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MECCANICA DELLA FRATTURA

LINEARE ELASTICA

1920: A.A. Griffith pubblicò i risultati sulla frattura dei


materiali fragili in presenza di difetti.

MECCANICA DELLA FRATTURA:

1. VALUTARE L’INFLUENZA DEI DIFETTI NEI MATERIALI

2. TROVARE RELAZIONI QUANTITATIVE TRA:

a. dimensioni dei difetti

b. sforzo applicato

c. resistenza dei materiali

Il vero inizio degli studi relativi alla MECCANICA DELLA FRATTURA


si ha durante la seconda guerra mondiale:

CEDIMENTI STRUTTURALI SULLE NAVI AMERICANE


“LIBERTY” costruite con un nuovo metodo innovativo:

(scafo completamente saldato e non più chiodato)

(risparmio di tempo)
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Su 2700 NAVI COSTRUITE 400 NAVI CON CEDIMENTI

Lo studio (NAVAL RESEARCH LABORATORY) portò alla conclusione


che non esistevano errori di progettazione ma bensì si constatò che le
fratture iniziavano sempre dalle:

• Saldature quando vi erano difetti

• Intagli con forti concentrazioni di sforzi

Da allora ci sono stati condotti molti studi nell’ambito di questa disciplina:

• Approcci di tipo energetico


• Approcci secondo il fattore di intensificazione degli sforzi
• Campo lineare elastico
• Campo elasto-plastico
• Propagazione dei difetti a fatica

L’aspetto più innovativo è stato: “DAMAGE TOLERANT”

Approccio tradizionale:
• definizione di uno sforzo nominale
• scelta di un materiale la cui Soll. Amm. soddisfi il confronto
con lo sforzo calcolato

Approccio” damage tolerant”:

• Si ammette che nei materiali ci siano difetti


• Valutazione della pericolosità del difetto

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Quindi si può affermare che una delle principali finalità della
MECCANICA DELLA FRATTURA è:

DEFINIRE QUANTITATIVAMENTE LA CONDIZIONE


CRITICA CHE PROVOCA IL CEDIMENTO DELLA
STRUTTURA QUANDO VI SONO DIFETTI.

Tale condizione è determinata su tre parametri:

1. sforzo applicato (viene calcolato)


2. dimensione del difetto (viene misurata o valutata)
3. caratteristiche del materiale (determinate sperimentalmente)

La combinazione di questi parametri provoca sempre il cedimento:

SFORZO APPLICATO

DIMENSIONE DEL DIFETTO TENACITA’ MATERIALE

N.B. Un difetto che può essere tollerato se sottoposto a un determinato sforzo, può
diventare critico se è applicato un altro sforzo.

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APPROCCIO ENERGETICO DI GRIFFITH

I difetti più frequenti presenti nei materiali che costituiscono i componenti


meccanici sono:

• segregazioni
• inclusioni
• intagli da lavorazioni meccaniche
• cricche da saldatura
• cricche da trattamento termico

La forma di tali difetti è generalmente:

• di forma allungata
• con raggio di raccordo quasi nullo

molto pericolosi

ROTTURE:
• di schianto
• di tipo fragile
• senza grandi deformazioni

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Se si volesse utilizzare l’approccio tradizionale si commetterebbe un
grave errore in quanto tale procedura si basa sulle seguenti ipotesi di
materiale:

• isotropo
• omogeneo
• privo di difetti

INGLIS 1913:

Fu il primo che determinò:

le relazioni quantitative tra i difetti e le sovrasollecitazioni

Considerò una lastra:


• piana
• sottile
• con una fessura passante di tipo ellittico
• di dimensioni 2a e 2b
• con raggio di raccordo ρ

Considerò uno sforzo:

• σy = σ (agente in direzione ⊥ all’asse maggiore dell’ellisse)

INGLIS rilevò che l’andamento dello sforzo vicino all’intaglio non era più
uniforme e determinò il valore dello sforzo massimo:

σmax = Ktσ

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Fig. 1: Schema della lastra sottile con fessura ellittica utilizzata da INGLIS

