Sei sulla pagina 1di 3

Aspetti sociolinguistici (SL) e pragmatici (PR) del materiale didattico

La comprensione di quali implicazioni para- ed extralinguistiche abbia la scelta sull’asse di una certa varietà di un certo
contesto o cotesto quando si costruiscono dei materiali didattici può rivelarsi essenziale per cogliere ciò che non viene
detto, assolvendo in tal modo allo sviluppo di abilità pragmatiche, quantomeno nel caso dell’InC, ricettive.
Le nozioni inerenti le regole SL possono essere anticipate anche a studenti di competenza bassa, facendo attenzione a
non creare un corto circuito da eccesso di input (regola sempre valida). Adulti e post-adolescenti, destinatari di
MINERVA, al contrario dei bambini, possiedono già una competenza SL formata nella propria lingua, dunque centrare i
materiali didattici sul parlato comporta una scelta molto forte dal punto di vista SL. Questo significa mettere da parte le
forme standard delle lingue romanze, quelle più trasparenti, e porsi il problema del livello di marcatezza al quale
scendere nella selezione dei tratti del parlato, nel quale, più che nello scritto, emergono aspetti diatopici. Bisogna avere
chiaro anche il rapporto tra la norma attesa dall’insegnamento e la realtà degli effettivi comportamenti linguistici delle
persone. Bisogna anche essere consapevoli del fatto che ogni varietà di lingua è corretta in sé stessa, ma non per questo
è corretta in ogni situazione di comunicazione: una didattica che voglia essere veramente al servizio dell’apprendente
deve presentare un modello di lingua adatto alla situazioni di comunicazione che prevediamo siano di maggiore
interesse per quest’ultimo.
Sul piano PR, questo significa che dobbiamo essere consapevoli che ogni varietà di lingua ha una sua funzione, una sua
spendibilità sociale. Ci sono delle farsi che nello scritto vengono considerate errate, ma che sono accettate
comunemente nell’orale, es. “Vorrei la strada per il più vicino bancomat” invece di “Vorrei sapere quale strada devo
prendere…”. Nell’orale questo tipo di scorciatoia è la norma, è nello scritto che è necessario esplicitare quanto non
viene supportato dal paraverbale. Bisogna quindi fare molta attenzione alla forza pragmatica delle frasi e vedere quanto
veramente possano incidere sul reale passaggio del messaggio.
In MINERVA sarebbe stato illogico impostare tutto il lavoro di progettazione sul parlato e utilizzare campioni di lingua
tipici dello scritto, inappropriati ai fini comunicativi selezionati. In MINERVA sono state accolte le modalità relative al
canale, i caratteri comuni a tutte le lingue romanze in quanto propri dell’oralità, del parlato faccia a faccia, che domina
nei materiali, che va dall’informalità dell’interazione fra pari (modulo “Divertirsi e fare nuove amicizie”), alla
semiformalità dell’interazione con sconosciuti in situazioni non paritarie (modulo “Risolvere un problema di salute” o
“Partecipare alla vita accademica”), fino all’informalità con sconosciuti (“Orientarsi e spostarsi in città”).
In secondo luogo, ci siamo chiesti quali tratti propri del parlato delle lingue coinvolte potessero essere presentati, es. la
varietà belga rispetto a quella francese? Le varietà del nord o del sud dei vari Paesi? Differenti tipi di accento? Nel
modulo “Risolvere un problema di salute” si porta l’apprendente a riflettere su vari aspetti del lessico castigliano e
francese del parlato. In modo esplicito, la studentessa protagonista utilizza “merci” (pron. /mèrci/) al posto di gracias: si
tratta di un gallicismo molto frequente nel parlato. Si invita l’apprendente a sfruttare la propria competenza PR es. alla
domanda della protagonista se può essere visitata nella segreteria dello studio non si risponde direttamente ma si inizia a
chiedere date, implicando quindi indirettamente che la risposta è affermativa. La segretaria chiede alla ragazza in quale
via abita, questa fornisce anche il n° civico e la città pur se non richiesto, perché si ipotizza che queste informazioni
servano. Si tratta di insegnare a sfruttare le proprie conoscenze PR della situazione, ciò che direbbero nella propria
lingua o in un’altra lingua romanza incontrata nel proprio percorso di formazione.

