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Condominio
COMUNIONE E CONDOMINIO
COMUNIONE E CONDOMINIO
Immobili e proprietà, 2011, 2, 73 (nota a sentenza)

IL DISTACCO DALL'IMPIANTO DI RISCALDAMENTO CENTRALIZZATO

di Natali Luca Christian(*)

c.c. art. 1117

c.c. art. 1118

c.c. art. 1120

c.c. art. 1123

D.P.R. 26-08-1993, n. 412, epigrafe

L. 09-01-1991, n. 10, epigrafe

Cass. civ. Sez. II, 30 marzo 2006, n. 7518

Il presente contributo esamina l'ammissibilità e la disciplina del distacco del singolo condomino
dall'impianto di riscaldamento centralizzato e due questioni collegate, la disciplina delle spese
conseguente al distacco e le condizioni per l'eliminazione dell'impianto centralizzato.

È quesito ricorrente se sia possibile o meno e a quali condizioni il distacco dal servizio
condominiale centralizzato di riscaldamento. L'argomento è stato oggetto di ampie discussioni
sia dottrinali che giurisprudenziali. Spesso il condomino desidera distaccarsi dall'impianto di
riscaldamento cosiddetto "centralizzato" - in via temporanea o definitiva - per non sostenere le
relative spese (esemplificando, basti pensare al costruttore che non ha ancora venduto tutti gli
alloggi, al condomino che utilizza il suo bene solo pochi mesi all'anno oppure che non è riuscito
a locare l'appartamento di sua proprietà).
Ammissibilità e disciplina del distacco del singolo condomino dall'impianto di riscaldamento
centralizzato

Concretamente si vuole indagare se, sotto il profilo giuridico, il condomino può staccare i propri
elementi irradianti dai tubi dell'impianto che recano il calore nella sua unità abitativa, in modo
permanente e definitivo, con la creazione di un impianto autonomo, il quale - s'intende - dovrà
essere conforme alla vigente normativa in materia.

Un secondo quesito, collegato al primo, è quale sia la disciplina delle spese conseguentemente
al distacco in questione.

Un terzo quesito, anch'esso collegato pur nella sua peculiarità, è se e a quali condizioni possa
ammettersi la totale eliminazione dell'impianto centralizzato di riscaldamento.

Ammissibilità e condizioni del distacco del singolo condomino dall'impianto di


riscaldamento centralizzato

Anzitutto, inquadriamo normativamente tale fattispecie.

Ai sensi dell'art. 1117 cod. civ. sono definite come parti comuni dell'edificio tutte le opere che
servono all'uso e al godimento comune; in particolare gli impianti per il riscaldamento sono
considerati parti comuni "fino al punto di diramazione degli impianti ai locali di proprietà
esclusiva dei singoli condomini".

1 di 8 23/11/2021, 08:42
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In base all'art. 1102 cod. civ. l'uso della cosa comune è consentito a ciascun partecipante alla
comunione, a patto che non ne venga alterata la destinazione e non venga impedito agli altri
partecipanti di farne parimenti uso.

Ciò detto, va osservato che l'impianto centrale di riscaldamento è normalmente progettato e


costruito in funzione dei complessivi volumi interni dell'edificio, al quale il medesimo intende
assicurare un equilibrio termico di base.

Il passaggio di alcune unità abitative ad un impianto di riscaldamento autonomo comporta,


ovviamente, il distacco delle diramazioni di tali unità dall'impianto centralizzato.

Vediamo ora come può (rectius: deve) essere meglio inquadrato il distacco in questione.

Il distacco di parti, o di impianti interi, dall'impianto di riscaldamento centrale rappresenta una


innovazione vietata dalla legge, ex art. 1120 cod. civ., nell'interesse del condominio.

L'orientamento giurisprudenziale inizialmente non ammetteva il distacco unilaterale del singolo


condomino perché ciò comprometteva l'equilibrio termico dell'edificio e comportava un aggravio
di spese di esercizio e conservazione per chi rimaneva collegato all'impianto (1).

Al contempo, però, il D.P.R. 26 agosto 1993 n. 412, art. 1 lett. l), prevede espressamente la
possibilità per il condomino di installare un impianto termico a risparmio energetico previo
distacco dall'impianto centralizzato.