Assumendo che le dimensioni:

lastra >> fessura

Trovò che il coeff. di sovrasollecitazione era:


Kt = 1+2 a/ρ = 1+2 a/b

Infatti il raggio di raccordo può essere espresso come:

ρ = b2/a

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Determinò quindi che:

Kt

Se ρ tende a 0 tendono a ∞

σmax

Concluse che:

con una verifica tradizionale, un difetto di tipo acuto portava,


comunque, ad una condizione di criticità

GRIFFITH invece dalle sue sperimentazioni determinò l’esistenza di:

combinazioni sforzi - difetti non


critiche per i materiali

GRIFFITH definì una teoria sulla frattura del tutto innovativa basata su:

“ENERGIA “

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Applicando un carico a un elemento con difetto si ha che a causa della
concentrazione degli sforzi all’apice del difetto:

energia di deformazione si trasforma in energia di frattura

Poichè l’energia globale del sistema durante la trasformazione può:

1. diminuire (condizione di non equilibrio)

2. rimanere costante (condizione di equilibrio)

GRIFFITH definì che la condizione critica di frattura è quella nella quale:

Il difetto si forma (o, se c’è già, cresce) in condizione di equilibrio,


ovvero senza variazione di energia totale (condizione 2).

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Se si definisce dA = variazione dell’area della cricca, allora il bilancio di
energia di GRIFFITH si esprime:

dE/dA = dΠ/dA + dWs/dA = 0

dove: E = energia totale

Π = energia potenziale data da: energia di deformazione

lavoro delle forze esterne

Ws = lavoro necessario per creare nuove superfici della cricca

Ne segue che:

dΠ/dA = - dWs/dA

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Secondo la teoria di GRIFFITH:

considerando un difetto come quello riportato in figura:

Fig. 2: Difetto passante in una lastra infinitamente grande

La condizione per cui il difetto possa crescere è che nella lastra avvenga:

energia potenziale ≥ energia necessaria per la frattura

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Le verifiche sperimentali hanno dimostrato negli anni che la teoria di
GRIFFITH può essere applicata in campo lineare elastico e descrive:

• comportamento dei MATERIALI FRAGILI (molto bene)

• comportamento dei MATERIALI DUTTILI (poco preciso)

IRWIN e ORWAN:

Hanno modificato l’equilibrio energetico considerando che nei materiali vi


sono sempre:

“ plasticizzazioni all’apice dei difetti”

Al posto dell’energia per creare nuove superfici Ws, introdussero il


concetto di:

“energia di frattura Wf “

che comprende anche il comportamento plastico dei materiali.

N.B.
Secondo GRIFFITH l’energia Ws non varia, mentre si vedrà che per molti
materiali duttili l’energia di frattura aumenta al crescere del difetto.

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DEFINIZIONE DELLA VARIAZIONE
DELL’ENERGIA DISPONIBILE

IRWIN nel 1956 definì una nuova grandezza “G”:

VARIAZIONE DELL’ENERGIA DISPONIBILE

cioè

MISURA DELL’ENERGIA DISPONIBILE PER UN INCREMENTO DELL’ESTENSIONE


DELL’AREA DELLA CRICCA “dA”

G = dΠ/dA

Dove:
A = proiezione dell’area della cricca.

Se consideriamo un difetto di dimensione 2a in una lastra di spessore B si


ha che:

A = 2aB

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APPROCCIO DI IRWIN
CASO SENZA DIFETTO

Consideriamo un elemento come quello riportato in figura:

Fig.3: Energia di deformazione: a) azioni esterne; b) azioni interne

Poichè il materiale ha un comportamento lineare elastico, anche il


diagramma di carico-spostamento (P-δ) è lineare.

