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LEZIONI DI GEOGRAFIA UMANA


22/03/2020
Lezione 9
Ambiente, società e territorio
 Gli USA escono dall’accordo di Parigi  lo hanno formalmente dopo averlo annunciato in prima
battuta. Questa volontà di uscita è dovuto sia ai costi associati all’accordo di Parigi sia alla visione
negazionista del surriscaldamento globale che caratterizza l’amministrazione Trump. Si tratta di
questioni complesse, quindi è facile sfruttarne certe semplificazioni a scopi propagandistici. Es.
tweet di Trump “Fa freddo, dov’è il riscaldamento globale?” (v. articolo scientifico in link slide).
 Grafico della IPCC: la curva che vediamo fin nella parte gialla/arancione esprime la traiettoria della
crescita della temperatura media; per fermare tale crescita possiamo mettere in atto azioni che
permettano di mantenere la T entro + 1.5°C o +2°C (come prescritto dall’Accordo di Parigi).
 Discorso di Greta Thunberg a Katowice (primo discorso di Greta, si può ascoltare);
 Soluzioni di cui parla il testo:
o Economia circolare: Economia all’interno della quale si considera maggiromente la
posibilità di evitare sprechi, riutilizzare in parte o del tutto ciò che già si ha, es. cercando di
limitare la prospettiva dell’usa e getta; questa è una prospettiva del tutto recente, almeno fino
a vent’anni fa. Oggi adesempio costa quasi più aggiustare un dispositivo piuttosto che
acquistarne uno nuovo.
o Obsolescenza programmata; ne parlava Mujica, è la programmazione, quando si progetta
qualcosa di nuovo, della durata della vita di questo oggetto, al fine di favorire la produzione.
Se si riuscisse a produrre un oggetto eterno, l’economia sarebbe in gravissima crisi. (Cit.
L’anello intorno al sole, 1953, assunzione fantascientifica, C. Simak). La prospettiva di vita
degli oggetti tecnologici di oggi è molto più breve di quella di una ventina di anni fa (es.
negli anni ’80 un elettrodomestico si acquistava anche in ragione della sua robustezza) e
questo pone un problema di sostenibilità  rifiuti, scorie.
o Automatizzazione del lavoro (robot, droni) (v. link alla slide): il lavoro umano può essere
sempre più sostituito da droni e robot.
 Capitale naturale: potremo mai arrivare a finire del tutto il petrolio? È poco probabile, quello che
però probabilmente succederà è che al diminuire delle risorse, le riserve di petrolio aumenteranno
tanto di prezzo da non risultare più convenienti. Il petrolio viene annoverato come risorsa non
rinnovabile poiché si rinnova in tempi non utili alla specie umana. Biodiversità: ricchezza anche per
l’uomo, in quanto es. fonte di molecole terapeutiche.
 Tragedy of the commons?: esistono dei beni veramente comuni, non soggetti al mercato? Secondo
Hardlin (1968) i beni comuni hanno un difetto: tendono a distruggere le risorse per la comunità, in
quanto tendono a venire concepiti come “beni di nessuno”, pertanto vengono usati in modo
scriteriato o depauperati. Privatizzare o valorizzare le risorse alla fine di razionarne l’uso è
l’attitudine adottata generalmente ai giorni nostri (siccome pago, non spreco). Secondo Ostrom si ha
una visione diversa (approfondimenti su slide): argomentazioni diverse a vantaggio della visione del
bene comune, non sempre il mercato riesce ad arrivare alle soluzioni ottimali, a volte occorre una
strategia pubblica (si veda il vantaggio di avere una sanità pubblica in casi di emergenza come la
pandemia da Covid-19: non è il movente economico che ha mosso le azioni intraprese).
 Energia: risorse rinnovabili e non rinnovabili. Nel 2008 l’energia risulta proveniente ancora per la
maggior parte da risorse non rinnovabile. Eolico e idroelettrico sono le energie rinnovabili più
antiche (mulini, velieri).
 Riserve di petrolio: il cartogramma (carta anamorfica: non mantiene la forma) rappresenta il
rapporto riserve/produzione di petrolio per stato. Gli stati più rappresentati sono quelli del Medio
Oriente. In Europa abbiamo i giacimenti del Mare del Nord, che però sono sfruttati fino a un certo
punto. Spesso i Paesi primi produttori di petrolio vivono crisi geopolitiche che possono essere
esacerbate da interessi altri, legati proprio alla disponibilità di risorse.
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OPEC: cartello di produttori di petrolio che si accordano sulla quantità da immettere sul mercato e
regolare quindi il prezzo del petrolio (1960).
Serie di slide sui prezzi del petrolio: il prezzo del petrolio può oscillare di molto nell’arco di pochi
anni ed è molto legata alle condizioni geopolitiche dei Paesi d’estrazione (es. 2011, picco massimo
dovuto alle Primavere Arabe). Tali oscillazioni rappresentano un fattore d’instabilità per i Paesi
produttori. Quando i prezzi al barile salgono, vengono promossi ricerca e utilizzo di nuovi
giacimenti es. sottomarini.
 Riserve di carbone: dovremmo avere ancora 133 anni d’autonomia fino all’esaurimento completo.
Secondo combustibile fossile al mondo per utilizzo e riserve; l’utilizzo del carbone è però legato a
problemi ambientali nell’escavazione (mountain top removal), piogge acide e nella combustione
(produzione massiva di CO2).
 Uranio e energia nucleare: processo apparentemente pulito, ma comporta rischi legati al
funzionamento degli impianti (Chernobyl, Fukushima) e alla produzione di scorie. (Video di
approfondimento). Se non calcoliamo nel processo economico la produzione di scorie radioattive
(rischio di utilizzo nel terrrorismo  bombe sporche), la produzione di energia nucleare è molto
vantaggiosa in termine di rapporto costi/beneficio.
 Risorse energetiche rinnovabili  libro
 Reddito pro-capite e disponibilità di risorse, inquinamento: grafici che mostrano correlazione. Es.
maggior reddito pro-capite permette di intraprendere azioni più efficaci contro l’inquinamento;
oppure alcuni andamenti vanno a campana: gli estremi, rappresentati da Paesi ad industrializzazione
nulla e avanzata, non hanno problemi, es. di concentrazione urbana di anidride solforosa; i Paesi in
via di industrializzazione, verso cui processi inquinanti sono stati delocalizzati, hanno invece questo
problema. Per le emissioni di anidride carbonica e per la produzione di rifiuti si ha un andamento
pressoché esponenziale della correlazione col reddito pro-capite.
 Leggere specchietto sui problemi ambientali
 Grafico che evidenzia l’impatto antropico in termini di concentrazioni atmosferiche di CO2.
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Lezione 10
Le reti, i trasporti, le comunicazioni, logistica
 Carta: mettere i nomi dei capoluoghi e delle regioni, nonché delle nazioni
 C. Raffestin, famoso geografo francese parla della rete. La rete è un concetto, una metafora, non è
solo Internet. Una rete è caratterizzata da vuoti e pieni: i vuoti sono in misura maggiore e il nodo è
connesso con altri nodi, quindi la metafora della rete sta a signficare l’interconnessione tra più punti,
che non dev’essere necessariamente omogenea in tutti i suoi punti. Una rete può essere costituita da
infrastrutture, cablature, Internet, etc.
 Le città sono nodi per eccellenza (carrefour: stazioni, mercati, porti…). Questi luoghi di connessione
sono particolarmente vitali. Es. le stazini sono nodi di interconnessione tra tipi di trasporto diverso:
da quello ferroviario a quello privato, su gomma ecc. Esiste uno spazio dei luoghi (di cui le città
sono un connotato fondamentale) e dei flussi.
 La scala con cui leggiamo le reti cambia con le epoche, varia con la facilità di movimento, fino a
diventare globale. In passato le reti avevano una portata molto minore di oggi. Con l’evoluzione
democratica dei trasporti (all’inizio le automobili erano prerogativa di pochissimi) abbiamo avuto
una crescita sensibile della scala delle reti (le stesse città erano più piccole, anche in funzione della
velocità con cui la città poteva essere attraversata). Le automobili sono state un mezzo di sviluppo
portentoso, è uno dei beni più costosi acquistabili. L’Italia ha puntato molto sulle autostrade come
infrastruttura principe e questo ha dato la stura allo sviluppo industriale italiano; e allo stesso modo
l’autostrada è venuta incontro ai principali siti di produzione automobilistica (es. Torino, triangolo
industriale). Dov’è che nel mondo cresce il numero di automobili? = simbolo di incremento dei
flussi economici. In Italia grosso modo ogni famiglia ha almeno un’automobile, questo significa che
la domanda di automobili si è parzialmente fermata. Per contrastare questo fenomeno esiste in certa
misura l’obsolescenza programmata e i vincoli ecologici (Euro 4, 5, 6…che spinge a rinnovare il
parco macchine). Ad esempio, in Cina c’è grande domanda di automobili.
 Autostrade: la rete autostradale italiana è più sviluppata al Nord (già nel 1924 nasce la Milano-
Varese, Autostrada dei Laghi). L’Autostrada del Sole è stata aperta nel 1964 per connettere Roma e
Milano, interconnessione fondamentale per unire centro e nord. La Sicilia non ha particolari
dotazioni autostradali, così come il Salento. Anche la connettività est-ovest è limitata. Un’ulteriore
interruzione si ha nella connessione tra Roma e Genova (che sono collegata dall’Aurelia, per cui ‘è
un pgoetto di trasformazione in Autostrada). Ovviamente la presenza di un’autostrada facilita la
mobilità e promuove lo sviluppo economico; questo può avere anche esiti negativi, es. nella
diffusione di pandemie, che possono privilegiare direttrici come quelle autostradali. L’Autostrada è
stata privilegiata a discapito della rete ferroviaria, causa ed effetto dello sviluppo industriale
automobilistico italiano (la Fiat è stata a lungo un interlocutore politico di peso; la politica le ha
chiesto di costruire stabilimenti al sud sebbene meno produttivi).
 Ferrovie  v. libro. Arriva prima dell’automobile; è stata determinante nel collegare costa est e
ovest degli USA nella corsa alla conquista del West, sviluppo delle reti ferroviarie più o meno lungo
i paralleli; la relativa opera di costruzione ha portato alla formazione di città lungo le direttrici
ferroviarie. Il treno è vantaggioso perché scalabile e in grado di trasportare carichi maggiori rispetto
al trasporto su gomma (più vantaggioso nel trasporto breve). Si trasportano quindi carichi pesanti e
non deperibili (gittata lunga: aereo o nave, anche vie d’acqua: grazie alla spinta di Archimede
richiedono poca energia e possono trasportare carichi illimitatamente ingombranti, non vincolate);
con gli aeroplani trasportiamo invece carichi deperibili o preziosi. Per la media gittata useremo
quindi la ferrovia.
TAV: sviluppo abbastanza recente dei trasporti ferroviari in Italia, competitivi con gli aerei per
velocità e praticità di spostamento, es. la tratta Roma-Milano è stata depauperata per la concorrenza
del Frecciarossa. Questione della ferrovia TAV in Val Susa: gran parte della popolazione locale non
desidera tali lavori perché il rapporto rischio/beneficio non è ritenuto vantaggioso.
 TEN: transeuropean network, corridoi multimodali paneuropei di trasporto. L’UE deve rendere
possibile il trasporto di merci e persone all’interno del suo territorio attraverso la creazione di
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infrastrutture idonee. Fino a poco tempo fa ogni Paese si è mosso in modo autonomo, creandio reti
vantaggiose a livello nazionale, ma che non garantivano continuità internazionale. Oggi la UE
finanzia i corridoi transeuropei (es: Lisbona-Kiev  TAV).
 Le vie d’acqua: sistema di trasporto tra i più antichi. Possiamo avere vie interne: fiumi, canali
navigabili, es: Reno, che permette di trasportare molti materiali ad un costo relativamente basso,
favorisce lo sviluppo dei porti come Rotterdam. Se consideriamo l’interconnessione Reno-Meno-
Danubio le possibilità di ramificazione si moltiplicano.
