inghilterra di tre sapienti bonpo, visita organizzata dal professor David
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Llewellyn Snellgrove (1920-2016) della School of Oriental and African Stu-
dies di Londra. Due di questi erano Sangye Tendzin (Sangs rgyas bsTan
’dzin, 1912-1978) l’allora abate del monastero di sMan ri3 e Yongdzin Lo-
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pon Tendzin Namdak (Yongs ’dzin sLob dpon bsTan ’dzin rNam dag,
1926-) ‘grande insegnante’ (slob dpon) dello stesso.
Dalla collaborazione tra Tendzin Namdak e Snellgrove nel 1967 nacque
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The Nine Ways of Bon, il quale consiste nella traduzione di alcuni brani
2 Lo gZer mig è la versione di media lunghezza tra le tre biografie di gShen rab Mi bo
che. Come il mDo ’dus, la più antica narrazione della vita di gShen rab, anch’esso è un
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gter ma ‘un tesoro riscoperto’. Tradizionalmente esso fu tradotto dalla lingua dello
Zhang Zhung in tibetano da Vairocana (    d.C.) e ritrovato da Drang rje bTsun pa
gSer mig presso bSam yas, il primo complesso monastico buddhista in Tibet, fondato
nella seconda metà dell’ d.C. su ordine del sovrano Khri srong lDe’u btsan (755-797
an

d.C.), nell’anno 893 d.C., oppure nel 913 d.C. Il Legs bshad (vedi p. 117) affema che
Drang rje bTsun pa gSer mig trasmise gli insegnamenti a rMe’u lHa ri gNyen po (1024-
1091 d.C.), scopritore a sua volta di gter ma bonpo (Karmay, 1972: 4, n. 1, 163, n. 1;
Kværne, 16, 1, 1974: 44).
3 Il monastero bonpo di sMan ri nello gTsang, il Tibet centrale, venne fondato nel
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1405 da mNyam med Shes rab rGyal mTshan (1356-1415), nel punto in cui sorse il più
importante centro monastico bonpo del Tibet antico di g.Yas ru dBen sa kha, nel 1072,
ad opera di ’Bru g.Yung drung Bla ma, discepolo del gter ston, ‘scopritore di tesori na-
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scosti’, gShen chen Klu dga’ (996-1035) (cfr. Kværne, 1970: 187-192; Karmay, 1972: 140-
145); esso fu spazzato via da un’inondazione nel 1386. sMan ri fu completamente di-
strutto durante la Rivoluzione Culturale nel 1966, e rifondato nell’India settentrionale
presso Solan, nell’Himachal Pradesh, all’inizio degli anni sessanta del secolo scorso (vedi
p. 170).
Il bon 117

tratti dallo gZi brjid, terza biografia di gShen rab, appartenente alla catego-
ria della trasmissione orale (snyan brgyud); tale studio “rappresenta il primo
testo curato da un orientalista occidentale in cui si è lasciato che rappresen-
tanti colti del Bon introducessero la propria tradizione senza interferenze

le
colonializzanti” (Rossi, in Rossi, Dhondup, 2013:  ).
Da quegli anni il quadro degli studi sul bon è drasticamente mutato, se-
gnatamente per la crescente disponibilità di testi che “iniziando come una

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goccia negli anni sessanta, si è trasformata nelle decadi successive in un’im-
petuosa corrente glaciale proveniente dall’India, sino ad ora in cui siamo
letteralmente inondati dall’oceano delle scritture bon” (Martin, 2003: 1-2).

cia
Per orientarsi si può partire considerando tre tipologie testuali:
1. le tavole cronologiche (bstan rtsis);
2. le opere storiche (bstan ’byung) e le biografie (rnam thar);
3. i cataloghi o inventari (dkar chag).

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Tra i bstan rtsis, di rilievo è quello composto nel 1842 da Nyima Tendzin
(Nyi ma bsTan ’dzin, 1813-1875), ventiduesimo abate di sMan ri, tradotto
da Per Kværne (1937-), studioso norvegese, tra i più esperti conoscitori del-
m
la tradizione bon (Kværne, 33, 1971; 16, 1, 1974: 18-56; 16, 2, 1974: 96-
144). La pubblicazione di questa tavola cronologica permette di definire e
datare i principali eventi e personaggi della storia del bon a partire dal  se-
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colo d.C. ed essa è considerata dai bonpo “lo standard ufficiale per rag-
gruppare i testi canonici” (Karmay, Nagano, 2001:    ).
Per i testi storici il loro stesso nome si riferisce alla genesi (’byung) degli
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insegnamenti (bstan) del bon, tuttavia non è detto che opere relative alla
storia del bon presentino tale designazione nel titolo.
Del 1972 è The Treasury of Good Sayings, traduzione e commento di
Samten Gyaltsen Karmay (1936-) a un’ampia sezione del Legs bshad rin po
on

che’i mdzod dpyod ldan dga’ ba’i char (Il prezioso tesoro dei buoni detti,
amabile pioggia per il saggio) iniziato nel 1922 dal maestro Grub dbang
Shar rdza bKra shis rGyal mtshan Dri med sNying po (1859-1934). Stretta-
an

mente basato sulle fonti arcaiche, lo scritto, per la prima volta, obbligò l’ac-
cademia occidentale a osservare l’esistenza nel bon di una strutturata visio-
ne del proprio passato (Karmay, 1972; Achard, 2008).
Ugualmente fondata su un vasto utilizzo delle fonti antiche è l’opera di
Chögyal Namkhai Norbu (Chos rgyal Nam mkha’i Nor bu, 1938-). Invitato
pi

a Roma nel 1960 dai professori Giuseppe Tucci e Luciano Petech per lavo-
rare presso la biblioteca dell’ s , in seguito è divenuto professore ordi-
nario di lingua e letteratura tibetana e mongola presso l’Università degli
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studi di Napoli L’Orientale (1962-1992). Egli è il più autorevole tra i mae-


stri tuttora viventi dell’antichissima tradizione spirituale dello rDzogs chen.
Del 1989 è sGrung lde’u bon gsum gyi gtam e ma ho (Drung, Deu e Bön. Le
narrazioni, i linguaggi simbolici e il Bön nell’antico Tibet), tradotto e curato
118 Tibet

dal tibetano all’italiano da Adriano Clemente (Namkhai, 1996). Summa del-


la sua ricerca è Zhang bod kyi lo rgyus ti se’i ’od (The Light of Kailash. A Hi-
story of Zhang Zhung and Tibet), tradotto e curato dal tibetano all’inglese
da Donatella Rossi, e suddiviso in una trilogia dal principio dei lignaggi bon

le
nello Zhang Zhung sino alla fine della monarchia in Tibet (Namkhai, 2009;
2013; 2015).
I testi canonici del bon, catalogati in inventari (dkar chag), ricadono in

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due categorie: Kanjur (bka’ ’gyur) e Tenjur (brten ’gyur).
Le opere del bka’ ’gyur sono considerate emanazioni dirette di gShen rab
e per questo sono note come bKa’ (la Parola), codificata dai suoi discepoli

cia
subito dopo la morte del Maestro. Si ritiene che la maggior parte del cano-
ne non abbia goduto di una trasmissione ininterrotta, ma sia stata celata in
tempi nefasti per il bon, e in tempi propizi ritrovata come ‘tesoro’ (gter).
L’occultamento dei testi sacri per preservare i preziosi tesori spirituali in es-

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si racchiusi accomuna la tradizione bonpo a quella degli rNying ma pa (la
scuola buddhista degli Antichi), ma mentre nel caso di questi ultimi si ritie-
ne che Padmasaæbhava ( d.C.) e i suoi discepoli avessero celato i testi
m
religiosi perché i seguaci non erano ancora spiritualmente maturi, affinché
essi ricomparissero in momenti più propizi alla loro trasmissione, nel caso
dei bonpo ciò accadde perlopiù a causa delle persecuzioni subite a più ri-
m
prese in seguito alla diffusione del buddhismo. La terza propagazione della
dottrina (phyi dar), la più tarda, è strettamente connessa alla formazione del
Canone bonpo e si ritiene inizi nel 913 d.C. con la scoperta di alcuni gter
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ma, presso bSam yas, da parte di tre monaci erranti dal Nepal (Kværne, 16,
1, 1974: 30-34; Karmay, 1972: 105-192).
La comparsa dei gter ma è legata anche alla prima e alla seconda diffu-
sione della dottrina bon in Tibet. La prima diffusione (snga dar), scaturita
on

dagli insegnamenti di gShen rab nello Zhang Zhung (Karmay, 1972: 15-71),
tradizionalmente va dall’epoca del primo re tibetano gNya’ khri bTsan po
sino alla leggendaria persecuzione del bon di Gri gum bTsan po (vedi p.
an

133); sono i precetti di gShen rab a essere preservati sotto forma di gter ma
per le future generazioni e “la scoperta di tali Tesori sarà successivamente
considerata la normale procedura per riassemblare questi insegnamenti”
(Kværne, 16, 1, 1974: 29).
La seconda diffusione va dal regno del figlio di Gri gum bTsan po, ’Od
pi

lde sPu rgyal, restauratore del bon (vedi p. 135), alla storica persecuzione di
Khri srong lDe’u btsan (755-797 d.C.), sul finire dell’ secolo (Karmay,
1972: 72-104).
co

Nella religione bon molti gter ston, gli scopritori di testi, non furono uo-
mini istruiti, ma contadini, cacciatori, pellegrini, commercianti e viaggiato-
ri (Karmay, 1972:  ). I gter ma possono essere celati in luoghi natura-
li (sa gter) e anche nella mente di maestri realizzati (dgongs gter) (cfr. Rossi,
Il bon 119

1999: 31). La prima categoria, la più ampia, include gter ma scoperti inci-
dentalmente; la seconda contiene sia rivelazioni tramesse oralmente (snyan
brgyud), sia trasmesse mentalmente (dgongs gter) “essendo probabilmente
impraticabile segnare una netta linea di demarcazione tra questi due generi

le
di rivelazione” (Kværne, 16, 1, 1974: 36). gShen chen Klu dga’ (996-1035
d.C.) è stato uno dei più importanti gter ston del bon e anche una figura
chiave nella formazione della letteratura canonica bonpo (Kværne, 16, 1,

bi
1974: 34; Karmay, 1972: 126-132); la sua scoperta riguarda molti testi fon-
damentali e “ciò che lo distingue dai suoi predecessori è che questa scoper-
ta fu preceduta da molti anni di preparazioni iniziatiche culminate in una

cia
serie di visioni in cui esseri soprannaturali di vario genere gli rivelarono il
luogo dove il tesoro fu occultato” (Kværne, 16, 1, 1974: 34-35). Dan Martin
gli ha dedicato una corposa monografia (2001). I cercatori di tesori svolgo-
no tuttora un ruolo attivo nella vita religiosa del Tibet, tanto più che i testi

er
nascosti durante la sistematica distruzione degli anni sessanta e settanta del
secolo scorso devono ancora essere ritrovati (Achard, 2004).
La preponderanza dei testi rivelati nel bka’ ’gyur bonpo lo distingue dal-
m
la sua controparte buddhista. Non si sa quando il Canone venisse definiti-
vamente assemblato, ma probabilmente non prima della fine del  seco-
lo, dal momento che il testo più recente ivi contenuto è datato al 1386
m
(Kværne, 16, 1, 1974: 38). Per Karmay un lungo periodo oscuro per la sto-
ria del bon (parzialmente coincidente con il buio della storia tibetana tout
court dalla fine della monarchia nell’842 d.C. all’ secolo) va dalla persecu-
co

zione di Khri srong lDe’u btsan (fine  d.C.) alla scoperta dei gter ma di
gShen chen Klu dga’ nel 1017, e pur indicando la data del 913 d.C. per la
prima scoperta, la codificazione dei testi bonpo e la prima costituzione del
Canone datano a Klu dga’ (Karmay, 33, 1975: 183-187). Snellgrove situa
on

l’organizzazione del Canone al più tardi nel  secolo (1967: 16). Secondo
Kværne (16, 1, 1974: 30) il processo di strutturazione del Canone va dalla
fine della monarchia all’ secolo. Dagli inizi del  secolo i blocchi di le-
an

gno per stampare l’intera raccolta furono composti nell’odierno Sichuan,


grazie al patrocinio del re di Khro skyabs, nel principato di rGyal rong, e
anche nel vicino Chu chen (Karmay, Nagano, 2001: viii-ix).
Dalla metà del secolo scorso sembrerebbe essere sopravvissuta un’unica
edizione manoscritta proveniente dal monastero di dBal khyung nel distret-
pi

to di Nyag rong del Tibet orientale; il manoscritto di dBal khyung fu occul-


tato in una grotta e infine riscoperto e pubblicato. Dagli anni ottanta furo-
no pubblicate varie edizioni del Canone a partire da quella di Cheng du del
co

1985. A Oslo un gruppo internazionale di studiosi nel 1995-1996 iniziò


un’edizione basata su quella edita nel 1987 nel distretto di rNga ba, nordo-
vest del Sichuan, fedele al manoscritto di dBal khyung (Martin, Kværne,
Nagano, 2003). Il primo inventario disponibile in occidente è del su men-
120 Tibet

zionato Nyi ma bsTan ’dzin (Kværne, 33, 1971; 16, 1974), che ne escluse le
opere non riconducibili all’autorità di gShen rab, svolgendo in questa sua
profonda ricerca di canonicità un ruolo parallelo a quello di Bu ston (1290-
1364), creatore dei primi bka’ ’gyur e bstan ’gyur buddhisti in Tibet. Nyi ma

le
bsTan ’dzin catalogò il bka’ ’gyur in quattro sezioni (sde) (Kværne, 16, 1,
1974: 25):
1. mDo, ovvero gli aforismi del Maestro, termine che i buddhisti usano

bi
per tradurre s∑tra.
2. ’Bum, (Centomila [versi]), ovvero i testi filosofici ispirati ai principi
della Prajñåpåramita. Queste prime due sezioni sono chiamate rgyu’i

cia
theg pa, il Veicolo della Causa.
3. rGyud, ‘tantra’; esso è descritto come gsang sngags (formule segrete,
cioè mantra) o sngags sems (lett. mantra-mente).
4. mDzod, ‘tesoro’, chiamato bla med sems don, il supremo insegnamen-

er
to legato alla mente. Le ultime due sezioni sono dette ’bras bu’i theg
pa, il Veicolo del Frutto.
L’ultima categoria, mDzod, differisce totalmente tra bon e buddhismo, es-
m
sendo costituita dai testi che espongono i principi meditativi e filosofici del-
lo rDzogs chen (la Totale Perfezione); anche per gli rNying ma pa esiste una
tradizione omonima, benché nessun suo testo sia mai stato incluso nel Ca-
m
none buddhista; la relazione tra le dottrine delle due scuole (come l’origine
stessa dello rDzogs chen) resta molto misteriosa (Karmay, 1988), e la sua co-
noscenza “costituirebbe la chiave di volta per un più profondo intendimen-
co

to dei burrascosi secoli seguiti all’introduzione del buddhismo in Tibet


(dall’ all’ d.C.), cioè precisamente il periodo in cui si formarono gli
ordini bonpo e rNying ma pa” (Kværne, 1973: 22).
La partizione del Canone è attribuita a gShen rab sul volgere della sua
on

esistenza terrena e annovera tutti gli insegnamenti e i rituali raccolti ne le


Quattro serie più la Quinta detta il Tesoro (sgo bzhi mdzod lnga) e nei No-
ve Veicoli (theg pa dgu) del bon.
an

Le prime traduzioni di Schiefner, Francke e Laufer sono tutte di opere


appartenenti alla sezione mdo del bka’ ’gyur; stesso dicasi per lo gZi brjid
(Snellgrove, 1967).
Finora non esistono traduzioni dalla sezione ’bum, e rare sono quelle dal-
la sezione rgyud.
pi

La sezione mDzod contiene un’importante collezione di testi, lo Zhang


zhung snyan rgyud (La Trasmissione Orale [di testi] dallo Zhang Zhung),
oggetto degli studi di Jean Luc Achard e John Myrdhin Reynolds, entrambi
co

allievi di Tendzin Namdak, tra cui la traduzione dei quattro testi-radice del-
lo Zhang zhung snyan rgyud (Achard, 1991; 1997a) e la trascrizione degli in-
segnamenti e della traduzione di Namdak del rGyal ba g.yung drung gi
phyag khrid (Le istruzioni dell’Eterno Vincitore), summa della pratica di
Il bon 121

questo ciclo (Achard, 1997b); infine le traduzioni del dGongs rgyud dgu’i
yig chung (I piccoli testi dei Nove Lignaggi) e dello rDzogs pa chen po zhang
zhung snyan rgyud kyi brgyud pa’i bla ma’i rnam thar (Le agiografie dei mae-
stri del lignaggio aurale dello Zhang Zhung della Totale Perfezione) (Rey-

le
nolds, 2005). Altri testi della medesima serie sono stati tradotti da studiose
italiane: il sGron ma drug gi gdams pa (La dottrina delle Sei Luci; Orofino,
1985: 71-96) e il rGyud bu chung bcu gnyis (I Dodici Piccoli Tantra; Rossi,

bi
1999: 73-161); sebbene quest’ultimo testo sia chiamato tantra (rgyud) esso
fa parte della sezione mDzod; va ricordato che la suddivisione adottata da
Nyi ma bsTan ’dzin è complicata dal fatto che un capitolo riguardante lo

cia
rDzogs chen si ritrova anche nello gZi brjid, biografia (rnam thar) di gShen
rab, nella sezione mDo (Snellgrove, 1967: 226-255). Un altro gter ma dello
rDzogs chen, riscoperto nel 1088 da gZhod ston dNgos grub, è stato tradot-
to da Donatella Rossi: lTa ba seng ge sgra bsgrags (La Visione che è come il

er
Ruggito del Leone; Rossi, 1999: 165-271).
Numerosi testi dello rDzogs chen sono classificati pure nel brten ’gyur, in
particolare quelli dello A khrid (Insegnamenti Fondamentali; Kværne,
m
1973). Il brten ’gyur consiste di opere non direttamente ascritte a gShen
rab, ma in ogni caso ‘fermamente basate’ (brten) sulla sua parola (bka’); in-
fatti esse sono note collettivamente come bka’ brten (Karmay, Nagano,
m
2001). Sebbene non possa essere stabilito con certezza il terminus ad quem
per la sua formazione, gli ultimi testi inclusi nel brten ’gyur sono i commen-
tari redatti dal grande organizzatore del bon monastico Shes rab rGyal mt-
co

shan (1356-1415) e in un solo caso dal suo ultimo discepolo e successore


Rin chen rGyal mtshan (1360-?); dal momento che l’autorità di Shes rab
rGyal mtshan fu enorme, è probabile che non passasse molto tempo dalla
sua morte alla stesura del Canone (Kværne, 16, 1, 1974: 39). Il catalogo di
on

Nyi ma bsTan ’dzin lo divide nelle seguenti categorie (Kværne, 2015, 833):
1. ‘esterna’ (phyi), formata da testi ascrivibili alle sezioni mDo e mDzod,
include commentari e rituali di disciplina monastica (’dul ba);
an

2. ‘interna’ (nang), consiste di scritti rituali rivolti alle divinità tutelari (yi
dam), ai protettori della dottrina (bka’ skyong, corrispondenti ai dhar-
mapåla buddhisti), alle mkha’ ’gro (le ∂åkin¤); di rituali del gcod (ovve-
ro di offerta di se stessi a beneficio degli esseri senzienti), di profezie e
raccolte di opere di vari maestri (gsung ’bum);
pi

3. ‘segreta’ (gsang), con testi non derivanti direttamente da gShen rab, ri-
tuali e commentari dello rDzogs chen;
4. una breve sezione finale di materia medica, artistica e grammatica.
co

Dall’ secolo in poi, con la terza propagazione (phyi dar) della dottrina,
fiorì una vasta scolastica, in cui i principi filosofici del bon furono esposti
sia in commentari ai testi canonici sia in scritti indipendenti, talvolta sotto
forma di compendi enciclopedici; un’edizione critica di un’opera del gene-
122 Tibet

re, il Bon sgo gsal byed (La chiarificazione dei portali del bon), composta nel
 secolo da Tre ston rGyal mtshan dpal, è stata pubblicata (Mimaki, Kar-
may, 2007), e la parte riguardante la tassonomia dei Nove Veicoli, successi-
vamente tradotta (Mimaky, Karmay, 2009; 2010).

le
Da un punto di vista di sviluppo della ricerca, soprattutto dagli ultimi de-
cenni dello scorso secolo gli studi tibetani reclamano sempre più lo status di
una disciplina separata e gli studi buddhologici continuano a costituire il

bi
metodo di avvicinamento primario alla storia tibetana; d’altra parte intorno
al bon si è condensato un interesse crescente volto sia all’indagine della re-
lazione con il buddhismo, sia alla storia e alla civilizzazione del regno dello

cia
Zhang Zhung. Come osserva Alex Mackay, si possono individuare diversi
paradigmi di studio in campo tibetologico (Mackay, 2003: 1-16), che, ag-
giungiamo, possono servire anche più specificatamente nel campo degli stu-
di sul bon. Nessuno di questi modelli risulta perfetto, ma se le tendenze di

er
cui sono portatori rimangono in un dialogo fluido e non di esclusione aprio-
ristica, esse “contribuiscono all’evoluzione e a un maturo sviluppo degli stu-
di” (ivi: 13). Conviene tener presenti tre modelli proposti dallo studioso:
m
quello buddhista (buddhist; ivi: 12), la cui preponderanza a livello accade-
mico ha collocato la tibetologia nel campo degli studi religiosi e linguistici;
esso “derivando principalmente da fonti buddhiste adesso abbraccia par-
m
zialmente anche il bon, seguendo la conclusione di Snellgrove che esso rap-
presenta un’antica e in parte fraintesa versione del buddhismo” (ibidem); il
modello sciamanico (shamanist; ivi: 13), originato soprattutto dai lavori di
co

Geoffrey Samuel; esso guarda alla cultura tibetana come alla risultante della
“storica interazione del monachesimo buddhista e delle tendenze sciamani-
che dell’Asia centrale”, e rimane problematico, pur riconoscendogli i meriti
di analizzare gli elementi considerati sciamanici nella società tibetana e di
on

porre la conoscenza del Tibet entro un più ampio contesto regionale (ibi-
dem); infine il modello nativista (nativist; ivi: 12), strettamente legato agli
studi sul bon, in contrasto con le idee di Snellgrove sulle sue origini, parti-
an

colarmente rivolto al primo periodo della storia tibetana contraddistinto dal


rapporto tra il regno dello Zhang Zhung e quello di Yar klungs.
Questo modello è esemplificato dai lavori di Chögyal Namkhai Norbu e
parzialmente di Samten Karmay; “la sua lettura del Bon quale tradizione in-
digena è implicitamente connessa all’enfasi e alla validità di un’identità spe-
pi

cifica del Tibet e della sua cultura” (ibidem). Nel presente scritto ci si è av-
valsi di questo tipo di impostazione, soprattutto nella definizione dell’anti-
co patrimonio sapienziale del Tibet, tradizionalmente costituito dalle Dodi-
co

ci Scienze (vedi pp. 141-55), e nella descrizione delle fasi arcaiche della dif-
fusione del bon, anche alla luce del fatto che tale visione “riesamina il valo-
re del buddhismo nella cultura tibetana e mira a recuperare le voci regiona-
li che sono state sommerse dall’egemonia buddhista [...], contestualizzando
Il bon 123

aspetti ed elementi dell’identità tibetana, soppressi dalla dominante bud-


dhista e dalle costruzioni New Age sul Tibet” (ivi: 13).

le
     ,    ’ ,   
     

bi
L’indagine delle origini storiche, religiose e culturali del Tibet non può che
dirigersi allo studio del bon, vale a dire l’insieme dei culti e delle tradizioni
magiche, rituali e religiose “basate molto probabilmente su elementi comu-

cia
ni al patrimonio dello sciamanismo pan-asiatico” (Namkhai, 1996: 19) che
precedettero di secoli l’avvento del buddhismo in Tibet.

Sicuramente alcuni tipi di Bön erano basati su principi e pratiche si-

er
mili a quelle dello sciamanismo: ciò è provato da numerosi elementi
che ancora sopravvivono nei riti Bön e nei riti buddhisti derivati dal
Bön. Ad esempio il tema dell’anima (bla) rapita dagli spiriti e ricon-
m
quistata grazie al potere dello sciamano (del bon po in questo caso) è
comune a molte tradizioni sciamaniche non solo asiatiche (ibidem).
m
La presenza nel bon di elementi peculiari allo sciamanesimo eurasiatico è
oggetto di ricerca a partire dall’analisi di Hoffmann (1950; 1961); asseren-
do la totale soggiogazione degli antichi tibetani al proprio ambiente natura-
co

le, per spiegarne l’adorazione degli spiriti naturali e il ricorso alle tecniche
magiche e divinatorie, fu mossa allo studioso la critica di avere aderito a
una serie di idee romantiche obsolete (Kværne, 1994; 2000).
L’impostazione di Hoffmann è da stigmatizzare non per il condivisibile
on

suggerimento di una visione religiosa animista, al cui fondo fu ed è “un vi-


vo e concreto avvertimento delle forze naturali, in un ambiente che, per la
sua stessa morfologia, per l’imponenza delle montagne, dei fiumi, dei ghiac-
an

ciai, poneva quotidianamente a contatto con gli aspetti numinosi e tremen-


di dei fenomeni della natura” (di Nola, 1970), quanto perché egli giunse a
interpretare il bon come una sorta di distorsione del buddhismo, avendo
indagato unicamente su quanto riportato da testi buddhisti (Stein, 77,
1988; Kværne, 1994).
pi

Samuel ha proposto una sistematizzazione storica dell’antica religione ti-


betana dall’avvento della dinastia di Yar klungs sino al trionfo buddhista, in
cui la prima fase coincide con “l’originale religione sciamanica del Tibet”
co

ed è a sua volta suddivisa in due stadi, “quello di una società priva di stato
e quello del proto-stato” (Samuel, 1993: 438).
Il termine ‘sciamano’ è associato alla religione della monarchia di Yar
klungs; essa avrebbe subìto l’influenza non solo della shamanic religion, ma
124 Tibet

anche della court religion del regno dello Zhang Zhung, e sarebbe stata ca-
ratterizzata dall’attività dei bon e degli gShen; infatti “i sacerdoti bon che
erano parte della religione di corte a Lhasa, rappresentavano una tra le va-
rie tipologie di sacerdozio a quel tempo” (ibidem).

le
Kværne adotta invece uno schema in quattro categorie (Kværne, 1994: 17):
1. una religione autoctona prebuddhista corrispondente alla original sha-
manic religion di Samuel, la quale all’epoca poteva o meno essere nota

bi
come bon;
2. un culto organizzato e dinastico, concentrato sul sovrano, influenzato
dalle religioni di aree geograficamente limitrofe al Tibet, quali l’India

cia
(buddhismo) l’Iran (zoroastrismo, manicheismo) e lo Zhang Zhung.
Questa categoria coinciderebbe con quella della court religion sia del-
lo Zhang Zhung sia del Tibet; anch’essa avrebbe potuto, a suo tempo,
riconoscersi nella denominazione bon.

er
3. Coeva a esse una folk religion, analoga alla “religione popolare” (Tuc-
ci, 1976: 205-260), cioè alla “religione senza nome, ovvero la tradizio-
ne” (Stein, 1986: 163-199). Sebbene non sia possibile ricostruire la
m
struttura della religione prebuddhista sulla base di questa nameless
folk religion, conviene stimare i legami, ancora presenti, tra l’odierna
religione popolare e le credenze prebuddhiste; i culti ancestrali dedi-
m
cati alle montagne e alle deità con esse identificate, attestati sin
dall’epoca di Yar klungs, perdurano, testimoniando contiguità e con-
tinuità tra dimensioni religiose che l’analisi tende a dividere (Karmay,
co

1996: 59-75).
4. Dall’ secolo d.C. la religione bon che si definisce g.yung drung bon,
‘bon eterno’, organizzata e infine monastica, in stretto rapporto con il
buddhismo.
on

Comunque “l’originale religione sciamanica dei tibetani deve essere rico-


struita interamente a posteriori” (Kværne, 1994: 17).
La preoccupazione, del tutto condivisibile, è che nell’attuale ‘supermer-
an

cato globale’ delle religioni il bon sia divenuto oggetto di uno sfruttamento
ideologico ed economico, legato al movimento della New Age, creatore di
mistificazioni e fraintendimenti (Kværne, 1994: 18).
Più recentemente Kværne, in relazione all’esistenza di uno sciamanesimo
tibetano e al suo contatto con il bon, auspica “un approccio che includa e
pi

dia senso ai dati etnografici della religione popolare tibetana e [corsivo del-
l’autore] ai dati storico-letterari delle fonti testuali” (Kværne, 59, 2009: 23),
e che non releghi il tema entro “i limiti imposti dalla tibetologia, e ancor
co

meno dalla ‘bonologia’, ma lo situi alla luce di una Religiongeschichte dal fi-
nale aperto” (ivi: 24).
L’etimo del termine bon deriva dal sostantivo bzlas pa, ‘recitazione’, e dal
predicato collegato bon pa il cui significato, analogo a bzla ba ‘recitare/ripe-
Il bon 125

tere’, è “recitare mantra, preghiere o comunque formule prestabilite”


(Namkhai, 1996: 19; anche Chandra Das, 2005: 879; Bacot, Thomas, Tous-
saint, 1940: 199).
Secondo Hoffmann le origini della parola sono perdute nel passato, ma

le
bon andrebbe interpretato come la religione dell’evocazione degli dèi me-
diante formule magiche (1958: 871; 1961: 14), da cui ‘mormorare/mormo-
rare recitando’ (‘murmeln, murmelnd rezitieren’; 1950: 137). In seguito al

bi
contatto con il buddhismo “esso assunse i significati della parola buddhista
chos (sscr. dharma), ‘dottrina’, ma anche ‘elementi dell’esistenza’. Conse-
guentemente la sfera dell’assoluto, chos dbyings (dharmadhåtu), ‘inesauribi-

cia
le esistenza potenziale’, fu chiamata bon dbyings” (Hoffmann, 1975: 101).
Simon (1955: 8) ricorda che l’equivalente di bon pa in mongolo è uriqu
‘invocare mormorando’; Lalou segnala l’alternanza bon/bod (Tibet) nei
manoscritti di Dunhuang, ancora attestata nel  secolo (1953: 275-276).

er
Uray ritiene certo il solo significato di bon connesso al verbo gsol ‘chie-
dere/offrire/dare a un dio o a un sovrano’ e anche ‘un dio o un sovrano ri-
ceve/prende/ottiene’; mentre meno sicura ma probabile sarebbe la relazio-
m
ne con il verbo zlo ‘mormorare/recitare incantesimi/invocare/chiamare’
(17, 1964: 334).
Snellgrove propone due distinte etimologie: bon nel senso di tarda reli-
m
gione del Tibet è connesso con bod cioè ‘Tibet’, seguendo Lalou, e il senso
originale sarebbe ‘autoctono’ per accentuare il distacco (fittizio per Snell-
grove) dalla religione straniera, il buddhismo (1967: 20); la seconda eve-
co

nienza deriva bon da ’bod pa ‘chiamare’, e il bon po sarebbe l’invocatore,


una particolare categoria di sacerdozio dell’antica religione indigena priva
di qualsiasi legame con il bon inteso quale sistema religioso organizzato e
monastico tra la fine del  e l’inizio dell’ secolo, il quale rappresentereb-
on

be un forma eretica di buddhismo (1987: 390).


Stein è dubbioso sulla sovrapposizione proposta da Lalou e incline alla
soluzione di Uray (Stein, 1971: 11, n. 28), ma soprattutto critica fortemente
an

la visione di Snellgrove ritenendo che “le caratteristiche dei bon po e degli


gshen di Dunhuang si conservarono nei testi del bon posteriore. Non vi fu
alcuna rottura” (Stein, 77, 1988: 43); di conseguenza non vi è necessità di
postulare etimologie differenti (ivi: 30); sarebbe invece opportuno mettere a
fuoco la relazione tra le due accezioni del termine in una prospettiva di con-
pi

tinuità, sebbene Stein non creda che “l’antica religione abbia mai avuto un
nome particolare” (Stein, 74, 1985: 88; 77, 1988: 30); in relazione al fatto
che Haarh (1969, passim) e parzialmente Snellgrove (1987: 356, 389, 399,
co

441) nominano la religione ancestrale chos, vocabolo che successivamente


sarà utilizzato per tradurre dharma, la fede buddhista, Stein conclude che
“si deve rinunciare a chiamare bon la religione antica, ma non se ne può av-
vantaggiare il chiamarla chos, termine che non designa, sempre e ovunque
126 Tibet

nei documenti arcaici, la religione prebuddhista” (Stein, 77, 1988: 30).