Per il principio di conservazione dell’energia:

F–U=0

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F = ∫ pdδ

Dove:
F = lavoro delle forze esterne
U = energia di deformazione

Se il materiale è elastico si ha che:

F = Pδ/2 U = Pδ/2

L’energia di deformazione U può essere determinata anche considerando


un elemento di volume unitario su cui agisce uno sforzo σ:

dU/dV = ∫σdε

Se il materiale ha comportamento elastico si ha :

dU/dV = σε/2 = σ2/2E

Per ottenere l’energia di deformazione totale si integra su tutto il volume


ovvero in dx, dy, dz:

U = ∫∫∫σ2/2E dxdydz

Nel caso di una semplice barra sollecitata a trazione uniforme si ha:

U = σ2 LA/2E

Dove:
L = lunghezza
A = area sezione resistente
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Ricordando che U = Pδ/2, si ha che:

Pδ/2 = σ2 LA/2E

CASO CON DIFETTO

Consideriamo una lastra con:

• difetto centrale passante (lunghezza 2a)


• forza P applicata in direzione ⊥ alla dimensione maggiore del difetto

Se:

• il materiale ha un comportamento prevalentemente lineare


• la zona plastica è limitata nell’intorno della cricca

Il diagramma carico-spostamento (P-δ) è ancora lineare

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ESTENSIONE DIFETTO

Se:

• la cricca si estende di “da” l’elemento diventa più cedevole

• la zona plastica rimane limitata il nuovo diagramma (P-δ) è


ancora lineare ma con una
caratteristica < precedente

Fig. 4: Aumento della cedevolezza di una struttura all’aumentare della dimensione del difetto

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Se vogliamo scrivere l’equazione di conservazione dell’energia durante
la propagazione della cricca si deve considerare un terzo termine
energetico:

Wf = lavoro speso per l’estensione (dA = Bda) dell’area della cricca

Ricordando quindi che l’energia potenziale vale:

∏=U–F

Allora il bilancio energetico che precedentemente era:

dE/dA = dΠ/dA + dWs/dA = 0

diventerà:

d(U –F)/dA + dWf/dA = 0

d(F – U - Wf)/da = 0

d(F –U)/da = dWf/da

dove:

d(F –U)/da = variazione di energia che il sistema rende disponibile durante la


propagazione
dWf/da = variazione di energia necessaria per la propagazione (dipende dal
materiale)

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Quando:

energia disponibile = energia necessaria

PROPAGAZIONE CRICCA

In ogni caso, per utilizzare il criterio occorre quantificare:

energia che il sistema libera durante la frattura

A questo scopo si considerano le due condizioni estreme di


propagazione:

• In controllo di carico (P = costante)

• In controllo di spostamento (δ = costante)

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PROPAGAZIONE DEI DIFETTI IN
CONTROLLO DI CARICO

Fig. 5: propagazione dei difetti in controllo di carico

Durante la propagazione del difetto avviene che:

• il carico rimane costante P = P1

• lo spostamento passa da δ1 a δ2

La forza esterna compie un lavoro pari a:

dF = P1 (δ2 - δ1)

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L’energia di deformazione varia da:

U1 = P1δ1/2 a U2 = P1δ2/2

dU = P1 (δ2 - δ1)/2

da cui :

dF – dU = P1 (δ2 - δ1) - P1 (δ2 - δ1)/2 = dU

Il bilancio energetico che era :

d(F –U)/da = dWf/da


diventa:

dU/da = dWf/da

Se calcoliamo la nuova variazione di energia potenziale dΠ che


precedentemente era stata definita come:

dΠ = dU - dF

Si ha:

dΠ = - dU

Il nuovo parametro di IRWIN precedentemente definito come:

G = - dΠ/dA

Diventa:
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G = 1/B (dU/da)P = P/2B (dδ/da)P

Ricordando che:

dU = Pdδ /2

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PROPAGAZIONE DEI DIFETTI IN CONTROLLO DI
SPOSTAMENTO

Fig. 6: propagazione dei difetti in controllo di spostamento

• Il carico P1 si abbassa sino a P2

• Lo spostamento è rimane costante δ = δ1

Il lavoro compiuto dalla forza esterna è nullo:

dF = 0

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L’energia di deformazione varia da:

