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RIVISTA TRIMESTRALE DI DIRITTO E PROCEDURA CIVILE

ISSN 0391-1896
Anno LXXIV Fasc. 4 - 2020

Guidomaria De Cesare

IL CASO CSTP: AZIENDA DELLA


MOBILITÀ S.P.A. C.
COMMISSIONE: IL GIUDICATO
NAZIONALE CEDE AL PRINCIPIO
DELLA PRIMAUTÉ, STORIA DI UNA
CADUTA (ANNUNCIATA)?

Estratto
Il caso Cstp: Azienda della mobilità s.p.a. c.
Commissione: il giudicato nazionale cede al principio
della primauté, storia di una caduta (annunciata)?

SOMMARIO: 1. Cstp c. Commissione: la decisione sopravvenuta della Commissione pre-


vale sul giudicato nazionale. — 2. Il delicato bilanciamento tra giudicato e valori
costituzionali. — 3. L’autonomia processuale degli Stati e funzionalizzazione degli
istituti processuali interni. — 4. L’attività giurisdizionale di fatto della Commis-
sione e l’efficacia “iperretroattiva” delle decisioni di recupero degli aiuti di Stato
illegali. — 5. La cosa giudicata come « tradizione costituzionale comune » di cui
all’art. 6, par. 3, tue, verso una grammatica europea del giudicato?

1. — Da rapida rassegna dello svolgimento dei fatti è possibile com-


prendere l’anomalia sottesa al caso Cstp c. Commissione (1). La Cstp
Azienda della Mobilità s.p.a. chiedeva l’annullamento della sentenza del
Tribunale dell’Unione europea dell’11 luglio 2018, la quale aveva rigettato
il ricorso diretto all’annullamento della decisione (Ue) n. 1074 del 2015
della Commissione, del 19 gennaio 2015, relativa ad un presunto aiuto di
Stato al quale l’Italia avrebbe dato esecuzione, in forma di compensazione
integrativa per obblighi di servizio pubblico a favore della Cstp. Infatti, il
Consiglio di Stato, con la sentenza del 27 luglio 2009, n. 4683, passata in
giudicato, accertava il diritto alla compensazione della Cstp, rimettendo la
decisione del quantum alla regione che l’avrebbe dovuto liquidare. Poiché
la regione non aveva determinato l’importo di detta compensazione, la
Cspt introduceva un procedimento per ottemperanza della decisione del 27
luglio 2009, dinanzi al Consiglio di Stato. Detto procedimento si era
concluso con la decisione del 7 novembre 2012, n. 5649 del Consiglio di
Stato, che ha determinato l’importo della compensazione dovuta in euro
4 951 838. La regione versava tale somma alla ricorrente il 21 dicembre
2012. Tuttavia, il 19 gennaio 2015 la Commissione, sollecitata dalle
autorità italiane in data 5 dicembre 2012, ha emanato una decisione, la n.
1074 del 2015, con la quale ha ritenuto che la misura contestata costituisse
un aiuto di Stato ai sensi dell’art. 107, par. 1, tfue, incompatibile con il
mercato interno, concesso alla ricorrente in violazione dell’art. 108, par. 3,

(1) Corte giust., sez. IX, 4 marzo 2020, causa C-587/18, Cstp Azienda della
mobilità S.p.A. c. Commissione, in www.curia.eu.
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tfue, e conseguentemente ne intimava il recupero alle autorità italiane,


siccome « la misura contestata era imputabile allo Stato, comportava
l’utilizzo di risorse statali, procurava un vantaggio economico alla ricor-
rente, aveva carattere selettivo e poteva falsare la concorrenza tanto da
incidere sugli scambi fra Stati membri (2) » ovvero non soddisfaceva le c.d.
condizioni Altmark (3). Sorgeva così, dunque, l’interesse della Cstp ad
agire in annullamento dinanzi al Tribunale Ue. Il ricorso veniva, tuttavia,
rigettato con la sentenza del Tribunale di primo grado dell’Unione euro-
pea (4). La Cstp impugnava sollevando ben otto motivi di gravame dinanzi
alla Corte di giustizia tra i quali di particolare interesse per il nostro tema
è il quarto motivo con cui la ricorrente sostiene (punto 86) che « il
riconoscimento da parte del Tribunale della competenza della Commis-
sione a pronunciarsi su una misura che è stata oggetto di una decisione del
giudice nazionale passata in giudicato violerebbe anche il principio della
tutela del legittimo affidamento, in quanto, nel caso di specie, sono
trascorsi più di cinque anni tra il momento in cui tale decisione nazionale
è stata adottata e quello in cui la Commissione ha adottato la sua deci-
sione ». I giudici del Kierchberg confermavano (punto 90) l’incompetenza
dei giudici nazionali a pronunciarsi sulla compatibilità di un aiuto di Stato
con il mercato interno, di talché quest’ultimi devono astenersi dal pronun-
ziare in modo contrario a decisioni della Commissione, a nulla rilevando
che il passaggio in giudicato della sentenza, che cristallizza la violazione del
divieto di aiuti di stato ex art. 107 tfue, sia antecedente alla decisione della
Commissione (5).
L’argomento della ricorrente, secondo cui verrebbe in gioco il princi-
pio dell’affidamento della parte vittoriosa sul bene della vita attribuito con
sentenza passata in giudicato, non scalfisce l’orientamento granitico della
Corte di giustizia, la quale (punto 99) conclude affermando che « il diritto
di avvalersi di tale principio [quello dell’affidamento, aggiunta nostra]
spetta a qualsiasi soggetto in capo al quale un’Istituzione dell’Unione,
fornendogli assicurazioni precise, abbia fatto sorgere fondate aspettative »,
tuttavia, la ricorrente « non può sostenere che la decisione del Consiglio di
Stato abbia fatto sorgere fondate aspettative nei suoi confronti, al fine di

(2) V. punto 21.


(3) Corte giust., 24 luglio 2003, causa C-280/00, Altmark Trans GmbH, in
www.curia.eu.
(4) Trib. Ue, sez. II, 11 luglio 2018, causa C-186/15, in Dejure.
(5) Cfr. Corte giust., 30 aprile 2020, causa C-627/18, Nelson Antunes da Cuhna
c. IFAP, in www.curia.eu, nella quale i giudici del Kierchberg, sebbene si trattasse di un
caso diverso rispetto a quello commentato nel testo, hanno affermato, al punto 58, che
« considerata la mancanza di potere discrezionale dell’autorità nazionale, il beneficiario
di un aiuto individuale illegalmente attribuito cessa di trovarsi nell’incertezza non
appena la Commissione adotti una decisione che “dichiari l’incompatibilità dell’ aiuto e
ne ordini il recupero”, e ancora (punto 60) che “in tali circostanze, il principio della
certezza del diritto, che i termini di prescrizione mirano a garantire, non può precludere
il recupero di un aiuto di Stato incompatibile con il mercato interno [...] ».
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opporsi all’esercizio da parte della Commissione della sua competenza


esclusiva ». L’impugnazione veniva, dunque, respinta poiché « il principio
della competenza esclusiva della Commissione in materia di aiuti di Stato
è vincolante nell’ordinamento giuridico nazionale come corollario del
principio del primato del diritto dell’Unione (6) » pertanto la decisione
della Commissione prevale sul giudicato nazionale anche se successiva di
oltre 5 anni, poiché l’affidamento generato da quest’ultimo non è tutelato
dal diritto dell’Unione.

2. — La sentenza in epigrafe scrive una nuova pagina del rapporto tra


giudicato nazionale e principio del primato dell’Unione europea, alimen-
tando l’incendio, ormai divampato da anni, i cui effetti sono compendiati
dalla formula “crisi del giudicato (7)”. La questione è ascrivibile alla teorica
dell’efficacia del giudicato nel tempo (8), la quale, com’è noto, studia i
rapporti tra la incontestabilità dell’accertamento contenuto nella sentenza
definitiva di merito e la possibilità che effetti sopravvenuti possano incidere
sullo sviluppo temporale della situazione sostanziale accertata con efficacia
di giudicato (9), tra i quali, a giudizio della Corte di giustizia, rientrereb-
bero le sopravvenute decisioni della Commissione in materia di aiuti di
Stato. Se si dà per dimostrata l’intonazione costituzionale della cosa
giudicata (10), la quale riteniamo che possa trovare un solido avallo nel

(6) V. punto 94.