Per l’etimologia di bon anche Tucci accetta la tesi di Uray (1976: 261, n. 1).
Kværne ipotizza una derivazione di bon dal medio persiano (pahlavi)
bwn (pr. bun) ‘fondo/fondazione/radice/cominciamento/rivelazione pri-

le
mordiale’; lo studioso ricorda che questo legame sarebbe convincente solo
nel momento in cui si stabilisse con certezza l’origine iranica di parole tibe-
tane; l’etimo “sarebbe in accordo con l’unanime tradizione dei bonpo, atte-

bi
stata dall’ secolo, che la loro dottrina fu introdotta da una regione
dell’ovest, il sTag gzig, il Tadzik, ovvero l’Iran orientale” (Kværne, 1988: 5).
Una spiegazione aggiuntiva è proposta da Tsering Thar:

cia
Bon, originariamente, si riferì alle credenze indigene in Tibet prima
del buddhismo. Questo senso più ampio è enunciato dalla frase srid
pa rgyud kyi bon [il bon del lignaggio originale dell’esistenza], presen-

er
te negli antichi testi bonpo. In ogni caso la dizione bon includeva non
solo le categorie designate da srid pa rgyud kyi bon, ma anche le tradi-
zioni fiorite al sud della regione del monte Ti se [Kailash]. Riguardo
m
ciò la tradizione parla di un rgya gar bon skor, gli insegnamenti bon
dall’India, che probabilmente si diffusero dall’area del Ti se. Ciò sug-
gerirebbe che l’antica civilizzazione della regione del Ti se influenzò
m
non solo il Tibet, ma anche alcune parti dell’India (2009,  : 29).

Namkhai rammenta che:


co

Gyer, un termine tibetano arcaico [brda rnying], divenne ben noto.


Impiegato come il verbo ’don pa ‘scandire o ripetere ritmicamente e/o
continuamente’, si ritrova in espressioni quali ‘recitare il rituale di fu-
on

migazione in questo modo’ [bsang gi cho ga ’di ltar du gyer] o ‘recitare


il rituale del riscatto in questo modo’ [glud kyi cho ga ’di ltar du gyer].
Nell’idioma moderno bon pa e gyer ba significano rispettivamente bzla
an

ba [recitare/ripetere] e ’don pa (2013: 42).

Mediante la risonanza vibrativa della recitazione dei mantra, cioè suoni o


sillabe che possono condizionare determinate sfere energetiche (intenden-
do per energia “la dimensione vitale, strettamente legata alla respirazione,
pi

alla voce e alla funzione dei cinque elementi interni ed esterni che in ogni
essere collega il corpo alla mente”, Namkhai, 1996: 15), anticamente i bon-
po si ponevano in ascolto e in contatto con le energie invisibili e le forze
co

che regolano la natura anche allo scopo di controllarle:

è ipotizzabile che in origine il Bön fosse un insieme di conoscenze e di


pratiche magico-rituali basate sul principio dell’interazione fra l’essere
Il bon 127

le
bi
cia
er
m
m
Il monte Ti se (Kailash), 6638 metri.

umano e quelle forze esterne della natura e del cosmo che, pur non es-
co

sendo ordinariamente percepibili, erano ritenute capaci di esercitare


un influsso determinante sull’esistenza umana. Gli antichi bönpo, co-
me traspare dalla letteratura rituale tuttora esistente, erano profondi
conoscitori della sfera dell’energia dell’individuo e delle energie pre-
on

senti nell’universo personificate o dominate da una grande varietà di


esseri non umani, capaci di apportare sia influenze benefiche, sia di-
sturbi (Namkhai, 1996: 15).
an

La fase più arcaica della storia del Tibet coincide con l’esistenza del regno
dello Zhang Zhung i cui confini approssimativamente furono: a est la valle
dello Yar klungs, nucleo originario del regno tibetano, e la Cina; a sud il
nordovest indiano; a ovest il bordo orientale dell’altopiano iranico, il sTag
pi

gzig, e l’O∂∂iyåna (O rgyan, la valle dello Svåt nell’attuale Pakistan); a nor-


dovest Gilgit (Bru sha); a nord Khotan (Li) (Tucci, 1976: 262-263). “La
co

montagna nevosa Ti se [Kailash] corrisponde al monte g.Yung drung dGu


brtsegs, fulcro dello Zhang zhung che è la sorgente del Bon” (Karmay,
1975, 33: 174-175). Il monte g.Yung drung dGu brtsegs è il punto focale
della regione centrale di ’Ol mo Lung ring; a sud sorge il palazzo di Bar po
So brgyad, luogo di nascita di gShen rab.
128 Tibet

La geografia di ’Ol mo Lung ring è dibattuta. Le fonti bonpo annettono


all’area occidentale di influenza dello Zhang Zhung i territori rispettiva-
mente delimitati a ovest e nordovest dalla Persia (in senso lato) e dalla cate-
na montuosa del Karakorum, che costituirebbero lo ’Ol mo Lung ring, cen-

le
tro del regno dello Zhang Zhung, e non parte del sTag gzig/Persia (Nam-
khai, 2009: 110-114). Snellgrove identifica sTag gzig a ovest del Pamir, con
le satrapie achemenidi di Battriana e Sogdiana (1987: 390-391); si noti che

bi
queste aree di piena cultura iranica sono considerate luoghi di origine del
profeta Zoroastro (Bausani, 2009: 45),4 la cui cronologia, incertissima, oscil-
la tra la fine del secondo millennio e gli inizi del primo, o è posta circa tre-

cia
cento anni prima di Alessandro Magno (356-323 a.C.).5
Kuznetsov e Gumilev (1970: 565-579; cfr. Schwartzeberg, 1994: 639-642)
ritengono che informazioni su luoghi molto distanti, possedute dai geografi
tibetani, furono incorporate nell’originale precursore di una mappa dello

er
Zhang Zhung, nell’opera di Nyi ma Grags pa (1616-1670). Controversa
l’associazione del nome al centro della mappa, Bar po So brGyad, con l’an-
tico iranico Parsogard e il greco Πασαργαδη′ς (Pasargadés), capitale ache-
m
menide sotto Ciro  il Grande (559-530 a.C.) e il figlio Cambise  (530-
522 a.C.).
“Tradizionalmente l’origine degli insegnamenti bon noti come ‘Bon
m
Eterno’ [g.Yung drung Bon] coincide con la nascita di gShen rab Mi bo che
in ’Ol mo Lung ring, nello Zhang Zhung, circa 3908 anni fa. I precetti di
gShen rab divennero l’essenza di tutte le diverse forme di bon, la più sofi-
co

sticata tra le tradizioni chiamate bon sino all’epoca. Coloro che indulgevano
in sanguinosi rituali furono convertiti e adeguarono le proprie visioni e pra-
tiche alla regola di gShen rab, sicché i termini bon e bon po designarono in-
fine gli insegnamenti del Bon Eterno esposti da gShen rab Mi bo che”
on

(Namkhai, 2009: 91-92).


Seguendo la parola del Maestro furono conservati, tradotti e diffusi dai
suoi figli e discepoli i bsGrags pa skor gsum (i tre cicli di propagazione della
an

dottrina), nei mondi divino, umano e ctonio e i precetti de I Quattro Porta-


li e il Tesoro come Quinto, sGo bzhi mdzod dang lnga.

4 Per le aree dove si ipotizza la genesi (Chorasmia, Sogdiana, Margiana, Battriana) del
pi

Profeta e per le terre a esse limitrofe (Areia, Drangiana, Arachosia), ugualmente coinvol-
te nella diffusione e forse nell’origine del culto zoroastriano, cfr. rispettivamente Gnoli,
1967, 1980, passim; Daffinà, 1967: 23-44.
co

5 Prima di capitolare dinanzi all’invasione islamica del 641-642 d.C., lo zoroastrismo


sopravvisse in età seleucide (312-64 a.C.) e si rinvigorì durante l’età partica-arsacide
(247 a.C.-226 d.C) e in epoca sasanide (226-651 d.C.) divenendo, in quest’ultima, reli-
gione di stato; per la tradizione cronologica e le diverse proposte moderne, cfr. Gnoli,
1980, passim.
Il bon 129

gTo bu ’Bum sangs riunì i tantra dei riti gTo; dPyad bu Khri shes i
precetti della medicina [dpyad]; Kong tsha ’Phrul bu quelli astrologi-
ci; Kong tsha dBang ldan quelli dell’Originaria Linea dell’Esistenza, la
serie chab nag; Yid kyi Khye’u chung la serie ’phen yul; rGyud ’dren

le
sGron ma la serie chab dkar; e Lung dren gSal ba il Tesoro. Il più
grande successore di gShen rab, Mu cho lDem drug, stabilitosi nel pa-
lazzo di Sham po lHa rtse, protesse i Quattro Portali più il Quinto

bi
detto il Tesoro (Namkhai, 2009: 108-109).

Il dominio dello Zhang Zhung si collocava nell’attuale regione di Gu ge nel

cia
Tibet occidentale; la cultura, fondata sulle tradizioni bonpo, si diffuse preco-
cemente in tutto il Tibet, sebbene materialmente le regioni corrispondenti al-
l’attuale Tibet centrale ed orientale non rientrassero nei suoi confini (Nam-
khai, 1996; 21-22). Associando il nome Zhang Zhung al luogo d’origine “del

er
primevo popolo Zhang-Bod comprendiamo che la primordiale triade dello
Zhang Zhung, dei lHa [dèi], Klu [någa], e gNyan [spiriti ctonii] è connessa e
parallela a quella di re, sacerdoti, e sudditi [rgyal gshen ’bangs gsum]” (Nam-
m
khai, 2009: 73). Inizialmente è presumibile che il nome del regno fosse unica-
mente Zhung e che zhang, ‘zio materno’, sia stato aggiunto in seguito.
Nel 641 d.C. Srong btsan sGam po (627-649 d.C.) prese in moglie la
m
principessa cinese rGya mo Kong jo/Wen cheng6 – dalla corte dell’impera-
tore Taizong dei Tang, (627-649 d.C.) – la quale portò in dono un’immagi-
ne di ‡åkyamuni per cui si edificò il tempio di Ra mo che a Lhasa; da quel
co

momento i tibetani guardarono alla Cina “come al paese dello zio materno
[...]. Poiché molti re del Tibet, per ragioni facilmente intuibili, presero in
moglie principesse dello Zhang Zhung è possibile che Zhang divenisse par-
te del nome a indicare il vincolo di parentela” (Namkhai, 2009: 75).
on

Per zhang la derivazione sinica proposta da Laufer (1914: 103-106) è stata


criticata da Tucci (1950: 57) e da Bogoslovskij (1972: 31) il quale, rispetto al
largo impiego del titolo tra  e  secolo d.C., reputa attesti “un’indubbia
an

sopravvivenza del matriarcato”, tanto che ancora in tempi moderni lo zhang


imparentato con la moglie del capo del clan “gode di un potere perfino mag-
6 Srong btsan sGam po ebbe altre quattro mogli: Ru yongs bZa’ rGyal mo, figlia del re
di Mi nyag (a nord dell’A mdo); Khri lcam, figlia dello zhang blon (una sorta di primo
pi

ministro, consigliere di sangue reale, cfr. Waddell, 1909: 1274) del clan dei Mong; Khri
gtsun dal Nepal – che recò un’icona di Byams pa/Maitreya, per la quale venne costruito
un tempio a Ra sa (l’antica lHa sa), o, in un’altra tradizione, un’immagine di Mi bskyod
co

rDo rje/Akßobhyavajra per cui fu eretto il tempio di ’Phrul snang – cfr. Karmay, 1972:
78; Tucci, 1976: 16 – e Li thig dMan, figlia di Li mig sKya, sovrano dello Zhang Zhung,
la quale portò un’immagine di gShen rab all’età di un anno proveniente dal tempio di
dKar nag bKra gsal in sTag gzig ’Ol mo’i gling, per cui fu innalzato il tempio di Them
chen; cfr. Tucci, 1962; 1971: 460-461; Roerich, 1976:   -    .
130 Tibet

le
bi
cia
er
m
m
sTon pa gShen rab Mi bo che
Leggendario riformatore e sistematico ordinatore del bon arcaico.

giore del capo”. Il termine zhung invece corrisponderebbe al tibetano khy-


co

ung, “l’aquila-garu∂a, che in quell’antica civiltà rappresentava la forza del-


l’energia legata all’elemento fuoco, considerato nella tradizione bön il più at-
tivo dei cinque elementi” (Namkhai, 1996: 21); per i bonpo è la manifesta-
zione “all’origine delle generazioni divine primordiali” (Namkhai, 2009: 74).
on

Tradizionalmente i nomi dei sovrani tibetani erano scelti dai sacerdoti


bonpo nella lingua dello Zhang Zhung, testimonianza di onore tributata dai
monarchi tibetani al bon.
an

I regi sacerdoti, allorché nasceva il figlio di un re, officiavano due impor-


tanti riti di purificazione: il rito di fumigazione del bsang e la cerimonia di
aspersione lustrale detta tshan khrus, terminati i quali era conferito al neo-
nato un nome speciale nella lingua dello Zhang Zhung (Tucci, 1976: 246-
249; Namkhai, 1996: 62-63, 193-198; 2013: 119; Karmay, 1995, passim).
pi

Nel nome dei primi sovrani di Yar klungs, i cosiddetti ‘Sette Khri del Cielo’
(gNam gyi Khri bdun), e solo in quello, oltre alla componente fissa (ovvero
co

il titolo di Khri bTsan po, ‘potente Khri’) “ne entra una variabile che rap-
presenta il nome personale del sovrano ed è sempre il nome della madre”
(Bogoslovskij, 1972: 29-30); si ricordi ad esempio il nome della sposa di
gNya’ khri bTsan po, gNam mug mug, e quello del figlio Mu khri bTsan
po. I composti con Khri nel lessico zhang zhung sovente alludono al princi-
Il bon 131

pio vitale, come si evince dal confronto con il corrispettivo in tibetano, ad


esempio: khri tsan = thugs nyid, ‘condizione assoluta, natura primordiale
della mente’; khri seg = srog gi dbang po, ‘principio, essenza/forza vitale’
(Namkhai, 1996: 63-66; Nagano, Karmay, 2008: 26-27). Inoltre Khri com-

le
pare in svariati nomi dello Zhang Zhung come Khri wer La rje Gu lang
gSer gyi Bya ru can, cioè Khri wer La rje Detentore dell’Aurea Corona di
Corno, il primo dei ‘diciotto re dello Zhang Zhung dalla corona ornata di

bi
corna’ (zhang zhung gi rgyal po bya ru can bco brgyad), discepolo di gShen
rab ed eccezionale patrono del bon (Namkhai, 1989; 2009: 130).
Con l’avvento della dinastia di Yar klungs, il suo mitico fondatore gNya’

cia
khri bTsan po “in accordo alla tradizione marcò l’introduzione del Bon in
Tibet e l’inizio di un governo di tutti i tibetani” (Haarh, 1969: 18). Per tren-
tatré generazioni di re sino a Srong btsan sGam po7 che tentò di gettare le
fondamenta per l’introduzione di una nuova religione che non temesse il

er
confronto con l’autoctona (“la fondazione del pe har/vihara di Ra sa al tem-
po di Srong btsan sGam po è considerata l’inizio della dottrina [buddhista]
in Tibet”, cfr. Richardson, 1985: 27), il bon fu religione ufficiale e l’autorità
m
del sovrano (chab srid) fu affiancata dai sacerdoti reali, gli ‘gshen del corpo
[sacro]’, sku gshen, i quali assolvevano anche alla funzione di protettori re-
gali (Stein, 1986: 201-202). Snellgrove e Richardson parlando dei riti fune-
m
bri di epoca reale ritengono che i sacerdoti officianti fossero “i Bon (‘invo-
catori’) e gli gShen (‘sacrificatori’) ed è verosimile che questi rappresentanti
dell’antica religione abbiano continuato a presiedere a tali riti durante tutto
co

il periodo monarchico” (1998: 67-68); anche Thomas traduce gShen ‘sacri-


ficatore /carnefice’, pur sostenendo che i documenti non forniscono prove
certe (1957: 16); Lalou traduce sku gShen ‘sacrificatore’, basandosi sulla li-
sta dei bon po del Jo mo gling gsum analizzata da Tucci (1949: 716), perché
on

gli gShen sono lì ricordati con il ruolo di tenere fermi per le corna gli ani-
mali da sacrificare e di tagliar loro la gola. Stein mette in luce l’eccezionalità
di questo caso e suppone un legame etimologico con gshed ‘macellaio/car-
an

nefice’ (258, 1970: 176, n. 3), sottolineando però che generalmente le uni-
che funzioni attestate per gli gShen nei documenti di Dunhuang sono quelle
di sacerdoti ritualisti, ovvero la diagnostica (dpyad), i riti funebri (shid),
scacciare e sottomettere i demoni (gsas drag), richiamare la buona fortuna
(phya klags), e la mantica (mo btab), come ricorda la stessa Lalou (1958), a
pi

proposito del Pelliot 1285, ove sono menzionati cento gShen uomini e cen-
to gShen donne che praticano la divinazione; in questi testi non compare il
co

7 Seguendo Karmay, la prima data che può essere fissata con certezza nella storia del
Tibet è il 649 d.C., la morte di Srong btsan sGam po, mentre “le date e i re a lui prece-
denti elencati dagli storici tibetani sono messe in dubbio dagli studiosi occidentali per la
mancanza di evidenze storiche ritenute convincenti”; cfr. Karmay, 1972:     .
132 Tibet

sacrificio di esseri viventi (Stein, 77, 1988: 41-43). In disaccordo con la par-
tizione delle funzioni proposta da Snellgrove e Richardson, Stein ricorda
che bon po e gshen non sono mai presentati come ‘invocatore’ e ‘sacrificato-
re’ a Dunhuang e anzi il Pelliot 1194 attesta uno gShen che espone un rac-

le
conto; il loro ruolo per lo studioso è analogo (Stein, 77, 1988: 43).
Parallelamente, nel quadro della religione bon, lo studioso francese con-
sidera assai prossimi i canti, le recite e i riti di guarigione e funebri, che pre-

bi
sentano i medesimi elementi, come ad esempio l’eliminazione dei demoni
attraverso un sacrificio di riscatto (glud), la purificazione dalle contamina-
zioni e così via (Stein, 258, 1970: 177, n. 12). Stein critica infine la traduzio-

cia
ne di gShen ‘sciamano’, basata su una presunta relazione con una parola
nella lingua dei Keto o Ostiachi, popolo siberiano, inizialmente suggerita da
Hoffmann (98, 1944: 341; 1950, passim) e seguita poi fedelmente da Haarh
(1969, passim) e da Tucci (6, 3, 1955: 199).

er
La capillare diffusione del bon avvenne tradizionalmente all’epoca leg-
gendaria del secondo monarca Mu khri bTsan po (probabilmente prima
del  secolo a.C., cfr. Namkhai, 1996: 22, n. 11). Durante il regno dei pri-
m
mi due sovrani si propagarono gli insegnamenti tantrici del sPyi spungs, uno
dei cicli più importanti dello rDzogs chen (vedi p. 142 sgg.); fiorirono i pre-
cetti legati dello ‘stadio di emanazione o creazione’ (bskyed rim) dei tantra
m
paterni (pha rgyud), e dello ‘stadio di perfezione o compimento’ (rdzogs
rim) dei tantra materni (ma rgyud), e fu introdotto lo rDzogs pa chen po
(Karmay, 1972: 39-45).
co

Mu khri, definito rGyal gShen (sacerdote reale), ricevette, come il padre,


il ciclo degli insegnamenti del sPyi spungs da dMu gshen sNang ba’i mDog
can. Questi lo aveva ricevuto da un leggendario sovrano dello Zhang
Zhung, lo gShen reale Mi lus bSam legs, la cui trasmissione, fondamentale
on

anche per la rivelazione del Ma rgyud, proveniva dalla mKha’ ’gro8 lHa mo
bZang za Ring btsun9 (compassionevole emanazione della dea Byams ma)
(Karmay, 1972: - , 129; Martin, 1994: 33-34).
an

8 Lett. ‘colei che va nel cielo’; sscr. ∂åkin¤; esseri femminili semidivini dotati di poteri
spirituali e custodi degli insegnamenti. Molte di loro si manifestano antropomorficamen-
te, sovente come giovani donne, iconograficamente ritratte danzanti; numerose figure
storiche sono identificate con mKha’ ’gro. Spesso esse sono le compagne dei gter ston e la
pi

loro presenza è indispensabile alla scoperta dei gter ma; comunque molte di loro possie-
dono uno status indipendente e altamente rispettato. Si pensi ad esempio a Co za Bon
mo (    d.C.), anch’ella un’emanazione di bZang za Ring btsun, consorte di sNya chen
co

Li shu sTag ring, la quale sarà incaricata direttamente da Khri srong lDeu’ btsan di svol-
gere un tentativo di riconciliazione con i sacerdoti bonpo esiliati; cfr. Karmay, 1972: 100;
Rossi, 89, 2016b: passim.
9 bZang za Ring btsun, la mitologica Madre dell’Universo della tradizione bon, è lega-
ta anche alla trasmissione dello rDzogs chen; ’Chi med gTsug phud (emanazione del dio
Il bon 133

dMu gshen sNang ba’i mDog can, acquisiti i precetti, sviluppò enormi
poteri tra cui sottomettere ai suoi voti demoni e dèi. La tradizione ascrive
anche al secondo monarca prodigiose facoltà quali librarsi in volo come un
uccello, camminare sulla superficie delle acque, compiere metamorfosi in

le
drago, aquila, leone; e infine l’invito di centootto esperti da sTag gzig, onde
veicolarne e tradurne gli insegnamenti. Mu khri stesso divenne traduttore
nel sTag gzig (Namkhai, 2013: 54).

bi
Questa mitica età dell’oro per la propagazione del bon e l’equilibrio tra
le creature durerà sino al regno dell’ottavo sovrano Gri gum bTsan po. Nel-
lo Zhang Zhung e in Tibet i sacerdoti si curavano dell’aldilà, i sovrani vive-

cia
vano lungamente. La corda dei dMu era sospesa nel cielo, la scala dei dMu
era solida. I re accordavano tre onori agli gShen. Per il corpo, di non taglia-
re i capelli, un turbante di seta bianca sul quale era appuntata una piuma
d’avvoltoio, emblema di regalità, una tunica del manto di lince bianca il cui

er
collare era di pelliccia di leopardo, tigre o caracal, un paio di calzari di seta
dai lacci d’argento. Per la voce, il re garantiva l’onore della parola sempre
prima che egli ordinasse qualcosa. Per la mente, la loro tassazione era ugua-
m
le a quella regale (Karmay, 1972: 43-44).
L’ottavo sovrano del Tibet, Gri gum bTsan po (forse tra  e  secolo
a.C., cfr. Namkhai, 1996: 22, n. 11), tentò di scardinarne l’influenza impo-
m
nendo l’esilio e con una dura persecuzione (Karmay, 1972: - ,
66-67); i suoi ministri, consci del pericolo esercitato sull’ancora piccolo re-
gno dai sacerdoti bonpo, strettamente legati ai potenti sovrani dello Zhang
co

Zhung, indussero il re alla repressione del bon (Namkhai, 2013: 62). Non
solo ciò non raggiunse gli effetti sperati e Gri gum bTsan po venne assassi-
nato, ma fu il sovrano stesso a concedere che almeno gli insegnamenti dei
Quattro Portali Divini (lha bon sgo bzhi), vale a dire il Bon della Causa,10
on

fossero risparmiati dalla persecuzione; probabilmente lo gShen Gyim bu


Lan tsha ricevette l’intera serie del sNang gshen, lo gShen dell’Universo fe-
nomenico, contenente riti apotropaici, esorcistici, protettivi e di riscatto, e
an

gShen lHa ’Od dkar), maestro dello rDzogs chen che diverrà in una successiva esistenza
gShen rab, nasce da bZang za e ’Phrul gshen sNang ldan, il quale, sceso dal cielo come
cuculo, atterra sulla sua spalla destra mentre ella riposa sulla riva di un lago, cfr. Karmay,
1972:    . “Nel Tantra Materno bZang za Ring btsun si manifesta come la ∂ákin¤ Kye
pi

ma ’Od mtsho; insieme con il dio gSang mchog rGyal po, ella rappresenta il cuore della
deità meditazionale (yi dam) del ciclo stesso; ed è ella a trasmettere le rivelazioni del Tan-
tra Materno al Vittorioso gShen Mi lus bSam legs. La ∂åkin¤ Kye ma ’Od mtsho è anche
co

la principale figura connessa alle liturgie e alle pratiche del gCod”; cfr. Rossi, 89, 2016:
156, n. 13.
10 Cfr. Namkhai, 1996: 99: “È molto probabile che le Quattro antiche tradizioni del
Bön divino (lha bon) coincidessero con le serie di Bön successivamente conosciute come
i Quattro Veicoli della Causa”.
134 Tibet

circa mezza serie del Srid gshen, lo gShen dell’Esistenza, relativo essenzial-
mente ai riti funerari (Karmay, 1972: 59).
L’omicidio di Gri gum e l’abbandono in terra delle spoglie mortali se-
gnano un radicale cambiamento rispetto ai suoi sette predecessori, i quali

le
alla morte ascendevano al cielo tramite la corda dMu (dmu thag). Il taglio
della corda, che a seconda delle versioni fu eseguito dal sovrano stesso o dal
suo omicida Lo ngam (cfr. Karmay, 1972: 66 sgg.; Stein, 1986: 202-203;

bi
Namkhai, 1996: 22, n. 10; 2013: 158-162), impedì l’ascensione celeste e i
ministri invitarono dallo Zhang Zhung e da altre lande i bonpo specializza-
ti nell’esecuzione di nuovi riti funerari. Tucci, in relazione al dMu thag, ri-

cia
corda che a Gilgit, terra di tradizione bonpo, si narra ancora di una catena
aurea collegante cielo e terra (1949: 733-734). I Naxi dello Yunnan cinese,
eredi di arcaiche tradizioni religiose bonpo (ivi: 714-716), durante le cele-
brazioni funebri calano da un foro praticato sul tetto della casa una striscia

er
di stoffa bianca affinché ricongiunga il defunto alla sua celeste dimora; inol-
tre impiegano una lunga striscia di stoffa dipinta, disposta verso nord, re-
putato sede degli antenati, raffigurante il cammino post mortem: l’officiante
m
illustra al morto i regni invisibili dipinti sul rotolo, perché eviti le insidie dei
demoni e di altre classi di esseri (Rock, 1937: 40-119; Eliade, 1999: 458; Ni-
coletti, 1995: 108). La capacità di recarsi in cielo tramite la corda dMu è
m
una facoltà regale come il byin, lo splendore, garanzia di potere politico, e il
’phrul dei poteri magici (Blondeau, 1988: 267); esaurite le funzioni terrene i
sovrani non morivano come gli altri esseri ma si dissolvevano unendosi alla
co

corda dMu, detta anche ‘ponte degli dèi’ (lha zam), come in un arcobaleno.
La corda dMu collega la sommità del capo del re e la sua dimora celeste
(Stein, 1986: 195-197). Quando fu recisa, le tombe si fecero sulla terra. Al-
l’inizio, i primi sette sovrani scendevano sulla terra di giorno e di notte
on

ascendevano al cielo. Non appena i figli erano in grado di governare le bri-


glie, afferravano la rMu thag e ritornavano in cielo. Non esistendo un corpo
per i lHa, essi scomparivano come un arcobaleno. Le tombe di quelli morti
an

si trovano in cielo (Haarh, 1969: 119-120).

La diafana apoteosi degli antichi re, che partiva dai piedi per proiet-
tarsi fuori dal sincipite, corrisponde alla tecnica yoga del “processo di
compimento”. I testi parlano anche del “vento”, o della luce che si in-
pi

nalza, come presso i re mitici, a cominciare dai piedi. Il risultato di


queste operazioni è il corpo d’arcobaleno e il trasferimento (’pho ba)
dell’anima (principio cosciente) in un cielo (Stein, 1986: 196-197).
co

Il soffio vitale che si propaga a partire dai piedi ricorda la tecnica di respi-
razione taoista che si compie attraverso i talloni, descritta nel Zhuangzi,
  , 1 (ivi: 220).
Il bon 135

Reynolds (1990: 24) associa i motivi legati alla corda dMu al consegui-
mento del ’ja’ lus (corpo d’arcobaleno), culmine delle pratiche rDzogs chen.
La mente (sems) crea l’illusione, oscurando da tempo immemorabile la
propria reale natura (rang bzhin) che è detta immacolata (dri), luminosa

le
(’od gsal), pura sin dall’origine (ye nas dag pa): il riconoscimento di questo
stato (rig pa), da cui gli esseri si sono allontanati, presuppone l’abbandono
di qualunque concetto e discorsività (rtog pa), che sono generatrici dell’illu-

bi
sione (’khrul pa). Il ricongiungimento del sems alla base primordiale (gdod
ma’i gzhi), sempre esistita in uno stato perfetto e completo (rdzogs pa), è
chiamato mas ldog, ‘ritorno dal di sotto’ e “questo stato di purezza, i.e. la

cia
base primordiale, è il corpo di arcobaleno, il fine ultimo della dottrina rD-
zogs chen” (Karmay, 1988: 190). Inoltre il rilievo della corda, nonché la sua
interruzione per colpa di un antenato mitico che separa cielo e terra defini-
tivamente, è un motivo sciamanico; infatti “il simbolismo della corda, come

er
quello della scala, implica necessariamente l’idea di una comunicazione fra
Cielo e Terra. Facendo da mezzo una corda o una scala (in altri casi anche
una liana, un ponte, una catena di frecce, eccetera) gli dèi discendono in
m
terra e gli umani salgono in cielo” (Eliade, 1999: 457).
Nelle iniziazioni asiatiche di ascesa celeste compaiono i numeri sette e
nove: il giovane sciamano buriate scala una betulla su cui sono state inta-
m
gliate nove tacche; lo sciamano altaico, nel rito del sacrificio del cavallo e
ascesa al cielo, incide nove tacche sul tronco di una betulla, a significare i
nove piani celesti da raggiungere per offrire l’animale alla divinità suprema
co

Bai Ulgan (Eliade, 1999: 139-145; Marazzi, 1984: 56).


