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ARIADNA: 1995-1999; MINERVA: 1999-2003, entrambi hanno come obiettivo soluzioni operative per favorire la
riflessione sull'azione didattica che si concentra attorno alle lingue. I due attori principali sono l'insegnante e
l'apprendente, affinché essi sviluppino una piena consapevolezza dell'educazione linguistica.
I primi progettia ccentuavano la dimensione cognitiva e contrastiva della competenza interculturale e interlinguistica;
gli ultimi pongono > attenzione sulla dimensione affettiva, comunicativo-comportamentale senza per questo mirare ad
un vero e proprio apprendimento linguistico.
MINERVA persegue un'idea di competenza linguistica parziale che assume valore perché finalizzata al raggiungimento
di obiettivi di plurilinguismo. Bisogna chiarire alcuni presupposti teorici generali, tra cui “che cosa si intende per
competenza plurilingue” in MINERVA. A tale scopo l'equipe si è servita del concetto sociolinguistico di repertorio,
ossia l'insieme di varietà linguistiche cui si può ricorrere a seconda delle situazioni degli interlocutori con cui
interagisce, e della padronanza che di tali varietà possiede.
Un aspetto importante dal pdv sia sociolinguistico che glottodidattico, è che queste varietà di lingua si collocano nel
repertorio non paritariamente, ma occupano ciascuna un settore particolare e con raggi d'impiego e funzioni diverse
(definizione di Berruto, 2004). Sono rari, infatti, i casi in cui il repertorio è costituito da conoscenze perfette, le
conoscenze delle diverse varietà sono squilibrate. Il repertorio, per esempio, del parlante X può includere varietà
dell'italiano che sa comprendere oralmente o leggere, ma non sa parlare, la comprensione di un dialetto orale, l'impiego
corretto della forma standard nelle proprie produzione scritte e orali, i linguaggi tecnici, capacità di parafrasare un brano
di Dante...
Il repertorio si presenta inoltre spesso come repertorio plurilingue che riunisce varietà di più lingue: tutti noi siamo
potenzialmente plurilingui.
Il concetto di pluringuismo a cui facciamo riferimento, così come viene raccomandato dal QCER, si fonda sul carattere
globale e non compartimentato della competenza linguistica. La lingua viene vista non come sistema astratto ma in
quanto strumento di concreti comportamenti comunicativi che subiscono determinati condizionamenti da parte della
società. D'altronde, se ci pensiamo bene, le situazioni di bi- o plurilinguismo sono da ritenere la normalità nella vita
quotidiana nella società attuale, il monolinguismo è l'anomalia!
Nella formulazione classica di obiettivi nell'apprendimento delle lingue straniere, la competenza comunicativa viene
posta come qualcosa che si aggiunge ad una competenza comunicativa già esistente in L1; tuttavia la competenza
plurilginue non è giustapposizione, ma è integrazione, la messa in relazione di varietà o lingue senza ottenere omologia
tra competenze ben definite e compiute, bensì con una differenziazione tra componenti distinte e non equilibrate che
costituiscono comunque l'insieme. A quanto appena detto va aggiunto il fatto che la competenza plurilingue permette
anche di riconfigurare, e non solo di attivare, il repertorio, operazione possibile se si abbandona il sogno di raggiungere
una competenza nella L2 quasi nativa, per abbracciare invece l'idea molto più realistica di una competenza che varia nel
tempo e nello spazio, che comprendo la fossilizzazione di certe aree e lo sviluppo di altro.
Questo porta alla caratterizzazione della competenza plurilingue come un insieme di conoscenze e capacità che
permettono di attivare le risorse di un reprtorio plurilingue in determinate circostanze, ma che contribuiscono anche a
costruire e modificare lo stesso repertorio, sviluppando una competenza che potremmo definire iperlinguistica.
L'idea di plurilinguismo a cui ci ispiriamo riposa anche sul concetto, caro alla sociolinguistica, di code-switching, che
permette di passare in certe circostanze da una lingua ad un'altra e da una varietà all'altra, anche nella stessa situazione
comunicativa. Questo comportamento si trova nella normalità dei casi. La competenza plurilingue intesa in tal senso è
un prezioso strumento di mediazione, permettendo il contatto tra lingue e culture e diverse: deve comunque fondarsi
sulla volontà di un'appartenenza multipla quale raccomandata dal Consiglio d'Europa.
Tornando indietro, riflettiamo su alcuni aspetti della natura delle lingue: l'InC si fonda sulla similarità. Si è sviluppata in
ambito romanzo; questo fatto può suscitare negli apprendenti un interesse per l'apprendimento di una o più lingue.