(7) Per l’esatta latitudine dell’espressione “crisi del giudicato” si rimanda a COR-
DOPATRI, La “crisi” del giudicato, in Riv. dir. proc., 4-5, 2016, p. 894 ss., il quale ha
autorevolmente sostenuto che l’inciso “crisi del giudicato” è « tanto equivoco quanto
generico perché esprime termini e realtà affatto sovrapponibili e interscambiabili, assem-
bla confusamente cioè ipotesi in cui il giudicato non viene in discussione (come nel caso
della tutela cautelare attenuata o nelle azioni collettive) e ipotesi in cui il giudicato, seppur
regolarmente formatosi, potrebbe essere rimosso (come nel casi della giustizia comuni-
taria, della legge sopravvenuta e della successiva pronuncia di incostituzionalità) ».
(8) Come tiene a specificare CAPONI, in Corti europee e giudicati nazionali, Atti
del XXVII convegno nazionale dell’associazione italiana tra gli studiosi del processo
civile, Bologna, 2011, p. 282, l’espressione “efficacia del giudicato civile nel tempo”
altro non è che una ellisse; si dovrebbe, altresì, parlare di efficacia del giudicato civile nel
tempo delle situazioni giuridiche sostanziali oggetto del processo, per cogliere il pro-
prium del fenomeno.
(9) CAPONI, L’efficacia del giudicato civile nel tempo, Milano, 1991, passim.
(10) Sul punto la dottrina può dirsi ad oggi uniforme se non fosse per la pluralità
dei percorsi interpretativi battuti per giungere alla medesima conclusione. In passato
parte della dottrina muovendo dal profilo del silenzio del testo costituzionale sul punto,
negava la natura costituzionale della cosa giudicata finanche a cogliere nell’aspetto del
mancato inserimento nella Carta della garanzia esplicita, originariamente proposta dal
Calamandrei, l’esclusione di un vincolo per il legislatore a non modellare il processo
civile secondo schemi diversi ed alternativi rispetto ai giudizi a cognizione piena conclusi
da provvedimenti non suscettibili di passare in giudicato. Sicché, la negazione dell’in-
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principio democratico ed in ispecie nella tripartizione dei poteri (11),

tonazione costituzionale della cosa giudicata risultava strumentale alla tesi secondo cui
la differenziazione delle forme di tutela alternative o abbreviate rispetto al rito ordinario
risulterebbe perfino costituzionalmente doverosa poiché, in tal modo, il legislatore
potrebbe adeguare la struttura della lite alle peculiarità dei diritti sostanziali (così
PROTO-PISANI, Appunti preliminari sui rapporti fra diritto sostanziale e processo, in Dir.
e giur., 1978, I, p. 7; ID., Usi e abusi della procedura camerale ex art. 737 ss., c.p.c., in
Riv. dir. civ., I, p. 393 ss.). Più radicale, DENTI, La magistratura, sub art. 111, in Comm.
cost., a cura di Branca, Bologna-Roma, 1987, p. 22, secondo cui la stabilità delle
sentenze sarebbe una conseguenza del principio di economia processuale, il quale non
troverebbe un sicuro addentellato in Costituzione, sicché, essendone il giudicato una
forma di manifestazione, giocoforza non sarebbe possibile arguire la tutela costituzio-
nale di quest’ultimo. Sul versante opposto si colloca la dottrina più recente (così, in più
sedi, CAPONI, Giudicato civile e diritto costituzionale: incontri e scontri, in Giur. it., 12,
2009, p. 13 ss., spec. p. 15; ID., Corti europee e giudicati nazionali, cit., p. 312; in
giurisprudenza si v. Corte cost., 7 novembre 2007, n. 364, in Foro it., 2009, I, c. 996,
con nota di CAPONI, Giudicato civile e leggi retroattive), la quale ricava la garanzia
costituzionale del giudicato dall’interpretazione a contrariis dell’art. 11, disp. prel., cod.
civ. riletto attraverso la giurisprudenza della Corte costituzionale; di talché una legge che
dispone espressamente la cessazione di efficacia di provvedimenti del giudice civile
anteriormente passati in giudicato è tacciabile di incostituzionalità, poiché, da un lato,
vìola le attribuzioni costituzionali dell’autorità giudiziaria cui spetta la tutela dei diritti
(artt. 102 e 113 cost.), dall’altro, lede l’affidamento della parte vittoriosa sul carattere
definitivo del risultato del processo (artt. 3 e 24 cost.). Non convince, altresì, la tesi di
chi presume di trovare un avallo nelle disposizioni costituzionali degli artt. 111, comma
8°, e 24 cost. ovvero, rispettivamente, la garanzia del ricorso di legittimità dinanzi alla
Corte di cassazione rispetto a tutti quei provvedimenti che abbiano natura sostanziale di
sentenza e il diritto di azione inteso non solo in guisa tale da permettere a « chiunque di
agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi », ma anche di
conseguire stabilmente, attraverso il processo, il chiovendiano bene della vita. Così
secondo SERGES, Il “valore” del giudicato nell’ordinamento costituzionale, in Giur. it.,
12, 2009, p. 5 ss., spec. p. 8. Tale costruzione, per quanto vergata in punta di penna, e,
tra le altre cose, già autorevolmente sostenuta da CERINO CANOVA, La garanzia costitu-
zionale del giudicato civile (meditazioni sull’art. 111, comma 2°), in Riv. dir. civ., 1977,
p. 395 ss., tende a riconoscere un vincolo in capo al legislatore a configurare la
giurisdizione contenziosa sempre in guisa tale da assicurare l’utilità del giudicato, ma ciò
è stato smentito, per un verso, dall’uso generalizzato del rito camerale anche per la tutela
dei diritti soggettivi e degli status, il quale dopo le ultime riforme è diventato, come va
ripetendosi da tempo, un “contenitore neutro”, per un altro, dalla giurisprudenza
costituzionale (cfr. Corte cost., 10 luglio 1975, n. 202, in Foro it., 1975, I, c. 1575; Corte
cost., 14 dicembre 1989, n. 543, in Foro it., 1990, I, c. 366, con nota di PROTO PISANI;
Corte cost., 30 gennaio 2002, n. 1, in Giust. civ., 6, 2002, p. 1476 ss., con nota
parzialmente adesiva di TOTA; nello stesso senso anche Cass. civ., sez. I, sentenza del 6
marzo 2018, n. 5256, in Dejure, nella misura in cui ha ammesso la ricorribilità in
Cassazione, ai sensi dell’art. 111, comma 7°, cost., dei provvedimenti ablativi della
responsabilità genitoriale, i quali, pertanto, avrebbero attitudine al giudicato, rebus sic
stantibus, nonostante siano emessi all’esito di un procedimento camerale.
(11) Così GIUSSANI, Intorno al riconoscimento e all’esecuzione degli atti di conci-
liazione e transazione, in Riv. dir. proc., 2019, p. 1020 ss., spec. 1022 nota 6, in ragione
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predicarne la permeabilità rispetto ad ipotesi di ius superveniens retroat-


tivo — ed in ispecie rispetto a sopravvenute decisioni della Commissione
che intimino la restituzione di aiuti di Stato illegittimi — impone, all’uopo,
di tener conto di tensioni costituzionali di pari valore da soppesare sui
bracci della bilancia della giustizia (12): da un lato, il principio del primato
che, stante la lettera dell’art. 117, comma 1°, cost., gode giocoforza di

dei rapporti tra i poteri dello Stato divisati ex artt. 102 e 103 cost., nonché in ragione
della rilevanza del diritto alla difesa ex artt. 24 e 3 cost.; ID., in Remedies concerning
enforcement of foreign judgments, 2018, Chapter 9, ove l’a. analizza la resistenza del
giudicato rispetto allo ius superveniens retroattivo tanto dal punto di vista della teoria
sostanziale quanto da quello della teoria processuale della cosa giudicata: « from the
point of view of the substantive theory of res judicata, because from that moment on the
decision becomes a self-standing source of the law of the case (so that changes of the
substantive law applied, even if they are retroactive for every other interested party, are
irrelevant for the parties bound by res judicata); from the point of view of procedural
theory of res judicata, because immunity of judicial adjudication from the effects of a
new retroactive law is an essential feature of balance of powers in a democratic system
[...] ». Sul rapporto tra il diritto d’azione e le attribuzioni costituzionali della magistra-
tura si v. Corte cost., sentenza del 7 novembre 2007, n. 364, in Foro it., 2009, I, c. 991
ss., con nota di CAPONI. In senso contrario la dottrina costituzionalistica più risalente, si
v. a proposito PALADIN, Appunti sul principio di irretroattività delle leggi, in Foro amm.,
1959, p. 946 ss., spec. p. 950, secondo cui la eventuale incostituzionalità di una legge
ordinaria che fosse diretta a modificare una sentenza passata in giudicato incontrerebbe
un limite nel divieto di leggi personali (ex art. 3, comma 1°, cost.) e non già « in ragione
di astratti principi di separazione dei poteri o per una pretesa proibizione costituzionale
di leggi “iperretroattive” ».
(12) Come detto supra, il giudicato incontra il piano della legittimità costituzio-
nale nella misura in cui risulta protetto — rectius: costituzionalmente protetto — da
interventi retroattivi del legislatore ordinario, quale manifestazione del principio della
certezza del diritto, come ripetuto a più fiate dal Giudice delle leggi (v. Corte cost.,
sentenza del 9 febbraio 2015, n. 10, in Deiure, secondo cui « il limite dei « rapporti
esauriti » ha origine nell’esigenza di tutelare il principio della certezza del diritto, così
ulteriori limiti alla retroattività delle decisioni di illegittimità costituzionale possono
derivare dalla necessità di salvaguardare princìpi o diritti di rango costituzionale che
altrimenti risulterebbero irreparabilmente sacrificati. In questi casi, la loro individua-
zione è ascrivibile all’attività di bilanciamento tra valori di rango costituzionale [...] che
esige una gradualità nell’attuazione dei valori costituzionali che imponga rilevanti oneri
a carico del bilancio statale »; nello stesso senso v. Corte cost., sentenza del 10 marzo
2015, n. 70, in Dejure). Ciò non toglie che il legislatore conserva il potere di disporre in
ipotesi eccezionali dei precedenti giudicati, bilanciando le ragioni di giustizia del caso
concreto e certezza del diritto a favore della prima, secondo canoni di proporzionalità e
ragionevolezza. Sulle esigenze di bilanciamento imposte dall’ordine costituzionale si v.
CAPONI, Corti europee e giudicati nazionali, cit., p. 309 ss.; ID., Democrazia, integrazione
europea e circuito delle corti costituzionali (in margine al Lissabon Urtail), in Riv. it.
dir. pubbl. com., 2010, p. 387 ss.; ID., Giudicato civile e diritto costituzionale: incontri
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copertura costituzionale, dall’altro, il principio della certezza del diritto,


corollario dello Stato di diritto, che impone di considerare ermetica la
tenuta del giudicato rispetto allo ius superveniens retroattivo.
In altri termini, è possibile ridurre il tutto al contrasto tra le esigenze
di giustizia sostanziale (costituzionalmente orientate), intesa come corretta
attuazione della normativa sovranazionale, e il principio della certezza del
diritto, o, mutuando l’espressione da un’autorevole dottrina (13), si vuole
scongiurare « il pericolo che al rigore delle forme siano sacrificate le
esigenze della verità e della giustizia reale ».
Pertanto, se si ritiene che il giudicato regga allorquando uno ius
superveniens retroattivo incida sulla norma posta alla base dell’accerta-
mento irretrattabile, le ipotesi di cedevolezza dovranno all’uopo ascriversi
ad uno ius superveniens retrospettivo — idoneo a realizzare per il passato
valori giuridici di intonazione costituzionale (14) — che, per superare la lex
specialis costituita dal giudicato, dovrà avere un’efficacia “iperretroattiva”.
Prima di vagliare, attraverso le parole dei giudici del Kierchberg, se una
siffatta efficacia “iperretroattiva” sia ascrivibile o meno alla decisione della
Commissione, sopravvenuta al passaggio in giudicato della sentenza che
cristallizza una violazione del divieto di cui all’art. 108, par. 3, tfue, è
necessario brevemente ripercorrere le tappe della c.d. “crisi del giudicato”.