Questa simbologia affiora nel bon allorché Lo ngam (ministro di Gri
gum) assassinò il re e la rossa corda dMu e la scala a nove pioli dei dMu
vennero recise. Il corpo del re rimase sulla terra; Lo ngam, chiusolo in uno
on

scrigno di rame, lo gettò nel fiume Nyang (Karmay, 1972: 69). Nella storia
della dinastia ciò costituì un’irriversibile frattura. In seguito all’omicidio,
’Od lde sPu rgyal,11 dopo la prima persecuzione avviata dal padre Gri gum
an

bTsan po, ripristinò il prestigio del bon, avviando una restaurazione e un


nuovo inizio di quel “potere regale integrale dell’antica monarchia tibetana,
esercitato dalla trinità del re, dello gShen gnyan [il capo sciamano] e del mi-
nistro. Questa trinità rappresenta in senso ampio l’idea costitutiva della mo-
narchia tibetana” (Haarh, 1969: 108-109).
pi

Ciò è in accordo con la sacralità del monarca, la cui essenza, derivata da-
co

11 Il cui regno fu probabilmente tra   e  sec. a.C.; contemporaneo all’imperatore


Han Wu di (140-87 a.C.); cfr. Namkhai, 1996: 22, n. 11. La tradizione gli ascrive innova-
zioni come l’installazione dei primi canali irrigativi nella valle dello Yar klung, l’inizio
dell’estrazione di metalli, la costruzione dei primi ponti sui fiumi; cfr. Bogoslovskji, 1972:
28-29; Francke, Thomas, 1914: 79.
136 Tibet

gli antenati divini, si perpetua reincarnandosi in ciascun re nel tredicesimo


anno d’età, rimanendo in esso serbata sino al compimento del medesimo
anniversario del primogenito (Tucci, 1956, 6).

le
         ’

bi
Nel patrimonio sapienziale del Tibet prebuddhista insieme al bon com-
paiono i sGrung (saghe, leggende, narrazioni), la cui esecuzione orale fu da
tempi immemori prerogativa dei sGrung mkhan, bardi e cantori, e i lDe’u,

cia
linguaggi ma anche oggetti simbolici, enigmi.
Nel rGyal rabs gsal ba’i me long (1372) (Lo specchio delle genealogie rea-
li), bSod nams rGyal mtshan (1312-1375) scrive che il potere politico (chab
srid) era dominato dai sGrung e dai lDe’u. Nel Chos ’byung (Origine della

er
dottrina) del 1322/23, Bu ston (1290-1364) afferma che durante il regno di
lHa tho tho Ri gnyan btsan, ventottesimo monarca di Yar klungs, probabil-
mente agli inizi del  secolo d.C. (Cfr. Bogoslovskij, 1972: 33-34, 149, n.
m
12), la sacra legge (il buddhismo) prese avvio, mentre sino ad allora il chab
srid era stato protetto dal bon; a quel tempo apparvero i primi segni della
diffusione del buddhismo sotto forma di libri e oggetti sacri caduti sul tetto
m
della fortezza di Yum bu Bla sgang (Haarh, 1969: 106; Namkhai, 1996: 27).
Come già notato, il bon è intimamente legato alla concezione della rega-
lità; questa connessione è di profondo significato “rispetto allo status degli
co

antichi re tibetani e al ruolo di potere secolare e religioso” (Haarh, 1969:


107-108). Hoffmann dà a chab srid il senso di Leitung, ‘guida, conduzione’,
legata all’esercizio dei riti nei Nove Veicoli (1950: 299).
Chab srid è una delle quattro prerogative dell’esercizio del potere reale;
on

le altre sono chos, la legge religiosa affidata alla classe sacerdotale; mnga’
thang, la maestà, essenza del potere; e dbu rmog, l’elmo, il copricapo, il suo
simbolo attivo, “l’emblema visibile del potere magico del sovrano, trasmes-
an

so di padre in figlio, indossato per l’esercizio delle sacre funzioni di cui è in-
vestito. Esso protegge il capo del sovrano da cui, secondo la tradizione bon-
po, si diparte la corda luminosa che lo congiunge al cielo. Esso dovrebbe
essere collegato al casco o turbante, elemento distintivo del copricapo dello
sciamano” (Tucci, 1971: 573).
pi

Il  Dalai Lama Ngag dbang Blo bzang rGya mtsho (1617-1682) nel Bod
kyi deb ther dpyid kyi rgyal mo’i glu dbyang (1643) (Annali del Tibet: il can-
to della regina di primavera), riferendosi a ’Od lde sPu rgyal, scrive che
co

al tempo di suo padre giunsero gli gShen del bon dei riti Dur [bon dei
riti funebri] dallo Zhang Zhung e da Gilgit. Durante il suo regno fu
costruita la fortezza di ’Phying ba sTag rtse [il picco della tigre di
Il bon 137

’Phying ba, nella valle di ’Phyong rgyas, lungo il corso dello Yar
klungs, sepolcro dei primi re tibetani; cfr. Richardson, 1985: 67] e ar-
rivarono i sGrung, i lDe’u e i grandi gShen del gNam bon [il bon del
Cielo]. Per ventisette generazioni di re il paese fu protetto da queste

le
tre categorie sGrung, lDe’u e Bon (Haarh, 1969: 108-110).12

Tshal pa Kun dga’ rDo rje (1309-1364), nel Deb ther dmar po (1346) (An-

bi
nali Rossi), afferma che Ru la skyes sconfisse Lo ngam rTa rdzi, l’assassino
di Gri gum bTsan po, e intronizzò il principe Nya khri con il nome di ’Od
lde sPu rgyal. A Sha khri, fratello maggiore, e Bya khri, fratello minore, af-

cia
fidò il governo del rKong po e dello Nyang po (regioni del Tibet centro-
orientale). Al tempo di Ru la skyes e ’Od lde sPu rgyal giunsero i sGrung e
i lDe’u (Namkhai, 1996: 27).
Stein (1959: 426-437) e Haarh (1969: 108) definiscono sGrung (bardi,

er
cfr. Stein, 1986: 164) e lDe’u (cantori di enigmi e forse anche di genealogie,
ibidem) due differenti tipologie di sacerdoti che affiancavano i bonpo alla
corte di Yar klungs e che m
dovevano rappresentare tutti insieme, la ‘religione degli uomini’ (mi
chos) in contrapposizione alla ‘religione degli dei’ (lha chos) [...] il
m
buddhismo. I pochi esempi di ‘religione degli uomini’ pervenuti sotto
questo nome sono massime di saggezza, recitate dagli anziani del clan,
e sempre enunciate in uno stile poetico, caratterizzato dall’uso di me-
co

tafore, clichés e proverbi (ibidem).

Per la funzione sacrale dei cantori, già attestata nei documenti di Dunhuang
on

se le cronache dicono che gli antichi bardi ‘proteggevano’ (vale a dire,


esercitavano) il regno allo stesso titolo dei bonpo, è perché la recita-
zione corretta delle leggende sulle origini è un atto religioso, necessa-
an

rio al mantenimento dell’ordine del mondo e della società. I ‘cantori


di enigmi’ (lde’u) dovevano avere le stesse funzioni (ivi: 167).

La nascita da un uovo primordiale (srid pa’i sgo nga), l’apparizione dei lHa,
le divinità celesti; degli gNyan, i semidei dello spazio intermedio; dei Klu,
pi

gli spiriti che presiedono al sottosuolo e alle acque (i Någa della mitologia
indiana), la genealogia delle stirpi umane e la relazione tra queste e le classi
co

12 Il computo delle generazioni annovera in successione: i Sette Khri del Cielo di So-
pra (sTod gnam gyi Khri bdun); i Due sTengs dell’Alto (sTod kyi sTengs gnyis); i Sei
Legs della Terra (Sa’i Legs drug); gli Otto lDe (lDe brgyad), e i Cinque bTsan (bTsan ln-
ga) di cui Lha tho tho Ri gnyan btsan fu il penultimo esponente; cfr. Cutler, 1991: 28-30.
138 Tibet

di esseri non umani che popolano l’universo; e ancora i riti e le manifesta-


zioni delle capacità di emanazione sia di influssi positivi sia di disturbo per-
tengono a questi racconti mitologici (Karmay, 1975: 126-131; 1986: 79-138;
Namkhai, 2009: 39-45; Kværne, 1987: 163-174).

le
Hoffmann (1975: 107-109) evoca l’affinità con le cosmogonie mesopota-
mica e greco-orfica, e l’ascendenza iranica sulle cosmogonie bonpo. Egli ri-
corda il mito di Tun yar Mu Khrod, re dello Zhang Zhung avvertito da un

bi
mandriano che udiva delle voci provenire da una roccia; recatosi colà dal-
l’interno di una spelonca apparve al sovrano un giovinetto dal corpo intes-
suto di luminosi raggi d’arcobaleno (cfr. anche Tucci, 1976: 266-267).13

cia
Tucci suggerisce per le teogonie e cosmogonie bonpo un influsso di dot-
trine gnostiche di origine contemporaneamente iraniana (da sTag gzig e
dallo Zhang Zhung) e scivaita (da Gilgit); l’elemento iranico-zurvanita deri-
verebbe dal contatto con i popoli dell’Asia centrale e dal manicheismo dif-

er
fuso in queste terre, e più tardi dall’influsso uigurico; esso si paleserebbe “là
dove si parla del primo dio del mondo, Yang dar rGyal po, deus otiosus,
presente quando esisteva soltanto una potenzialità indefinita e non c’erano
m
ancora né il sole né la luna, né il tempo né le stagioni” (Tucci, 1976: 263).
L’influenza scivaita e iranica insieme “si collega direttamente con una co-
smogonia sicuramente antichissima su base dualistica” (ivi: 264) ove sono
m
contrapposti il principio della negazione e quello dell’essere; infatti

le creature del dio nero malvagio producono malattie, epidemie, care-


co

stia, armi, in breve tutte le forze opposte all’essere, allo stesso modo in
cui Anra Mainyu (Ahriman) è opposto ad Ahura Mazda (Ohrmazd) o
l’essenza delle tenebre è opposta a quella della luce (ivi: 265).
on

I sGrung rappresentano da sempre per il popolo tibetano un’occasione di ap-


prendimento; quando in Tibet si propagarono i rGyu’i bon bzhi (le quattro
tradizioni del Bon della Causa) – Phywa gShen, sNang gShen, Srid gshen, e
an

’Phrul gShen – le leggende cosmogoniche, le saghe, i racconti scaturiti da quei


miti “vennero inevitabilmente considerate parte della religione” (Namkhai,
1996: 57). Sia i sGrung sia i lDe’u “erano anche meravigliosamente utilizzati
come mezzi destinati a risvegliare profonde conoscenze spirituali” (Namkhai,
1996: 57) chiarendo i principi dello rDzogs pa chen po con fiabe e parabole).
pi

L’etimologia di lDe’u rimane incerta e risale forse alla lingua dello Zhang
Zhung; la scienza dei lDe’u “si serviva di simboli, enigmi e linguaggi segreti
co

13 Il dio Mithra, suprema divinità di luce, al contempo legata all’antro, e all’oscurità


delle grotte di cui è signore, in effetti tra i suoi epiteti ha Petrogenés/Petregenés
(Πετρογενη′ς/Πετρηγενη′ς) ‘Nato dalla roccia’, (Giovanni Lydo, De Mensibus, 4, 30)
(490-560 d.C.); cfr. Liddell, Scott, 1996: 1398; Maniscalco, 2016: 48.
Il bon 139

per trasmettere conoscenze e comunicare informazioni” (Namkhai, 1996:


59). Tra le spiegazioni è l’identificazione con Khegs o Khed, enigmi e indo-
vinelli allusivi agli oggetti da scoprire; ma il termine ebbe sicuramente altri
sensi, ancora misteriosi, e non si deve credere che i re e i ministri ammini-

le
strassero il paese mediante l’uso di indovinelli quando i testi riportano che
anticamente il governo era esercitato tramite i lDe’u (ivi: 60-61); insieme al-
la variante lDe, il termine compare nei nomi di vari sovrani.

bi
Tra le prerogative divine della regalità tibetana si annoverano il ’Phrul, la
creazione magica; bTsan po o bTsad po, che rievoca la nozione di btsan de-
signante un potere principalmente di carattere ctonio”, e lDe, tanto che

cia
in epoca storica i sovrani tibetani furono chiamati lde sras, devaputra,
come gli imperatori cinesi, e vi sono tracce che in tempi antichi erano
chiamati lde sras, i.e. figli del lde. lDe in tibetano antico probabilmente

er
significa ‘creatura divina’. Esso appare nel nome di molte divinità ed è
preceduto da un altro termine (O) prefisso al nome degli esseri divini:
o lde, che più di un nome sembra un titolo: O lde spu rgyal (Tucci,
m
1971: 575-576; cfr. anche Bacot, 1940: 155, n. 2; Uray, 2003: 243, n. 3).

Il sistema divinatorio del lDe’u ’phrul, assai praticato nell’antica tradizione


m
bonpo, si fa risalire alla trasmissione degli insegnamenti di gShen rab nel
Phywa gShen (vedi p. 143) e costituisce un ulteriore fondamento per la
comprensione dei lDe’u; per molti secoli i tibetani hanno usato tale metodo
co

il cui significato potrebbe essere ‘manifestazione (’phrul) della conoscenza


(lde’u)’ o anche della chiaroveggenza (rmu gab) “poiché lo ritenevano parti-
colarmente efficace nel rivelare tutto ciò che normalmente rientra nella sfe-
ra dell’occulto; ad esempio in che modo una persona debba agire per evita-
on

re la sfortuna o vedere esauditi i propri desideri” (Namkhai, 1996: 73).


Uno stretto legame intercorse tra i metodi divinatori e l’esercizio giuridi-
co: i magistrati locali impiegavano dadi e manuali divinatori per decidere
an

nelle dispute legali; sebbene non risulti chiaro il ruolo da questi espletato
nell’amministrazione della giustizia, tali pratiche si sovrapponevano a quel-
le impiegate dagli specialisti rituali nella prognosi e nelle terapie di guari-
gione; inoltre il contenuto delle opere mantiche svela “un pantheon impe-
riale di divinità da cui derivano i pronostici, poiché i testi ricordano divinità
pi

terrioriali nelle diverse regioni. Ciò rivela la creazione di un pantheon pan-


tibetano, emerso grazie all’espansione e alla centralizzazione amministrativa
dell’impero tibetano” (Dotson, 2007: 59).
co

Esistono due tipi di lDe’u: il primo nella forma di brevi componimenti


enigmatici; per gli insegnamenti dello rDzogs pa chen po “ha la funzione di
favorire la comprensione diretta dei principi e dei metodi più profondi e se-
greti attraverso l’enigma” (Namkhai, 1996: 76). Un secondo tipo si avvale
140 Tibet

sia dell’interpretazione di oggetti simbolici (attraverso cui si decide quali


azioni compiere senza l’ausilio della parola) sia di un linguaggio segreto (log
pa’i skad) composto di enigmi.
Si consideri l’inganno a danno dell’ultimo re dello Zhang Zhung, Lig mi

le
rGya, ordito dalla consorte Sad mar kar, sorella di Srong btsan sGam po: il
fratello le inviò un’ambasceria guidata dal ministro sPug Gyim brtsan rMa
chung invitandola ai suoi doveri di regina; ma Sad mar kar, mentre il mini-

bi
stro la omaggiava, cantò versi di dolore (contenuti nella Cronaca di Dun-
huang; cfr. Bacot, Thomas Toussaint, 1940, cap. 8) per la permanenza in
terra straniera e dichiarò che in questa circostanza non aveva alcuna rispo-

cia
sta scritta14 da inviare, ma mise direttamente nelle mani di Gyim brtsan un
sacchetto composto da una striscia di stoffa del suo stesso indumento (zhu
g.yag zhu) assicurandosi che venisse consegnato al re (Uray, 25, 3, 1972: 5).
Tornato in Tibet il ministro consegnò il pacchetto sigillato a Srong btsan

er
sGam po, il quale a lungo riflettè con i suoi ministri sui Canti della regina e
sul contenuto dello zhu di trenta turchesi antiche di pregevole qualità (ibi-
dem). Finalmente il sovrano comprese m
e disse: “se saremo capaci di affrontare Lig mi rGya indosseremo [al col-
lo] le turchesi [alla maniera degli uomini]; in caso contrario vestiremo lo
m
zhu alla foggia delle donne”. Dopo avere ancora ponderato il re e i mini-
stri abbatterono con un’imboscata il potere di Lig mi rgya (ivi: 5-6).
co

È incerto se Lig mi rGya sia stato sconfitto da Srong btsan sGam po o da


Khri srong lDe’u btsan e di conseguenza se il regno dello Zhang Zhung sia
stato annesso a quello del Tibet nel  (come si evince dai documenti di
Dunhuang) o nell’ secolo d.C. Nei testi bon, Khri srong lDe’u btsan
on

(755-797 d.C.) è contemporaneo di Lig mi rGya ed è narrato che il grande


maestro bon dello rDzogs chen, sNang bzher Lod po, vendicò l’omicidio
del sovrano, istigato della vedova Za snang sGron legs ma, inviando una
an

bomba magica a base aurea (Tswo dbal) che ferì gravemente il re del Tibet.
La questione non è del tutto risolvibile e si intreccia con il tema dell’antece-
denza tra fonti bonpo e documenti di Dunhuang, e della successione dei
paragrafi del Pelliot 1287, riguardante i suddetti fatti, ricostruita da Bacot e
pi

14 Per Dagkar ciò testimonierebbe una lingua scritta in Tibet prima della codificazio-
ne di Thon mi Sam bho †a, da poter essere usata normalmente in uno scambio del gene-
co

re. L’ipotesi appare logica; cfr. Namkhai, 2013: 174-202. Che la scrittura fosse nella lin-
gua dello Zhang Zhung e non in tibetano è inaccettabile per Dagkar, il quale lascia però
inevasa la domanda se i due fratelli avessero potuto imparare tanto velocemente la scrit-
tura da avvalersene in modo così sicuro, subito dopo il ritorno in Tibet di Thon mi; cfr.
Dagkar, 2003: 511-512; Uray, 25, 3, 1972: 5-38.
Il bon 141

reputata arbitraria principalmente da Uray (1968), Petech (1988) e Macdo-


nald (1969). Nell’ottavo paragrafo del Pelliot 1287 è illustrata la storia di
Sad mar kar,15 della missione di sPug Gyim brtsan rMa chung, teoricamen-
te per riconciliare i coniugi in rotta, e della guerra allo Zhang Zhung; il mi-

le
nistro viene menzionato nuovamente in un passo degli Annali (Bacot, Tho-
mas, Toussaint: 1940: 13) ove è mngan (intendente) del paese di Zhang
Zhung; il ms. Pelliot 1288 riporta che tre anni dopo l’arrivo della principes-

bi
sa Mung chang Kong jo, la consorte cinese di Srong brtsan sGam po, quin-
di nel 644 d.C., lo Zhang Zhung cadde nelle mani del Tibet; verosimilmen-
te questa appare l’ipotesi storicamente più percorribile (cfr. a favore Uray,

cia
1968; 1990: 127-131; Macdonald-Spanien, 1969: 533-534; 1971: 220, 259;.
Stein, 74, 1985: 83 sgg.; Petech, 1988: 310; 1939: 52, n. 8; Demiéville, 1970,
 : 65-67; Karmay, 33, 1975: 181; Namkhai, 1996: 23, n. 12, 340, n. 81;
Dotson, 2009: 33; cfr. contrari Bacot, 1940: 159, n. 1; Róna-Tas, 1958; Mil-

er
ler, 1963a; 1963b; Dagkar, 2000: 439-440).
m
             :                      
I dettami (bon) di gShen rab dopo l’ingresso in Tibet già pertengono alle
m
cosiddette dodici scienze:
1. le istruzioni per pregare gli dèi (lha gsol ba) collegate al bon delle divi-
nità, la scienza della protezione (mgon shes lha bon);
co

2. i precetti impartiti per bandire il potere dei demoni (’dre bkar ba) per-
tinenti sia al bon dei Glud, la scienza degli esseri (’gro shes glud bon),
sia ai rituali gTo, la scienza della proclamazione (smrang shes gto dgu);
3. le norme per scacciare le maledizioni (yugs phud pa), attinenti allo
on

gShen dell’esistenza, la scienza dei rituali funerari (’dur shes srid


gshen).
In merito alle dodici scienze, in cui rientrano i veicoli del Bon della Causa
an

(rgyu’i bon theg pa), e ai veicoli del Bon del Frutto (’bras bu’i bon theg pa)
“chi può dire se questo genere di insegnamenti non si propagò in Tibet nel
15 L’importanza della btsan mo (regina-madre/principessa) è notevole nella formazio-
ne del regno tibetano; analogamente alla pratica dei matrimoni dinastici mediante cui il
pi

regno di Yar klungs estese notevolmente i propri confini, come puntualizza Dotson sulla
scorta di Uray: “Lo sposalizio della principessa Sad mar Kar con Lig myi rGya, sovrano
dello Zhang Zhung, fu sostenuto dalla logica di acquisire il sopravvento su un paese stra-
co

niero, attraverso il matrimonio con una donna tibetana. Inoltre Lig myi rGya era piena-
mente consapevole delle dinamiche di potere implicate in tale matrimonio e come sotto-
lineò Uray [25, 3, 1972: 36] la comprensione che un re dello Zhang Zhung con una ma-
dre tibetana avrebbe indebolito il suo paese ne indusse la castità nei confronti di Sad mar
Kar” (cfr. Dotson, 2009: 33).
142 Tibet

lungo periodo che intercorse tra la morte di gShen rab Mi bo che e il tem-
po precedente l’avvento del primo re del Tibet gNya’ khri bTsan po?”
(Namkhai, 2013: 46). Prima della dinastia di Yar klungs, i testi del gSas
mkhar spyi spungs (Collezione generale del palazzo gSas), essenza profonda

le
degli insegnamenti bon, legati allo gShen Nam mkha’i mDog can (tradizio-
nalmente maestro del primo e secondo sovrano di Yar Klungs, cfr. Karmay,
1972: 31-46), si erano già diffusi in Tibet (Namkhai, 2013: 51).

bi
Il rGyal rabs bon gyi ’byung gnas (Fonti bon per la storia dei lignaggi re-
gali) afferma che in Tibet, sGam lHa sras, Dog lHa Bon po e così via, furo-
no i bonpo delle dodici scienze (Namkhai, 2013: 47).

cia
Essi scelsero il nome reale, eseguirono le purificazioni rituali (khrus
gsol) e vi fu un re, gNya’ khri bTsad po. Ancor prima lo gShen Nam
mkha’i mDog can risiedette in Tibet. Non v’era alcuna legge monar-

er
chica, ma poiché la regola del Bon abbracciava il paese, [ciò significa
che] i bonpo vi dimoravano anteriormente al sovrano (ibidem).
m
Riguardo alla presenza dello gShen Nam mkha’i mDog can in Tibet,

poiché è implicito che egli possedeva gli insegnamenti del ciclo sPyi
m
spungs, come si puo esser certi che non li trasmettesse ai bonpo del Ti-
bet? Se i precetti del sPyi spungs furono trasmessi anteriormente a
gNya’ khri bTsad po, allora è logico supporre che anche quelli dello
co

rDzogs pa Chen po, i più antichi insegnamenti del Bon del Frutto, era-
no già presenti (ibidem).

Tradizionalmente si ritiene che i Tre Cicli di Propagazione del sPyi spungs ve-
on

nissero proclamati nel mondo degli Dèi, dei Klu e degli Esseri Umani rispet-
tivamente dallo gShen dei lHa (dèi), Yongs su Dag pa, dallo gShen dei Klu,
Ye shes sNying po, e dallo gShen reale dei rGyal rigs (lett. vittoriosi, lo gShen
an

degli esseri umani) Mi lus bSam legs (cfr. Karmay, 1972: - , 15, n. 3).
I princìpi delle dodici scienze sono esposti nelle proclamazioni (smrang)
dei racconti mitologici, garanzia dell’efficacia del rito, il cui tenore riverbe-
ra la conoscenza diretta dei poliedrici aspetti dell’energia degli esseri nella
loro dimensione di esistenza.
pi

Il termine tecnico smrang, molto importante nel bon, “designa una sorta
di declamazione solenne” caratterizzata nello gZi brjid “da ‘ululati’ (gchong)
e dall’epiteto di ‘verità’ (bden pa)” (Stein, 258, 1970: 179-180, n. 23). Esso è
co

etimologicamente legato a smra ‘parlare’ e a smre ‘espressione di dolore op-


pure enigmatica, imprecazione’. Stein spiega che la nozione di smrang è pa-
rallela a quella di gzhung ‘testo sacro’ e di rabs ‘racconto dell’origine’ ed “è
connessa alle offerte di riscatto (glud, yas)” (ibidem).
Il bon 143

L’esatta narrazione dei miti delle origini “riattualizzava la continuità con


il tempo mitico degli inizi e, quindi, assicurava il successo dell’operazione
in corso” (Eliade, 2006: 290).
Sempre dallo gZi brjid si ricava che smrang è “alla base dei riti funerari

le
ed esorcistici delle Acque Nere (Chab nag), come sngags (mantra) è alla ba-
se della categoria delle Acque Bianche (Chab dkar)” (Stein, 258, 1970: 179-
180, n. 23). Questi racconti erano narrati nelle competizioni rituali, dalle

bi
corse di cavalli ai giochi atletici, in occasione dei matrimoni e soprattutto
nelle celebrazioni dell’anno nuovo (lo gsar) il cui tema essenziale era costi-
tuito dalla lotta tra gli dèi celesti e i demoni; Stein rammenta che

cia
gli dèi assistono allo spettacolo e ridono insieme agli esseri umani. La
prova della risoluzione degli enigmi e la recitazione dei racconti, come
quella delle saghe, si ripercuotono sul raccolto e sulla salute del bestia-

er
me. Dato che in occasione delle grandi feste si trovano riuniti sia gli
dèi sia gli esseri umani, le opposizioni sociali al tempo stesso si affer-
mano e si appianano, e il gruppo, ricollegandosi al proprio passato
m
(origine del mondo e degli antenati) e al suo habitat (antenati-monta-
gne sacre), si sente ritemprato (1959: 440-441).
m
Per la stesura delle successive sezioni di questo paragrafo, interamente de-
dicate alle Dodici Scienze, la conditio sine qua non è costituita dallo studio
di Chögyal Namkhai Norbu Drung, Deu e Bön. Le narrazioni, i linguaggi
co

simbolici e il Bön nell’antico Tibet, la cui traduzione dal tibetano all’italiano


e relativa cura sono state eseguite da Adriano Clemente.
L’opera verrà ripetutamente citata, perché nessun testo in lingua occi-
dentale illustra meglio i contenuti e le caratteristiche di queste facies cultu-
on

rali (Namkhai, 1996: 104-344):


1. mGon shes lha bon, il bon della divinità, scienza della protezione, o il
bon della divinità che sa proteggere (ivi: 104-122). Esso pertiene al sNang
an

gshen del bon della causa e raggruppa due tradizioni rituali dello gShen del-
l’universo fenomenico che afferiscono al Fiume delle Acque nere: le divi-
nità Thugs dkar e le divinità sGra bla (cfr. Clemente, 1994) e Wer ma. Tali
numi, molto importanti nel bon, sono ritenuti da maestri e praticanti “gli
speciali protettori che li accompagnano e li assistono in ogni circostanza”
pi

(Namkhai, 1996: 105). Al ciclo dei numi Thugs dkar appartiene la tradizio-
ne (gzhung) bianca (dkar) dei lHa (divinità che dominano lo spazio celeste
superiore)16 dell’esistenza primordiale (ye srid); la tradizione nera (nag) dei
co

16 “In epoca imperiale il termine lha indica in generale gli dèi autoctoni, segnatamen-
te i Phywa e i dMu che furono associati al cielo (gnam) e svolsero un ruolo primordiale
nei miti di gNya’ khri bTsan po, il primo re leggendario della dinastia di Yar klungs.
144 Tibet

conquistatori primordiali (ye ’dul); la tradizione multicolore (khra) degli


gNyan dal potere primordiale (ye dbang) (ivi: 106-109).
Gli gNyan sono antichi dèi molto legati ai Sa bdag (lett. padroni del suo-
lo)17 e ai Klu (prevalentemente esseri ofidici semidivini, ctoni e acquatici);18

le
generalmente la posizione loro assegnata è tra cielo e terra e il loro colore è
il giallo. Essi sono spiriti della natura selvaggia e abitano la terra (sa gnyan),
le foreste (nags gnyan), gli alberi (shing gnyan), le rocce (brag gnyan), i

bi
ghiacciai (gangs gnyan), le acque (chab gnyan), il fuoco (me gnyan), le nuvo-
le (sprin gnyan), il vento (rlung gnyan), l’arcobaleno (gzha’ gnyan) e così via
(De Nebeskj-Woikowitz, 1975: 288-289; cfr. anche Tucci, 1949: 721-722;

cia
Karmay, 2010).
Pacificare (zhi ba), incrementare (rgyas pa), conquistare (dbang pa), e la
distruzione feroce (drag po) sono le quattro azioni (phrin las bzhi) per cui le
schiere divine Thugs dkar sono invocate (Namkhai, 1996: 109, n. 18).

er
Per le divinità sGra bla, il nesso sgra bla, ‘bla del suono’, allude alle loro
capacità: “il bla rappresenta la funzione psicoenergetica dell’individuo in
relazione alle energie del mondo esterno. Chi ha il bla integro ha una forza
m
protettiva efficace” (ivi: 118, n. 51). Il suono (sgra) “è connesso con il
phywa (la forza positiva dell’individuo, base della prosperità) e con tutti gli
aspetti dell’energia legati alle entità protettrici” (ivi: 121); mediante il suono
m
si mantiene sia il legame con le divinità protettrici che si possiede sin dalla
nascita sia quello tra l’individuo e il proprio bla.
I praticanti dello gShen dell’universo fenomenico [sNang gShen], ren-
co

dendo culto ai sGra bla e ai Wer ma [...] e onorandoli con le ‘prime offerte’
(phud) delle tre sostanze bianche (dkar gsum: latte, yogurt, burro), con i so-
stituti delle tre sostanze rosse (dmar gsum: carne, sangue e ossa), e con me-
dicine nettaree [sman grub/sman rtsi] placano le disarmonie dell’universo e
on

proteggono l’insegnamento del Bön, sottomettono le entità ostili e le ener-


gie negative, e ristabiliscono la felicità nel mondo (ivi: 113).
2. g.Yang shes phywa bon, appartenente al Phywa gshen theg pa (Nam-
an

khai, 1996: 123-144); ogni fenomeno è governato dal phywa, la capacità vita-
le indistruttibile che comprende molti aspetti benefici: g.yang, la prosperità;

Quando il buddhismo si stabilì nel paese con lo studio del sanscrito e le traduzioni dei
testi buddhisti, lha fu utilizzato per tradurre il sanscrito deva. Il termine designò le divi-
pi

nità buddhiste e induiste e conseguentemente si riferì non solo agli dèi delle cosmologie
bonpo e buddhiste, ma anche alle divinità del tantra. [...] Le nozioni di lha e bla furono
assimilabili in epoca antica”; cfr. Karmay, 2, 2003: 69.
co

17 Cfr. De Nebesky-Wojkowitz, 1975: 291-298; Tucci, 1949: 722.


18 Cfr. De Nebesky-Wojkowitz, 1975: 290-291; Tucci, 1949: 722; Hoffmann, 1950:
157 sgg.; Rock, 1952: passim. Nei documenti di Dunhuang è ricordato un Klu che si im-
possessa del cadavere di Gri gum bTsan po e che pretende una fanciulla in compenso.
Cfr. Bacot, Thomas, Toussaint, 1940: 98, 126; Karmay, 2, 2003: 70.
Il bon 145

dpal, la gloria; phun sum tshogs pa, la completezza; bkra shis, la buona sorte;
dbang thang, che indica sia “l’ascendente o il carisma che una persona può
avere sugli altri, sia la capacità di svolgere attività di primo piano in qualsia-
si campo” (ivi: 121, n. 64). La principale divinità del Phywa gshen è dKyil

le
chen Phu wer dKar po, sostenitore e custode del soffio essenziale; ugual-
mente importanti i Klung rta’i lHa, numi garanti del klung rta o rlung rta:
klung, ‘fondamento universale, onnipervadente’, è lo spazio, il quinto ele-

bi
mento, base degli altri elementi; rta ‘cavallo’, emblema del cavallo eccellente
della tradizione (rta mchog), in virtù della sua velocità “sembra riferirsi al-
l’idea di trasferire dalla negatività alla positività [...] tutto ciò che è basato sui

cia
cinque elementi” (ivi: 131). Sulle bandierine colorate klung rta o rlung rta
(lett. cavallo di vento, scrittura più recente della parola allusiva all’essere al-
zate in cielo e mosse dal vento delle bandierine (ivi: 133), cui è dedicato un
diffusissimo culto, il cavallo (rta) è la figura centrale circondato ai quattro

er
angoli dalla tigre (stag), simbolo dell’elemento aria o legno (shing); dal leone
(seng), simbolo dell’elemento terra (sa); dal khyung/garu∂a uccello mitico,
che emana fiamme dalle corna simbolo dell’elemento fuoco (me), e dal dra-
m
go (’brug), simbolo dell’elemento acqua (chab). Queste creature esprimono

non solo la condizione degli elementi, ma soprattutto la loro funzione


m
attiva. La medesima funzione è personificata dal cavallo eccellente,
tradizionalmente ornato del mitico gioiello fiammeggiante (nor bu me
’bar) che esaudisce tutti i desideri e simboleggia il potere degli ele-
co

menti di trasformare la sfortuna in fortuna (ivi: 132-133).