 Rotte marittime: la grandissima parte delle merci e degli oggetti, prodotti es. in Cina, arrivano via
mare, perché è relativamente poco costoso e le merci possono essere spostate con facilità. La rete
delle rotte marittime è ovviamente influenzata dalle caratteristiche naturali, es. dalla Cina al
Mediterraneo si può passare dal Canale di Suez o circumnavigazione dell’Africa. Il Canale di Suez
in alcune fasi storiche (es. 1956, Guerra dei 6 giorni, 1973 … ) è stato inutilizzabile per ragioni di
sicurezza. Questo ha fatto sì che si puntasse sul percorso alternativo, soprattutto nel caso delle
petroliere, spingendo sull’ingrandimento delle navi (per rendere più vantaggioso il viaggio più
lungo), cosa che poi ha portato nella generalizzazione delle maggiori dimensioni delle petroliere, che
a oggi non passano più dal canale di Suez. Questo è il motivo per cui il Mediterraneo è diventato
meno centrale nella rete dei commerci. Spesso le merci orientali arrivano al porto di Rotterdam
prima che a Marsiglia.
 Porti: passato vs presente. Il porto del passato è un porto popolato di lavoratori portuali, uno spazio
ridotto a ridosso della città. Il porto di oggi non è più così: il porto commerciale è uan struttura
industriale, scarsamente popolato, con uno spazio verso la terra dedicato all’accatastamento dei
container (hinterland, molto specializzato). Avere molta terra pianeggiante alle spalle del porto,
magari raccordato con ulteriori infrastrutture, rappresenta un notevole vantaggio (es. ragione del
declino sostanziale del porto di Genova). Offshore  piattaforme marittime (generalmente dedicate
all’estrazione degli idrocarburi, interconnesse alla terraferma tramite tubi e navi).
 Aeroporti/telecomunicazioni:canali che consentono un salto di scala. L’aeroporto è un gate che
collega due spazi molto distanti fra loro, per questo sono stati al centro del controllo della pandemia
di Covid-19. Sistema Hub & Spoke:  nodo centrale e raggi (come la ruota di una bicicletta) 
conviene far convergere connessioni che legano luoghi molto distanti e poi far collegare questi punti
con le aree circostanti. Es. da Tokyo non avrò voli per tutte le città italiane, ma ne avrò per Milano e
Roma, poi da Roma potrò spostarmi verso altre città italiane. In Europa generalmente si vola verso la
Germania e la Francia. Cabotaggio: arrivano le merci con i container nei porti principali e da questi
verso i porti minori.
 Digital divide: divario digitale, motivato da vari fattori. Uno può essere spaziale: es. una grande città
potrà avere la fibra, quindi una rete ad ampia portata (si parla erroneamente di rete veloce); se siamo
in campagna la connessione sarà di qualità più scarsa e maggiormente costosa. Il digital divide può
essere anche legato alla capacitò delle persone, es. divario generazionale o di grado d’istruzione.
 La logistica: attenzione, non si parla di curva logistica. La logistica è la scienza dell’ottimizzazione
dei flussi di materiali, forniture, trasporti, etc. Si basa su connessioni di vettori, i quali devono essere
organizzati in modo efficiente (es. carichi ottimizzati). La scienza logistica è di origine militiare: in
passato, anche l’esercito più grande del mondo, se non potevano contare su una filiera di
rifornimento efficiente era condannato. Piattaforme logistiche: luoghi dello spazio in cui le merci
vengono smistate, es. centri Amazon.
 Commercio internazionale: sviluppatosi con i trasporti. Organizzazione mondiale del commercio 
WTO, prima del quale il contesto d’interlocuzione tra i grandi attori commerciali era il GATT
(ccordo generale su tariffe e dazi). Negli ultimi anni Trump ha fatto leva sull’applicazione di dazi,
misure ritenute tabù nel contesto generalmente liberista dell’economia degli ultimi decenni. NAFTA:
con questo accordo era comodo delocalizzare parte del lavoro in Messico (maquilladoras) e
rivenderli negli US come made in USA.
 Nuova Via della Seta: interconnessione commerciale che passa attraverso una serie di accordi tra
Cina e altri partner, molti dei quali solo intavolati. L’Italia era in prima fila per questi accordi ed è
stata molto criticata, soprattutto dagli Stati Uniti, in quanto la Cina avrebbe potuto strumentalizzare
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questi accordi a fini geopolitici. Es. gli US hanno scalato il potenziale rischio di furto di dati a
seguito dello sviluppo, da parte della Cina, della tecnologia 5G.
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Lezione 11
Geografia e popolazione. Trend, dati, distribuzione, piramide delle età
 Popolazione: uno degli elementi costitutivi di uno stato. È un concetto statistico, geografico,
demografico: è l’insieme delle persone che vivono all’interno di un certo spazio in un certo
momento.
 I dati sulla popolazione si ottengono tramite rilevazioni anche molto antiche (es. io censimenti). Da
sempre si è riconosciuta l’importanza delle informazioni sulla popolazione (es. a fini tributari). Non
è facile raggiungere un elevato grado di precisione e di dettaglio (es. una persona potrebbe spostarsi).
Possiamo raggiungere un’idea dellordine di grandezza, anche se il censimento vorrebbe arrivare fino
all’unità. La facilità del censimento è proporzionale al grado di industrializzazione del Paese in cui si
tiene.
 Dati sul pianeta (inizio 2000): non solo la biosfera è una pellicola molto sottile, ma anche il pianeta
non è infinito. Le terre emerse sono circa 15 miliardi di ettari; tra questi il 32% sono aree
anecumeniche (aree in cui la vita è difficile per gli esseri umani). Solo il 2% è composto da aree
urbane.
 Popolazione e risorse: il rapporto tra popolazione e risorse è fondamentale. Gli esseri umani stanno
insieme perché ad essi conviene, oltre che per ragioni sociali; l’aggregazione favorisce
l’accaparramento di risorse tramite l’organizzazione e la specializzazione. Ogni società (si veda il
possibilismo) si rapporta in modo diverso con la natura e l’ambiente, e il rapporto tra popolazione e
risorse è la maggiore causa di conflitti e tensioni.
 Popolazione e spazio: la parte della terra sfruttata è detta ecumene. Per studiare tutto queste
possiamo fare riferiemnto ad una serie di elementi statistici/analitici: ad esempio la densità. Esistono
varie definizioni di densità: aritmetica, ossia il rapporto tra abitanti e Km 2 (unità di misura:
Ab./Km2). Un altro tipo di densità è la densità fisiologica: rapporto tra numero di abitanti e Km 2 di
terra produttiva compresa in un dato spazio. Tuttavia anche questa misura non è totalmente
rappresentativa, es. un’area intensamente urbanizzata avrà a disposizione una limitata quantità di
terra produttiva, agricola (anche se verrà rifornita di prodotti agricoli da altre nazioni).
 La densità di popolamento può essere molto disomogenea (es. Stati Uniti).
 Densità di popolazione rappresentata per zone, non correlate allo stato. Dalla mappa si evince che i
Paesi europei sono densamente popolati, in media.
 Le aree più popolate: Asia Orientale e Meridionale, Europa.
 La rappresentazione cartografica dipende molto dalle classi che scegliamo di considerare, es. nella
mappa in slide abbiamo 5 classi, ma potremmo averne scelte di più, o associate a soglie diverse. È il
cartografo che sceglie le classi.
 Carta anamorfica (non mantiene la forma) per densità: Russia e Canada scompaiono quasi,
emergono India, Cina, Giappone, Stati Europei.
 Video suggeriti sulla crescita della popolazione.
 Carta: 1 puntino = 1milione di persone. Cina, popolazione distribuita sulle coste.
 Carta a fasce. Attenzione agli elementi geografici: anche i fiumi rappresentano poli di aggregazione
di popolazione. Coste di mari e fiumi quindi sono maggiormente popolate.
 Paesi per “classi di popolazione”: Paesi colorati per numero assoluto di abitanti, a prescindere dalla
densità. La scala è logaritmica, quindi ogni classe rappresenta un ordine di grandezza.
 Quanti siamo? Quanti eravamo? Quanti saremo? La popolazione della Terra come si è evoluta? Le
crescite possono essere lineari o esponenziali. (Es. la diffusione del COVID-19 sta seguendo un
andamento di tipo esponenziale: il tempo di raddoppiamento è sempre più breve).
 La popolazione della Terra è cresciuta in modo lineare per poi diventare esponenziale dalla
Rivoluzione Industriale in poi. Ovviamente essa non è stata sincorna in tutto il mondo, ma ha avuto
una diffusione progressiva. La Rivoluzione Industriale ha creato condizioni di maggior disponibilità
di risorse e questo, assieme al progresso della scienza e della tecnica, ha contribuito all’aumento
della popolazione.
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 La crescita della popolazione è determinata dalle attitudini demografiche delle persone (Quando
fanno figli? Quando si sposano?), che a loro volta possono dipendere da vari fattori (religiosi,
sociali, economici) e sono pertanto legate a questioni culturali. Una popolazione nomade tenderà al
controllo delle nascite per minimizzare problemi negli spostamenti, mentre popolazioni stanziali
avranno tendenza alla moltiplicazione (anche per necessità es. di braccia più numerose per coltivare
la terra  attitudine demografica più espansiva).
 Il tasso di crescità è disomogeneo nel tempo e nello spazio. Es. dati del 1998. Il tasso di incremento
è da intendersi come annuale e cumulativo.
 Fertilità: numero medio annuo dei nati vivi per donna in età feconda (range convenzionale: 15 -50).
La fecondità necessaria per la ricostituzione di una popolazione (mantenimento della stessa
popolazione). La risposta teorica sarebbe 2 figli per donna, in quanto si andrebbe a ricreare la
condizione di partenza dei due genitori. In realtà è 2.1, i figli potrebbero non arrivare all’età
necessaria alla procreazione. I fattori che influisocno sulla fertilità sono di varia natura e il tasso di
fertilità è assai variabile nel mondo (Europa: 1,34, quindi al di sotto del 2) Anche le politiche di
controllo delle nascite possono influire sul tasso di fertilità.
 La politica del figlio unico in Cina: il tasso di fertilità in Cina è passato dai 7 degli anni ’60 fino al 2
medio degli anni ’80. Non siamo arrivati a 1 perché comunque non tutti si sono attenuti alla politica.
 In verde scuro: paesi che già nell’89 avevano un tasso di fertilità inferiore al tasso di sostituzione.
Generalmente, Paesi meno sviluppati hanno tassi di fertilità più bassi.
 La piramide delle età. La piramide delle età è un doppio istogramma che rappresenta sull’asse delle
x la quantità di popolazione (in termine assoluti o percentuali), sull’asse delle y le classi di età.
L’istogramma è doppio perché divide la popolazione per sesso.
Guardando la forma della piramide delle età possiamo capire subito se il Paese che stiamo
analizzando è sviluppato, non sviluppato, etc. etc.
Esempio: Kenya/Nigeria 1990. Si noti che, per ottenere la caratteristica forma a piramide, il grafico
è ribatato, per cui l’asse delle ascisse si trova in verticale e quelo delle ordinate in orizzontale. Una
piramide larga alla base e assottigliata alla cima è caratteristica di Paesi in via di sviluppo, con altà
fertilità (numero alto di bambini nati fino a quattro anni prima  perché la classe comprende i
bambini da 0 a 4 anni; es. problemi di fertilità successi più recentemente rispetto a quattro anni fa
sono più difficilmente apprezzabili) e bassa speranza di vita. Questa piramide è vicina allo stato di
natura (ossia la distribuzione di popolazione che avremmo senza un certo tipo di sviluppo).
Esempio: Messico/Cina 1990. Paesi in via di sviluppo in via di rallentamento. Messico  È chiaro
che le classi di età più giovani sono popolate in modo diverso rispetto alla tendenza che l’andamento
delle classi più alte avrebbe suggerito. Questo può essere effetto di una politica demografica di
contenimento, che possiamo datare all’inizio degli anni ’80 considerando che la prima classe d’età
colpita è la 10-14. Cina: compressione fortissima a partire dal 1970 (prima classe impattata è 15 -
19). È notevole osservare come, a partire dall’implementazione della politica del figlio unico ci sia
un notevole squilibrio tra maschi e femmine ( infanticidio femminile nelle campagne; nascite
femminili non registrate).