3. — L’assoluta irretrattabilità della cosa giudicata non appartiene ai


moderni ordinamenti giuridici i quali, dovendo fare i conti con la prolife-
razione dei sistemi di legalità, sempre più in rapporto di reciproca osmosi,
hanno iniziato ad ammettere — rectius: a tollerare — ipotesi in cui il
giudicato validamente formatosi possa cedere (15). Ma a ben vedere, la
partita della crisi del giudicato si gioca oltre che sul fronte della certezza del
diritto — e, conseguentemente, viene da dire, della tutela dell’affidamento
della parte vittoriosa sul risultato del processo — anche su quello del
principio di autonomia processuale degli Stati membri (16), riconosciuto
dalla giurisprudenza della Corte di giustizia più risalente, in attuazione di

e scontri, cit., p. 14 ss.; MODUGNO, Introduzione a giudicato e funzione legislativa, in


Giur. it., p. 1 ss., spec. p. 3.
(13) A. DE MARSICO, Diritto processuale penale, Napoli, 1966, p. 328.
(14) V. Corte cost., sentenza 4 luglio 2013, n. 170, in Dir. fall. e soc. comm., 6,
2014, p. 554 ss., commentata da DI PATTI, Sulla illegittimità costituzionale della
retroattività dei nuovi privilegi erariali.
(15) In questo senso cfr. CAPONI, Il giudicato civile dimensionato, in questa rivista,
2009, p. 941 ss., il quale in proposito nota che « negli ultimi decenni abbiamo assistito
ad una vera e propria rivincita della mobile e cangiante realtà sostanziale sull’idea di
fissità che è propria del giudicato ».
(16) Così Corte giust., 16 dicembre 1976, causa, C-33/76, Rewe, in www.cu-
ria.eu. Da ultimo Corte giust., 14 marzo 2013, causa C-415/11, Aziz c. Caixa d’Estalvis
de Catalunya, in www.curia.eu.
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un regime di complementarità istituzionale (17), e, poi, tralatiziamente


dimensionato, se non addirittura rinnegato.
Secondo tale concezione, sulla base del principio di leale collabora-
zione, racchiuso nell’art. 4 tue, spetta all’ordinamento dell’Unione deli-
neare il contenuto e l’efficacia delle situazioni giuridiche soggettive attri-
buite ai singoli, mentre è demandata agli ordinamenti nazionali la predi-
sposizione delle garanzie processuali strumentali al loro concreto esercizio
in una prospettiva che è stata definita « integrazionista »; sicché la prospet-
tiva dell’effettività del diritto europeo sarebbe condizionata dalla preva-
lenza della c.d. autonomia processuale degli Stati nazionali.
Detta impostazione dei rapporti tra processo civile interno e diritto
europeo è stata lentamente erosa dagli interventi di funzionalizzazione (18)
degli istituti processuali da parte della Corte di giustizia, finanche ad
abbracciare un’impostazione radicalmente diversa, definibile come « inter-
nazionalistica », secondo cui la disciplina processuale interna deve essere
« funzionalizzata » all’esigenza di salvaguardare l’effettività della tutela dei
diritti e delle libertà di derivazione sovranazionale (19).
L’attuazione del principio di effettività del diritto dell’Unione diventa
la cifra per comprendere il fenomeno di flessibilizzazione delle forme e
degli istituti processuali (20). E qui sorge spontanea una domanda: l’idea

(17) CARRATTA, Libertà fondamentali del Trattato dell’Unione Europea e processo


civile, in Riv. dir. proc., 6, 2015, p. 1400 ss., spec. p. 1403.
(18) CONSOLO, Il flessibile rapporto dei diritti processuali civili nazionali rispetto
al primato integratore del diritto comunitario (integrato dalla CEDU a sua volta), in
Corti europee e giudici nazionali, cit., p. 227.
(19) CARRATTA, op. cit., p. 1404; non diversamente, CANNIZZARO, Effettività del
diritto dell’Unione e rimedi processuali nazionali, in Dir. un. eur., 2013, p. 660 ss;
BIAVATI, Le categorie del processo civile alla luce del diritto europeo, in questa rivista, 4,
2018, p. 1323 ss., il quale, benché non faccia riferimento alla “funzionalizzazione” degli
istituti classici del processo civile nota che « si sta producendo una mutazione, lenta e
talora non immediatamente percepibile, dei concetti classici ». Si v. anche GHAZARIAN,
Recovery of State Aid, in EStAL, 2, 2016, p. 228 ss., spec. p. 234, secondo cui « many
Member States might feel forced to introduce special fast-track recovery procedures in
contradiction of basic principles of their legal systems, also to allow a judicial recovery
decision as an exception of the principle of res judicata according to Klausner Holz [...].
This would significantly restrict the procedural autonomy of the Member States in State
aid recovery ».
(20) V. Corte giust., sentenza del 14 dicembre 1995, in causa riunite C-430/93 e
C-431/93, Van Schijndel, in www.curia.eu, secondo cui l’obbligo di interpretazione
conforme gravante sul giudice nazionale si risolve in un dovere di “funzionalizzazione”
degli istituti giuridici interni in guisa tale da permettere la corretta applicazione del
diritto dell’Unione, per perseguire l’obiettivo primario di garantire il primato del diritto
europeo. Sulla centralità del principio di effettività nella recente giurisprudenza della
Corte di giustizia si v. ØLIKKE, State Aid as a Defence for Public Authorities? in EStAL,
2, 2016, p. 286 ss. spec. p. 288, il quale sostiene, a commento del caso Klausner Holz
(v. infra nota 22), che « only the principle of effectiveness was relevant; it requires that
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dell’ordinamento flessibile, del Bewegliches System, attraverso l’opera di


manipolazione degli istituti processuali interni, può spingersi fino al punto
di mettere in discussione princìpi propri degli ordinamenti costituzionali
nazionali?
Questa stessa esigenza, di salvaguardare il principio di effettività è alla
base anche di alcuni interventi della Corte a proposito delle pronunce civili
passate in giudicato, benché in contrasto con il diritto dell’Unione. Ora,
com’è noto, fino ad un certo momento della sua evoluzione giurispruden-
ziale, la Corte si era espressa nettamente a favore dell’intangibilità del
giudicato nazionale, in considerazione del fatto che la certezza delle
situazioni giuridiche, prodotta dal giudicato, costituisce un principio anche
dell’ordinamento europeo (21). Ma in tempi più recenti la Corte ha supe-
rato quest’impostazione, precisando che la necessità di salvaguardare
l’effettività del diritto dell’Unione non può essere ostacolata dalla presenza
di istituti del diritto interno, né tantomeno dal giudicato (22).
Il riferimento è ai noti casi Lucchini (23), Klausner Holz (24) e

the application of EU law must not be made impossible [...] by national procedural
rules ».
(21) Corte giust., 30 settembre 2003, causa C-224/2001, in www.curia.eu. Per
una ricostruzione del fatto v. CONSOLO, Il flessibile rapporto, cit., p. 178 e ss. Nello stesso
senso, Corte giust., 1° giugno 1999, causa C-126/97, Eco-Swiss (punti 46-47); Corte
giust., 16 marzo 2006, causa C-234/2004, Kapferer, in www.curia.eu, e in Giur. it.,
2007, p. 1089, annotata da DI SERI, L’intangibilità delle sentenze “anticomunitarie”, p,
1091 ss.; Corte giust., 22 dicembre 2010, causa C-507/08, Slovacchia c. Commissione;
e più di recente, Corte giust., 10 luglio 2014, causa C-213/13, Pizzarotti, in www.cu-
ria.eu, in ispecie si v. il punto 64 ove la Corte ha affermato che « se le norme procedurali
interne applicabili glielo consentono, un organo giurisdizionale nazionale, come il
giudice del rinvio, che abbia statuito in ultima istanza senza che prima fosse adita in via
pregiudiziale la Corte ai sensi dell’art. 267 tfue, deve o completare la cosa giudicata
costituita dalla decisione che ha condotto a una situazione contrastante con la normativa
dell’Unione in materia di appalti pubblici di lavori o ritornare su tale decisione, per tener
conto dell’interpretazione di tale normativa offerta successivamente dalla Corte »; si
pronuncia a favore della “progressively-formed res judicata” KITSOS, Public Procurement
— Meaning of “Public Works Contract — Scope of the Principle of Res Judicata, nota
alla sentenza Pizzarotti, in European Procurement & Public Private Partnership Law
Review, 3, 2015, pp. 207-212, spec. p. 211.
(22) In questo senso, ORDOÑES-SOLIS, Waiting for National Judges in Infringement
Proceedings on State Aid, in EStAL, 3, 2017, p. 377 ss., spec. p. 392, ove si sostiene che
« the credibility of all EU State aid system is based on this action and on deterrent
financial penalties to Member States. [...] National Courts play a role that is subordinate,
insofar as their duty is to take all possible steps to ensure that the European obligation
of recovery is effectively carried out ».
(23) Corte giust., 18 luglio 2007, causa C-119/05, in Rass. trib., 2007, p. 1591
ss., con nota di BIAVATI, La sentenza Lucchini: il giudicato nazionale cede al diritto
comunitario; ancora, in Riv. dir. proc. 2008, p. 224 ss., con nota di CONSOLO, La
sentenza Lucchini della Corte di giustizia: quale possibile adattamento degli ordina-
— 1429 —