Altri importanti numi sono i ’Go ba’i lHa lnga, le cinque Divinità dell’indi-
viduo: Mo (madre) lHa, la Divinità delle femmine; Srog (energia) lHa, la
on

Divinità della forza vitale; Pho (padre) lHa, la Divinità dei maschi; Yul lHa,
Divinità dei luoghi; dGra lHa, la Divinità del nemico (Dotson, 80, 2, 2017).
Un culto tributato da tempi antichissimi, molto diffuso nel Tibet orientale,
an

è per le Phug lHa, lett. ‘divinità dell’interno’ o Khyim lHa, ‘divinità della
famiglia’, essenzialmente deità che presiedono al phywa della casa, al foco-
lare (Namkhai, 1996: 138-141).
3. ’Gro shes glud gtong, i riti di riscatto, ovvero la scienza di coloro che
sanno indirizzare correttamente il riscatto, appartenente al sNang gshen (ivi:
pi

145-160).
Glud designa i riti di riscatto dai pericoli provocati da lHa, Klu, gNyan,
e da qualsiasi altro spirito dell’universo solitamente classificato nelle otto
co

classi (sde brgyad; cfr. Tucci, 1949: 717 sgg.; De Nebesky Wojkowitz, 1975:
254 sgg.; Beyer, 1973: 292-301; Ermakov, 2008: 220-228; Karmay, 2002:
67-81) o nella antica suddivisione bonpo delle trentatré dimensioni di esse-
ri non umani (g.Yen khams sum cu rtsa gsum).
146 Tibet

Si mette a punto il rituale adatto all’essere che ha aggredito la vittima per


riscattarne la vita con uno ‘scambio equo’ (mnyam brje); abbiamo i riti
mDos, i Glud e gli Yas, ovvero

le
artifici per sottrarsi ai pericoli provocati dalle forze nemiche. Tali peri-
coli possono essere fisici, materiali (gzugs can) o invisibili, immateriali
(gzugs med). [...] Alla base di ogni mdos c’è l’idea del riscatto (glud).

bi
Quindi il rito presuppone la presenza dell’immagine della persona
(ngar glud, ngar mi) a favore della quale viene compiuto il riscatto o
che deve venire protetta (srung bya). [...] Qualche volta il glud è un ca-

cia
pro espiatorio reale, uno scapegoat, per lo più un mendicante che in
cambio di una modesta somma di denaro o di un capo di vestiario
nuovo viene indotto a prendersi la malattia della quale è affetto l’offe-
rente” (Tucci, 1976: 220).

er
La base composta da tre o quattro piedi sulla quale viene allestito il mDos rap-
presenta il ri rab lhun po, la montagna cosmica, il monte Meru, che svolge un
m
ruolo notevole nella mitologia sciamanica di diversi popoli come gli Yakuti e i
Naxi (De Nebesky Wojkowitz, 1975: 552; Harva, 1959: 44-62). De Nebesky
Wojkowitz nota come l’asse ligneo, centrale e verticale di un grande mDos è
m
chiamato srog shing ‘albero/legno dell’energia vitale’ e ipotizza che il mDos
posto sulla base del ri rab lhun po rappresenti il leggendario albero cosmico
che cresce sulla montagna cosmica, simbolo di vita e immortalità e dal cui le-
co

gno si ritiene gli sciamani fabbrichino i propri tamburi (1975: 553; cfr. anche
Eliade, 1999: 283-297). La serie dei riti Glud è la più importante tra le quattro
tradizioni rituali dello gShen dell’universo fenomenico, il ’Phan yul (vedi pp.
35-37). Allo scopo si preparano le immagini rituali, stampate o dipinte, esem-
on

plificative della ricchezza cosmica (montagne, animali, foreste, eccetera) al cui


centro verrà collocato il glud gzugs, l’effigie (gtor ma) sostitutiva dell’individuo
che lo eguaglia esteticamente e nelle qualità sensoriali; essa, offerta alle entità,
an

è comunemente composta di farina d’orzo tostata (tsam pa) e burro.


Il medesimo costume di trasferire malattia e sfortuna nel glud è praticato
anche dai Goldi, etnia tungusa, i quali allestiscono un’effigie di fieno in cui
è adescato lo spirito causa della malattia ed essa, come il glud, è poi gettata
via; anche gli sciamani dei buriati bandiscono gli spiriti malefici in un’effigie
pi

o in un vero capro espiatorio (De Nebesky-Wojkowitz, 1975: 553; Heissig,


48, 1953: 408).
4. ’Dur shes srid gshen, lo gShen dell’esistenza, la scienza che sa eseguire i
co

riti funerari (Namkhai, 1996: 161-184). Esso appartiene al Srid gShen. Gli
esseri dotati di un corpo che trasmigrano sono afflitti da provocazioni del-
l’energia (gdon), e dall’incertezza di luogo, momento e condizione della
morte (cfr. Snellgrove, 1967: 116 sgg.). Tucci ricorda che
Il bon 147

l’impurezza sacrale è di impedimento a un destino favorevole e rende


ricettivi a tutto ciò che è sfavorevole. I gdon, una vastissima classe di
demoni non ben delimitabile, ne approfittano. Di regola sono dette
gdon le forze che provocano la malattia [...] gdon è lo stato che si in-

le
staura in seguito ad un peccato o comunque ad una contaminazione.
Adempiendo alle prescrizioni rituali, p. es. mediante la lustrazione
(khrus) si cancella ogni macchia e i gdon perdono potere sulla persona

bi
così purificata. In sostanza gdon significa la somma degli squilibri psi-
chici e fisici causati dall’influsso sia dei pianeti, dei ’byung po (sanscri-
to bh∑ta:19 l’espressione sia in sanscrito sia in tibetano ha un duplice

cia
significato in quanto definisce tanto gli elementi naturali quanto i de-
moni) del mondo superiore, tra cielo e terra, sia dei gNyan nel mondo
sotterraneo (Tucci, 1976: 217-219).

er
Tutti i bon dello gShen dell’esistenza partono da due metodi: l’esame dei
modi di morire (shi thabs), e i riti per soggiogare le energie negative che
ostacolano il morto per condurlo in una dimensione intermedia (bar sa)
m
confortevole. Il ’dur gshed, la conquista dello gshed (l’impedimento), fu in-
trodotto in Tibet dallo Zhang Zhung dal bonpo sTong rgyung mThu’ chen
dopo l’omicidio di Gri gum (Namkhai, 1996: 174, n. 33). Le entità gShed
m
possono agire più facilmente alla morte per impadronirsi del bla (anima)
approfittando dell’assenza del corpo che rende più arduo l’assalto. Il bla se-
parato dalla mente (sems) e dalla coscienza percettiva (yid) è molto fragile;
co

con l’intervento del ’dur gshed, il bla è recuperato e riunificato (Namkhai,


1996: 174).
5. gTsang shes sel ’debs, i riti di esorcismo, la scienza per esorcizzare e
purificare pertiene al sNang gshen e fa parte della ‘grande proclamazione
on

delle origini dell’esistenza’ del Fiume delle Acque Nere (Namkhai, 1996:
185-214). A causa delle passioni, gli esseri umani non distinguono bene e
male, accumulando azioni che turbano i numi delle Pure Regioni (gTsang
an

ris kyi lHa). Il potere che dimora nei luoghi e nella terra connesso a varie
entità si sgretola corrompendosi e indebolendosi (mnol bar ’gyur); le esala-
zioni di queste contaminazioni cagionano miseria, carestia, epidemia,
guerra: il compito dei riti esorcistici è eliminare (sel ba) e purificare gli in-
flussi nefasti.
pi

19 Nello ‡atapatha Bråhma∫a, dove il termine compare in origine, bh∑ta descrive gli
‘esseri viventi’ creati da Prajåpati; successivamente nelle Upanißad, i bh∑ta sono “spettri,
co

bande di fantasmi, folletti, spiriti-serpente, vampiri e simili, da non confondersi con gli
asura (demoni), gli yakßa (spiriti) e i rakßasa (orchi) [...]. In seguito le qualità negative dei
bh∑ta si assimilarono con quelle di particolari preta, come coloro che erano morti di mor-
te violenta o che erano deceduti senza che venissero celebrati i prescritti riti funebri”; cfr.
Stutley M., Stutley J., 1980: 68.
148 Tibet

6. ’Grol shes gtad byad, la scienza che libera dalle maledizioni


(Namkhai, 1996: 215-226). Essa pertiene al sNang gshen e consiste nei riti
gTo dello gShen dell’universo fenomenico. gTo designa quei potenti riti
esorcistici in cui l’officiante si avvale del potere della propria divinità pro-

le
tettrice, soddisfatta con offerte, per dominare le energie negative (cfr. Tuc-
ci, 1976: 224-226; Namkhai, 1996: 215). I riti rimuovono le provocazioni
scagliate dagli esseri non umani e innescate dalle azioni umane come ab-

bi
battere o divellere gli alberi, che sono il sostegno delle energie dei Sa bdag,
cui sono sacri; deviare ruscelli, scavare la terra (sa brko), rimuovere pietre
(rdo slog), uccidere uccelli o animali feroci (Tucci, 1976: 248); essi rime-

cia
diano anche ai malefici inviati dagli esseri umani. I riti per gli esseri non
umani sono offerti alle divinità delle Pure Dimensioni (dByings kyi lHa);
alle dBal mo del cielo (mkha’i dBal mo); ai protettori giurati dello spazio
(Klong gi dam can); ai Sa bdag, ai Klu, agli gNyan. Esistono cerimonie an-

er
che per annullare gli effetti di magie umane come il gtad rul in cui sostan-
ze e mantra devastanti sono inseriti in un corno di yak sotterrato sotto le
fondamenta della casa del destinatario (cfr. De Nebesky-Wojkowitz, 1975:
m
483-486).
7. Phan shes sman dpyad, la scienza della medicina (Namkhai, 1996: 227-
244); i metodi terapeutici pertengono al Phywa gshen. La diagnosi si basa
m
sull’anamnesi delle cause (rgyu rkyen mthong la dpyad pa); sull’analisi del
battito del polso (ngos ’dzin rtsa la dpyad pa); sull’esame delle urine (phan
gnod chu la dpyad pa); e sui segni di morte o guarigione (’chi sos khams la
co

dpyad pa). La cura è basata sulla dieta (zas), sul comportamento adeguato
(spyod), sulle medicine (sman), sugli interventi esterni (dpyad) quali il salas-
so, la moxibustione, l’agopuntura; in caso di gdon, la divinazione e i calcoli
astrologici appurano l’eziologia e i riti gTo rimuovono le avversità.
on

8. sKos shes rtsis mkhan, l’astrologia, scienza che controlla l’ordine del-
l’esistenza; pertiene al Phywa gshen (Namkhai, 1996: 245-270). Secondo la
tradizione, il principale depositario del bon delle scienze astrologiche fu
an

’Phrul bu chung, figlio di gShen rab (cfr. Karmay, 1972: 23). L’astrologo
decide cosa o meno è giusto nell’esistenza per controllarne il corso. Esisto-
no trecentosessanta combinazioni oroscopiche dette gab rtse, ‘punte nasco-
ste’, ove gab, ‘nascosto’, si riferisce:
1. alle classi di esseri (Klu, gNyan, lHa, eccetera)che controllano un de-
pi

terminato arco temporale;


2. al ’byung rtsis, l’astrologia degli elementi;
3. agli otto spar kha, i trigrammi legati agli elementi, centrali al diagram-
co

ma circolare dell’ellittica zodiacale: il gab rtse ’phrul gyi me long, ‘lo


specchio delle manifestazioni delle punte nascoste’, rappresentato co-
me una tartaruga distesa supina;
4. ai nove sme ba, i diagrammi, connessi agli elementi, che simboleggiano
Il bon 149

la totalità dei fenomeni dell’esistenza, l’insieme delle caratteristiche


positive o negative che ricorrono invariabilmente e periodicamente
durante i cicli temporali astrologici.
I nove sme ba, gli otto spar kha, e i dodici animali – cavallo (rta); pecora o

le
ariete (lug); scimmia (sprel); uccello (bya); cane (khyi); maiale (phag); topo
(byi); bufalo (glang); tigre (stag); coniglio o lepre (yos/rna ring); drago
(’brug); serpente (sbrul) –, associati al ciclo di dodici anni, costituiscono il

bi
centro del gab rtse. Punta (rtse) si riferisce invece alle congiunzioni astrolo-
giche, poiché nei trecentosessanta gab rtse si studiano le rotazioni cicliche
astrologiche degli esseri appartenenti alle otto classi, in particolar modo i Sa

cia
bdag che influenzano il bla (Namkhai, 1996: 247-250).
9. sMrang shes gto dgu, i riti gTo, scienza che sa proclamare le origini
(Namkhai, 1996: 271-286); essa pertiene in parte al Phywa gshen e in parte
al sNang gshen per i veicoli del Bon della Causa, e comprende due rituali

er
dello gShen dell’universo fenomenico:
1. srid pa mi’u rgyud kyi gzhung, ‘le generazioni umane dalle origini
dell’esistenza’, appartenente alla serie delle Acque Nere. Con la pro-
m
clamazione del potere della verità (bden pa’i smrang) l’officiante espo-
ne i miti delle origini (cho rabs), dalla generazione cosmica, con la de-
scrizione delle due uova cosmiche, luminosa una, buia l’altra, a quella
m
dell’esistenza umana (Karmay, 33, 1975: 191-196);
2. ’dre dang sri yi go, ‘i riti per i ’Dre e per i Sri’, conosciuti nel sNang
gShen come il Bon delle Acque Bianche. Le liturgie allontanano le
co

negatività di queste entità malefiche che dimorano al centro della


terra da cui si muovono scatenando guerre e afflizioni, al punto che
gShen rab approntò una serie specifica di riti gTo in cui a tali numi
sono dedicati piccoli doni rituali affinché si dileguino (Namkhai,
on

1996: 280).
10. lDing shes sha ba, i riti del cervo che vola, o colui che sa volare ed ese-
gue i riti del cervo (Namkhai, 1996: 287-307); esso pertiene al sNang gshen.
an

La fase centrale è sempre legata all’esposizione cosmogonica; l’effigie del cer-


vo funge da offerta di riscatto nell’esecuzione del rito mDos, non discostan-
dosi dal mDos del bon sha ba ru rgyas, il bon del cervo dalle corna ramificate,
rituale tuttora praticato legato alla facoltà di librarsi in aria e di volare (De
Nebesky-Wojkowitz, 1975: 387; Hoffmann, 1950: 183; Blondeau, Karmay,
pi

1988).
Il cervo è connesso ai riti di ottenimento della buona fortuna (phya
g.yang ’gugs) (Karmay, Nagano, 2002; Ramble, 2013: 499-528; 2014: 13-
co

33); appare come protagonista principale nello Sha ru shul ston (Mostran-

20 Lo Sha ru shul ston fa parte di una serie di manoscritti bonpo rinvenuti nel 2006
presso lo st∑pa di ’Bum pa che a dGa’ thang nel gTam shul, nella regione del Tibet
150 Tibet

do la via al cervo con le corna),20 dove è associato ai demoni ’Dri, dai


quali si dice che fu separato. Il sacerdote (gShen) illustra la dolcezza che il
cervo ha rivolto in passato agli esseri umani, cui ha restituito il supporto
del principio vitale dell’anima (thugs). Berounsky osserva che “da questa

le
allusione si potrebbe postulare che il cervo fosse utilizzato come uno psi-
copompo nei rituali funebri” (2015: 98). Il bon del cervo “sembra sia alla
base delle facoltà magiche, attribuite ai bonpo, di volare cavalcando un

bi
tamburo” (Namkhai, 1996: 299).
Si pensi ad alcuni esempi:
1. dPa’ bo gTsug lag Phreng ba (1504-1556), riassumendo i quattro vei-

cia
coli del Bon della Causa, aggiunge: “E si dice che abbiano molti poteri
miracolosi relativi alla sfera materiale, come quello di far volare un cer-
vo di argilla e di volare essi stessi nel cielo, cavalcando un tamburo”
(Namkhai, 1996: 299-300);

er
2. il duello magico tra il maestro Na ro Bon chung e Mi la Ras pa (1040-
1123), in cui i due si sfidarono nell’ascendere il Ti se. La gara viene
vinta dal santo buddhista, libratosi senza supporto nel cielo, quando
m
lo sfidante si trovava già a metà del percorso. Dal Mi la’i mgur ’bum,
biografia di Milarepa di gTsang smyon He ru ka (1452-1507): “Quan-
do giunse l’alba del quindicesimo giorno Na ro Bon chung indossò un
m
mantello blu, e suonando lo shang,21 montò sul suo tamburo (rnga) e
si librò in volo nel cielo” (Namkhai, 1996: 300);
3. nel Grub mtha’ shel gyi me long (Lo specchio cristallino della dottrina)
co

si narra l’arrivo in Tibet dei bonpo da altri luoghi per officiare i riti fu-
nebri di Gri gum, sconosciuti sino a quel termine: “tre bonpo furono
meridionale di lHo brag. L’iniziale datazione dei manoscritti di dGa’ thang è stata l’ 
on

secolo, ma Karmay ritiene si possa ascriverli all’epoca imperiale tra    e   secolo e


definisce la scoperta “un evento storico: è la prima volta [corsivo dell’autore] che un
tale corpus di autentiche e vetuste scritture bonpo viene alla luce nel Tibet vero e pro-
prio” (Karmay, 2009: 57). Come nel caso dei documenti di Dunhuang, cui sono asso-
an

ciati per l’estrema importanza, essi contengono nomi di divinità e di sacerdoti che si ri-
trovano nel bon successivo all’  secolo e “l’attestazione di questi nomi conferma ulte-
riormente che la linea di confine tra l’antica e la recente tradizione, chiamata g.yung
drung bon non fu mai interrotta come è stato suggerito [il riferimento è alla posizione
di A. Macdonald]. In altri termini non vi fu mai una crasi totale tra la tradizione ritua-
pi

le del Bon di epoca imperiale e quella posteriore all’  secolo” (ivi: 63). I manoscritti
di dGa’ thang presentano un gran numero di storie e miti archetipici (rabs, smrang)
“che normalmente costituiscono la parte iniziale del rituale gTo [...]. Alcune di queste
co

storie sembrano essere il prototipo per successive narrazioni sulle divinità nei testi li-
turgici” (ibidem).
21 Lo shang è un piccolo piatto metallico nella cui parte concava c’è un batacchio soli-
tamente ligneo suonato afferrando lo strumento tra l’indice e il pollice della mano sini-
stra; esso è analogo al dril bu del buddhismo tantrico.
Il bon 151

chiamati dal Kashmir, da Gilgit e dallo Zhang Zhung. Uno di loro, vo-
lendo propiziare i dGe god, i Khyung, i Me lHa [tre classi numinose;
cfr. Hoffmann, 1950: 269; De Nebesky-Wojkowitz, 1975: 340, 256-
258, 529-532], mostrò la sua abilità di ascendere al Cielo montando

le
un tamburo, di svelare tesori nascosti, di tagliare il ferro con una piu-
ma di uccello” (Haarh, 1969: 113).
4. Sul volgere dell’ secolo d.C. a Brag dmar ’Grin bzang, ove nacque

bi
(Tucci, 1950: 84), fu indetto dal sovrano Khri srong lDe’u btsan un
agone di abilità e magia (mthu) tra maestri bonpo e buddhisti al fine
di stabilire quale delle due dottrine fosse vera e quale mendace; la ga-

cia
ra si rivelerà una meravigliosa competizione nell’esibire da ambo le
parti le facoltà magiche più miracolose per aggiudicarsi la vittoria
(Stein, 77, 1988: 32-33). “Come avvocati furono scelti Bodhi Sattva
per i buddhisti, che lanciò nel cielo una folgore, e Dran pa Nam

er
mkha’ per i bonpo, che in volo battè il sole e la luna l’uno contro l’al-
tra come fossero un paio di cimbali. Il bonpo Se Sha ri dbu chen,
giunto al lago Ma phang, cavalcò un destriero acquatico e ascese al
m
cielo; sNya Li shu sTag ring, trasformatosi in avvoltoio, si librò in cie-
lo” (Karmay, 1972: 88-89).
m
Sono numerosissimi gli episodi del volo, e del volo a cavallo di un tamburo.
Mu khri bTsan po grazie all’assiduità della pratica e al rigore meditativo e
dietetico si sollevava in volo come un uccello e percorreva gli spazi celesti
co

mutandosi in drago e in aquila; la sacerdotessa bonpo sTag wer Li wer, in-


sieme a Mu khri, componente dei tredici membri degli g.Yu rnga can, ‘i
Detentori del tamburo turchese’, era dotata di infinite grazie meravigliose,
tra cui la capacità di domare e rendere mansuete le fiere, di soggiogare gli
on

spiriti acquatici, montani e ctoni, di metamorfosi, e dopo trecentosessanta


anni trascorsi tra gli esseri umani, di salire in volo alla sfera celeste senza la-
sciarsi dietro le spoglie terrene (Karmay, 1972: 45-46). De Nebesky-Wojko-
an

witz, a proposito del volo di Na ro Bon chung ricorda che una reminiscen-
za di un’analoga tradizione si riscontra nella leggenda del volo di gShen rab
Mi bo che su di un enorme ruota, in cui il Maestro occupava la posizione
centrale e i discepoli sedevano sugli otto raggi, ma è molto probabile che
anticamente il veicolo originale di gShen rab fosse il tamburo e che con la
pi

diffusione del buddhismo esso venisse sostituito dal simbolo introdotto dai
buddhisti (1975: 542).
Il tamburo è veicolo dello sciamano e il rapporto tra il tamburo, l’anima-
co

le (il cervo con la cui pelle è spesso costruito il tamburo) e il volo è costan-
te. I Teleuti, etnia della Siberia centromeridionale, venerano il tamburo, ca-
valcatura della trance sciamanica, caratterizzato dall’iconografia uranica; in-
fatti sull’impugnatura sono incisi uccelli mitici, il sole, la luna, le stelle del
152 Tibet

mattino e della sera, l’arcobaleno (cfr. Marazzi, 1984: 173-193, 242-245;


Lot-Falck, 249, 1961; 213-239; Basilov, 1986: 35-51).
Nell’Asia centrale e settentrionale il tamburo è spesso associato a un ani-
male, sovente il cavallo, psicopompo per eccellenza. I Buriati narrano nei

le
miti ancestrali che il primo sciamano, messo alla prova da Bai Ulgan, libera
la fanciulla catturata dal Dio supremo, librandosi nei cieli sul tamburo (cfr.
Eliade, 1999: 93-97; Basilov, 1999: 36-38).

bi
11. ’Phur shes ju thig, il Ju thig, scienza della divinazione (Namkhai,
1996: 308-318; Rossi, 2014); pertinente al Phywa gshen, esso è il primo dei
metodi divinatori (cfr. De Nebesky-Wojkowitz, 1975: 454-466.). Nel Ju thig

cia
si apprende ad allestire i cordoncini da annodare, essendo l’interpretazione
della forma dei nodi creatisi durante la divinazione il fulcro del responso. I
nodi supportano le facoltà divinatorie (ju thig gi rten). Preparando i nodi, si
offre alle divinità del Phywa e si proferisce la proclamazione per invocare la

er
profezia (mo bdar ba’i smrang); il valore spirituale del juthig è profondo.
Come spiega gShen rab nello gZi brjid:
m
Innanzitutto si entra nel veicolo dello gShen del Phywa per beneficiare
gli esseri e rendere il mondo felice. Insegnerò a distinguere tra buoni e
cattivi segni, a separare la verità dalla menzogna, il falso dal giusto,
m
l’intatto dal corrotto, a curare le malattie, a salvare la vita e a incre-
mentare la longevità, la prosperità, e il benessere: sicuramente poco a
poco tutti gli esseri ne ricaveranno vantaggi, e anche se a volte i sollie-
co

vi sono di breve durata, i benefici che ne scaturiscono in seguito sono


inconcepibili. La felicità degli esseri è il Supremo Bon, perciò bisogna
adoperarsi in tutti i modi per rendersi utili, e in caso di necessità si de-
vono sacrificare anche il corpo e la vita (Namkhai, 1996: 315).
on

Altre importanti mantiche tibetane sono:


an

1. Ye mkhyen sgra bla’i mngon shes, la chiaroveggenza dei sGra bla


della conoscenza primordiale, dai numerosi metodi, quali la comparsa
di segni su uno specchio (pra), sassolini (lde’u ’phrul), målå (phreng
mo, collana da preghiera), eccetera.
2. Ye rje smon pa’i rmi lam, il sogno dei signori dell’aspirazione pri-
pi

mordiale; l’oniromanzia è preceduta dall’impetrazione ai sGra bla


(Namkhai, 1996: 307).
3. Ye dbang lha yi bka’ babs, l’oracolo delle divinità del potere primor-
co

diale, in cui il lha pa o dpa’ bo, cioè il medium, predice il futuro per
voce della divinità (lha bka’); anticamente erano i sGra bla a imposses-
sarsi del medium. La possessione spiritica di questa mantica era prati-
cata anche dal celebre oracolo di stato gNas chung (De Nebesky-
Il bon 153

Wojkowitz, 1975: 409-443). Nella letteratura bonpo il lha bka’ è una


funzione assegnata allo specialista di divinazione proveniente da Gil-
git, uno dei tre gShen invitati per svolgere il cerimoniale funebre dopo
l’assassinio di Gri gum. Il primo riferimento a questo medium sia ma-

le
schile sia femminile si ritrova nei manoscritti di Dunhuang tra l’ e
il  secolo (Stein, 1986: 202-203). Nel Pelliot 1047 sono menzionate
donne medium per le nove Mu sman, dee di monti e laghi, che pote-

bi
vano predire il futuro e prescrivere le liturgie funerarie adatte al de-
funto (Macdonald, 1971: 274-275, 294-295). Le divinità che prendono
possesso del medium controllano il circolo dei suoi spiriti ausiliari, an-

cia
tropomorfi o zoomorfi a seconda delle circostanze. Gli animali soccor-
ritori più comuni del lha pa sono orsi, lupi, tigri, uccelli carnivori, ca-
ni, volpi (Bellezza, 2005: 3-52; Yamada, 1995: 89-95).

er
Esistono paralleli funzionali nello sciamanesimo siberiano e altaico: gli scia-
mani yakuti detengono quale principale assistente uno spirito degli antena-
ti o una deità urania, in forma di alce, stallone, bue, lupo, con funzioni me-
m
diatrici verso altri spiriti; gli ausiliari degli sciamani dei Todji, stanziati a
sud-ovest del lago Bajkal, sono aquile, corvi, falchi; i Dolgani, anticamente
nomadi siberiani allevatori di renne, si accompagnano a volpi e lupi, solo
m
per citare alcuni esempi (cfr. De Nebesky-Wojkowitz, 1975: 541; Alekseev,
1984: 268-280).
Nel Sikkim e nel Bhutan è tuttora presente un gruppo di medium tibeta-
co

ni laici, sia femminile (bsnyen jo mo) sia maschile (dpa’ bo), che sebbene
non sia in rapporto con i monasteri bonpo dell’area è considerato una re-
miniscenza del credo bon più antico, soprattutto dai buddhisti; il loro sco-
po principale è l’esecuzione mantica e la cura delle malattie; infatti “le
on

bsnyen mo e i dpa’ bo sono ritenuti streghe e stregoni in grado di comunica-


re, durante l’estasi, con i loro spiriti custodi e come altri medium tibetani
generalmente si crede siano stati indotti da uno o più esseri soprannaturali
an

ad assumere questo ruolo” (De Nebesky-Wojkowitz, 1975: 425).


12. sGrol shes ’phrul bon, il bon del potere magico, che sa eseguire i ri-
ti di distruzione (Namkhai, 1996: 319-346); esso pertiene al ’Phrul gshen
theg pa. Lo gShen del potere magico salva con la distruzione,22 ovvero di-
sintegra (bsgral ba) ritualmente i nemici e coloro che sono ostili al bon. Il
pi

praticante deve attenersi agli unici obiettivi del beneficio per gli esseri e
della protezione dell’insegnamento, astenendosi da sentimenti di acrimo-
nia e rancore; ciò va rammentato durante l’evocazione (dbab) del bla del
co

nemico, e nelle prassi magiche di recisione (gcad), uccisione (gsad) e di-

22 Cfr. Beyer, 1973: 305. Si salva liberando ritualmente la coscienza; compiuta l’esecu-
zione il principio cosciente viene trasferito dall’officiante in una dimensione pura.
154 Tibet

struzione (bsgral) (ivi: 319-320). Le tre fasi fondanti di questo bon sono:
1. l’affidarsi (bsnyen pa) al divino maestro (dpon gsas lha), che trasmette
lo Yi dam, il potere della divinità, il suo ma∫∂ala, la sua pura dimen-
sione (ivi: 320-321);

le
2. la realizzazione del potere (dbang sgrub pa). Reclusosi in luogo solita-
rio, approntati gli oggetti per il rito e il supporto alla divinità, dopo
aver fatto offerte alle classi di esseri non umani del mondo esterno

bi
(Phyi’i g.Yen), si giunge alla fase delle ting nge ’dzin rnam gsum, le tre
contemplazioni sull’essenza dell’esistenza (de bzhin nyid), la sua mani-
festazione compassionevole (kun tu snang ba), e la visualizzazione del-

cia
la divinità nella sua sillaba seme (rgyu). Per riceverne il potenziamen-
to, la divinità va visualizzata dissolta nel Thig le, la sfera luminosa che
rappresenta la potenzialità infinita dello stato illuminato.
Si avvia poi la fase delle mudrå, affinché le divinità (gsas) appaiano nel-

er
lo spazio primordiale di fronte a sé (klong) per aderire al vincolo da
suggellare (dam tshig).
La richiesta dell’azione (phrin las) che le divinità eseguiranno nello
m
spazio avverrà nella fase cantata (tshig bshad), accompagnata dal suo-
no di strumenti che attira le deità, con grida d’invocazione e lodi (ivi:
321-322);
m
3. l’azione distruttiva (las sbyor). Per l’azione feroce (mngon spyod) le
istruzioni, note come ‘rete della magica ferocia’ (brnag pa sgyu ’phrul
drwa ba), presentano “contraddizione rispetto al comportamento e
co

coerenza rispetto al senso” (spyod lam ’gal zhing don la ’brel) (ivi: 325-
328; cfr. Snellgrove, 1967: 98-115). Si legge nello gZi brjid: “dimorare
in luoghi terrificanti contrasta con il comportamento, ma se serve a ri-
durre tutto in proprio potere, corrisponde al senso. Le azioni feroci
on

contrastano con il comportamento, ma se servono a consolidare l’inse-


gnamento, corrispondono al senso” (Namkhai, 1996: 327).
Vi sono tre serie di tantra per l’azione distruttiva (ivi: 323-325):
an

1. mKha’ ’gying dBal gyi rgyud, i tantra ‘esterni’ di mKha’ ’gying dBal.
Essi comprendono tre azioni rituali legate all’elemento fuoco; l’inter-
vento dei lHa rgod, divinità feroci; la magia distruttiva dei neri bDud
(nag po bdud), connessa all’annientamento dei nemici (ivi: 323-325); la
magia degli zor, armi magiche legate segnatamente al lancio dei semi
pi

di senape (thun rdzas) e al potere delle Ma mo “una classe di antichis-


sime dee che mostra una stretta somiglianza con le måt®ka23 dell’India.
dPal ldan lHa mo è loro signora” (De Nebesky-Wojkowitz, 1975:
co

23 Måt®ka o måt®, significa madre “e dunque, metaforicamente ‘principio’, ‘origine’.


Entrambe le forme si riferiscono a un particolare gruppo di dee ricollegabili alle Gña ve-
diche (le spose degli dèi) e alle ancora più antiche dee-madri incarnazioni delle forze ri-
Il bon 155

269); generalmente le Ma mo hanno aspetto minaccioso e feroce, e


presentano la parte superiore del corpo nuda, i seni pendenti e le
chiome arruffate. Le loro armi tipicamente sono “un sacco pieno di
malattie (nad kyi rkyal pa), un bastone dentellato (khram shing), un

le
laccio nero (zhags pa nag po) e una magica palla di filo (gru gu)” (ivi:
270); il loro volto è spesso di animale (lupo, cane, volpe, cuculo) come
anche la loro cavalcatura, un animale analogo al volto della Ma mo

bi
stessa (ibidem).
2. dBal gsas Drag po’i rgyud, i tantra ‘interni’ di dBal gsas Drag po. Essi
contengono rituali legati alla severità (drag po) dell’azione (Namkhai,

cia
1996: 323-325).
3. Las kyi thig le’i rgyud, i tantra ‘segreti’ della sfera delle azioni. Anch’es-
si sono collegati alla potente azione delle dBal mo, dee guardiane del
bon, conseguentemente al voto prestato a gShen rab Mi bo che da cui

er
si si ritiene fossero state soggiogate (De Nebesky-Wojkowitz, 1975:
312); le dBal mo si originarono da nove uova cosmiche in differenti
periodi; sovente hanno aspetto feroce e il volto e la voce animale (dra-
m
go, serpente, taccola, leone, orso bruno, lupo, tigre, khyung e makara)
come le Ma mo; le dBal Mo “in accordo con la loro posizione di bon
srung [custodi del bon] sono invocate per nuocere o distruggere tutti
m
i nemici della fede nel Bon” (De Nebesky-Wojkowitz, 1975: 312).
Quale che sia la serie tantrica scelta, la ferocia (mngon spyod) dello gShen
del potere magico è effettiva solo “dopo aver completato le fasi del-
co

l’affidamento e della realizzazione del potere” (Namkhai, 1996: 325).

