Sei sulla pagina 1di 25

“IL PENSIERO DEL PASSATO, L’IDEA DI MODERNO”

PERCHÉ PARLARE DI STORIA MODERNA?

Età moderna è un periodo di tempo, tra il XV e il XVIII secolo, che inizia con la scoperta dell’America e finisce con la
Rivoluzione francese. “Moderna” deriva dall’avverbio latino “modus”, recente=significato di tipo valutativo e
generalmente positivo.
A metà del ‘700 Voltaire (1694-1778) fa delle osservazioni sulla storia e definisce la storia moderna come quella che
vale la pena scrivere. Secondo lui la memoria(=sentimenti) è in contrasto con la storia(=ragione) e le epoche passate
non sono interessanti in quanto non c’è una storia che valga la pena di essere scritta.
A partire dal XV secolo l’Europa muta faccia, i turchi cacciano le “belle lettere”(=scritti cristiani) dall’Europa Orientale,
grazie alla stampa la storia diventa più certa e l’Europa più colta, nasce una nuova religione, quella protestante (per
Voltaire, essendo un anticlericale, è un evento positivo), nuovo sistema politico (non c’è più un grande impero ma
piccole potenze), ci sono spedizioni commerciali grazie alle conoscenze scientifiche. Questo ci da l’dea che l’Europa è
un grande continente dominatore.
A partire dalle idee di Voltaire si alimenta la filosofia illuministica, per la quale il passato non insegna ma bisogna
guardare a ciò che fa l’uomo.
Quando viene coniata l’espressione di storia moderna si fa riferimento alla storia (umana e non religiosa) come
progresso (passato attraverso scansioni cronologiche precise) che l’uomo alimenta.
Quando Voltaire dice che la storia è interessante dopo il XV secolo fa riferimento ad un evento importantissimo, che ha
come epicentro l’Italia, che è la nascita della cultura umanistica, la quale ha come epicentro la riscoperta dell’antico.
Questa diventa un’attività filologica-culturale ma anche una riflessione sulle proprie diversità dal mondo che viene
prima.

Gli studiosi del XV-XVI secolo formulano una chiara periodizzazione del periodo precedente che viene chiamata età di
mezzo. È un periodo oscuro rispetto alla loro età chiara in cui c’è un ritorno all’antico e alla loro perfezione (erano stati
in grado di imitare perfettamente la natura e i suoi insegnamenti, lasciando da parte l’insegnamento religioso). Ci si
trova in una cultura con un’idea ciclica del tempo e perciò imitare i classici da forza all’umanesimo.

Il periodo definito come età moderna è molto definito e va dal tardo ‘400 al tardo ‘700 (dalla scoperta dell’America alla
Rivoluzione francese). Se gli umanisti dal passato vogliono imparare in quanto pensano che lì vi sia la perfezione,
Voltaire scarta nella maniera più assoluta le lezioni provenienti dalla storia.
Macchiavelli (convinto umanista) è l’esempio più paradigmatico della necessità di imparare dal passato. La sua opera
più importante la dedica a Lorenzo de Medici, il quale ha un stretto rapporto con il mondo del passato e è a quel
tempo che ci deve rifare.

La Rivoluzione francese viene vissuta come l’inizio di un mondo assolutamente nuovo, possibile attraverso la tabula
rasa di un mondo anteriore.
Tockville scriverà alla fine del suo saggio “La rivoluzione degli anni ’30” che i francesi hanno tagliato ogni rapporto con
il passato e creato un mondo nuovo.

In ogni caso questa è una visione completamente Eurocentrica in quanto non si fa riferimento ad altri continenti nei
quali ci sono altri tipi di modernità.

RIFERIMENTO AL TESTO DI VOLTAIRE “OSSERVAZIONI SULLA STORIA”, 1742, IN “SCRITTI FILOSOFICI”


“Tutto ci concerne…tali avvenimento non abbiano influito”
La storia del ‘700 è prevalentemente umana, la religione si è rintanata negli aspetti morali. È una storia fatta di uomini
in una Europa che ha inghiottito le storie degli latri territori. Ciascun cittadino europeo può verificare questa grande
storia europea, di civilizzazione che viene intesa come una storia positiva e di libertà.

LA MISURA DEL TEMPO


Di fronte alla rivoluzione dell’umanesimo c’è anche una rivoluzione nel tempo.
La misurazione del tempo e dello spazio sono connotati da trasformazioni; gli uomini dell’età moderna hanno espresso
le loro volontà e capacità di dominarli e porli al servizio delle proprie esigenze. È una esperienza umana legata alle
capacità di sopravvivenza.
La storia della descrizione del tempo è come quella della misurazione dello spazio e l’età moderna è il laboratorio di
sperimentazione (coincide con il periodo delle grandi scoperte e la costruzione di nuove forme politiche).

La trasformazione più importante tra Medioevo e età moderna è proprio nella misurazione del tempo, da qualitativa a
quantitativa.

Prima la misurazione del tempo era legata agli aventi naturali.


A essa si oppone e poi si afferma una visione basata su unità di misura (es. “libri d’oro” della Chiesa, sono testi
ecclesiastici di preghiere usati per dare ai fedeli gli strumenti di preghiera e di organizzazione del tempo).
Inizia una nuova determinazione del tempo di tipo quantitativo.
Essendo il tempo difficilmente misurabile l’umanità apprende gli strumenti necessari attraverso la letteratura.

La Chiesa svolge un ruolo importante e anticipatore con i libri d’ore, le prescrizioni e il calendario dei Santi. Nel1582
papa Gregorio XIII istituisce un nuovo calendario su consiglio degli astronomi.

Negli “alberi della vita” si ha una visione paradigmatica del tempo legata alla Chiesa e che viene misurato sulla base di
una catena che porta alle verità della fede.

In “La vecchia” del Giorgione, viene rappresentata una donna anziani con in mano un foglietto che reca le parole “o
Tempo”. Ci sono due diverse interpretazioni di questo dipinto:
1. Si vuole far riflettere gli spettatori sulla caducità del tempo evocando la mortalità del corpo ma tenendo in
mente l’immortalità dell’anima
2. In origine si accompagnava ad un’altra tela e se si sollevava c’era sotto il ritratto di un giovane uomo, con in
fondo una ghirlanda con un medaglione raffigurante 3 teste femminili (passato, presente, futuro); è in netto
contrasto con la vecchia e sembra voler dire che le qualità si possono acquisire anche da giovani si oppone
ad una visione puramente cristiana in quanto è una visione umanistica

Nel corso del tempo si impone comunque un’idea del tempo legato al lavoro degli uomini e la raffigurazione del tempo
è quella di una freccia. Le storie degli uomini diventano storie a se che possono stare lungo una linea e il tempo e la sua
misurazione vengono disumanizzati e si afferma l’idea di un tempo lineare e non più ciclico(nel ‘700 ci sono le prime
timeline).

Anche per lo spazio e la sua misurazione si afferma una progressione simile. La dottrina della cartografia inizia prima
del 14-15 secolo e diventa moderna solo nel tardo ‘700.
Alla fine del ‘300 a Firenze, Emanuele Crisolera fa una copia della “Geografia” di Tolomeo. Essa si basava su una griglia
di meridiani dove il più importante è quello delle Canarie, ma mancano alcuni continenti. Per tutto il ‘600 si discute su
queste tavole e alla fine del ‘700 le sue tavole vengono corrette.
Grazie a Tolomeo si ha una trasformazione della conoscenza dello spazio e nei geografi, che usavano le sue scoperte,
entra l’idea che lo spazio sia omogeneo e che non sia possibile applicare leggi matematiche per descriverlo.

La cartografia si muoverà di pari passo con le grandi scoperte e i commerci.


Nel ‘400 e nel ‘500 è l’Italia, e soprattutto Venezia, il punto focale della produzione di carte. In seguito la produzione di
carte si sposterà verso i paesi nordici e soprattutto in Olanda.

Attraverso la produzione di carte geografiche la misurazione dello spazio diventa quantitativa. Lo spazio viene definito
e matematizzato e le conseguenze si estendono anche sul potere politico e la capacità di governare il territorio.
Papa Gregorio XIII farà costruire in Vaticano la “galleria delle carte geografiche”.
Cosimo I, nel ‘500, fa decorare il nuovo guardaroba con una raffigurazione del cosmo.
La figura del cartografo di corte diventa una figura ricorrente nelle corti.

COME È POSSIBILE SCRIVERE E DISEGNARE DI LUOGHI ANCORA INESPLORATI?

Es. l’Africa è rimasta inesplorata nella parte centrale fino alla corsa imperialistica.

La cartografia parte dal presupposto di una Europa dominatrice e usa la cartografia in maniera consapevole per
esprimere il proprio potere (l’Europa si trova al centro ed è più grande).
Fino al tardo ‘700 si parla di una cartografia congetturale e cambia per mettere in risalto l’Europa. Essa è una chiave di
interpretazione che gli europei scelgono per descrivere se stessi ed è data da una predominazione sui territori lontani
nel confronto dei quali l’Europa si trova inizialmente in una posizione di svantaggio e per colmare il disavanzo
intraprende una fortunata epoca di invasioni.

I RAPPORTI DELL’EUROPA CON LE ALTRE NAZIONI


La visione convenzionale della storia moderna è legata alle conquiste dell’America da parte degli europei, infatti è la
scoperta dell’America che fa da punto d’inizio di questo periodo.
Il paradigma americano relegato sul fondo le relazioni dell’Europa con altre regioni e non ci fa comprendere che
l’incontro con l’America è un momento di riequilibrio dei rapporti sostenuti dall’Europa con le altre nazioni.

L’ASIA, DALL’IMPERO MOGOLICO ALLE GRANDI SPEDIZIONI CINESI

Tra la fine del XII e l’inizio del XIII troviamo quasi l’intera Asia riunita sotto il comando di Gengis Khan. Esso è un impero
nomade, molto grande ma di natura effimera in quanto scompare con la morte del condottiero; è molto importante in
quanto conferisce stabilità alle vie commerciali più importante (es. via della seta).

L’impero sarà poi diviso in 4 grandi territori chiamati khanati:


1. Khanato dell’orda d’oro: va dagli Urali, passa per la Crimea e arriva fino al mar Nero. È diviso in unità minori
che sono affidati a diversi clan. Da qui inizierà a formarsi il principato di Moscovia che sarà la base per l’impero
russo
2. Khanato del gran khan: compre il territorio della Cina (conquista l’impero cinese) ed è governato dalla dinastia
dei Kubilai
3. Khanato del Changatai: copre le grandi pianure dell’Asia centrale ed è il punto di collegamento tra Oriente e
Occidente. Ora è il Quanai
4. Khanato dell’Iran: copre le aree di religione islamica e da qui nascerà l’impero ottomano e l’impero persiano
Questo periodo di pace con questa divisione territoriale viene definito “pax mongolica” e durerà fino alla seconda
metà del XIV secolo.
Tra la fine del XIV e l’inizio del XV secolo l’area sarà nuovamente unificata grazie all’intervento di Tamerlan e come
capitale sarà decisa Samarcanda; come l’impero di Gengis Khan, è tanto immenso quanto effimero (si basa sul
nomadismo).
È l’ultimo frutto delle grandi migrazioni asiatiche e dai vari regni che si formeranno in seguito nasceranno i vari impari
che l’Europa si troverà ad affrontare:
 Zarista
 Cinese
 Turco-ottomano
 Safaride-persiano
Il periodo di transizione per la formazione di questi imperi è dello “degli imperi della polvere da sparo”; sono imperi
meglio organizzati ei più stabili.

Se si guarda verso l’area cinese questi imperi sono solo una breve parentesi all’unità territoriale e culturale che si era
formata già nel III secolo D.C. quando nasce l’impero cinese, governato da una dinastia reale, e con una buona
economia basata sulla coltivazione del riso. Tra il XI e XII secolo ci sono brevi infiltrazioni ma la dinastia dei Song (2060-
1279) riesce a compattare il Paese grazie ad una forte ideologia religiosa e filosofica.

Dopo Tamerlan si afferma la dinastia dei Ming che durerà fino al 1644. È l’inizio di un grande periodo di messa in
ordine.
Nel ‘440 si iniziano le grandi spedizioni navali per il commercio. Le navi cinesi si spingono verso il mar Rosso e arrivano
a costeggiare le coste dell’Africa.
Un decreto imperiale vieterà poi l’uscita di navi con il proposito del commercio; le cause vere e proprie sono
sconosciute ma si ritiene che sia dovuto alla grande crescita demografica che ha permesso di aumentare il commercio
con i Paesi vicini (si commerciava di più ma la “spedizione” costava di meno).
L’Europa in questo momento è sottoposta alle continue minacce provenienti dall’Asia.
IL PORTOGALLO, DALLE GRANDI SCOPERTE ALLA CRISI

L’Europa in questo momento è sottoposta alle minacce provenienti dall’Asia.

L’accesso ai prodotti orientali era necessario per l’economia europea (es. spezie) e si costruiscono reti commerciali con
Genova e poi Venezia.
Il commercio è fatto da fattori molteplici e inizialmente è governato dalle potenze marittime italiane finché, durante il
periodo della reconquista, la penisola iberica non si pone alla ricerca di nuove rotte commerciali e nuovi territori per
cacciare gli infedeli. Conquistano nuovi luoghi (Ceuta), e da lì inizia la costruzione el I impero marittimo non europeo,
quello portoghese.

Nel 1452 e nel 1455 vengono emesse due bolle papali a favore del Portogallo che viene autorizzato a esplorare e
sottomettere i territori che si trovano al di là delle colonne d’Ercole (la missione religiosa e quella politica sono alla
base delle nuove espansioni).

Il regno portoghese e molto piccolo ma deciso a intraprendere spedizioni sempre meglio organizzate.
Fondano rispettivamente nel 1415, 1420, 1430 le città di Ceuta, Madeira e alle Azzorre; si dirigeranno dopo verso sud
per conquistare le coste africane e arrivano al Golfo di Guinea dove si insediano a El-Mina dove commerciano avorio,
oro e schiavi. Le terre conquistate vengono trasformate in grandi coltivazioni.

È impossibile parlare di un impero portoghese in quanto il Portogallo è un regno troppo piccolo ma abbastanza
organizzati per creare città fortificate e organizzate dal capitalismo statale navale (le navi appartengono alla corona).
Così un piccolo stato europeo riesce a trasformarsi in una grande forza navale e, doppiando il capo di Buona Speranza,
riescono a raggiungere l’India nel 1498 grazie a Vasco Da Gama.
I portoghesi si insediano con lo stesso meccanismo utilizzato per l’Africa anche in Asia (è inoltre un’area
economicamente più avanzata). Si stabiliscono inizialmente a Goa e vogliono introdursi nei mercati delle spezie (inizio
‘500).
Nel 1551 si fonda la base di Cantou in Cina, grazie all’attraversamento dello stretto dei Malucchi, e stringono alleanze
con le popolazioni locali.

LA CRISI DEL PORTOGALLO

1. Il portogallo riesce a conquistare il Brasile, dove trovano popolazioni indigene che in breve tempo vengono
sterminate dalle malattie e dalla ferocia dei conquistadores. Il territorio qui è meno ricco di quello delle atre
conquiste e devono investire un maggiore capitale togliendo le risorse all’India e alla Cina.
2. Un altro fattore sono le trasformazioni politico-militari. Nel 1517 l’impero ottomani riesce a conquistare El-
Cairo, togliendo il potere ai sultani mamalucchi e diventando padroni delle tratte commerciali verso l’oceano
Indiano. Il Mediterraneo diventa un lago ottomano e quindi pericoloso per gli europei. Questo spinge gli imperi
europei a espandersi verso l’America; è una competizione politico-militare che porta le popolazioni europee ad
affrontare un nemico vicino.