Problemi legati alla formazione e alle competenze di insegnanti e apprendenti


Premessa: gli insegnanti di lingue straniere, in tutto il XX secolo, si sono confrontati con il problema della loro
riconversione, soprattutto quelli di lingue materne o romanze, soprattutto per la raccomandazione della Comunità
Europea, sia per l’inserimento di immigrati. Si sono avuti quindi molti casi di improvvisazione e anche, fortunatamente,
azioni corrette di formazione come quelle che vengono erogate da Unistrasi.
La differenza fondamentale tra un insegnante di lingua e un insegnante di italiano che si riconverte in insegnante di
italiano L2 è che i primi, per il percorso di studi che hanno fatto, sono più abituati a riflettere sulle lingue, sul oro
funzionamento e su come loro stessi abbiano appreso le lingue. Normalmente, hanno già una maggiore sensibilità
rispetto agli altri, i quali sono più sensibili alla forma e sono ancorati all’insegnamento della lingua italiana come L1,
trasportando le relative modalità d’insegnamento e valutazione nell’ambito della L2. L’insegnante, di fronte
all’approccio di InC si trova spesso spiazzato, perché deve abbandonare metodi più tranquillizzanti, come quelli
tradizionali (ricordiamo che il metodo grammaticale.traduttivo non è mai scomparso); l’insegnante, con l’approccio,
InC si deve far carico di una serie di competenze che vanno oltre la competenza nella lingua insegnata, ma deve tenere
conto del fatto che il linguaggio verbale (questo vale per tutti gli approcci più moderni) intrattiene rapporti stretti con
l’intera personalità dell’apprendente, la sua vita affettiva, intellettuale, sulla capacità dei rapporti sociali, abilità che
l’apprendente ha di usare altri linguaggi. Con il materiale introdotto in MINERVA l’insegnante poteva ssumere due
ruoli: quello di consulente nella sperimentazione condotta autonomamente dagli apprendenti (era un CD, quindi poteva
essere anche usato in autoapprendimento) e quello di facilitatore, con il quale poteva organizzare anche dei materiali
aggiuntivi. L’insegnante aveva quindi un ruolo molto secondario nel materiale MINERVA: doveva comunque avere una
chiara idea delle scelte teoriche e dell’epistemologia che stava dietro al progetto, eprché doveva sapere quali processi
venivano attivati nei singoli moduli, come questi si raccordavano gli uni agli altri, come potevano aiutarlo a sviluppare
nei propri studenti una competenza comunicativa che fosse realmente consapevole. Un insegnante facilitatore doveva
prestare particoalreattenzione alle caratteristiche dei suoi apprendenti per poter intervenire con input aggiuntivi, anche
se in accordo ai principi ai quali si ispirava MINERVA, per facilitare un apprendimento di tipo costruttivista, stimolando
negli apprendenti la riflessione su ciò che stavano facendo, le strategie attivate nello svolgimento delle attività, nel
rispetto della loro autonomia. Era infatti stato creato un quaderno per l’insegnante, il dossier auteur, (francese utilizzato
come lingua franca, anche se durante le riunioni ognuno usava la propria lingua, rispetatndo i vantaggi dell’InC), che
conteneva indicazioni di tipo teorico e pratico sulla situazione del modulo, sulle attività, la natura dei materiali.. con
riflessioni specifiche sugli aspetti socio-pragmatici, le funzioni e gli atti comunicativi contenuti nel modulo stesso:
raccomandazioni fornite agli insegnanti.
 Es. dal quaderno per gli insegnanti, dal modulo “Divertirsi e fare nuove amicizie”:
Tra le tecniche più idonee per rafforzare il processo di comprensione si hanno cloze, accoppiamento, incastro; per guidare la
comprensione si hanno domande a scelta multipla, transcodificazione e griglie (venivano quindi date precise indicazioni sul tipo
di tecnica glottodidattica da utilizzare). I tipi di ascolto previsti sono: 1) globale, che serve per rendersi conto di cosa si sta
parlando; capcità coinvolte individuare elementi enfatizzati, riconoscere singole parole/espressioni che permettono di
ricostruire il tema generale, connettori. Importanti anche le conoscenze culturali, che permettono di collocare le informazioni nei
giusti schemi di riferimento; 2) ascolto rielaborativo (es. durante una lezione, o quando si ricevono istruzioni) prevede anche la
capacità di immagazzinare in memoria il messaggio, è il tipo di ascolto più complesso (ascolto globale + ascolto finalizzato) e
può essere collegato ad altre capacità, es. prendere appunti. L’insegnante si deve quindi aspettare dagli apprendenti diversi
comportamenti e risultati dalle due diverse tipologie di ascolto.
Si consiglia di attivare sempre le seguenti aspettative all’ascolto: 1) extralinguistiche, ossia valori socio-culturali e contenuti; 2)
metalinguistiche (es. caratteristiche di un telegramma rispetto ad altri tipi di testo); 3) linguistiche (segmentazione di blocchi di
signficato e relazioni concettuali tra le parti del discorso).
Per ogni attività erano state redatte brevi spiegazioni degli obiettivi a cui miravano e delle competenze messe in gioco, come si
legge nel dossier: ascolta e leggi ancora una volta il questionario prima di completare le seguenti scelte  spiegazione di come è
stato strutturato il questionario, casualità delle risposte ridotta dal raggruppamento di tre item per domanda, capacità di
divinazione sfruttata per sfuttare abilità di comprensione, non essendo questa una prova di verifica ma un’attività per ipotizzare il
contenuto del questionario. Descrizione, quindi, delle singole attività.
Gli insegnanti dovevano essere quindi capaci di una interazione didattico-educativa che veramente desse il risultato di
una consulenza, ma dovevano essere anche produttori di stimoli, guide interculturali e interlinguistiche e sempre meno i
detentori di una didattica dirigistica e punitiva, organizzata secondo stili cognitivi più propri dell’insegnante, che
dell’apprendente. Gli insegnanti dovevano far acquisire la capacità di saper fare ai propri apprendenti (d’ora in poi
App), la riflessione, l’autocritica.
Se gli insegnanti (d’ora in poi Ins) non adottano metodi più idonei alla formazione di una coscienza interlinguistica, sarà
più difficile che i loro alunni siano spontaneamente portati a riflettere sui meccanismi dietro al funzionamento del
linguaggio, riguardanti anche le attività che svolgono. Quindi, l’apprendente dovrà essere cosciente dell’approccio alla
lingua che viene adottato nei materiali di InC, ispirato al costruittivismo sociale e culturale, secondo il quale
l’apprendimento è un processo attivo nel quale si impara ad imparare mentre si sta imparando, ricorrendo alle
conoscenze già a disposizione, rielaborandole mentalmente, soprattutto rapportandole a situazioni o contesti esperiti. Al
fine di facilitare l’apprendimento riflessivo da parte dell’apprendente si era creato un dossier apprenant, per insegnare
all’apprendente ad unsare strategie comunicative, prendere coscienza di ciò che veniva richiesto nei compiti, invitando
l’app a concentrarsi su alcuni aspetti piuttosto che su altri, e sulla natura dei compiti somministrati. Nello specifico, nei
compiti si cercava di ridurre il carico procedurale, facendo ricorrere alla lingua materna o ad altre lingue già apprese; si
cercava di far concentrare l’App sui contenuti e non unicamente sulla forma.
Si cercava di far leva sul fattore affettivo, che condiziona l’apprendimento, e il fatto stesso di portare l’App, attraverso
le procedure adottate, a concentrarsi più sul contenuto che sulla forma, oltre che all’assenza di esplicite prove di
verifica, abbassava il livello di ansia linguistica, generalmente molto alto nelle prime fasi di avvicinamento ad un’altra
lingua. Nel quaderno studenti erano compresi anche materiali che avviavano al processo di apprendimento:
registrazioni, materiali che suggerivano percorsi di comprensione, accesso a documenti scritti o visivi inseriti nel
modulo… era stato attivato tutto ciò che era possibile affinché questio materiali fossero efficaci e gratificassero i
bisogni dell’App. Il piacere e la motivazione nell’apprendimento delle lingue sono importanti. Nel caso del piacere,
esso poteva essere perseguito su più fronti: es. scoprire somiglianze e trasparenza di fondo delle lingue romanze, che
può passare dall’osservazione empirica e naturale che caratterizza l’InC fino ad arrivare all’InC guidata e costruzione di
percosi specifici; presentazione di una vasta varietà di repertori, canali linguistici, generi testuali, situazioni vicine al
destinatario; spendibilità immediata delle competenze acquisite nel modulo per i bisogni di interrelazione sia
interlinguistica che interculturale; percorsi costruiti sulla base del problem solving, che rendono sempre più autonomo
l’apprendente nella costruzione di conoscenze non lineari, bensì creative e frutto di un processo di rielaborazione.
L’obiettivo di MINERVA era molto ambizioso, essendo basato sull’InC orale, e poteva essere utile perché faceva leva su
questi elementi di gratificazione e sugli aspetti pragmatici.

