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SENTENZA 7708-19 HOSTING PROVIDER

La Corte di Cassazione con la sentenza n.7708 del 19 marzo 2019 ha affrontato il tema dell'hosting
provider attivo e passivo e il relativo ruolo nell’ambito della tutela del diritto d’autore nel web. Nel
2011 il Tribunale di Milano aveva concluso che vi era stata una violazione da parte di Yahoo del
diritto d’autore vantato da Rti, integrata tramite la diffusione sul proprio portale video di filmati
tratti dai programmi televisivi di proprietà di Rti. Pertanto, la condotta di Yahoo era stata
considerata illegittima. Nel 2015 Yahoo era riuscita ad ottenere una sentenza ad essa favorevole.
La Corte d’Appello di Milano, infatti, accogliendo le domande proposte, aveva ritenuto che Yahoo
non dovesse rispondere delle violazioni eventualmente commesse dai soggetti richiedenti i servizi,
in quanto rivestiva il ruolo di hosting provider. Nel decidere sul ricorso, la Corte ha concluso che
le attività espletate da Yahoo nel caso in esame fossero state correttamente ricondotte alla
prestazione di mero hosting provider passivo: Yahoo avrebbe, infatti, semplicemente erogato un
servizio di pubblico godimento di video, dando ai singoli utenti la possibilità di caricare contenuti,
soggetti anche a commenti altrui, ma senza alcuna manipolazione dei dati immessi dagli utenti. La
Corte ha, tuttavia, reso un importantissimo chiarimento riguardo all’art. 16 del dlgs. 70/2003
disponendo che il prestatore di servizi di hosting, anche se passivo è in ogni caso responsabile con
quando sia effettivamente a conoscenza dell’illiceità dell’attività o dell’informazione non agisca
immediatamente per rimuovere le informazioni appena a conoscenza di tali fatti, su comunicazione
delle autorità competenti. Alla luce di ciò, la Corte di Cassazione ha cassato la sentenza impugnata
con rimessione della causa innanzi alla Corte d’Appello di Milano in diversa composizione perché,
accertata in fatto l’idoneità della comunicazione di RTI ad identificare i video illeciti, valuti la
sussistenza della responsabilità del prestatore di servizi.
Sulla base di quanto esplicato, sono d'accordo con il modus operandi della Corte la quale ha
“accusato” Yahoo, seppur considerato hosting provider passivo, di non aver rimediato alle attività
illegittime in base a quanto illustrato dall'art.16 del dlgs. 70/2003.
SENTENZA N.19861 DIRITTO ALL'OBLIO
Il caso di specie riguarda la pubblicazione su un quotidiano di un episodio di cronaca nera
accaduto tempo fa che aveva visto il ricorrente come protagonista, in quanto responsabile
dell'omicidio della propria moglie, omicidio per il quale era stato condannato ed aveva espiato
dodici anni di reclusione. La pubblicazione dell'articolo, dopo un lunghissimo lasso di tempo
dall'episodio, non soltanto aveva determinato in lui un profondo senso di angoscia e prostrazione
che si era riflesso sul suo stato di salute piuttosto precario, ma aveva anche causato un notevole
danno per la sua immagine e per la sua reputazione. Tale richiesta viene respinta in quanto il suo
nome non è indicato nel titolo ma nel corpo dell'articolo, non vi è stata alcun offesa.
Ai fini della soluzione del problema in esame, le Sezioni Unite ritengono di dover innanzitutto
spostare la prospettiva dell'indagine rispetto all'ordinanza interlocutoria la quale, come detto, ha
chiesto di indicare quale sia la linea di confine tra il diritto di cronaca e il diritto all'oblio La
corretta premessa dalla quale bisogna muovere è che quando un giornalista pubblica di nuovo, a
distanza di un lungo periodo di tempo, una notizia già pubblicata egli non sta esercitando il diritto
di cronaca, quanto il diritto alla rievocazione storica di quei fatti. Ciò non esclude, naturalmente,
che in relazione ad un evento del passato possano intervenire elementi nuovi tali per cui la notizia
ritorni di attualità; in assenza di questi elementi, però, tornare a diffondere una notizia del passato,
anche se di sicura importanza in allora, costituisce esplicazione di un'attività storiografica che non
può godere della stessa garanzia costituzionale che è prevista per il diritto di cronaca.
Naturalmente la decisione di un quotidiano, di un settimanale o comunque di una testata
giornalistica di procedere alla rievocazione storica di fatti ritenuti importanti non può essere messa
in discussione in termini di opportunità. Ciò che può essere verificato dal giudice di merito è se
sussista o meno un interesse affinchè essa venga diffusa con riferimenti precisi alla persona che di
quella vicenda fu protagonista in un passato più o meno remoto. Proprio alla luce delle suesposte
considerazioni la Suprema Corte accoglie il ricorso ritenendo che "In tema di rapporti tra il diritto
alla riservatezza e il diritto alla rievocazione storica di fatti e vicende concernenti eventi del
passato, il giudice di merito ha il compito di valutare l'interesse pubblico, concreto ed attuale alla
menzione degli elementi identificativi delle persone che di quei fatti e di quelle vicende furono
protagonisti.”
Sono assolutamente d'accordo sulla decisione di accogliere il ricorso in quanto trovo al quanto
infondato e inutile ripubblicare una notizia, seppur tragica, andando a ledere una persona che ha
scontato la pena che gli era stata imposta in un passato ormai remoto, come appunto specificato
dall'diritto all'oblio.

MARCO AGNESE

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