LA STORIA ECONOMICA E SOCIALE


La storia economica funge da connessione tra la storia europea e quella non europea.
Lo storico è come un elettricista, che riattiva le connessioni che sono state interrotte o non funzionano più.

Max Weber è uno dei più grandi sociologi tedeschi, è famoso per l’”etica protestante del capitalismo”.

MAX WEBER, “L’ETICA PROTESTANTE E LO SPIRITO DEL CAPITALISMO”

È una lettura della storia moderna piena della autocoscienza europea e di ottimismo; Weber si può considerare un
erede della filosofia illuminista di Voltaire.

“In tutto il mondo…l’organizzazione capitalistica razionale del lavoro (formalmente) libero”


Non è difficile ritrovare nelle epoche passate testimonianze di attività commerciali che servono per fruttare il denaro
(economia non fondata sul baratto ma richiedono l’uso di denaro, commende-unione di alcune persone che investono
e persone con navi che portano in giro le merci), anche attraverso l’appalto di demani (territorio dello Stato che
vengono “affittati”). La quantità di denaro mobilitato è molto grande.
L’avventuriero capitalistico (accezione negativa) mira all’arricchimento individuale e lo fa in maniera irrazionale perché
può ricorrere all’uso della violenza; l’Occidente però conosce nel ‘400-‘500 un capitalismo diverso, una organizzazione
razionale fondata sull’uso del capitale ed esiste solo in Occidente (“nur im Oxident”) (questa idea verrà ripetuta spesso
nelle sue opere).
Il patrimonio dell’occidente è lo sviluppo di un sistema economico moderno perché razionale, appropriato ai fini di
arricchimento collettivo che s volevano raggiungere, questa eccezionalità occidentale è stata possibile a partire al ‘600
secolo in una piccola zona, paesi dell’Europa occidentale dove si è radicato il calvinismo (l’Europa cattolica è la culla i
tutte le qualità negative). Questo atteggiamento razionale si espande poi a tutta l’Europa e ciò porta a due risultati:
1. Sviluppo di una economia capitalistica: quando scrive Weber è al suo massimo
2. Costruzione solo in Occidente una forma particolare di organizzazione di tipo politico chiamato Stato di diritto
nazionale (sembrava la forma vincente di organizzazione); era una preponderanza di tipo etico culturale e
sociale
Questo è il moderno per Weber è esiste solo in Occidente.

È una lettura a cui manca qualcosa perché costruisce una dicotomia tra il razionale Occidente e l’irrazionale Oriente
che avrebbe lentamente ceduto alla pressione dell’Occidente a partire dai primi anni del XVI secolo.
Schilling in “1517” ci dice che il superamento dei confini europei era stato molto precedente alla scoperta dell’America
e dovrebbe venir retrodata al 1434 quando i portoghesi vanno oltre al capo Bojador, e inizia la loro avventura verso le
indie dopo aver doppiato il capo di buona speranza. Questa è una proiezione per motivi economici e avviene attraverso
le rotte marittime. Siamo nel periodo di massimo sfruttamento delle rotte marittime e determina il grande slancio per
gli europei e che invece porta la Cina a rinchiudersi nei proprio confini e a chiudere il commercio a largo raggio. Il
dominio dell’orizzonte navale costituisce la prima fase della creazione dei passaggi marittimi globali, cioè il modo nel
quale i portoghesi, per primi, riescono a connettere quei circuiti interni (es. India con estremo Oriente) che costituirà in
vantaggio che gli europei fino all’inizio del ‘900 non avrebbero mai perduto.
Per la prima volta si crea una definizione di economia mondo che fino a quel momento non era mai esistita. Ci viole
anche una politica molto forte che costruisca strutture politiche capaci di fondere esplorazione geografica e uso della
forza militare.
La storia di una economia mondo non può dimenticare alcune condizioni come di tipo ecologico (rapporto tra uomini e
ambiente); le ondate di peste, a partire dal ‘400 la peste abbandona l’Europa e contribuisce alla costante crescita
demografica che l’Europa vedrà in questi anni. Si creano anche ripercussioni in Europa che si trova sempre più a
cercare mezzi per nutrire una popolazione in crescita e si creino reti economiche interne che si specializzano (dal tardo
‘400 in avanti la aree dell’Europa orientale diventano i maggiori fornitori di carne bovina e cereali; è la più forte rete
interna).
Uno degli elementi che spingono il Portogallo è che tutto il mondo orientale (poco organizzato, grandi migrazioni) sarà
consolidato attorno al nucleo musulmano e al nucleo cristiano ortodosso. La riorganizzazione dell’Europa orientale
obbliga a cercare nuove vie. Fra ‘400 e ‘500 la produzione manifatturiera orientale è decisamente migliore
dell’occidentale.
È in questo caso il capitalista avventuriero che vince su un capitalismo più razionale (Portogallo vince sull’India). Ciò
che fa vincere gli europei è la capacità di controllo sulle aree da parte delle flotte navali.

Si creano nuove rotte commerciali ma altre vengono “perse” come le rotte africane (nord Africa). Era un’area
commercialmente attiva (da qui viene buona parte dell’oro europeo), ma quando i beni arriveranno dall’America,
molto più comodo, questi commerci verranno distrutti.
Si aprirà il circuito che si basava sul Golfi di Guinea dove dopo l’arrivo dei portoghesi si costruiranno le fattorie e si
aprirà la stagione del traffico degli schiavi (uno dei commerci caratterizzanti dell’epoca moderna).

L’età moderna è quella in cui gli europei hanno conquistato l’intero mondo, dove avrebbero poi lasciato il segno del
loro passaggio. Per vincere sulle altre nazioni l’Europa sfrutta il capitalismo. L’economia premoderna è una economia
basata sul commercio ma lo scopo di questa economia non è stata quella di produrre denaro per finanziare altre opere
ma per avere beni come la terra. Nasce un nuovo valore di accumulo di denaro grazie ai calvinisti (per la chiesa
cattolica accumulare denaro era sbagliato), per i quali il denaro produce denaro. Diventa lecito diventare ricchi e ciò è
la nascita del capitalismo moderno (esistenza di masse sempre più consistenti di denaro, libero mercato, economia
largamente monetaria…). La economia capitalistica rende possibile la fase di accumulazione originaria l’accumulazione
e lo sviluppo della produzione manifatturiera, prendendo così le distanze dagli altri paesi.
Il particolare clima temperato rende meno disruttive le epidemie e perciò gli europei riescono a impiegare meglio le
proprie energie e investire più facilmente nel capitale fisso.
C’è un arricchimento e ciò porta ad un aumento del capitale umano perciò più gente che può lavorare.

Nelle aree asiatiche la popolazione deve continuare a lavorare nei campi.

Tra il ‘500 e il ‘700 la popolazione europea è triplicata, tute le grandi città europee erano nate lungo le coste o lungo
fiumi navigabili che davano accesso al mare. Le città islamiche sono invece costruite su rotte commerciali di terra e
verranno dal commercio via mare.
Le città orientali sono molto popolate ma questo è un modello urbano che esiste in un modello diverso; svolgono il
ruolo di residenza del principe (le grandi città cinesi nascono come espressione del potere dell’imperatore sul
territorio) e non esiste una differenza tra città e campagna in quanto tutto è assoggettato al potere dell’imperatore e
fioriscono grazie a ciò.

Già Botero dice molto bene come le città sono diventate grandi. Scrive un trattato di urbanistica comparata nonostante
non abbia mai visto molte delle città di cui parla. Tra le cause della grandezza delle città europea c’è la mercanzia.

FEDERICA MORELLI

Il suo saggio si baserà sul lavoro e la sua storia, quel lavoro che Weber riteneva libero e basato sulla domanda e offerta,
ma che con il tempo si trasforma.
La ricerca si concentra sulle forme di lavoro non libero e non regolato dalle leggi di mercato, e delle migrazioni per
lavorare.
Nell’età moderna la maggior parte della popolazione è toccata da una forma di lavoro non libero ma subordinato che
non è paragonabile alla schiavitù ma sono delle forme di lavoro che presuppongono coazione e suppongono
asservimento da chi lo pratica.

Le ricerche mostrano una tesi contraria a quella di Weber e mostrano un gran numero di persone che lavorano non in
maniera libera perciò il lavoro no salariato è compatibile con il capitalismo e in tutta l’Europa la schiavitù è molto
presente per un lungo periodo di tempo.
Tutto ciò non farà svanire il ruolo del lavoro forzato/coatto. Con le immigrazioni involontarie verso l’Europa arrivano in
Europa circa 769700 persone; un ruolo essenziale nella popolazione delle colonie inglesi dell’America settentrionale la
avranno quei lavoratori “a contratto forzato” che ricevevano un passaggio gratuito sulle navi ma lo ripagavano con anni
di lavoro nelle piantagioni.
Queste migrazioni forzate hanno numeri molto alti e reggono l’economia europea.
La fase più intensa del traffico degli schiavi si colloca tra il 1760 e il 1820; gli schiavi neri andavano a rimpiazzare in
America latina i caraibici e i brasiliani portoghesi, dove gli europei avevano impiantato e allargato la coltivazione di
canna da zucchero e tabacco in sud America, che erano i terminali del commercio di questi prodotti.
L’epoca moderna ci regala un continente americano che per popolazione è più una appendice dell’Africa che
dell’Europa. Si ha una africanizzazione dell’America.

Questa africanizzazione dell’America, la forte impronta di lavoro coatto che porta a migrazione involontarie ci da
esempi della non razionalità dell’economia europea e si scontra con gli ideali di Voltaire di un’Europa che porta libertà.
Gli ideali rimarranno a lungo, per tutta la metà del ‘700, l’economia europea è un’economia arretrata rispetto a quella
arretrata dal punto di vista teorico e produttivo (la rinascita attuale cinese è solo la continuazione della sua grande
potenza economica che va avanti da secoli e si ferma solo per circa un secolo in cui l’Europa e l’America prendono il
potere).

POMERANG-GREAT DIVERGENCE

Great divergence è una realtà che si produce molto tardi e segna un percorso di allontanamento tra due aree solo
verso le fine del XVIII secolo. Nel 1750 in Europa si produce il 23,2% della produzione manifatturiera del mondo, in Cina
e in India si produceva il 57,3%. Partendo da questo dato si vede che inizialmente sembravano essere Cina e India i
paesi capitalistici. Agendo su una comparazione localizzata tra Cina e Gran Bretagna si analizzano molti valori
(aspettativa di vita, finanziamenti…) e si capisce che non esisteva nessuna asimmetria di disparità dei livelli produttivi e
quindi non c’è alcun indizio del futuro scoppio della grande rivoluzione industriale. Ciò che determina la rivoluzione
industriale è che da un lato, se si parla di capitale, la Cina è in una posizione più competitiva dell’Inghilterra (è più
capitalistica) ma entra in gioco una terza variabile la lend intensive, la capacità di avere dal proprio territorio delle
risorse. In una economia preindustriale, nessun paese europeo poteva staccare parti della propria manodopera dal
settore agricolo e quindi è necessario uscire dal proprio territorio per trovare risorse. La vecchia rete commerciale,
costruita nel primo ?500 dagli europei, crea un rapporto tra il centro metropolitano e le periferie che fornivano le
ricchezze di materie prime. Ciò che era importante è che il modello di sfruttamento dei territori conquistati fosse il
modello coatto e che le materie prime arrivassero in patria. Ciò permise che dalle grandi aree di piantagioni arrivassero
a destinazione e a permettere lo sviluppo dell’economia. La simmetria centro-periferia coloniale è ciò che dà agli
europei il potere economico.
Un’altra osservazione importante è che gli inglesi avevano una superiorità tecnologica sulle colonie (si portano da altri
luoghi, si mette in condizione gli uffici locali di non poter vendere in maniera competitiva).

STATI E IMPERI
La politica europea era caratterizzata dalla nascita di una specifica forma di governo che era lo stato burocratico.
Nell’ottica dell’uomo del ‘900 come era Weber, questo stato era la stessa cosa dello Stato nazionale. Gli europei
avevano iniziato a costruire forme burocratiche (astratte) nelle quali l’esercizio del potere si era spogliato dei suoi
ideali religiosi. Il trionfo di una razionalità politica astratta era una creatura tutta occidentale e umana che si era iniziata
a profilare in un solo luogo, l’Occidente (circa 85% delle terre mondiali è dei paesi occidentali sotto forma di colonie).
Di fronte al modello occidentale è impotente e deve rassegnarsi ad un dominio che è più forte.
Weber in questo disegno relega la forma tradizionale da una parte e la modernità dall’altra. Egli è anche l’erede di una
tradizione illuminista per cui il mondo è divisibile in 2 parti:
1. Stati organizzati
2. Imperi (Asia)
Nasce però l’idea che l’Europa non va bene per l’organizzazione in imperi (nonostante nel medioevo c’erano due
grandi imperi: la Chiesa e l’impero tedesco). L’oriente è un luogo dove tutto si è fermato, è la storia di un popolo che
non ha voluto progredire e dove la politica è rimasta ferma ad un modello antico.

JOHANN GOTTFRIED HERDER “IDEE PER LA FILOSOFIA DELLA STORIA DELL’UMANITÀ”, 1784-1791

Herder si sta scagliando contro l’impero napoleonica che aveva incorporato il suo stato (era prussiano).
Lo stato è dotato di carattere nazionale. Il popolo è come una pianta con molti rami quindi un’entità naturale,
culturalmente omogenea; è innaturale mescolare popolazioni nazionalmente diverse perché non c’è simpatia tra le
parti. Essendo stati troppo grandi la vita non è possibile e la storia dimostra che gli strumenti della superbia umana si
dissolvono.
L’unione di più stai è il prodotto dell’arte politica che si dissolverà al più presto. Questa idea arriverà fino a Weber e
arriverà anche negli stati coloniali che immaginano di essere entità chiuse su se stesse.
L’idea che dal ‘700 l’Europa non si stata abitata da imperi è sbagliata in quanto dal XVI secolo fu il periodo nel quale
compaiono degli organismi politici che condividevano no una filosofia statale ma imperiale.
Il mondo del XV e del XVI secolo fu un mondo di imperi e non di stati
Un impero è multietnico, grande e naturalmente espansionistico, il potere necessità di venir accettato dai sudditi
(legittimazione del potere). L’imperatore si presenta come superiore ad un re e la legittimazione degli imperatori
chiama in campo dei fattori tradizionali (carisma, legittimazione religiosa…). Per unire un impero servono uguaglianze
ideologiche, religiose, universalistiche e questi aspetti fanno parte di tutti li imperi del ‘500.
L’impero è caratterizzato da una grande espansione geografica e abbraccia culture diverse da quella della madre
patria, e connotati da aspetti universalistici quindi teoricamente superiore a tutti gli altri.

Grazie alla nascita degli imperi orientali si mantiene una forte interazione tra l’Europa e l’Asia.
I maggiori imperi sono gli imperi islamici e l’impero russo (cristiano-ortodosso).