Testi
I testi input scelti e le immagini erano stati selezionati sulla base delle raccomandazioni del QCER, sfruttando la
familiarità che l’App aveva con certe tipologie testuali, sulla base della sua fascia d’età. Erano quindi categorie che
potevano aiutarlo nella comprensione. Vedovelli, 2002, nel suo commento al QCER sostiene che la familiarità con le
regole costitutive delle classi di testi rimanda ai processi di comprensione, assunti come non lineari, né puramente
sequenziali, ma come dipendenti da strutture di conoscenza pregressa sul campo dei saperi, di socialità entro il quale si
inscrive il testo. La familiarità del tema contenuto nel testo agevola l’App e la costruzione del supporto audiovisivo
completava questa facilitazione e l’attivazione di processi di anticipazione e conoscenza pregressa. I testi scelti
contenevano caratteristiche del parlato reale (es. rumori di fondo), anche se si era cercato di ridurre il più possibile il
numero delle voci, in quanto poteva creare delle difficoltà di disambiguazione, noché sovrapposizione dei discorsi o
velocità di parola eccessiva. Si è preferito utilizzare testi parlati a bassa densità informativa e alta ridondanza, che
potevano però essere segmentati grazie al supporto utilizzato. Il parlato più utilizzato nei modelli era il dialogo; era
strettamente legato al contesto extralinguistico in cui veniva prodotto, ricorreva a deittici, allusioni, impliciti etc. I testi
erano stati registrati con la modalità del canovaccio: da un’indicazione base, gli attori erano liberi di interagire sulle
indicazioni relative alla situazione.

Potrebbero piacerti anche