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MARINA CASTIGLIONE (Palermo)

Un giullare contemporaneo:
Caparezza tra fonoromanzi e locuzioni rivisitate e (s)corrette

1. La canzone rap, tra proposta sociopolitica e proposta linguistica

La Prima repubblica italiana si era chiusa sulle note doloranti post stragi di Franco Battiato, che
cantava Povera patria. Possiamo dire che la Seconda repubblica sia morta con il sarcasmo di
Legalize the premier e l’atto di accusa privo di ogni ironia di Non siete stato voi di Michele
Salvemini, in arte Caparezza, un esponente del genere rap1 la cui discografia ha inizio nel 20012.

Intrecciandosi con la storia linguistica dell’Italia unita (ma anche con la storia senza aggettivi
della società italiana), il linguaggio della canzone italiana ha potuto ora precorrere, ora
riflettere, ora assecondare la lingua degli italiani; funzionare, insomma, come un grande
“trasmettitore culturale”. Non solo con le canzoni, ma “anche” con le canzoni, grazie al loro
potere evocativo, si è costituito un patrimonio linguistico e culturale condiviso, un serbatoio
di memoria collettiva che ci fa sentire tutti, al di là delle differenze regionali, generazionali,
sociali, culturali parte di una medesima comunità. [Coveri (2011: 75)]

Se la canzone d’autore può essere studiata «come un filtro, attraverso il quale può essere osservata
la dinamica diversificata dell’italiano contemporaneo» [Scholz (1997: 29)], leggendo i testi dei più
seguiti rapper italiani potremmo prendere atto del fatto che il rapporto di gregarietà tra testi e
musica si sia invertito a vantaggio dei primi3 e farci l’idea che la lingua italiana stia conoscendo uno
straordinariamente ricco tumulto che forse la potrebbe portare ben lontana dall’antilingua temuta da
Calvino. Espressiva, antipurista, centrifugatrice di stili e registri, aperta ai dialetti4 e al parlato,
sovvertitrice degli stereotipi locuzionali: altro rispetto alla piatta ricorsività di formule e al passivo

1
Il Rap è uno stile musicale “parlato in rima” nato in conseguenza al movimento Hip-Hop e spesso ne riflette i valori
(riscatto contro la discriminazione razziale o l’emarginazione sociale, rifiuto del conformismo, polemica antipotere).
Possono però trovarsi rapper che non cantano contenuti Hip-Hop e che sono ispirati a vicende sentimentali personali. I
caratteri della prima generazione di rapper italiani sono stati studiati dall’Accademia degli Scrausi (1996) e da Scholz
(2005). Oggi non mancano rapper che propongono modelli di subcultura urbana (Club Dogo).
2
In realtà aveva già composto brani pop e cantato con il nome di Mikimix, partecipando anche all’edizione di Sanremo
1997. Il nuovo pseudonimo è in realtà il soprannome infantile, come dichiarato nel I Tomo de Saghe mentali: «…decisi
di farmi crescere barba e capelli e mi inventai un nuovo nome d’arte: Caparezza, così mi chiamavano da piccolo per via
della mia capigliatura riccia. Per completare il travestimento cambiai modo di cantare, camuffai la voce. Iniziai a
pronunciare le parole come dette da una gallina, e quando il demo fu pronto misi proprio una gallina in copertina. Il
titolo della mia nuova cassettina di un inevitabile: “Ricomincio da Capa”» [Caparezza (2008:18)].
3
Come rilevato anche da Cartago (2003: 210) proprio a partire dal fenomeno rap.
4
Spesso il dialetto è il codice che meglio garantisce la protesta dei rapper, tanto che in Sicilia, come ha analizzato
Roberto Sottile (2013:50) «la canzone siciliana di oggi sembra costitutivamente “nutrirsi” della cultura dialettale.»
1
ricorso agli anglismi di tanta musica pop anche contemporanea5. La straordinaria ricorrenza di
giochi di parole, figure retoriche, rime inedite fa di questa generazione di cantanti/autori (Jovanotti,
Articolo 31, Prozac +, Timoria, 99 Posse, J-Ax, ecc.) la progenie più riuscita di programmazioni
educative fondate sui Draghi Locopei e sulla rodariana Grammatica della fantasia. Questo “filtro”,
però, al momento “non fa media”, nel senso che non produce un italiano parlato di analoga
elaborazione, ma bisogna prendere atto che è una tendenza linguistica a cui molti giovani ˗ amanti
del rapper più connotato (J-Ax, Fabri Fibra, ecc.) o di quello più sentimentale (Jovanotti, Emis
Killa, ecc.) ˗ sono giornalmente sottoposti, facendosi destinatari di un messaggio confezionato per
scardinare le regole linguistiche e metriche. Ascoltatori emancipati e consapevoli che devono
leggere tra le righe piuttosto che canticchiare sotto la doccia, che sono soggetti ricettivi di messaggi
politico-ideologici, inferenze storico-letterarie, “collage mass-mediale” [Cartago (2003: 211)], ma
anche di riflessioni metalinguistiche e metamusicali6. Come ha argomentato Arcangeli (2008:21)
esiste nella produzione italiana di questi ultimi anni una qualità che si fa garante se non di
«scampoli di poesia nei casi migliori», certamente di «tracce preziose su cui rifare a ritroso il
cammino verso il recupero di eventi centrali o importanti della nostra storia e della nostra memoria
collettiva». In questo quadro rapidamente riassunto, Antonelli (2010: 238-239) inserisce Caparezza
tra coloro i quali recuperano un corredo linguistico vieto alternandolo con quello più informale e
contemporaneo, mai prevedibile, quasi da “dagherrotipo”.