GLI IMPERI ISLAMICI

L’IMPERO SAFARIDE/PERSIANO
È un impero dinastico che si costruisce dove ora c’è l’Iran. Nasce attorno al mar Caspio, dove si insediano delle tribù
ottomane che vengono sottoposte ad una islamizzazione sincretica (prima praticano una religione in cui si mischiano
islam, cristianesimo e culti locali); nel XIV secolo nascono delle confraternite religiose (confraternite sufi) dove si
insegna la principale forma di eterodossia dell’islamismo che è lo sciismo. I musulmani sciiti sono ancora una
minoranza e traggono origine da una interpretazione particolare della discendenza del profeta Maometto; il termine
sciismo deriva da un termine arabo che significa frazione, e gli sciiti ritengono di essere gli unici depositari della fede
islamica in quanto credono che da un cugino di Maometto si sia trasmessa una interpretazione autentica della religione
islamica e interpreta la figura dell’imam un potere religioso i quanto diretti discendenti dalla famiglia del profeta e non
sono solo delle figure elette dalle comunità. Diffondendosi in Iran si allarga il numero dei fedeli e diventa una forma di
organizzazione gerarchica e politicizzata da cui emergerà la dinastia safaride (dal primo esponeste Safia Al Din).
I safaridi passeranno poi dalla sola predicazione alla conquista militare e diventeranno i principali avversari dell’impero
ottomano.
Il titolo “re dei re” (“scha an scha”) verrà preso dagli imperatori sciiti e inizierà una lunga fase di contrasto con l’impero
ottomano.
L’IMPERO MUGAL
In india nascerà un altro grande impero dove Muhammad Babur, capo di una piccola etnia locale, cerca di ricostruire
sulle vie della seta un impero come quello di Tamerlan; non riuscendoci si rivolge verso l’India dove mette le basi di
una prima estensione dell’impero indiano/mugal (deriva dalla correzione araba e persiana del termine mongolo).
In questo caso ci si trova davanti ad un impero sunnita. Inizialmente non è un impero compatto ma ha un assetto
policentrico che durerà fino alla metà del ‘700

Con questi imperi l’Europa avrà dei grandi rapporti commerciali.


Altro impero molto importante è l’impero ottomano.

L’IMPERO RUSSO

Nasce e ha una grande espansione insieme agli imperi islamici. È un impero di terra che sconvolge gli equilibri
dell’Europa con il territorio delle steppe.
Tanto quanto i conquistadoers spagnoli conquistano gli imperi inca, nella stessa maniera i russi conquistano le aree
delle steppe e riempiono il vuoto lasciato dalla fine degli imperi mongoli.
Fino al XVI secolo i signori del Granducato di Moscovia dominavano un territorio molto piccolo che si trovava a ridosso
del Volga; intraprenderanno poi una grande fase di espansione coloniale soprattutto verso i kahanati più piccoli.
Elemento fondamentale della loro legittimazione politica si muovono su una linea di incorporazione della eredità
imperiale di Bisanzio. I russi non possono muoversi verso Occidente (soprattutto verso la Bielorussia dove a Kiev è nata
la Russia di Kiev, governata da signori, e fa parte del regno di Lituania e Polonia, imbattibile militarmente), diventando
gli eredi dei primi signori di Kiev, allora decidono di diventare gli eredi dei signori di Bisanzio. Lasciano vivere, nei
territori conquistati, i sistemi politici e sociali preesistenti, dietro ad un giuramento di fedeltà alla casa dei duchi di
Moscovia.
Il sentirsi eredi dell’impero di Bisanzio si sente molto nella biografia di Ivan IV. È il primo granduca di Moscovia a venir
incoronato come zar (dal latino “Caesar”) russo e il primo a intraprenderla conquista dei kahanati islamici che renderà
l’impero russo multietnico e religioso. L’espansione verso Sud ha motivazioni politiche e strategiche ma il motivo di
tutto ciò risiede in una missione di rinascita imperiale. È una sorta di crociata missionaria per far rivivere un impero. I
titolo di zar comporta la pretesa di incarnare una forma di potere autocratico (è il potere imperiale, sopra tutti i titoli
precedenti), senza condizioni; il titolo di imperatore d’oriente non era stato mai usato dopo la caduta di Costantinopoli
ma nel 1497 Ivan lo fa rivivere nella sua persona. Si crea una saldatura anche tra il potere religioso e il potere imperiale
che, insieme ad una espansione camuffata da crociata, rende questo impero così forte.

L’IMPERO OTTOMANO

La storia europea è leggibile come una risposta al solidificarsi al di fuori dei confini europei di questi grandi blocchi
(imperi islamici, impero russo) che nascono sulle macerie degli imperi di Gengis Khan e di Tamerlan. Sono “della
polvere da sparo” in quanto basati sulla guerra. Se anche il mondo asiatico conosce questa crescita di poteri imperi,
l’impero centrale è l’impero ottomano.

Con la conquista di Costantinopoli nasce una storia europea completamente diversa.


Il protagonista dell’assedio della città bizantina è Maometto; quando egli entra dalle porte di Costantinopoli assume
pubblicamente il titolo d signore della Rumedia (la cosiddetta terra dei romani, o meglio dei greci) e dell’Anatolia,
aggiunge inoltre di essere il signore dei 2 mari (Mediterraneo e Nero).

LA CONQUISTA DI COSTANTINOPOLI
Gli ottomani sono una delle tante tribù che arrivano dall’Asia centrale dall’avanzata dei mongoli e danno vita a tanti
piccoli staterelli governati da guerrieri e si avvicinano alle coste del Mediterraneo sotto la spinta dei mongoli.
Tra le varie tribù emerge la dinastia degli Osmanli (da Ossman, il fondatore), si insediano nella penisola anatoliche
intrattengono rapporti commerciali con l’impero bizantino. Tra il XIV e il XV secolo si arriva però ad una rivalità militare.
Inizialmente l’espansine ottomana non colpisce territori che circondano la penisola anatolica ma si muove più verso
l’Europa in quanto l’area orientale è dominio dei principi dell’impero persiano, e cominciano a incorporare l’area della
Serbia (1389, battaglia del campo dei merli) e poi si muovono in direzione nord-occidentale a ritroso verso il mar Nero;
nel 1402 pongono sotto assedio per la prima volta Costantinopoli ma la conquista non riesce in quanto quell’area viene
travolta dalla conquista di Tamerlan. Alla morte di esso, con Maometto conquistatore ci si spinge sempre di più verso
l’area della Tracia e della Macedonia, stringendo come in una tenaglia i territori dell’impero bizantino.
L’espugnazione della capitale bizantina è il culmine di una strategia militare che vuole portare alla conquista europea.
Il papa descriverà a Roma la caduta di Costantinopoli come un momento tragico, in cui delle popolazioni orientali
hanno conquistato il baluardo cristiano in Oriente; commette un errore in quanto ci sono stati europei che aiutano gli
ottomani e nell’esercito turco-ottomano ci sono molti cristiani; l’impero di Maometto è un impero a propensione
occidentale. Per stringere “rapporti di buon vicinato” con Costantinopoli, Venezia e Barcellona, che sono gli latri 2 porti
più importanti del Mediterraneo, aiuteranno Maometto.

Da sempre, Costantinopoli rappresenta un posto religioso peculiarissimo e Maometto rivendica questa cavalcata di
conquista con una ragione religiosa; oltre che sultano, Maometto diventa cesare e “basileus” (re della tradizione
bizantina), si definisce imperatore dei romani e dei bizantini. Ciò ci fa individuare il sovraccarico di ambizioni.

Una volta occupata Costantinopoli continua con le sue conquiste: colonie genovesi sul mar Nero, Peloponneso, Bosnia-
Erzegovina per arrivare fino in Albania, da dove le navi di Maometto II occupano Otranto e l’Italia inizia a temere di
essere la prossima conquista dei turchi.

IL RITRATTO DI MAOMETTO
Ritratto di Maometto II, 1479
È un ritratto pensato per gli europei, nell’arco viene riconosciuto l’arco del monastero di San Zaccaria a Venezia. C’è un
grande differenza tra il soggetto del quadro e chi lo osserva, in modo da creare una cesura tra chi guarda: che chi è
come Maometto e guarda gli osservatori e chi osserva l’uomo ritratto.
Le corone (3 a sinistra e 3 a destra) ricordano che lui è il settimo sultano e i 4 fiori sul tappeto possono ricordare, con la
pietra nera al centro la città di Costantinopoli, che sta tra una pietra rossa, gli ottomani, una pietra nera, il mar Nero, e
una pietra bianca, il mar Mediterraneo. Qui si presenta come l’erede legittimo del “basileus” (tradizione sia occidentale
e orientale), Costantinopoli diventerà una delle più grandi metropoli europee e verrà eretta una enorme Moschea e un
palazzo reale con 3 corti (la parte più centrale è accessibile solo dalla famiglia del sultano e chiuda sa una porta
chiamata la porta della sublimità).

PERNI DELL’IMPERO
Esso è un impero cristiano in quanto sono cristiani la maggior parte dei suoi abitanti (le popolazioni delle coste sono le
più ricche), e fondatore di una particolare struttura politica che non verrà mai cambiata.
Uno dei perni è il “sistema del Timar”; è tipicamente turco, basato su un patrimonio tipicamente orientale e si fonda
sulla consuetudine dei signori che sono anche sacerdoti della fede, la possibilità di essere padroni delle terre
conquistate e le cede ei propri sudditi in cambio di servizi. Esso si fonda su una concezione proprietaria del territorio
che non può essere passato in maniera ereditaria ai propri eredi. Questo consente di centralizzare il potere
(inizialmente i “tamarioti” possono essere anche non islamici), e sono il pilastro fiscale e militare dell’impero
ottomano.
Altro punto cardine è il sistema della “raccolta dei bambini” (modo per accedere alla burocrazia civile e militare); dalla
seconda metà del ‘400, gli uomini che presteranno servizio nell’esercito e nella burocrazia, vengono da famiglie
cristiane che devono mettere al servizio del sultano un certo numero di fanciulli che, dopo la conversione all’Islam,
vengono portati a corte e formano la più importante e prestigiosa parte dell’esercito, il corpo dei Giannizzeri; essi sono
una milizia posta al diretto controllo del sultano (vengono anche chiamati gli “schiavi della porta”). Sono l’esempio di
una totale dedizione al sultano ma anche un’apertura nel modo di fare guerra (nel mondo occidentale la guerra è una
prerogativa aristocratica) e dal lato pratico consente all’impero ottomano di avere un esercito forte e ampio.

L’ESPANSIONE VERSO L’EUROPA


Con i successori di Maometto II si inizia a intraprendere una seconda direttrice di espansione verso l’Africa e l’Oriente.
Si espandono verso gli stati mamelucchi, che avevano risentito della politica aggressiva ottomana che li aveva esclusi
del commercio che avveniva lungo la via della seta. Avevano inoltre risentito della forza portoghese, e questa
pressione ottomana verso Nord e portoghese verso Sud, aveva fatto precipitare quell’area in una profonda instabilità
politica (i sultani mamelucchi avevano avuto ottimi rapporti commerciali con l’Europa). I mamelucchi, che non avevano
una flotta militare, si rivolsero agli ottomani per combattere contro i portoghesi. Questa protezione navale ottomana si
trasformerà nella cosa opposta con Selim I che inizia a scendere verso i porti del medio-oriente. Nel 1517 la resistenza
mamelucca è vinta e gli ottomani si trovano padroni di tutta l’area costiera egiziana. Con la conquista di queste
province a maggioranza musulmana si sposta l’equilibrio religioso.
Il 1517 è un anno importante (come importanza è paragonabile alla conquista di Costantinopoli). Con la conquista
dell’Egitto (si estende per tutta la penisola arabica) vengono incorporati all’interno dell’impero ottomano i luoghi sacri
dell’islam (Medina, La Mecca e Gerusalemme), e così possono affermarsi come protettori della vera fede musulmana;
ciò permette l’assimilazione del titolo di califfo a quello di sultano. Il solco eh divide l’impero ottomano dal “mondo
degli infedeli/della guerra” (Europa) diventa molto più profondo. L’idea di fondere la legittimazione religiosa con
progetti politici è evidentissima con Solimano II/il magnifico/il legislatore. Sale al trono nel 1520, dopo che il padre ha
ucciso i figli non prediletti; si definisce “sultano di Dio e di questo mondo”. Una volta conquistata l’area mamelucca e
assicuratosi un momento di tranquillità grazie ad un accordo con l’impero persiano, prende di mira ciò che resta dei
domini cristiani nei Balcani e inizia a penetrare nell’Africa settentrionale (area instabile dedita alla pirateria e al
commercio) ma che già dal ‘400 gli spagnoli hanno visto come territorio naturale della loro espansione politica.
Tra Solimano il Magnifico e Carlo V quest’area viene così a configurarsi come territorio di scontro diretto tra l’impero
turco-ottomano e l’impero tedesco cristiano. Carlo V è convinto che quella è una bellum santa, che i cristiani devono
combattere.
Sulle orme di Maometto II si riuscirà a penetrare i confini dell’Impero; nel 1526 sconfiggono le armate ungheresi e nel
1529 Vienna viene messa sotto assedio.
Sembra che la caduta del cristianesimo occidentale sia imminente e Solimano il Magnifico si attribuisce anche la carica
di Kaiser, definendo Carlo V “re di Spagna” e non imperatore.
Nel 1541, durante a battaglia a Budapest, viene conquistata; l’assedio di Vienna fallisce, in quanto si riapre l’ostilità con
gli scià orientali e Solimano deve spostare le truppe verso l’Oriente. Nel 1540 riprede la sua campana verso Occidente
fino al 1547, grazie ad un accordo, stipulato tra Carlo V e Solimano, si riconosce il dominio ottomano su quasi tutta
l’Ungheria (resta fuori la cosiddetta Ungheria rurale).
Si crea un impero che va dalla Serbia fino all’Algeria, domina tutta l’Europa balcanica, e tutta la penisola arabica.
Gli europei si trovano a guardare in maniera spaventata ma allo stesso tempo ammirevole l’avanzata ottomana.

LA TURCICA
Nel 1500 esplode una corrente letteraria, detta “turcica”, quindi sui turchi.
Nel 1532 Paolo Giovo pubblica “commentario de cose de’ Turchi”. Esse è una riflessione sulla differenza tra la religione
cristiane e islamica. Con una sorta di malcelata approvazione, reputa la religione islamica come una religione adatta
alla guerra. La descrizione che da dei turchi ha come precedente per le descrizioni alcuni passi famosi di Macchiavelli
(l’editore è lo stesso). Macchiavelli, partendo dal primo libro in cui si contrappone la religione dei romani, che era uno
dei motivi di spinta verso la coesione politica dell’impero e motivo anche della sua forza militare, con la religione
cristiana attuale, e imputa alla Chiesa di aver fatto diventare l’Italia un Paese diviso. La religione è anche uno dei motivi
per i quali i cristiani non sono in gradi di resistere alle forze belliche degli altri Paesi.
Altro elemento che mette in luce Giovo (è anche questo di derivazione machiavelliana, che troviamo anche nei
“Discorsi” e nel “Principe”, dove divide con un senso di ammirazione due tipi id potere monarchico, uno è quello
europeo dove il re è circondato dai suoi nobili “i baroni” e non regna perciò in maniera solitaria, l’altro è dove c’è un
solo signore e tutti gli altri sono i servi). L’impressione che lascia in Europa il modello turco è che distrugga ciò che
trova e lo ricostruisca in seguito. Per tutta la politica europea il modo turco appare come un mondo di sovranità
assoluta e quindi si stacca dall’Europa che ha la particolarità di essere fondata su regimi di monarchie “partecipate”.
Nell’impero turco ci sono addirittura degli schiavi che svolgono funzioni di governo e quindi l’idea che il dominio turco-
ottomano sia una tirannia diventa una elle rappresentazioni più popolari. Gli europei chiamano un sovrano dispotico il
“granturco”; il fatto che tutto stia nelle mani del sovrano è una raffigurazione veritiera solo in parte in quanto ci si trova
in un mondo islamico dove la legge è concepita come un dono del sovrano ai suoi sudditi, ma dal punto di vista pratico
questa sovranità non è così assoluta. Le più alta cariche militari e civili sono sempre affidate a musulmani (l’impero ha
una missione religiosa) però l’impero ottomano continua a essere un impero in cui le minoranze religiose sono
numerose e rispettate (comunità armene, greche, bulgare… hanno uno statuto che implica protezione da parte del
sovrano e a tutti i dhimmi, i non musulmani, è solamente richiesto il pagamento di una tassa). Ciò era assolutamente
inconcepibile agli occhi degli occidentali: chi professa una fede diversa da quella cristiana è un eretico e nemico del
proprio signore. Questo è un paradosso in quanto da quando la tradizione occidentale imputa all’impero ottomano di
essere un governo dispotico, non tiene conto del fatto che in quell’impero esistono norme per la professione di
un’altra fede.