Quindi, dal punto di vista ordinamentale, non può essere considerato un divieto assoluto
riguardo a materia indisponibile, bensì un divieto derogabile con il consenso di tutti i
condomini, dato che incide negativamente su una essenziale parte comune del condominio,
sulla destinazione oggettiva della cosa comune determinando uno squilibrio termico.

Squilibrio termico che può essere eliminato incorrendo,tuttavia, in un inevitabile aggravio delle
spese di esercizio e conservazione per tutti gli altri condomini che invece continuano a servirsi
dell'impianto centralizzato.

In questo senso, il distacco dall'impianto centralizzato deve ritenersi vietato qualora incida
negativamente sulla destinazione obiettiva della cosa comune, ovvero determini "uno squilibrio
termico che può essere eliminato solo con un aggravio delle spese di esercizio e conservazione
per i condomini che continuano a servirsi dell'impianto centralizzato" (2).

Per tali motivi la Cassazione ritiene ammissibile il distacco in alcuni casi, che potremmo definire
tendenzialmente "tassativi" e che di seguito enunciamo:

1) rinuncia del condomino all'impianto centralizzato prevista in una clausola del regolamento
contrattuale, presupponendo quindi il consenso al distacco di tutti gli altri condomini;

2) anche al di fuori del regolamento contrattuale, se il distacco è autorizzato dai condomini


all'unanimità;

3) rinuncia all'impianto in questione sempre che l'interessato provi che dal distacco deriverà
una effettiva proporzionale riduzione delle spese di esercizio e non si verificherà un pregiudizio
del regolare funzionamento dell'impianto centrale stesso (3).

Quindi, il distacco è consentito quando è "autorizzato" da una norma del regolamento di


condominio o dall'unanimità dei partecipanti alla comunione oppure quando "il condomino
interessato provi che da questo deriverà un'effettiva proporzionale riduzione delle spese di
esercizio e non si verificherà uno squilibrio in pregiudizio del regolare funzionamento
dell'impianto centrale" (4).

Analogamente, si pone la pronuncia del Tribunale di Roma, sez. V, 19 maggio 2005, n. 11575,
in base alla quale: "Il distacco dei condomini dall'impianto di riscaldamento centralizzato,
laddove, come nel caso di specie, non sia consentito per espressa previsione del regolamento
condominiale ovvero non sia stato deciso all'unanimità dei condomini, può essere autorizzato

2 di 8 23/11/2021, 08:42
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dall'assemblea a maggioranza solo qualora sia stata preventivamente comprovata dal singolo
condomino l'assenza di pregiudizio per l'impianto e la mancanza di aggravio di spesa per il
condominio, ovvero quando l'eventuale aggravio di spesa determinatosi per gli altri condomini
ancora collegati all'impianto sia posto a carico di coloro che, distaccandosi, lo hanno
provocato".

Nella fattispecie, l'assemblea ha autorizzato il distacco e applicato ai distaccati una quota di


partecipazione alla spesa di gestione corrispondente a quanto dovuto in base alle tabelle
millesimali, e ciò però è avvenuto senza che alcuna verifica tecnica fosse stata effettuata in
relazione agli effetti dei distacchi sulla funzionalità dell'impianto e sulla sussistenza ed entità di
eventuali aggravi di spesa per il condominio.

Secondo il giudice romano, "la suddetta delibera risulta dunque viziata da nullità, deducibile dal
condomino dissenziente o assente senza limiti temporali, perché tale da incidere sui diritti
soggettivi dei condomini".

A ciò peraltro consegue - in via inevitabilmente riflessa - l'annullamento della delibera assunta
nell'esercizio delle attribuzioni assembleari previste dall'art. 1135 n. 2 cod. civ. e applicativa dei
criteri di riparto delle spese di gestione del riscaldamento già illegittimamente adottati (5).

Interessante, al fine di una migliore comprensione della fattispecie del distacco dall'impianto
centralizzato, più in generale, è il seguente esempio pratico formulato da attenta dottrina (6) su
una questione, quella in rilievo, che non può essere risolta teoricamente se non si considera al
contempo il suo risvolto pratico.