2. Caparezza tra testo scritto e testo cantato

Folgorante cantore dei nostri tempi, ironico, autoreferenziale, debordante, sa abbinare ritmi
trascinanti a testi di grande interesse, ricchissimi di citazioni e riferimenti all’attualità e alla
cultura pop. [Parodi in Coveri (2011:118)]

Caparezza, rapper molfettese dalla voce nasale e dall’indubbio talento eclettico, autoironico7 e
teatrale, ha al suo attivo 6 CD8 e un’intensa attività di collaborazione con altri artisti. Sin dalla sua
prima uscita emerge un orientamento anticonformista rispetto alla proposta valoriale (polemica
5
Per cui si vedano Borgna (1992); Coveri (1996); Tonani (2005); Arcangeli (2008); Antonelli (2010).
6
Si pensi alla geniale Canzone Mononota cantata a Sanremo nel 2013 dal gruppo Elio e le Storie Tese, che rientra però
più nei parametri del cosiddetto Rock demenziale [per cui cfr. Coveri (2011)].
7
Elementi autobiografici contrassegnano molti testi, e non di rado essi raccolgono alcune critiche e suggerimenti: «”Ti
piace Capa? Ma quello è lo scemo di Sanremo!”. Bravo!» (Habemus Capa, in Habemus Capa); «“Tu ti fai troppi
problemi, Michele”… “Ti fai troppi problemi, non ten ne fare più”» (Cose che non capisco, in Sogno eretico);
«Caparezza non mi piace, perché è troppo politico troppo politico troppo politico…» (Troppo politico, in Museica).
8
I CD abbracciano un periodo di meno di 15 anni: ?! (2000), Verità supposte (2003), Habemus Capa (2006), Le
dimensioni del mio caos (2008), Il sogno eretico (2011), Museica (2014). Come è evidente, anche i titoli attingono ad
una connotatività accattivante. Riguardo al titolo del primo album lo stesso Caparezza ha dichiarato di essersi ispirato a
una scena del film Così parlò Bellavista di Luciano De Crescenzo, in cui il regista, nelle vesti del professor Bellavista,
spiega attraverso un disegno che le persone si dividono in due categorie: chi si fa sempre domande (?) e chi ha soltanto
certezze (!).
2
contro l’annichilimento mentale dei luoghi del divertimento capitalista, spirito antiviolento,
nostalgia degli anni Ottanta come momento di slancio mancato della società italiana) e un uso iper-
espressivo rispetto alla proposta linguistica, che spazia dal giovanilese ai neologismi [cfr. Podestà
(2004)], dall’inglese ai lessici settoriali, dal gergale al latino9. Gli stessi titoli delle canzoni del
primo CD sono indicativi di una tendenza che si consolida con gli anni, ossia quella del riuso di
materiale lessicale complesso con fini stranianti (Uomini di molta fede) o con intenti citazionali (La
fitta sassaiola dell’ingiuria10). Rispetto al «L’ostentazione dei legami con la cultura alta e il ricorso
a un certo “difficilese” intellettuale […] sempre marche tipiche dei testi cosiddetto d’autore […]»
[Antonelli (2010, p. 188)], Caparezza tende al centrifugare lessico alto e basso, anglismi e
giovanilismi, marchionimi e nomi di personaggi del cinema e della TV, fumetto e videogames.
Se, in generale, il “rappese” è caratterizzato da «soluzioni compositive molto complesse sotto il
profilo metrico-ritmico e retorico» [Sottile (2013:34)], di certo possiamo affermare che i testi di
Caparezza pretendono una decifrazione su più livelli di lingua e di contenuto, «stabilendo con il
pubblico un contatto continuamente sollecitato e verificato» [Scrausi (1996:296)].
A livello retorico metafore, similitudini, anafore, paronomasie, inversioni di frase11 sono gli
espedienti più ricorrenti12. Sappiamo però dal testo esemplare dell’Accademia degli Scrausi che la
rima, in un brano rap, è un catalizzatore particolare perché consente di supplire alla prosaicità
dell’andamento13 per dare ritmo e connessione alle varie parti del testo. Anche nei testi del rapper
molfettese la rima non è più collocata necessariamente alla fine del verso ma vi si ritrovano «la
rimalmezzo, la rima interna, l’assonanza, la consonanza» [Scrausi (1996: 316)]. Eppure, anche il
livello fonico-metrico nell’artista non è mai scontato, anche quando ci si trovi di fronte alle rime
baciate14. Esse possono presentarsi sotto forma di sequenza o includere codici diversi, sfruttandone
le pronunce e attingendo a qualunque utile elemento lessicale (dai marchionimi ai latinismi):