Esempio: Francia/Giappone 1990. Paesi sviluppati hanno una caratteristica forma “a botte”, la
piramide è quasi persa del tutto (v. Francia): in particolare le classi 40-35 sono state interessate dal
baby boom. La piramide delle età non ci dà informazioni sul futuro, bensì sulle tendenze
demografiche del presente e del passato. In alto possiamo vedere che la classe più anziana è
particolarmente rappresentata, e sbilanciata verso il femminile. Questa classe è l’unica a
comprendere più età (è definita come 75+), pertanto gode di un certo vantaggio numerico per quelle
nazioni che posseggono comunque una nutrita popolazione di anziani, è una classe che raggruppa
vari classi. Nei Paesi in via di sviluppo la differenza non si nota molto).
 Indice di dipendenza. Dato analitico: rapporto tra la popolazione considerata in età non lavorativa
(<15 e >65) e quella in età lavorativa (15 -65), che può essere o meno percentuale. Attenzione: è un
rapporto teorico, non considera il reale dato di occupazione. Ovviamente la natura del numeratore
influenza la criticità del valore di tale indice (es. a seconda che il numeratore sia composto da
bambini o anziani) La piramide dell’età può fornirci un’idea dell’indice di dipendenza. La piramide
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dell’età influenza anche il sistema di previdenza, che dipende dal contingente di popolazione
giovane.
 Particolarità: piramide nel ’61, la classe 40-44 anni è molto meno rappresentata per via delle due
guerre mondiali. Dopo trent’anni la stessa classe la vediamo shiftata in alto e ristretta. Nel’91 la
piramide dell’età dell’Italia si restringe, a causa di fattori sociali e non di politiche demografiche di
contenimento.
 Particolarità 2 (EAU): la piramide è notevolmente sbilanciata dalla parte dei maschi. Perché? La
risposta nella prossima lezione.
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Lezione 12
Stranezze delle piramidi delle età, tassi, Malthus, transizione demografica
 La scala dell’asse delle ascisse nel grafico di sx ha una scala diversa da quella di dx.
Gli EAU (foto di Dubai) hanno un territorio molto strutturato; la palma di terra riconquistata dal
mare, residenze di lusso. Dubai dagli anni ’80 a oggi è stata interessata da imponenti lavori di
costruzione ed investimenti, che hanno portato ad un grande sviluppo umano. Aree precedentemente
desertiche ora sono popolate di grattacieli. In realtà lo squilibrio maschi/femmine è dovuto alla
massiccia presenza di migranti, che costituiscono l’87% della popolazione di Dubai, affluiti negli
EAU a causa della richiesta di manodopera. Dal momento che i lavoranti sono principalmente
maschi, la piramide delle età è notevolmente sbilanciata verso il sesso maschile.
 La piramide dell’età italiana è notevolmente slargata in corrispondenza della classe dei baby boomer.
 Tassi: il tasso, in senso generale, è un rapporto tra due valori, grandezze, quantità e spesso è espresso
come eprcentuale. Può essere chiamato anche quoziente.
 Tassi di natalità e mortalità. Il tasso di natalità si ottiene dividendo il numero di nati in una certa
area in un certo tempo per il numero totale della popolazione di riferimento. Questi tassi si ottengono
per mille, al fine di avere dei numeri più facilmente gestibili. Lo stesso vale per il tasso di mortalità.
Qual è l’unità di misura di tali parametri? Non c’è, sono numeri adimensionali, assoluti.
 Questi tassi non sono omogeneamente distribuiti sul territorio. Nei Paesi sviluppati abbiamo tassi di
natalità sui 10, nei Paesi in via di sviluppo 40 – 50 per mille. Anche in questo caso non dobbiamo
farci ingannare dai colori ma è sempre importante guardare il dettaglio delle classi. Nelle carte di
riferimento, i tassi di mortalià erano più omogenei rispetto a quelli di natalità, confrontando Paesi
sviluppati e Paesi di seconda industrializzazione (es. USA e Messico).
 Tasso di crescita naturale: TN – TM. Crescita 0 vuol dire che TN – TM. Ci dà informazioni sulla
crescita della popolazione; non comprende le migrazioni. Il tasso di crescita naturale, anche se di
entità limitata, può comportare aumenti di popolazioni importanti. Es. un tasso di crescita dell’1%
comporta un raddoppio della popolazione in 71 anni.
 Carta, tasso dic rescita naturale mondiale 2009: abbiamo anche Paesi, come l’Italia, a crescita
naturale negativa. I Paesi in Via di Sviluppo sono caratterizzati da maggior tasso di crescita.
 In passato si pensava che una popolazione molto grande fosse un segno di potenza, anche perché un
esercito nutrito rappresentava un vantaggio in caso di guerre (assunzione valida fino alla I Guerra
Mondiale). Es. Mussolini in Italia parlava di “tot milioni di baionette” e provò a lanciare una
campagna per stimolare la natalità. Una crescita eccessiva della popolazione comincia ad essere
immaginata nel 1798 con l’economista britanico Thomas Malthus come un rischio. Malthus
immaginò che una crecsita della popolazione esponenziale (quale quella che stava registrando in
quel momento) avrebbe ecceduto la disponibilità di risorse disponibili. Ci sarebbero stati quindi
meccanismi naturali (carestie) o sociali (guerre) che avrebbero riequilibrato la situazione.
 Teoria di Malthus: tempo sulle x, popolazione e risorse sull’asse delle y. Le seconde, secondo
Malthus crescevano secondo una progressione lineare nel tempo, le prime potevano invece crescere
in modo geometrico fino ad arrivare alla crescita esponenziale. Attenzione: popolazione e risorse
non possono partire da 0! Nella sua crescita la popolazione può superare le risorse  superamento
della soglia di sussistenza o capacità di carico. Malthus predicava quindi il contenimento della
crescita demografica tramite pratica dell’astinenza, matrimoni tardivi politiche denataliste, etc.
Progressione geometrica  crescita con esponente =2. Una progressione aritmetica, invece
incrementa ad ogni passaggio di un’unità, ed è la crescita che Malthus attribuisce alle risorse. Si noti
che anche nel XX secolo sono state applicate politiche denataliste, e per quanto spiegato sopra sono
anche chiamate neomalthusiane. Tuttavia, immaginiamo che in un Paese qualsiasi che il PIL cresca
ogni anno del 5%: questo rappresenta una crescita enorme secondo gli standard es. europei. Il PIL va
comunque riproporzionato all’aumento della popolazione, es. se la popolazione cresce del 10%
l’anno, la crescita non sarà sufficiente a sostenere la crescita demografica (motivazione alla base
delle politiche demografiche cinesi).
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Anche il contenimento della popolazione, però, ha conseguenze negative, soprattutto sui sistemi
previdenziali.
 Dibattito contemporaneo: viene da immaginare che più un Paese possiede risorse, più è ricco, più la
sua crescita demografica dovrebbe essere stimolata. In realtà è il contrario. Ci sono molti elementi da
considerare, tra cui le caratteristiche del Paese in considerazione. Ad esempio, se questo Paese è
prevalentemente agricolo, i figli rappresentano un investimento, anche a medio termine, sia in
termine di lavoro nei campi che di “previdenza sociale”  assistenza agli anziani.
 Teoria della transizione demografica: sviluppata in Gran Bretagna e basata su dati empirici. Grafico
di spiegazione: sull’asse delle x abbiamo il tempo, sull’asse delle ordinate abbiamo TN e TM. Nel
periodo premoderno avevamo alti TN, ma anche alti TM; i due tassi tendevano quindi a bilanciarsi
ed avevano andamento parallelo, sebbene non sovrapposto (TN leggermente più alto del TM,
altrimenti la popolazione non sarebbe cresciuto: se fosse stato il contrario avremmo un’estinzione
della popolazione, sebbene oscillazioni puntuali ci possano essere). Questa fase si chiama quindi
alto-stazionaria o Fase 1: distanza tra le curve e valori TN e TM sono stabili. Questo grafico non
esplicita il TC, ma lo possiamo comunque evincere dal delta TN – TM. La popolazione totale avrà
crescita stazionaria, ma non vuol dire che il numero totale della popolazione è stazionario. La
popolazione cresce di incremento costante (lineare). Il grafico si riferisce alla storia della Gran
Bretagna. Arriva la Rivoluzione Industriale, l’evoluzione scientifica e socio-politica: TM tende a
scendere. TN in realtà non cambia a breve, in quanto esso è dovuto a pratiche culturali, alla
tradizione. Se in un dato posto era tradizione fare 4 figli a famiglia, questo permane. Quindi, TN è
stazionario, TM cala. Tuttavia TM non può scendere all’infinito e si stabilizzerà, assumendo
andamento asintotico (ovviamente non può scendere sotto zero). La popolazione totale, in questo
caso, cresce (crescita zero sia ha quando TN=TM), di incrementi differenziali nel tempo:
l’incremento aumenta a sua volta nel tempo  crescita esponenziale. Questa è la Fase II. La fase III
è quindi caratterizzata da un abbassamento del tasso di TN: questo perché la società post-industriale
è una società urbanizzata: la gestione degli spazi è una complicazione per una famiglia numerosa, e
un numero maggiore di figli non rappresenta un buon investimento quanto in campagna. In aggiunta,
col progredire del tempo il ruolo della donna nel mondo del lavoro ha acquisito progressiva
importanza. L’evoluzione sociale, quindi, tende a frenare la crscita demografica. Inoltre, più si è
ricchi, più si si vuole godere la ricchezza acquisita , portande ad un ulteriore ritardo nella
generazione di figli. Infine, una società agricola forma giovani e giovanissimi per la produzione,
mentre una società urbanizzata prevede un percorso di formazione più lungo e complesso,
aumentando l’età minima (e la relativa spesa) alla quale si diventa produttivi. Più figli, in questo
caso, vuol dire sostenere costi maggiori  deterrente per la natalità. La fase III vede quindi la
riduzione di TN, che si allineerà con il TM. Nella fase III, ad ogni modo, si badi bene, cresce
comunque (TN sempre > TM!). Semplicemente, l’incremento sarà più moderato. Nella fase IV,
basso-stazionaria, si ottiene nuovamente un riallineamento stabile di TN e TM, con TN>TM.
Ovviamente, la linearità non è mai perfetta (possono esserci macroeventi che turbano l’equilibrio
come carestie, guerre…).
Se riportiamo su un grafico la variazione del tasso di crescita nel tempo otteniamo una gaussiana
(modello che possiamo utilizzare anche per spiegare la diffusione del coronavirus).
Ragionando sulla popolazione totale: la curva, costruita in modo cumulato, assume un aspetto
sigmoidale; arrivata al punto di flesso abbiamo il punto di massima crescita (curva logistica).
Malthus, nel 1798, era preoccupato che la popolazione sarebbe cresciuta in modo geomterico,
indefinitamente, ma perché ha vissuto in un periodo di crescita massima (pertanto, la sua previsione,
era che la crescita fosse esponenziale). La previsione di Malthus non si è avverata perché si sono
attivati dei fenomeni economici e socio-culturali che hanno rallentato la crescita, che non è mai
diventata pienamente esponenziale. Inoltre, Malthus non aveva previsto che le risorse, con la
Rivoluzione Industriale, sarebbero cresciute esponenzialmente.
Oggi i Paesi maggiormente sviluppati (tra virgolette) sono in Fase IV (in alcuni casi abbiamo
addirittura una decrescita); i Paesi in via di sviluppo si trovano in Fase III (o, in rari casi, in Fase II).
La GB si è trovata ad avere la transizione demografica in Fase II in un momento estremamente
https://sites.google.com/view/geografiatabusi19-20

vantaggioso per la GB stessa; i Paesi che hanno esperito più tardi tale fase si trovano invece in
condizioni molto difficoltose.
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Lezione 13
Dalla transizione demograficaalle questioni della migrazione
Nota: la curva della diffusione della pandemia di Covid-19 è una curva logistica. Isomorfismi: logiche di
fondo d’interpretazione che possono essere utili in diversi contesti.
La Fase II è arrivata in qualsiasi Paese in contesti diversi. Quali sono le risorse che la popolazione che vive
questo incremento ha a disposizione?