               
on

    ’                
Dalla prima persecuzione del bon di Gri gum bTsan po si salvarono una se-
an

rie e mezza delle cosiddette Quattro Serie dei Bon Divini (lHa bon sgo bzhi)
vale a dire l’intera sezione del sNang gshen, corrispondente al secondo vei-
colo del Bon della Causa, lo gShen dell’universo fenomenico, e una metà del
Srid gshen, lo gShen dell’esistenza, analogo al quarto veicolo della Causa; al-
la luce di ciò, l’eventualità che queste quattro antiche serie del Bon Divino
pi

coincidano esattamente con i Quattro Bon della Causa (rGyu’i bon bzhi) è
co

produttrici della natura [...]. Nel più antico periodo vedico le måt® erano in genere asso-
ciate con l’acqua e la terra, entrambe simbolo di una nascosta fertilità, e dunque poste in
relazione con il dio del sole (Surya), il principio maschile di attivazione [...]. Il termine
måt® riveste anche un più vasto significato nella concezione di Aditi, la Madre Cosmica,
e in quella di Våc, la dea del linguaggio” (M. Stutley, J. Stutley, 1980: 270-271).
156 Tibet

molto elevata. In seconda battuta, come spiega Namkhai (1996: 96-99), se ri-
tenessimo coincidere le sezioni del Bon Divino con i quattro bon dello
gShen dell’Universo fenomenico, oggetto di questo paragrafo, vale a dire
un’antica tassonomia del bon in quattro serie (sgo bzhi) interne al solo sNang

le
shen, attestata nello gZi brjid di Khyung po Blo ldan sNying po (1360-1384),
si presenterebbe il problema dell’esclusione degli altri tre veicoli del Bon
della Causa, ovvero il Phywa gshen theg pa, lo gShen della divinazione, il ’Ph-

bi
rul gshen theg pa, lo gShen del potere magico, e il Srid gshen theg pa, ragione
in più per non reputare valida l’identificazione. Lo gZi brjid afferma

cia
Praticando in base alle regole e alla tradizione, attraverso il Bon dello
gShen dell’Universo fenomenico (qui universo fenomenico (snang) si-
gnifica tutta l’esistenza percepibile e gShen colui che la domina) si gui-
dano tutti gli esseri (ivi: 96).

er
La felicità degli esseri e l’equilibrio con gli spiriti e le forze che presiedono
al potere naturale sono garantiti dall’abbinare a ognuna delle Quattro Serie
m
di Bon il metodo di comunicazione delle nove melodie (gcong dgu), cioè
quelle modulazioni sonore di mimesi fonetica di altrettanti animali; le ese-
cuzioni canore consentono il contatto con la specifica classe di esseri che si
m
intende raggiungere. Esse sono affini al ‘linguaggio degli dèi’, o ‘lingua se-
greta’ nello sciamanesimo. Un maestro o certe categorie di spiriti insegnano
allo sciamano questo linguaggio attraverso cui comunicherà con il mondo
co

invisibile; a seconda degli spiriti che vanno supplicati, invocati o scacciati si


calibra la voce dell’animale che l’officiante utilizza; anche la funzione della
psicopompia dei defunti e degli ammalati si avvale di questa lingua, tramite
con gli spiriti ausiliari; peculiare è il simbolismo ornitologico, espresso
on

nell’abbigliamento onorifico accordato dagli antichi re di Yar klungs al sa-


cerdozio reale; si pensi alla piuma d’avvoltoio, iconica della dinastia, ad or-
narne il copricapo (Eliade, 1999: 110-120; Nicoletti, 1995: 121-124; De Ne-
an

besky-Wojkowitz, 1975: 544-546). Nell’area sud siberiana e centrasiatica,


nell’ascensione celeste verso Bai Ulgan, officiata dallo sciamano altaico nel
rito del sacrificio del cavallo, è modulato il verso dell’oca, sua accompagna-
trice celeste, e quello del cavallo sacrificato da condurre sino alle sfere più
elevate; successivamente il potente Bai Ulgan indicherà o meno il suo gradi-
pi

mento del sacrificio, e profetizzerà eventi futuri (Marazzi, 1984: 55-85; Elia-
de, 1999: 213-223). Il regno delle creature alate assume nel bon un ruolo
basilare: il corvo (bya wang; o anche pipistrello, cfr. Snellgrove, 1967: 258,
co

n. 22), creatura assai importante anche nelle credenze religiose altaiche e si-
beriane (Roux, 1966, passim; Marazzi, 1984: 162-163), è l’emanazione dei
numi guardiani degli insegnamenti buddhisti (Namkhai, 1996: 128; ove con
bya wang è ricordato un altro volatile, dal piumaggio bianco, coda nera e
Il bon 157

cresta vermiglia, cfr. ibidem, n. 21) ed è annoverato fra i Tredici Uccelli (o


comunque esseri capaci di volare) del bon (bya bon bcu gsum), difensori
della dottrina e messaggeri delle potenti divinità del sNang gShen: il cuculo
(khu byug); l’allodola (lco ga); la gru (khrung khrung); il the ba, non identifi-

le
cato; la rondine (khug ta); il pipistrello (pha wang); il balestruccio (khyim
bya); la pernice delle nevi o il tetraogallo tibetano (gong mo); il falco (dung
khra); l’upupa (phu shud); lo scoiattolo volante (bye ma brel); il pappagallo

bi
(ne tso) (Snellgrove, 1967: 64-65, 258, n. 22). Nel sNang gshen è illustrata la
celebrazione esorcistica, la quale deve modulare correttamente

cia
gli otto suoni ululati, e per stimolare l’accettazione della purezza e l’al-
lontanamento della contaminazione si modula il verso del ruggito del-
la tigre. Per l’incantesimo dell’esposizione dell’esorcismo il verso
dell’uccello, del cane, del cavallo. Il suono del cane è il latrato o il rin-

er
ghio, quello del cavallo è il nitrito ed è piacevole. L’emissione sonora
deve essere svolta correttamente (ivi: 47).

E ancora
m
Quando Gar gsas bTsan po [la divinità che presiede all’esistenza feno-
m
menica] vuole esortare gli esseri viventi, egli li invita con il verso
dell’uccello reale Khyung; quando vuole esortare i nove demoni (’Dre
dgu) e i dieci vampiri (Sri bcu) li invita con il bel suono del pappagallo
co

(ne tso) (ivi: 73-75).

Per una buona esecuzione rituale è necessario che l’officiante attiri le divi-
nità che presiedono ai riscatti con il verso del leone ruggente, mentre per
on

costringere i mostri e gli dèi ai compiti stabiliti serve la melodia dell’allodo-


la (lco ga). Per controllare l’esistenza fenomenica e ordinare l’officio del
dPon gsas si modula il verso del drago, re del suono (sgra rgyal ’brug); men-
an

tre per consacrare il riscatto e dirigere all’obiettivo il rito si ricorre al dolce


suono del cuculo (khu byug) (ivi: 95). Le nove melodie sono:
1. il barrito del drago turchese (g.yu ’brug) che invita le schiere delle di-
vinità;
2. il garrito dell’aquila (khyung mo) o del nibbio (ne le), parenesi all’azio-
pi

ne (bdar ba) delle divinità feroci;


3. lo stridio dell’anatra che ha perduto i piccoli per concentrare il phywa,
l’energia positiva degli esseri umani;
co

4. il battito delle penne del pavone (rma bya), atto a richiamare il phywa,
nonché per la prosperità del bestiame;
5. la melodia soave del cuculo allieta demoni e dèi;
6. il trillo dell’allodola indirizza i riscatti e gli oggetti rituali;
158 Tibet

7. il gracchiare del pappagallo entra in contatto con dèi e demoni;


8. il gracchio del corvo affamato avvisa della presenza dei Sri;
9. il ronzio del calabrone (stag brang) controlla i Sri.
Esse sono associate ai quattro bon dello gShen dell’universo fenomenico, la

le
cui suddivisione è (Namkhai, 1996: 96-98):
Chab nag chu bo sel gyi sgo, il Fiume delle Acque Nere, il portale [dei ri-
ti] di esorcismo, che annovera

bi
1. la grande proclamazione (smrang chen) delle origini dell’esistenza (srid
pa), alludendo alla pregnanza della sacra potenza cosmogonica da cui
il bon deriva il suo potere, i riti dell’esorcismo (sel) [quarta scienza];

cia
2. i riti alle deità Thugs dkar [prima scienza];
3. i riti delle eroiche schiere dei sGra bla e dei Wer ma [prima scienza];
4. i riti delle generazioni umane delle origini dell’esistenza [nona scienza].
Chab dkar ’dre dang sri yi sgo, le Acque Bianche, il portale [dei riti] per i

er
’Dre e i Sri, pertinente alla nona scienza, che comprende i riti per trasferire
i nove ’Dre e sopprimere i dieci Sri (’dre dgu skyas kyis ’debs shing sri bcu
thur du gnon pa’i gzhung). m
’Phan yul mnyam brje glud kyi sgo, ’Phan yul, il portale dei riti di riscatto
come scambio equo, attinente alla terza scienza, che annovera i riscatti per
gli uomini (pho glud), per le donne (mo glud) e i bambini (chung glud).
m
dPon gsas phywa gnyan gto yi sgo, i dPon gsas (epiteto dei grandi maestri)
del potente Phywa, il portale dei riti gTo, afferente alla sesta scienza, che
comprende i riti
co

1. di offerta alle divinità delle Pure Dimensioni (dbyings kyi lha tshogs
mchod pa);
2. di soddisfazione per le dBal mo del Cielo (mkha’ yi dbal mo bskang ba);
3. per il sostegno dei protettori giurati dello spazio (klong gi dam can
on

brten pa);
4. di riconciliazione per i Sa bdag, i Klu, gli gNyan (sa bdag klu gnyan
bcos pa).
an

   
                  
Comunemente il bon è stato identificato con i precetti trasmessi da
pi

gShen rab Mi bo che; questo è un grave errore. Il bon insegnato da


gShen rab fu denominato g.Yung drung Bon [il Bon Eterno, Immuta-
bile] in modo da distinguerlo dalle varie tradizioni bonpo che lo pre-
co

cedettero e la cui esistenza può essere chiaramente provata dal ragio-


namento e dall’autorità delle scritture (Namkhai, 2009: 78).

Alle più ancestrali tradizioni bonpo pertiene la suddivisione delle Trentatré


Il bon 159

Sfere di Esseri non umani (g.Yen khams sum cu rtsa gsum), ove il termine
g.Yen assume diversi significati come ‘creare disaccordo, minacciare’; ma
soprattutto:

le
il nome fu dato a quelle dimensioni a causa della natura ominosa degli
esseri che le abitano. I cosiddetti bonpo delle sfere non umane sono
ritenuti emanazioni compassionevoli di gShen rab, apparse in questo

bi
mondo prima della sua nascita per placare gli esseri senzienti, visione
idealistica sostenuta dallo gZi brjid e da altre fonti (ivi: 82).

cia
Queste trentatré classi di esseri corrispondono ad altrettanti tipi di bon e
sono distinte in tre gruppi (ivi: 76-82).
Il primo gruppo è costituito dai ‘Tredici Potenti gShen Primordiali’ (Ye
gshen gNyan pa bCu gsum), anche detti i ‘Tredici Potenti esseri della Di-

er
mensione Superiore’ (Yar g.yen gNyan po bCu gsum); esso annovera i bon
capaci di implorare il beneficio delle divinità celesti come i dMu, di pacifica-
re gli impedimenti causati dagli dèi delle sfere superiori e dei loro ancillari, e
m
infine i bon dei calcoli astrologici per propiziare le circostanze favorevoli,
per l’allontanamento della povertà, l’incremento e la salute della prole.
Il secondo gruppo è composto dai ‘Nove Esseri Inflessibili della Sfera In-
m
termedia’ (Bar g.yen gTod po dgu); la funzione dei bonpo loro preposti è
dissipare le influenze nefaste, convocare le buone collegate al corso del so-
le, della luna, delle costellazioni, e di regolare e intervenire sugli squilibri
co

naturali, riunendo nuvole imbrifere, manifestando la luce solare, provocan-


do l’arcobaleno e ristabilendo così l’ordine e l’armonia tra gli esseri umani e
i Nove Inflessibili. Alla terza dimensione appartengono gli ‘Undici Grandi
Esseri della Sfera Terrestre’ (Sa g.yen Che ba bCu gcig) tra i quali i Klu, gli
on

gNyan, i rGyal, i Sri eccetera.


La tassonomia di queste dimensioni non umane costituisce una peculiarità
del bon sin dalle sue origini, e con esse si confronteranno e si combineranno
an

per sempre gli insegnamenti successivi; a riguardo è necessario ricordare che

per il profondo coinvolgimento dei nuovi bonpo [bon gsar ba] con le vi-
sioni buddhiste del mondo, l’attenzione precedentemente accordata al-
la nozione di dimensioni non umane scomparve, sostituita da un’enfasi
pi

su altre visioni, identiche a quelle buddhiste, che consistono in una det-


tagliata divisione delle dimensioni dell’esistenza nelle sfere del desiderio
[’dod khams, sscr. kåmadhåtu], della forma [gzugs khams, sscr. r∑padhå-
co

tu], dell’assenza di forma [gzugs med kyi khams, sscr. ar∑padhåtu] e nel-
la classificazione degli esseri come dèi, semidei e umani, che rappresen-
ta il più alto livello di esistenza, e degli esseri infernali, degli spiriti fa-
melici e degli animali, che è il livello più basso (Namkhai, 2009: 82).
160 Tibet

Le agiografie di gShen rab espongono le genealogie del divino lignaggio


dMu gShen, da cui si apprende che egli, figlio di rGyal bzhad ma e di
rGyal bon Thod dkar, è il ventesimo discendente per parte paterna dei
dMu; ne consegue che i lignaggi reali esistettero prima dell’avvento di

le
gShen rab e “se si considerano nomi quali dMu rgyal bTsan pa Gyer chen,
[trisavolo di gShen rab] e rGyal bon Thod dkar, si ha l’impressione che
Gyer e Bon precedevano gShen rab” (ivi: 88). Una conferma è nelle descri-

bi
zioni dei sanguinari sacrifici dei bDud bon e dei gDon bon nel Srid pa spyi
mdos, opera dell’    secolo d.C. di Ra sangs Khri na khod (Dell’Angelo,
1982); essi non furono approvati da gShen rab e, aboliti, vennero introdot-

cia
te dal Maestro torte sacrificali quali riscatti (glud) in sostituzione delle car-
ni e delle ossa, così come le libagioni di sangue si mutarono in offerte di
birra di grano; in seguito egli soggiogò, mediante il rituale igneo dello dzo
dmar il Signore degli bTsan, divoratore di carne e bramoso di sangue, che

er
aveva il potere di risucchiare il soffio vitale.
In conclusione, questa sorta di testo rituale popolare andrebbe conside-
rato una fonte di non piccolo merito e le descrizioni dei bDud bon, gDon
m
bon, e bTsan bon del Srid pa spyi mdos mostrerebbero l’esistenza di queste
classi di bonpo prima dell’avvento di gShen rab (Namkhai, 2009: 91).
m
                           
            (        )
co

L’esigenza per i bonpo di strutturare il proprio sapere religioso in una


classificazione in nove veicoli sembra non essere sorta prima del  o  se-
colo d.C., in una fase assai posteriore alla formazione e allo sviluppo del-
on

la religione bon, di reciproca influenza con il mondo buddhista; nello


stesso momento il sistema degli rNying ma pa dispone analogamente la
propria tradizione religiosa in nove veicoli (theg pa dgu). Nell’organizza-
an

zione dei Nove Veicoli l’intero sistema delle pratiche religiose tibetane è
stato sintetizzato: metodi predittivi ai quali tutti i tibetani prestano atten-
zione; la pacificazione e il controllo sulle divinità locali e sul mondo degli
spiriti, della cui esistenza sia i laici sia i religiosi sono certi; la sottomissio-
ne, se non la distruzione degli avversari, attraverso i riti tantrici, cui sono
pi

dediti sia i buddhisti sia i bonpo; la guida del principio cosciente attraver-
so uno stato intermedio, ugualmente sostenuta da bonpo e rNying ma pa;
la disciplina morale dei devoti, tanto quanto la ferrea regola monastica di
co

qualsiasi ordine religioso; la teoria e il rituale tantrici basilari nell’icono-


grafia e nella venerazione di tutte le comunità religiose (Snellgrove, 1967:
11-12). Nella tassonomia del rGyu’i bon bzhi, i Quattro Veicoli della Cau-
sa, reputati più autentici nella antica tradizione, i bonpo “tentarono sin-
Il bon 161

ceramente di mettere in relazione le antiche vie del rituale magico con le


nuove vie della moralità e della meditazione” (ivi: 12), intendendo queste
ultime come le vie normate nei ’Bras bu’i bon lnga, i Cinque Veicoli del
Frutto, più legate all’influenza buddhista; ma si è già notato che su questo

le
punto la visione degli studiosi non è concorde (vedi p. 111-115); e cfr.
Karmay, 1972: 30-34, 34, n. 1).
La classificazione in nove veicoli presenta tre distinti gruppi (Mimaki,

bi
Karmay, 2009: 2):
1. i Nove Veicoli del Tesoro settentrionale (byang gter) dallo Zhang
Zhung;

cia
2. i Nove Veicoli del Tesoro centrale (dbus gter) dal ciclo indiano
(rGya gar bon skor);
3. i Nove Veicoli del Tesoro meridionale (lho gter) dal Tibet.
L’elenco a seguire pertiene a quest’ultima serie.

er
I Quattro Veicoli della causa sono:
1. Phywa gshen theg pa (Snellgrove, 1967: 9), il veicolo dello gShen del
Phywa pertiene alle tradizioni 2, 7, 8, parte di 9, 11, delle dodici scienze e
m
descrive quattro metodi di predizione:
1. mo, sortilegi e divinazione;
2. rtsis, calcoli astrologici;
m
3. gto, i riti gTo;
4. dpyad, la diagnosi medica.
2. sNang gshen theg pa (ivi: 9-10), il veicolo dello gShen dell’Universo fe-
co

nomenico è contenuto nelle serie 1, 3, 5, 6, parte di 9, 10 delle dodici scien-


ze e contiene:
1. i riti di esorcismo, connessi alla esposizione (smrang) dell’esistenza
(srid pa);
on

2. i riti di protezione nei riguardi di entità demoniche (’Dre) e vampi-


riche (Sri);
3. i riti di riscatto (glud);
an

4. i riti apotropaici verso gli gNyan, spiriti furiosi e i Sa bdag, lHa,


dBal, gTod, eccetera, divinità locali, telluriche e ctonie.
3. ’Phrul gshen theg pa (ivi: 10), il veicolo dello gShen del potere magico
con i riti di distruzione (bsgral) delle provocazioni (gdon) delle entità mal-
vagie e dei nemici; è incluso nella dodicesima scienza.
pi

4. Srid gshen theg pa (ibidem), il veicolo dello gShen dell’esistenza (quarta


scienza) è attinente ai riti funerari e allo stato intermedio (bar do).
I Cinque Veicoli del Frutto sono:
co

5. dGe bsnyen theg pa (ibidem), il veicolo dei virtuosi, dge bsnyen, gene-
ralmente il termine tibetano per upåsaka, riferito in India al laicato buddhi-
sta. Esso contiene le regole di condotta per i laici secondo la pratica delle
dieci virtù e delle dieci perfezioni (Lo Turco, 2017).
162 Tibet

6. Drang srong theg pa, il veicolo degli asceti; il termine drang srong tra-
duce l’indiano ®ßi, i grandi profeti ancestrali, utilizzato dai Bonpo per defi-
nire i monaci altamente qualificati ed esperti, come dge slong, traduzione
dell’indiano bhikßu in ambiente buddhista. Questa è la via della più stretta

le
regola ascetica e monastica “la cui ispirazione è buddhista, ma molti argo-
menti e anche la sostanza di alcune norme sono palesemente non buddhi-
ste” (Snellgrove, 1967:10).

bi
7. A dkar theg pa (ibidem), il veicolo della  bianca, illustra la teoria tan-
trica con attenzione al processo di trasformazione attraverso il ma∫∂ala,
preludendo agli ulteriori insegnamenti tantrici del successivo veicolo.

cia
8. Ye gshen theg pa, il veicolo dello gShen primordiale. La preparazione
del ma∫∂ala è descritta dettagliatamente, con il costante monito a ram-
mentare le deità locali (Sa bdag). Sono esposti il processo meditativo di
emanazione (bskyed rim) e il processo di realizzazione (rdzogs rim) del sag-

er
gio perfetto. Il bskyed rim (sscr. utpattikrama) consiste nella fase meditati-
va di sviluppo della visualizzazione della deità e del suo ma∫∂ala, la cui es-
senziale caratteristica è la regolarità verso ogni direzione, dal momento che
m
“esso esprime l’emanazione dal centro verso lo spazio. Le divinità median-
te cui si dispiega il processo di emanazione (utpattikrama) hanno puro valo-
re di simbolo, la loro forma è rilevante solo in relazione alle categorie nei
m
cui termini il meditante concepisce la propria personalità, sicché le forme
divine (nirvå∫a) e le componenti del proprio sé (saæsåra) devono essere
identificate” (Snellgrove, 1959: 31).
co

La fase di creazione prevale nella pratica (sgrub thabs) dei cosiddetti tan-
tra paterni il cui scopo è la purificazione delle percezioni esterne, sino alla
realizzazione dell’esperienza dell’inseparabilità o coalescenza dell’apparen-
za fenomenica e della vacuità (snang stong zung ’jug) (Namkhai, 1984: 19-
on

20; Karmay, 1972: 39-45; Snellgrove, 1967: 10-11).


I tantra materni invece fondano il proprio metodo di ottenimento sullo
rdzogs rim (sscr. saæpannakrama), il metodo esoterico avanzato detto di
an

‘completamento’ o ‘perfezionamento’ dell’esperienza meditativa, seconda


fase della pratica dei tantra superiori, durante la quale l’adepto si concentra
sulla struttura del ma∫∂ala interno composta dai canali (rtsa, sscr. nå∂i), dai
venti sottili interni (rlung, sscr. våyu) e dalle gocce dell’essenza dell’energia
(thig le, sscr. bindu). Il principio cardine delle pratiche tantriche e dello rd-
pi

zogs rim nella fattispecie risiede nella trasformazione dell’energia vitale e


dei venti karmici sino all’esperienza della chiara luce (’od gsal, sscr. prabhå-
svara) manifestazione della natura vacua e luminosa della mente, che è coa-
co

lescente a quella della realtà ultima. Scopo delle due fasi è rimuovere le ap-
parenti contaminazioni che sorgono da una visione ignorante dell’esistenza
per quello che essa già è in se stessa:
Il bon 163

Il percorso consiste nell’apprendere a concepire l’esistenza in virtù


della non esistenza, comprendendo che la propria vera natura è innata
(sahaja) e materia per l’esperienza di sé (svasaævedya). Ma ciò può es-
sere fatto solo usando l’esistenza come mezzo (upåya). Si crea mental-

le
mente (bhåvayati) una rappresentazione del processo di emanazione
dell’esistenza (utpattikrama) che è il saæsåra, e rendendosi conto della
natura onirica della sua apparente diversità, si coglie la sua unità in

bi
questo processo di consapevolezza (saæpannakrama), che è il nirvå∫a
(Snellgrove, 1959: 22).

cia
Nel bon la trasmissione del tantra materno (Ma rgyud) è assimilabile a quel-
la dello rDzogs chen; difatti entrambi sono considerati parte del nono veico-
lo (Karmay, 1972: 39).
9. Yang rtse bla med theg pa, il veicolo supremo, riferito all’assoluto, la

er
Base primordiale (gzhi) da cui derivano l’illusione e la liberazione (Achard
2012; 2016). La via (lam) è l’insieme delle pratiche volte all’ottenimento
del frutto (’bras bu), realizzazione definitiva delle qualità della Base. Il ter-
m
mine designa la perfezione assoluta, modo d’essere primordiale (ye nas
gnas lugs) di tutte le cose, natura ultima (rang bzhin), illuminazione intrin-
seca (de bzhin gshegs pa); lo stato naturale è quello della purezza primor-
m
diale (ka dag) ove tutti i fenomeni, espressione della sua luminosità intrin-
seca (’od gsal), si manifestano spontaneamente perfetti (lhun gyis grub pa)
in se stessi.
co

Il nono veicolo principia dove finiscono tutti gli altri, poiché è l’unico a
fondarsi non su sems, coscienza ordinaria e discorsiva, bensì su sems nyid la
natura della mente, condizione di vacuità (stong pa nyid) luminosa degli esse-
ri, consapevolezza (rig pa), base primordiale (ye gzhi) priva di caratteristiche
on

che sottende i fenomeni. La condizione primordiale (ngang) e la natura della


mente (sems nyid) risiedono nel Thig le nyag gcig, l’unica essenza, corrispon-
dente al frutto (’bras bu), la pratica della saggezza primordiale (ye shes) della
an

natura della mente. La chiarezza (gsal ba) riverbera la primordiale saggezza


dell’autoconsapevolezza (rang rig pa’i ye shes), mentre la vacuità (stong pa)
rappresenta il modo d’essere, la condizione naturale e costante (gnas lugs)
della primordiale saggezza autoriginata (rang ’byung ye shes); l’inseparabile
unione di chiarezza e vacuità forma l’unica essenza (ngo bo) del Thig le nyag
pi

gcig (Namdak, 2006: 11; Maniscalco, 2016: 120-149). L’espressione Thig le


nyag gcig ricorre sovente nei testi della Totale Perfezione per indicare lo sta-
to di non dualità che caratterizza la base di tutto (kun gzhi), la natura della
co

mente: superata la dicotomia fra la mente ordinaria e la pura natura della


mente emerge la condizione dell’equanimità (mnyam pa’i ngang), priva di
sforzo (rtsol med), di ego (nga med), di concetto (rtog med), eterna (g.yung
drung), completamente perfetta ab origine (ye rdzogs); è la saggezza primor-
164 Tibet

diale dell’autoconsapevolezza consustanziale al modo di essere della base


(gzhi’i gnas lugs dang rig pa’i ye shes) ovvero il Thig le nyag gcig (ibidem).
Il nono e supremo veicolo, Shin tu rnal ’byor (sscr. Atiyoga), non enfatiz-
za le visioni di deità e ma∫∂ala (come i tantra paterni), né lo yoga esoterico

le
dei canali e dell’energia interni (come i tantra materni), ma è senza sforzo
rispetto alla pratica di entrambi; il metodo non è né la rinuncia né la purifi-
cazione o la trasformazione come nei s∑tra e nei tantra, ma il cammino del-

bi
l’autoliberazione (rang grol lam) attraverso la visione (lta ba) dell’indissolu-
bilità di consapevolezza e vacuità (rig stong zung ’jug), stato naturale della
saggezza primordiale (ye shes) senza creazione né cessazione sin dall’origine

cia
(Namkhai, 1984: 20-21). Mentre i veicoli settimo e ottavo si fondano sul
sentiero della trasformazione (bsgyur lam), poiché la sublimazione e la tra-
sformazione dei cinque veleni, ovvero desiderio (’dod chags); avversione
(zhe sdang); stupidità (gti mug); gelosia (phrag dog); orgoglio (nga rgyal),

er
promuovono il sentiero della realizzazione, il veicolo dello rDzogs chen è
quello dell’autoliberazione (rang grol). Il sorgere di passioni, sentimenti,
emozioni è osservato per ciò che è; non si rifiuta, non si trasforma; i cinque
m
veleni non sono né accettati né rigettati, dal momento che la loro mancanza
di esistenza intrinseca non consente che li si stimi impuri (Rossi, 1999: 97).
Per gli rNying ma pa lo rDzogs chen proviene da Kun tu bZang po/Sa-
m
mantabhadra, il Buddha primordiale. dGa’ rab rDo rje, dall’O∂∂iyåna (val-
le dello Svåt in Pakistan), fu il primo maestro umano. Le Tre Serie di inse-
gnamenti rDzogs chen (suddivisione dovuta a Mañju r¤mitra, discepolo di
co

dGa’ rab rDo rje) sono la Serie della Natura della Mente (Sems sde); la Se-
rie dello Spazio Primordiale (Klong sde); e la Serie delle Istruzioni Segrete
(Man ngag gi sde), tradizionalmente trasmessa in Tibet da Padmasaæbhava.
La trasmissione della Serie della Natura della Mente e della Serie dello
on

Spazio Primordiale risale al maestro tibetano Pa gor Be ro Tsa na/Vairoca-


na che recò i suoi insegnamenti in Tibet dall’India. Tra i suoi più eminenti
maestri ebbe ‡r¤ Siæha, di cui, grazie al maestro Klong chen Rab ’byams pa
an

Dri med ’Od dzer (1308-1363) è noto soltanto che nacque in Cina e viaggiò
e risiedette in India (Karmay, 1975: 213-214) nel periodo in cui Khri srong
lDe’u btsan (755-797 d. C.), sul volgere del suo regno (Bogoslovskij, 1972:
12; Beckwith, 1987: 217), avviò la grande disputa buddhista di bSam yas
(792-794 d.C.; cfr. Demiéville, 1952; Stein, 75, 1986) e determinò l’adozio-
pi

ne ufficiale del buddhismo (cfr. l’iscrizione di bSam yas di Khri srong lDe’u
btsan; Richardson, 1985: 26-31; cfr. anche l’iscrizione di sKar chung [a su-
dovest di lHa sa] dove Khri lde Srong btsan/Sad na Legs [798-815 d.C.]
co

rinnova il voto del padre Khri srong lDe’u btsan di mantenere la fede
buddhista; ivi: 72-81).
Rispetto alla concretezza dell’insegnamento, la comprensione dello rD-
zogs chen si basa su ‘quattro indicazioni’ (rton pa bzhi):
Il bon 165

1. non è indicata da un significato culturalmente condizionato (drang


don), ma dal senso reale (nges don);
2. non è manifestata dalla dottrina (chos), ma dal praticante (gang zag);
3. non è rivelata dalla mente (rnam shes), ma dall’intendimento primor-

le
diale (ye shes);
4. non è rivelata dal significato letterale (tshig), ma dal senso (don).
(Namkhai, 1984b: 11).

bi
Nella tradizione bon tali insegnamenti apparvero sotto il regno di Khri wer
La rje Gu lang gSer gyi Bya ru can, re dello Zhang Zhung e apostolo di
gShen rab, circa 3600 anni fa (Namkhai, 2009: 130); come visto essi furono

cia
proclamati all’umanità per la prima volta da sTon pa gShen rab Mi bo che
in sTag gzig e ’Ol mo Lung ring.
Le principali tradizioni rDzogs chen nel bon sono tre:
1. il lignaggio aurale dello Zhang Zhung dello rDzogs chen, lo rDzogs pa

er
chen po zhang zhung snyan brgyud. Esso appartiene alla trasmissione orale
(bka’ ma) emanata dall’Istruttore Primordiale (ye nyid kyi ston pa) Kun tu
bZang po, trasmessa mentalmente (dgongs rgyud) ai Nove Beneandati (bder
m
gshegs dgu), ricevuta poi dai Ventiquattro Individui (gang zag nyi shu rtsa
bzhi) del regno di Zhang Zhung e messa per iscritto, tra il  e l’ secolo
d.C., dall’ultimo di questi, sNang bzher Lod po, grazie ai precetti ricevuti
m
da Ta pi Hri tsa, dopo che questi aveva conseguito il corpo di arcobaleno
del grande trasferimento (’ja’ lus ’pho ba chen po), corpo di luce suprema
(Karmay, 1988: 203; Rossi, 1999: 28-29).
co

Si ritiene che questi testi abbiano goduto di una trasmissione singola


(gcig rgyud) e ininterrotta sino al tempo di sPa ston bsTan rgyal bZang po,24
autore dello rDzogs pa chen po zhang zhung snyan rgyud kyi brgyud pa’i bla
ma’i rnam thar (Le agiografie dei maestri del lignaggio aurale dello Zhang
on

Zhung della Totale Perfezione), e che fino al tempo di sNang bzher Lod po
( d.C.) questi insegnamenti ebbero unicamente una diffusione aurale,
cosicché non vennero né soppressi durante le persecuzioni né occultati co-
an

me gter ma. Esiste anche un tipo di trasmissione ricevuta oralmente (snyan


du brgyud pa) da un maestro del passato vissuto durante una persecuzione a
uno più tardo che in taluni casi si proclama essere la reincarnazione del
maestro originale: Gyer mi Nyi ’od (1108-?) è il primo esponente di questa
tradizione; egli ricevette i precetti in una visione di Dran pa Nam mkha’
pi

( d.C.) (Karmay, 1972,  , 156-160). Tra i gter ma appartenenti a


questo genere di tramissione orale lo gZi brjid è il più esteso; esso fu rivela-
to da un maestro antico a uno vivente, ovvero da sTang chen dMu tsha
co

Gyer med ( d.C.) a Khyung po Blo ldan sNying po (1360-1384); visio-

24 Fra il     e il   secolo. La datazione è controversa, per un riepilogo cfr. Rossi,


1999: 28, n. 50.
166 Tibet

nari di questo tipo sono tuttora attivi (Karmay, 1972:       -        ;