"Se le spese relative all'uso dell'impianto ammontano a 100 e 10 sono i condomini con uguali
quote, il distacco di un condomino sarà legittimo soltanto qualora le spese di esercizio si
riducano da 100 a 90. Ulteriore requisito richiesto è che l'impianto non subisca, in conseguenza
del distacco, uno squilibrio che lo danneggi, ovvero è necessario che questo, costruito per
servire 10 appartamenti, ne possa servire un numero inferiore senza subire alcun pregiudizio".

Peraltro, anche nell'ipotesi in cui il distacco non sia vietato dall'ordinamento, il passaggio
all'impianto di riscaldamento autonomo deve essere autorizzato dall'assemblea condominiale
con le maggioranze, necessariamente contestuali, di cui all'art. 1136, comma 5, cod. civ. - la
maggioranza dei partecipanti al condominio e, in più, i due terzi del valore millesimale
dell'edificio - poiché, come già detto, il distacco delle derivazioni dall'impianto principale è da
considerarsi "innovazione" ex art. 1120 cod. civ.

È comunque necessario, prima di passare a ogni altra considerazione, appurare se il


regolamento condominiale eventualmente escluda e/o limiti il distacco dal servizio centralizzato
di riscaldamento e disciplini le eventuali modalità con cui esso può avvenire.

Nel caso in cui il regolamento consenta il distacco - secondo un certo indirizzo (7) - sarà poi
necessario accertare se lo stesso preveda anche se il condomino sia di poi tenuto a contribuire
ed in che modo alle spese di gestione dell'impianto stesso (in tale fattispecie il condomino
potrebbe/dovrebbe presentare una domanda scritta all'amministratore che conseguentemente,
sulla base del regolamento condominiale, calcolerà le eventuali quote di spesa a suo carico).

Nel caso in cui il regolamento condominiale non preveda nulla sul punto specifico,
l'amministratore, ricevuta la domanda di distacco da parte del condomino, la inserirà
nell'oggetto della delibera dell'assemblea condominiale.

Tale decisione comunque, alla luce della più recente giurisprudenza, come si è visto, non sarà
rilevante qualora il distacco non rappresenti un pregiudizio per il bene comune.

In particolare, la Corte di Cassazione, con la sentenza 30 marzo 2006 n. 7518, stabilisce che:
"Il condomino può rinunciare all'uso del riscaldamento centralizzato e distaccare le diramazioni
della sua unità immobiliare dall'impianto termico comune, senza necessità di autorizzazione o
approvazione degli altri condomini … .se, e nei limiti in cui, il suo distacco non si risolva in una
diminuzione degli oneri del servizio di cui continuano a godere gli altri condomini".

3 di 8 23/11/2021, 08:42
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"Inoltre - secondo la S. C. - pur in presenza di tali condizioni, la delibera assembleare che


respinga la richiesta di autorizzazione al distacco è nulla per violazione del diritto individuale
del condomino sulla cosa comune".

In ogni caso, i condomini, che invece siano contrari a introdurre modifiche al proprio impianto
di riscaldamento, in base al disposto dell'art. 1121 cod. civ. (il quale prevede l'ipotesi di
un'innovazione "molto gravosa che consista in opere, impianti o manufatti suscettibili di
utilizzazione separata"), possono considerarsi esonerati da qualsiasi contributo nella relativa
spesa.

In via generale, dunque, se si escludono le predette ipotesi, si deve escludere la possibilità di


distacco.

Quindi, qualora il singolo condomino si distacchi dall'impianto centrale di riscaldamento, senza


alcuna autorizzazione da parte dell'assemblea condominiale e il distacco si risolva in un
pregiudizio per il bene comune (impianto centralizzato), si ha un'ipotesi di distacco illegittimo
(o abusivo).

In tal caso, i singoli altri condomini, e tanto più l'amministratore anche senza autorizzazione
assembleare trattandosi di materia relativa alla conservazione e al funzionamento di un
impianto condominiale, potranno agire nei confronti dell'autore dell'abuso non solo per il
ripristino della centralizzazione dell'impianto, ma anche per il risarcimento dei danni di vario
tipo eventualmente verificatisi.