 Riprendendo la riflessione di Malthus, deve esistere un equilibrio tra popolazione e risorse (anche
senza arrivare alle conclusioni catastrofiche di Malthus); per ristabilire l’equilibrio tra popolazione e
risorse una delle soluzioni possibili è la migrazione.
 Non è possibile dare una risposta univoca alla domanda relativa all’adeguatezza della popolazione
rispetto al territorio: va definito il contesto.
 Sottopopolamento: dal punto di vista economico potremmo avere una impossibilità di trarre le
risorse necessarie a sostentare il gruppo. Il sottopopolamento può quindi anche essere un danno. Dal
punto di vista biologico, il sottopopolamento può essere un rischio in una popolazione chiusa perché
porta all’endogamia. EAU: esempio di come la migrazione ha sopperito al sottopopolamento.
 Sovrappopolamento: si ha quando la popolazione è in numero eccessivo rispetto alle risorse
disponibili. Le risorse disponiili dipendono anche dalla tecnica; ad esempio, per molti anni le
popolazioni del deserto sono state poverissime. Una volta che è stato scoperto il petrolio, per molto
tempo le multinazionali occidentali in possesso delle tecnologie atte allo sfruttamento dei giacimenti
ne hanno tratto benefici in modo esclusivo. C’è anche da considerare che uno stesso territorio non ha
sempre la stessa capacità di carico (es. Germania).
 Rimedi alla sovrappopolazione: o si agisce sulla popolazione o sulle risorse (es. emigrazione
interna, veneti che vanno a lavorare nella Pianura Pontina durante il Fascusmo  molti toponimi che
richiamano il Veneto in quella zona).
 Nel tempo cambia anche l’importanza delle risorse. Es. quando gli Italiani conquistarono la Libia
non trassero vantaggio dal petrolio o dal gas naturale presenti in Libia, in qaunto non avevano le
capacità tecnologiche per sfruttarli. Oggi l’informazione (capacità tecnologica, ricerca, brevetti…) è
una risorsa fondamentale.
 Le migrazioni. Tipo di mobilità territoriale permanente o semi-permanente. La migrazione non è
semplicemente un fatto fisico, ma il geografo deve considerareache le reti di cui una persona dispone
nel territorio di provenienza e la condizione di arrivo: la distanza pratica, economica (quanto costa e
quanto tempo necessita spostarsi). Bisogna anche chiederci se la migrazione è ostacolata o favorita
dai Paesi di partenza o arrivo. Le migrazioni sono alla base dello sviluppo degli esseri umani. La
diffusione delle lingue ha le sue radici nelle migrazioni preistoriche e storiche.
 Migrazioni forzate: nativi americani, tratta degli schiavi
 Migrazioni volontarie: anche a fronte di scelte abbastanza obbligate.
 Attenzione a non confondere i termini “migranti” e “richiedente asilo”: il significato delle parole
varia col contesto storico; anche la parola clandestino ha cambiato recentemente il suo significato.
 Evoluzione politico/mediatica di un concetto: recentemente è salito alla ribalta il concetto del
“migrante economico”. In realtà questa è la normalità della migrazione. Fino a pochi anni fa, perfino
nella legge Bossi-Fini (30/07/2002) era previsto che un migrante economico potesse venire in Italia a
lavorare in accordo a determinate quote. Recentemente, nell’opinione pubblica si è ingenerata una
filosofia per cui il migrante economico non ha diritto di risiedere in un Paese altro da quello di
provenienza. Questo concetto è una novità perfino per la Bossi-Fini, che pure era una normativa
caratterizzata da estrema severità. Essa prevedeva che se un imprenditore desiderava manodopera,
doveva andare al consolato e fare richiesta che una persona che si trovava all’estero venisse in Italia,
situazione assolutamente irrealistica. Tuttavia, per quanto difficile, tali meccanismi riconoscevano in
qualche modo il diritto di un migrante economico ad essere tale. Già dal titolo si giustappongono i
concetti di migrazione e sicurezza. L’impostazione di tale atto normativo considera la migrazione
come un elemnto di rischio per la sicurezza pubblica.
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 Clandestinità: non rispondere alla normativa. Si può essere clandestini se si prova ad entrare in Italia
senza permesso di soggiorno o visto, o si può entrare nella clandestinità successivamente. Es. una
persona entra con un visto turistico e poi rimane anche dopo la scandenza di tale visto diventa
clandestina, o in seguito alla modifica di una norma precedente. Esiste anche un uso strumentale del
fenomeno (es. sbarchi). Ogni fenomeno può determinare percezioni differenti da parte dell’opinione
pubblica a seconda di come è presentato, soprattutto se diretto contro chi non ha i mezzi per
replicare.
 Uso del linguaggio: es. la parola “extracomunitario” si caratterizza come straniero povero.
Evoluzione anche nel linguaggio che identifica le strutture di accoglienza (fino ad arrivare a Hotspot,
che ha una certa connotazione di “distrazione”).
 Storia delle migrazioni. Le migrazioni sono sempre esistite fin dall’antichità. Inoltre, l’attuale
composizione demografica dei continenti americano e australiano è da ricondursi alle migrazioni.
 Ragioni alla base delle migrazioni: se pensiamo alla migrazione verso l’Italia, non sono i più poveri
dei continenti asiatico e africano, probabilmente questi ultimi non hanno modo di concettualizzare
un qualsiasi spostamento. Ci sono quindi anche altri moventi oltre alla povertà. Se io sono cittadino
di un Paese, anche povero, ma che percepisco in crescita, posso pormi come prospettiva di rimanere
nel mio Paese. Se invece percepisco una regressione, sono indotto a spostarmi, anche se non sono il
più povero del mio Paese (anzi, magari sono più formato e informato).
 Se abbiamo una forte crescita demografica ed una bassa crescita economica avremo flussi migratori,
ma quello che conta è soprattutto il trend.
 Il fattore fondamentale è dunque il dislivello percepito tra il mio spazio di partenza ed un eventuale
spazio d’arrivo che ritengo migliore della partenza per una serie di fattori (economi, politici, es.
democrazia VS dittatura). La percezione di questo dislivello è determinante nello scatenare il flusso
migratorio.
 Oggi abbiamo diversi mezzi con cui percepire gli spazi diversi dal nostro, anche molto lontani dal
mondo. Oggi possiamo comunicare in modo molto economico e simultaneo con qualsiasi abitante
del mondo; solo fino a pochi anni fa esistevano le chiamate interurbane, oggi abbiamo Skype e
questo costituisce una novità epocale. La tecnologia è un prolungamento della propria casa, ed è
quello che vediamo anche oggi con il Covid-19. Anche la televisione racconta modelli e influenza la
nostra percezione dei luoghi. Ad esempio, la narrazione che si fa in un telefilm di un certo luogo
difficilmente sarà detrattoria (si pensi alle soap opera italiane trasmesse in Albania, Maghreb);
questo p anche un veicolo di lingua. Le popolazioni che possono ricevere questi programmi possono
imparare la lingua, es. italiana, e anche questo è un fattore che facilita lo spostamento perché ci si
muove più volentieri verso una nazione della quale si ha una comprensione, anche se vaga, della
lingua.
 Altri moventi sono: progresso tecnologico, che fa abbassare il costo dei voli e che facilita la
comprensione dei diversi modelli culturali. Esso fa anche sì che possa immaginare di spostarmi con
“meno sacrifici”, perché posso mantenere i contatti con la mia famiglia d’origine (all’inizio del XX
secolo questo sarebbe stato impensabile, es. migrazione europea verso il Sud America). Oggi si può
immaginare di partire e tornare in tempi relativamente brevi. Un altro elemento fondamentale è la
possibilità di spostare risorse monetarie: un tempo questo era molto difficoltoso (es. spalloni che
portavano merci e valuta dalla Svizzera e l’Italia). Oggi la moneta è perlopiù immateriale e esistono
numerosi strumenti per mandare risorse monetarie al Paese di provenienza, dove acquistano maggior
valore a causa del più basso costo della vita.
 Necessità di lavoro a basso costo e bassa specializzazione: il lavoro nei Paesi occidentali si sta
sempre di più polarizzando, lavori ad alto costo e specializzazione, VS lavori a basso costo,
specializzazione, tutela (es. consegna del cibo a domicilio, call center).
 Teoria delle migrazioni di Everett Lee: si veda libro
 Quale impatto delle migrazioni sul territorio d’arrivo? Qualsiasi migrazione comporta inerzia
culturale che il cittadino straniero che si sposta si “porta dietro”: continua nei comportamenti
demografici tipici del Paese di provenienza (impatto sulla popolazione del Paese d’arrivo), lingua,
tradizione, tendenza a sistemarsi in una comunità di tradizione e lingua simile. Questo è tipico delle
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prime generazioni. Ci sono anche effetti territoriali (eterotopie): i vari quartieri come Chinatown,
Little Italy…. Questo impatta molto la percezione del cambiamento. Esempio nella foto, US: non
notiamo alcuna insegna che rechi l’alfabeto dei nativi americani, ma è tutto inglese. Questo non ci
provoca lo stesso shock culturale che ci provoca vedere insegne cinesi a Piazza Vittorio a Roma,
perché ormai diamo per assodato che la migrazione europea abbia eradicato la cultura dei nativi e
che la diamo per assodato.
 Tutti questi argomenti richiedono di essere affrontati nella loro complessità.
 Le migrazioni possono avere anche un impatto sconvolgente sui territori d’arrivo. Gli impatti più
forti sono stati portati alle migrazioni europee: questo lo evinciamo anche da un’analisi delle lingue
parlate. Tali migrazioni sono correlate ad uno sbilanciamento che si è venuto a creare nell’equilibrio
tra popolazione e risorse  colonie di popolamento (es. Stati Uniti) e colonie di sfruttamento. La
Gran Bretagna ha avuto una prima transizione demografica ed ha avuto modo di scaricarla verso
l’esterno, arrivando a fondare nuovi Stati. Un modo di approvvigionamento delle risorse è proprio
questo: depredare altre nazioni, così come un modpo per scariocare il territorio della pressione
demografica è l’emigrazione.
 Una fortissima ondata migratoria di Europei si è verificata alla fine dell’Ottocento (3.5 * 10^7
persone). I soli italiani furono 9 milioni (quasi 1 persona ogni 4 rispetto alla popolazione totale
italiana), cifra molto più pesante rapportata alla popolazione mondiale totale dell’epoca.
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Lezione 14
Riconnettere elementi della complessità: transizione demografica, demografia, colonialismo, migrazioni
 La migrazione verso le Americhe: si considerino i flussi migratori degli Europei, ma anche degli
Africani a causa della tratta degli schiavi. L’intensità del tratto grafico è proporzionale alla quantità
degli emigrati, Vediamo che all’inizio del XX secolo il flusso dall’Africa si azzera e il flusso diventa
molto intenso dall’Europa al Nord America ; si aggiunge anche il flusso di Cinesi sulle coste
pacifiche del continente nord- e sudamericano.
 Migrazioni in epoca moderna: si noti il flusso dall’Europa al Nordamerica, Centro e Sud, verso il
Sudafrica, verso l’Australia e Nuova Zelanda. Questi sono i flussi principali: l’Europa ha un boom
demografico, in condizioni favorevoli.
 Migrazioni interne: sono meno sotto l’occhio della stampa. Abbiamo importanti migrazioni interne
nei Paesi in Via di Sviluppo, che stanno vivendo un boom demografico senza però quelle condizioni
di vantaggio che ha caratterizzato l’Europa nell’800. Le migrazioni interne sono molto importanti e
sono le prime ad attivarsi: prima di partire verso un altro paese ci si sposta dalla campagna alla città,
o in generale verso le città pi ricche. Oggi, ad esempio, i Paesi Africani sono interessati da grandi
flussi di migrazioni interna, che portano alla costituzione di aree marginali e periferiche attorno alla
città, che ospitano i migranti arrivati dalla campagna in attesa di integrarsi nel tessuto urbano e
trovare lavoro (slums, bidonville, che vivono degli avanzi della città). Si chiamano così proprio
perché anche le case vengono create con l’alluminio dei bidoni. Sono aree molto povere e marginali.