Kværne, 16, 1, 1974: 35).
2. Il sistema chiamato rDzogs chen, il cui testo base è lo rDzogs chen yang
rtse’i klong chen, correlato a un altro sistema di precetti ascritto alla prima

le
propagazione della dottrina (snga dar, precedente la persecuzione dell’
secolo), vale a dire quello delle Tre Proclamazioni bsGrags pa skor gsum,
eseguite nei regni celeste (lha), ctonio (klu), e umano (mi) da ’Chi med gT-

bi
sug phud, un’emanazione della divinità gShen lHa ’Od dkar. Suddivise in
tre sezioni (rgyud, insegnamenti tantrici; lung, precetti; man ngag, istruzioni

cia
essenziali) furono introdotte dal maestro sNya chen Li shu sTag ring, il
quale nell’ secolo d.C. le diffuse in Tibet, occultandole durante la gran-
de persecuzione del bon, la prima storicamente attestata, decisa da Khri
srong lDe’u btsan. Gli insegnamenti furono riesumati da gZhod ston dN-
gos grub Grags pa, ritenuto un’emanazione di sNya chen Li shu sTag ring,

er
sotto la statua di rNam par sNang mdzad (Vairocana), nel tempio di
Khoms mthing nel distretto (rdzong) di lHo brag nella regione (sa khul) di
lHo ka, nel 1088 d.C. (Rossi, 2016a; 2016b). La persecuzione avvenne alla
m
fine della grande sfida di poteri magici indetta da Khri srong lDe’u btsan
tra maestri bonpo e buddhisti. Figure chiave di questo momento di passag-
gio furono Khod spungs Dran pa Nam mkha’ e il gyer spungs (grande mae-
m
stro) sNang bzher Lod po, già ricordato (vedi p. 140). Il primo, riconoscen-
do la sostanziale, profonda uguaglianza contenuta nell’essenza delle diverse
dottrine, si convertì (Karmay, 1972: - ).
co

Probabilmente la persecuzione principiò nell’anno del maiale d’acqua


(783 d.C.) perdurando sino all’anno del bue di legno (785 d.C.), corrispon-
dente al quarantacinquesimo genetliaco del re (Karmay, 1975, 33: 183;
1972: 94, n. 2).
on

Al tempo della prima leggendaria persecuzione di Gri gum bTsan po in-


vece “il divino bon delle offerte (bon bshos kyi lha bon) non declinò. Il bon
dei rituali funebri per i morti (grong gi ’dur bon) declinò per metà. Il bon
an

della pura mente (yang dag pa’i sems bon) scomparve totalmente” (Nam-
khai, 2009, 105).
La base degli ‘insegnamenti della pura mente’, tradizionalmente trasmes-
sa già al tempo del primo re di Yar klungs dal grande gShen sNang ba’i
mDog can, consiste in testi e istruzioni diffusi oralmente e ininterrottamen-
pi

te nello Zhang zhung snyan rgyud; tale denominazione descriverebbe, per


l’epoca, lo rDzogs chen (Namkhai, 2009: 105).
co

3. Lo rDzogs chen dello A khrid, ‘la guida della A’ (Kværne, 1973, 1: 1-


50; 1973, 4: 247-332) fondato da rMe’u dGongs mdzod Ri khrod Chen po
(1038-1096 d.C.) e sistematizzato da Bru chen rGyal ba g.Yung drung
(1242-1290 d.C.). Ulteriori cicli sono lo Ye khri mtha’sel, noto come ‘ciclo
indiano’ (rgya gar gyi skor), emanato nell’ secolo d.C. da Dran pa Nam
Il bon 167

mkha’; e il Byang chub sems gab pa dgu skor, dal ciclo pacifico (zhi ba’i don
skor) appartenente al lHo gter. Fu scoperto a ’Bri mtshams mTha’ dkar nel
1017 dal summenzionato gShen chen Klu dga’, protagonista della più tarda
diffusione (phyi dar) del bon, fondata sulla tradizione dei gter ma.

le
                  :

bi
                 ,           
Il Bon dei Nove Veicoli e il Bon delle Quattro Serie e la Quinta detta il Te-

cia
soro sono due diversi modi di raggruppare differenti tipi delle dottrine bon
(Snellgrove, 1967: 19). Analogamente a ciò, per entrambe le classificazioni,
“le pratiche e le dottrine delineate potrebbero, con esigui cambiamenti, ser-
vire per la descrizione del buddhismo tibetano. Bon e buddhismo si sono

er
interamente pervasi, pur continuando ciascuno a negare il debito contratto
verso l’altro” (ivi: 19).
Come già osservato (vedi p. 133 e nota 10) i nomi di queste quattro serie
m
designano anche i quattro tipi di tradizioni rituali del sNang gshen theg pa
dell’universo fenomenico. Nel Srid pa rgyud kyi kha byang (Il registro dei li-
gnaggi dell’esistenza), gter ma riscoperto nel 1310 da Khod po Blo gros
m
Thogs med (1280-?), ne emerge l’importanza in una storia che ha per pro-
tagonista il re persecutore Khri srong lDe’u btsan:
co

Il re era sdraiato nell’ambulacro del tempio quando ebbe la visione di


una donna nera che aveva i capelli spioventi color ferro, tre occhi e i
canini digrignati, e vestiva un mantello di piume di pavone. Ella gli
disse: “Consegnami i testi basilari e i commenti delle mie Quattro Se-
on

rie del Bon più la Quinta, il Tesoro! Se non me li rendi e li trasformi o


distruggi, non avrai il tempo di diffondere falsi insegnamenti, perché
farò finire la tua vita al tramonto del sole! Da morto ti purificherai ne-
an

gli inferni”. E scomparve nel nulla. Il re, atterrito, iniziò a preoccupar-


si (Namkhai, 1996: 82-83).

Dallo gZer mig si ricavano le funzioni di questi bon:


1. dPon gsas, ‘maestro e discepolo’; è il bon dei precetti (lung) e degli in-
pi

segnamenti essenziali (man ngag); è denominato lung perché consiste di pre-


cetti sintetici e brevi che purificano il flusso della coscienza evitando le pa-
role e concentrandosi sul significato; sono stati inseriti in un volume aureo
co

(Snellgrove, 1967: 17; Namkhai, 1996: 84). Gli insegnamenti del dPon gsas
corrispondono allo rDzogs chen e pertengono alla serie dei tantra (rgyud sde)
delle formule segrete (gsang sngags) del grande veicolo (theg chen). Poiché
descrivono la visione del non sé, non è opportuno presentarli alle menti co-
168 Tibet

muni e inferiori; perciò sono considerati tantra interni. In linea di principio


essi sono la quintessenza totale che supera ogni parola; in sostanza, si tratta
di precetti in cui la contemplazione è il fulcro (Namkhai, 2009: 106).
Il tantra radice del volume d’oro del dPon gsas è il ’Dul ba rgyud drug (I

le
Sei Tantra del Vinaya). Nella storia del lignaggio monastico, l’iniziatore del-
la regola fu gShen rab (ivi: 97). La prima serie è formata da istruzioni ap-
partenenti al ciclo dello Zhang zhung snyan brgyud e ad altra letteratura del-

bi
lo rDzogs chen; tutti questi corrispondono al Nono Veicolo (Snellgrove,
1967: 18).
2. Chab nag, le Acque Nere; la seconda serie si fonda su una moltitudine

cia
di precetti accumulatisi per il beneficio degli esseri e ascrivibili a tre grandi
fila: la corrente esterna dei riti funerari; la corrente interna dei riti per la
malattia e i riscatti; la corrente mediana per i riti di diagnosi e i riti magici in
generale. Il bon del lignaggio, o della continuità (rgyud) originaria dell’esi-

er
stenza (srid pa rgyud kyi bon) è stato inserito in un volume di ferro. Corri-
sponde ai veicoli primo, secondo, quarto (ivi: 18).
3. ’Phan yul, il bon dei centomila vasti insegnamenti (rgyas pa ’bum gyi
m
bon), perché contiene ampliamenti esplicativi e conclusioni concise, inseri-
to in un volume di rame; il ’Phan Yul è identico “nella sua essenza, natura e
aspetto alle versioni estesa, media e abbreviata della Prajñåpåramitå”
m
(Namkhai, 2009: 103), ma la sua essenza è collegata ai riti di riscatto ed
equo scambio del ’Gro shes glud gtong, la scienza che indirizza i riscatti (ter-
za scienza). Corrisponde ai veicoli quinto e sesto (Snellgrove, 1967: 18).
co

4. Chab dkar, le Acque Bianche; il Bon delle Formule Nere (nag po sn-
gags), è detto bsNgags, perché consacra (bsngags) il significato dei precetti.
Racchiude il senso profondo delle meditazioni sulla fase del bskyed rim e
del rdzogs rim, ed è stato inserito in un volume d’argento. Contiene gli inse-
on

gnamenti tantrici e corrisponde ai veicoli settimo, ottavo e anche al terzo, in


quanto i riti di quest’ultimo si ritrovano nel tantra del bon (ibidem).
5. gTsang mtho thog, la Pura Sommità; il bon che tratta le quattro le serie
an

e ne purifica il flusso di conoscenza, implicando la visione della non sostan-


zialità di ogni fenomeno, la natura illusoria dell’involucro esterno delle ve-
rità relative, la vacuità essenziale della manifestazione. Si definisce il Bon
del Tesoro della Pura Sommità che tutto racchiude (gtsang mtho thog spyi
rgyug mdzod kyi bon), poiché si fonda su un’unica visione. Il suo contenuto
pi

è stato inserito in un volume turchese (Namkhai, 2009: 106-107).


co

      


Fra il  e il  secolo si sviluppò nella religione bon una tendenza lega-
ta in particolare a un genere di rivelazione dei gter ma, analogo al sistema
Il bon 169

degli rNying ma pa incentrato sulla figura di Padmasaæbhava (Reynolds,


2005: 10). Nella seconda metà del  secolo ritroviamo un importante
gruppo di visionari, il cui esponente principale fu Khyung po Blo ldan
sNying po (1360-1384),25 cui è ascritta la composizione dello gZi brjid e di

le
numerosissimi altri testi. Visioni di questo tipo, che originariamente deriva-
vano da esseri soprannaturali che dettavano i testi all’adepto, “sono sempre
più associate ai grandi maestri della prima propagazione del bon come

bi
Dran pa Nam mkha’ [ secolo d.C.]” (Kværne, 16, 1974: 36). Nel 
secolo si assiste poi alla vasta diffusione dei dgongs gter ‘i tesori mentali’,

cia
“testi che mediante le ‘benedizioni’ (byin rlabs) di esseri soprannaturali sor-
gono spontaneamente nella mente dell’adepto” (ibidem). Il bon gsar, lette-
ralmente nuovo bon, si fonda su un tema leggendario che determina la
struttura della nuova ideologia:

er
Il saggio Dran pa Nam mkha’ e sua moglie ’Od ldan ’Bar ma diedero
alla luce due figli, Tshe dbang Rig ’dzin e g.Yung drung mThong grol,
i cui insegnamenti divennero il fulcro dominante della dottrina. Il
m
gruppo [di genitori e figli] divenne noto come ’Chi med yab sras bzhi
‘i Quattro Immortali, Padre [Madre e] Figli’. È di particolare rilievo
che g.Yung drung mThong grol fu identificato con Padmasaæbhava.
m
Si ritiene vivessero tutti nell’ secolo. Non c’è contraddizione nel
fatto che i Bonpo accettano i precetti di Padmasaæbhava; infatti an-
che gli rNying ma pa considerano santi i Quattro. Questa disposizione
co

della tradizione Bon divenne nota più tardi come Bon gsar ma ‘il Nuo-
vo Bon’. Nei secoli successivi un considerevole numero di opere fu
prodotto da religiosi appartenenti al nuovo Bon (Karmay, Nagano,
2001:  ).
on

L’importanza di questa corrente del bon è connessa all’inclusione o meno


nel Canone delle opere a essa ascrivibili: il metodo purista seguito da Nyi
an

ma bsTan ’dzin (1813-1875,) rigettò dal Canone la letteratura del bon gsar
ma perché ispirata dalla tradizione rNying ma pa. Diverso fu il pensiero di
Kun grol Grags pa (1700-1766), nativo della regione di rDza nel Khams.
Nel 1751 Kun dga’ Nor bu, sovrano di Khro skyabs, in rGyal rong, ordinò
pi

25 L’inventore della summa bonpo e Mi la Ras pa (1040-1123) appartenevano al mede-


simo clan dei Khyung po; cfr. Stein, 258, 1970: 177, n. 13. In epoca moderna il clan dei
Khyung po si installò nella regione di Nang chen (Khams, nordest del Tibet) e aderì al
co

bon (cfr. Sandberg, 1906: 150-151), mentre nel    d.C. è attestato nello Zhang Zhung e
nel nucleo originario del regno tibetano; infatti vi appartenevano Khyung po Ra sangs,
ministro del re dello Zhang Zhung Lig snya shur e Khyung po sPung sad Zu tse (vedi p.
113), ministro di Srong btsan sGam po, ma intimamente legato allo Zhang Zhung; cfr.
Bacot, Thomas, Toussaint, 1940: 80, 100, 106; Richardson, 6, 1, 1969: 7.
170 Tibet

a Kun grol di compilare il catalogo dei 281 volumi di manoscritti da lui


posseduti. Sotto la sua guida i sovrani di Khro skyabs e Chu chen fecero
approntare i blocchi lignei del Canone bonpo, i quali finirono poi distrutti
durante la Rivoluzione Culturale. Nel 1766 l’impresa terminò, nonostante il

le
decreto imperiale di Qianlong (1735-1796) dei Qing che proibì la pratica
della religione bon nella regione. Il dkar chag di Kun grol è il più dettaglia-
to inventario del Canone mai eseguito, e contiene anche i testi espunti da

bi
Nyi ma bsTan ’dzin, come lo gZi brjid (Karmay, Nagano, 2001:  ).

cia
  
Si ritiene furono circa un migliaio i tibetani professanti la religione bon
coinvolti nell’esodo immediatamente successivo alla rivolta di Lhasa del 10

er
marzo 1959 (vedi p. 116). Dal 1964, dopo la morte in esilio di Shes rab Blo
gros (1935-1963), il trentaduesimo abate di sMan ri, capo spirituale dei
Bonpo, a causa delle durissime condizioni vissute dai profughi nel distret-
m
to indiano dello Himachal Pradesh, obbligati alla costruzione di strade e
privi di risorse economiche (Skorupski, 1981), Tendzin Namdak26 (bsTan
’dzin rNam dag), tutore capo (dPon slob) del monastero di sMan ri, si as-
m
sunse il compito di raccogliere fondi e individuare una terra per installarvi
la comunità bonpo indiana. Con l’aiuto del Catholic Relief Service poté ac-
quistare una porzione di terra a Dolanji, vicino Solan, nello Himachal Pra-
co

desh, e nel 1967 stabilì il nuovo insediamento che con il nome di Tibetan
Bönpo Foundation si registrò formalmente presso il governo. La fondazio-
ne aveva una costituzione e amministrazione proprie e l’abate di sMan ri ne
era presidente. La nuova comunità di Dolanji fu nominata Thobgyal Sarpa
on

(Thob rgyal gSar pa), in memoria dell’omonimo villaggio nello gTsang (Ti-
bet centrale) che sorgeva ai piedi dell’antico monastero di sMan ri. Settanta
famiglie vi giunsero da Manali ed ebbero assegnato un lotto di terra e una
an

dimora. La maggior parte dei fuggitivi dal Tibet occidentale qui residenti
26 Tendzin Namdak nacque nel 1926 a Khyung po dKar ru nel Khams (provincia
orientale del Tibet). Nel 1933 entrò nel monastero di sTeng Chen nel medesimo distretto
e nel 1941 si spostò in quello di g.Yung drung ling. Dal 1945 al 1950 condusse una vita
pi

anacoretica con il suo consigliere e maestro sGang ru Tshul khrims rGyal mtshan, su cui
consiglio si recò nel 1950 al monastero di sMan ri ove nel 1953 conseguì il grado di dGe
bshes, l’equivalente del nostro Doctor Philosophiae, e del quale fu sino al 1957 l’inse-
co

gnante principale. Nel 1960 tentò la fuga in India ma, catturato e ferito dai soldati cine-
si, fu imprigionato per dieci mesi. Successivamente alla prima permanenza in Europa, a
Londra (1961-1964), tornò come Visiting Professor all’università di Monaco nel 1969 su
invito di Helmut Hoffmann; cfr. Shardza, 2002: 125-128; per l’intero paragrafo cfr. Sko-
rupski, 1, 1981: 25-29.
Il bon 171

proveniva dalle regioni del Ti se/Kailash e dello gTsang settentrionale; per


il Tibet orientale dai distretti di Hor, rKong po (dBus), sDe dge (Khams),
A mdo. Dopo la morte dell’abate di g.Yung drung ling (il secondo maggior
monastero bonpo dopo sMan ri fondato nel 1834 nel Tibet centrale) che

le
detenne il potere spirituale dal 1963 al 1968, il capo spirituale della comu-
nità bonpo in esilio divenne Sangye Tendzin (Sangs rgyas bsTan ’dzin), che
al momento della sua elezione lavorava presso l’università di Oslo. Nel

bi
1969, sotto la sua guida, fu iniziata la costruzione (terminata nel 1978) del
tempio principale cui fu dato nome di Pal Shenten Menri Ling (dPal gshen
bstan sMan ri’i gling), mentre il complesso nel suo insieme prese il nome di

cia
Bönpo Monastic Center, ascritto alla Tibetan Bönpo Foundation. Nel 1978
fu istituito il collegio monastico (bshad sgrub) di Yung drung Bon Shedrup
Lobnyer Dude (g.Yung drung Bon bShad sgrub sLob gnyer ’Dus sde) nel
quale, dopo la morte di Sangye Tendzin (1917-1978), la responsabilità

er
dell’istruzione dei giovani monaci ricadde integralmente su Tendzin Nam-
dak. Durante i primi anni, a causa dell’estrema penuria di mezzi e dell’as-
senza dei libri, l’insegnamento consisté principalmente nella pratica dello
m
rDzogs chen, particolarmente lo Zhang zhung snyan rgyud, la cui importan-
za è considerata primaria. Dal 1978 la sufficiente pubblicazione di testi ba-
silari permise ai monaci l’avvio completo della didattica in ogni disciplina e
m
attualmente sMan ri dispone di un’importante biblioteca. Lo scopo del
centro è quello di preservare l’antica tradizione sviluppatasi a g.Yas ru
dBen sa kha e poi a sMan ri, dove l’analisi dialettica (mtshan nyid) e logica
co

(tshad ma) erano applicate alla dottrina dei S∑tra, dei Tantra, e dello rD-
zogs chen, a differenza per quest’ultimo di quanto accade nella scuola bud-
dhista degli Antichi. All’educazione monastica e all’esecuzione liturgica si
affiancano altre importanti attività, quali la pubblicazione di testi, la pittu-
on

ra di thang ka, la coltivazione della terra assegnata, l’assistenza sanitaria con


l’istituzione dell’ospedale. La comunità conta circa un centinaio di monaci
e trecentocinquanta residenti tibetani, e si mantiene tuttora grazie alle do-
an

nazioni volontarie e al modesto profitto derivante dalla vendita dei libri,


che serve a sua volta per pubblicare i testi richiesti per l’insegnamento.
sMan ri funge anche da centro di accoglienza per centinaia di bambine e
bambini indigenti e orfani, cui è offerto sostegno ed educazione; in prossi-
mità di sMan ri è stato fondato il Redna Menling (Terra della Preziosa Me-
pi

dicina), l’unico monastero bonpo femminile dell’India dove le monache di-


spongono di un ciclo di istruzione di diciotto anni, sino al conseguimento
del titolo di dGe bshes.
co

Nel 1987, sotto la guida di Tendzin Namdak, è sorto un altro monaste-


ro e collegio bonpo chiamato Triten Norbutse (Khri brtan Nor bu rtse), si-
tuato presso la collina di Swayambh∑nath, a ovest di Kå†h’må∫∂∑, in Ne-
pal, dove il maestro Tendzin Namdak risiede di norma. Come per sMan ri,
172 Tibet

anche Triten Norbutse è una rifondazione dell’omonimo monastero bon-


po fondato nel  secolo da gShen Nyi ma rGyal btsan (1360-?) nel Tibet
centrale e completamente distrutto durante la Rivoluzione Culturale. La
preservazione, la diffusione e l’ulteriore avanzamento degli studi sul bon e

le
sulla cultura dell’area tibeto-himalayana in generale sono alla base della
sua istituzione.

bi
cia
er
m
m
co
on
an
pi
co

Lung rtogs bsTan pa’i Nyi ma (1927-2017).


Capo spirituale della religione bon e dal 1968
33° abate del monastero di sMan ri.
Il bon 173

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le
 

bi
I termini tibetani sono elencati, seguendo l’ordine alfabetico latino, basandosi sulla

cia
radicale che è inserita sempre maiuscola, per facilitare la ricerca. La lettera (o più
lettere) che eventualmente preceda la radicale non conta, mentre vige il consueto
ordine alfabetico per le lettere a seguire.

er
m
Achard Jean-Luc, 117, 119-21, 163 dBal mo !"#$%&$ (divinità femminili, guardia-
Aditi, 155n ne del bon), 148, 155, 158
m
A dkar !"#$%" (A bianca), 162 dBal gsas Drag po’i rgyud !"#$%&&$'%$()*+$
A dKar theg pa !"#$%"!"#$%$ (il veicolo della !"# (i tantra [interni] di dBal gsas Drag
co

A bianca), 162 po), 155


Ahura Mazda/Ohrmazd, 138 dBal khyung !"#$%&$ (monastero), 149
A khrid !"#$%" (la guida della A, sistema dello dBang pa !"#$%$ (conquistare), 144
on

rDzogs chen), 121, 166 dBang sgrub pa !"#$%"$&$ (realizzazione


Alessandro Magno (356-323 a.C.), 128 del potere), 154
A mdo !"#$%" (regione del Tibet nordorienta- dBang thang !"#$%#$ (carisma), 145
an

le), 129, 171 Bar do !"#$%# (stato intermedio), 161


Anra Mainyu/Ahriman, 138 Bar g.yen gTod po dgu !"#$%&'#$()*#+)#*,#
Arachosia, 128n (i Nove Esseri Inflessibili della Sfera In-
Areia, 128 termedia), 159
pi

Asia, 122, 138, 152 Bar po so brgyad !"#$%#&%#!!"# (luogo di na-


asura, 147 scita di gShen rab), 127-8
co

dBab !""# (evocazione/discesa), 154 Bar sa !"#$# (dimensione intermedia, sino-


Bacot Jacques (1877-1965), 112, 125, 139-41 nimo di bar do), 147
Bai Ulgan, 135, 152, 156 Battriana, 128
Berounsky Daniel, 151
184 Tibet

bh!vayati (atto di creazione mentale), 163 Bon sha ba ru rgyas !"#$%$!$&$'($ (il bon del
bh!ta (vedi ’byung po), 147 cervo dalle corna ramificate, rito), 149
bindu (vedi Thig le), 162 Bon srung !"#$%&$ (custode del bon), 155
Bla !" (anima), 113, 115, 116n, 120-1, 123, Brag dkar rNam rgyal Nyi ma !"#$%&#'(#

le
136, 143-4, 144n, 147, 149, 152, 154, !"#$%#&# (Dagkar Namgyal Nyima), 140n,
158, 163, 165 141

bi
Bla med sems don !"#$%"&$#&"%'(" (supremo Brag dmar ’grin bzang !"#$%&#'()*#+,-#, 151
insegnamento legato alla mente), 120 ’Bras bu !"#$%$ (frutto), 120, 161

cia
Blondeau Anne Marie, 113 ’Bras bu’i bon lnga !"#$%!&$'()$*$ (i Cinque
Bod !"#$ (Tibet), 118, 125, 129, 136 [Veicoli] del bon del frutto), 161
Bodhi sattva (VIII d.C.), 151 ’Bri mtshams mTha’ dkar !"#$%&%'$%(!$

er
Bod kyi deb ther dpyid kyirgyal mo’i glu !"#$, 167
dbyang !"#$%&$#'!$(')$#*&#$+,$-".&$/$#012 Bru chen rGyal ba g.Yung drung !"#$%"&'"("
(Annali del Tibet: il canto della regina di
m !"#$%#$ (1242-1290), 166
primavera, testo), 136 ’Bru g.yung Drung bla ma !"#$%&#'&#(#)#
’Bod pa !"#$%&% (chiamare), 125 (XI secolo), 116n
m
Bogoslovskij Vasilij Alekseevič, 129-30, 136, ’Brug !"#$ (drago), 157
165 sBrul !"# (serpente), 149
!"#$, 111-28, 130-3, 135-8, 140-4, 147- Bru sha !"#" (Gilgit), 127
co

Bon
61, 163, 165-71 buddhismo, 111-5, 118, 120, 122-6, 136-7,
Bon bshos kyi lha bon !"#$!%"&$'($)$!"#$ (il 151, 164, 167
divino bon delle offerte), 166 ’Bum !"#$ (Centomila [versi], seconda sezio-
on

Bon dbyings !"#$%&'()$ (inesauribile esistenza ne del bka’ ’gyur del bon), 115, 120-1,
potenziale, vedi anche chos dbyings), 125 129, 149-50, 168
Bon gsar ba !"#$%&'$!$ (letteralmente, il ’Bum pa che !"#$%$&'$ (st!pa di), 149
an

nuovo bon, la religione bon dal XIV seco- Buriati, 146, 152
lo in poi), 159 dBu rmog !"#$%&# (elmo/copricapo/simbolo
Bon mo !"#$%"$ (sacerdotessa del bon), 114, del potere reale), 136
dBus !"#$ (Tibet centrale), 161, 171
pi

132n
Bon pa !"#$%$ (recitare/ripetere), 124-6 dBus gter !"#$%&'($ (Tesoro centrale, classi-
Bon po !"#$%"$ (sacerdote del bon/seguace del ficazione testuale dei Nove Veicoli del
co

bon), 111, 114, 123, 125, 128, 131-2, 142 bon), 161
Bon sgo gsal byed !"#$!"#$%&#'()* (La chiarifi- Bu ston rin chen grub !"#$%"&'%"()%"*+"
cazione dei portali del bon, testo), 122 (1290-1364), 120, 136
Il bon 185

Bya !" (uccello), 131, 137, 146, 149, 156-7, gCad !"#$ (recisione), 154
165 Cambise II (r. 530-522 a.C.), 128
Bya bon bcu gsum !"#$%"#&!"#$! (i Tredici Chab dkar !"#$%&# (Acque Bianche, quarta

le
Uccelli [o comunque esseri volatili] del delle Quattro Serie e la Quinta, detta il
bon; custodi del bon), 157 Tesoro), 129, 143, 158, 168
Bya Khri !"#$" (fratello minore di ’Od lde sPu Chab dkar ’dre dang sri yi sgo !"#$%&#'()#$*#

bi
rgyal), 137 !"#$"#%&# (le Acque Bianche, il portale [dei
Byams ma !"#$"$ (lett. Madre Amorevole, riti] per i ’Dre e i Sri; secondo bon dello

cia
dea, la Madre Universale del bon), 132 sNang gshen), 158
Byams pa !"#$%$ (Maitreya), 129n, 184 Chab gnyan !"#$%&# (gNyan delle acque),
Byang chub sems gab pa dgu skor !"#$%#&'(&# 144

er
!"#$#%&#'()# (Le nove serie segrete della Chab nag !"#$%# (Acque Nere, seconda delle
mente risvegliata; ciclo dello rDzogs Quattro Serie e la Quinta, detta il Teso-
chen), 167 m ro), 129, 143, 158, 168
Byang gter !"#$%&'# (Tesoro settentrionale, Chab nag chu bo sel gyi sgo !"#$%#&#"'#()*#+,#
classificazione testuale dei Nove Veicoli), !"# (il fiume delle Acque Nere, il portale
m
161 [dei riti] di esorcismo; primo bon dello
Bya wang !!"#! (corvo/pipistrello [Snell- sNang gshen), 158
Chab srid !"#$%&# (autorità politica/potere
co

grove]; uccello bianco dalla cresta vermi-


glia [Namkhai]), 156 reale), 131, 136
Bye ma brel !"#$#%"&# (scoiattolo volante), 157 Cheng du, 119
Byi !"# (topo), 149 ’Chi med gTsug phud !"#$%&'$()($*'$
on

dByings kyi lHa !"#$%&'#&(& (Divinità delle (maestro rDzogs chen, diverrà gShen rab;
Pure Dimensioni), 148, 158 emanazione di gShen lHa ’Od dkar),
dByings kyi lHa tshogs mchod pa !"#$%&'#&(& 132n, 166
an

!"#$%&'(!"#" ([riti di] offerta alle divinità ’Chi med yab [yum dang] sras bzhi !"#$%&'$
delle Pure Dimensioni), 158 !"#[!"#$%#]!"#$%&# (i Quattro Immor-
Byin rlabs !"#$%&'$ (benedizione /consacra- tali, Padre [Madre e] Figli), 170
’Chi sos khams la dpyad !"#$%&%$'(%$)$*+*$
pi

zione), 169
’Byung !"# (genesi/origine), 117, 136, 142, (diagnosi dei segni di morte e guari-
148, 163 gione), 149
co

’Byung po !"#$%&$ (elemento naturale/classe Cho rabs !"#$%&# (mito delle origini), 149
di spiriti corrispondente all’indiana dei Chorasmia, 128n
bh!ta), 147
186 Tibet

Chos !"#$ (dottrina/legge religiosa/elementi creatura divina), 114, 116-9, 123, 135-40,
dell’esistenza; sscr. dharma; religione 151-2, 164, 166-7
ancestrale [Haarh, Snellgrove]), 125, lDe brgyad !"#$%&# (gli Otto lDe, sovrani

le
136-7, 165 della dinastia di Yar klungs), 137
Chos ’byung !"#$%&'() (L’origine della dottri- sDe brgyad !"#$%&# (le Otto classi [di spiriti
na, testo), 136 dell’universo]), 145

bi
Chos dbyings !"#$%&'(#$ (inesauribile esisten- Deb ther dmar po !"#$%"&$!'&$()* (Annali Ros-
za potenziale, sscr. dharmadh!tu), 125 si, testo), 137

cia
Chos rgyal Nam mkha’i Nor bu !"#$%&$'($ De bzhin gshegs pa !"#$%&'#()"(*#+# (illumi-
!"#$%&'(%)% (Chögyal Namkhai Norbu, n. nazione intrinseca), 163
1938), 117 De bzhin nyid !"#$%&'#(&!# (essenza

er
Chu chen !"#$%" (principato tibetano nell’o- dell’esistenza/vera natura delle cose), 154
dierno Sichuan), 119, 170 sDe dge !"#$%"# (regione del Khams), 171
Chung glud !"#$%# (riscatto per i bambini), m De Mensibus (testo), 138n
158 bDen !"#$% (verità), 142, 149
Cina, 113, 116, 127, 129, 164 De Nebesky-Wojkowitz René (1923-1959),
m
Ciro II il Grande (r. 559-530 a.C.), 128 144-6, 148-9, 151-3, 155-6
Clemente Adriano, 118, 143 bDen pa’i smrang !"#$%&'(%)*% (proclama-
gCod !"#$% (lett. recidere/tagliare, rito), 121, zione della verità), 149
co

133n bDer gshegs dgu !"#$%&'#&(%")% (i nove bene-


lCo ga !"#$# (allodola), 157 andati), 165
gCong dgu !"#$%&'% (le nove melodie [dello lDe’u !"#$ (linguaggio/oggetto simbolico/en-
on

sNang gShen]), 156 igma; cantore di enigmi e genealogie,


Co za Bon mo !"#$#%"&#'"# (mkha’ ’gro ema- sacerdote [Stein, Haarh]), 116-9, 123,
nazione di Byams ma, VIII d.C.), 132n 136-40, 151-2, 164, 166-7
an

!"kin# (vedi mkha’ ’gro), 133n lDe’u ’phrul !"#$%&$ (mantica; forse, mani-
Dam tshig !"#$%&# (suggello/voto/vincolo), festazione [’phrul] della conoscenza
154 [lde’u]), 139, 152
pi

