Sei sulla pagina 1di 3

Cognizione e sensibilità

nell'ipermondo
Franco Berardi (Bifo)

Mutamento tecnocomunicativo e mutazione psicocognitiva sono interdipendenti,


come lo è l'organismo e il suo ecosistema. L'organismo del quale parliamo è
l'organismo cosciente che la tradizione umanistica idealizza secondo certe
caratteristiche. Ma le limitazioni umanistiche dell'organismo cosciente sono
entrate in tensione. L'estensione biomacchinica è il problema di fronte al quale
l'evoluzione si trova attualmente. L'organismo cosciente è anche organismo
senziente, fascio di recettori sensibili, terminale sensibile.

L'entropia del linguaggio


Il mondo in cui viviamo comincia ad apparirci come il risultato di uno
zapping proiettivo nel quale combiniamo sequenze di provenienza linguistica
diversa, in frammenti ermetici che funzionano come chiavi per aprire una porta
oltre la quale non c'è che il vuoto.
Sperimentazione ermetica transculturale, costruzione di autostrade
trasparenti che corrono irresponsabili verso il cielo.
L'infosfera è l'ambiente nel quale gli organismi si formano come cellule
interconnesse. Il linguaggio costruisce questo sistema di innervazioni e si finge
una comunità, un'appartenenza; è nel linguaggio che viene costruita la finzione
dell'origine, funzione di comprensione reciproca, ma anche illusione di un
fondamento comune. Nel linguaggio si costruisce l'appartenenza e la comunità,
ma in realtà il processo comunicativo è dispersione: ogni atto di comunicazione
è entropica. Possiamo parlare, certo, di una lingua come fenomeno strutturato,
come esecuzione di un programma grammaticale - ma si tratta di un'astrazione.
La realtà parlata, vissuta di una lingua è di tutt'altro genere, è un processo
fluido, un equilibrio instabile nel divenire delle diaspore. Ancor più che da una
radice, il linguaggio procede da una diaspora. Cos'è una diaspora? Il procedere
da un luogo (illusorio, puramente mentale, proiezione nostalgica, allucinazione
della memoria e finzione di identità) verso tutti gli altri luoghi. Diaspora è allora
la dispersione di una verità e di una coerenza originaria, la quale in effetti altro
non è che una proiezione nostalgica. Dispersione di una finzione condivisa.
Entropia di un'illusione proiettata verso il passato. «Non c'è universalità della
lingua, non c'è universalità degli atti linguistici. A ogni sequenza di espressione
linguistica è associata una rete di catene semiotiche di ogni natura (percettive,
mimiche, gestuali, pensieri per immagini ecc.). Ogni enunciato significante
cristallizza una danza muta di intensità che si gioca al tempo stesso sul corpo
sociale e sul corpo individuale. Dalla lingua alla glossolalia, tutte le transizioni
sono possibili» (Félix Guattari, L'inconscient machinique, 1979).
Ogni lingua parlata è il punto di incontro transitorio e sfuggente di differenti
diaspore, di vari allontanamenti da passati luoghi virtuali puramente nostalgici.
La tarda modernità è l'epoca in cui l'intera umanità è sottoposta a uno
sradicamento, una diaspora fatta di emigrazioni e di colonizzazioni culturali
incrociate, ma anche di una costante emulsione informativa che filtra attraverso
ogni poro della vita quotidiana.
Per comprendere il processo della mutazione occorre tener d'occhio il punto
di intersezione tra linea del mutamento tecnocomunicativo e fenomenologia
della sensibilità. Apparato tecnocomunicativo e sensibilità formano il rizoma del
divenire psicochimico.

Diaspore e panico
Nell'epoca tardomoderna le tecnologie di comunicazione mettono in moto
un processo di deterritorializzazione generalizzato e costante che si manifesta
come sradicamento e ubiquità, e come aleatorietà del rapporto tra segno e
referente. La deterritorializzazione tardomoderna lacera i veli illusori della
referenzialità del linguaggio e dell'identità psichica, premesse illusorie che il
soggetto moderno portava dentro di sé: illusione rappresentativa, culto
romantico dell'appartenenza. Il vigore totalitario della modernità, l'integralismo,
l'economicismo, il fascismo, il socialismo autoritario sono tutte manifestazioni di
questa ossessione dell'origine. La deterritorializzazione telematica fa esplodere
ogni riconoscibilità del territorio sensibile, non meno che ogni coerenza
oggettiva del mondo conosciuto. L'inconscio sociale reagisce alla
deterritorializzazione con una sorta di paura panica perché l'investimento sociale
del desiderio non lo porta ad accettare la deriva come condizione del consistere,
non lo predispone a riconoscere il vuoto come destino e come punto di arrivo
del conoscere. Panico è la reazione dell'organismo cosciente improvvisamente
risvegliato davanti all'erompere della proliferazione semiotica, e improvvisa-
mente privato dei filtri di cui disponeva la mente critica e disciplinare della
modernità. La società moderna ha costruito le sue strutture disciplinari come un
esorcismo contro il vuoto e contro il panico. Ma ora la potenza comunicativa
della tecnologia digitale produce un eccesso di informazione, rispetto al tempo
di attenzione socialmente disponibile. Il mercato dell'attenzione è saturo. Marx
parlava di crisi di sovrapproduzione riferendosi all'eccesso di offerta determinato
dalla crescita produttiva, troppo rapida rispetto alle capacità di assorbimento del
mercato. Oggi il luogo essenziale della crisi di sovraproduzione è il mercato
dell'attenzione, il tempo di elaborazione cosciente disponibile nella società.