 Figura 3.13, le nuove rotte dell’emigrazione: abbiamo ancora notevoli flussi dall’Europa; dall’Africa
partono importanti flussi verso tutti i continenti.
 Abbiamo detto che l’Europa ha esperito la propria transizione demografica in un periodo di
particolare vantaggio: gli Europei si sono potuti muovere “da padroni”; in molti contesti c’è stata la
possibilità di sfruttare altre popolazioni (es. tratta da schiavi) per massimizzare la produttività dei
propri territori. A partire dall’800 quindi, mentre l’Europa si era saturata, è stato possibile spostare
una buona parte della popolazione “in esubero” verso altri continenti, e tale migrazione è stata
imposta alle altre popolazioni (vera e propria occupazione). Tali continenti erano visti come vergini
dal punto di vista degli Europei, in quanto le popolazioni native non avevano i mezzi tecnologici
adatti allo sfruttamento delle risorse naturali. Queste aree del mondo hanno subito quindi una veloce
europeizzazione.
 Come sarebbero i Paesi che oggi consideriamo maggiormente sviluppati, se la popolazione
emigrata da lì non avesse potuto spostarsi? Sappiamo che la comunità italiana all’estero è molto
numerosa, pertanto è ragionevole pensare che saremmo almeno il doppio; per non parlare della Gran
Bretagna. Se questa dovesse ospitare la popolazione WASP oggi diffusa in tutto il mondo avrebbe
un’estrema densità demografica. E se i Paesi Europei avessero vissuto la loro fase di transizione
demografica in un momento in cui altri competitor cannibalizzavano le loro risorse? Lo sviluppo
odierno dei Paesi Occidentali non è tanto da attribuirsi alla genialità di tale popolazioni, quanto alle
condizioni che si sono venute a creare in quegli anni, tali da permettere all’Europa di fare un salto in
avanti. Questo è dovuto alla geografia politica, alla possibilità di viaggiare, dalla possibilità di
fondare colonie…
 Che impatti hanno avuto questi flussi migratori sull’identità culturale dei Paesi protagonisti?
Si pensi alla Gran Bretagna, che tendiamo ad associare alla tradizione del tè pomeridiano: questa è
una chiara derivazione del fu impero coloniale britannico. Si pensi alla Brexit: le radici della
convinzione di poter fare da soli derivano anche dal retaggio della forza dell’antico impero coloniale.
 Nel grafico vediamo la crescita dei Paesi occidentali, raddoppio tra l’Ottocento e il Novecento. Parte
di questo surplus è stato scaricato tramite l’emigrazione verso altri continenti. Nelle regioni in Via di
Sviluppo, la transizione demografica, che è arrivata ora, crea una situazione esplosiva, perché tale
surplus non trova sbocchi: ritorniamo al concetto della mancanza delle condizioni di vantaggio che
ha avuto l’Europa dell’800.
 Migrazioni in Europa recenti: a livello internazionale, in Europa, la questione migratoria ha assunto
rilievo centrale. Prima di questa data erano soprattutto l’Italia ed altri stati “di frontiera” a vedere gli
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effetti principali dei flussi migratori. Nel 2015 c’è un forte incremento nella cosiddetta rotta
balcanica, ossia quella che porta attraverso i Balcani e verso la Germania, questo perché si sono
aperte delle rotte che portavano dalle aree in guerra del Medio Oriente (soprattutto la Siria, Iraq),
attraverso la Turchia e le isole della Grecia.
A Idomeni si era creato il seguente problema: l’UE ha una certa continuità territoriale, fatta salva la
Svizzera,che permette il passaggio incontrollato di persone e merci per i Paesi che aderiscono a
Schengen. Tuttavia, Romania e Bulgaria non aderiscono a Schengen, pertanto la pressione dei flussi
migratori è ricaduta interamente sulla Grecia, che in questo modo si trovava “scollegata via Terra”
dal resto dell’UE-Schengen. Il sovraccarico della rotta balcanica è stato alla base dell’aumentata
percezione soprattutto tedesca dell’urgenza della questione migratoria. I flussi migratori arrivano
dalla Turchia in modo molto facile alle isole greche (specialmente Lesbo); tali flussi sono utilizzati
come arma geopolitica, soprattutto dalla Turchia, in qualche modo delegata dalla UE ad esercitare
un controllo sui confini della UE stessa, e dalla UE.
Sulle prime, la Germania ha deciso di aprire ai flussi migratori, accogliendo centinaia di migliaia di
unità di migranti. Tuttavia, questo ha cerato un contraccolpo politico in Germania, che ha poi portato
ad un freno sulle politiche di accoglienza. Per i migranti è fondamentale conoscere lo spazio in cui si
muovono: non dispongono di cartografia adeguata (quella reperibile tramite smartphone può non
essere sufficientemente aggiornata). Nell’episodio descritto nell’articolo di VICE si parla di migranti
che hanno dovuto attraversare un fiume (guidati da una rudimentale carta geografica che individuava
gli snodi più importanti del territorio) per evitare dei controlli.
 Accordo UE-Turchia: la UE, a valle della situazione sopra descritta, ha cercato di prendere
contromisure. È stato siglato un accordo (leggere articolo linkato), che però non è un trattato.
18/03/2016, viene concordato che UE e Turchia uniscano le forze nella gestione dei flussi migratori.
Siccome c’erano dei migranti irregolari che erano riusciti ad arrivare nelle isole greche, si
specificava che qualsiasi migrante in questa condizione sarebbe stato riportato in Turchia. Per ogni
siriano riportato in Turchia, un altro siriano facente domanda di regolarizzazione sarebbe stato
spostato in UE. L’UE ha inoltre garantito alla Turchia 3 miliardi di euro in cambio di riprendere
indietro migranti irregolari. Cosa è successo? Recentemente l’UE e la Turchia sono state in attrito
per l’azione che il presidente Erdogan ha condotto nel Kurdistan siriano (vedere i link nelle slide),
l’UE ha fatto rimostranze (anche se blande). In risposta, Erdogan ha quindi fatto richiesta di ulteriori
facilitazioni economiche e non solo, sfruttando quindi i flussi migratori come un’arma geopolitica.
Dobbiamo constatare come UE abbia cercato di delegare un proprio problema alla Turchia, con tutte
le conseguenze che ne derivano.
 Brevi cenni sull’emigrazione italiana: adesso l’Italia è uno dei Paesi di arrivo di flussi migratori, ma
storicamente è stato perlopiù un Paese di partenza. La prima emigrazione italiana si osserva dopo
l’Unità d’Italia e parte dal Veneto e dalla Liguria. Il Veneto è stato tradizionalmente considerato una
delle regioni italiane più povere, e molti “poveri” dei film italiani degli anni ’50 parlano con cadenza
veneta (es. personale di servizio). È quindi importante considerare che la prima fase di capitalismo
industriale interessa il Nord-Ovest italiano. Dal 1887 inizia a prevalere la componente meridionale:
perché? Come dicevamo, la povertà non è il primo movente di un flusso migratorio: si muovono
prima coloro che sono più consapevoli ed hanno le connessione giuste per potersi spostare (si pensi
appunto al Veneto e alla Liguria che dispongono di vie fluviali e porti). Solo dopo, quindi, comincia
ad emergere la componente meridionale.
 Naufragio della nave “Sirio”, 04/08/1906: si schiantò contro le coste spagnole. Il bilancio ufficiale
fu di 300 morti (anche se sicuramente erano molti di più), tutti migranti che stavano dirigendosi
verso l’Argentina.
 Esisteva anche una sorta di narrazione positiva dell’emigrazione italiana, proprio perché non essendo
i media sviluppati al punto di permettere una narrazione più realistica; certi transatlantici venivano
pubblicizzati come navi da crociera, mentre in realtà gli alloggi destinati ai migranti erano molto più
spartani. Le navi avevano dei nomi molto attraenti.
 Incidono sulle migrazioni italiane non solo le difficoltà, ma anche i mutamenti politici. Il fascismo,
in una certa fase della sua storia, puntava sull’incremento demografico, considerato simbolo di una
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grande potenza bellica. Questo faceva sì che la crescita demografica venisse stimolata, ma andava a
detrimento della migrazione, che veniva vista con sfavore. Negli anni ’20 rallentano quindi i flussi
migratori. Un altro elemento di blocco è stata la crisi economica del 1929, che ha portato ad una più
severa selezione dei migranti in entrata negli USA. Dopo la seconda guerra mondiale, gli USA
mantengono una certa politica di chiusura, e i flussi migratori più importanti in partenza dall’Italia
interessano allora altri Paesi europei, come Germania (necessitava di manodopera), Belgio (miniere)
o Svizzera. Essendo spostamenti più limitati esisteva anche un maggior margine di rientro verso
l’Italia.
 Flussi migratori interni: organizzati (bonifica dell’Agro Pontino, contadini veneti) o spontanei
 Distribuzione della popolazione afroamericana per contea: retaggio dell’utilizzo del suolo nel
passato: gli achiavi neri erano utilizzati soprattutto nelle piantagioni di cotone. I territori dedicati a
questa coltura sono quelli che ancora conservano una maggior percentuale di popolazione
afroamericana (stati del Sud-Est); importanti anche i flussi cinesi alla fine del ‘900 verso i poli
industrializzati del Sud-Est asiatico (Bangkok, Singapore, Malesia). Ovviamente i flussi migratori
portano alla costituzione di catene etniche, che li facilitano.
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Lezione 15
Riconnettere elementi della complessità: transizione demografica, demografia, colonialismo, migrazioni
(2)
 Profughi ambientali: migrazioni indotte dai cambiamenti climatici, fenomeno di proporzioni sempre
crescenti.
 Europa: diventata area di immigrazione dopo la II Guerra mondiale, che ha portato una riduzione
demografica notevole, nonché necessità di manodopera per la ricostruzione. Tra gli anni ’80 e ’90
eventi geopolitici come la caduta del blocco sovietico e la dissoluzione della ex Jugoslavia hanno
modificato i confini stessi dell’Europa. La Germania (come altri paesi dell’Europa centrale) ha
cercato di predisporre un contatto con l’Europa orientale con la cosiddetta Ostpolitik (Willy Brandt),
al fine di evitare una frattura irrimediabile al centro dell’Europa e l’insorgere conflitti direttamente
collegato alla caudta del blocco sovietico (anche se le guerre balcaniche non si sono potute evitare,
in quanto i Paesi balcanici sono stati meno interessati dalla Ostpolitik).
 Valore aggiunto: consideriamo la complessità nell’ambito di una riflessione sul bilanciamento tra
demografia e risorse. Introduciamo quindi il concetto di “valore aggiunto”: differenza che esiste tra
il costo associato alla lavorazione di beni e i processi e il prezzo di vendita del bene o servizio ad
essi associato. Il prezzo dovrà quindi essere elevato, per garantire un margine di guadagno
sufficiente e generazione di capitale, o profitto. Il valore aggiunto può essere determinato da molti
fattori: efficienza del processo produttivo, informazione… ma è essenzialmente determinato al
mercato, che stabilisce il prezzo che possiamo stabilire per un prodotto. Quanto più un bene o
servizio incorpora informazione, innovazione, specialità, particolarità, tanto più questo assume
valore (es. telefono di ultima generazione, prodotti brevettati recentemente, sono maggiormente
costosi).
 Ipotesi teorica di aumento della produzione e del valore aggiunto: definiamo un Paese X, in via di
sviluppo, che parte da condizioni iniziali svantaggiose. Tale Paese, attraverso il debito, potrà dotarsi
di nuove tecnologie e metodologie innovative di lavoro: questo determinerà un incremento della
produzione e quindi del reddito, una cui parte potrà essere utilizzata a copertura del debito
precedentemente contratto; una restante parte del valore aggiunto potrà supportare ulteriori
investimenti, creando un circolo virtuoso (spirale positiva). Questa è la logica che ha portato, dopo
la II Guerra mondiale, molti Paesi a contrarre un ingente debito economico (come alucin Paesi
africani, latinoamericani, asiatici).