LA SPAGNA
LA RECONQUISTA

Il tentativo di riassettare l’assetto geopolitico che ha avuto origine nel continente euroasiatico è ora necessario a causa
della conquista dei vari continenti. I portoghesi hanno costruito l’”estado da India”. Di pari passo con i portoghesi e in
contrasto con loro nasce l’impero spagnolo. Dal XIII secolo si innesca la sanguinosa battagli atra i sovrani spagnoli e i
califfati arabi (questo periodo è chiamato “reconquista”); parte dalle province settentrionali per arrivare al califfato di
Granada all’estremo Sud. È un processo centrale nella storia della Spagna e che si muovono all’interno di una cornice di
tipo crociato, quindi antimusulmano. I segni eh anticipano questo periodo sono chiarissimi: nel 1449 vengono emanati
i primi statui, quindi leggi, che vietano ai discendenti di musulmani ed ebrei di accedere a cariche pubbliche,
insegnamento universitario. A metà ‘400 si forma il nucleo di una legislazione proto-raziale che ben rappresenta
questo momento di definizione ideologica di un nemico interno che diventano gli arabi, gli ebrei…
I regni di Castilla e Leon vengono uniti grazie al matrimonio tra Ferdinando d’Aragona e Isabella di Castiglia. Il
matrimonio termina una stagione di guerre civili e rivolte feudali e decidono di instaurare una magistratura con lo
scopo di scoprire gli ebrei dei quali non si è sicuri se hanno rifiutato la loro religione o no questa magistratura è
l’inquisizione spagnola. Nasce a fianco all’inquisizione romana e persegue le varie eresie e le deviazioni di tipo
spirituale, il cui capo è il re ed è composta interamente da ecclesiastici. Per fare ciò la magistratura spagnola riceve
dalla Chiesa l’approvazione. Esse diventa un braccio ideologico nelle mani della corona per perseguire i nemici di fede
che sono automaticamente anche reati contro il re. L’attività è da subito intensissima e si perseguono i “conversos”
(ebrei convertiti) e i “marranos” (musulmani convertiti) poiché si ritiene che nemmeno il battesimo possa cambiare il
sangue e perciò la fede. Questi processi terminano con un “acto da fe” e solitamente con il rogo. Essa è l’unica
magistratura eh ha competenza su tutti i territori e va anche a favore dell’economia in quanto i beni vengono
sequestrati.

31 marzo 1492 si compie la conquista di Granada, e alcune settimane dopo Ferdinando e Isabella emanano un decreto
con il quale si concede agli ebrei non convertiti l’alternativa tra l’espatrio o il battesimo. Le conversioni furono molte
ma in quella estate furono molti gli ebrei che decisero di fuggire verso il Portogallo o verso altre zone; questo
momento è ricordato come la prima grande diaspora degli ebrei sefarditi. Molti emigrarono nelle zone dell’impero
ottomano dove c’era una maggiore libertà di culto.
Alla fine dei decreti, la Spagna avrebbe dovuto ospitare solo cristiani, sia che lo siano da generazioni che appena
convertititi.

Sulla scia di felicità per la reconquista, a Cristoforo Colombo vengono affidati i mezzi per compiere il viaggio in America
(serve per conquistare ciò che i portoghesi stavano cercando e convertire nuove popolazioni; inoltre si pensava di
aggredire alle spalle gli ottomani venendo dall’Asia).

BOLLA “ROMANUS PONTIFEX”, NICCOLÒ V

Questa bolla permette a quelli che chiama gli intrepidi combattenti della fede cristiana di combattere contro gli infedeli
e di conquistarne i luoghi. Con una concessone estremamente larga permette ai portoghesi una larghezza
d’atteggiamenti. Ad un anno appena dall’inizio della conquista riconosce ai re cattolici il possesso delle terre scoperte e
da scoprire con lo scopo di convertirle alla vera fede.

LA CONQUISTA DELL’AMERICA

Nel 1494 portoghesi e spagnoli si accorderanno per tracciare la “raja” che serve per spartire Occidente e Oriente
concedendo ai portoghesi tutto ciò che era ad Oriente e agli spagnoli ciò che c’era ad Occidente. Ma il papa Alessandro
VI rivendica di essere lui il vero re del mondo come erede di Cristo.
Dopo il 1498, secondo viaggio do Colombo, inizierà la vera fase di conquista. È un’epoca spietata, i “conquistatores“
vengono dalla piccola nobiltà spagnola, gli “hidalgos”. L’esperienza della reconquista viene trasportata nella conquista
americana che non fu un’azione programmata da parte della monarchia ma l’esisto di una miriade di iniziative
individuali di poche persone e non autorizzate, alcune fallimentari mentre altre vittoriose. Le più importanti sono
quelle di Herman Cortes, conquistatore dell’impero azteco che non autorizzato parte da Cuba e sbarca a Veracruz, si
muovono verso l’interno fino a raggiungere quella che era la capitale e nel 1520 inizia la guerra interna alla città e nel
1521 si impadronisce dell’impero azteco, e la spedizione per la conquista dell’impero inca da parte di Francisco Pizarro
e Diego Armado, sono semplici hidalgos che nella loro vita hanno solo combattuto e grazie a finanziatori stranieri
riescono, con la seconda spedizione nel gennaio del 1531 quando Pizarro aveva anche ricevuto il benestare della
corona; il loro scopo era di arrivare nell’impero quando c’era una crisi dovuta alla lotta per il trono e nel 1533 Pizarro
entra a Kuzco, grazie anche all’aiuto dei nemici del legittimo imperatore e conquista l’impero quando riesce a
decapitare l’imperatore. Una delle ragioni che sembra controintuitiva per la facilità che gli spagnoli hanno avuto sta
nelle strutture centralizzate dei questi imperi in quanto il potere è centrale e se cade quello cade tutto, inoltre gli
spagnoli riescono a girare a proprio vantaggio questa centralizzazione in quanto risultano vittoriosi in battaglia e agli
occhi dei sudditi superiori ai loro vecchi padroni e degni del potere. Spesso queste popolazioni li accolsero come dei
liberatori da imperi spietati e la sostituzione degli spagnoli ai loro vecchi capi viene vista come una sostituzione ciclica e
naturale del potere.

Il modello spagnolo fu un modello di domi imperale che replicò il sistema di fatto usato dai re cattolici nella conquista
dei territori iberici. Uno degli effetti più nefasti fu l’abitudine della Spagna di organizzare dei vice regni e pensare a
processi di territorializzazione basata sulle città e gli spagnoli iniziarono a fondare città attorno alle quali costruirono
dei distretti amministrativi. Per fare il modo che le città venissero abitate e che tutti gli indios fossero accorpate sotto
delle entità amministrative, vengono emanate leggi. Gli spagnoli a differenza degli altri europei non riescono a
concepire le differenze tra le terre della madrepatria e le terre conquistate (non si usa la denominazione di colonie ma
sono Spagna, solo un po’ più lontana); si ha una immagine fortemente ispanizzante. Questa non concezione di diversità
porta ad una organizzazione centralizzata su Madrid.

La penetrazione spagnola deve essere divisa in 2 grandi segmenti di tempo:


1. Conquista libera che si autoalimenta (l’unica maniera per non venir accusati è il trovare l’oro); verrà ritenuta
troppo pericolosa dalla corona. Inizialmente si fondano le “encomendias”, territori abitati da indios che la
corona lascia ai conquistadores; in seguito la corona teme che le encomendias si trasformino in un regime
neofeudale molto sciolto, al limite dell’autonomia della Spagna e termina così la fase neofeudale
2. Nella seconda metà del ‘500 inizia una nuova fase in cu sono unzionari spagnoli a comandare e soprattutto i
funzionari religiosi. In centinai di religiosi arrivarono dalla spagna e ciò regala alla Chiesa la più grande
espansione, con il più veloce aumento di fedeli che sia mai stata registrata.

LA LEGITTIMITÀ DI POTERE SUI TERRITOTI CONQUISTATI E LA QUESTIONI DEL BATTESIMO FORZATO

La conquista si ritiene soprattutto una azione militare e che potesse venir riconosciuta da tutti grazie al riconoscimento
della superiorità; la conquista spagnola si svolge negli stessi anni in cui la Spagna di Carlo V si scontra con l’impero
ottomano e on le altre potenze cattoliche che vogliono provare la stessa espansione. Nasce uno scontro teologico e
giuridico che segue questo momento. I rivali dalla Spagna mettono subito in dubbio che loro abbiano l’autorizzazione
alla conquista e si aprì un dibattito enorme.
In un primo momento le bolle papali furono la risposta più immediata per dimostrare la legittimità di ciò che stava
facendo la Spagna; ogni atto terreno presupponeva un’origine divina: la venuta di Cristo sulla terra aveva annullato
ogni diritto di proprietà, siccome il papa è il vicario di Cristo, egli può dare la proprietà a chi voleva (gli infedeli non
avevano diritto sulle terre in quanto non glielo aveva dato il papa e quindi gli poteva venir tolto). Questa risposta
cominciò a essere contestata i quanto non si potevano definire gli americani degli infedeli, in quanto nessuno aveva
mai conosciuto quel mondo e loro non avevano mai conosciuto il messaggio divino. La questione si sposta poi dai
territori alle persone che lo abitavano che dovevano essere definiti (sono infedeli o no?).
Nel 1450 Bartolome de Lascasas interviene nel dibattito su richiesta di Carlo V, gira attorno al problema e afferma ceh
è necessaria una conversione pacifica di queste popolazioni.
Juan de Sepulveda compie un percorso opposto e mette come principale argomento a favore del dominio spagnolo
partendo da un punto di vista completamente diverso e argomentò contro Lascasas che gli indios non erano uomini
dotati di razionalità e perciò non avrebbero potuto ricevere il messaggio di Dio, asserì che gli indios erano dei barbari e
secondo una definizione aristotelica dei servi naturali (hanno dei requisiti di civiltà perché sono organizzati ma non
sono abbastanza evoluti come strutture organizzative per essere considerati al pari degli europei). Gli spagnoli allora
non hanno solo il compito di reprimere anche di civilizzare le popolazioni incontrate e il primo segno di questa
spagnolizzazione è il battesimo quindi legittima il battesimo forzato.
Perché era così importante l questione del battesimo forzato? Perché era una questione di assoluta attualità con i
moriscos e conversos. Il battesimo forzato è una “correctio fraterna” e fra gli indios e gli ebrei/musulmani non c’è
nessuna differenza.
Nell’ottica dei sovrani cattolici ciò che si stava perdendo in Europa con la riforma protestante (il potere come potenza
cattolica) si può acquisire in America.

LA RIFORMA PROTESTANTE
3 sono i fattori che hanno permesso all’Europa di conoscere sé stessa:
 Caduta di Costantinopoli
 Scoperta dell’America
 La riforma protestante
La frammentazione religiosa prosegue nel tempo e si deve perciò trovare altre forme di coesione diversa dalla
religione. La frammentazione religiosa fece il modo che gli europei si consideravano dei cristiani e consideravano la
propria comunità come universale, iniziarono a considerarsi sempre di più una civiltà particolare su modello classi.
La rottura religiosa è una rottura dell’Europa occidentale.

È intorno alla Chiesa che viene costruito il villaggio (case, cimitero…) ed è il posto dove i paesani decidono di trovarsi
per redigere i documenti pubblici, e da lì si diramano le strade; è la piccola chiesa di villaggio, come la grande
cattedrale, la base del villaggio europeo (è attorno ad esse che si sviluppano i municipi, le residenze del principe,…).

Fino all’inizio dell’età moderna la cultura è ecclesiastica e gli uomini di cultura sono uomini di chiesa e i libri sono libri di
argomento religioso o di temi religiosi. La chiesa è un’idea presente nelle quotidianità degli uomini. I tempi e i riti della
chiesa invadono quello che è il mondo dei laici, soprattutto attraverso i sacramenti (da sacramentum, ciò che è segreto,
ma al plurale indicano il complesso dei riti che introducono i fedeli alla vita nella Chiesa e nella cultura cattolicesimo i
segni visibili della grazia di Dio e permettono alle persone di entrare nella comunità dei fedeli) e nell’età moderna essi
definiscono non solo l’individuo in relazione alla religione ma sono anche dei riti giuridicamente ben codificati che
appartengono anche alla parte non religiosa della vita (es. il battesimo segna l’entrata della persona nella comunità di
fedeli ma anche nella comunità del villaggio) e definiscono lo stato religioso e civile (con il battesimo si veniva registrati
all’anagrafe). Essi sono dei “riti di selezione giudiziaria della comunità”.

La frattura all’interno della comunità cristiana era prevedibile in quanto i decenni tra il ‘400 e il ‘500 è un periodo
difficile per la popolazione e per la chiesa cattolica. È un passaggio di secolo millenaristico, in attesa della fine del
mondo e con paura. L’arrivo di un imperatore turco viene vista come l’arrivo dell’Anticristo.
Accanto a questa ondata di profetismo millenaristico si muove qualcosa anche all’interno della Chiesa cattolica che ha
vissuto una stagione florida dal punto di visa politico, con il papa che ha sia potere temporale e religioso (es. Giulio II, il
guerriero), in cui ci sono figure turbate da questo potere. Alla morte di Giulio II viene eletto Leone X, della casata dei
Medici, capace di rinnovare a Chiesa in caput et in membriis. All’interno della Chiesa romana si agitano sentimenti di
malcontento e ricerche appassionate di un cambiamento.

Una delle figure più importante è Erasmo da Rotterdam; egli è il più importante umanista europeo e a partire dalla sua
passione filologica e la necessità di ritornare alle origini del cristianesimo, quello dell’epoca di Pietro. Sembra una
ricerca distaccata, filologica, con la quale Erasmo riesce a far passare l’idea che la Chiesa si debba spogliare di tutte le
ideologie nate nel Medioevo, che la avevano resa una Chiesa sterile e trasformata in una macchina di persecuzione del
dissenso e dei suoi rivali.
Come Erasmo, anche altri personaggi di Chiesa importanti assecondano la sua idea di riforma ecclesiastica. Al 1513
risale il “Libellus ad Lionem Decimum”, scritto da due clerici della sua curia del papa, che lo pregano di liberarsi dai vizi
che corrompono la Chiesa cristiana e che nascono ad opera degli stessi religiosi; ciò che anche loro vogliono è un
ritorno ai comportamenti dei primi cristiani e chiedono di tradurre le sacre scritture dal latino al volgare.
Due concili (di Costanza e di Basilea) si dibatte sul fatto che il papa dovesse essere sottoposto al concilio o dovesse
diventare una Chiesa monarchica, nella quale il potere è interamente nelle mani del papa. La seconda posizione vince e
il papato diventa una monarchia ben organizzata e ciò renderà la Chiesa di Roma un modello di efficienza migliore di
tutti gli Stati europei. La Chiesa mette da parte le intenzioni originali e diventa uno Stato.
Queste critiche erano rimaste ristrette ad un ambiente intellettualmente alto ma poco partecipato e nessuno dei
protagonisti avrebbe osato mettere in dubbio l’autorità del pontefice o auspicare la rottura della Chiesa.
Per fare ciò era necessario un uomo del popolo che riuscisse a colpire l’opinione pubblica; quest’uomo era Martin
Lutero. In lui si esprimono le ansie religiose che nascono dalla sua professione (è professore di teologia in una regione
della Sassonia, Germania Nord-Orientale) e tenta di rispondere al bisogno della salvezza.
Lutero si converte dopo aver esclamato questa frase, alla vista di un fulmine molto vicino: Sant’Anna aiutatemi e io mi
farò monaco. In questa frase c’è una delle paure fondamentali che è quella della morte improvvisa e per lui la figura di
Dio è di un essere giudicante. Ciò che il credente necessita è di chiamare in aiuto un santo protettore, che è sant’Anna
(nelle Chiese della val Rendena troviamo accanto alle porte un santo sproporzionato, san Cristoforo, rispetto agli altri
che è il protettore delle morte improvvise, così si può vedere anche da molto lontano).
Lucas Cranch realizzò il dipinto dell’altare e quello sotto che è il giudizio universale nella piccola chiesa di Lutero; la
paura della salvezza eterna è la paura che lo angoscia come per molte altre persone, infatti i pellegrinaggi per
sant’Anna e san Cristoforo aumentano in questi anni.