Dao, 113 deva, 144


bDar ba !"#$!$ (esortare all’azione), 152, 157 dharma, 125
brDa rnying !"#$%&# (arcaismo), 126 dharmap!la, 121
co

sDe !"# (sezione), 120, 145, 164, 167, 171 lDing shes sha ba !"#$%&'$%$($ (il cervo, scien-
lDe !"# (in tibetano antico probabilmente za del volo), 149
Il bon 187

mDo !"#$ (aforisma, prima sezione del bka’ Dran pa Nam mkha’ (vedi Khod spungs
’gyur del bon), 116n, 120-1, 171 Dran pa Nam mkha’)
’Dod chags !"#"$%&'$ (desiderio), 164 ’Dre !"#$ (classe di demoni), 149, 158

le
’Dod khams !"#"$%&'$ (sfera del desiderio; ’Dre bkar ba !"#$%&'$%$ (bandire i demoni
sscr. k!madh!tu), 159 ’Dre), 141
gDod ma’i gzhi !"#"$%&'$!('$ (base primordia- ’Dre dang sri yi go !"#$%&$'($)($*+$ (i riti per i

bi
le), 135 ’Dre e per i Sri, rituali del sNang gShen
mDo ’dus !"#$%&'( (Epitome di aforismi, te- della serie Chab dkar), 149

cia
sto), 116 ’Dre dgu skyas kyis ’debs shing sri bcu thur du
Dog lHa Bon po !"#$%$&"'$("$ (maestro bon- gnon pa’i gzhung !"#$!"#$%#&'%#(!)*%#
po), 142 !"#$%"$&'$()$*$+,-,$./"$+0#$ (la tradi-

er
Dolanji, 170 zione per spingere in basso i dieci Sri e
Dolgani, 153 trasferire i nove ’Dre; bon dello sNang
Don !"#$ (senso/significato), 165 gShen, Chab dkar), 158
gDon !"#$% (influenza maligna/provocazione
m
Dri !"# (immacolato), 117, 135, 149, 164
dell’energia/classe di esseri demonici), Dril bu !"#$%$ (strumento musicale), 150
m
146-8, 161 bDud !"#$ (demone), 154
gDon bon !"#$%&#$% (tipo di sacerdote bon- bDud bon !"#$!%&$ (lett. bon dei bDud; tipo
co

po), 160 di sacerdote bonpo), 160


’Don pa !"#$%&% (scandire/ripetere ritmica- ’Dul ba !"#$%$ (disciplina monastica; sscr.
mente e/o continuamente), 126 vinaya), 168
mDos !"#$% (riti di riscatto/struttura, sup- ’Dul ba rgyud drug !"#$%$&'$()* (I Sei
on

porto del rito), 146, 149, 160 Tantra del Vinaya, testo), 168
rDo slog !"#$"%# (rimuovere pietre), 148 Dung khra !"#$# (falco), 157
Drag po !"#$%# (distruzione feroce), 144, 155 Dunhuang, 112, 114-5, 125, 131-2, 137, 140-
an

Drang don !"#$%&# (significato culturalmente 1, 144n, 150n, 153


condizionato/provvisorio), 165 Dur bon/’Dur bon !"#$%&#/!"#$%&'$ (bon dei
Drangiana, 128n, 174 riti funebri, di evocazione degli spiriti del
pi

Drang rje bTsun pa gSer mig !"#$%#&'(#)# morto), 166


!"#$%&'!% (IX-X d.C.), 116 ’Dur shes srid gshen !"#$%&'$()*$+%&,$ (lo
Drang srong !"#$%"# (asceta; sscr. !"i), 161 gShen dell’esistenza, la scienza per soggio-
co

Drang srong theg pa !"#$%"#&'(#)# (veicolo gare le energie disturbanti il defunto), 146
degli asceti), 161 rDza !" (regione del Khams), 117, 169
188 Tibet

mDzod !"#$% (tesoro, quarta sezione del bka’ Gab rtse !"#$%# (punte nascoste, le trecentoses-
’gyur del bon), 112, 117, 120-1, 128, 166-8 santa combinazioni oroscopiche), 148-9
Dzo dmar !"#$%&# (rituale igneo), 160 Gab rtse ’phrul gyi me long !"#$%#&'(#)*#+%#
mDzod phug !"#$%&'( (testo), 112n !"#$ (lo specchio delle manifestazioni del-

le
rDzogs chen !"#$%&'(% (Totale Perfezione), le punte nascoste), 148
117, 120-1, 132, 132n, 133n, 135, 140, sGam lHa sras !"#$#%&# (maestro bon), 142

bi
163-8, 171 sGang ru Tshul khrims rGyal mtshan !"#$#
rDzogs chen yang rtse’i klong chen !"#$%&'(% !"#$%&'#("#&)*# (XIX-XX secolo), 170

cia
!"#$%&'#()"#*%+! (La vetta universale della Gangs !"#$ (neve/ghiaccio/ghiacciaio), 144
Totale Perfezione, testo), 166 Gangs gnyan !"#$!%&$ (gNyan dei ghiac-
rDzogs pa !"#$%&% (perfetto/completo), 121, ciai), 144

er
132, 135, 138-9, 142, 165 Gang zag !"#$!# (individuo/praticante), 165
rDzogs pa chen po !"#$%&%'()%&"% (Totale Per- Gang zag nyi shu rtsa bzhi !"#$!#%&#'#(#)*&# (i
fezione), 121, 132, 138-9, 142, 165 m ventiquattro individui), 165
rDzogs pa chen po zhang zhung snyan brgyud dGa’ rab rDo rje !"#$%&$'($)*$, 164
!"#!"#"$%&"#'"()"*)"+&",-.! (il lignag- Gar gsas bTsan po !"#!$$#%&'#()# (nume
m
gio aurale dello Zhang Zhung dello dell’esistenza fenomenica), 157
rDzogs chen, tradizione dello rDzogs chen dGa’ thang !"#$%&$, 149n, 150n
Gcig rgyud !"#!$%&$ (trasmissione singola),
co

bon po), 165


rDzogs pa chen po zhang zhung snyan rgyud 165
kyi brgyud pa’i bla ma’i rnam thar !"#$%&% dGe bshes !"#$%&#'$ (titolo equivalente al nostro
!"#$%&$'($)($*#$+,$-.$/+,$%0.$1!"#$!%"! Doctor Philosophiae), 170-1
on

!"# (Le agiografie dei maestri del lignag– dGe bsnyen !"#$%&#'$ (virtuoso; sscr. up!-
gio aurale dello Zhang Zhung della To- saka), 161
tale Perfezione, testo), 121, 165 dGe bsnyen theg pa !"#$%&#'$(#"$)$ (il veicolo
an

rDzogs rim !"#$%&'(% (fase del compimento/ dei virtuosi), 161


perfezione; sscr. sa!pannakrama), 132, dGe god !"#$"%!$ (esseri divini), 151
162, 168 dGe slong !"#$%&'$ (monaco [buddhista]; sscr.
rDzong !"#$ (distretto), 166
pi

bhik!u), 162
età partica-arsacide (247 a.C.-226 d.C.), 128n Gilgit, 127, 134, 136, 138, 151, 153
età sasanide (226-651 d.C.), 128n Giovanni Lydo (490-560 d.C.), 138
co

età seleucide (312-64 a.C.), 128n Glang !"# (bufalo), 149


Francke August Hermann (1870-1930), Glud !"# (riscatto/riti del riscatto), 126, 132,
115 141, 143, 145-6, 158, 160-1, 168
Il bon 189

Glud gzugs !"#$%$&# (lett. riscatto-forma, sGra rgyal ’brug !"#$"%&'" (il drago, re del
effigie sostitutiva nel rito di riscatto), 146 suono), 157
Glud kyi cho ga ’di ltar du gyer !"#$%#&'#(#)"%# Gri gum bTsan po !"#$%#&'(#)*# (ottavo mo-

le
!"#$#%&"! (recitare il rituale del riscatto in narca di Yar klungs, probabilmente ante-
questo modo), 126 riore al II secolo a.C.), 118, 133, 135,
Gña, 154n 137, 144n, 155, 166

bi
’Go ba’i lHa lnga !"#$%!&$'$($ (le cinque Grol shes gtad byad !"#$%&'$()*$+*$ (la scien-
Divinità dell’individuo), 145 za che libera dalle maledizioni), 148

cia
sGo bzhi mdzod lnga !"#$%&#'()*#+# (Le Quat- sGrol shes ’phrul bon !"#$%&!"#$%"&'(" (il bon
tro Serie, più la Quinta detta il Tesoro), del potere magico che esegue i riti di
120, 167 distruzione), 153

er
Goldi, 146 Grong gi ’dur bon !"#$%&$'()$*"+$ (il bon dei
Gong mo !"#$%"$ (pernice delle nevi/tetrao- rituali funebri per il morto), 166
gallo tibetano), 157 sGron ma drug gi gdams pa !"#$%$&'$'($')%*$+,
m
dGongs gter !"#$%&"'()& (tesori trasmessi (La dottrina delle sei luci, testo), 121
mentalmente), 118-9, 169 ’Gro shes glud bon !"#$%&'$()$*#+$ (il bon del
m
dGongs rgyud !"#$%&'!& (trasmissione men- riscatto, la scienza degli esseri), 141
tale), 121, 165 ’Gro shes glud gtong !"#$%&'$()$*+#,$ (la
dGongs rgyud dgu’i yig chung !"#$%&'!&!()*&
co

scienza di coloro che sanno indirizzare


!"#$%&' (I piccoli testi dei Nove Lignaggi, correttamente il riscatto), 145, 168
testo), 121 Grub dbang Shar rdza bKra shis rGyal
mGon shes lha bon !"#$%&'(%)%*#$% (bon delle mtshan sNying po !"#$"%#&'#(#")#&*+#
on

divinità, scienza della protezione), 141, !"#$%&#'()#*+# (1859-1934), 117


143 Grub mtha’ shel gyi me long !"#$%&#'()#*+#$(#
sGra bla !"#" (lett. suono anima, tipo di ener- !"#$% (Lo specchio cristallino della dottri-
an

gia individuale; classe di divinità), 143-4, na, testo), 150


152, 158 sGrub thabs !"#$"%# (pratica di realizzazio-
bsGrags pa skor gsum !"#$%&%'()%#*+% (i tre ne/ottenimento rituale; sscr. s!dhana),
pi

cicli di propagazione della dottrina bon), 162


128, 166 Gru gu !"#" (palla di filo, attributo delle Ma
bsGral !"#$ (distruzione), 153-4, 161 mo), 155
co

bsGral ba !"#$!$ (disintegrare/distruggere), sGrung !"# (saga/leggenda/racconto; bar-


153 do/sacerdote alla corte di Yar Klungs
dGra lHa !"#$# (le Divinità del nemico), 145 [Stein, Haarh]), 117, 123, 136-8
190 Tibet

sGrung lde’u bon gsum gyi gtam e ma ho !"# rGyas pa ’bum gyi bon !"#$#%&'#()#*+,# (il
!"#$%&'$()*$+,$(-*$."$*$/&! (Drung, Deu Bon dei centomila vasti [insegnamenti],
e Bön. Le narrazioni, i linguaggi simboli- vedi ’Phan yul), 168
ci e il Bön nell’antico Tibet, testo), 117 Gyer ba !"#$%$ (scandire/ripetere ritmicamen-

le
sGrung mkhan !"#$%&# (bardo/cantore), 136 te e/o continuamente), 126
Gu ge !"#$" (regione del Tibet occidentale), Gyer mi Nyi ’od !"#$%&$'&$()*$ (1108-?), 165

bi
129 Gyer spungs !"#$%&'$ (termine zhang zhung,
Gumilev Lev, 128 equivalente a ‘maestro del bon’), 166

cia
rGya gar bon skor !"#$"%&'"(&$" (gli insegna- Gyim bu Lan tsha !"#$%$&'$($ (gShen), 133
menti bon dall’India), 126, 161 rGyu !" (causa), 120, 138, 141, 148, 154-5,
rGyal ba g.yung drung phyag khrid !"#$#%&'# 160

er
!"#$%#&'() (Le istruzioni dell’Eterno rGyu !" (sillaba seme), 120, 138, 141, 148,
Vincitore, testo), 120 154-5
rGyal bon Thod dkar !"#$%&#'%(#()*# (padre m rGyud !"# (tantra, terza sezione del bka’
di gShen rab Mi bo che), 160 ’gyur del bon), 120, 126, 129, 132, 149,
rGyal bzhad Ma !"#$%&#'# (madre di gShen 154-5, 163, 165-8, 171
m
rab Mi bo che), 160 rGyud bu chung bcu gnyis !"#$#%&#'(#)*+,-
rGyal gshen !"#$%&'# (sacerdote reale), 129, (I Dodici Piccoli Tantra, testo), 121
132 rGyu’i bon bzhi !"#$%&'$%(#$ (le quattro tradi-
co

rGyal gshen ’bangs gsum !"#$%&'#()*+#$,-# zioni del bon della Causa), 138, 155, 160
(triade [primordiale] di re, sacerdoti e rGyu’i bon theg pa !"#$%&'$()*$+$ (i Veicoli del
sudditi), 129 bon della Causa), 141
on

rGyal rabs bon gyi ’byung gnas !"#$%&#%'(#)*# rGyu rkyen mthong la dpyad !"#$%"&'()"*"
!"#$%&'( (Fonti Bon per la storia dei !"!# (anamnesi delle cause primarie e
lignaggi regali, testo), 142 secondarie), 148
an

rGyal rabs gsal ba’i me long !"#$%&#'&"#%()# bsGyur lam !"#$%&$ (via della trasformazio-
!"#$%&' (Lo specchio delle genealogie reali, ne), 164
testo), 136 Haarh Erik (?-1993), 125, 131-2, 134-7, 151
rGyal rigs !"#$%&'# (lett. vittoriosi, gli esseri lHa !" (divinità celesti), 113, 116n, 129, 129n,
pi

umani), 142 132-3, 133n, 134, 136-7, 141-5, 147-8,


rGya mo Kong Jo/Mung Chang Kong Jo !"#$" 151-5, 158, 161, 164, 166
co

!"#$%"$/!!"#!"$%!"&%" (Wen cheng, sposa lHa bon !"#$%" (il bon divino), 133, 133n,
di Srong btsan sGam po), 129, 141 141-3, 155, 166
Il bon 191

lHa bon sgo bzhi !"#$!"#$"%&'" (i Quattro ’Ja’ lus ’pho ba chen po !"!#$%#!&'#(#)*+#,'#
Portali Divini, il bon della Causa), 133, (corpo d’arcobaleno del grande trasferi-
155 mento), 165

le
lHa chos !"#$%" (religione degli dèi), 137 Jo mo gling gsum !"#$"#%&'#()$* (testo), 131
lHa gsol ba !"#$%&"'" (pregare gli dèi), 141 Ju thig !"#$%" (mantica delle corde divinato-

bi
lHa mo bZang za Ring btsun !"#$"%&'"&"()'" rie), 113, 152
!"#$ (mKha’ ’gro, emanazione della dea Ju thig gi rten !"#$%"%$"&'(" (supporto delle fa-
Byams ma), 132 coltà divinatorie), 152

cia
lHa pa !"#" (medium), 152-3 Ka dag !"#$" (purezza primordiale), 163
lHa rgod !"#$%" (divinità feroci), 154 bKa’ !"#$ (parola), 118-21, 152-3, 165
lHa sa !"#" (capitale del Tibet), 129n, 164 mKha’ ’gro !"#$#%&$ (lett. Colei che vola nel

er
lHa tho tho Ri gnyan btsan !"#$"#$"%&"'()" cielo; sscr. !"kin#), 121, 132, 132n
!"#$ (ventottesimo monarca di Yar bKa’ ’gyur !"#$#%&$ (partizione del canone
klungs, forse intorno al IV secolo d.C.), bon, emanazione diretta della parola di
136, 137n
m gShen rab), 118-20
lHa zam !"!"# (ponte degli dèi), 134 bKa’ ’gyur !"#$#%&$ (partizione del canone
m
Himachal Pradesh, 116n, 170 buddhista), 118-20
lHo brag !"#$%# (distretto del Tibet meridio- bKa’ ma !"#$%$ (trasmissione orale), 165
co

nale), 150n, 166 Karakorum, 128


Hoffmann Helmut (1912-1992), 116, 123, dKar !"#$ (bianco), 129, 133, 143-5, 158,
125, 132, 136, 138, 149, 151 160, 162, 166-8, 170n
lHo gter !"#$%&'# (Tesoro meridionale, classi- dKar chag !"#$%&$ (catalogo/inventario),
on

ficazione testuale dei Nove Veicoli), 161, 117-8, 170


167 sKar chung !"#$%# (a sudovest di lHa sa;
lHo ka !"#$# (regione del Tibet meridionale), iscrizione di), 164
an

166 dKar gsum !"#$%&'$ (le tre [sostanze]


Hor !"#$ (regione nel dBus, Tibet centrale), bianche), 144
171 dKar nag bKra gsal !"#$%&$'($&)*$
pi

lHun (gyis) grub (pa) !"#$%&#'(#)# (la spon- (tempio), 129n


tanea [perfetta] realizzazione), 163 bKa’ skyong !"#$%&'$ (protettore della
India, 116, 116n, 117, 124, 126, 154, 161, dottrina; sscr. dharmap!la), 121
co

164, 171 Karnataka, 116


Iran, 124, 126 Kashmir, 151
’Ja’ lus !"!#$%# (corpo d’arcobaleno), 135 K!"h’m!"#!, 171
192 Tibet

Keto, 132 !"#$/!"#$%$&'("$ (r. 798?/804?-815 d.C.,


mKha’ ’gying dBal gyi rgyud !"#$%#&$'%()*% imperatore), 164
!"#$%# (i tantra [esterni] di Mkha’ ’gying Khri seg !"#$%&# (principio/essenza vitale), 131
Khri srong lDe’u btsan !"#$%&#'(!!"#$! (r. 754/

le
dBal), 154
mKha’i dBal mo !"#$%&'(%!)% (dBal mo del 55-797 d.C., imperatore), 116n, 118-9,
cielo), 148 140, 151, 164, 166-7

bi
Khams !"#$ (Tibet nordorientale), 146, 148, Khri tsan !"#$%# (condizione assoluta/natura
158-9, 169, 169n, 170n, 171 primordiale della mente), 131

cia
Khegs/khed !"#$%/!"#$ (enigma/indovinello), Khri wer La rje Gu lang gSer gyi Bya ru can
139 !"#$%&#'#(%#)#'*#+,%&#-"#!"#"$%" (re dello
Khod po Blo gros Thogs med !"#$%"$&"$'"($ Zhang Zhung e apostolo di gShen rab;

er
!"#$%&'(% (1280-?), 167 circa 3600 anni fa, secondo la tradi-
Khod spungs Dran pa Nam mkha’ !"#$%&'$ zione), 131, 165
!"!"!#$!!!!! (VIII d.C.), 166 m Khro skyabs !"#$%&# (nell’odierno Sichuan),
Khoms mthing !"#$%#&'(% (tempio), 166 119, 169-70
Khra !" (policromo), 144, 157 ’Khrul pa !"#$%$ (illusione), 135
m
Khram shing !"#$%&# (bastone dentellato, Khrung khrung !"#!"# (gru), 157
attributo delle Ma mo), 155 Khu byug !"#!" (cuculo), 157
Khri !"# (composto lessicale; trono/seggio/ Khul sa !"#$# (regione), 166
co

pulpito/diecimila), 113-4, 116, 118-9, Khyi !"# (cane), 149


129-33, 137, 140, 142-3, 151, 160, 164-7, Khyim bya !"#$%$ (balestruccio), 157
171 Khyung !"# (aquila/garu!a), 130, 145, 155, 157
on

Khri brtan Nor bu rtse !"#$%&#&'(#)#*+# Khyung !"# (esseri divini), 151
(monastero), 171 Khyung mo !"#$%# (aquila), 157
Khri bTsan po !"#$%&#'(# (lett. potente Khri, Khyung po !"#$%# (clan), 169n
an

titolo regale), 113, 118, 130-2, 142, 143n, Khyung po Blo ldan sNying po !"#$%#&%#'(#
151 !"#$%&$ (1360-1384), 156, 165, 169
Khri gTsug lde btsan/Ral pa Can !"#$%$#&'# Khyung po dKar ru !"#$%#&'(#)# (villaggio
!"#$/!"#$#%&# (r. 815-838 d.C., impera-
pi

del Khams), 170n


tore), 114 Khyung po Ra sangs !"#$%#&#'"'# (ministro
Khri gtsun !"#$%&# (sposa di Srong btsan dello Zhang Zhung), 169n
co

sGam po), 129n Khyung po sPung sad Zu tse !"#$%#&"#'(!"!#$!


Khri lde Srong btsan/bSad na legs !"#$%#&'(# (ministro tibetano, VII d.C.), 113, 169n
Il bon 193

Klong !"#$ (spazio), 154 sKu gshen !"#$%&" (sacerdoti del corpo sacro,
Klong chen Rab ’byams pa Dri med ’Od dzer protettori regali), 131
!"#$%&'$()$*+,-$.$/0$,&1$*"1$23($ (1308- Kun dga’ Nor bu !"#$%&#"'(#)# (XVIII

le
1363), 164 secolo), 169
Klong gi dam can !"#$%&$'($)*$ (protettori Kun grol Grags pa !"#$%&#$'(#)# (1700-
giurati dello spazio), 148, 158 1766), 169

bi
Klong gi dam can brten pa !"#$%&$'($)*$+,-*$.$ Kun gzhi !"#$%&# (base di tutto), 163
([i riti di] sostegno ai protettori giurati Kun tu snang ba !"#$#%&#'# (manifestazione

cia
dello spazio), 158 compassionevole [dell’essenza dell’esi-
Klong sde !"#$%&$ (serie dello Spazio Primor- stenza]), 154
diale), 164 Kuznetsov Broneslav Ivanovic (1931-1985),

er
Klu !" (vedi N!ga) 128
Klu ’bum !"#$%& (Centomila N!ga, testo), Kværne Per (1937-), 111-2, 115, 117-21, 123-
115 m 4, 126, 138, 166, 169
Klung !"# (spazio, il quinto elemento /fon- bsKyed rim !"#$%&'(% (fase dell’emanazione/
damento universale onnipervadente), 145 creazione; sscr. utpattikrama), 132, 162,
m
Klung rta/rLung rta !"#$#/!"#$# (fortuna /ca- 168
vallo del vento legato alla buona fortu- Kye ma ’Od mtsho !"#$#%&'#$()# (mkha’ ’gro),
co

na), 145 133n


Klung rta’i lHa !"
# $%&' #( (numi garanti del dKyil chen Phu wer dKar po !"#$%&'(%)%*'+%
klung rta), 145 !"#$%&$ (nume principale del Phywa
rKong po !"#$%"$ (regione del dBus, Tibet gShen), 145
on

centrorientale), 137, 171 dKyil ’khor !"#$%&'()% (vedi ma!"ala)


Kong tsha dBang ldan !"#$%$&'#$()$ (figlio e Lalou Marcelle (1890-1967), 112, 125, 131
apostolo di gShen rab), 129 Lam !"# (via), 152, 154, 163-4
an

Kong tsha ’Phrul bu !"#$%$&'($)$ (figlio e Las kyi thig le’i rgyud !"#$%#&%'#!()%#*+# (i tan-
apostolo di gShen rab), 129 tra [segreti] della sfera delle azioni), 155
sKos shes rtsis mkhan !"#$%&#$'(#$)*+$ (l’a- Las sbyor !"#$%&# (azione distruttiva), 154
pi

strologia, scienza che controlla l’ordine Laufer Berthold (1874-1934), 115, 120, 129
[dell’esistenza]), 148 Legs bshad rin po che’i mdzod dpyod ldan dga’
bKra shis !"#$%&# (buona sorte), 117, 145 ba’i char !"#$%&'(%)*+%,-%."/*%012(%(3-(%
co

sKu bla !"#" (antiche divinità protettrici del !"#$%&#'&(#)*+ (Il prezioso tesoro dei
corpo regale, associate sovente alle mon- buoni detti, amabile pioggia per il saggio,
tagne sacre), 113, 115 testo), 117
194 Tibet

Li !"# (Khotan), 127 sMan grub/sMan rtsi !"#$%#/!"#$%# (medicine


Li mig sKya/Lig myi rgya !"#$"%#&#/!"#$%"$&$ nettaree), 144
(sovrano dello Zhang Zhung, metà del manicheismo, 124, 138
secolo d.C.), 129n, 140-1 Mañju!r!, 164

le
VII
Li Thig dMan !"#$"%#&'(# (sposa di Srong Mañju!r!mitra, 164
btsan sGam po), 129n Man ngag sde !"#$%#&'# (Serie delle Istruzio-

bi
Log pa’i skad !"#$%&'$()$ (linguaggio segreto), ni Segrete), 164
140 sMan ri !"#$%# (monastero), 116, 116n, 117,

cia
Lo gsar !"#$%&# (anno nuovo), 143 170-2
Londra, 116, 170n mantra, 120, 124, 126, 143, 148
Lo ngam/Lo ngam rTa rdzi !"#$%#/!"#$%#&#'(# Ma phang !"#$" (lago), 151

er
(omicida di Gri gum bTsan po), 134-5, Margiana, 128n
137 dMar gsum !"#$%&"$ (le tre [sostanze] ros-
Lug !"# (pecora/ariete), 149 m se), 144
Lung !"# (precetto), 166-7 Ma rgyud !"#$" (tantra materno), 132, 163
rLung !"# (vento/soffio vitale; sscr. v!yu), Martin Dan,117, 119, 132
m
144-5, 162 Mas ldog !"#$%&# (ritorno dal di sotto), 135
Lung dren gSal ba !"#$%&#'()#*# (figlio e m!t!, 155n
apostolo di gShen rab), 129 m!t!ka, 154, 154n
co

rLung gnyan !"#$%&# (gNyan del vento), 144 Me !"# (fuoco), 136, 144-5, 148, 150-1, 167
Lung rtogs bsTan pa’i Nyi ma !"#$%&'#()*# sMe ba !"#$# (segni o diagrammi [nove/dgu]
!"#$# (Lungtok Tenpe Nyma, 1929-2017), che illustrano la totalità fenomenica),
on

172 148-9
rMa bya !"#" (pavone), 157 Me gnyan !"#$%&# (gNyan del fuoco), 144
Macdonald Ariane, 112-5, 141, 153 Me lHa !"#$# (esseri divini), 151
an

Mackay Alex, 122 Meru (monte cosmico), 146


makara, 155 rMe’u dGongs mdzod Ri khrod Chen po !"#$
m!l!, 152 !"#$%&'()!&*+&,#!&-./&0#& (1038-1096
Ma mo !"!#" (divinità femminili, guardiane
pi

d.C.), 166
del bon), 154-5 rMe’u lHa ri gNyen po !"#$%$&'$()"*$+,$
ma!"ala, 154, 162, 164 (1024-1091 d.C.), 116n
co

sMan !"# (medicina/rimedio/erba medici- Mi bskyod rDo rje !"#$%&'#(&#)*#


nale), 116, 116n, 117, 144, 148, 153, 170-2 (Ak!obhyavajra), 129n
Manali, 170
Il bon 195

Mi chos !"#$%&# (religione degli esseri umani), dMu gshen sNang ba’i mDog can !"#$%&'#
137 !"#$%&#'()*#+,# (leggendario propaga-
Mi la’i mgur ’bum !"#$%"#!"#$%&!! (I cento- tore della dottrina bon in Tibet), 132-3

le
mila canti di Mi la ras pa, testo), 150 Mu khri btsan po/Mu khri btsad po !"#$"
Mi la Ras pa !"#$#%&#'# (1040/1052- !"#$%&$/!"#$"%&'"()" (secondo monarca di

bi
1123/1135 d.C.), 150, 169n Yar klungs, probabilmente prima del III
Mi lus bSam legs !"#$%#&%!#'()%# (leggen- secolo a.C.), 130, 132, 151
dario sovrano dello Zhang Zhung e sa- dMu rGyal bTsan pa Gyer chen !"#$%#&'(#

cia
cerdote reale del bon), 132, 133n, 142 !"#$%"&$'" (trisavolo di gShen rab Mi bo
Mi Nyag !"#$%# (regione a nord dell’A mdo), che), 160
129n Mu sman !"#$" (dee), 153

er
Mithra, 138n dMu thag/rMu thag !"#$%#/!"#$" (corda
Mo bdar pa’i smrang !"#$%&#'()#*+# (la pro- dMu/corda rMu), 134
clamazione per invocare la profezia), 152 Muzong (821-824 d.C., imperatore dei Tang),
Mo btab (pa) !"#$%$#&# (divinare), 131
m 114
Mo glud !"#$%# (riscatto per le donne), 158 Nad kyi rkyal pa !"#$%#&'#(# (sacco delle ma-
m
Mo lHa !"#$# (Divinità delle femmine), 145 lattie, attributo delle Ma mo), 155
Monaco, 170n Nag !"# (nero), 144
co

Mong !"#$ (clan), 129n Na!ga (esseri semidivini, ofidici, ctonii e ac-
sMra (ba) !"!" (parlare), 142 quatici, vedi Klu), 115, 129, 137
sMrang !"# (proclamazione/esposizione), brNag pa sgyu ’phrul drwa ba !"#$%$&$'()$
142-3, 161 !"#$ (rete della magica ferocia), 154
on

sMrang shes gto dgu !"#$%&#'()#*+# (i nove Nag po sngags !"#$%#&"'# (formule nere), 168
riti gTo, scienza della proclamazione), Nags !"#$ (foresta), 144
141, 149 Nags gnyan !"#$"%!$ (gNyan silvestri), 144
an

sMre (ba) !"#!" (esprimere dolore o enigmati- gNam bon !"#$%&"$ (il bon del Cielo), 137
camente/imprecare), 142 gNam gyi Khri bdun !"#$%&$'&$()"$ (I Sette
Mu cho lDem drug !"#$"%&'"()" (apostolo di Khri del Cielo, primi sovrani di Yar
pi

gShen rab), 129 klungs), 130


mudr!, 154 rNam par sNang mdzad !"#$%#&'#"()#
rMu gab !"#$" (chiaroveggenza), 139 (Vairocana), 166
co

dMu gshen !"#$%&'# (lignaggio divino di rNam shes !"#$%&# (attività cosciente/mente),
gShen rab Mi bo che), 160 165
rNam thar !"#$%# (biografia), 117, 121, 165
196 Tibet

Nang !"# (interno, seconda sezione del brten Ngag dbang Blo bzang rGya mtsho !"#$%!#
’gyur per Nyima Tendzin), 121 !"#$%&#'#()*# (1617-1682, V Dalai lama),
sNang !"# (universo fenomenico), 156 136
sNang bzher Lod po !"#$%&'#()*#+)# (VII-VIII sNgags !"#$ (mantra), 120, 143, 167-8

le
d.C., gran maestro bon dello rDzogs bsNgags (pa) !"#$%&% (consacrare /glorificare),
chen), 140, 165-6 168

bi
Nang chen !"#$%!# (regione del Khams, Nga med !"#$%" (senza ego), 163
nordest del Tibet), 169n Ngang !!" (condizione [primordiale /essen-

cia
sNang gshen !"#$%&'!(lo gShen dell’Universo ziale]/ vera essenza di ogni cosa), 163
fenomenico), 133, 138, 143-5, 147-9, 155, Ngar glud/ngar mi !"#$%#/!"#$%# (effigie so-
157 stitutiva per i riti di riscatto), 146

er
sNang gshen theg pa !"#$%&'#(&$#)# (il veicolo Nga rgyal !"#$" (orgoglio), 164
dello gShen dell’Universo fenomenico), mNga’ thang !"#$%"$ (maestà/essenza del
161, 167 m potere), 136
sNang stong zung ’jug !"#$%"#&"#'()# Nges don !"#$%&'$ (senso reale), 165
(inseparabilità/coalescenza dell’apparen- Ngo bo !"#$"# (essenza), 163
m
za fenomenica e della vacuità), 162 mNgon spyod !"#$%&#'% (azione feroce), 154-5
rNa ring !"#$%" (lepre), 149 Ngos ’dzin rtsa la dpyad !"#$%&'($)$*$+,+$
Na ro Bon chung !"#$"%$!"&'" (leggendario
co

(identificazione e analisi del tipo di pol-


maestro bonpo), 150-1 so), 148
gNas chung !"#$%&$ (oracolo di stato gNas nirv!"a, 162-3
chung), 153 mNol bar ’gyur !"#$%&'%('% (corrotto /conta-
on

gNas lugs !"#$%!#$ (condizione/stato na- minato e indebolito), 147


turale, costante), 163-4 sNya chen Li shu sTag ring !"#$%"&'"(")*"+',"
Naxi, 134, 146 (VIII d.C.), 132n, 166
an