 Processo produttivo capitalistico: da considerare come un imbutio contenente:
o Risorse naturali (terra)
o Lavoro
o Capitale necessario a predisporre gli elementi necessari alla produzione
Tali elementi devono generare, in “uscita dall’imbuto”, valore quivalente al costo degli in put più un
valore aggiunto. Il capitale si incrementa, quindi, grazie alla produzione ciclica di valore aggiunto ad
ogni passaggio.
Per quanto riguarda i Paesi europei più sviluppati, nel periodo in cui avevano una crescita
demografica più accelerata, tali Paesi hanno potuto mantenere il processo di produzione del capitale
attivo, grazie ad investimenti anzionali ma soprattutto grazie all’introito di risorse garantito dal
colonialismo (il quale garantiva, inoltre, una valvola di sfogo per la pressione demografica). Tale
processo ha permesso la sedimentazione del capitale negli ultimi secoli, evidente nel grado di
sviluppo dei Paesi più avanzati (es. Gran Bretagna). Nel processo di produzione capitalistico,
l’imprenditore tende sempre a reinvestire il capitale per aumentarlo. Il capitale è però anche
definibile anche come un risparmio non utilizzato, qualora il profitto venisse consumato e non
rientrasse nel circolo di produzione capitalistica.
I PVS non hanno incontrato le condizioni favorevoli incontrate dai Paesi europei, e l’applicazione
delle modalità sopra descritte non ha portato agli stessi esiti. Ad esempio, un PVS che si accollasse il
debito necessario ad intraprendere un processo di sviluppo capitalistico non avrebbe avuto garanzia
di produzione di valore aggiunto, in quanto non riusciva a raggiungere i livelli di innovazione
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necessari alla competizione con la produzione di Paesi più avanzati  accumulo di debito, spirale
negativa.
 Neocolonialismo: quando, negli anni ’60, i Paesi europei hanno lasciato le colonie, hanno lasciato
dietro di sé forti legami culturali (es. la lingua) ed economici, consigliandoli sul tipo di investimenti
da fare, quasi mai a vantaggio dei Paesi ex-coloniali. Il neocolonialismo in questo caso si è
configurato come meccanismo di controllo indiretto economico, in virtù della leva del debito
contratto dalle ex colonie. Si può parlare di sviluppo eterodiretto, quindi non endogeno, ma che
segue percorsi imposti dall’esterno, che ha dato prova di non funzionare granché. Ogni Paese, anche
quelli più sviluppati, contrae debito (debito pubblico); si pensi alla recente crisi della Grecia.
 Discorso di Thomas Sankara, presidente del Burkina Faso, sulla necessità di non pagare il debito
da parte dei Paesi africani, in un modo collettivo: include anche un punto sulla necessità del
disarmo dei Paesi africani, in quanto l’acquisto di armi va a detrimento dei Paesi africani e a
vantaggio dei soli produttori di armi (prodotti ad alto valore aggiunto). Per anni l’Africa si è armata
nella convinzione che la priorità fosse il controllo delle tensioni sociali. In aggiunta, Sankara insiste
sulla necessità di creare un mercato comune (quello che è successo in Europa dopo la II Guerra
mondiale), criticando la retorica determinista per cui l’Africa non è capace di autogestirsi e
rivendicando l’orgoglio della produzione nazionale.
È da ricordare che l’Africa (e altri PVS) non si trova ancora in una fase di equilbrio demografico;
pertanto il bilanciamento tra demografia e risorse è fondamentale per capire la complessità della
questione.
 Nella nostra epoca il discorso economico è la sfera a cui tutti facciamo riferimento, di cui alcuni
elementi ci risultano comuni e acquisiti. La visione politica dovrebbe fissare gli obiettivi economici
(e l’economia dovrebbe essere lo strumnento per raggiungerli efficientemente), mentre nella realtà
spesso si assiste allo scenario opposto. Il rapporto tra geografia ed economia è fondamentale: glie
sseri umani sono socializzati perché fin dalla preistoria si è capito che la cooperazione era lo
strumento più efficiente per raggiungere i propri obiettivi: si pensi al fatto che non consociamo i
metodi di produzione di tutti gli oggetti che utilizziamo quotidianamente, le capacità produttive sono
altamente specializzate ed ogni oggetto incorpora lavoro, capitale, materie prime.
 L’economia dovrebbe garantire la massima efficienza nell’impiego delle risorse. Per quantificare
tale efficienza ricorriamo a diversi parametri, sui quali non esiste un pieno accordo. I più consueti
nel discorso economico sono:
o PIL
o Crescita annuale % del PIL
o Reddito pro capite: è proporzionato al numero degli abitanti (es. PIL Cina > PIL Italia ma
reddito pro capite Cina < Italia)
o Indebitamento
o Indice di sviluppo umano
 Ma questi indicatori sono misure di efficienza o finiscono per diventare obiettivi a sé stanti? Se noi
utilizziamo la misura come obiettivo, facciamo un passaggio un po’ azzardato (si pensi alla ricerca
della felciità di Mujica). Il nostro obiettivo è massimizzare il PIL o raggiungere quei target che si dà
la visione politica? Tuttavia, stiamo assistendo ad un shift per cui il PIL diventa un obiettivo. Per una
visione più completa, bisogna conoscere la composizione del PIL.
 PIL: Prodotto Interno Lordo: si definisce come il valore monetario (in $, euro) di mercato di tutti i
beni e i servizi finali prodotti in un Paese in un certo periodo temporale (es. un anno). Non sono i
beni e servizi prodotti da un Paese: si pensi alle multinazionali che operano sul terreno del Paese di
riferimento. Dal computo sono inoltre esclusi i prodotti per autoconsumo. Nella retorica pubblica, il
PIL è consideato un proxy dello sviluppo, ossia un elemento che viene usato per misurare
indirettamente qualcosa che non può essere quantificato in modo preciso (in questo caso: lo
sviluppo). Attenzione alla lettura dei dati! Se un Paese ha un PIL di 100 e perde il 50%, l’anno
dopo si trova a 50. Se poi ricresce del 50%, non torna a 100, ma arriva a 75! È più facile aumentare
“numericamente” percentualmente il PIL quando è basso, ma questo ha un riscontro anche nella
realtà, più un sistema è complesso, più sarà difficile mantenere costante il tasso di crescita. Punti di
https://sites.google.com/view/geografiatabusi19-20

vista alternativi. Il PIL è sicuramente l’indicatore di sviluppo più importante, ma esistono anche
parametri alternativi (es. decrescita felice).
 Indice di sviluppo umano (HDI): indice sintetico, complesso, che prova a rappresentare la qualità
della vita, calcolato ogni anno da una commissione ONU, comprende, tra altri indicatori, anche il
PIL. L’indice va da 0 a 1. Comprende quindi elementi di tipo qualitativo e quantitativo. Adottare
HDI come obiettivo anziché PIL porterebbe all’adozione di politiche sicuramente differenti.
 Indicatori socio-demografici e ambientali: possiamo ricordare il tasso di alfabetizzazione,
aspettativa di vita, tasso di mortalità infantile, riduzione della biodiversità…
 Sviluppo e disuguaglianza del reddito: il reddito non è distribuito in modo bilanciato. Esiste uan
modalità specifica per studiare la distribuzone del reddito nel territorio di un Paese, detta Curva di
Lorenz/Indice di Gini.
 Curva di Lorenz:
o Asse delle ascisse: comprende i percentili di popolazione, ordinata dai più poveri ai più
ricchi.
o Asse delle ordiante: reddito in percentuale assoluta.
o Nel caso di parità assoluta, il 10% più povero avrà il 10% del reddito totale. Nessun Paese si
trova sulla linea della perfetta uguaglianza; non si può trovare sopra la linea perché andrebbe
contro definizione di ricchezza e povertà. La linea di ogni Paese sarà più prossima alla linea
rossa quanto più equa sarà la distribuzione del proprio reddito.
 Indice di Gini: misura dell’area compresa tra la curva della perfetta uguaglianza e la Curva di
Lorenz, la quale descrive la distribuzione effettiva del reddito. È 0 per condizioni di perfetta parità,
100 per la situazione limite in cui un unico individuo possieda l’intero reddito di un Paese.
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Lezione 16
Geografia e sviluppo, i diversi modelli, globalizzazione e cultura
Cap.6
 Globalizzazione e reddito: che rapporto c’è tra globalizzzione e reddito, o globalizzazione e
benessere? La prima ha un effetto positivo o negativo sul secondo? Esistono terie contrastnait al
riguardo.
 Teoria neoliberista. Si basa sull’idea che la migliore efficienza pèroduttiva a livello globale si
ottenga lasciando le forze in campo libere di esprimersi. Attraverso il commercio internazionale si
avrà quindi un’ottimizzazione dei costi (grazie alla concorrenza più ampia), in quanto ognuno, alla
ricerca del proprio vantaggio individuale, concorrerà alla genrazione di vantaggi collettivi.
L’interscambio globale porterebbe inoltre alla specializzazione dei vari Paesi in diversi ambiti
produttivi. Secondo questa teoria, il mercato è la soluzione, in quanto questo è l’ambito in cui
l’efficienza produttiva viene ottimizzata in virtù della concorrenza. Gli Stati dovrebbero intervenire
il meno possibile nella regolamentazione dei fenomeni in gioco.
 Teoria dell’ampliamento del divario: secodo David Harvey, il capitale cerca di muoversi a livello
internazionale approfittando delle migliori condizioni che può trovare sul territorio (es. vantaggi in
termini di costo del lavoro). Il capitale è anche facilmente mobile: si colloca in una località, ne estrae
tutti i vantaggi possibili, e poi delocalizza con facilità. La disparità di poli tra Paesi più avvantaggiati
e PVS, anziché livellarsi come sostenuto dalla teoria neoliberista, si amplierebbe, in quanto i paesi
più avanzati sono dotati di capitale tecnologico e innovativo maggiore, permettendo loro una
maggior specializzazione, perpetuando così il divario esistente tra i due tipi di Paesi.
 Modello dello sviluppo di Rostow (o modello “classico”): modello preso a riferimento quando si
parla di PVS. Negli anni ’60, il modello individuato da Rostow comprendeva i seguenti step
successivi: da una partenza ad economia tradizionale (fase 1), caratterizzata da spostamenti di
piccola scala, quasi di autosussistenza ad una fase che getta le pre-condizioni per il decollo,
agricoltura più strutturata e commerciale (fase 2) Questo permette un limitato accumulo di capitale,
che pone le premesse per un momento di deollo (fase 3), in cui il capitale accumulato viene inserito
nel circuito industriale. Da questo si passa ad una fase di maturità ( fase 4), in cui si accrescono
industrializzazione e specializzazione del lavoro; la società diventa più urbanizzata. La fase apicale
dello sviluppo è quella del consumo di massa (fase 5). Secondo questo modello abbiamo una visione
deterministica/meccanicistica: qualsiasi Paese potrebbe passare da tutte queste fasi, dando l’illusione
di uno sviluppo a portata di mano, pertanto, se non vi riesce, si ha l’impressione che non vi metta
abbastanza impegno. La realtà è molto più complessa di questo, proprio perché le condizioni trovate
dai vari Paesi nelle varie fasi del loro sviluppo erano molto diverse. Le critiche a questo modello di
sviluppo, detto anche degli “stadi di sviluppo”, sono di eurocentrismo, che non tiene conto di pre-
condizioni e fenomeni complessi (come l’indebitamento) o dei “salti” (leapfrog). Se un Paese arriva
molto tardi ad una determinata fase di sviluppo, potrebbe addirittura “saltare delle tappe” ormai
obsolete (es. infrastrutture come i cavi telefonici ormai non sono più condizioni necessarie per lo
sviluppo) e “risparmiarne” i costi (unico elemento vantaggioso dello sviluppo tardivo).