L'inflazione semiotica
I centri da cui promana il flusso di informazione si moltiplicano e si rendono
invisibili fino a produrre un effetto di inflazione incontrollabile. Inflazione
significa: sempre più danaro compra sempre meno merce. L'inflazione semiotica
si manifesta come un regime in cui sempre più segni comprano sempre meno
senso.
«Coloro che dovrebbero essere guida per la popolazione vedono troppi
aspetti di ogni questione, ascoltano tante cose e scoprono che si possono dire
tante di quelle cose a proposito di ogni cosa, che non provano più sicurezza a
proposito di nulla. Un senso opprimente non solo della relatività delle idee, ma
di un'enorme quantità e incoerenza dell'informazione, una cultura di incroci e di
energie inestricabili - questa è la sensazione primaria del nostro tempo (Charles
Newman, The post-modern aura, 1985)».
E nell'ultimo numero di «Wired» scrive John Perry Barlow: «La maggior
parte del Congresso americano si trova ormai in situazione di datashock.
Ognuno dispone a malapena di un tempo di attenzione pari a un viaggio in
ascensore. Catastrofe da complessità in cui un organismo è costretto dal
contesto a elaborare più informazione di quella che può comprendere. Il
sintomo frequente è la fibrillazione, un tremito che precede il collasso del
sistema. Possiamo dire che l'intero Congresso e il Governo degli Stati Uniti
hanno raggiunto questo stato».

Gli automatismi decisionali


I segni proliferano oltre la capacità di ricezione attenta, e oltre la capacità di
decodificazione cosciente. I segni non sono più soggetti a interpretazione.
Divengono piuttosto un oceano nel quale si naviga attraverso catene di
associazione. Sul piano cognitivo la sovrastimolazione provoca una sorta di
appannamento dell'attenzione, che porta a effetti di disattivazione. Il processo
della decisione che dipende dall'attenzione viene progressivamente
automatizzato. Gli automatismi tecno-sociali sostituiscono progressivamente la
volontà umana nel processo della decisione. Andiamo verso una salutare resa
della volontà. Decidere, scegliere, volere sono attività impossibili, dal punto di
vista del sistema info-cognitivo.

Droghe e tecnocomunicazione
Ma la sensibilità, quel processo di singolarizzazione del mondo esperito che
chiamiamo erotismo, come si ridefinisce, come si adegua alla
sovrastimolazione? Conosciamo due tecniche di mutazione dell'organismo
senziente di fronte alla sovrastimolazione: una tecnica è quella
dell'intensificazione percettiva (droghe di tipo anfetaminico, XTC, aumento della
capacità di elaborazione percettiva dell'esperienza nell'unità di tempo); l'altra è
quella della riduzione dei segnali in entrata tramite schermatura del sistema
ricettivo (droghe di tipo oppiaceo, riduttori dell'afflusso di stimoli, raffinatori
della qualità percettiva dell'esperienza). Droghe e tecnocomunicazione sono in
stretto rapporto; sono i due fattori di alterazione del rapporto mente-mondo.
Quando parliamo di droghe dobbiamo prendere questa parola in tutta la sua
estensione, non ridotta alla ristretta farmacopea delle sostanze criminalizzate
dalla legge, ma estesa a tutte le sostanze che regolano il rapporto della
sensibilità con l'ambiente. E quando parliamo di droghe, a questo punto
dobbiamo riconoscere che stiamo semplicemente iniziando un discorso
sull'automutazione, sulla mutazione autogovernata che l'organismo
cosciente/senziente induce su se stesso per apprendere a elaborare
cognitivamente, percettivamente, emotivamente ed eroticamente il materiale
informativo-stimolante in entrata.
In effetti stiamo solo cominciando un discorso sulla mutazione genetica
autoindotta, che costituirà probabilmente il percorso di riadeguamento
dell'organismo cosciente all'ipermondo.

Politiche della mutazione


Le politiche della mutazione che dobbiamo probabilmente sviluppare non
avranno più niente a che fare con l'idea di trasformare un mondo che è divenuto
del tutto ingovernabile da parte degli agenti umani (meri frammenti di un
cervello superorganismico integrato e governato da automatismi biomacchinici e
tecnolinguistici), ma saranno essenzialmente mutazioni genetiche e percettive
autoindotte, protesi chimiche e neurofisiche che renderanno l'organismo capace
di elaborare materiale informativo e percettivo che non può più essere né
elaborato né goduto nella sfera dell'umano. Il post-umano non è un dato, ma un
progetto al quale già stiamo lavorando, non so quanto consapevolmente.

Potrebbero piacerti anche