Il pensiero luterano verrà esposto nelle sue 95 tesi e al suo cuore sta il pensiero che la salvezza degli uomini dipenda
essenzialmente dalla propria fede “sola fide” con accanto la “sola scrittura”. Egli è un grande umanista, e conclude il
suo percorso che non sono le azioni, quindi nel mondo materiale, dove l’uomo trova la salvezza ma nella fede; ciò è al
di furi degli schemi della Chiesa e di come la dottrina è arrivata a Lutero. Inizialmente esse dovevano essere motivo di
dibattito con gli altri professori universitari.
Scrive le tesi quando l’arcivescovo della sua regione aveva ricevuto da Roma la possibilità di vendere le indulgenze,
delle dichiarazioni sui quali era scritto che grazie ad una donazione in denaro la persona che acquistava le indulgenze
poteva conquistare per i propri cari scomparsi e relegati nel purgatorio una grazia che li avrebbe fatti arrivare alla
salvezza; la base cu cui la Chiesa può farlo è che la Chiesa ha un patrimonio di beatitudine che può amministrare come
vuole.
Per Lutero la pratica della vendita della salvezza non è una pratica presente nelle sacre scritture ma laica e deprecabile
e induce gli uomini che basti fare qualcosa per essere salvati in quanto la Chiesa può istituire degli strumenti di grazia.
Egli sposta completamente questa ideologia in quanto il suo Dio non guarda le opere, ma che perdona per sua propria
iniziativa nonostante siano dei peccatori e sceglie spontaneamente chi salvare e perciò non è possibile che la sua grazia
passi in altre mani. Solo la fede può rendere migliori gli uomini e noi non dobbiamo pensare che la nostra salvezza
derivi da ciò che facciamo quindi se le azioni non rendono una persona migliore, non la rendono nemmeno tutti i
rituali, quindi ciò che è “esteriore” all’uomo. Con ciò Lutero fa una tabula rasa dell’idea che la Chiesa possa
amministrare a vendere la grazia e la sua presenza è la conseguenza di un mondo sbagliato che viene dal Medioevo.
Ciò che fa Lutero è tagliare quella presenza istituzionale della Chiesa che si vede nei sacramenti, ne salva solo 2:
battesimo ed eucarestia.
In un attimo Lutero spinge via secoli di insegnamenti medioevali e la pratica dei sacramenti, e l’idea che la Chiesa abbia
un surplus di grazia. Esiste un rapporto molto stretto tra il Lutero politico e il Lutero teologo; egli è un uomo del popolo
e intuisce che la sua azione di teologo può avere delle ripercussioni enormi sulla società tedesca, che le accoglie come
se non stesse aspettando altro. Egli fa tradurre i suoi scritti in tedesco e li fa mettere sul mercato nelle forme più
disparate come gli “Flugschriften”, immaginette in cui c’è un’opposizione tra il Cristo e l’Anticristo che viene
identificato con il papa. La maggioranza dei libri stampati in Germania diventano le opere di Lutero, quindi una
propaganda su carta che ci comunica la sua capacità di utilizzare la stampa per creare pubblicità. Egli riesce a superare
grazie alla stampa quella piccola cerchia di intellettuali e si forma la prima idea pubblica rispetto a qualcosa. La praticità
di Lutero si ritrova anche nella su sensibilità politica in quanto egli comprende che il suo messaggio urterà la Chiesa e i
suoi alleati politici come l’imperatore Carlo V e altri principi tedeschi; egli verrà appoggiati da alcuni principi contrari
all’autorità imperiali e Lutero capisce che occorre rivolgersi ad una componente politica e raccoglie attorno a sé una
componente politica importante. A partire dagli anni ’20 troviamo un Lutero dedito alla vita politica, così da lasciare un
messaggio anche politico; nel 1521 scrive in un testo il suo pensiero politico, dove enuncia le 3 muraglie da abbattere
dietro le quali si trova la Chiesa: la superiorità del potere ecclesiastico rispetto a quello secolare (c’è un attacco
evidente al papa re), il diritto e la rivendicazione della Chiesa di poter interpretare le sacre scritture, il preteso potere
del pontefice di essere superiore al concilio e quindi di convocare i concili (la Chiesa come comunità di cristiani non può
tollerare che ci sia un vertice con la capacità di convocare i concili).

Un evento di questa portata non esiste in nessuno altro luogo.


Gli zar in Russia basano la propria potenza sul culto ortodosso
Per Solimano ha molta importanza l’unità dal punto di vita religioso all’interno del suo Impero e si ritiene l’incarnazione
di Dio sulla terra i quanto incarna in sé il potere religioso e temporale. Quando si formerà la Repubblica turca il sultano
resulterà anche il capo religioso.
Solo nel 1520 papa Leone X, nella bolla “Exurge Domine”, Lutero viene scomunicato. Nel 1521 l’imperatore Carlo V,
protettore della cattolicità nell’Impero tedesco, indice la dieta di Worms (dieta deriva da dies ed indicava il giorno
dell’imperatore) dove Lutero viene chiamato a rendere conto a ciò che sta dicendo con l’invito di spigare ciò che sta
dicendo e a ripudiare le sue convinzioni. Viene bandito dalla protezione dell’impero (la legge non lo protegge più),
verrà poi rapito per finta da alcuni uomini del principe di Sassonia e lì viene nascosto e protetto: questa protezione
principesca su Lutero è un segno di come inizino a entrare alcuni personaggi che decidono di proteggere Lutero e la
sua riforma.
Il moto protestante era inizialmente no regolato e su di esso si coagulano aspettative molto diffuse soprattutto tra i
contadini e tra il 1524 e il 1525 si da inizio ad un moto insurrezionale, sorto tra la condizione di sfruttamento e di forte
insoddisfazione e dall’alta la speranza data da un forte messaggio religioso. Viene interpretata dagli storici come una
rivoluzione del Gemaiderman (l’uomo della comunità) e in esso si rappresenta la maggioranza della popolazione, che
prende il Vangelo e lo adatta alle sue esigenze. La guerra si innalza tra le bande contadine (arrivano fino al Tirolo e la
Trentino) e mette in subbuglio tutti i principi, compresi quelli passati alla riforma, e Lutero interviene spalleggiando i
suoi protettori quindi i principi.

“Contro le empie e scellerate bande dei contadini”: in questa opera, Lutero invita i principi a sterminare i contadini e,
questa richiesta da parte di Lutero, dal punto di vista della teologica egli ha detto e scritto che il mondo della salvezza è
un mondo di fede, e ciò che il cristiano deve fare è credere nel Vangelo, in cui viene detto che bisogna essere soggetti
alla autorità (s. Paolo) e è il principe che qui ha l’autorità; chi gli resiste si macchia della ribellione.

I contadini verranno sterminati, soprattutto gli anabattisti (estremisti della riforma che mettono in dubbio la validità del
sacramento del battesimo; in questa maniera si mette anche in dubbio la funzione istituzionale della Chiesa). A partire
da questo momento la riforma diventerà una riforma dei principi, che si accingono a diventare come Enrico VIII. La
maggioranza dei principi riformisti sono soprattutto quelli sudoccidentali e la spaccatura viene istituzionalizzata quindi
viene formata la lega di Smalcalda e i principi iniziano una lunga e combattuta battaglia tra cattolici e protestanti.
I tentativi che tentano d comporre le differenze religiose ma non avranno fortuna. Durante i colloqui di Ratisbona,
Filippo di Melantone cerca con i cattolici una composizione teologica sui dogmi della fede.
Il fronte di unione si allontana in quanto da una parte abbiamo i principi protestanti molto coesi, e dall’altra Carlo V e
suo fratello Ferdinando I (è il “re dei romani”, successore di Carlo) che formano un fronte politico ma bisogna tenere
conto che il fronte religioso cattolico è dato dalla Chiesa di Roma che vede in ogni tentativo di pace con i protestanti
come una perdita della sua autorità. Nel 1546Cralo V e le armate cattoliche riescono a strappare una vittoria alla
Francia e ciò permette di muovere le truppe contro i protestanti, contraendo a Muhlberg una vittoria su di essi. Sembra
che Carlo V abbia la partita vinta e tenta una ultima disperata soluzione facendo scrivere ai suoi teologi un testo che
chiede ai protestanti di introdurre il cattolicesimo nelle terre conquistate e concede a loro il matrimonio tra i sacerdoti,
il calice ai laici e altre sfumature teologiche che porterebbero ad un compromesso. Questo è l’ultimo tentativo di pace
ma fallisce perché il pontefice decide di non avvalorale (il papa è intimorito che Carlo V riesca a inserirsi nel Concilio di
Trento) e quindi il conflitto riprende. La guerra si scontra con la sensazione che le forza in gioco siano simili e la
soluzione finale sia una guerra senza fine.
Nel 1555, Carlo v è ormai sfinito dalle lunghissime guerre e decide di abdicare; prima di fare ciò però concorda un testo
di pacificazione che viene ratificato ad Augusta che dal punto di vista strategico militare congela una predominanza
protestante a sud-ovest e cattolica a nord-est; riconosce inoltre che, per un bene più altro che è la pace, i contrasti
religiosi devono tacere e al loro posto, in nome della stabilità, e venire accantonati (tutto ciò lo fa con il supporto di
Ferdinando I che lo succederà). La ragione sottostante è di accettare pubblicamente che esiste una regione d’Europa
dove due confessioni religiosi possano vivere, andando contro l’idea del pontefice. Dopo la pace di Augusta il territorio
tedesco passerà al fratello mentre la Spagna e le conquiste passa al figlio; nasceranno così 2 diverse dinastie
asburgiche.

CALVINO E LA CHIESA PROTESTANTE

Perché in Europa troviamo questa frattura?


Inizialmente ciò nasce da una insoddisfazione del fedele Lutero nei confronti della Chiesa di Roma.
Per come essi evolse sono necessarie alcune condizioni che possiamo individuare al di là della sfera religiosa.
Dopo di lui la Riforma si diffonde velocemente e arriva nei vari Cantoni e in particolare nel Cantone di Huldrych Zwingli
in particolare. Egli fa tabula rasa dei sacramenti in quanto essi sono solo dei segni e ciò che importa è solo la lettura
della Bibbia e la riflessione. Nasce una piccola guerra tra cantoni cattolici e cantoni che hanno aderito alla riforma.
Durante una di queste battaglie il cardinale muore ma lo zwinglismo resta solo nei cantoni svizzeri di lingua tedesca.
Molta più fortuna avrà il culto che porterà Calvino (era un esule francese, mandato via per ragioni religiose) a Ginevra
dove fonda la chiesa elvetica-ugonotta (ugonotti sono i cattolici passati alla riforma, e il termine sembra derivare da
una torre dove si riunivano per sfuggire alle persecuzioni o dal termine francofono che indica le persone riunite). Al
contrario di Lutero, Calvino sviluppa una dottrina molto rigida della predestinazione: secondo lui Dio predetermina ciò
che accadrà gli uomini. Egli fonda una Chiesa di eletti in cui il motto è se Dio è con noi chi sarà contro di no, in cui la
predeterminazione funziona come un qualcosa che porta ad agire e tutto ciò che succede è parte di un’opera di Dio
quindi noi adempiamo alla grazia di Dio e così dimostriamo di essere tra gli eletti.
Ciò che è necessario è che tutti agiscano seguendo le scritture, anche dal punto di vista politico.
Quando il calvinismo si diffonderà in Francia è una religione urbana (si insedia soprattutto nelle città).

LA CHIESA ANGLICANA

In Inghilterra la politica si impadronisce della religione e il fatto che il campo di stato sia anche capo della religione lo
dimostra. Ciò che porta alla separazione è un motivo privato per cui il re voleva divorziare dalla moglie ma la Chiesa
cattolica non glielo permette. È una mossa apolitica che mette nelle mani dello Stato i possedimenti della Chiesa
diventandone capo. Inizialmente molte cose restano simili a come sono nella Chiesa cattolica ma ci sono alcune
innovazioni (i preti si sposano e le scritture vengono tradotte). Solo nel tardo ‘500 la Chiesa anglicana subirà altri
cambiamenti più riformanti.

Alcuni studiosi sono arrivati a formare una tesi che si distacca dall’idea d’una riforma religiosa e secondo loro anche
senza Lutero l’unità medioevale della Chiesa era destinata a rompersi (aunque si Lutero non dauretu) in quanto
l’appropriazione politica da parte dei principi della riforma è un processo già avviato precedentemente e avrebbe
innescato un meccanismo che la protesta di Lutero avrebbe solamente fatto esplodere. Il lato non ironico ma
inaspettato è che nel momento in cui questi principi misero da orate la Chiesa di Roma e diventarono tanti capi di
Chiese locali, si accorsero che il potere di essere obbediti anche come capi religiosi era un potere di inestimabile valore
(oltra ad approfittare delle ricchezze della Chiesa si può approfittare del controllo religioso sui suoi sudditi).
Il successo della riforma protestante e di tutte le riforma che nacquero da essa dipesero dalle istituzioni politiche di
questi Paesi e diedero alla Chiesa di Roma un aspetto più frammentato.

LA PARTICOLARITÀ POLITICA DELL’EUROPA


Saggio di Marco Pellegrini: il 6 maggio del 1527, i soldati reclutati da Carlo V entrano a Roma, il papa fa appena in
tempo a mettersi in salvo a Castel Sant’Angelo. Per mesi ci sarà un massacro della popolazione romana fatta
dall’esercito composto da popolazioni di varie nazionalità. Il sacco di Roma servì anche per autofinanziare le truppe che
da mesi erano senza paga. I lanzichenecchi (fanteria tedesca agli ordini di Carlo V) sono alla ricerca di ori e gioielli. Circa
30000 persone muoiono durante il periodo del sacco di Roma. Questa azione militare finirà a causa della peste che fa
ritirare le truppe.

È un evento che scuote la cristianità e viene interpretato secondo un’ottica provvidenziale quindi è un’azione per pulire
Roma dalle sue nefandezze. Con l’auspicata cattura del papa sarebbe finita la natura temprale del suo potere e
avrebbe fatto convocare al papa un concilio per riparare la frattura tra protestanti e cattolici. Ciò che si imputa al papa
è di aver trasformato la Chiesa in uno Stato (è il perno attorno a cui ruotano gli altri Stati italiano) e di essere diventato
il capo di una corte lussuriosa che dirige la politica dalle Alpi al mediterraneo (infatti dopo il concilio di Basilea la Chiesa
si è trasformata in uno Stato potente in cui il suo capo si è trasformato nel prototipo del monarca che assorbe anche i
poteri spirituali).