La disciplina delle spese nel caso di distacco

Consideriamo ora il profilo di disciplina delle spese nel caso di distacco unilaterale del
condomino.

Sullo specifico punto, è intervenuta una rilevante sentenza della Suprema Corte ad affermare
che: "Quando alcuni condomini decidono, unilateralmente, di distaccare le proprie unità
immobiliari dall'impianto centralizzato di riscaldamento, i medesimi non possono sottrarsi al
contributo per le spese di conservazione del predetto impianto, non essendo configurabile una
rinuncia alla proprietà dello stesso, ma, ove i loro appartamenti non siano più riscaldati, non
sono tenuti a sostenere le spese per l'uso (ad esempio, quelle per l'acquisto del carburante), in
quanto il contributo per queste ultime è adeguato al godimento che i condomini possono
ricavare dalla cosa comune" (8).

Da tale decisum se ne ricaverebbe, almeno a una prima superficiale interpretazione, che:

a) uno o più condomini possono decidere, come e quando vogliono, di distaccare le proprie
diramazioni dall'impianto centralizzato di riscaldamento;

2) che gli stessi condomini debbano conseguenzialmente pagare le spese di manutenzione e


conservazione dell'impianto (9).

In realtà, però, non va trascurato che anche la sentenza suindicata presuppone comunque che
il distacco deve avvenire "per ragioni obiettive".

Ciò precisato, può dirsi che il condomino che si voglia staccare deve pagare le spese di
manutenzione e conservazione dell'impianto, e ciò si fonda su precisi dati normativi.

Anzitutto, viene in rilievo l'art. 1117 cod. civ., che annovera fra le "parti comuni" anche il locale
caldaia e l'impianto di riscaldamento.

Inoltre, l'art. 1118, comma 2, cod. civ. prevede che il condomino non può, rinunziando al
proprio diritto sulle parti comuni dell'edificio, sottrarsi al contributo nelle spese per la loro
conservazione.

Poi l'art. 1123 cod. civ., comma 1, stabilisce che le spese per la conservazione ed il godimento
delle parti comuni dell'edificio e per la prestazione dei servizi nell'interesse comune devono
essere sostenute proporzionalmente da tutti i condomini in rapporto al valore delle singole

4 di 8 23/11/2021, 08:42
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proprietà.

La Corte di Cassazione, elaborando tale principio normativo, ha statuito che: "il singolo
condomino non può sottrarsi all'obbligo di concorrere, secondo la ripartizione risultante dalla
tabelle millesimali, alle spese di erogazione del servizio centralizzato di riscaldamento
distaccando la propria porzione immobiliare dal relativo impianto senza che rilevi in contrario la
legge 29 maggio 1982, n. 308, sul contenimento dei consumi energetici" (10).

Tuttavia, un orientamento giurisprudenziale emerso successivamente esclude il condomino


staccatosi dall'obbligo di contribuire alle spese dell'impianto.

Tale indirizzo in particolare ritiene che una volta "autorizzato dall'assemblea dei condomini il
distacco delle diramazioni di alcune unità immobiliari dall'impianto centrale di riscaldamento -
sulla base della valutazione che dal distacco sarebbe derivata un'effettiva riduzione delle spese
di esercizio e, per contro, non sarebbe stato determinato uno squilibrio in pregiudizio del
regolare funzionamento dell'impianto - e venuta meno la possibilità che i medesimi locali
fruiscano del riscaldamento, i proprietari di queste unità abitative non devono ritenersi tenuti a
contribuire alle spese per un servizio che nei confronti dei loro immobili non viene prestato"
(11).

Al riguardo, però, pare opportuno condividere l'indirizzo intermedio evidenziato da alcune


decisioni della Suprema Corte di Cassazione (12) e fatto proprio anche da parte della dottrina
(13) - secondo cui occorre, o perlomeno è opportuno, distinguere a seconda del tipo di spesa, e
in particolare fra:

- spese necessarie alla conservazione del bene comune;

- spese relative all'uso del bene stesso.

