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palazzo del real museo voluto da Carlo III di Borbone per ospitarvi la collezione Farnese, prima sita
nella reggia di Capodimonte. È ritenuto uno dei più importanti musei archeologici al mondo,
vantando il più ricco e pregevole patrimonio di opere d'arte e manufatti d'interesse archeologico in
Italia.[1][2] I nuclei principali che costituiscono il museo sono: la Collezione Farnese (costituita da
reperti provenienti da Roma e dintorni); le collezioni pompeiane (reperti provenienti da Pompei,
Ercolano, Stabiae, Boscoreale e altri siti antichi dell'area vesuviana, facenti parte soprattutto delle
collezioni borboniche); la collezione egizia, più antica e terza per importanza come collezione di
manufatti egizi in Italia; infine reperti provenienti da scavi effettuati nell'area di competenza della
Soprintendenza ai Beni Archeologici di Napoli e Caserta (sezione Preistorica, Cumana, Pithecusae,
Neapolis, ecc.) di cui il Museo fa parte.
Si trova all'interno del bosco omonimo e costituisce una delle principali gallerie d'arte d'Italia e
d'Europa. La reggia fu voluta da Carlo di Borbone nel 1737 e fu di fatto la prima residenza reale
edificata dalla famiglia borbonica. L'intento era quello di ospitare le sculture archeologiche della
collezione Farnese, poi trasferite al palazzo degli Studi. Nel corso degli anni, il palazzo si è
arricchito di un numero inestimabile di pitture e statue donate alla città, ereditate o acquisite,
risalenti a un periodo che va dal XIII secolo fino a quello contemporaneo. Sono ivi presenti migliaia
di opere spesso di importantissimi artisti del calibro di Caravaggio, Masaccio, Simone Martini,
Raffaello, Tiziano, Botticelli, Andrea del Sarto, Filippino Lippi, Giulio Romano, Andrea Mantegna,
Perugino, Giovanni Bellini, Lorenzo Lotto, Jacopo Palma il Vecchio, Sebastiano del Piombo,
Pinturicchio, Moretto, Luca Signorelli, Pontormo, Francesco Salviati, Rosso Fiorentino, Giorgio
Vasari, il Correggio, Parmigianino, Annibale Carracci, Ludovico Caracci, Domenichino, Guido
Reni, Giovanni Lanfranco, il Guercino, Bartolomeo Schedoni, Pieter Brueghel il Vecchio,
Colantonio, El Greco, Francisco Goya, Lucas Cranach, Joos van Cleve, Antoon van Dyck, Jusepe
de Ribera, Luca Giordano, Francesco Solimena, Mattia Preti, Battistello Caracciolo, Artemisia
Gentileschi, Massimo Stanzione, Bernardo Cavallino, il Cavalier d'Arpino, Carlo Maratta,
Sebastiano Ricci, Bernardo Bellotto, Francesco Guardi, Corrado Giaquinto, Raphael Mengs,
Antonio Canova, Vincenzo Camuccini, Francesco Hayez, Domenico Morelli, Filippo Palizzi,
Giovanni Boldini, Giovanni Fattori, Giuseppe Pellizza da Volpedo, Vincenzo Gemito, Alberto
Burri, Andy Warhol e tanti altri ancora. La reggia non contiene solo quadri e sculture, ma anche
collezioni d'arti minori, una prestigiosa armeria (in gran parte di provenienza farnesiana) e
soprattutto lo storico appartamento reale, dotato di ambienti di grande suggestione, come il Salone
delle Feste (affrescato da Salvatore Giusti e ancora dotato degli arredi fatti apporre da Ferdinando
II) e il Salottino di porcellana di Maria Amalia di Sassonia.
Cappella Sansevero
Si trova tra il decumano inferiore e quello maggiore, nei pressi di piazza San Domenico Maggiore.
La cappella, voluta dal duca Giovan Francesco de Sangro alla fine del XVI secolo vicina al palazzo
di famiglia, attira su di sé numerose leggende macabre relative agli esperimenti e alla vita privata
del successore Raimondo di Sangro VII principe di Sansevero. Quest'ultimo arricchì nel XVIII
secolo la cappella con numerose opere che rendono la stessa un vero e proprio gioiello d'arte della
città partenopea, ricca di sculture settecentesche e di cicli d'affreschi. Tra le principali opere
marmoree si ricordano il Cristo Velato del Sanmartino, la Pudicizia Velata del Corradini e il
Disinganno di Francesco Queirolo. Al piano inferiore, invece, sono collocate le Macchine
anatomiche, presunte tracce di esperimenti su umani eseguiti da Raimondo di Sangro. In sacrestia
ha trovato posto a partire dal 2020 il ritratto di Raimondo De Sangro di Francesco De Mura.