Ci sono differenti tipi di similarità tra lingue, che abbiamo visto riproposti nei sette setacci di Stegmann. Le similarità
possono essere fonologico, lessicale, pragmalinguistico, culturale, sociolinguistico, morfosintattico... e possono mutare
fortemente a seconda del canale di comunicazione utilizzato. Su questi processi hanno una forta incidenza i fattori
semiotici e psicocognitivi: nel primo caso gli elementi componenziali del senso, nel secondo la situazione di
comunicazione e la modalità di erogazione di strategia di costruzione del senso.
Vediamo quali possono essere questi fattori, analizzando la natura delle lingue: in primis, tutte le lingue sono parlate. La
modalità del parlato è prioritaria, è la più utile per gli scambi di qualsiasi tipo. Lo scritto mantiene la testimoniana del
passato delle lingue, è secondario al parlato e ne costituisce una rielaborazione. MINERVA è improntato maggiormente
alla comprensione orale e si è scelto di utilizzare lo scritto solo come traccia delle manifestazioni foniche e come
elemnto facilitatore, rassicurante. Per quanto riguarda il rapporto oralità/sistema linguistico, ci sono relazioni
interlinguistiche sistematizzabili di differenti livelli, ossia le regole, le trasformazioni, etc. sia sul piano fonologico, che
morfosintattico, che socio-culturale. Queste relazioni sono osservabili anche senza particolari conoscenze fonologiche,
storiche, di grammatica comparativa, etc. e sono anche analizzabili da parte dell'apprendente, ossia un non specialista.
Vediamo poi che alcune capacità del linguaggio verbale sono ben visibili, come la produzione scritta e orale di parole e
frasi appropriate, l'interazione, la lettura ad alta voce... etc. Altre sono meno visibili, come dare un senso a ciò che si
ascolta o legge, la capacità di analizzare verbalmente o interiormente le situazioni e ampliare il patrimonio linguistico
acquisito attraverso un rapporto produttivo/ricettivo con parole e frasi nuove (De Mauro, 1981).
A ciò si aggiunge il fatto che tradizionalmente nella didattica delle lingue è stata sopravvalutata la riflessione
grammaticale, propria della pedagogia linguistica europea e non soltanto e che ancora oggi ha un ruolo molto
importante. La riflessione grammaticale è fondata sulle forme scritte, alla quale va, se non sostituita, almeno affiancata
la capacità di sviluppare il senso della funzionalità comunicativa sia di forme linguistiche note che ignote. Come
ricordato da Vygostkij o Piaget, riflettiamo sul fatto che l'attività umana è determinata da due proprietà fondamentali: la
finalità, ossia la presenza di uno scopo, un'intenzionalità, e la struttura delle attività stesse, una sequenza di
comportamenti che hanno un loro fine. Dato per acquisito che la motivazione e il darsi un certo scopo sia fondamentale
nell'apprendimento delle lingue, ci soffermiamo sulla afferenza alla situazione, ossia tutti gli influssi esterni che la
situazione esercita sull'organismo. Nella scelta dell'azione è fondamentale la cosiddetta immagine del risultato, ossia il
modello del futuro: è possibile prevedere le scelte che il soggetto compierà in futuro sulla base delle scelte
precedentemente compiute, modello psicologico che presuppone un carattere attivo della percezione in generale e della
percezione dei discorsi in particolari. Questo perché creiamo la nostra conoscenza sulla base di ciò che conosciamo di
già; infatti i progetti di InC si fondano su ciò che già sappiamo, e aiutano a potenziare le nostre conoscenze pregresse,
facendoci rendere conto che sappiamo molto di più di quello che credevamo di sapere. La conseguenza didattica di tale
teoria è l'importanza funzionale dell'accumulo di esperienza verbale nell'ascolto della lingua straniera, senza la quale
non si ha una corretta valutazione della probabilità di occorrenza di un determinato elemento.
Carattere attivo della percezione: il parlante, valutando la probabilità degli esiti, li mette in relazione anche con ciò che
è l'obiettivo stesso dell'azione, quindi con il risultato immediato, utilizzando regole e modelli mentali che gli sono
propri. Si può quindi sostenere che chi parla lingue diverse ma è accomunato dall'intenzione verbale, realizza la
medesima azione anche se nelle lingue coinvolte la stessa azione si concretizza sulla base della medesima struttura
obiettiva. Sempre collegandosi all'InC, che è alla base dell'epistemologia di MINERVA, si riteneva che ci si dovesse
liberare dell'anello della mediazione della lingua materna, cercando di far impadronire lo studente di certe strutture
della lingua obiettivo, facendo attenzione che non si attivasse il transfer linguistico e culturale che invece, nel caso di
lingue tipologicamente vicine, era ritenuto particolarmente pericoloso perché poteva creare interferenza.