Olimpiclub (25), nei quali i giudici del Kierchberg hanno completato quel
processo di dimensionamento della cosa giudicata entro il sistema di limiti

menti processuali interni e in specie del nostro? Si v. anche i contributi di G. RAITI, La


forza “di acciaio” del giudicato Lucchini nell’inatteso (temporaneo?) epilogo della
vicenda pregiudiziale comunitaria dinanzi al Tribunale di Roma, nota a Trib. Roma, 23
marzo 2011, n. 6039, in Int’l Lis, 2011, p. 139 ss.; ID., in Riv. it. dir. lav., 2016, nota
a sentenza del Tribunale di Pisa del 20 gennaio 2016, n. 361, p. 659 ss.
(24) Corte giust., 11 novembre 2015, causa C-565/14, in www.curia.eu, con la
quale la Corte di giustizia ha rimesso al giudice del rinvio la verifica circa il limite di cui
al § 322 ZPO, per cui una sentenza è rivestita dell’autorità di cosa giudicata sostanziale
soltanto nel caso in cui vi sia stata una pronuncia sulla pretesa azionata nella domanda
giudiziale o in una domanda riconvenzionale, e se non lo autorizzi a interpretare questa
disposizione nel senso che, laddove sia invocata una violazione dell’art. 108, par. 3, terza
frase, tfue, l’autorità di giudicato « si estende soltanto alle pretese giuridiche sulle quali
il giudice ha statuito e non osta pertanto a una pronuncia giudiziale, nell’àmbito di
un’ulteriore controversia, sulle questioni di diritto su cui su tale decisione definitiva non
si è pronunciata ». Sulla tendenza europea — tanto nella legislazione quanto nelle
sentenze della Corte di giustizia — a restringere gli effetti del giudicato ai punti di fatto
e di diritto effettivamente discussi dalle parti si v. BIAVATI, Argomenti di diritto proces-
suale civile, Bologna 2018, p. 131.
(25) Corte giust., sentenza 3 settembre 2009, causa C-2/08, commentata da
CONSOLO, Il percorso della Corte di giustizia, la sentenza Olimpiclub e gli eventuali limiti
di diritto europeo all’efficacia esterna ultrannuale del giudicato tributario (davvero
ridimensionato in funzione antielusiva Iva del divieto comunitario di abusi della libertà
negoziale?), in Riv. dir. trib., 2010, p. 1143 ss.; ID., Il flessibile rapporto, cit., p. 189 ss.,
spec. p. 190, il quale, a mente dell’art. 34 c.p.c., pone l’accento « sull’incompetenza del
giudice tributario a statuire con efficacia di giudicato su questioni pregiudiziali di merito
ricadenti nella giurisdizione civile », secondo l’a. — il quale legge l’intera vicenda
Olimpiclub non già nell’ottica dei limiti temporali bensì in quella dei limiti oggettivi del
giudicato — nell’incompetenza della Commissione tributaria a decidere con efficacia di
giudicato sulla pregiudiziale civile starebbe la vera giustificazione della non ultrattività
del giudicato tributario; contra, CAPONI, Corti europee e giudicati nazionali, cit., p. 369
ss., spec. p. 371, il quale, invece, legge attraverso il prisma della teoria dell’efficacia del
giudicato civile nel tempo la limitazione dell’efficacia ultra litem del giudicato tributario
in materia iva. Secondo l’a. la pronuncia interpretativa della Corte di giustizia s’atteg-
gerebbe in guisa di un effetto sopravvenuto rilevante, con l’effetto pratico di rimodulare
i limiti oggettivi dell’accertamento, sicché non sarebbe opponibile il giudicato esterno
formatosi su di una questione pregiudiziale rilevante anche in un giudizio relativo ad un
differente periodo d’imposta, laddove detta estensione possa pregiudicare l’effet utile del
diritto comunitario; RAITI, Le pronunce Olimpiclub e Asturcom Telecomunicaciones:
verso un ridimensionamento della paventata “crisi del giudicato civile nazionale” nella
giurisprudenza della Corte di Giustizia, in Riv. dir. proc., 2010, p. 677 ss.; si v. anche
BIAVATI, Intervento, in Corti europee e giudici nazionali, cit., p. 434 ss., spec. p. 436,
secondo cui, a fronte del caso Olimpiclub, « nel gioco della torre fra certezza ed
effettività è la seconda che deve prevalere. E questa prevalenza va misurata, sempre
secondo Olimpiclub, tenendo conto della peculiarità dell’impatto delle norme e dei
procedimenti nazionali nei singoli casi ».
— 1430 —

del diritto dell’Unione. Se in Lucchini il cedimento del giudicato — con


conseguente disapplicazione dell’art. 2909 c.c. — è stato provocato dalla
mancata deduzione in giudizio di una decisione della Commissione la
quale, prima della formazione della cosa giudicata, aveva statuito circa la
natura di aiuto di Stato illegittimo di un dato sovvenzionamento — sicché
il giudice nazionale si sarebbe pronunciato in assoluta carenza di potere,
invadendo le competenze esclusive di un’Istituzione europea (26) — diver-
samente, nel caso Klausner Holz, più che di cedimento del giudicato pare
corretto parlare di « dimensionamento »; infatti, benché mancasse una
decisione della Commissione sulla asserita natura di aiuto di Stato di un
certo contratto di diritto pubblico, si è battuta, correttamente, la strada
dell’interpretazione conforme del § 322 ZPO, di talché nella gittata dei
limiti oggettivi del giudicato una questione di interesse superindividuale,
quale la nullità del contratto per violazione del divieto di aiuti di Stato, non
è coperta dall’ombra del c.d. giudicato implicito (27).
Allo stesso modo, anche in Olimpiclub il Plateau Kierchberg, in nome

(26) Così, più di recente, GIAVAZZI, Eureka! La sentenza anticomunitaria è


inutiliter data per carenza di giurisdizione del giudice nazionale sui segmenti comunitari
di un procedimento di amministrazione intrecciata, in Riv. it. dir. pubbl. com., 5, 2019,
p. 683 ss.
(27) Dalle conclusioni del caso Klausner Holz è possibile arguire che non sempre
dedotto in giudizio un effetto giuridico derivante dal contratto il rapporto costituisce
oggetto del processo e, conseguentemente, della cosa giudicata. MENCHINI, I limiti
oggettivi del giudicato civile, Milano, 1987, p. 281, affermava che la natura pubblicistica
dell’attività giurisdizionale, realizzando un interesse pubblico, « richiede un accerta-
mento esauriente e completo del rapporto giuridico, sottoposto alla cognizione del
giudice ». Il Menchini, così argomentando, giungeva ad affermare che il c.d. rapporto
fondamentale sarebbe sempre ricompreso nei limiti oggettivi del giudicato, senza
lasciare àdito a nuove discussioni sul medesimo bene della vita; tuttavia, nel caso
Klausner Holz la Corte di giustizia, muovendo proprio dall’interesse pubblico sotteso
all’attività giurisdizionale, giunge ad esiti interpretativi di segno opposto, affermando
che nei limiti oggettivi del giudicato non è mai ricompresa una questione di interesse
superindividuale, quale quella della natura di aiuto di Stato, anche se le parti si siano
confrontate su un effetto nascente dal contratto rispetto al quale la quaestio validitatis
costituisce antecedente logico necessario. Ha accolto con favore l’interpretazione con-
forme del § 322 ZPO anche DE CRISTOFARO, Giudicato e motivazione, in La crisi del
giudicato, Atti del XXX convegno nazionale dell’associazione fra gli studiosi del
processo civile, Bologna, 2017, p. 37 ss., secondo cui in Klausner Holz la problematica
del rapporto tra statuizione di accertamento della validità del contratto e mancata
cognizione su questioni di interesse superindividuali, rilevabili d’ufficio, sarebbe stata
risolta nel senso di contenere « l’ombra lunga » del giudicato implicito. A ciò si aggiunge,
com’è stato rilevato da GIUSSANI, Appunti dalla lezione sul giudicato delle Sezioni Unite,
in Riv. dir. proc., 6, 2015, p. 1560 ss., spec. p. 1565, che se da un lato la valorizzazione
del giudicato implicito favorisce la diminuzione del numero di fascicoli, dall’altro,
invece, porta ad un effetto inflativo delle questioni trattate nel singolo processo, « poiché
rende attuale un interesse a dedurre che sarebbe altrimenti solo potenziale », sicché il
risultato complessivo in termini di economia processuale è tendenzialmente negativo;
— 1431 —

del principio di effettività, ha imposto una rimodulazione della gittata


dell’àmbito oggettivo del giudicato tributario (28): gli accertamenti su
questioni pregiudiziali di merito, compiuti incidentalmente dal giudice
tributario, non potranno avere effetti ultra litem laddove idonei a pregiu-
dicare interessi non recessivi del diritto dell’Unione, quale la correttezza
del modello impositivo iva. Non diversamente dal nostro diritto proces-
suale, anche il diritto europeo rifiuta la « logica onnivora del punto co-
mune (29) »; la teorica della frammentazione dei giudicati (30), ripescata
dopo la sentenza Olimpiclub nei repertori giurisprudenziali, pare essere
quella maggiormente idonea a scongiurare il rischio che il vincolo da
giudicato esterno possa frustrare gli obiettivi fiscali dell’Unione.
Trattasi di decisioni EU-friendly, le quali hanno immolato sull’ara del
diritto europeo ora la posizione processuale della parte che aveva benefi-
ciato dell’aiuto di Stato illegale, ora il vantaggio fiscale del contribuente
contrario al regime fiscale iva, in nome del principio del primato e dell’ef-
fetto utile.
L’esigenza di rimediare agli effetti della concessione di un aiuto di
Stato illegale impone — secondo la giurisprudenza della Corte — di
risolvere il giudizio di bilanciamento tra irretrattabilità della cosa giudicata
ed effetto utile della decisione di recupero a favore di quest’ultima (31),