È uno dei più importanti musei di Napoli, situato sulla collina del Vomero adiacente al castel
Sant'Elmo e all'interno dell'omonima certosa. Il percorso museale comprende - oltre alla chiesa, ai
due chiostri e agli ambienti privati tipici delle strutture religiose (sacrestia, cappella del tesoro
vecchia, cappella del tesoro nuova, refettorio, farmacia eccetera) - varie sezioni. Quella dedicata
alle carrozze, quella navale, quella presepiale, quella teatrale, quella dell'opera (con opere d'arte e
oggetti che testimoniano della vita della Certosa), quella dei ricordi storici del Regno (che espone la
celebre Tavola Strozzi), quella delle stampe e dei disegni, quella sulle arti decorative, la Donazione
Alisio (con circa 100 dipinti e acquerelli donati in anni recenti dagli eredi del professor Giancarlo
Alisio che hanno come oggetto vedute della città e dei dintorni), il Quarto del Priore (con sculture e
dipinti di artisti come Pietro Bernini, Nicola Fumo, Jusepe de Ribera, Luca Giordano, Battistello
Caracciolo, Massimo Stanzione, Micco Spadaro eccetera) e la Galleria dell'Ottocento (che possiede
molte sculture e circa 950 dipinti -non tutti esposti- della Scuola di Posillipo, di quella di Resina e
in generale di artisti gravitanti attorno all'Accademia, come Vincenzo Gemito, Filippo Cifariello,
Achille D'Orsi, Giacinto Gigante, Domenico Morelli, Filippo Palizzi, Francesco Paolo Michetti,
Antonio Mancini, Edoardo Dalbono, Vincenzo Migliaro, Giuseppe De Nigris, Federico Rossano,
Marco De Gregorio e tantissimi altri ).
L'ingresso si trova accanto al duomo di Napoli. È considerabile come uno dei "musei minori" più
prestigiosi della città, in quanto possiede un inestimabile patrimonio di oltre 21.000 opere, esposte
però nel numero di circa 3.000 tra la cappella e le sale del museo. Secondo gli esperti il tesoro di
san Gennaro sarebbe addirittura più ricco di quello della corona d'Inghilterra della regina Elisabetta
II e degli zar di Russia.[4][5] Durante il percorso sono visibili anche pitture su tela, su rame e ad
affresco di Francesco Solimena, Massimo Stanzione, Luca Giordano, Giacomo Farelli e Aniello
Falcone.
Custodisce opere della cosiddetta "arte minore", vedendo prevalere maioliche seicentesche e opere
di porcellana della scuola di Capodimonte, ma anche decine di opere pittoriche (soprattutto in forma
di bozzetto) di pittori napoletani del Seicento e del Settecento. Il museo è ospitato all'interno della
villa Floridiana, situata quest'ultima al Vomero e voluta da Ferdinando IV di Borbone nel 1815 per
la duchessa di Floridia, nonché sua moglie, Lucia Migliaccio. La collezione di porcellana presente
fu donata alla città nel 1911 dai nipoti del legittimo proprietario Placido de Sangro. I suddetti pezzi
risalgono alla seconda metà dell'Ottocento, quando gli stessi iniziarono a essere collezionati dal de
Sangro. Sono ivi presenti anche porcellane cinesi di epoca Ming (1368 - 1644), Qing (1644 - 1911)
e giapponesi Kakiemon e Imari.
Il complesso del Pio Monte della Misericordia (ente caritatevole voluto da sette nobili napoletani),
sito in piazza Riario Sforza, fu fondato agli inizi del Seicento. Nello spazio della chiesa ospitò sin
dalla sua costituzione importanti tele del Seicento napoletano come la Liberazione di San Pietro di
Battistello Caracciolo, la Deposizione di Luca Giordano e soprattutto le Sette opere di misericordia
di Caravaggio. Nel piano nobile del palazzo, posto esattamente al di sopra della chiesa, si trova la
Pinacoteca, una delle maggiori raccolte private italiane aperte al pubblico, con 140 dipinti dal XVI
al XIX secolo di Dirck van Baburen, Jusepe de Ribera, Luca Giordano, Francesco De Mura (il
quale donò in via testamentaria al Pio Monte una collezione di 192 dipinti di sua mano da vendere
per scopi benefici; a oggi ne restano 36), Andrea Vaccaro, Mattia Preti, Massimo Stanzione,
Bernardo Cavallino, Micco Spadaro, Fabrizio Santafede, Giovanni Baglione, Il Cerano, Cesare
Fracanzano, Giacomo Farelli, Domenico Corvi, Anton Sminck van Pitloo e altri. In anni recenti è
stata aperta anche una sezione di arte contemporanea con circa 40 opere sul tema della Misericordia
realizzate con diversi materiali da importanti artisti odierni come Anish Kapoor, Jannis Kounellis,
Mimmo Paladino, Francesco Clemente, Joseph Kosuth e altri. Infine nel palazzo si conserva una
biblioteca privata, tra le più significative di Napoli, composta dal fondo archivistico del Pio Monte e
da altri pervenuti perlopiù grazie a donazioni di famiglie nobiliari.
