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Geologia Applicata – Ingegneria Civile e Ambientale –Ing.

Civile – AA 2020-2021

Geologia Applicata
Corso di Laurea in Ing. Civile – 2020/21
PARTE I A

La Terra
La terra è il terzo pianeta in ordine di distanza dal Sole (figura 1) ed è il quinto per
massa:
 Orbita: 149.600.000 km dal sole
 Diametro: 12.756,3 km
 Densità media: 5,517 g/cm3 (il pianeta più denso del sistema solare)

Figura 1

Conoscenze dirette
Sino a profondità dell’ordine della decina di Km (1/600 della crosta terrestre)
attraverso:
 Lavori in sotterraneo
 Perforazioni profonde
 Studio delle parti profonde della crosta sollevate ed erose
 Vulcanismo

Conoscenze indirette:
Attraverso:

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 studio della propagazione delle onde sismiche generate dai terremoti


 misure del campo gravitazionale terrestre
 del campo magnetico terrestre
 del flusso di calore terrestre
Terremoti
Le rocce che formano la crosta hanno un limite di resistenza e quando gli sforzi
superano questo limite le rocce si rompono.
La frattura si propaga in modo rapido e violento, generando il terremoto, cioè
liberando energia sotto forma di onde elastiche (Figura 2).

Figura 2

Durante un terremoto quindi si sviluppano delle vibrazioni violente e veloci che si


irradiano in tutte le direzioni e vengono chiamate onde sismiche.

Queste onde sono praticamente delle vere e proprie onde sonore che hanno origine
nel punto di rottura delle rocce, denominato Ipocentro (Figura 3). Il punto
corrispondente sulla superficie terrestre, esattamente sulla verticale dell’ipocentro,
è chiamato epicentro.
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Figura 3

Le onde P (Prime), le più veloci (1.5> velocità > 8 km/sec), longitudinali, fanno
oscillare le particelle nella stessa direzione di propagazione dell'onda, comportano
sforzi di trazione e compressione nel mezzo (aria, acqua e terreno) e viaggiano sia
nei solidi che nei fluidi (Figura 4)

Figura 4

Le onde S (Seconde), sono meno veloci (circa al 70% della velocità delle primarie),
producono vibrazioni ortogonali alle precedenti, propagandosi solo nei solidi con

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una velocità inferiore a quella delle onde P; comportano sforzi di taglio (Figura 5)

Figura 5

Esistono comunque delle altre onde che, nei terremoti, sono le più importanti e
pericolose. Queste sono le onde superficiali che generano sforzi di taglio nel
terreno e, in superficie, sono le onde che si avvertono come scosse, producono i
danni maggiori e possono avere carattere trasversale. Le onde superficiali - Onde L
(lunghe), più lente e più ampie, si trasmettono solo lungo la superficie di
separazione di due mezzi.

Quando le onde P e le onde S raggiungono un qualsiasi punto della superficie


terrestre, comincia a propagarsi concentricamente un’onda superficiale più lenta
delle "onde di volume". I due tipi di onde superficiali principali sono: le onde di
Rayleigh (Figura 6) e le onde di Love (Figura 7).

Figura 6 - Le onde superficiali di “Rayeligh” producono uno scuotimento sussultorio del


terreno.

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Figura 7 - Le onde superficiali di “Love” producono uno scuotimento orizzontale del terreno.

Il sismografo
Il sismografo (Figura 8) è costituito da una serie di elementi che consentono la
rappresentazione grafica dell'andamento del segnale sismometrico nel tempo sotto
forma di un sismogramma.
Analizzando il sismogramma si può conoscere l'entità, la natura (con una singola
stazione solo in modo parziale), e la distanza del sisma dal punto dove è avvenuta
la registrazione del sismogramma stesso. Il sismografo deve dunque rappresentare
fedelmente il movimento del suolo oppure le grandezze (accelerazione o velocità)
con le quali si può in seguito estrapolare il movimento assoluto del suolo.

Figura 8

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Magnitudo e Intensità
La grandezza di un terremoto si misura con due valori diversi: la magnitudo e
l’intensità.
La magnitudo (ideata nel 1935 dal famoso sismologo statunitense Charles F.
Richter) si usa per stimare quanta energia elastica quel terremoto ha sprigionato.
Fra la magnitudo e l’energia di un terremoto vi è un rapporto matematico molto
particolare. Ogni volta che la magnitudo sale di una unità l’energia aumenta di circa
30 volte (Figura 9). In altre parole, rispetto a un terremoto di magnitudo 1, un
terremoto di magnitudo 2 è 30 volte più forte, mentre uno di magnitudo 3 è 30 per
30 volte, cioè 900 volte più forte!