ID., Efficienza della giustizia civile e culture della riforma, Milano, 2017, p. 20 ss., per
un’analisi del rapporto tra estensione del giudicato implicito sul merito, coerenza della
lite e ragionevole durata del processo.
(28) Così superando l’orientamento informato a logiche di economia processuale
inaugurato da Cass., sez. un., 16 giugno 2006, n. 13916, in Foro it., 2007, 2, I, c. 493,
secondo cui « l’accertamento definitivo, contenuto in una decisione resa tra l’erario ed
il contribuente ha efficacia di giudicato esterno nella controversia pendente tra le stesse
parti, ed avente ad oggetto annualità diverse dello stesso tributo, ovvero tributi diversi
ma fondati sui medesimi presupposti di fatto ».
(29) CONSOLO, Il flessibile rapporto, cit., p. 191.
(30) Cfr. Cass. civ., sez. l., 25 novembre 2009, n. 24784, in Mass. Giust. civ.,
2010, 1, p. 5, la quale, richiamando espressamente il procedente Olimpiclub ha
affermato che « qualora due giudizi tra le stesse parti abbiano riferimento al medesimo
rapporto giuridico di durata, ed uno di essi sia stato definito con sentenza passata in
giudicato, il riconoscimento della capacità espansiva del giudicato, in ordine alla
soluzione delle questioni di fatto e di diritto relative al punto fondamentale comune ad
entrambe la cause, presuppone la compatibilità del giudicato con i princìpi fondamentali
del diritto comunitario applicabili nel caso concreto. Ne consegue che il giudice
successivamente adìto per l’accertamento della medesima obbligazione di durata con
riferimento ad un diverso periodo deve coordinare il principio del giudicato con il
principio di effettività cui è improntato il diritto comunitario, evitando il conflitto tra
l’efficacia del giudicato e l’esercizio dei diritti riconosciuti dall’ordinamento giuridico
comunitario »; nello stesso senso, Cass. civ., 13 settembre 2010, n. 19493, in Dejure.
(31) Cfr. BIAVATI, Le categorie del processo civile alla luce del diritto europeo, cit.,
p. 1335, secondo cui « il diritto processuale deve ammettere che il risultato del giudizio
— 1432 —

riducendo la disposizione processuale censurata a mero istituto del diritto


positivo, fino a rescinderne il nesso di correlazione con i princìpi generali
dell’ordinamento giuridico statale (32).
L’opera di annichilimento del valore sotteso alla cosa giudicata è stata
completata dalla sentenza Cstp Azienda della mobilità c. Commissione,
nella quale si legge che, quantunque assegnato un bene della vita con
sentenza passata in giudicato, la parte vittoriosa non può invocare il
principio dell’affidamento, nella particolare materia degli aiuti di Stato,
poiché, da un lato, spetta alla Commissione la competenza esclusiva in
materia, quale corollario del principio della primauté (punto 94), e dall’al-
tro, i giudici nazionali non sono competenti a pronunciarsi sulla compati-
bilità di un aiuto di Stato con il mercato interno, con la conseguenza che
una decisione sopravvenuta della Commissione è idonea a rescindere il
precedente giudicato.
Rebus sic stantibus, la recente giurisprudenza della Corte di giustizia,
intorno al rapporto tra cosa giudicata e divieto di ritenere gli aiuti di Stato
illegittimi, ha reciso il trait d’union tra giudicato e princìpi costituzionali
dalla certezza del diritto, attribuzioni costituzionali della magistratura ed
effettività della tutela giurisdizionale racchiusa nell’art. 24 cost.
Un colosso dai piedi d’argilla, dunque, all’apparenza centrale anche
nella prospettiva integrazionista europea, ma in realtà ultimo avamposto
schierato a difesa dell’ordine costituzionale interno.

4. — Pertanto, a nulla rileva che la decisione della Commissione sia


antecedente o successiva al passaggio in giudicato della sentenza antico-
munitaria (33); la questione degli aiuti di Stato non potrà mai essere
ricompresa nella gittata dei limiti oggettivi della cosa giudicata, stante il
difetto assoluto di giurisdizione sul punto del giudice nazionale: il giudicato
non può chiudere la strada all’azione di recupero degli aiuti di Stato
contrari al mercato unico.
Ma a ben vedere, la posizione presa della Corte di giustizia con la
sentenza Cstp non pare esser giustificabile con un generico riferimento al
precedente Lucchini (punti 94 e 95); infatti, in quest’ultimo caso una
decisione della Commissione da rispettare c’era, tuttavia il giudice muni-
cipale non se n’era avveduto, pronunciandosi a favore della validità delle
erogazioni nei confronti della Lucchini. In Cstp, per contro, non vi era
alcuna decisione della Commissione sulla natura della compensazione degli

dichiarativo è solo tendenzialmente stabile e abituarsi a convivere con decisioni dotate


di efficacia soltanto fattuale (anche se spesso sufficiente) ».
(32) Così, CARRATTA, op. cit., p. 1420.
(33) Così WEIß, nota a Klausner Holz, in EuZW, 2016, p. 57, spec. p. 60, secondo
cui sarebbe possibile qualificare la sopravvenuta decisione della Commissione in guisa di
un fatto sopravvenuto idoneo a superare, eccezionalmente, i limiti temporali del giudi-
cato interno anticomunitario, praticando, dunque, un’interpretazione conforme al di-
ritto europeo del § 322 ZPO.
— 1433 —

obblighi di servizio pubblico né le Autorità italiane avevano notificato in


tempo utile alla Commissione, ai sensi dell’art. 108, par. 3, tfue, la misura
per richiedere l’apertura di un procedimento formale di indagine ex art.
108, par. 2, tfue.
Come mai prima d’ora la Corte di giustizia è giunta ad affermare che
l’efficacia retrospettiva delle decisioni della Commissione è idonea a tra-
volgere anche il giudicato formatosi in un momento antecedente rispetto
all’inizio della procedura di verificazione dell’asserita natura di Stato (34).
I giudici del Kierchberg argomentano l’efficacia retrospettiva delle
decisioni della Commissione in materia di aiuti di Stato affermando che se
da un lato è vero che i giudici nazionali possono essere investiti di questioni
riguardanti l’interpretazione dell’art. 107 tfue, dall’altro, questi non sono
competenti (35) a pronunciarsi sulla compatibilità di un aiuto di Stato con
il mercato interno, posto che la circostanza che esista una pronuncia di un
giudice nazionale passata in giudicato relativa ad una misura di Stato
anteriore alla decisione della Commissione « non può impedire alla Com-
missione di esercitare la competenza esclusiva conferitale dal Trattato FUE
per quanto riguarda la valutazione della compatibilità di misure di aiuti con
il mercato interno (36) ».
L’affermazione della competenza esclusiva della Commissione, irro-
bustita del principio del primato, di cui è diretta manifestazione, sfida le
attribuzioni costituzionali dell’autorità giudiziaria cui spetta la tutela dei
diritti (artt. 102, 103 e 104 cost.). Una decisione sopravvenuta della
Commissione che dispone la cessazione di efficacia di provvedimenti del
giudice civile anteriormente passati in giudicato è inconciliabile con l’in-
tonazione soggettiva del giudicato nell’ordinamento giuridico italiano:
garantire la certezza del diritto e la stabilità del risultato del processo,
nell’interesse delle parti (37).