Facendo così, con questa paura del transfer linguistico, si calpesta l'intelligenza, la personalità dell'apprendente. La
preoccupazione di fornire input adeguati al destinatario è invece tipica degli approcci InC, ed è stata anche centrale
nella progettazione di MINERVA. Se vogliamo che le attività proposte in classe interessino l'apprendente e attivino
meccanismi psico-cognitivi efficaci, dobbiamo costruire circostanze che siano vicine alla situazione in cui l'apprendente
dovrà agire e potrà quindi immedesimarsi. Dovremo fare leva sulla sua creatività, ma anche sulla conoscenza della
situazione e, in particolare con gli adulti, non mortificare la loro intelligenza e le capacità cognitive che hanno già
sviluppato.
Tutto questo comporta anche che il problema dell'imbattersi da parte dello studente in una varietà che pensa di non
poter utilizzare, di cui non vede l'utilità, lo porta a considerare l'energia utilizzata per l'apprendimento come sprecata. Il
progetto MINERVA si ispira a quanto contenuto nel Libro Bianco, riguardo al bisogno di plurilinguismo come identità
della cittadinanza europea. Tra i progetti linguistici sviluppati nelle varie azioni di programmi di lingua europei,
MINERVA non è tra quelli caratterizzati da scelte più forti, con obiettivi di competenze bilanciati tra varie lingue, ma ha
come obiettivo lo studio limitato di una L2 e centra la finalità sulla comprensione orale solo in determinati domini.
Sono stati scelti alcuni domini relativi (MINERVA rivolto ai giovani) alla socializzazione giovanile, trovare un piccolo
impiego, risolvere problemi di saluti. MINERVA ha anche una forte componente pragmatica, una visione delle lingue
romanze come strumenti e non come oggetti di studio in sé stessi, in sintonia con le tendenze più recenti della
glottodidattica. Approccio orientato all'azione: materiali didattici strutturati affinché attraverso la trasferibilità di
processi cognitivi sia possibile l'apprendimento ricettivo di piùlingue simultaneamente. Si rivolge a giovani apprendenti
(15-25 anni); le attività sono strutturate in modo tale che l'apprendente possa acquisire sempre di più consapevolezza
delle strategie e degli stili di apprendimento che gli erano propri; coscienza degli atteggiamenti culturali e affettivi per
portare a termine compiti nei domini selezionati (MINERVA era su Internet e purtroppo questo supporto non è rimasto
al passo con la tecnologia; il programma non è mai stato pubblicato in stampa quindi non è più utilizzabile). La lingua
era considerata come azione in contesto; il contesto riveste un ruolo primario nei materiali MINERVA; i domini
selezionati erano quelli ritenuti familiari per l'apprendente. Per esempio, nel modulo rumeno, due studentesse sono
davanti al PC e visitano un sito: la conoscenza di cosa due studentesse possano cercare in questo sito restringe il campo
di possibilità delle ipotesi sull'argomento della loro conversazione per chi deve ascoltare; nel modulo portoghese si
parla di annunci di lavoro.
Torniamo a parlare di MINERVA in generale: poiché nel processo di attivazione di schemi e di aspettative influiscono
tutti gli indizi ricavabili dal contesto, nel progetto è stata rivolta grande attenzione alla scelta di luoghi, oggetti, azioni, a
tutta la componente extralinguistica della comunicazione che la multimedialità del materiale permetteva di utilizzare.