Nelle guerre d’Italia tra le varie coalizioni abbiamo sempre uno stato centrale che è quello della Chiesa e due imperi
che se la contendono (Francia e Spagna, si unirà poi l’Impero asburgico).
Nel 1494 iniziano le guerre d’Italia, quando il re di Francia Carlo VIII penetra in una velocissima invasione da nord verso
la conquista di Napoli (finiranno ne 1559). Vengono ricordate come l’inizio della dominazione straniera sull’Italia
(soprattutto dagli scrittori del’’800 come Manzoni) e l’inizio di un periodo di decadenza. Questa idea nasce dal fatto che
l’Italia, nonostante la divisione in piccoli Stati, sia una unità nazionale. È una lettura anacronistica i quanto non c’è
nessuna idea di nazione italiana nella mente degli italiani di quel momento.

Bisogna rivoltare questa lettura e partire con la considerazione che la eterogeneità non è un’eccezione italiana ma la
norma in un continente europeo che è in questo momento una sorta di caleidoscopio di territori piccoli e grandi frutto
della disintegrazione dei grandi imperi medioevali. È una caratteristica rivoluzionari che risalta in confronto ai grandi
imperi orientali dove domina sul lungo periodo una stabilità di fondo.

Il vecchio continente è un contenitore di varie forme di territorialità e di politica.


Il Sacro romano impero è una eccezione i cui un territorio più grande è diviso in piccoli staterelli governati da principi,
in cui viene eletto l’imperatore.
Altra eccezione è la confederazione polacco-lituana che è una grande repubblica nobilitarla aristocratica.

Già nell’Europa dall’ora vediamo nascere quelle che diventeranno delle monarchie “nazionali” (come in Spagna,
Francia, Inghilterra), vengono alla luce delle congregazioni territoriali accentrate attorno ad un unico sovrano. Ciò che
colpisce è che la situazione europea sia composta da grandi regni e minuscoli, ci sono re, imperatori, repubbliche, città-
stato (es. il principato di Lucca) ma tutti hanno la facoltà di esercitare la propria autorità. Questa è l’Europa “dei mille
re e delle diecimila repubbliche”.
In ogni caso è improprio parlare in questo momento di Stati nazionali intesi come quelli del ‘900.
La storia europea è una storia di dinastie che lottano tra loro per crescere e formare territori sempre più vasti
governati da un’autorità centrale.

Le guerre d’Italia segnano le grandi monarchie nuove (Francia e Spagna) che si stavano contendendo la supremazia
europea. Accanto a queste monarchie nuove che avanzano, le piccole potenze italiane devono ritirarsi; ma l’Italia non
è l’obbiettivo, è solo uno spazio per arrivare all’impero ottomano.
Ci si trova in un momento in cui la vecchia unità territoriale medioevale si vuole ripristinare.
L’arrivo delle guerre europee in Italia provoca degli sconvolgimenti e crea un senso di improvvisa inadeguatezza. Di
fronte a questi scontri ci si sente impotenti.
Questa fase di trasformazioni porta un senso di inadeguatezza da parte d chi pensava di essere il cuore della civiltà
europea è l’occasione per mature alcune riflessioni che portano (soprattutto Macchiavelli) alla idea che sia necessario
elaborare un’etica di comportamenti che tenga conto di ciò che si credeva prima e di ciò che era accaduto.

Niccolò Macchiavelli, “Il Principe”: in questa opera c’è un continuo passare tra essere e apparire e si parla di cosa deve
fare e di che qualità deve avere il principe.
Cap. 15: essere ed apparire sono le categorie sui cui si basa questo brano. Un principe è buono se sceglie la verità e no
la semplice apparenza. Questa è una distanza morale tra chi pensa la bene comune e chi solo al proprio bene.
Il suo interesse è la creazione di principi nuovi. Valentino, figlio del papa Alessandro Borgia, riesce a creare un
principato ex novo solo con la propria forza; Macchiavelli parlerà di questo e soprattutto della forza che egli usa per
crearlo ma non lo descrive come un principe tiranno e c’è quindi una spinta in avanti delle categorie di governo. È un
principe sconosciuto alla dottrina scolastica di quel tempo. Con le metafore con gli animali egli giustifica il
comportamento dei nuovi principi a causa delle invasioni a cui l’Italia è sottoposta e che la cultura sta cambiando con
l’accantonamento delle idee medioevali. Un nuovo significato lo assume anche la parola stato (da status, qualità di un
individuo) che grazie alla scoperta del diritto romano inizierà a indicare le qualità di un sovrano (è lo status regii) e poi
gradualmente si intravede un processo di astrazione del termine e si parla di un felix status regiis, la condizione felice
della città; la parola stato indicherà sia le qualità di una città che il tipo di regime. Nelle sue opere si possono vedere
processi di concentrazione politica che gli stati subiscono, in quanto si è assistito ad un progressivo accentramento del
potere. I principi non si trasformeranno mai in zar russi ma la compattezza degli stati deriva anche dall’accentramento
del potere.

“LA GUERRA HA FATTO GLI STATI E GLI STATI HANNO FATTO LA GUERRA”

Un peso molto forte lo giocheranno anche le guerre. Guicciardini si accorgerà che non è tanto la presenza di sovrano
stranieri a fare la differenza con il passato ma sono proprio le guerre che sono diverse in quanto sono diventate veloci
e violentissime. L’impetuosa distruzione esprime un arretramento delle tecniche militari e il poco potere che ha una
piccola monarchia di confrontarsi con un impero. Si inizia inoltre ad usare le armi da fuoco che sono una dimostrazione
di forza per i grandi nei confronti dei grandi Stati italiani. Le guerre diventano più sanguinose, moderne e anche più
numerose. Gli stati nascono sul sangue dei campi di battaglia e la macchina della guerra mette un moto un circolo per
cui più guerre si fanno, più tecniche e forze si devono mettere in campo e per fare ciò è necessario un maggiore
accentramento. Le guerre inoltre si trasformano anche in guerre d’assedio e si richiedono delle maggiori fortificazioni.
Nasce una rivoluzione che ha influenza sull’intera vita politica e inizia nel momento in cui gli europei riescono a portare
sulle navi le armi da fuoco; con la loro introduzione si cambia l’architettura delle navi (prima ci sono le galee, simili a
quelle romane) che diventano più alte, tondeggianti, mosse dalla velatura. Quando la flotta italiana vince a Lepanto è
solo perché è dotata di navi con armi da fuoco a bordo; le navi portoghesi sono le sole che possono munirsi di cannoni
e così il Portogalli può mantenere la supremazia sul commercio.
Alzandosi il numero delle guerre si accrescono anche le conoscenze tecniche.
Macchiavelli ci dirà in un altro passo del “Principe” che il re di Francia disarma i suoi sudditi per poterli governare
meglio; il re in questo senso riconduce a se il monopolo della violenza quindi la guerra ha fatto gli stati sia dal punto di
vista esterno che da quello interno(è il re che decide quando devo esserci le guerre in quanto diventano guerre solo dei
re), diventando una guerra pubblica governata da leggi.
I CONFLITTI DI RELIGIONE
1559 (anno di morte di Enrico II, re di Francia, e nasce uno dei 3 grandi conflitti europei) -1648 (paci di Vestfalia)
Con la capacità di creare lacerazioni profonde, essi sono particolari della storia europea. Sono sempre anche politici.
Si ha una guerra di religione quando la fede serve a rendere la guerra un “bellum iustum”; la religione è una
giustificazione. Si possono vedere come guerre di religione anche la caccia alle streghe e la cacciata dei moriscos.
Questo è uno degli avvenimenti più sanguinosi della storia moderna.

Nel 1559 parte il conflitto francese contro gli ugonotti; finisce nel 1598, editto di Namt.
Il secondo nasce nelle fiandre spagnole. 1668-1748, si oppongono l’istanza governativa cattolica e la popolazione
calvinista, che divampa dopo una terribile repressione spagnola (è una guerra tra Nord e Sud).
Il terzo è quello del Sacro Romano Impero. Si produce una coda dei conflitti di religione che si pesava finiti con la pace
di Augusta. Viene chiamata guerra dei 30 anni, 1618-1648.
Il confronto tra calvinisti e il regno di Spagna con il riconoscimento delle provincie unite d’Olanda a Nord, che sono
calviniste, e a Sud le province cattoliche che rispondevano alla Spagna.

IL CONCILIO DI TRENTO

Il concilio di Trento è uno dei luoghi e dei periodi in cui si cerca un rimedio al protestantesimo. Si apre nel dicembre del
1445 e si chiuderà inizialmente nel 1447, dopo la sconfitta dei protestanti da parte di Carlo V; si riapre nel 1551 e
chiuderà nel 1552. Nel 1562, gennaio, si riapre e si chiuderà nel dicembre del 1563.
È la risposta cattolica (è un concilio di mediazione e compensazione delle differenze teologiche per Carlo V; per la
Chiesa è il momento più combattivo che serve per affermare di essere la depositaria della vera fede cattolica) al
protestantesimo.

Decreto sul peccato originale


Si mette in luce la natura di un uomo inesorabilmente macchiato dal peccato originale per cui serve una Chiesa che
sappia accompagnare l’uomo e compensi la debolezza dell’uomo.

Decreto sulla giustificazione


È una affermazione antiprotestante e alcuni cardinali che erano dalla parte dei moderatori si finsero malati pe non
votare questo decreto. Si forma una rottura tra una parte della Chiesa intransigente (soprattutto cardinali italiani) e la
parte meno intransigente. Lo sforzo dell’affermazione dell’autorità e di disciplinamento delle coscienze è l’obbiettivo
dei padri conciliari.

3 anni prima dell’apertura c’era una premonizione sulla possibilità di un concilio, quando, nel 1542 si istituisce a Roma
la congregazione del sant’uffizio dell’inquisizione romana. Prima l’inquisizione era affidata ai domenicani; ora diventa
una congregazione cardinalizia quindi un ministero papale. Essa è subito “il braccio armato” della Chiesa, e si insedia
dappertutto; si occupa di reprimere i reati di fede e di bloccare la pubblicazione della Bibbia in volgare, controlla il clero
(alcuni dei più importanti processi sono istituita a carico di importanti cardinali), scrive l’indice dei libri proibiti, nel
1555 è l’inquisizione a spingere il papa a aprire il primo ghetto dove segregare gli ebrei; le iniziati diventeranno a tutto
campo e non è un caso che alcuni dei più importanti papi (es. papa Paolo IV, papa V, papa Sisto V) sono stati prima capi
dell’inquisizione.

Il termine controriforma è degli storci protestanti della seconda metà dell’’800 con un accento polemico.
Negli anni ’60 del ‘900 nasce una nuova idea della reazione cattolica giudicata non così oscurantista come la volevano
gli storici prussiani, ma vista come un tentativo di eguagliare la Chiesa cattolica con quella protestante in maniera
positiva e nasce il termine di riforma cattolica: in questa maniera il concilio di Trento diventa un’opera di
miglioramento della Chiesa cattolica.
Oggi gli storici riconoscono che in questo momento di aperta battaglia tra credo religiosi, le differenze tra cattolici e
protestanti non furono così profonde da far parlare di 2 modelli diversi. Perciò spesso gli storici usano come concetto
“età confessionale”: con il termine confessione si vuole alludere al processo attraverso il quale le convinzioni di fede
delle singole persone e le istituzioni religiose sono state sempre più penetrate dall’azione di controllo delle istituzioni
politiche (si parla di confessione quando si parla di un credo religioso quando il credo diventa statale e politico).
Appare chiaro a molti osservatori (i “politici”, gruppo di uomini molto trasversale) che le guerre di religione possono
essere degli elementi di contrasto tra partiti e di disgregazione totale tra le monarchie (è durante la guerra di religione
francese che si assiste ai primi tentativi di trovare una soluzione ai problemi di carattere politico). La vicenda francese
che ci mostra che l’aurea di sacralità religiosa non è più abbastanza per proteggere il re; la religione si sviluppa così in
maniera contraria cioè con la finalità di distruggere la Chiesa. Sono proprio i calvinisti a portare avanti questa idea con
anche l’introduzione di una visione monarcomaca (legittima uccisione del re) che farà scoppiare le guerre e poi dalla
Francia verrà ritenuta troppo distruttiva.
Enrico IV (era calvinista, quando è diventato re diventa cattolico) adotta un modello di pacificazione religiosa diverso
da quello di Carlo V, in cui lascia ai calvinisti luoghi dove possono esercitare la propria fede. Dalla Francia procedono e
si stabilizzeranno nell’Impero Germanico. Qui nascerà il conflitto e sarà particolarmente distruttivo i quanto ai motivi
religiosi si mescolano ragioni politiche. In seguito, si allargherà ed è nato da un difetto della pace d’Augusta che aveva
lasciato in una condizione non definita i calvinisti (diffusi soprattutto nelle aree orientali come Rumenia, Moravia e
Ungheria). L’insurrezione dei calvinisti boemi porta alla defenestrazione di Praga (è il rifiuto dei sudditi di assoggettarsi
alla potenza cattolica) e poi all’accordo tra i vari calvinisti germanici che porterà alla guerra. So concluderà con le paci
di Vestfalia (primo grande incontro diplomatico); è una pace religiosa che riconosce l’indipendenza delle province unite
d’Olanda e è la prima volta che si riconosce una confederazione repubblicana un potere sovrano europeo uguale alle
monarchie. L’appello a Dio per rendere la guerra giusta era diventato un elemento deteriorante per gli assetti politici
per non essere eliminato e viene dichiarato formalmente rimosso; ciò eliminò l’elemento destabilizzante per
eccellenza e attraverso ad una serie di accordi diplomatici la religione viene neutralizzata come motivo di guerra
quando si mette per iscritto che dal 1624 gli appartenenti alle confessioni riformate hanno il diritto di professare il
proprio credo anche se non è il credo del proprio signore e avranno la libertà di recarsi nei propri luoghi di culto. Ciò si
sancisce con il consenso di tutti e il pontefice scomunicherà tutti i firmatari della pace in quanto è assolutamente
contro l’ideale della Chiesa cattolica. Viene detto in questi accordi che la sicurezza interna gli Stati è un bene superiore
alla religione e il principio a cui tutti devono prestare fede e gli stati devono garantire questa pace.
Altra conseguenza è che se gli Stati vengono considerati uguali nonostante le differenze religiose e la potenza.
Questo vuol idre entrare in una età confessionale con il significato posporre le differenze religiose ad una sicurezza
interna. Con i trattati di Vestfalia si entra in una società occidentale più disciplinata e riguarda anche lo sforzo di
maggiore ordine che è prodotto dai contrasti di religione e si pone all’interno dei singoli Stati.

IL MATRIMONIO E IL RAPPORTO CHIESA-SINGOLI

Importante è il tema della famiglia per la religione e cambia. Ciò che è importante è l’interesse sociale e non esiste
nessuna sanzione religiosa del matrimonio, l’importante è la riconoscibilità pubblica che sia avvenuto (alle volte basta
anche solo la promessa). La Chiesa ritiene il matrimonio un sacramento ma di fatto la benedizione di un sacerdote non
è ritenuta una necessità; essa adotterà un atteggiamento antiautoritario e la cosa importante è il consenso delle
persone e di fronte all’atteggiamento medioevale si limita ad osservare che esistono istanze superiori alla Chiesa stessa
e, pur ritenendo il vincolo matrimoniale un sacramento, non entra nell’agone giudiziario dei matrimoni. È una
situazione indeterminata in cui si lasci fare e sono le consuetudini a regolare questo aspetto della ita degli uomini con
premesse implicite:
 Collocazione della donna e la sua condizione di persona fragile dal dal punto di vista giuridico che viene
esercitata prima dalla famiglia e poi dal marito.
 Essa è il pegno che vien scambiato ed è tale solo se il corpo della donna è un oggetto puro. La verginità è un
pegno di scambio anche per la formazione di alleanze tra le famiglie. Si dice che la donna sia l’inizio e la fine del
matrimonio in quanto la donna non ha nessun effetto sulla componente giuridica ma è attiva dal punto di vista
biologico; il matrimonio è giuridico oltre che biologico però il figlio sarà parte della famiglia e non della donna
quindi lei non ne ha alcun diritto
 È un atto consensuale ma essendo la donna fragile, deve appartenere alla famiglia nella quale entrerà.