(34) Il leading case in materia di efficacia retrospettiva delle decisioni di recupero


di aiuti di Stato illegittimamente concessi è Corte giust., 20 marzo 1997, causa C-24/95,
Alcan Deutschland GmbH c. Land Renania-Palatinato, in www.curia.eu., nel quale il
Plateau Kirchberg ha affermato che « l’autorità competente è tenuta, in forza del diritto
comunitario, a revocare la decisione di concessione di un aiuto attribuito illegittima-
mente, conformandosi alla decisione definitiva con cui la Commissione dichiari l’incom-
patibilità dell’aiuto e ne ordini il recupero, anche quando abbia lasciato scadere il
termine previsto a tal fine dal diritto nazionale a tutela della certezza del diritto [...]
poiché il beneficiario dell’aiuto non può aver riposto, a causa dell’inosservanza della
procedura prevista dall’art. 93 del Trattato, alcun legittimo affidamento nella regolarità
dell’aiuto ».
(35) Sull’obbligo per i giudici nazionali di rispettare le decisioni ex art. 288, par.
4, tfue, v. Corte giust., 21 maggio 1987, causa C-249/85, Albako, in www.curia.eu; nello
stesso senso, Corte giust., 7 giugno 2007, causa C-80/2006, Carp; Corte giust., 20
novembre 2008, causa C-18/08, Fosolev.
(36) V. punto 92.
(37) CAPONI, Corti europee, cit., p. 314.
— 1434 —

È vero, come si è già detto, che in alcuni casi il giudicato, all’esito di


un giudizio di bilanciamento di valori di rango costituzionale tra cui
indubbiamente rientra il diritto dell’Unione (cfr. art. 117, comma 1°,
cost.), può cedere, come nel caso Lucchini, al fine di assicurare l’effetto
utile di una previa decisione della Commissione; o ancora, l’estensione dei
limiti oggettivi del giudicato può essere rimodulata in modo conforme al
diritto europeo per espungere dalla propria gittata questioni che non sono
di competenza del giudice nazionale, come nel caso Klausner Holz. Que-
st’ultime sono ipotesi di ridimensionamento del giudicato, le quali, tutto
sommato, nell’incessante divenire dell’ordinamento giuridico sono tollera-
bili.
Tuttavia nel caso Cstp non si fa questione di ridimensionamento
poiché il giudicato formatosi in favore della ricorrente viene cancellato con
un colpo di spugna, nonostante che il giudice nazionale non potesse avere
contezza della presunta natura di aiuto di Stato della compensazione
integrativa per gli obblighi di servizio pubblico. Meglio avrebbe fatto il
Consiglio di Stato a rinviare pregiudizialmente la questione alla Corte di
giustizia ex art. 267 tfue (38), chiedendo se il diritto ad ottenere la
compensazione controversa fosse qualificabile in termini di aiuto di Stato
nuovo, soggetto all’obbligo di notifica ex art. 108, par. 3, tfue, ovvero un
aiuto di Stato esistente, esentato da tale obbligo ex art. 108, par.1, tfue e
dall’art. 17, par. 2, del reg. Cee n. 1191 del 1969 (39).
Nell’ipotesi in cui la Corte di giustizia avesse qualificato la misura in
questione in guisa di un aiuto di Stato nuovo, le autorità italiane avrebbero
avuto l’onere di notificare alla Commissione l’aiuto de quo. L’unica strada
percorribile, a nostro modo di vedere, per evitare il rischio di un contrasto
pratico tra ventura decisione della Commissione e sentenza interna, sa-

(38) il Plateau Kirchberg è intervenuto per rinforzare l’obbligo di rinvio pregiu-


diziale previsto per i giudici di ultima istanza con un innovativo “corredo sanzionatorio”.
Si rimanda a Corte giust., 4 ottobre 2018, causa C-416/2017, Commissione c. Francia,
in www.curia.eu, con la quale per la prima volta uno Stato membro, la Francia, è stato
condannato in ragione della scelta dell’organo giurisdizionale di ultima istanza di non
rinviare in via pregiudiziale una questione interpretativa giudicata dalla corte oggetti-
vamente dubbia. Si tratta di un vero e proprio leading case dagli effetti dirompenti come
avverte anche SARMIENTO, Judicial infringements at the Court of Justice. A brief comment
on the phenomenal Commission/France (C-416/17), consultabile da https://despiteou-
rdifferencesblog.wordpress.com/2018/10/09/judicial-infringements-at-the-court-of-ju-
stice-a-brief-comment-on-the-phenomenal-commission-france-c-416-17/. L’a. evidenzia
in particolare che « if the Commission in entitled to bring an action before the court as
a result of a supreme court’s failure to interpret EU law correctly and to make a
preliminary reference, the infringement procedure thus becomes a pseudo-direct appeal
against national court decisions before the Court of Justice ».
(39) Sull’obbligo di notifica alla Commissione degli aiuti di Stato nuovi e più in
generale sulla c.d. “standstill obligation” ex art. 108, par. 3, tfue si v. BUENDIA SIERRA-
BOLSA FERRUZ, State Aid Assessment: what National Court Can Do and What They Must
Do, in EStAL, 3, 2017, p. 406 ss., spec. p. 408.
— 1435 —

rebbe stata quella della sospensione del processo ex art. 295 c.p.c. —
interpretato estensivamente (40) e in modo conforme al principio di effet-
tività — per assicurare l’effetto utile della decisione della Commissione,
benché non vi fosse un rapporto di pregiudizialità in senso tecnico (41) tra
la risoluzione della questione sulla natura di aiuto di Stato e il diritto della
Cstp (42).
Bisognerebbe, in un certo senso, ammettere l’esistenza di accertamenti
con efficacia preclusiva su successivi giudizi dipendenti emessi al termine
di procedimenti non qualificabili come giurisdizionali. Una visiona siffatta
presuppone un abbandono della visione “soggettivistica” dell’accertamento
giurisdizionale, fondato sulla provenienza autoritaria dell’atto (43), in

(40) La stessa dottrina tedesca (v. WEIß, nota a Klausner Holz, cit., p. 60) si
aspettava che nel caso Klausner Holz il Landgericht di Munster sospendesse tempora-
neamente, nell’attesa di una decisione della Commissione, non già l’efficacia dei con-
tratti di fornitura, come proposto dalla Corte di giustizia, bensì il processo, in base ad
un’interpretazione estensiva del § 148 ZPO, a mente del quale il giudice può (kann)
sospendere il processo dinanzi a lui pendente quando la soluzione della causa dipende
dalla decisione di un’autorità amministrativa, fino all’esaurimento del procedimento
amministrativo stesso (così, D’ALESSANDRO, Aiuti di Stato e giudicato nazionale: nella
vicenda Klausner Holz il Landgericht di Munster interpreta restrittivamente i limiti
oggettivi del giudicato, in Riv. dir. proc., 6, 2018, p. 1615 ss., spec. p. 1632).
(41) ALLORIO, La cosa giudicata rispetto ai terzi, Milano, 1935, p. 68 ss., parla di
pregiudizialità laddove la situazione pregiudicante costituisca un elemento della fatti-
specie costitutiva della situazione dipendente. Sul rapporto di dipendenza tra giudizio di
impugnazione della decisione della Commissione in punto di aiuti di Stato e giudizio
interno restitutorio si rimanda a VILLATTA, Sospensione necessaria del processo civile per
dipendenza da processo comunitario di annullamento e limiti soggettivi del giudicato, in
Riv. dir. proc., 2007, p. 1030 ss., spec. p. 1035; NEGRI, Procedimenti paralleli in materia
antitrust: (ir)ragionevoli corollari processuali del vincoli dei giudici nazionali alle
decisioni della Commissione CE, in Int’l Lis, 3-4, 2009, p.133 ss., ove incidentalmente
si afferma che « il provvedimento comunitario costituisce il fondamento giuridico della
pretesa di restituzione e la legittimità di tale provvedimento (oggetto del giudizio innanzi
al TPG e contestata dall’interessato nel processo nazionale) si pone senza dubbio come
pregiudiziale rispetto all’oggetto della causa pendente innanzi al giudice nazionale ».
(42) Nel senso che si tratti di mera Rechtsfrage risolvibile dal giudice anche
incidenter tantum, D’ALESSANDRO, op. cit., p. 1632 nota 41. Di Rechtsfrage ragionano i
giudici del Kierchberg nel caso Klausner Holz: naturalmente tutto da dimostrare è che
valga la soluzione tedesca in Italia — in particolare altro è la pronuncia implicita in
punto di nullità del contratto per violazione dell’art. 108 tfue, altro quella esplicita. A
ben vedere, sviluppando coerentemente le indicazioni fornite dalla Corte di giustizia nei
casi Lucchini, Klausner Holz e, infine, CSTP, non potendosi il giudice nazionale
pronunziare in punto di legittimità degli aiuti di Stato erogati, la scelta più ragionevole,
laddove penda un’istruttoria dinanzi alla Commissione, è proprio quella della sospen-
sione. Potrebbe anche trattarsi di un’ipotesi di pregiudizialità tecnica ex lege, atta a
garantire l’armonia tra decisioni nazionali e decisioni della Commissione.
(43) Cfr. con l’interessante studio di SLATER-THOMAS-WAELBROECK, Competition
law proceedings before the European Commission and the right to a fair trial: no need
— 1436 —

favore di un approccio, per così dire, “oggettivistico” basato sulle caratte-


ristiche e sugli effetti dell’atto di accertamento (44), sempre, beninteso, nel
rispetto degli artt. 6 e 13 cedu e 47 Carta di Nizza.
Invero, anche nelle fasi precontenziose, che secondo i parametri
tradizionali avrebbero natura amministrativa, è presente un elevato tasso di
processualizzazione (45); basti pensare, con riferimento all’attività svolta
dalla Commissione, alla fase introduttiva del procedimento di indagine
formale sulla compatibilità di un aiuto di Stato con il mercato unico, ex art.
6, par. 1, cpv., reg. Ue n. 1589 del 2015, nella misura in cui è consentito
ai soggetti interessati di presentare osservazioni. Benché non sia previsto
un vero e proprio diritto al contradditorio fra i soggetti portatori di
interessi dirimenti, il riconoscimento di garanzie processuali nella fase
amministrativa si spiega, per un verso, avendo riguardo alla centralità della
Commissione nel sistema processuale europeo, la quale prima del processo
opera come « giudice del mercato (46) »; per un altro, vale notare che nel
sistema liquido e cangiante del diritto europeo il discrimen tra amministra-
zione e giurisdizione non è così netto, anzi, al contrario, la distinzione
sopravvive solo dal punto di vista strutturale poiché a fronte di un’attività
fortemente processualizzata degli organi amministrativi, per converso, si
ravvisa un crescente grado di discrezionalità nell’attività degli organi
giudiziali in ordine a valutazioni di natura tecnica (47).
Segnatamente, interpretare l’art. 295 c.p.c. in modo conforme al
diritto europeo significa — nell’ottica di una progressiva attenuazione del
monopolio degli organi giurisdizionali statuali sulla giurisdizione (48) —