U1 = P1δ1/2 a U2 = P2δ1/2

dU = δ1 (P2 - P1)/2

Il bilancio energetico che era :

d(F –U)/da = dWf/da

diventa: -dU/da = dWf/da

Se calcoliamo la nuova variazione di energia potenziale dΠ che


precedentemente era stata definita come:

dΠ = dU - dF

Si ha:
dΠ = dU

Il nuovo parametro di IRWIN precedentemente definito come:

G = - dΠ/dA

Diventa:

G = -1/B (dU/da)δ = δ/2B (dP/da) δ

Ricordando che:

dU = δdP/2

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CEDEVOLEZZA

Si definisce CEDEVOLEZZA C:

C = δ/P

Ridefiniamo la variazione di energia disponibile G utilizzando la


cedevolezza C

1. Avanzamento del difetto in controllo di carico

La formula precedente era:

G = P/2B (dδ/da)P

Scrivendo lo spostamento in funzione della cedevolezza:

δ = CP dδ = dCP

Si ottiene:

G = P2/2B (dC/da)

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2. Avanzamento del difetto in controllo di spostamento

La formula precedente era:

G = δ/2B (dP/da) δ

Scrivendo lo spostamento in funzione della cedevolezza:

δ = CP dP = d (δ/C) = - δdC/C2 avendo molt. e div. per C

Si ottiene:

G = δ2/2BC2 (dC/da)

Ricordando anche che:

δ2/C2 = P2

Si ha:

G = P2/2B (dC/da)

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IMPORTANTE:

La variazione di energia disponibile G, definita da IRWIN, è da


considerarsi una variazione:

• non rispetto a una variabile temporale

• ma rispetto all’area della cricca dA

Assume quindi sia nei due casi estremi che in quelli intermedi, lo
stesso valore:

(dU/da)P = - (dU/da) δ

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FATTORE
DI
INTENSIFICAZIONE DEGLI SFORZI

Per alcune configurazioni di strutture criccate, assumendo che il materiale


sia:

• isotropo
• lineare elastico

Si determinano le espressioni del campo degli sforzi


nell’intorno dell’apice della cricca.

IRWIN E WILLIAMS:

se si assume un sistema di coordinate polari con l’origine posta in


corrispondenza dell’apice della cricca:

Fig. 7: Sistema di coordinate all’apice della cricca

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lo stato di sforzo in un qualunque elemento criccato, purchè abbia un
comportamnento lineare elastico, ha la seguente espressione:

K
σij = fij (θ) + altri termini
√2пr

dove:

σij = tensore degli sforzi

r, θ = sistema di coordinate polari

K = costante
dipendono dal modo di carico
fij = funzione adimensionale

Se r 0:

K
= infinito
√2пr

fij (θ) + altri termini = rimangono costanti

L’equazione descriverà una singolarità alla: 1/√r

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Si distinguono tre modi di carico:

I modo: carico applicato in direzione normale al piano della cricca

II modo: carico di taglio applicato nel piano della cricca

III modo: carico di taglio applicato nel piano normale alla cricca

Fig. 8: tre modi di carico

K = fattore di intensificazione degli sforzi (KI, KII, KIII)

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Il campo degli sforzi all’apice della cricca viene così definito per i tre
modi:

Considerando gli sforzi lungo l’asse r, ovvero per θ = 0, si trova:

σij = K/ √2пr

Si può definire una zona in cui la singolarità è dominante, dove r è


sufficientemente piccolo perchè gli sforzi siano ben descritti dall’eq.
precedente.

In figura è riportata la zona di singolarità:

Fig. 9: zona in cui la singolarità dominante e lo stato di sforzo è descritto dal fattore di
intensificazione degli sforzi K.
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Nelle seguenti tabelle si riportano per i tre MODI:

• sforzi
all’interno della zona di singolarità per un
materiale lineare elastico ed isotropo
• spostamenti

Tab.1: sforzi nell’intorno dell’apice di una cricca caricata secondo il I e il II modo in un materiale
lineare elastico e isotropo

Tab.2: spostamenti nell’intorno dell’apice di una cricca caricata secondo il I e il II modo in un


materiale lineare elastico e isotropo
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Tab.3: sforzi e spostamenti nell’intorno dell’apice di una cricca caricata secondo il III modo in un
materiale lineare elastico e isotropo