La riforma di Lutero indirizzerà i matrimoni verso un mondo più uniforme ma per lui il matrimonio non è un
sacramento; non per questo, anche per Lutero il matrimonio non deve perdere la sua funzione sacrale. Sia in terre
cattoliche che protestanti si ritine che il matrimonio deve venir regolarizzato. Se quindi le istituzioni religiose non
devono occuparsi del matrimonio, lo faranno quelle civili.
La Chiesa ribadirà poi che il matrimonio è un sacramento indissolubile e serve a indirizzare degli istinti negativo (la
sessualità) verso una regolamentazione. Essa non viene mai meno al fatto che il matrimonio non sia un’intenzione dei
singoli ma accentua la sua presenza. Il canone conciliare si pone sulla stessa linea di ciò che hanno fatto i protestanti
cioè di creare un collegamento tra le norme della Chiesa e i singoli fedeli, e non è più un rapporto familiare ma dei
singoli, eliminando le mediazioni che vengono dalla struttura delle famiglie.

Tutto ciò avviene in una congiuntura di crisi e situazioni avverse (es. piccola glaciazione che rovinò i campi) che è però è
anche contraddistinta da una riconfigurazione degli aspetti politici e geografici.
Il primo riassetto è quello occidentale, caratterizzato dalla fine dell’egemonia spagnola e ci consegna 2 attori
importanti: la Francia e l’Inghilterra, che dalla metà del ‘600 furono in rapida ascesa con anche una scelta coloniale
inglese che formerà un grande impero di mare.
L’altro polo è quello orientale con il declino di 2 grande potenze: il regno di Svezia e di Polonia-Lituania, e l’ascesa
dell’Impero russo.
Si viene così a creare un assetto duraturo che si espande verso una dominazione di tipo coloniale ampio.

L’EUROPA DEL ‘600


Tutto ciò avviene in una congiuntura di crisi e situazioni avverse (es. piccola glaciazione che rovinò i campi) che è però
anche contraddistinta da una riconfigurazione degli aspetti politici e geografici.
Il primo riassetto è quello occidentale, caratterizzato dalla fine dell’egemonia spagnola e ci consegna 2 attori
importanti: la Francia e l’Inghilterra, che dalla metà del ‘600 furono in rapida ascesa con anche una scelta coloniale
inglese che formerà un grande impero di mare.
L’altro polo è quello orientale con il declino di 2 grande potenze: il regno di Svezia e di Polonia-Lituania, e l’ascesa
dell’Impero russo.
Si viene così a creare un assetto duraturo che si espande verso una dominazione di tipo coloniale ampio.

INGHILTERRA
Secondo gli studiosi nasce qui un’altra guerra di religione tra il protestantesimo (la guerra di Stato) e il cattolicesimo. A
causa dello scisma anglicano viene attraversato un periodo di grande crescita e di crisi del vecchio sistema feudale,
riconoscibile nelle prime esplorazioni (c’è una proiezione coloniale già con Elisabetta I) e nella crescita economica che
porta ad una crescita esponenziale delle città. Grazie allo sviluppo tumultuoso ed economico vengono rafforzati i
traffici con le aree baltiche e diventa sotto Elisabetta I una potenza più forte rispetto al passato. Alla sua morte si
verifica una crisi dinastica; con lei si estingue la dinastia Tudor e viene nominato re Giacomo I Stuart, già re di Scozia.
Egli cerca di impiantare un nuovo modo di vedere la monarchia e quindi una nuova maniera di far agire le leve del
potere.
Da tenere presente è che l’Inghilterra è un regno composito al quale, oltre alla parte centrale della Gran Bretagna, ci
sono la Scozia e l’Irlanda che godono già di una certa autonoma.
Giacomo I era già scappato dalla “congiura delle polveri” e da ciò nasce la sua idea di distruggere ei suoi nemici e
centralizzare il potere, riducendo le competenze del Parlamento (formato dalla camera dei Comuni e dalla camera dei
Lord; esso aveva rappresentato un contrappeso al potere monarchico). La sua idea si scontra però con la resistenza
fatta dal Parlamento. La diatriba si inasprisce a causa di motivi di carattere religioso; inizialmente la Chiesa anglicana è
molto simile alla Chiesa cattolica, e non è ancora completamente scissa. Si formano dei gruppi di dissenzienti tra i quali
si afferma il gruppo dei puritani (il suo scopo era di purificare la Chiesa anglicana dalle connessioni ancora t troppo
evidenti con la Chiesa cattolica).
Prima di Elisabetta I ci furono dei tentativi di avvicinare la Chiesa anglicana al modello delle Chiese protestanti. Ciò
successe però in un periodo molto particolare pieno di tensioni tra la matrice protestante e la matrice cattolica (regni
di Edoardo I e Maria I).
Con l’ascesa di Giacomo I, ma già con Elisabetta I, tutto ciò deflagra nelle ideologie protestanti e diventa più pericolosa
quando in Scozia progredisce in maniera spontanea il calvinismo. La Scozia calvinista diventa tale poiché è un regno
dotato di forti economie e favorisce il trapiantarsi dei calvinisti.
Dall’altra c’è l’Irlanda che è rimasta un’area fortemente cattolica.
La controversia esplode quando diventa re il fratello di Giacomo I. Il problema dei focolai di guerra si mostra quando
Carlo I, che seguirà la politica centralizzata del fratello; ma nel 1638, a causa delle incomprensioni religiose e per
ragioni politiche esplode il contrasto tra i membri della Chiesa calvinista scozzese, che vogliono confermare le loro
posizioni politiche e religiose. È una Chiesa con una struttura di tipo comunitario e presbiteriano quindi molto simile a
quella cattolica.
1641, l’Irlanda cattolica dichiara uno stato di autonomia religiosa e quindi di guerra nei confronti della monarchia
anglicana. I nuovi proprietari inglesi avevano estromesso i vecchi proprietari irlandesi, ma nonostante ciò l’Irlanda
resta una terra a maggioranza cattolica.
Ciò crea dei focolai di lotta religiosa che si sovrappongono a quelli di carattere politico.
Il problema di questi focolai d guerra esce quando Carlo I deve farsi aiutare dal Parlamento dove all0interno si trova la
gentry, profondamente schierata con i puritani, per ricevere aiuto per combattere i puritani ma il Parlamento rivendica
il suo potere di guidare l’esercito. La guerra di religione si trasforma in una guerra civile con un Paese spaccato in 2: da
una parte Carlo I che cerca di controllare il Nord-Ovest del Paese, mentre il Sud-Est e Londra sono in mano ai puritani.
L’esercito del Parlamento si organizza e sceglie i propri leader tra i quali Oliver Cromwell (intelligente capo militare e
grande uomo politico, esponente della gentry inglese) che riesce a organizzare in maniera ottimale il New Modern
Army (esercito di reclutamento territoriale e nato da una forte identità religiosa), detto anche “delle teste rasate” per
differenziarsi dagli uomini con le parrucche quindi gli aristocratici. Tra il 1644 e il 1645 esso sconfigge l’esercito del re e
lo imprigionano. Verrà inizialmente dato ai ribelli scozzesi e tra il 1648 e il 1649 si arriva al processo di Carlo I (è la
prima volta nella storia europea che un re viene processato). Finirà con la condanna a morte del re.
È importante osservare il modo con cui il pubblico accusatore mette sotto processo l’autorità dal re con una arringa
finale in cui viene tirata in gioco una vecchia legge per i traditori del re. Il parlamento definirà il re la testa del
Commonwealth ma egli ne è l’anima, attribuendosi questo titolo il parlamento si pone in condizione di superiorità
rispetto al re, quindi l’unico che capisce il perché il corpo sta male e la risposta è proprio nel re. Se il corpo fisico si è
comportato in maniera tiranna, è proprio uccidendolo che si potrà salvare l’Inghilterra e la parte spirituale del re.
Attraverso questa divisione tra corpo mortale e spirituale (che è la nazione) e varie istanze politiche e dottrinali che gli
si attribuisce la decapitazione. Uccidendo il re, la corona sarebbe passata ad un altro corpo e ad un altro potere. Il
Commonwealth divien repubblicano con Cromwell come protettore del Commonwealth
Nasce la rivoluzione gloriosa che segna uno spartiacque tra la storia moderna e Cromwell sale al potere.
Dopo la morte di Cromwell si avvia il periodo della restaurazione, in cui sale al potere Carlo II Stuart e poi il fratello
Giacomo II (sono però re cattolici adottano politiche molto indulgenti). Quando Giacomo sta per morire, il Parlamento
allontana il re (ha paura poiché gli succederebbe un altro re cattolico) e trasmette la corono alla figlia Maria, sposata
con un nobile olandese Guglielmo III d’Orange, e nel 1688 diventerà re.
I poteri sono squilibrati in favore del parlamento e si apre il periodo della rivoluzione gloriosa (la deposizione è formale
è non ci sono scontri militari); ciò segna uno spartiacque in quanto si assiste all’appropriazione i un potere politico da
parte di un collettivo e non di una monarchia. Si formano i primi partiti. La monarchia inglese si configura come il primo
caso di monarchia parlamentare e ciò la farà divenatre una potenza coloniale in quanto diventa una grande
organizzatrice dei traffici coloniali.

FRANCIA

È il modello dello Stato assoluto che non è mai riuscito a eliminare i poteri aristocratici. La Francia di Luigi XIV si
presenta come un potere territoriale assoluto e monarchico, antagonista all’Inghilterra. Se valutiamo gli sforzi di
questa monarchia ci appare con molti chiaro scuri. Lo sforzo di accentramento politico francese ha condizionato uno
sforzo di maggiore coesione sociale a non è mai riuscito a eliminare i vari poteri aristocratici. Nonostante questi sforzi
la Francia resta la potenza dominante in Europa ma l’assetto costruito da Luigi è un assetto fragile, dominato da una
politica di accentramento che lascia dietro di sé molte orze antagoniste che riusciranno a contrastare la politica del re.

RUSSIA

Tradizionalmente si è tentati di eliminare la Russia dalla storia europea (deriva dal post seconda guerra mondiale); ci si
renderà conto che la Russia è una potenza assolutamente europea e influenza il gioco di scontri dell’Europa anche s
mantiene una configurazione di potere altamente autocratico, ma altamente partecipe a ciò che succede in Russia.
Con Ivan IV inizia la sua espansione; nel 1614 alla fine del periodo dei Torbidi si insedia la dinastia dei Romanov. Ciò che
è importante osservare è la crescita incredibilmente veloce, attraverso tappe forzate tra la metà del ‘600 e la fine
del’800. La grande espansione ‘600 si muove verso gli Urali e la Siberia, che la Russia occuperà in maniera molto
aperta, e gli permetterà di stabilire rapporti commerciali con l’Oriente; altra linea di espansione è verso sud, Bielorussia
e Ucraina; poi verso Nord-Ovest, verso gli Stati baltici. È qui che avviene lo scontro più importante poiché l’area baltica
e poi l’area occupata dal regno di Lituania-Polonia, era stata dominata da 2 grandi regni (regno di Svezia e di Lituana-
Polonia). Con lo zarato di Pietro il Grande la Russia conquista la “finestra sul mondo”. La Svezia era stata una grande
potenza e prima di estrometterla, i russi si erano diretti nell’area ucraina e bielorussa tra il 1667 e il 1685 e hanno
occupato l’area di Kiev (molto importati dal punto di vista alimentare per il grano). Con l’espansione che concluderà nel
1685-1688 la Russia riuscirà a occupare l’aerea ucraina ma riuscirà anche ad aggregare l’area originale dell’ortodossia
slava. Kiev, capitale del patriarcato ortodosso, verrà occupata e assoggettata al patriarcato russo. Gli zar
approfitteranno di questa cosa in quanto riusciranno ad essere i protettori della religione ortodossa e di questa
religione faranno un elemento di coesione i cosacchi. La politica di assimilazione delle chiese ucraine e bielorusse sarà
molto forte. Gli zar imporranno una politica religiosa assimilazionista.
L’altra area di espansione importantissima è l’area baltica in cui avviene la grande guerra del Nord 1700-1721, che è
guidata da Pietro il Grande (è lo zar dell’occidentalizzazione russa, costruttore di san Pietroburgo), che approfitterà
dell’occasione per sconfiggere la Svezia, grande potenza commerciale del Nord. La guerra si apre con una vincita totale
di Pietro ma Carlo XII di Svezia tenterà di rinsaldare il suo potere. Nel 1709 l’esercito di Pietro consegue la battaglia
decisiva di Coltan.
Il potere russo si affaccerà ora sui porti che danno sull’Europa; questa è n apertura politica e commerciale che offre a
Pietro uno sbocco commerciale e l’opportunità di essere un imperatore europeo a tutti gli effetti.
C’è ora costruzione della società russa basata su una divisione in ranghi che fa sì che ogni aristocratico sia inserito ad
una tavola di servizio (per la monarchia). Si solidifica una grande potenza di terra che da un lato ha la possibilità si
espandersi verso Oriente ma può anche costituire il vero grande polo antagonista.

Dalla metà del ‘600 l’Europa sembra essere costruita da un blocco centrale e da due grandi Imperi periferici: da un lato
l’Inghilterra, che si muove in questa politica di costruzione di un impero di mare, e dall’altro l’Impero russo, una
monarchia autocratica sempre alla ricerca di nuove terre da conquistare e l’unico avversario della potenza inglese.

LA RIVOLUZIONE SCIENTIFICA

Hobbes è un grande filosofo politico conosciuto per le sue opere come il “De cive” e “Il leviatano” per la sua formula
homo homini lupus; egli immagina gli uomini come liberi che decidono da sé si assoggettarsi ad una autorità. Per uscire
dallo stato di natura, che per lui è un male, in cui tutti si combattono, decidono (è una decisone libera) di stringersi in
forme di aggregazione artificiali e viene stipulato un contatto.
Egli scrive in un contesto moto particolare che è quello della rivoluzione inglese; uno studioso, Hill, cercò di dimostrare
che tra le famiglie politiche più potenti si cercò di affermare una nuova visione della scienza per giustificare le loro
visioni politiche. Si forma così un sapere scientifico popolare, quindi al di furi delle accademie, e si crea un divario tra
scienza moderna e la scienza delle facoltà. Hill prende le opere di Bacon per sostenere le sue idee. In queste opere
Bacon argomenta che sarebbe stato possibili per gli uomini superare il peccato originale attraverso la scienza (è una
scienza utopistica e antireligiosa però sarebbe il fondamento per una nuova società).

Maria Pia Donato nel suo saggio fa riferimento al frontespizio dell’opera di Bacon in cui viene raffigurato un veliero che
sta per attraversare le colonne d’Ercole: rappresenta l’uomo pronto alle grandi esplorazioni, grazie alle conoscenze
determinate dalla scienza. Per lei l’uomo si appresta ad entrare nel futuro con 2 impalcature del passato (eredità
classica e tecniche) e due novità (stampa ed esplorazioni). Ci sono fattori endogeni ed esogeni, la crescita delle grandi
città, l’espansone coloniale, una maggiore circolazione di oggetti e informazioni; la stampa è quella che riesce a
raccogliere tutte le conoscenze e le riesce a diffondere, in modo da riuscire a fare una autopsia della natura.
Si affronta il rapporto delle Università e delle Accademie con le scienze.