for reform? in Research papers in law, 5/2008, disponibile sul sito https://www.coleu-
rope.eu/research-paper/competition-law-proceedings-european-commission-and-right-
fair-trial-no-need-reform, p. 32, i quali si interrogano sui profili di compatibilità delle
« quasi-judicial procedures » con i corollari del due process of law ex art. 6 cedu.
(44) A proposito della « crisi della giurisdizione », intesa in senso tradizionale, si
v. CHIZZINI, L’equo processo Cedu quale quadro di riferimento normativo per i procedi-
menti davanti alle autorità indipendenti nazionali (ed alla Commissione europea). Note
generali, in Giusto proc. civ., 2012, p. 346 ss., spec. p. 347; nonché, COMOGLIO, Sanzioni
antitrust e azioni risarcitorie verso nuove forme di giudicato, in La crisi del giudicato,
cit., p. 302 ss.
(45) In tal senso BIAVATI, Interessi e mercato nel processo comunitario, in questa
rivista, 3, 1999, p. 793 ss., spec. p. 795.
(46) BIAVATI, loc. ult. cit., p. 796.
(47) L’esatta delimitazione di un mercato costituisce sovente oggetto della pro-
nuncia in fatto dei giudici comunitari: si v. Corte giust., 2 marzo 1994, causa C-53/92,
Hilti c. Commissione, in www.curia.eu, punti 5-8; in ispecie la Corte ha delimitato l’area
del mercato delle pistole sparachiodi; ancora, Corte giust., 5 ottobre 1994, causa
C-151/93, in www.curia.eu, la Corte risolveva la questione intorno alla qualificazione
comunitaria di “coscia di pollo” al fine dell’applicazione della tariffa doganale comune.
(48) Si v. a proposito le penetranti indagini storiche di PICARDI, La giurisdizione
all’alba del terzo millennio, Milano, 2007; ID., Le trasformazioni della giustizia nell’età
della globalizzazione, in Riv. dir. proc., 5, 2012, p. 1153 ss.
— 1437 —

intendere l’espressione « altro giudice » siccome comprensiva di tutte


quelle autorità i cui accertamenti possano produrre effetti diretti nei giudizi
civili e amministrativi, a nulla rilevando che si tratti di autorità formal-
mente non-giurisdizionali; si tratterebbe di un’ interpretazione pienamente
correttiva del dettato normativo, tuttavia sembra difficile negare la sostan-
ziale equiparazione tra le decisioni della Commissione in materia di aiuti di
Stato e quelli di un accertamento giurisdizionale (49). Come si è visto (50),
i giudici nazionali, per un verso, non possono pronunziarsi in materia di
aiuti di Stato, giacché trattasi di competenza esclusiva della Commissione,
per un altro, richiamando le conclusioni del caso Lucchini, il giudicato
formatosi in spregio ad una previgente decisione della Commissione deve
essere disapplicato: inutiliter datur.
Pertanto, tornando al discorso intorno alla sospensione necessaria (51),

(49) Un contenuto semi-judicial pare potersi ascrivere alle decisioni di quei


soggetti pubblici che esercitano la funzione giurisdizionale — e che, dunque, beninteso
non sono titolari di una vera e propria potestas iudicandi — in senso sostanziale, le quali
attribuiscono un bene della vita, indipendentemente dal fatto che ciò avvenga o meno nel
teatro di una controversia giurisdizionale. Così PERFETTI, La full jurisdiction come
problema. Pienezza della tutela giurisdizionale e teorie del potere, del processo e della
Costituzione, in P.A. Persona e Amministrazione, 2, 2018, p. 237 ss., spec. p. 243.
(50) V. supra nota 25.
(51) Non ci pare, inoltre, che colgano nel segno le censure di chi ha sostenuto che
un’ipotesi di sospensione del giudizio di cognizione nell’attesa di una decisione della
Commissione vulneri le aspettative di ragionevole durata del processo, di cui agli artt.
111 cost. e 6 cedu (così, D’ALESSANDRO, op. cit., p. 1633). Infatti, secondo l’insegna-
mento di Cass., sez. un., 19 giugno 2012, n. 10027 (sul punto, GIUSSANI, Efficienza della
giustizia civile e culture della riforma, cit., p. 299 ss.; sull’interpretazione degli artt. 295,
297 e 337 c.p.c., si v. anche: Cass., 14 novembre 2012, n. 19938, in Riv. dir. proc., 2013,
p. 1526, con nota di GIUSSANI; ID., Gli effetti conformativi delle sentenze, in Riv. dir.
proc., 1, 2017, nota a Cass., sez. I civ., sentenza del 25 luglio 2016, n. 15339, p. 260 ss.;
nello stesso senso, ID., voce Sospensione del processo, in Dig. IV, disc. priv., sez. civ.,
XVIII, Torino, 1998, p. 603 ss., in ispecie p. 612 ss.) l’art. 295 evoca l’esigenza di
sospendere il processo nell’attesa di una decisione pregiudiziale; l’art. 337, comma 2°,
invece, non distingue, come si è sostenuto autorevolmente in passato, fra impugnazioni
ordinarie e straordinarie; infine, l’art. 297 fa decorrere i termini per la riassunzione del
giudizio dipendente dal passaggio in giudicato della sentenza pregiudiziale, ma prevede
solo un dies ad quem, non pone alcun dies a quo per la riassunzione della causa,
qualificandosi come termine acceleratorio, ma non anche necessariamente dilatorio.
Pare dunque compatibile con il tenore delle norme in esame un’interpretazione siste-
matica, e costituzionalmente orientata alla ragionevole durata del processo, secondo cui
le parti della causa dipendente non sono tenute a pena di estinzione a riassumere (nel
silenzio dell’art. 297 c.p.c.) il giudizio sospeso quando la sentenza pregiudiziale è ancora
soggetta all’impugnazione ordinaria, e in particolare il titolare del diritto dipendente può
attendere che tale statuizione si stabilizzi senza correre il rischio di perdere gli effetti
protettivi derivanti dalla proposizione della domanda giudiziale. Tuttavia, una volta
pronunciata la sentenza pregiudiziale, la causa della sospensione ex art. 295 può
considerarsi automaticamente cessata, senza che si attenda all’uopo il passaggio in
— 1438 —

se la pretesa alla ripetizione degli aiuti di Stato è qualificabile come


Anspruch, i cui elementi costitutivi sono in contrasto con la decisione della
Commissione e l’avvenuto pagamento degli aiuti, altrettanto non può dirsi
della decisione della Commissione, la quale, pertanto, è mera Rechtsfrage,
in quanto elemento della fattispecie da solo non sufficiente a fondare il
diritto/dovere alla ripetizione. L’applicazione, per così dire, eccezionale
dell’istituto della sospensione necessaria — qualora, beninteso, nel giudizio
nazionale si sia posta la questione della violazione del divieto di aiuto di
Stato — ad ipotesi di mera questione giuridica pregiudiziale (la quale,
peraltro, essendo Rechtsfrage può essere conosciuta incidenter tantum dal
giudice nazionale, benché questi non abbia competenza esclusiva in mate-
ria) oltre ai casi di pregiudizialità c.d. in senso tecnico, pare incentivata
dall’inveramento dei princìpi del diritto eurocomunitario. Primo tra tutti il
principio di leale collaborazione (52), ex art. 4 tue, il quale giustificherebbe
una compressione della cognizione sui fatti del giudice nazionale (53), di
talché — e non è di certo questione nuova — pare possibile riconoscere
un’efficacia preclusiva “pro judicato” alle decisioni della Commissione in
materia di aiuti di Stato. Il che ci porta ad arguire che, quantunque organo
politico, la Commissione nella particolare materia degli aiuti di Stato operi
come un’autorità giurisdizionale di fatto, anche retroattivamente — rec-
tius: iperretroattivamamente — come nel caso Cstp, al precipuo fine di
assicurare tanto il principio del primato quanto quello di effettività.

5. — Se si fosse disposta la sospensione del giudizio, si sarebbe


potuto evitare un dictum prepotente della Corte di giustizia, la quale si è

giudicato della stessa, e la riassunzione sarebbe pertanto già possibile, fatta salva la
possibilità che il giudice sospenda nuovamente il giudizio, ex art. 337, comma 2°, c.p.c.,
ma nella sola ipotesi in cui ritenga fondata l’impugnazione ordinaria proposta contro tale
sentenza. Si chiude così un circuito interpretativo che ha “svecchiato” le norme del
codice di rito, le quali, foggiate originariamente per assicurare l’armonia delle decisioni,
oggi rispondono maggiormente ad esigenze di efficienza nell’amministrazione della
giustizia. Sicché, mutatis mutandis, detta interpretazione pare mutuabile anche al
nostro tema: infatti, non sarebbe necessario aspettare la definitività della decisione della
Commissione per riassumere la causa pregiudicata; il giudice della causa pregiudicata
potrebbe sempre disporre la sospensione discrezionale, attendendo la stabilizzazione
degli effetti della decisione della Commissione, laddove ritenesse che il contenuto di
questa possa essere ribaltato al séguito dei giudizi di impugnazione.
(52) CONSOLO, Il flessibile rapporto, cit., p. 196; ID., La sentenza Lucchini della
Corte di giustizia: quale possibile adattamento degli ordinamenti processuali interni e in
specie del nostro? cit., p. 235.
(53) Sulla compressione della cognizione fattuale dei giudici nazionali nell’ipotesi
in cui sul punto si sia già pronunziata la Commissione si v. STELLA, nota a Trib. Milano,
8-11 maggio 2009, La prima pronuncia di un Tribunale italiano in materia di c.d.
follow-on antitrust litigation e sul valore delle decisioni della Commissione CE in
materia, in Int’l Lis, 3, 2009, p. 149 ss.
— 1439 —