In quest'interpretazione, le prime vanno sostenute da tutti i condomini in rapporto al valore


della proprietà individuale, in quanto anche il condomino che si sia staccato ha un irrinunciabile
diritto di proprietà sull'impianto; le seconde, invece, vanno ripartite in proporzione all'uso e
all'utilità che ciascun condomino può trarne.

Quindi, il condomino in questione - almeno in linea teorica - può essere esonerato dalla spese
di gestione dell'impianto (comprese quelle per il gasolio, etc.) dato che non se ne serve e non
ne trae alcuna utilità economica.

In questo senso, viene in opportuno rilievo il disposto dell'art. 1123, comma 2 cod. civ.,
secondo cui le spese per la conservazione di cose che servono in maniera diversa i vari
condomini sono comunque ripartite in proporzione dell'uso che ogni singolo ne può fare.

Sempre più diffuso è l'orientamento giurisprudenziale in base al quale: "In ipotesi di avvenuto
lecito distacco di una singola unità del condominio dall'impianto centralizzato di riscaldamento il
proprietario di tale unità, non usufruendo del servizio è esonerato dalla contribuzione alle spese
di esercizio, ma quale comproprietario dell'impianto, rimane obbligato a partecipare alle spese
straordinarie e di ricostruzione dello stesso" (14).

Sempre in quest'ottica differenziatrice, può essere ragionevole anche sostenere, in base a una
ulteriore opzione ermeneutica, che il condomino che ha rinunciato al servizio deve pagare
solamente le somme ordinarie che non vengano non risparmiate, cioè gli importi di spesa
rimasti invariati nonostante il distacco.

In realtà, nella maggior parte dei casi, le utilità che i vari condomini possono trarre dalle cose
comuni sono interdipendenti e quindi la rinuncia ad una di esse non è in grado di alleviare le
spese per gli altri condomini, tanto più se si considera che un sistema di riscaldamento
centralizzato vale a fornire un servizio più razionalizzato ed economico.

Infatti, l'accensione contemporanea dell'impianto e il conseguente riscaldamento omogeneo di


tutti i singoli alloggi consente di evitare la dispersione di calore che invece solitamente deriva
dal tipo di accensione individualizzata, basata sulle diverse esigenze personali.

5 di 8 23/11/2021, 08:42
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Non è detto che nel caso di distacco da un impianto di riscaldamento centralizzato di uno o più
locali diminuisca proporzionalmente la spesa per gli altri locali, che anzi potrebbe anche
aumentare.

Non a caso la legge n. 10/91 non contempla quali ipotesi sul contenimento dei consumi
energetici il distacco dal sistema centralizzato e la posa in opera di impianto autonomo.

La giurisprudenza più recente al riguardo

Anche secondo la più recente giurisprudenza della Suprema Corte, la rinuncia unilaterale al
riscaldamento condominiale operata dal singolo condomino mediante il distacco del proprio
impianto dalle diramazioni dell'impianto centralizzato è da ritenersi legittima quando
l'interessato dimostri che, dal suo operato, non derivano né aggravi di spese per coloro che
continuano a fruire dell'impianto, né squilibri termici pregiudizievoli per l'erogazione del servizio
(15).

La giurisprudenza (16), dunque, ritiene legittima la rinuncia unilaterale al riscaldamento


condominiale ed il distacco dall'impianto centralizzato, senza necessità di autorizzazione o di
accettazione da parte degli altri partecipanti, ove l'interessato dimostri che dalla rinunzia e dal
susseguente distacco non derivi un aggravio di spese per i condomini che continuano ad
usufruirne, né uno squilibrio termico pregiudizievole per la regolare erogazione del servizio, con
il conseguente esonero dal pagamento delle spese per l'uso, ma non certo di quelle per la
conservazione.

Anche la giurisprudenza di merito (17), condividendo il medesimo indirizzo, statuisce che la


rinuncia unilaterale del singolo condomino al riscaldamento condominiale mediante il distacco
del proprio impianto dalle diramazioni dell'impianto centralizzato è legittima e rientra nelle
ordinarie prerogative del partecipante alla comunione condominiale laddove essa non comporti
né aggravio di spese per coloro che continuano a fruirne, né squilibri termici per l'erogazione
del servizio e sempre che un eventuale regolamento di natura contrattuale non inibisca
l'esercizio di detta facoltà.