 Teoria della dipendenza: vede lo sviluppo come un processo di rapporti internazionali e
intranazionali  processo relazionale. La dipendenza è un esito del commercio internazionale, che
definisce stati dominanti e dipendenti (si pensi anche al discorso di Sankara). Se un PVS viene
convinto a specializzarsi es. sulle arachidi (es. Senegal), diventa molto più soggetto alla fluttuazione
del mercato. La dipendenza può essere veicolata dalla presenza di imprese multinazionali, controllo
militare…si veda lo schema per cui gli Stati dominanti offrono difesa in cambio di risorse; o,
controllando la produzione e l’ideazione dei prodotti finiti ad alto valore tecnologico, tengono in
scacco le economie dei PVS, che non possono diversificarla (specie se si sono specializzati su input
dei Paesi dominanti) e che al contempo si trovano costretti ad importare prodotti ad alto valore
aggiunto, ad alto prezzo. Le relazioni esterne degli stati dipendenti passano attraverso il
“paternariato” dei dominanti.
https://sites.google.com/view/geografiatabusi19-20

La dipendenza può esplicarsi a livello tecnologico-finanziario, attraverso la presenza di


multinazionali, che attraverso le proprie filiali monopolizzano il mercato del lavoro e possono far
leva sulla minaccia della delocalizzazione. Anche questo può perpetuare la scarsa capacità dei PVS
di mettere in discussione il predominio degli stati dominanti.
 Teoria del sistema-mondo (I. Wallerstein): diverse polarità, si parla di stati centrali, semi-periferici e
periferici, non in senso strettamente geografico ma politico-economico,. Gli Stati centrali sono forti a
livello militare, posseggono capitale, hanno economia diversificata e ad alto valore aggiunto. I semi-
periferici sono in transizione. È una teoria più dinamica, lascia più spazio alla mobilità degli stati a
livello “gerarchico”.
 Approfondimenti sul modello neoliberista: focus su proprietà e libertà individuale; lo Stato è
considerato un elemento di disturbo nella regolamentazione delle forze economiche. Modello
dominante dagli anni ’80 (UK  Thatcher; USA  Reagan). Il modello neoliberismo, dopo il crollo
dell’URSS, non ha trovato più antagonisti rilevanti a livello ideologico e pertanto è ancora
prevalente, sebbene non egemonico e messo in crisi, in primis dagli USA, con la politica di Trump
che sostiene l’intervento dello Stato (es. introduzione di dazi a fine negoziativo, la cui rimozione era
sostenuta dal WTO).
 Programmi di aggiustamento strutturale: in caso di crisi economica, possono interagire attori esterni
come IMF e Banca Mondiale, che possono proporsi di supportare lo Stato in difficioltà, a patto che
questi accetti di seguire politiche da essi suggerite e guidate. Es. Alla Grecia è stato imposto di
abbandonare alcuni settori da esso finanziati, o di tagliare spese pubbliche detiante es. al welfare,
alla sanità… Non sempre il sistema suggerito è realmente vantaggioso non solo per indicatori
economici ma anche di altra natura (si pensi al caso delle pandemia).
 Critiche ai PAS: nel breve e medio periodo la povertà può essere aggravata (si pensi alla Grecia),
l’esportazione può essere accelerata a svantaggio degli affari interni; la moneta locale può essere
svalutata qualora lo Stato avesse potere di stampa (non UE!) per aumentare la competitività
internazionale nelle esportazioni (ma ovviamente andrebbe a detrimento delle importazioni).
 Obiettivi del millennio: enunciati dall’ONU in termini di sviluppo globale il cui termine viene
sempre procrastinato.
Cap.5
 Geografia culturale e globalizzazione: esempio dei tatuaggi, come esempio di globalizzazione. Nel
tempo cambia la percezione di una pratica, es. decenni fa il tatuaggio era prerogativa di certe
categorie sociali (es. portuali).
 Quali sono le novità dell’epoca che stiamo vivendo? Compressione spazio-temporale: facilità negli
spostamenti.
 Reti: la metafora della rete ci dice che le reti di interconnessione diventano sempre più lunghe e
dense. Le innovazioni tecnologiche sono determinanti per cambiare la concezione dello spazio e del
tempo.
 WTO: creato nel 1995 al fine di ampliare il più possibile il commercio internazionale e abbattere le
tariffe doganali, nella convinzione che un commercio libero avrebbe contribuito alla creazione di un
sistema economico globale più efficiente.
 Multinazionali: aziende che operano in diversi stati; anche la proprietà può essere collocata in vari
stati. Prima degli anni ’90 c’era una certa correlazione trauna grande azienda e il relativo stato di
appartenenza. Col venire meno dell’URSS, il liberismo ha dilagato ed ha contribuito a fluidificare i
legami delle multinazionali con lo stesso stato d’origine. Alcune multinazionali hanno fatturati
superiori al PIL di alcuni piccoli stati.
 Globalizzazione e cultura: la cultura di massa risente in modo molto intenso della globalizzazione.
Tre diverse prospettive:
o Omogeneizzazione: le culture del mondo starebbero tendenzialmente sparendo in quanto
verrebbero “omogeneizzate”, tendenza ad un’unica cultura globale. Si pensi ai grandi centri
commerciali, agli aereoporti. Augé ha teorizzato i non-luoghi: spazi che non hanno
caratteristiche peculiari correlati alla cultura. L’omogeneizzazione è favorita dalla diffusione
del capitalismo e può avere come conseguenza la colonizzazione culturale.
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o Polarizzazione: la tendenza a reagire alla possibile omogeneizzazione derivata dalla


globalizzazione culturale rafforzando la propria individuale cultura, creando poli opposti.
Questo può sfociare in uno scenario di tensioni.
o Glocalizzazione: derivata da “globalizzazione” e “localizzazione”, parole antonime.
Intreccio di globale e locale: il locale può servirsi della globalizzazione per trovare nuovi
mercati; es. commercializzazione di prodotti di nicchia. La dimensione locale potrebbe
quindi estendersi, con un salto, nelle esportazioni e favorire ulteriormente produzioni locali.
Questo è particolarmente applicabile in ambito produttivo-economico (“think globally, act
locally”). Negli ultimi anni anche molte catene di distribuzione alimentare italiane si sono
affermate in questo contesto.
 Milieu territoriale: concetto che riassume le reti che possono esistere in un territorio, sia sotto il
profilo delle capacità (saper fare) presenti in un territorio, sia sotto il profilo dell’interrelazione tra
gli attori. Ambiente territoriale fecondo sia in termini di conoscenza territoriale (es. distretto
calzaturiero nelle Marche), che di competenze nel fare sistema e rafforzando una certa coesione.
 Capitale territoriale: capacità di un territorio, arti, competenze (es. artigiane), cultura immateriale.
 Sistema locale territoriale: milieu + rete di soggetti (concetti sovrapponibili).
 Distretti industriali: aree caratterizzate da competenze diffuse e infrastrutture adatte (es. capacità di
spostare merci).
 Mercificazione della cultura: cultura come creazione sociale. L’ambito culturale può essere
suddiviso in cultura materiale e immateriale. Non è raro che si provi a trasformare la cultura in una
merce. La cultura può essere un elemento forte che rende competitiva una merce (es. produzione
vinicola  conoscenza immateriale della tradizione vinicola; quando si acquista un vino si acquista
anche “l’idea” di un territorio). La pubblicità è una forma di comunicazione strutturata in modo tale
da far sorgere dei bisogni (es. i diamanti; l’acquisto è un bisogno culturale  si è correlato il
diamante all’amore, al romanticismo, quindi ad un elemento culturale, che arricchisce il diamante).
 Heritage: patrimonio socio-culturale
 Patrimonio come industria: si può vendere il territorio (es. Aria di Napoli).
 Patrimonio mondiale dell’umanità: forte polarizzazione a vantaggio dei Paesi del Nord del Mondo, e
in particolare Europei. A volte tale riconoscimento può comportare svantaggi (es. turismo intensivo e
poco gestibile).
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Lezione 17
Lingue, razze, etnie, religioni
Cap.4
 Razza: costrutto sociale che in passato si riteneva determinante nelle effettive capacità
dell’individuo. Tale idea è del tutto desitituita di fondamento. In biologia si parla del fenotipo, ossia
dell’aspetto esteriore degli individui, e di genotipo, che è l’insieme dei caratteri ereditari genetici
dell’individuo. La razza quindi non esiste in quanto tale, bensì qualcosa che ha assunto un carico
socialmente connotato, l’attribuzione di un significato alle apparenze somatiche degli individui su
pretese scientifiche (es. determinismo ambientale).
 Etnicità: elemento più marcatamente culturale. L’etnicità, che deriva dal greco per “popolo”,
riguarda la visione di sé stessi e la visione degli altri nei cofnronti di noi stessi; l’autoriconoscimento
di un’appartenenza e del riconoscimento dell’alterità  rischio di conflitti etnici. Non dobbiamo
però fare l’errore di attribuire caratteristiche di etnicità al fenotipo dell’individuo: come faccio a
capire qual è l’etnia di una persona, che non è connotata somaticamente? Dovrei studiare a fondo le
abitudini di questa persona. L’etnia non può essere semplicemente correlata ad un’apparenza.
Tipicamente, le migrazioni possono determinare scollamenti tra etnicità e fenotipo dell’individuo.
 Assimilazione: modello per cui le persone di una diversa etnia debbano essree assimilate nella
comunità di arrivo a seguito di una migrazione. Esempio: migrazioni degli algerini in Francia;
attraverso l’uso della lingua si provava a “francesizzare” le popolazioni in arrivo. Esempio
statunitense, “melting pot”: miscuglio di varie popolazioni con le loro caratteristiche.
 Integrazione: mantenimento di alcune caratteristiche tipiche della popolazione di arrivo senza che
esse siano cancellate tramite l’assimilazione  arrivo al multiculturalismo che valorizza tale
differenze (es. Svizzera, che ha al proprio interno molte componenti caratterizzate da lingua e culture
diversa). Nel corso della storia possono venire a crearsi delle isole etniche (es. comunità arbereshe
nel meridione d’Italia che tutt’oggi parlano un albanese arcaico); una realtà più recente è costituita
dai quartieri etnici. Un caso molto particolari sono le gated communities, comunità facoltose che si
isolano da contesti più disagiati e molto comuni in Paesi caratterizzati da forti divari ricchi/poveri.
 Quoziente di localizzazione: prova a rapportare alla media nazionale la presenza di una certa etnia
presente in un’area X. Se in un certo spazio di New York abbiamo una densa presenza di Italiani, il
quoziente di localizzazione è più alto magari che in altre aree degli USA.
 Religioni: nel grafico a torta osserviamo che le religioni più rappresentate sono la religione cristiana
(circa 1/3 della popolazione mondiale), Islam, Induismo. Nel cartogramma osserviamo una
distribuzione di colore univoca: essa sta a rappresentare la religione prevalente in un certo spazio
geografico, ma si parla comunque di una maggioranza. Osserviamo le varie differenze intra-
religiose, es Sciiti/Sunniti per Islam. L’Islam sunnita è diffuso in aree con indici demografici in
progressione, al contrario del Cristianesimo; secondo questa prospettiva l’Islam tenderà a
raggiungere numericamente le proporzioni del cristianesimo in termini di seguito. Anche il
Cristianesimo appare molto diversificato nelle sue branche.
 Focolai primari di diffusione delle religioni: due focolai, il focolaio indico e i focolai semitici. I
focolai semitici hanno generato le prinicipali religioni monoteiste: Ebraismo, Cristianesimo, Islam
(in ordine cronologico). Le prime due si dipartono dall’area della Palestina storica, mentre l’Islam si
diffonde dall’Arabia Saudita. Luoghi sacri  Gerusalemme: muro del pianto, importante per
l’Ebraismo; per il Cristianesimo l’area geografica è simile; Betlemme è il luogo di nascita di Cristo e
Gerusalemme è il luogo di morte. Per l’Islam i principali luoghi sacri sono La Mecca, Medina e
Gerusalemme, perché là Maometto sarebbe asceso al cielo per visitare il paradiso e poi ritornare a
terra. La città vecchia di Gerusalemme, che si è molto ampliata nel corso degli anni, al punto da
rendere difficile individuarne i confini amministrativi. La città di gerusalemme ci dice molto del
rapporto tra spazio e peso che ad esso viene dato dalle varie culture e religioni. Questo è uno dei
luoghi più contesi del mondo, in particolare la zona che comprende il muro del pianto, sacro agli
Ebrei perché rappresenta secono la tradizione l’ultima porzione esistente del tempio di Salomone,
distrutto per due volte dai Romani. Tuttavia, l’area limitrofa designa l’ascensione di Maometto
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(Cupola della Roccia della moschea di Al-Aqsa, Gerusalemme). Questo piccolo spazio è quindi al
centro del conflitto arabo-israeliano. Nel quartiere cristiano c’è la Chiesa del Santo Sepolcro.