Ne le !"#$"# (nibbio), 120, 157 Nyag rong !"#$%&# (distretto del Tibet orien-
Nepal, 118, 129n, 171 tale), 119
Ne tso !"#$%# (pappagallo), 157 gNya’ khri bTsan po/gNya’ khri bTsad po
rNga !" (tamburo), 150-1 !"#$%&$'()$*+$/!"#$%&$'()$*+$ (primo
pi

rNga ba !"#" (distretto nel nordovest del monarca di Yar klungs, probabilmente
Sichuan), 119 anteriore al III sec. a.C.), 113, 118, 130-1,
co

sNga dar !"#$" (prima diffusione del bon, se- 142, 143n
condo la tradizione), 118, 166 mNyam brje !"!#!"#$ (scambio equo), 146,
158
Il bon 197

mNyam med Shes rab rGyal mtshan !"!# U!!iy!na, valle del fiume Sv!t, Pakistan),
!"#$%"&$'($)*$!+,$ (1356-1415), 116n 127
mNyam pa’i ngang !"!#$%&#''# (condizione Oslo, 119, 171
dell’equanimità), 163 Ostiachi, 132

le
gNyan !"#$ (spiriti degli elementi naturali, dPa’ bo !"#$%&$ (medium), 150, 152-3
ctonii, eccetera), 129, 137, 144-5, 147-8, dPa bo gTsug lag Phreng ba !"#$%!"#"!$"!

bi
158-9, 161 !"#$%$ (1504-1556), 150
sNyan brgyud !"#$%&# (trasmissione orale), Padmasa!bhava (VIII d.C.), 118, 164, 169

cia
117, 119, 165 Pa gor Be ro Tsa na !"#$%"&'"%$"(")" (VIII d.C.),
Nyang !"# (fiume), 135 164
Nyang po !"#$%# (regione del Tibet centro- Pakistan, 127, 164

er
orientale), 137 dPal !"#$ (gloria), 145
bsNyen jo mo !"#$%&'%('% (medium femminile), dPal gshen bsTan sMan ri’i gling !"#$%&'($
153 m !"#$%#$&'('$)'*$ (tempio), 171
bsNyen pa !"#$%&% (affidarsi), 154 dPal ldan Lha mo !"#$%&$'$()$ (divinità su-
Nyi ma bsTan ’dzin !"#$#%&!#'()!# (Nyima prema delle Ma mo), 154
m
Tendzin, 1813-1875), 117, 120-1, 169- Pamir, 128
170 sPar kha !"#" ([otto/brgyad] trigrammi), 148-9
rNying ma pa !"#$%$&$ (scuola buddhista Parsogard, 128
co

degli Antichi), 118, 120, 160, 164, 169 Pasargadés !"#"$%"&'(, 128
O!!iy!na/U!!iy!na (valle dello Sv!t, Pa- sPa ston bsTan rgyal bZang po !"#$%"&#%"
kistan, vedi O rgyan), 127, 164 !"#$%&#'(# (XIII-XIV secolo), 165
on

’Od gsal !"#$%&'$ (chiara luce; sscr. pra– Pe har (vihara) !"#$%# (tempio), 131
bh!svara), 162-3 Persia, 128
’Od ldan ’Bar ma !"#$%&$!'($)$ (VIII d.C.), Petech Luciano (1914-2010), 117, 141
an

169 Petrogenés/Petregenés !)*$+%),'(/!)*$-%),'(


’Od lde sPu rgyal !"#$%&$'$()$ (nono monarca (epiteto del dio Mithra), 138n
di Yar klungs, probabilmente tra II e I Phan gnod chu la dpyad pa !"#$"%&#'#(#&)&#
!" (accertamento dello stato di salute con
pi

secolo a.C.), 118, 135-7


’Ol mo Lung ring/’Ol mo’i gling !"#$%"$&'$ l’esame delle urine), 148
!"#$/!"#$%"!&$'&(! (paese natale di gShen Phan shes sman dpyad !"#$%&#'"#()(# (la
co

rab Mi bo che), 111, 127-8, 165 scienza che esamina metodi terapeutici,
O rgyan/U rgyan !"#$%#/!"#$" (O!!iy!na/ che sa curare), 148
198 Tibet

’Phan yul/’Phen yul !"#$%&$/!"#$%&'% (terza Phya g.yang ’gugs !"#$%"&'#(" (richiamare/
delle Quattro Serie e la Quinta, detta il ottenere la buona fortuna/la quintessen-
Tesoro), 146, 158, 168 za), 149
’Phan yul mnyam brje glud kyi sgo !"#!"#! Phya klags !!"#$! (richiamare la buona for-

le
!"!#$%&#'(#)*#+,# (’Phan yul, il portale tuna), 131
[dei riti] del riscatto come scambio equo; Phyi !"# (esterno, prima sezione del brten

bi
terzo bon dello sNang gshen), 158 ’gyur per Nyima Tendzin), 121
Pha rgyud !"#$" (tantra paterno), 132 Phyi dar !"#$%# (tarda diffusione del Bon dalla

cia
Pha wang !"#$" (pipistrello), 157 fine del IX-inizi del x secolo d.C., secon-
’Pho ba !"#$%$ (trasferimento), 165 do la tradizione), 118, 121, 167
Pho glud !"#$!" (riscatto per gli uomini), 158 Phyi’i g.Yen !"#"$%&'($ (classe di Esseri non

er
Pho lHa !"#$# (Divinità dei maschi), 145 umani del mondo esterno), 154
Phrag dog !"#$%"# (gelosia), 164 ’Phying ba sTag rtse !!"#$%$&'$()$ (il Picco
Phreng mo !"#$%&$ (collana da preghiera), 152
m della tigre), 136
Phrin las !"#$%&$ (azione/attività rituale), 144, ’Phyong rgyas !"#$%&'% (valle dello Yar
154 klungs, sepolcro dei primi re tibetani),
m
’Phrul !"#$ (potere magico), 134, 139 137
’Phrul bu chung !"#$%$&'$ (figlio e apostolo Phywa !" (forza positiva dell’individuo/au-
di gShen rab), 148 spicio/segno/divinazione), 144-5, 152,
co

’Phrul gshen !"#$%&'# (lo gShen del ’Phrul), 157-8, 161


138 Phywa !" (numi), 144-5, 152, 157-8, 161
’Phrul gshen theg pa !"#$%&'#(&$#)# (il veicolo Phywa gshen !"#$%&" (lo gShen del Phywa),
on

dello gShen del ’Phrul), 153, 156, 161 138-9, 145, 148-9, 152
’Phrul ngag g.yung drung bon !"#$%&$&'%$ Phywa gshen theg pa !"#$%&"'%#"(" (il veicolo
!"#$%&# (la parola magica, il bon eterno), dello gShen del Phywa), 144, 156, 161
an

111n dPon gsas !"#$%&''% (la prima delle Quattro


Phug lHa/Khyim lHa !"!"!/!"#$%$ (Divinità Serie e la Quinta, detta il Tesoro/epiteto
dell’interno, del focolare domestico), 145 dei grandi maestri/guida all’ufficio ritua-
Phun sum tshogs !"#$%#&'()# (completezza /
pi

le/serie di insegnamenti dello rDzogs


eccellenza /compiuta perfezione), 145 chen), 157-8, 167-8
’Phur shes ju thig !"#$%&'$($)*+$ (il Ju thig, dPon gsas lha !"#$%&''%(% (maestro divino),
co

scienza della divinazione), 152 154


Phu shud !"#$" (upupa), 157 dPon gsas phywa gnyan gto yi sgo !"#$%&''%(%
!"#$!%&$'($)&$ (i dPon gsas del potente
Il bon 199

Phywa, il portale dei [riti] gTo; quarto Rang grol !"#$%&# (autoliberazione), 164
Bon dello sNang gshen), 158 Rang grol lam !"#$%&#&'# (via dell’auto-
Pra !" (divinazione dello specchio /pronosti- liberazione, lo rDzogs chen), 164
co), 152 Rang rig pa’i ye shes !"#!$%#&'$#()#*)+# (la

le
Praj!pati, 147n primordiale saggezza dell’autocon-
Prajñ!p!ramit!, 168 sapevolezza), 163

bi
sPrel !"#$ (scimmia), 149 Ra sa !"#! (antico nome di Lha sa), 129n, 131
preta, 147n Ra sangs Khri na khod !"#$#"%&"'"()*" (VIII

cia
sPrin gnyan !"#$%&#$ (gNyan delle nuvole), d.C.), 160
144 Reynolds John Myrdhin, 120-1, 135, 169
sPug Gyim brtsan rMa chung !"#$%&#'()#*# Richardson Hugh Edward (1905-2000), 113-

er
!"# (ministro di Srong btsan sGam po), 4, 131-2, 137, 164
140-1 Rig pa !"#$%$ (consapevolezza/pura, istanta-
dPyad !"!# (medicina/diagnosi/analisi/cura m nea presenza/reale stato della mente),
o intervento esterno), 129-131, 148, 161 135, 163-4
dPyad bu Khri shes !"!#$#%&#'()# (figlio e Rig stong zung ’jug !"#$%&'$('$)*#$ (indisso-
m
apostolo di gShen rab), 129 lubilità di consapevolezza e vacuità), 164
sPyi spungs !"#$%&# (ciclo testuale dello Rin chen rGyal mtshan !"#$%&#$'($)*#$
rDzogs chen), 132, 142 (1360-?), 121
co

sPyod !"#$ (condotta/azione/attività), 148 Ri rab lhun po !"#!$#%&#'(# (monte Meru,


sPyod lam ’gal zhing don la ’brel !"#$%&$'(%$ montagna cosmica), 146
!"#$%&'$($)*+($ (contraddizione nel com- Rivoluzione Culturale, 116n, 170, 172
on

portamento e coerenza nel senso), 154 Rossi Donatella (1958-), 117-8, 121, 152, 164-6
Qianlong (1735-1796, imperatore dei Qing), Ru la skyes !"#"$%&" (uccisore di Lo ngam),
170 137
an

Qing (1644-1911), 170 Ru yongs bZa’ rGyal mo !"#$%&"'()"*+",$"


Rabs !"#$ (storia/racconto/mito/lignaggio), (sposa di Srong btsan sGam po), 129n
136, 142, 149, 150n Sa !" (terra/suolo), 145
Sa bdag !"#$%" (lett. Signori del suolo, numi
pi

rakßasa, 147n
Ra mo che !"#$"%&" (tempio), 129 ctonii, tellurici, eccetera), 144, 148-9,
Rang ’byung ye shes !"#$%"#&'#(')# (la pri- 158, 161-2
co

mordiale saggezza autoriginata), 163 Sa bdag klu gnyan bcos pa !"#$%"&"%'("#)*!"


Rang bzhin !"#$%&'# (reale natura [della !" ([riti di] riconciliazione per i Sa bdag i
mente]/natura [ultima]), 135, 163 Klu, gli gNyan), 158
200 Tibet

Sa brko !"#$%" (scavare), 148 !"#$#%&"# (!recitare il rituale di fumigazione


gSad !"#$ (uccisione), 154 in questo modo"), 126
Sad mar kar !"#$%!"#! (sorella di Srong Sangs rgyas bsTan ’dzin !"!#$!#%&'#()*'#

le
btsan sGam po, consorte dell’ultimo re (Sangye Tendzin, 1912-1978), 116, 171
dello Zhang Zhung), 140-1, 141n gSas !""# (entità divine e demoniche), 142
Sa gnyan !"#$%" (gNyan della terra), 144 gSas drag !""#$!# (scacciare/sottomettere le

bi
Sa gter !"#$%&" (tesori testuali occultati in entità demoniche), 131, 155
luoghi naturali), 118 gSas mKhar spyi spungs !""#$%&#'(#!"#$

cia
Sa g.yen Che ba bCu gcig !"#$%&"'%"("()" (Collezione generale del palazzo gSas,
!"#!$ (gli Undici Grandi Esseri della testo), 142
Sfera Terrestre), 159 ‡atapatha Bråhma∫a, 147n

er
sahaja (innato), 163 Schiefner Franz Anton (1817-1879), 115, 120
Sa’i Legs drug !"#$%&'!$('$ (i Sei Legs della sciamanesimo/sciamanismo, 123-4, 153, 156
Terra, sovrani della dinastia di Yar m Sel !"#$ (esorcismo/impurità/eliminazione/
klungs), 137n incantesimo), 147, 158
!"kyamuni, 111, 129 Sel ba !"#$%$ (rimuovere/purificare), 147
m
gSal ba !"#$%$ (chiarezza/luminosità), 129, Sems !"#!$ (mente), 135, 147, 163
136, 163 Sems nyid !"#!$%&'$ (natura della mente), 163
bSam gtan rGyal mtshan mKhar rme’u !"#$ Seng !"#$ (leone), 121, 145
co

!"#$%&$'(#$')*$+,-$ (Samten Gyaltsen Se Sha ri dbu chen !"#$#%&#'(#)"*# (maestro


Karmay, 1936-), 115, 117 bonpo), 151
Samuel Geoffrey (1947-), 122-4 bShad grub !"#$%!$ (collegio monastico), 171
on

bSam yas !"#$%"$ (monastero; iscrizione di), Sham po lHa rtse !"#$%#!"#$" (palazzo di), 129
116n, 118, 164 Shang !"# (strumento musicale), 150, 150n
bSang !"#$ (rito di fumigazione), 126, 130, Sha ru shul ston !"#"$%"&'() (Mostrando la
an

174 via al cervo con le corna, testo), 149,


gSang !"#$ (segreto, terza sezione del brten 149n
’gyur, per Nyima Tendzin), 121 gShed !"#$% (entità/energie negative in grado
gSang mchog rGyal po !"#$%&'!$()$*'$
pi

di impadronirsi del bla al momento della


(nume), 133n morte/impedimento), 147
gSang sngags !"#$#!"$ (formula segreta), gShed !"#$% (macellaio/carnefice), 131
co

120, 167 gShen !"#$% (sacerdote/sacerdotessa, offi-


bSang gi cho ga ’di ltar du gyer !"#$%&$'($%$)*&$ ciante del Bon; sciamano/sciamana
Il bon 201

[Hoffmann, Haarh, Tucci]), 114-5, 124, 131- Srid pa’i sgo nga !"#$%&"$'($)$ (l’uovo cosmico
4, 136-7, 141-4, 146-50, 152-3, 155-6, dell’esistenza), 137
158-9, 161-2 Srid gshen !"#$%&'($ (lo gShen dell’esistenza),
gShen chen Klu dga’ !"#$%&#$%!"#$%" (996- 134, 138, 141, 146, 155, 161

le
1035 d.C.), 112n, 116n, 119 Srid gshen theg pa !"#$%&'('$%$)$ (il veicolo
gShen gnyan !"#$%!&$% (capo sciamano), 135, dello gShen dell’esistenza), 156, 161

bi
159 Srid pa !"#$%$ (esistenza), 158, 161
gShen lHa ’Od dkar !"#$%&%'()%)*+% (dio), Srid pa mi’u rgyud kyi gzhung !"#$%$&"'$(#$)"$

cia
133n !"#$ (le generazioni umane dalle origini
gShen Nyi ma rGyal btsan !"#$%&'%(%)*%+,$% dell’esistenza, rito), 149
(1360-?), 172 Srid pa rgyud kyi bon !"#$%$&#$'"$()*$ (Il Bon

er
She rab Blo gros !"#$%&$'($)(#$ (1935-1963), del lignaggio originale dell’esistenza),
170 126, 168
Shid !"#! (rito funebre), 131 Srid pa rgyud kyi kha byang !"#$%$&#$'"$($)*+,
m
Shing !"#$ (legno/albero), 145 (Il registro dei lignaggi dell’esistenza,
Shing gnyan !"#$%&'$ (gNyan degli alberi), testo), 167
m
144 Srid pa spyi mdos !"#$%$&"$'#()* (Il riscatto
Shin tu rnal ’byor !"#$%$&'$()*+$ (condizio- dell’esistenza universale, testo), 160
ne/pratica suprema, lo rDzogs chen; sscr. !r! Si!ha (VIII d.C.), 164
co

Atiyoga), 164 Srog gi dbang po !"#$#%$&'($)"$ (principio/es-


Shi thabs !"#$%&# (modo di morire), 147 senza/facoltà vitale), 131
Siberia, 151, 173-4 Srog shing !"#$%&'$ (albero/legno dell’energia
on

Sichuan, 119 vitale), 146


Sikkim, 153 Srong btsan sGam po/Srong brtsan sGam po
Snellgrove David Llewellyn (1920-2016), 113, !"#$%&'$()$*"$/!"#$%&'$()!!"# (r. 627-
an

116, 119-22, 125, 128, 131-2, 146, 154, 649 d.C., imperatore), 113, 115, 129,
156-7, 160-3, 167-8 131, 140, 169n
bSod nams rGyal mtshan !"#$%&'"%()%'*&% Srung bya !"#$# (da proteggere/da serbare),
pi

(1312-1375), 136 146


Sogdiana, 128, 128n Stein Rolf Alfred (1911-1999), 111-5, 123-5,
gSol (ba) !"#$%&% (chiedere/offrire/ricevere/ 131-2, 134, 137, 141-3, 151, 153, 164
co

ottenere), 125, 141-2 gSung ’bum !"#$%&'$ (raccolta di opere [di


Solan, 116n, 170 un maestro]), 121
Surya, 155n
202 Tibet

svasa!vedya (esperienza di sé), 163 Teleuti, 151


Sv!t (fiume pakistano, valle omonima), 127, brTen !"#$% (basato/fondato saldamente),
164 121
Swayambh!nath (collina a ovest di sTeng chen !"#$%"&$ (monastero), 170n

le
K!"h’m!"#$), 171 brTen ’gyur !"#$%&'(% (partizione del canone
rTa !" (cavallo), 137, 145, 149 bon, opere non direttamente ascrivibili

bi
lTa ba !"#" (visione), 164 alla parola di gShen rab), 118, 121
lTa ba seng ge sgra bsgrags !"#"$%&"'%"("#('$) gTer ma !"#$%&% (tesoro testuale), 112n, 116n,

cia
(La Visione che è come il Ruggito del 118-9, 121, 132n, 165, 167-8
Leone, testo), 121 gTer ston !"#$%&'(% (scopritore di gter ma),
gTad rul !"#$%&$ (rito magico), 148 116n, 118-9, 132n

er
sTag !"# (tigre), 145, 149 Thang ka !"#$# (dipinto su tessuto/rotolo
sTag brang !"#$%# (calabrone), 158 pittorico), 171
sTag gzig !"#"$%"# (luogo d’origine dei m The ba !"#$# (volatile non identificato), 157
precetti del bon, secondo la tradizione), Theg chen !"#$%"&$ (grande veicolo), 167
126-8, 129n, 133, 138, 165 Theg pa dgu !"#$%$&'$ (i Nove Veicoli [del
m
sTag wer Li wer !"#!"#$%&$!"#$ (sacerdotessa e bon]/[anche dei rNying ma pa]), 120,
maestra bon), 151 160
Taizong (627-649 d.C., imperatore dei Tang), Thig le !"#$%&$ (gocce, essenza dell’energia;
co

129 sscr. bindu; sfera luminosa/potenzialità


rTa mchog !"#$%&" (cavallo supre- infinita dello stato illuminato), 154, 162
mo/eccellente), 145 Thig le nyag gcig !"#$%&$'#$#("#$ (stato di non
on

gTam shul !"#$%&$, 149n dualità della base di tutto/reale natura


Tang (618-907 d.C.), 114, 129 della mente), 163-4
bsTan !"#$ (insegnamento), 117 Thob rgyal gSar pa !"#$%&$'()$*$ (villaggio
an

bsTan ’byung !"#$%!" (opera storica), 117 presso sMan ri), 170
sTang chen dMu tsha Gyer med !"#$%&#'(# Thomas Frederick William (1867-1956), 112,
!"#$%"&$'" (maestro bonpo), 165 114, 125, 131, 140-1
bsTan ’gyur !"#$%&'$ (partizione del canone Thon mi Sam bho †a !"#$%&$'!"#$"%" (ministro
pi

buddhista), 120 tibetano, VII d.C.), 140n


bsTan rtsis !"#$%&'$ (tavola cronologica), 117 Thugs !"#$ (anima/spirito/mente illumina-
co

tantra, 120-1, 129, 132, 133n, 144n, 154-5, ta), 150


162-4, 167-8, 171 Thugs dkar !"#$%&'$ (lett. sincerità/numi
Ta pi Hri tsa !"#$"%$"&" (VIII d.C.), 165 custodi del bon e dei bonpo), 143-4, 158
Il bon 203

Thugs nyid !"#$%&'$ (condizione assoluta/na- rTon pa bzhi !"#$%$&'($ (quattro indicazioni
tura primordiale della mente), 131 [dello rDzogs chen]), 164
Tibet, 111-3, 116, 116n, 117-20, 122-7, 129, sTon pa gShen rab Mi bo che !"#$%$&'(#$)*$

le
131, 131n, 133, 136-8, 140, 140n, 141-3, !"#$%#&'# (leggendario riformatore e ordina-
145, 147, 149n, 150, 150n, 161, 164, 166, tore del bon arcaico), 111, 116, 158, 165
170, 170n, 171-2 gTor ma !"#$%&% (offerta sacrificale), 146

bi
gTi mug !"#$%!$ (stupidità), 154 Tre ston rGyal mtshan dpal !"#$%&#'(#)*&#
Ting nge ’dzin rnam gsum !"#$#%$&'()$*+$ !"#$ (XIV secolo), 122

cia
!"#$ (le tre contemplazioni), 154 rTsa !" (canali del corpo sottile; sscr. n!"i),
Ti se !"#$%# (monte Kailash), 118, 126-7, 150, 146, 148, 158, 162, 165
171 bTsan !"#$ (spirito/forza/potere ctonii;

er
gTo !"#$ (riti dove l’officiante si affida e offre classe di esseri demonici), 139, 160
al suo nume tutelare), 129, 141, 148-9, bTsan bon !"#$!%#$ (tipo di sacerdote
150n, 158, 161 m bonpo), 160
gTo bu ’Bum sangs !"#$%$&%'$()($ (figlio e gTsang !"#$ (Tibet centrale), 116n, 170-1
apostolo di gShen rab), 129 gTsang mtho thog !"#$%&'$&'!$ (la Pura
m
gTod !"#$% (spiriti delle roccie e montagne), Sommità, la quinta delle Quattro Serie e
161 la Quinta, detta il Tesoro), 168
sTod gnam gyi Khri bdun !"#$%&'$()$*)$+,&$ gTsang mtho thog spyi rgyug kyi bon !"#$%&'$
co

(i Sette Khri del Cielo di Sopra, sovrani !"#$%&$'#$(&$)"*$ (il bon della Pura Som-
della dinastia di Yar klungs), 137n mità che abbraccia ogni cosa), 168
sTod kyi sTengs gnyis !"#$%&$!'()$*+&)$ (i Due gTsang ris kyi lHa !"#$%&'$(&$)$ (numi delle
on

sTengs dell’Alto, sovrani della dinastia di Pure Regioni), 147


Yar klungs), 137n gTsang shes sel ’debs !"#$%&'$'&($)*&+'$ (la
rTog med !"#$%&'$ (senza concetto/discor- scienza che elimina/esorcizza/che sa pu-
an

sività), 163 rificare), 147


rTog pa !"#$%$ (pensiero discorsivo/concet- gTsang smyon He ru ka !"#$%&'$()$*$+$
tualità), 135 (1452-1507), 150
pi

sTong pa !"#$%$ (vacuità), 163 bTsan po/bTsad po !"#$%&$/!"#$!"# (sovrano,


sTong pa nyid !"#$%$&'($ (condizione/stato di nozione attinente a bTsan), 139
vacuità), 163 Tshad ma !"#$# (logica), 171
co

sTong rgyung mThu’ chen !"!"#!"$%&"'()" Tshal pa Kun dga’ rDo rje !"#$#%&#'()#*+#
(bonpo dello Zhang Zhung), 147 !"# (1309-1364), 137
sTon pa !"#$%$ (maestro), 111 Tshan khrus !"#$%# (aspersione lustrale), 130
204 Tibet

mTshan nyid !"#$%&'$ (analisi dialettica), 171 Yakuti, 146, 153


Tshe dbang Rig ’dzin !"#$%&#'()#*+,-# (VIII g.Yang !"#$ (prosperità), 144-5, 149
d.C.), 169 Yang dag pa’i sems bon !"#$%#&'(#)*+)#,-.#
Tshig !"#$ (significato letterale/parola), 165

le
(il bon della pura mente; denominazione
Tshig bshad !"#$%&'$ (fase cantata), 154 dello rDzogs chen all’epoca di Gri gum
rTsis !"#$ (calcolo astrologico), 161 bTsan po), 166

bi
rTsis mkhan !"#$%&'$ (astrologo/ma- Yang dar rGyal po !"#$%#&'#()# (dio), 138
tematico), 148 Yar g.yen gNyan po bCu gsum !"#$!%&#$'&#

cia
rTsol med !"#$%&'$ (senza sforzo), 163 !"#$%#&'(# (i Tredici Potenti Esseri della
gTsug !"!# (abbreviazione di gTsug lag/sinci- Dimensione Superiore), 159
pite/altezza/divinità), 113-5 Yar klungs !"#$%&# (valle del Tibet centrori-

er
gTsug lag !"!#$!# (religione arcaica del Ti- entale, sede originaria dell’omonima di-
bet monarchico/ordine del mondo [Mac- nastia), 122-4, 127, 130-1, 136-7, 141n,
donald]; testo religioso/etica/arte di go-
m 142, 143n, 156, 166
vernare [Stein]), 113, 150 Yas !"# (classe di demoni/riti di riscatto),
Tswo dbal !"#$%&# (bomba magica a base 143, 146
m
aurea), 140 g.Yas ru dBen sa kha !"#$%$&'()$#$*$ (mo-
Tucci Giuseppe (1894-1984), 117, 124, 126- nastero), 116n, 171
Ye !"# (primordiale/originale/ancestrale)
co

7, 129-32, 134, 136, 138-9, 144-8, 151


Tun yar Mu khrod !"#$%#&#'()# (re dello Ye dbang !"#$%&# (potere primordiale), 144
Zhang Zhung), 138 Ye dbang lha yi bka’ babs !"#$%&#'#!(#%)*#
up!ya (mezzo), 163 !!"# (l’oracolo delle divinità del potere
on

Upanißad, 147n primordiale), 152


Uray Géza (1921-1991), 113, 125-6, 139, Ye ’dul !"#$%&# (conquistatore primordiale),
140n, 141, 141n 144
an

uriqu (mong. invocare mormorando), 125 Ye gshen gNyan pa bCu gsum !"#$%"&#$'&#(#
V!c, 155n !"#$%&# (i Tredici Potenti gShen Pri-
Vairocana (Buddha), 166 mordiali), 159
Ye gshen theg pa !"#$%"&#'"$#(# (il veicolo
pi

Vairocana (traduttore, VIII d.C., vedi Pa gor


Be ro Tsa na), 116n, 164 dello gShen primordiale), 162
Wer ma !"#$%$ (numi), 143-4, 158 Ye khri mtha’ sel !"#$%#&'(#)"*# (ciclo dello
co

Wu di (140-87 a.C., imperatore degli Han rDzogs chen), 166


occidentali), 135n Ye mkhyen sgra bla’i mngon shes !"#$%"&#'#
yakßa, 147n !"#$%&'($)*+$ (la chiaroveggenza dei sGra
Il bon 205

bla della conoscenza primordiale; manti- Yugs phud pa !"#$%&$'$ (scacciare le


ca), 152 maledizioni), 141
g.Yen !"#$% (creare disaccordo/calunnia- Yum bu Bla sgang !"#$#%#&'# (fortezza), 136
g.Yung drung !"#$%#$ (eterno), 111n, 112n,

le
re/minacciare), 146, 154, 158-9
Ye nas dag pa !"#$%#&'#(# (puro sin dall’ori- 163
gine), 135 g.Yung drung bon !"#$%#$&'($ (il bon eter-

bi
Ye nas gnas lugs !"#$%#&$%#'&%# (il modo no), 111, 111n, 124, 128, 150, 150n, 158,
d’essere primordiale), 163 171

cia
g.Yen khams sum cu rtsa gsum !"#$%&'(%)'% g.Yung drung Bon bshad grub sLob gnyer
!"!"!"#$ (le Trentatré Sfere di Esseri ’dus sde !"#$%#$&'($&)*$+&$,'&$!-./$
non umani), 146, 158 !"#$%&$ (collegio monastico), 171

er
Ye nyid kyi ston pa !"#$%&#'%#()*#+# (istruttore g.Yung drung dGu brtsegs !"#$%#$&'$
primordiale, Kun tu bZang po), 165 !"#$%& (monte, probabilmente corrispon-
Ye rdzogs !"#$%&'# (completamente perfetto ab m dente al Ti se), 127
origine), 163 g.Yung drung du !"#$%#$&$ (sempre/perma-
Ye rje smon pa’i rmi lam !"!"#!$%&!'()!*)!+,! (il nentemente), 111n
m
sogno dei Signori del potere primordiale, g.Yung drung ling !"#$%#$&'#$ (monastero),
mantica), 152 170n, 171
Ye shes !"#$"%# (la saggezza primordiale), 163-5 g.Yung drung mThong grol !"#$%#$&'(#$
co

Ye shes sNying po !"#$"%#&'(#)*# (gShen dei !"#$ (identificato con Padmasam!bhava,


Klu), 142 VIII d.C.), 169
Ye srid !"#$%&# (l’esistenza primordiale), 144 Yunnan, 134
on

Yid !"#$ (coscienza percettiva), 147 g.Yu rnga can !"#$#%&# (i Detentori del
Yi dam !"#$%# (divinità tutelare), 121, 133n, tamburo turchese), 151
154 Za snang sGron legs ma !"#$"%&'"!"#$%!"
an

yoga, 134, 164 (vedova dell’ultimo re dello Zhang


Yongs ’dzin sLob dpon bsTan ’dzin rNam Zhung), 140
dag !"#$%&'()%*"+%,-")%+.)%&'()%/0%,1% Zas !"# (cibo/nutrimento/dieta), 148
gZer mig !"#$%&'!( (testo), 116, 116n, 167
pi

(Yongzin Lopon Tendzin Namdak,


1926-), 116 gZha’ gnyan !"#$!%&$ (gNyan dell’arco-
Yongs su Dag pa !"#$%&%'(%)% (gShen dei baleno), 144
co

lHa), 142 Zhags pa nag po !"#$%$&"$%'$ (laccio nero,


Yos !"#$ (coniglio), 149 attributo delle Ma mo), 155
g.Yu ’brug !"#$%!# (drago turchese), 157 Zhang !"# (zio materno), 129
206 Tibet

Zhang blon !"#$%&# (primo ministro), 129n gZhod ston dNgos grub Grags pa !"#$%&#'%
Zhang Bod !"#$%&# (popolo primevo), 118 !"#$%&!"#$%"&" (XI-XII d.C.), 166
Zhang bod kyi lo rgyus ti se’i ’od !"#$%&#'(#)%# Zhu !" (richiesta), 140

le
!!"#$"!%&$"&'!" (La luce del Kailash. Storia Zhuangzi, 134
dello Zhang Zhung e del Tibet, testo), 118 Zhung !"# (probabilmente corrispondente a
Zhang Zhung !"#$"# (antico regno ad ovest khyung, vedi), 129-30

bi
del Tibet), 111, 113-4, 116n, 118, 120-4, gZhung !"#$ (tradizione/testo sacro), 142-3
127-8, 129, 129n, 130-4, 136, 138-40, gZi brjid !"#$%&#'( (testo), 117, 120-1, 142-3,

cia
140n, 141, 141n, 147, 151, 161, 165, 169n 152, 154, 156, 159, 165, 169-70
Zhang zhung gi rgyal po bya ru can bco brgyad bZla ba !"#!# (recitare/ripetere), 124, 126
!"#$"#%&#'(#)*#+#,#-.#/-*#/'0# (i diciot- bZlas pa !"#$%$ (recitazione), 124

er
to re dello Zhang Zhung dalla corona or- Zlo (ba) !"#$# (mormorare/recitare incantesi-
nata di corna), 131 mi/invocare/chiamare), 125
Zhe sdang !"#$%# (avversione), 164 m zoroastrismo, 124, 128n
gZhi !"#$ (base), 163 Zoroastro, 128
Zhi ba’i don skor !"#$%"#&'(#)'*# (il ciclo gZugs can !"!#$%&$ (avente forma/fisico/
m
pacifico; ciclo dello rDzogs chen), 167 materiale), 146
gZhi’i gnas lugs !"#$#%!&'%(!'% (modo d’es- gZugs khams !"!#$%&#$ (la sfera della
co

sere/condizione originale della base), 164 forma; sscr. r!padh!tu), 159


gZhi’i gnas lugs dang rig pa’i ye shes !"#$#% gZugs med !"!#$%&'$ (senza forma/incorpo-
!"#$%!#$&'$()!$*+)$,-$.-#$ (saggezza reo), 146, 159
primordiale che è/della autoconsapevo- gZugs med kyi khams !"!#$%&'$!"#$%&# (la
on

lezza consustanziale alla condizione ori- sfera dell’assenza di forma; sscr.


ginale della base), 164 ar!padh!tu), 159
an
pi
co

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