Quadreria dei Girolamini
Situata dentro il vasto Complesso dei Girolamini (comprendente anche una chiesa monumentale, tra
le più significative di Napoli, due chiostri, due oratori - quello dell'Assunta e quello dei Dottori - e
una biblioteca che è la seconda più antica d'Italia tra quelle ancora esistenti) la quadreria nacque
solo nel XX secolo a seguito di una riorganizzazione delle opere pittoriche accumulate nel corso dei
secoli dai Padri Oratoriani. La collezione (vasta, ma non vastissima), presenta soprattutto quadri del
Cinquecento e del Seicento dall'eterogenea provenienza. Infatti ai dipinti di ambito napoletano di
artisti come Andrea Sabatini, Jusepe de Ribera, Battistello Caracciolo, Luca Giordano, Francesco
Solimena, Andrea Vaccaro, Massimo Stanzione, Carlo Sellitto, Cesare Fracanzano, Fabrizio
Santafede, Giovanni Bernardo Azzolino, Giovanni Antonio d'Amato e Giuseppe Simonelli, si
sommano quelli riconducibili a vari maestri del manierismo e del barocco d'area toscana, emiliana e
romana come Guido Reni, il Cavalier d'Arpino, Francesco Gessi, Elisabetta Sirani, Francesco
Vanni, Federico Zuccari, Francesco Curradi, Giovanni Balducci, Francesco Allegrini, Cristoforo
Roncalli, Sebastiano Conca e Ludovico Mazzanti e infine alcuni d'estrazione fiamminga (come il
Sant'Onofrio di Matthias Stomer, il San Girolamo di Hendrick van Somer e il Salvator Mundi
attribuito a Bartholomäus Spranger). In anni recenti il recupero di alcune opere dimenticate a lungo
nei depositi (valga come esempio la Cena in Emmaus di Massimo Stanzione[6]) ha portato a un
ampliamento del materiale esposto.
Il museo è situato all'interno del Maschio Angioino ed è costituito da due livelli. Il primo, che
attraversa gli ambienti di rappresentanza del castello come la Sala dei Baroni e la Cappella Palatina,
conserva dipinti e sculture che vanno dal XV al XVIII secolo per opera di artisti come Francesco
Laurana, Domenico Gagini, Mattia Preti, Luca Giordano, Francesco Solimena, Battistello
Caracciolo, Domenichino, Pacecco De Rosa, Fabrizio Santafede, Marco Cardisco, Giacomo del Pò,
Guglielmo Borremans, Andrea Malinconico, Giuseppe Recco, Jacopo Cestaro, Pietro Bardellino e
che provengono perlopiù da chiese sconsacrate ed enti soppressi di proprietà comunale. Il secondo
espone una vasta collezione di opere d'arte dell'Ottocento e del Novecento napoletano con nomi
come Vincenzo Gemito, Gioacchino Toma, Teofilo Patini, Vincenzo Marinelli, Vincenzo Caprile,
Vincenzo Migliaro, Edoardo Dalbono, Gaetano Esposito, Francesco Mancini, Federico Rossano,
Edoardo Tofano, Camillo Miola, Bernardo Celentano, Attilio Pratella, Giuseppe Casciaro, Luigi
Crisconio, Edgardo Curcio, Eugenio Viti e altri. In anni recenti si è avuto un arricchimento di
numerose decine di opere grazie ad alcune donazioni (quella degli eredi di Francesco Jerace, di
Giuseppe Renda, di Saverio Gatto, Giovanni Tizzano e Alberto Chiancone).
Nel medesimo Castel Nuovo, ma scorporata dal Museo civico, ha sede anche la Fondazione
Valenzi, la quale espone una collezione composta da alcune decine di dipinti e disegni di importanti
artisti novecenteschi (che furono a stretto contatto con l'intellettuale e politico di origini tunisine)
come José Ortega, Roberto Matta, Antonio Corpora, Renato Guttuso, Emilio Notte, Armando De
Stefano, Carlo Levi, Paolo Ricci e altri.