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DIDATTICA DELL’ITALIANO A STRANIERI

Lezione 1.2
Introduzione alla definizione di cultura. La cultura della didattica delle lingue in europa ha avuto grande
diffusione grazie alla trattazione che se ne è fatta in Francia, acnhe se ci sono molti studi tedeschi e
anglosassoni in merito. È soprattutto con gli anni ’90 che inizia a cambiare il modo di trattare la cultura.
La disciplina della glottodidattica si forma con un piccolo ritardo rispetto ad altri paesi, e di conseguenza la
discussione su cosa sia cultura (o civiltà, come usava dire prima), non inizia fino agli anni ’60. Il volume a
cui si deve la diffusione della sensibilizzazione verso la cultura in Italia è un volume del 1986 (Becchetti,
Cornaviera, Panzeri Dosaggio); anche Giovanni Freddi, primo glottodidatta italiano, fa una prima distinzione
in ambito culturale tra relativismo culturale e competenza culturale, due modi diversi di vedere gli aspetti
culturali. Il primo oggi è considerato una tappa per arrivare alla seconda.
Due accezioni con cui ci riferiamo alla cultura:
1) Concezione classico-umanistica: è cultura ciò che si rifà a qualcosa creato da degli “eroi”, i Maestri
antichi; una cultura di cui il cittadino può fruire ma che raramente riesce a produrre;
2) Accezione debole o etnoantropologica; riguarda la vita quotidiana, tutte quelle attività che
conferiscono ad un popolo il suo posto caratteristico nel mondo; questa è l’accezione prevalente
dagli anni ’90 in poi in Italia.
Questo studio si sta indirizzando sempre più verso l’”inter”: intercultura  scambio tra soggetti culturali
diversi che si trovano nella stessa classe, terriotrio, etc., concetto inclusivo.
Formazione del concetto di Competenza Culturale (CC): (Fishman: domini; Hoffstede: software of the
mind)  aspetti divisi in civiltà (quello che una volta veniva chiamata “civilizzazione”  modelli
apprezzati) e cultura. Non si propongono i modelli culturali in un corso di lingua per adottarli o valutarli, ma
solo in prospettiva etnoantropologica, ossia descrittiva.
Le tappe attraverso le quali si raggiunge una sensibilità culturale sono:
1) relativismo culturale, imparare a relativizzare la propria cultura e riconoscere la pari dignità delle
altre;
2) tolleranza interculturale, insufficiente però in quanto “tollerare” non coincide con l’inclusione
3) interesse interculturale, che dovrebbe essere la meta ultima di un corso di lingua.

Evoluzione del concetto di cultura dagli anni ’70 agli ’90.


- Anni ’70: modelli di cultura presentati in modo esaustivo ad apprendenti con competenze
linguistiche avanzate; interazione con i modelli culturali assente; si propongono i grandi temi della
civiltà, cultura come accezione forte
- Anni ’80: svolta, aspetti culturale fin dai primi momenti dell’apprendimento e in modo concatenato
con l’apprendimento della lingua; interazione con il modello culturale stimolata. Si introducono i
temi della quotidianità: cibo, abbigliamento, abitazione…
Nella manualistica dell’italiano L2, almeno fino a tutti gli anni ’90 l’accezione nuova della cultura non viene
considerata dagli autori. In Italia è molto importante l’opera di Balboni, che ha contribuito a chiarire quali
dovessero essere i modelli culturali da adottare. Balboni diffonde in Italia il concetto di cultura come
componente della competenza comunicativa che fornisce la capacità di decodificare a livello micro e
macrosociolinguistico gli impliciti e le allusioni dei nativi e, sul piano della produzione, di servirsi di
enunciati
adeguati al contesto situazionale. Dunque, la competenza culturale, con quella linguistica, costituisce la
competenza comunicativa, che è più sfaccettata rispetto a come veniva trattata nei primi approcci visti
nell’excursus storico.

Parlare di cultura quando si insegna una lingua è complesso: di quale culture vogliamo parlare in Italia,
dato il variegato quadro culturale delle varie regioni. Bisogna scegliere quale spazio culturale dev’essere
oggetto di un corso.
Balboni introduce il concetto di software of the mind.
Esistono modelli culturali in conflitto di cui siamo consapevoli: alcuni conflitti possono nascere sul
concetto di parità uomo-donna, ruoli ecc. Di altri modelli culturali in conflitto non siamo consapevoli: es.
orientali, sudamericani, africani hanno un concetto del tempo diverso dal nostro per i quali un ritardo non è
poi così grave; un bambino cinese è abituato a memorizzare per cui la frase "per domani imparate tutto bene"
gli comporterà ore di memorizzazione.
I modelli culturali possono essere descritti fino a un certo punto; la competenza interculturale è variabile,
pertanto si può insegnare ai discenti ad osservare, es. cinesica, vestemica, prossemica, portando in classe dei
materiali, possibilmente autentici per far prendere cosienza ai discenti di questi linguaggi.
• moduli comunicativi di cui non siamo consapevoli: anche gesti
e la prossemica hanno una loro grammatica.
• Secondo la metafora informatica di ogni persona ha un
software of the mind, costituito da una serie di file di sistema ai
quali ricorre per poter partecipare ad un evento comunicativo,
nella situazione di interazione accediamo senza fatica ai file
mentali che controllano il registro formale-informale, il tono di
voce, la scelta del lessico, ecc.ad altri meno facilmente

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