Le università sono le eredità europee e non impartiscono una istruzione professionalizzate, sono corpi (formate da
corporazioni di docenti) che controllano l’insegnamento e il rilascio di titoli accademici ma in maniera libera e non sono
legate allo Stato; questa natura tradizionale si mantiene durante l’età moderna e resiste un primato degli insegnamenti
tradizionali (l’insegnamento principale è la teologia).
All’inizio del ‘6000 si affiancano alle Università le Accademie, che sono l’antidoto al conservatorismo. è lì che accade
uno slittamento delle discipline tradizionali a favore di materie come matematica e fisica, nonostante siano
considerate dalle Università come materie propedeutiche per le facoltà delle arti (es. medicina). Le Accademie sono il
posto giusto e vengono sovvenzionate dai sovrani. Dopo la guerra dei 30 anni, i sovrani propongono la creazione delle
Accademie e sono propensi di svolgere il ruolo di mecenati promuovendo la crescita delle scienze e allontanando dalle
università gli scienziati che sviluppa un’idea della scienza come un supporto utile alla progressione dell’umanità.

Si fa riferimento anche a Galileo Galilei, uno dei maggiori esponenti di questa epoca nonché uno dei maggiori scrittori
italiani. È toscano di nascita ma lavorerà anche a Padova dove stringe amicizie con la parte più anticlericale. Verrà poi
richiamato dal Granduca di Toscana a insegnare a Pisa.
Lavorerà come scienziato e il 1616 è l’anno in cui iniziano i suoi problemi con il clero. La congregazione dell’indice
(congregazione che si occupa di redigere l’indice dei libri proibiti) mette al bando il “de revolutionum orbium clestum”,
pubblicato del 1549 e dedicato al papa da Copernico. In quest’opera viene spiegato il nuovo paradigma eliocentrico
con una attenzione ai moti della Terra. Spiega che la Terra ha 3 moti: rotazione attorno all’asse, rivoluzione attorno al
Sole e moto di declinazione che riguarda l’inclinazione verso l’asse terrestre. La sua teoria venne discussa in maniera
molto approfondita e accettata dai protestanti ma no dai cattolici, in quanto la dottrina cristiana riteneva impossibile
che la Terra si muovesse per 2 ragioni:
1. La Terra era al centro del cosmo già dalle teorie aristoteliche
2. I corpi celesti erano formati da terra (1 dei 4 elementi aristotelici) e quindi la terra non si poteva muovere
poiché attraeva gli altri corpi (i corpi si muovono verso il luogo dove l’elemento che lo compone è
maggioritario ed è un moto rettilineo)

Per superare queste ideologie bisogna studiare sperimentalmente la natura del moto, creando delle leggi di tipo
matematico lasciando fuori atteggiamenti di tipo qualitativo che per la fisica aristotelica determinava il moto (i
precursori di Galileo furono elle scienziati che studiarono il moto delle palle di cannone per farle arrivare più lontano).
Galileo inizierà a dimostrare che non esistono elementi qualitativi (la natura stessa del corpo) ma solo leggi
matematiche che possono venir colte da chi le osserva. Con l’esperimento del gran naviglio ci mostra che le leggi sono
dipendenti dalla posizione dell’osservatore quindi esiste un principio di relatività. Perciò non esiste un puto di vista
univoco/privilegiato ma le leggi variano a seconda di chi le osserva e ognuno può dire la sua.
Egli è anche un gran disegnatore e lo possiamo notare nel 1610 con la pubblicazione del “siderus nuntios” in cui mette
per iscritto le osservazioni che fa con il telescopio (è olandese) e annuncia la scoperta di 4 nuovi copri celesti e da una
rappresentazione figurativa delle cose. Quest’opera è stata definita come uno shock per la storia moderna in quanto è
una rappresentazione veritiera di cose mai pensate e mette in crisi il sapere.
Galileo inizierà a divulgare le sue idee eliocentriche e cerca di dimostrare che ciò che ha scritto lui e latri autori non è in
contrasto con le Sacre Scritture. È in questo momento che viene la prima messa al bando dell’opera di Copernico.
Con il “dialogo sopra i 2 massimi sistemi” viene provocata la messa la bado di tutte le sue opere e nel 1623 sarà
costretto ad abiurare.

Viene cambiata la maniera con cui gli uomini guardano alla natura e ciò viene esemplificato nella rottura dell’identità
ontologica tra uomo e mondo naturale quando viene rappresentata questa visione meccanicistica. È il passaggio da un
mondo organica ad un mondo dominato da regole meccanicistiche. Questo passaggio aiuterà anche l’economa
capitalistica.

Bacon esprime l’idea di divisione tra una natura naturans e una natura naturata, fatta da un insieme di leggi che
l’uomo guarda, conosce e può predire. La rivoluzione scientifica dà anche un nuovo modo di vedere e percepire la
natura agli uomini.
Una buona esemplificazione della fiducia che gli europei hanno nei confronti della scienza interpretata come tecnica è
lo scritto di Bacon, “la nuova Atlantide”. È un mix tra romanzo, utopia e scienza in cui Atlantide viene scoperta da 60
navigatori che come naufragi arrivano a Bensalem dove incontrano le popolazioni locali che vivono in pace tra loro
poiché coltivano soprattutto la scienza che permette loro di incontrare altri popoli e conoscere nuove cose; il centro
del villaggio e la casa di Salomone dove fanno esperimenti.

Con ciò si invita la gente a prendere atto che l’universo non è un’unità vivente ma un meccanismo artificiale formato
da leggi che l’uomo può capire.
Hobbes cerca di spiegare che per uscire dalla violenza l’uomo deve assoggettarsi a leggi artificiali fatte dall’uomo e che
derivano da una analisi precisa delle facoltà ella natura umana (forza fisica, esperienza, ragione e passioni); una volta
che conosciamo in maniera matematica queste leggi le dobbiamo usare per creare un mondo ordinato e artificiale.

LA RIVOLUZIONE AMERICANA E LA RIVOLUZONE FRANCESE


Le rivoluzioni sono fenomeni difficilmente interpretabili, che hanno diverse motivazioni per iniziare tra le quali belliche.
Tra le due rivoluzioni possiamo trovare degli aspetti comuni; l’elemento discriminante per entrambe fu la messa in crisi
e la dissoluzione di alcune visioni ideologiche dominanti che non ressero all’urto delle trasformazioni politiche ed
economiche. La grande crisi della matrice ideologica dei due regimi si trasformò in una richiesta di una forma diversa di
rappresentanza sia nelle 13 colonie americano che per il terzo stato in Francia.
I 2 momenti più importanti sono: il 4 luglio 17 con la dichiarazione d’indipendenza e il 4 giugno 1789, i rappresentati si
dichiarano assemblea nazionale e non più terzo Stato nella stanza della pallacorda.

In questi 2 momenti i può vedere l’inefficacia delle dominazioni

LA RIVOLUZIONE AMERICANA

Le provincie settentrionali, dopo la guerra dei 7 anni diventano parte dell’Inghilterra e viene definita come la prima
guerra moderna in quanto si combatte in molti teatri. Ha l’effetto di far diventare l’Inghilterra una grande potenza di
terra, un impero di soldati e non più di mercanti. La corona inglese vorrà esercitare una politica centralizzata.
Dopo la firma del trattato di Parigi, i domini coloniali europei entrarono in una fase difficile del rapporto con la
madrepatria in quanto mette in luce una debolezza di fondo.
Gli inglesi decisero di far viaggiare dalla Gran Bretagna in America interi contingenti di soldati ormai senza lavoro per
aiutare i governatori a raccogliere nuove entrate (Londra ne ha bisogno in quanto la guerra era stata dispendiosissima).
Ciò porta alla decisione da parte di Londra di espandere il domino sulle colonie; ciò che vogliono è far pagare più asse,
l’affermazione della compagnia delle Indie inglese nei traffici marittimi, far sì che i coloni non gestissero
autonomamente il rapporto con le popolazioni native che abitavano al di là della proclamation line. Questo sforzo di
centralizzazione innesca un conflitto con le colonie, di tipo finanziario fiscale ma che implica anche un confitto
ideologico e istituzionale. Il parlamento inglese partiva dal presupposto che la rappresentanza degli inglesi
appartenenti all’impero comprendeva anche i coloni e dopo una serie di atti (“act”) che miravano a raccogliere
maggiori tassazioni dalle colonie (1764, “sugar act”, 1765 “stand act” prevedeva un pagamento per la redazione di
documenti ufficiali), arriva il declaratory act” in cui il Parlamento decideva che nonostante tutte le proteste un atto
emanato dal parlamento di Londra avesse effettivo valore anche nell’economia americana. Ciò provocò la prima forma
di resistenza armata tra l’esercito inglese e i coloni (1770, massacro di Boston) e con questo clima che si inasprisce si
arriva nel 1773, il governo Giorgio III impone che tutti i commerci debbano essere effettuati sulle navi della compagnia
delle Indie. I coloni risponderanno con il “Boston tea party”. Nel 1775 il re Giorgio III riconosce lo stato di ribellione
delle colonie e si passa ad un momento di effettivo contrasto militare. Anche durante i conflitti resta quel legame tra re
e Parlamento che cambia di segno in quanto è il Parlamento che capisce la necessità di accentramento. I coloni
mostrano l’inefficacia del modello gerarchico e vogliono una società completamente diversa da quella britannica. La
società delle colonie è ancora fortemente orientata sulle discriminazioni (è il periodo delle importazioni di schiavi, e la
prima divisione è tra uomini bianchi liberi e schiavi). Nelle colonie americano non esiste la differenza di tipo giuridico
tra ciechi, le divisioni ci sono ma non c’è l’impalcatura di tipo cetuale.
I coloni hanno perciò la sensazione di appartenere ad una società profondamente diversa da quella di provenienza e
che può crescere senza limiti e senza badare ai rapporti di obbedienza tra ceti e verso la Chiesa; è su questo la società
conta e quando bisogna articolare la protesta nei confronti dell’Inghilterra è la Costituzione inglese che viene essa
sotto accusa. I discorsi dei coloni esaltano la libertà nelle terre americane, dell’appropriazione delle terre da parte del
singolo che può arricchirsi. È una rottura ideologica ed è come se gli americani dicessero che la loro facoltà di ribellarsi
deriva dalla loro fatica e dalla loro sagacia.
Nessuno in Europa si era mai liberato su questa base; il tutto è alla base del progetto di decostruzione dell’Impero
inglese, dell’interesse individuale.
Si arriverà, il 4 luglio 1776, alla Dichiarazione d’Indipendenza. Il paragrafo più importante è il quarto dove si dice che gli
uomini hanno il diritto di sciogliersi dal vincolo di dipendenza. Ciò permette ai coloni di accettare l’aiuto degli altri Stati
e arrivare alla vittoria di Yorktown. Nel 1783, con la pace di Parigi, l’Inghilterra cede i suoi possedimenti ai coloni.
È anche una guerra civile, nessun colono sudamericano e gli schiavi neri combatterono di fianco agli inglesi.
È la rivoluzione a produrre gli americani in quanto nella trasformazione mitologica della rivoluzione si credeva che la
rivoluzione fosse nata da un bisogno morale di essere una nazione; in realtà fu solo dopo che gli americani capirono di
essere americani quindi un’unica nazione.
La rivoluzione americana si pone sul crinale tra una politica precedente e una nuova visione.

LA RIVOLUZIONE FRANCESE

La rivoluzione francese è la più grande tempesta che si abbatte sull’antico regime. Il potere politico era forte con una
aristocrazia millenaria prestigiosa ma con delle fratture che vennero alla luce dopo la guerra dei 30 anni che aveva
significato per la Francia un grande perdita a livello territoriale e una grande crisi finanziaria che mostra scopertamente
gli elementi strutturali di crisi della monarchia francese. Vi sono ripetuti tentativi di mettere un po’ di ordine nelle
finanze statali (si cerca di sanare un debito pubblico ormai enorme); è proprio questo tentativo che rivela le difficoltà di
superare questa crisi.
La monarchia francese è la più antica e meglio organizzata ma si basa sul patto corporativo (organizzazioni attraverso le
quali i suoi sudditi si organizzano e sono rappresentati ma che sono subordinati al sovrano; nonostante ciò il sovrano
non può fare ciò che vuole in quanto il patto verrebbe incrinato); ciò che la monarchia ha sempre cercato di fare è di
curvare in senso assolutistico il rapporto con i sudditi e questo viene inasprito dalle difficoltà economiche. La
monarchia sorpasserà il limite di ciò che poteva chiedere ai propri sudditi e il limite della monarchia corporativa viene
segnato dalla prova di forza nei confronti dei suoi sudditi (facendo pagare più tasse all’aristocrazia) e, nel frattempo la
filosofia politica illuministica ha messo in crisi non l’immagine della monarchia quanto tale ma dei privilegi ingiusti che
ha l’aristocrazia e il clero. Negli anni ’80 la situazione diventa sempre più ingovernabile, la monarchia (Luigi XVI)
reagisce in una maniera che denota la perdita di contatto con il Paese e convoca gli Stati Generali (erano la somma di
tutti i rappresentati dei parlamenti provinciali) per care di uscire dallo stato che si era creato a causa della situazione
finanziaria.
Nel maggio del 1789 si convocano i 3 Stati che nell’idea del monarca sono uno strumento per far pagare le tasse che
non è riuscito ad esigere a presto questa assemblea si tramuta in una occasione di incontro tra differenti segmenti
della società francese i quali si comportano in una maniera imprevista: diventerà uno stato d’accusa della monarchia.
Questa riunione a distanza di quasi due secoli dei rappresentati del 3 Stato li porterà a chiedere di estendere a loro la
partecipazione politica. La richiesta è fondamentale ma pericolosa per gli altri Stati. I rappresentati del 3 Stato
dichiarano di separarsi dagli atri 2 Stati e si dichiarano solo loro i rappresentati dell’intera Francai (giuramento della
pallacorda).

Bark lo vedrà benissimo nel suo “osservazioni sulla rivoluzione francese” in cui racconta gli effetti sulla popolazione
inglese. Con il suo sguardo di supponenza inglese egli coglie che tutto è cambiato in quanto si perde il rapporto di
deferenza nei confronti dell’attività monarchica. Il fatto che il re rappresentasse l’unione di tutte le parti dello Stato era
ben saldo nell’immaginario francese; questo potere era talmente saldo nella tradizione che non aveva nemmeno
bisogno di venir giustificato, ma quando il 3 Stato dichiara di separarsi cade tutto il contesto cultural che c’era attorno
al trono (questo fenomeno verrà chiamato “il trono vuoto”) che perderà il suo potere e lascerà il trono vuoto.
Il vuoto deve venir riempito e lo fa il 3 Stato. Fino a quel momento esso non aveva rappresentato nulla ma ora
rappresenta tutto.
Avviene un mutamento semantico della parola nazione che fino a quel momento aveva significato una divisione per
appartenenza culturale ad un gruppo etnico; quando il 3 Stato dice che vuole rappresentare la nazione, la nazione è un
agglomerato politico e non solo culturale, di un insieme di persone che si riconoscono attraverso un sentimento di
appartenenza e di fratellanza e segna quella fase in cui il re è superato dai suoi cittadini.
All’origine di questi cambiamenti sta la decostruzione politica dell’antico regime e ci da la prima immagine di una
politica governata da partiti divisi tra centro, destra e sinistra.

In comune le due rivoluzioni è quindi la decostruzione di qualcosa e il senso d’appartenenza ad un qualcos’altro e la


necessità di una immagine guida che poteva essere inventata autonomamente.
Però la rivoluzione francese nasce per ribaltare un ordine che c’è, quella americana per affermare una differenza dal
Paese a cui appartengono.
Per gli americani c’è un prima nella loro storia costituito da abusi e un dopo in cui si afferma la loro indipendenza
dall’Inghilterra (nasce diversa).
La Francia vuole ribaltare l’ordine che già c’era ma il territorio è sempre lo stesso (diventa diversa).

Potrebbero piacerti anche