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DEFINIZIONE DI “K” IN FUNZIONE DEGLI SFORZI

Se consideriamo le equazioni precedenti:

si vede che, definito il CARICO

• effetti di carico
• geometria cricca sono incorporati nel solo parametro “ K”
• dimensione cricca

Infatti, al variare:

• geometria
campo degli sforzi rimane inalterato
• dimensioni

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Si deduce che il fattore K è il solo parametro significativo per tutti i
problemi delle strutture criccate

Se si conosce K si conosce anche:

il campo degli sforzi vicino all’apice della cricca

Williams e Westergaard hanno eseguito un’analisi dimensionale:

Si considera che gli


sforzi siano elastici
in ogni punto della
lastra, vicino alla
cricca si avrà che
lo sforzo sarà
proporzionale a
quello applicato

Fig. 10: cricca passante centrale in una lastra di dimensioni infinite.

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La lastra considerata è di dimensione infinita ed ha le seguenti
caratteristiche:

• soggetta ad una tensione uniforme σ normale alla cricca


• cricca centrale e passante di lunghezza 2a

Si ha quindi :

σy = σ√пa / √2пr

Confrontando questa equazione con quella precedente:

σij = KI / √2пr

Si deduce che:

KI = σ√пa

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Nel caso di cricca circolare interna (penny-shaped):

Fig. 11: cricca interna circolare

Si ha che:

KI = 2σ√пa / п

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TENACITA’

La propagazione instabile della cricca avviene quando:

gli sforzi all’apice della cricca raggiungono un valore critico

troppo alto perchè il materiale li possa sopportare

Poichè lo stato di sforzo è determinato dal fattore di intensificazione degli


sforzi K, si può anche dire che la frattura si manifesta se:

K raggiunge un valore critico Kc.

K = Kc

(prove sperimentali)

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Se consideriamo una lastra di acciaio con una cricca centrale passante:

• larghezza lastra: W = 800 mm


• spessore lastra: B = 5 mm
• dimensioni cricca: 2a = 100 mm

Fig. 12: cricca passante centrale in una lastra di dimensioni finite.

Per trovare il valore di Kc con una prova sperimentale, la lastra viene


sottoposta a trazione P gradualmente crescente.

Si trova che il carico in corrispondenza del quale si manifesta la frattura è


Pc = 800.000 N.

Lo sforzo nominale residuo corrispondente é:

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σ f r= Pc / BW = 800.000/ 5*800 = 200 MPa

Se a/W piccolo, allora β ≈ 1 :

Kc = σ f r √пa = 200 √п * 0.05 = 79 MPa√m

Quando K raggiunge questo valore Kc si parla di:

TENACITA’

La TENACITA’ è il più alto valore del fattore K che può essere sopportato
da un qualunque struttura criccata realizzata con quel materiale.

L’unità di misura della TENACITA’ è:

MPa√m

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PLASTICITÀ ALL’APICE DELLE CRICCHE

Gli sforzi all’apice della cricca non possono essere infiniti e quindi
bisogna considerare anche una zona di plasticizzazzione:

Fig. 13: provino e struttura metallica sollecitati con lo stesso K.

In figura sono rappresentati un provino ed una struttura metallica


sollecitati con lo stesso K:

poichè la zona plastica: (piccola e contenuta nella zona di singolarità)

gli andamenti degli sforzi e degli spostamenti all’apice della cricca sono
equivalenti per provino e struttura.

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• Se tale zon aplastica è all’interno della zona di singolarità:

Si procede con il calcolo di K come visto in precedenza e si utilizzano le


formule viste per i tre MODI

Analisi lineare elastica

• Se tale zona non è compresa all’interno della zona di singolarità:

1. entro certe estensioni vengono ancora valutati i parametri


lineari elastici con dovute correzioni: Keff (IRWIN e
DUGDALE)

Tab. 4: confronto tra Keff secondo IRWIN e DUGDALE

2. al di fuori di tali estensioni bisogna considerare la non linearità


del comportamento del materiale
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