Nel QCER si afferma che il contesto esterno viene filtrato dall'apparato percettivo (uditivo e visivo), dai meccanismi di
attenzione, dall'esperienza a lungo termine (asociazioni, memoria...), alla classificazione pratica di oggetti, avvenimenti,
familiarità con gli ambienti presentati, nelle immagini selezionate nel formato cartaceo che accompagnava il CD (che
però non ha mai avuto una stampa ma solo circolazione tra gli esperti), dalla categorizzazione linguistica favorita
dall'intercomprensione spontanea delle lingue messe in contatto (lingue romanze). Anche gli studi condotti
sull'acquisizione della lingua materna sui bambini ci dicono che le indicazioni appena esposte non sono casulai: la
selezione degli elementi da imitare si basa su ciò che i bambini conoscono, piuttosto che ciò che è disponibile
nell'ambiente. È importante, con i bambini, offrire un modo predicibile di partecipare all'interazione, a maggior ragione
questo è auspicabile negli adulti: è importante quindi fare leva sul contesto, sulla conoscenza accumulata con
l'esperienza. L'abitudine alla pratica riflessiva ina dolescenti e adulti favorisce poi la successiva maturazione delle
competenze. D'altronde, studi di stampo funzionalista, anche italiani (scuola di Pavia), ipotizzano che l'acquisizione
muoverebbe da fasi iniziali, caratterizzate da un modo comunicativo pragmatico, seguite poi da fasi più
grammaticalizzati, caratterizzate da un modo sintattico. MINERVA era quindi rispettoso degli studi sull'acquisizione del
tempo; è stato elaborato in modo rigoroso seguendo l'epistemologia dell'InC.
Quali erano le strategie, i testi e i compiti?
Esempio pratico: il contesto esterno interagisce con il contesto mentale, attraverso le intenzioni con le quali
l'apprendente partecipa all'evento comunicativo, le sue aspettative, etc. Per l'attivazione di queste operazioni, nella
proposta didattica del progetto, abbiamo dato massima importanza agli input linguistici e culturali contenuti nei
materiali che abbiamo chiamato “déclencheurs” e “enclencheurs”: danno l'idea di quanto tali elementi possano “dare il
via” o “concatenare” il processo di apprendimento. Essi creano la contestualizzazione, ossia il quadro situazionale del
contesto. Le attività e i compiti servivano a colmare i vuoti costituiti dalla non-conoscenza della lingua, affinché
attraverso l'inferenza si elaborasse il senso generale del messaggio. I compiti erano organizzati a partire dal testo,
considerato centrale in ogni modulo, definito appunto il “déclencheur”, ed erano indicati nelle macrocategorie che
davano il titolo al modulo, in sintonia con il QCER, che seppur in maniera più accentuata nella sua prima versione,
indica chiaramente che il testo deve essere centrale rispetto ai compiti e alle strategie didattiche. Infatti, i compiti
implicano al gestione dei testi e richiedono l’attivazione di determinate strategie. Esempio: attività 5^scena “Realizzare
pratiche amministrative” rendere cosciente l’apprendente delle pratiche di comprensione (spagnolo).
Tornando a MINERVA, uno dei principi fondanti del progetto è che le lingue romanze non sono così straniere fra loro, e
con una riflessione guidata, si può scoprire che si conosce qualcosa di lingue che non si sono mai studiate. Ciò dovrebbe
portare anche ad eliminare la componente di ansia e timore verso lingue consdierate difficili da apprendere.
Naturalmente, lo studente deve essere reso cosciente dei singoli aspetti che contribuiscono alla comprensione
complessiva, che viene facilitata all’aumentare delle lingue a cui è esposto. Più lingue si imparano, più è facile
impararne altre. Altri esempi concreti: nelle attività “Divertirsi e fare nuove amicizie” prima dell’ascolto dei dialoghi
c’erano sempre attività di osservazione di fotogrammi dei filmati, con le quali si chiedeva di ipotizzare ruoli dei
personaggi e situazioni, cosicché lo studente, quando arrivava al momento dell’ascolto, si trovava già preparato. In
alternativa, si vedeva il filmato in soundoff e si chiedeva allo studente di inventare un dialogo appropriato agli indizi
della situazione, in una lingua a sua scelta; modo ulteriore per far sì che lo studente prestasse attenzione alla situazione.
Tutto questo è possibile solo se si abbandona l’ottica tradizionale con la quale si studiano le lingue, quella di divenire
bilingui, l’idea che le lingue debbano essere scritte e pronunciate senza errori, anche a scapito della competenza
comunicativa. Ovviamente, la pronuncia è importante, ma non nelle fasi iniziali dell’apprendimento, perché per la
competenza comunicativa occorre comprendere e farsi comprendere, e questo è già un successo. Del resto, anche molti
nativi compiono errori; l’uso imperfetto della lingua va bene per certi tipi di apprendenti, che hanno necessità di
comunicare velocemente ed efficacemente nella lingua obiettivo. Questo non è sempre indice di un basso livello
sociale: saper capire e ascoltare gli altri, anche a basso livello, è già una ricchezza. È pertanto positivo favorire la
conoscenza parziale delle lingue.