Figura 9 - Magnitudo Richter

Intensità.
Ad essere presi in esame sono gli effetti sull’ambiente, sulle cose e sull’uomo. Se la
magnitudo di un certo terremoto è solo una, l’intensità invece può cambiare da
luogo a luogo, a seconda di quel che è successo a cose e persone; in genere, più ci
si allontana dall’epicentro e più l’intensità diminuisce. L’intensità di un terremoto
viene espressa con la scala Mercalli (sismologo italiano, inizio del XX secolo)
Questa scala (Figura 10), successivamente modificata da Cancani e Sieberg, si
compone di dodici gradi: più alto il grado, più disastroso il terremoto. La magnitudo
Richter ML e la scala Mercalli-Cancani-Sieberg sono due misure estremamente
diverse: la prima è ottenuta utilizzando i sismometri; la seconda è una
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classificazione degli effetti del terremoto su persone e cose. Sono misure non
sempre correlabili; terremoti forti in zone disabitate o con edifici antisismici non
causano danni e hanno quindi gradi bassi di intensità. Viceversa, piccoli terremoti in
aree con costruzioni non adeguate possono provocare danni e determinare gradi alti
di intensità.

Figura 10

Quanto dura un terremoto?

Il terremoto è causato dall’improvviso scorrimento (o rottura) di due blocchi di


crosta lungo una frattura, chiamata faglia. La durata della rottura (o scorrimento)
della faglia è legata sia a quanto tempo un punto sulla faglia impiega a scorrere e sia
al tempo necessario affinché la rottura si propaghi lungo la faglia (Figura 11).
Bisogna pensare a un terremoto come un’area piuttosto che a un punto.
Quindi, maggiore è l’area della faglia che si rompe, maggiore è la durata del
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terremoto.

Figura 11

I terremoti recenti sono distribuiti maggiormente proprio in quelle zone che in


passato (Figura 12) hanno conosciuto i massimi valori di magnitudo: quindi i
terremoti tendono a ripetersi sempre negli stessi posti. Negli ultimi 30 anni i
sismometri hanno registrato più di 190.000 eventi sismici in Italia e nei Paesi
confinanti, in gran parte concentrati nelle aree montuose e nelle zone vulcaniche
(Figura 13).
La maggior parte di questi non è stata avvertita dalla popolazione e sono 45 i
terremoti che hanno avuto una magnitudo Richter pari o superiore a 5.0.

Confrontando le Figure 12 e 13 può sembrare che in questi ultimi anni siano


avvenuti più terremoti che in passato. In realtà l’implementazione e lo sviluppo
tecnologico della rete di monitoraggio sismico, avvenuti dopo il 1980, hanno
permesso di registrare terremoti sempre più piccoli, quasi impercettibili.

Questi terremoti avvenivano certamente anche in passato, ma non esistevano


strumenti per registrarli e quindi non ne è rimasta traccia.

La figura 14 riporta con diversi colori i valori di accelerazione del terreno che hanno
una probabilità del 10% di essere superati in 50 anni.

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Figura 12 - La sismicità dall’anno 1000 al 2006 (Dati: CPTI11,


http://emidius.mi.ingv.it/CPTI11/)

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Figura 13 - I terremoti di magnitudo ML≥2.0 registrati dalla Rete Sismica Nazionale (Dati:
Iside, http://iside.rm.ingv.it)

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Figura 14 -La pericolosità sismica del territorio nazionale (Ordinanza PCM n. 3519/2006,
http://zonesismiche.mi.ingv.it/).

Indicativamente i colori associati ad accelerazioni più basse indicano zone meno


pericolose, dove la frequenza di terremoti più forti è minore, ma questo non significa
che essi non possano verificarsi.

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Lo studio della propagazione delle onde P ed S ha consentito di dedurre la struttura


interna della terra, che risulta essere costituita da una serie di involucri concentrici
caratterizzati da densità, temperatura e pressione crescenti dall'esterno verso
l'interno (Figura 15).
La velocità delle onde sismiche varia con la profondità in funzione della densità del
mezzo attraversato (Figura 16)

Figura 15 - Sismogrammi con la registrazione delle onde P, S e superficiali provenienti da un


terremoto lontano

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Figura 16

Nella Figura 17 è riportato l’andamento dei percorsi delle onde P attraverso l'interno
della Terra.
Le linee tratteggiate indicano l'avanzamento dei fronti d'onda attraverso l'interno a
intervalli di 2 minuti.
La zona d'ombra è una regione che le onde P non raggiungono (per un ipotetico
terremoto al Polo nord) poiché vengono deviate dal nucleo della Terra. La zona
d'ombra per le onde P si estende da una distanza angolare di 105° dall'ipocentro a
una distanza angolare di 142°. Un'onda P generata dall'ipocentro di un terremoto
impiega 20 minuti per propagarsi attraverso il nucleo ed emergere agli antipodi, a
una distanza angolare di 180°.
Le onde S non possono penetrare nel nucleo liquido e quindi non emergono mai oltre
105° dall'ipocentro

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Figura 17 - Andamento dei percorsi delle onde P attraverso l'interno della Terra

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L’interno della Terra


La terra è costituita dall'esterno verso l'interno (Figura 18) da:
Crosta
 Oceanica
 Continentale
Mantello
 Superiore
 Inferiore
Nucleo
 Esterno
 Interno

Figura 18

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La divisione in strati è basata sulla velocità sismica (dipendente dalla composizione


e dalla struttura minerale degli strati stessi)

Il mantello superiore (Figura 19) presenta:


 uno strato rigido sovrastante (detto mantello litosferico)
 uno strato plastico sottostante (detto astenosfera).
La litosfera è costituita da tutta la crosta e dal mantello litosferico.