Inoltre, secondo il giudice romano:

- l'eventuale deliberazione assembleare che, non sussistendo le indicate condizioni ostative,


manifesti diniego all'esercizio di tale facoltà dominicale deve ritenersi nulla (18);

- graverà, comunque, sul condomino distaccatosi l'onere partecipativo alle sole spese per la
conservazione dell'impianto, ai sensi dell'art. 1118 cod. civ. e con esclusione di dovere
contributivo alcuno per gli esborsi afferenti l'utilizzo del servizio comune (19).

Approfondendo quanto già detto sopra, va ben distinto dal caso del condomino che chieda il
distacco dall'impianto del condomino il caso del condomino che voglia rinunciare alla proprietà
del predetto.

In tale evenienza, anche a parere dello scrivente, va considerata nulla la delibera assembleare
che autorizza detta rinuncia, configurando questa non una semplice modifica, bensì una
radicale alterazione della cosa comune nella sua destinazione strutturale ed economica, tale da
violare il limite invalicabile posto dall'art. 1120 cod. civ. in tema di divieto di innovazioni.

Diversa ancora è la posizione del condomino che sia stato escluso dal servizio di riscaldamento
centralizzato per scelta del condominio, anche al di là della sua volontà e iniziativa, allo scopo
di procedere alle riparazioni o per ovviare ad una dispersione di calore altrimenti lesiva degli
altri condomini. Pare ragionevole ritenere che, il condomino, che si trovi a soggiacere alla
volontà assembleare, se conseguentemente non può usufruire del servizio, non può ritenersi
vincolato a contribuire alle spese relative all'impianto.

La totale eliminazione dell'impianto centralizzato di riscaldamento

Consideriamo ora la differente ipotesi della totale eliminazione dell'impianto centralizzato di


riscaldamento.

6 di 8 23/11/2021, 08:42
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Sul punto viene in rilievo anzitutto l'art. 1120 cod. civ., il quale consente ai condomini di
disporre tutte le innovazioni dirette al miglioramento o all'uso più comodo o al maggior
rendimento delle cose comuni, ma a patto di osservare la seguente condizione: che tali
innovazioni non rendano le parti comuni dell'edificio inservibili all'uso o al godimento anche di
un solo condomino.

Sulla base di tale norma può dirsi che l'assemblea dei condomini non può, neanche disponendo
delle maggioranze previste per le innovazioni, deliberare di eliminare l'impianto di
riscaldamento centralizzato, perché, altrimenti, si lederebbero i diritti di quei condomini che,
viceversa, intendono continuare ad usufruire di detto impianto.

L'eliminazione dell'impianto di riscaldamento centralizzato diviene possibile soltanto con la


decisione unanime di tutti i condomini.

In materia va però considerata la particolare fattispecie disciplinata dalla legge n. 10 del 9


gennaio 1991, e in particolare l'art. 26, comma 2, secondo cui è possibile eliminare l'impianto
di riscaldamento centralizzato con la maggioranza delle quote millesimali, qualora
l'eliminazione dell'impianto stesso venga effettuata allo scopo di contenere il consumo
energetico e di utilizzare fonti di energia alternativa (metano, pannelli solari, etc.) (20).

La legge in questione, al fine di salvaguardare il superiore bene dell'ambiente e la connessa


tutela di risparmio energetico, deroga, quindi, all'art. 1120 cod. civ., e quindi ai diritti dei
singoli condomini sulla parte comune, permettendo la trasformazione della destinazione, anzi la
soppressione di un bene comune, per mezzo della sola maggioranza delle quote millesimali.

Per effettuare questa trasformazione, è necessario previamente, ai sensi dell'art. 28 della legge
n. 10/91, provvedere a far redigere una consulenza tecnica, che attesti i seguenti elementi:

- la concreta eseguibilità dell'opera (21);

- l'utilizzo, da parte degli impianti autonomi, delle energie alternative prescritte dagli artt. 1 e 8
della legge medesima;

- l'effettiva convenienza, in merito all'esigenza di risparmio energetico, degli impianti autonomi


rispetto a quello centralizzato.