imposta ad anni di fecondo dibattito fra Corti europee e giudici nazionali:


ancora una volta si torna a discutere delle Corti di Babele (54).
Che la valutazione della compatibilità di un aiuto di Stato con il
mercato interno rientri nella competenza esclusiva della Commissione
europea, con la conseguenza che ai giudici nazionali non è consentito
pronunciarsi sul punto, laddove sia intervenuta una decisione definitiva
della Commissione, è convinzione anche della nostra Corte costituzio-
nale (55): si tratta di una regola sulla giurisdizione che — lungi dall’atten-
tare ai « princìpi supremi » di soggezione del giudice alla sola legge e di
indipendenza della magistratura — si correla alla partecipazione dell’Italia
all’Unione europea, trovando copertura costituzionale nel quadro delle
limitazioni di sovranità consentite dall’art. 11 cost. Ma a ben vedere la
suddetta limitazione è possibile nell’ipotesi in cui la decisione della Com-
missione sia successiva alla formazione del giudicato sulla non prospettata
questione degli aiuti di Stato; a ragionare diversamente si giunge a immo-
lare la certezza del diritto — nella species della tutela dell’affidamento della
parte vincitrice sul “fare stato” della decisione — sull’ara di un principio
del primato sempre più liquido e imprevedibile, riadattato a seconda delle
esigenze del caso concreto.
La Corte di giustizia con la sentenza in commento ha scritto un nuovo
capitolo della tormentata storia del rapporto tra l’obbligo di recupero degli
aiuti di Stato illegittimi e la tenuta del giudicato nazionale: i giudici del
Kierchberg, muovendo dalla lettera dell’art. 288, par. 4, tfue, arguiscono
che lo Stato membro destinatario di una decisione della Commissione, che
intimi il recupero di aiuto di Stato illegittimi, è tenuto ad adottare ogni
misura idonea per ottemperare alle prescrizioni della decisione; a nulla
valgono le censure mosse sulla base di impedimenti derivanti dal dirit-
to nazionale, quali il passaggio in giudicato della sentenza che ha deci-
so sulla spettanza del credito successivamente rivelatosi essere un aiuto
di Stato indebito (56), poiché in capo allo Stato membro sorge un obbli-
go di risultato cui necessariamente deve seguire un provvedimento di
recupero (57), di guisa che, per dirla con le parole di autorevole dot-

(54) L’espressione si deve alla former president della Corte internazionale di


giustizia HIGGINS, A Babel of Judicial Voices? Ruminations from the Bench, in Interna-
tional and Comparative Law Quarterly, 2006, p. 791 ss., spec. p. 803, la quale,
riflettendo sull’attuale tendenza alla proliferazione della Corti, avverte che, in una
Babele di decisioni giudiziarie, « we must try to preserve unity among us unless context
really prevents ». Da ultimo l’espressione è stata efficacemente ripresa da CASSESE, I
tribunali di Babele, Roma, 2009, p. 7 ss.
(55) Cfr. Corte cost., 5 luglio, 2018, n. 142, in Riv. dir. int., 2019, 1, p. 252 ss.
(56) Caldeggia un lettura “pan-europeista”, irrispettosa del principio di autono-
mia processuale degli Stati membri, anche ORDOÑES-SOLIS, op. cit., p. 389, secondo cui
« aid may be recovered trought national court proceeding. However, this method cannot
impact on the effectiveness of the recovery ».
(57) Cfr. Cons. St., sez. III, 16 giugno 2015, n. 3027, in Dejure, secondo cui il
concetto di impossibilità assoluta di restituzione dell’aiuto indebito deve essere inter-
— 1440 —

trina (58), « nel sistema europeo è giusto ciò che è conforme a diritto e non
ciò che è stato deciso. Con buona pace dei quadrata e dei rotunda ».
Ci pare che la cifra interpretativa offerta dalla Corte di giustizia a
proposito dei rapporti tra sopravvenuta decisione della Commissione e
irretrattabilità del giudicato nazionale sia difficilmente suffragabile; ciò è
vero a maggior ragione se si considera che nella disposizione positiva
dell’art. 2909 c.c. è racchiuso un principio di rango costituzionale (59)
quale quello della certezza del diritto che, a ben vedere, rientra tout court
nel novero delle « tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri »
riconosciute ex art. 6, par. 3, tue (60).
Se quanto detto è vero, la violazione di un principio fondamentale
dell’Unione qual è la cosa giudicata, ex art. 6, par. 3, tue, a causa
dell’adozione di una decisione di recupero da parte della Commissione,
legittimerebbe l’applicazione del limite di cui all’art. 16, par. 2, reg. Ue n.
1589 del 2015, secondo cui « la Commissione non impone il recupero
dell’aiuto qualora ciò sia in contrasto con un principio generale del diritto
dell’Unione ». Infatti, come avvertito da autorevole dottrina (61), un con-
flitto tra ius superveniens “iperretroattivo” e giudicato è ipotesi del tutto
eccezionale, astrattamente configurabile nei soli casi in cui la lex posterior
introduca valori giuridici di intonazione costituzionale « così meritevoli di
affermazione da prevalere sulla tutela dell’affidamento delle parti sull’in-
tangibilità del risultato del precedente processo (62) ».

pretato in senso restrittivo, conformemente alle prescrizioni della Corte di giustizia, di


talché non sarebbe possibile addurre difficoltà di carattere giuridico, pratico o politico
a sostegno dell’impossibilità di recupero dell’aiuto di Stato indebito.
(58) BIAVATI, La sentenza Lucchini: il giudicato nazionale cede al diritto comu-
nitario, cit., p. 1603.
(59) V. supra nota 8.
(60) In tal senso cfr. CAPONI, Relazione, in La crisi del giudicato, cit., p. 366, il
quale conclude affermando che, posta l’appartenenza del giudicato alle tradizioni
costituzionali comuni agli Stati membri, spetta alla Corte di giustizia dettare le direttive
per un’opera di bilanciamento, senza che le Corti degli Stati membri possano contrap-
porre unilateralmente controlimiti nazionali, poiché ciò manderebbe in frantumi l’esi-
genza di una ricostruzione effettivamente uniforme del giudicato nel diritto europeo.
Pertanto, nel pensiero dell’a. le garanzie costituzionali cui è informato il giudicato
sarebbero comprimibili, nella misura in cui è limitata la possibilità di opporre contro-
limiti nazionali unilateralmente, « dinanzi ad esigenze di ordine pubblico di diritto
dell’Unione europea ». Ma così opinando i c.d. controlimiti si ridurrebbero ad una mera
ipotesi teorica: il sacrificio delle garanzie costituzionali sarebbe allora pienamente
consumato a meno che non si vogliano intendere le “direttive” per il bilanciamento
siccome comprensive anche degli eventuali controlimiti nazionali: questi non sarebbero
allora contrapposti “unilateralmente” dalle giurisdizioni nazionali; al contrario, si rea-
lizzerebbe una cooperazione costruttiva, funzionale alla riscrittura di una grammatica
comunitaria della cosa giudicata.
(61) CAPONI, L’efficacia del giudicato civile nel tempo, cit., p. 386.
(62) CAPONI, Corti europee e giudicati nazionali, cit., p. 322.
— 1441 —

Non ci pare che una decisione della Commissione, in punto di aiuti di


Stato, possa introdurre valori giuridici di foggia tale da prevalere sulla cosa
giudicata. Al contrario, ci pare che questa finisca per attentare al principio
della certezza del diritto e alla tutela del legittimo affidamento e, infine, alle
attribuzioni costituzionali della Magistratura. Se così non fosse i princìpi
del nostro ordinamento in materia processuale risulterebbero gravemente
menomati (artt. 3, 24, 102 e 104 cost.), con conseguente vulnus per i
princìpi fondamentali della Carta costituzionale, che soprassiedono alle
garanzie procedurali, i quali devono necessariamente costituire il “contro-
limite” all’affermazione incondizionata del principio del primato (63).
Pertanto, dalla vicenda Cstp la tenuta del giudicato esce più claudi-
cante che mai (64).
GUIDOMARIA DE CESARE
Dottore in giurisprudenza

(63) Negli stessi termini anche Corte App. Roma, 10 luglio 2019, n. 7949, non
ancora pubblicata, che costituisce il séguito del caso Lucchini più volte menzionato; i
giudici capitolini hanno fatto orecchie da mercante rispetto al dictum della Corte di
giustizia, il giudicato è stato salvato dalla disapplicazione. Non è certo un mistero che la
giurisprudenza nazionale abbia riservato un’accoglienza, per così dire, “tiepida” al
dictum Lucchini. Cfr. sul punto BIAVATI, disapplicazione del giudicato interno per effetto
del diritto dell’Unione Europea?, in questa rivista, 2014, p. 1567 ss., ove l’a. va
auspicando una corretta applicazione del sistema di pesi e contrappesi dell’Unione,
applicando pienamente, e senza riserve mentali, lo strumento del rinvio pregiudiziale.
(64) A fronte della sentenza in commento pare potersi dare una risposta positiva
all’interrogativo posto anzitempo da BIAVATI, Inadempimento degli Stati membri al
diritto comunitario per fatto del giudice supremo: alla prova la nozione europea di
giudicato, in Int’l Lis., 2, 2005, p. 62 ss., spec. p. 65, il quale, nel commentare la
sentenza Kobler — prima breccia nel muro del giudicato — si chiedeva se « è ipotizzabile
per il diritto europeo una forza applicativa tale, che una sua verificata violazione possa
travolgere un giudicato? ».

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