Figura 19

La crosta continentale (SiAl) è molto più eterogenea di quella oceanica ed è


costituita prevalentemente da rocce granitiche leggere (ricche in Si, Al, Na e K,
elementi leggeri)
Essa si suddivide in una crosta superiore meno densa e in una inferiore più densa.
Gli spessori della crosta sono molto variabili (20÷60 km a partire dalla superficie
della terraferma) e raggiungono il valore massimo sotto le catene montuose.

Il nucleo (Figura 18) può essere diviso in:


 nucleo esterno, costituito da lega di ferro liquida (con densità tra 10 e 12
g/cm3) e collocato a profondità tra i 2900 ed i 5155 Km;
 nucleo interno di lega di ferro solida (densità di 13 g/cm3), a profondità da
5155 Km sino al centro della Terra

La base della crosta è indicata da una discontinuità nella velocità sismica


(improvviso aumento di velocità delle onde longitudinali P da 6.8-7.5 Km/s a circa 8
Km/s) identificata da Andrija Mohorovicic nel 1909 e detta discontinuità di Moho
(Figura 20).
Tale discontinuità si trova ad una profondità tra un minimo di circa 5 ad un massimo
di circa 70 Km
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Alla base del mantello inferiore, ad una profondità di circa 2900 Km, si incontra la
discontinuità di Gutemberg-Wieckert, individuata da una brusca diminuzione di
velocità delle onde P e scomparsa delle onde S

Figura 20

La Terra è un corpo caldo in equilibrio dinamico; in altre parole, il suo riscaldamento


non aumenta costantemente perché disperde il calore prodotto al suo interno. Come
mostrano l'attività vulcanica e il flusso di calore proveniente dagli strati profondi,
l'interno della Terra si trova a una temperatura assai elevata.
Le cause di questo calore sono molteplici e di diversa influenza.
La prima e fondamentale causa resta il calore primigenio del corpo celeste che, una
volta totalmente fuso ed incandescente, va lentamente raffreddandosi.
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Una seconda causa da non sottovalutare è rappresentata dal decadimento


radioattivo di elementi come il torio 232, l’uranio 238 o potassio 40.
Una ultima causa potrebbe essere attribuita in quota minoritaria agli innumerevoli
impatti di meteoriti a cui il nostro pianeta è stato ed è tuttora soggetto.

L'aumento della temperatura in funzione della profondità è detto gradiente


geotermico. Esso può essere misurato direttamente, durante perforazioni della
superficie terrestre, solo per i primi chilometri della litosfera, per i quali si è potuto
osservare che la temperatura aumenta mediamente di circa 1 °C ogni 33 m
(33°C/km, Figura 21).
Se il gradiente geotermico si mantenesse costante anche a maggiori profondità,
dovremmo ipotizzare temperature di circa 30.000 °C già a profondità di 1000 km,
tali cioè da mantenere allo stato fuso gran parte dell'interno della Terra. In tali
condizioni buona parte della Terra si troverebbe allo stato fuso, in contraddizione
con quanto evidenziato dalla trasmissione delle onde S, che indicano solo il nucleo
esterno allo stato fuso.

Figura 21

In realtà l’incremento della temperatura con la profondità è verosimilmente diverso


da quello ipotizzato per la crosta terrestre. Secondo modelli e calcoli molto
complessi sembra che la temperatura della parte superiore del mantello (circa 500
÷ 600 km di profondità) non superi i 2.000 °C. A maggiori profondità è possibile che
la temperatura aumenti ancora di poco; quella del nucleo potrebbe essere di alcune
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migliaia di gradi centigradi e comunque quasi certamente, poco superiore a 6.000


°C.

La distribuzione dei valori del flusso di calore ha una diretta corrispondenza con
l’assetto geodinamico di specifiche regioni (Figura 22)

Figura 22

I bacini oceanici e le regioni cratoniche continentali hanno valori di flusso di calore


(HFU = Heat Flow Unit) piuttosto bassi, dell’ordine di 1 HFU (1µcal /cm2 s-1 = 40
mW/m2). Le dorsali medioceaniche sono invece aree con elevato flusso di calore.

Nella Figura 23 è riportata l’abbondanza percentuale degli elementi nella crosta


terrestre, mentre nella figura 24 l’abbondanza si riferisce al Mantello ed al Nucleo

Il Mantello comprende la maggior parte del volume e della massa della Terra e
rappresenta la fonte di tutti i materiali crustali ricchi di Ferro e Magnesio

Il nucleo esterno è allo stato fuso e composto per lo più di ferro

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Il nucleo interno è solido e principalmente composto di ferro, nichel e silicio

Figura 23 - Abbondanza relativa degli elementi nella crosta terrestre

Figura 24 - Abbondanza relativa degli elementi nel Mantello e nel Nucleo

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