Va tuttavia osservato che, in base a più successive modifiche, l'attuale formulazione


contemplata dall'ultima novella propria della legge n. 99/09 prevede che: "Per gli interventi
sugli edifici e sugli impianti volti al contenimento del consumo energetico ed all'utilizzazione
delle fonti di energia di cui all'articolo 1, individuati attraverso un attestato di certificazione
energetica o una diagnosi energetica realizzata da un tecnico abilitato, le pertinenti decisioni
condominiali sono valide se adottate con la maggioranza semplice delle quote millesimali
rappresentate dagli intervenuti in assemblea".

Attualmente, però, essendo stato eliminato, dal disposto dell'art. 26, il richiamo all'art. 8,
concernente la trasformazione dell'impianto di riscaldamento centralizzato in impianti autonomi
a gas, parrebbe che la dismissione non possa essere più disposta se non con l'unanimità dei
consensi.

Occorre comunque tenere presente, più in generale, che i regolamenti condominiali, ai sensi
dell'art. 1138 cod. civ., possono prevedere una disciplina diversa da quella contenuta nel codice
civile con riferimento alle norme ritenute contrattualmente derogabili.

Risulta, dunque, utile verificare, caso per caso, il contenuto delle clausole contenute nel
regolamento condominiale, se si vuole avere un quadro esaustivo dei diritti e tutele azionabili
dai singoli condomini qualora uno di loro abbia deciso di staccarsi dall'impianto centralizzato di
riscaldamento o abbia concretamente così provveduto.

(*) Avvocato, Dottore di ricerca in diritto civile

(1) Così Cass. 30 novembre 1984, n. 6269.

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(2) Così Cass. n. 4023/1996.

(3) Così riferisce condivisibilmente F. Landolfi, Distacco dall'impianto centralizzato di


riscaldamento e disciplina delle spese, in www.diritto.it.

(4) Cfr. Cass. n. 1597/1995.

(5) Cass. n. 4806/2004.

(6) V. M. Arnaldi, Il distacco dall'impianto di riscaldamento centralizzato e la sua totale


eliminazione - Normativa e giurisprudenza, in www.altalex.it, cui si rinvia per alcuni dei dati e
delle considerazioni formulate nel presente testo.

(7) V., in questi termini, l'interessante contributo Il distacco dall'impianto di riscaldamento


centralizzato, in www.appclaspezia.it.

(8) Cass. n. 10214/1996.

(9) Così F. Landolfi, cit., ibid.

(10) V. Cass. n. 4278/1994; così anche Cass., sez. II, 25 marzo 2004, n. 5974.

(11) Cfr. Cass. n. 129/1999 e n. 1597/1995.

(12) Ad es. Cass. 20 novembre 1996, n. 10214.

(13) Così M. Arnaldi, cit., ibidem.

(14) Così expressim Trib. Milano, 10 marzo 1997, in Gius, 1997, 1757.

(15) Cfr. Cass. n. 1509/2006; n. 5974/2004; n. 6923/2001; n. 1775/1998; n. 1597/1995.

(16) Cass., sez. II, 5 novembre 2009, n. 23481.

(17) Trib. Roma, 29 gennaio 2010.

(18) Cfr. Cass. 30 marzo 2006, n. 7518; Cass. 21 maggio 2001, n. 6923.

(19) Così riprendendo quanto già statuito da Cass. 25 febbraio 2004, n. 5974.

(20) "Per gli interventi in parti comuni di edifici, volti al contenimento del consumo energetico
degli edifici stessi ed all'utilizzazione delle fonti di energia di cui all'art. 1, ivi compresi quelli di
cui all'art. 8 sono valide le relative decisioni prese a maggioranza delle quote millesimali".

(21) Al riguardo si nota che il D.P.R. 26 agosto 1993, n. 412 prevede, all'art. 5, comma 9, che
nel caso di trasformazione di impianto centralizzato in impianti individuali, l'edificio deve essere
dotato di appositi condotti di evacuazione dei prodotti di combustione, con sbocco sopra il tetto
dell'edificio alla quota stabilita dalle norme tecniche.
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