Geografia dell’industria e dei servizi
Capp.7-8
 Settori dell’economia:
o Settore primario: tutto ciò che ha a che fare con la natura o con le materie prime riguarda il
settore primario: agricoltura, pesca, estrazione di minerali. Problemi di dipendenza: se un
Paese si specializza solo nel settore primario è troppo esposto alle variazioni del mercato e
dalle oscillazioni del prezzo del bene in cui esso si è specializzato (es. petrolio, monocolture,
es arachidi in Senegal);
o Settore secondario: ha a che fare con le attività manifatturiere, ossia quelle che elaborano e
trasformano le materie prime, provenienti dal settore primario. Esso può produrre beni finiti
oppure intermedi di lavorazione (semilavorati) che a loro volta vengono reimpiegate nel
processo produttivo.
o Settore terziario: relativo ai servizi – commerci, trasporti, pubblica amministrazione;
o Settore quaternario o terziario avanzato, individuato più recentemente (es. Borsa Valori,
eccellenza universitari)  elevata specializzazione.
 Agricoltura:
o Prima rivoluzione agricola circa 11000 anni fa. In questo periodo, il cambiamento della
modalità di approvvigionamento delle risorse creano specializzazioni più efficienti, che
liberano delle risorse e delle potenzialità. Potendo produrre, con l’agricoltura, beni anche
eccedenti la sussistenza, gli esseri umani hanno potuto cambiare il loro modo di vivere,
determinando l’origine degli stabilimenti urbani. La scoperta dell’agricoltura ha liberato
tempo e risorse per parte della popolazione che poteva quindi dedicarsi ad altro, nonché
dalla necessità di spostarsi in modo nomadico. Un testo interessante, ma da prendere
piuttosto con le molle, è Armi, acciaio e malattie di Diamond che parla di come l’agricoltura
è nata in focolai diversi. I focolai di sviluppo dell’agricoltura sono stati vari e indipendenti,
correlati spesso alla presenza di acqua, di grandi fiumi come nella mezzaluna fertile;
o Seconda e terza rivoluzione agricola, da non confondere con rivoluzione verde e
rivoluzione genetica  v. sul manuale.
 Agricoltore come difensori dell’equilibrio idrogeologico: l’agricoltura non si occupa solo della
fornitura di cibo, ma anche di difendere l’equilibrio idrogeologico e del paesaggio in quanto si
occupa della cura dei terreni, della pulizia dei canali (prevenzione delle esondazioni..). è per questo
che è importante tutelare gli agricoltori (cosa fatta dall’UE) in quanto se lasciassimo stabilire al
mercato i flussi agricoli, sarebbe più conveniente acquistare all’estero le derrate alimentari.
 Prezzi in agricoltura; se fossero lasciati solo al mercato, le terre dei Paesi industrializzati sarebbero
sicuramente lasciate incolte  importanza dei sussidi. Alcune multinazionali tendono a semplificare
la produzione, tendendo ad utilizzare sementi (anche brevettate) appositamente ingegnerizzate 
difficoltà nella tutela delle aree rurali.
 Sostenibilità, tipo di uso del suolo: esempio, biocarburanti, creati per non consumare petrolio, che
comportano però la deforestazione di ampie aree boschive per piantare fonti di biocarburanti.
Esempio di agricoltura non sostenibile (consuma anche molta acqua).
 Iper-specializzazione dei PVS: prevalentemente Africa e parte dell’Asia sono più esposte a tale
rischio. Si pensi al Medio-Oriente che dipende soprattutto dalle esportazioni di combustibili. Per
quanto riguarda le colture agricole, i prezzi tendono ad oscillare molto, esponendo un Paese che si
basi solo su di essa a rischi notevoli, non riuscendo a soddisfare i bisogni es. di una popolazione in
crescita (es. transizione demografica). Grande difficoltà dei PVS di avere livelli di reddito
ragionevoli (rif. a Sankara).
In tutto il mondo si osserva una discesa nella specializzazione in esportazione di materie prime sul
totale di merci esportate (tendenza che di per sé è positiva: esporto prodotto a più alto valore
aggiunto). L’Africa purtroppo fonda ancora il 90% circa delle sue attività sull’esportazione di
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materie prime, attività che non permette l’accumulo di capitale. Si è invece osservato un incremento,
soprattutto per alcuni Paesi (es. Tigri asiatiche), nelle esportazioi di prodotti ad alto valore aggiunto,
es. prodotti ad alta tecnologia). Si pensi al caso della Corea del Sud, che non possiede più “fabbriche
cacciavite” ma colossi all’avanguardia in R&D.
 Percentuale di addetti in agricoltura: massima in Africa sub-sahariana (70%). Ovviamente questo
non è direttamente correlato alla produttività di tali attività, che infatti è massima in UE (che pure
ha la minore percentuale di popolazione addetta).
 Quote latte: è necessario sostenere il prezzo dei prodotti agricoli, altrimenti i nostri produttori
abbandonerebbero i campi, con le seguenti conseguenze: gestione di terre incolte che
comporterebbero notevoli costi, nonché peggioramento del paesaggio, urbanizzazione incontrollata
in una fase di scarsa crescita delle attività lavorative. Per fare questo, la UE ha deciso di adottare
delle quote, ossia di assegnare ad ogni Paese un massimo di hL di latte producibile. Tale quantità
non è correlata alla capacità produttiva: tutti i produttori potrebbero produrre molto di più, ma questo
comporterebbe un crollo del prezzo del latte che non avvantaggerebbe nessuno, tuttavia tale sistema
è contestato dai produttori. Se le quote latte sono superate, lo Stato deve pagare una multa.
 Modello di Von Thunen: importante anche per descrivere l’organizzazione della città. Tale modello,
al momento della sua ideazione, era però relativo alla produzione agricola. Von Thunen nell’800
immagina uno spazio isotropico (=tutto uguale) al cui centro esiste una città. Come si organizza lo
spazio circostante in termini di produzione agricola? Von Thunen mette in rapporto la distanza dal
centro e il peso della produzione con i costi di trasporti (diretta proporzionalità). Esempio,
l’allevamento estensivo del bestiame verrà posizionato lontano dalla città, perché non abbiamo
bisogno di custodire e spostare frequentemente tali animali, che comunque necessitano di spazi
molto alti. La stessa cosa vale per colture estensive che non richiedono cure frequenti (e quindi non
richiedono frequenti spostamenti), come i cereali. L’allevamento in stalla necessita invece di una
maggior vicinanza alla città, es. se caseario, perché il latte è un materiale deperibile e gli animali
necessitano di cure quotidiane (es. mungitura). Posizione dei boschi potrebbe sembrare
controintuitiva  in realtà però nell’800 il legno, ricavato dai boschi, era una risorsa molto utilizzato
in città e il suo peso renderebbe costoso il trasporto da distanze maggiori. Vicinissimo alla città
mettiamo gli orti perché vanno curati, controllati e producono materiali a maggior deperibilità. Se ci
fosse una via di comunicazione (strada, fiume), anche questa costituirebbe il centro e deformerebbe
le “fasce” di specializzazione di conseguenza, in quanto essa facilita il trasporto in sua prossimità.
Non conta quindi la distanza lineare, quanto la distanza-tempo e la distanza-costo.
 Agricoltura in europa e Politica agricola comunitaria (PAC): la PAC ha utilizzato, per gran parte
della storia della CEE/UE, la maggior parte dei fondi europei, per molto tempo (adesso la
percentuale si è ridotta). Una buona gestione dell’agricoltura è fondamentale per la qualità del
territorio e della sostenibilità.
 Valore aggiunto: è massimo nelle fasi iniziali e finali della catena produttiva, quindi la progettazione
del prodotto/marchio e il marketing sono attività a valore aggiunto elevatissimo. L’attività
manifatturiera in realtà contribuisce minimamente all’apposizione di valore aggiunto (infatti è spesso
esternalizzata). Più è alto il livello di specializzazione e competenza della forza lavoro impiegata,
maggiore è il valore aggiunto e l’incamerazione di capitale.
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Lezione 18
Nascita e sviluppo dell'industria; localizzazione; delocalizzazione, esternalizzazione (e altro); modalità di
produzione industriale; le città (introduzione e sviluppi storici)
Capp. 8-10
 Rivoluzione industriale: ha permesso di potenziare la capacità produttiva dell'essere umano.
Ripensiamo a Malthus: egli considerava solo la produzione agricola, non aveva previsto la
rivoluzione industriale! Le fabbriche si localizzavano inizialmente vicino alle fonti di materie prime
e fonti d'energia, in quanto il trasporto di queste ultime era molto dispendioso per la pesantezza di
queste e l'arretratezza della tecnologia dei trasporti.
Essa ha avuto un forte impatto sulla demografia (v. transizione demografica); talvolta le industrie
hanno fatto nascere/sviluppare delle città, laddove esse si siano posizionate in zone non
caratterizzate da insediamenti umani, che si sono quindi creati ex novo in seguito all'attivazione
degli impianti industriali. Con lo sviluppo delle reti di trasporto, questo ha concorso allo sviluppo di
un reticolo urbano sempre più fitto. Oggi le logiche di localizzazione sono altre: disponibilità di
ampi terreni a basso costo, luoghi ben connessi ed accessibili, accesso ai mercati, luoghi ricchi di
manodopera a basso costo, regioni che concedono agevolazioni fiscali.
 Economie di agglomerazione: le economie di agglomerazione sono vantaggi che derivano dal fatto
che esistono delle prossimità tra alcuni attori di servizi e produzioni industriali. Ad esempio, a volte
esistono starde o vie che concentrano categorie di negozi tra loro simili, cosa che sembrerebbe
controintuitiva sulla base del prinicipio della concorrenza, ma che creano "distretti" immediatamente
identificabili dal consumatore come area in cui facilmente si può reperire quel tipo di prodotto; sono
facilitati anche i fornitori che non devono spostarsi in luoghi più dispersi. Le economie di
agglomerazione sono quindi economie che derivano da queste prossimità. Per l'industria e l'impresa,
esse consistono nella prossimità di industrie e servizi "cooperanti" (es. azienda + ferrovia). (es.
grandi regioni manifatturiere, che si trovano in luoghi in cui venivano estratte le materie prime).
 Integrazione verticale: volontà di un'impresa di cercare di inglobare tutta la filiera della produzione,
dalla materia prima al prodotto finito. Inizialmente l'industria tendeva all'integrazione verticale.
 Fordismo: rispetto alle modalità precedenti, rappresentava un incremento della produttività grazie
alla catena di montaggio, costo dei lavoratori molto basso (operai non specializzati), salari elevati
rispetto alle modalità di produzione precedenti in quanto il valore aggiunto creato secondo questa
metodica permetteva di mantenere un certo livello di retribuzione. Tuttavia, questo modello
produttivo presentava degli svantaggi: inceppamento della catena produttiva, prodotti standardizzati
e poco customizzabili, dequalificazione e alienazione del lavoratore che non riconduce i suoi sforzi
lavorativi alla produzione del prodotto finito.
 Post-fordismo: il fordismo entra in crisi a causa della crisi energetica (conflitto arabo-israeliano),
diseconomie di agglomerazione--> disfunzione e sovraccarico del territorio dovuto all'eccessiva
concentrazione di industrie nello stesso territorio; evoluzione tecnologica, mutamento nei gusti dei
consumatori cui la produzione fordista non riusciva ad adattarsi.
o Reazione: produzione flessibile (Toyota). Al centro della produzione è la qualità, assicurata
da meccanismi di controllo e verifica; viene dato maggiore spazio al contributo dei
lavoratori, che risultano più stimolati se coinvolti pienamente nel processo produttivo;
personalizzazione del prodotto in base a ricerche di mercato (es. accessori implementabili
sulle autovetture, creano anche maggior valore aggiunto); la quantità di prodotti viene
razionalizzata e ritarata attraverso il principio del just in time,

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