9
Appare nel ritornello del testo Habemus Capa («Nuntio vobis gaudium magnum…Habemus Capa»), con una voluta
assenza della –m dell’improbabile accusativo, per consentire il gioco con lo pseudonimo (ivi n.2). Presente anche altre
volte, a volte come materiale di riuso (ad es. in Felici Ma trimoni, sempre in Habemus capa), a volte con testi originali:
In nomine libertatis vincula aedificamus./ In nomine veritatis mendacia efferimus. (Non mettere le mani in tasca, in Le
dimensioni del mio caos)
10
Il titolo e il ritornello («Mi piace che mi grandini sul viso la fitta sassaiola dell'ingiuria, mi agguanto solo per
sentirmi vivo al guscio della mia capigliatura») sono tratti dalla canzone Confessioni di un malandrino di Angelo
Branduardi.
11
Non si tratta di iperbati, ma di vere e proprie inversioni di frase che, producendo talora dei chiasmi, modificano anche
la funzione morfologica degli elementi. Es. Sono una donna e sono una santa,/ sono una santa donna e basta. /Sono
stata una casta vincente/ prima che fosse vincente la casta. (Sono il tuo sogno eretico, in Sogno eretico)
12
Si rimanda a Podestà (2004), Antonelli (2010), Coveri (2011).
13
Queste considerazioni circa la preminenza nel genere in questione della parola sulla musica sono condivise anche da
Grimaldi: «È noto che nell’hip-hop il rapporto fra testo e musica è tutto sbilanciato verso la dimensione del parlato. Al
contrario di altri generi di canzone, qui più che cantare si recita: infatti in questa struttura musicale l’andamento ritmico
è prioritario rispetto alla melodia» (2005:424).
14
La rima baciata è espressamente citata in una canzone dell’ultimo CD, all’interno di un testo altamente dissacrante
circa il valore della poesia dantesca, ridicolizzata dal personaggio di Filippo Argenti:
3
Ho nostalgia della mia luna leggera, ricordo una sera le stelle di una bandiera, ma era una
speranza era, una frontiera era, la primavera di una nuova era era. (Vengo dalla luna, in
Verità supposte)

Non vivo di pallone, non parlo di figone, non indosso vesti buone, quindi sono fuori da ogni
discussione. (La mia parte intollerante, in Habemus Capa)

Io sono il Toro, ma sei tu quello Seduto giù, caduto per mano di un Sioux, Manitù (Dalla
parte del toro, in Habemus Capa)

Succhi brandy e ti stendi, dandy, non mi comprendi, senti, tu non ti offendi, se ti dico che sei
trendy (Sono fuori dal tunnel, in Habemus Capa)

La mia donna, bella donna, pure in unisex, a letto siamo un Mulinex, la metto a cuccia come
Rex, con lio Vix-Sinex vado spedito tipo Fed-Ex e vivo momenti piccanti emulanti il Tex-Mex.
Ma in multiplex vide Mazzarò con due transex, lui le disse “Ti porto ad Hollywood come il
Frankie di Relax, beviti un paio di Beck’s e facciamo sado-sex”. E da quel giorno fu la mia
ex, dura lex. (Ninna nanna di Mazzarò, in Habemus Capa)

Più di una volta Caparezza, nella costruzione delle rime consonanti gioca sul labile confine tra
laterali palatali, fricative mediopalatali e semiconsonanti palatali, ricorrendo, anche in questo caso,
a lingue e dialetti:

Vieni a ballare in Puglia Puglia Puglia/ dove la notte è buia buia buia. (Vieni a ballare in
Puglia, in Le dimensioni del mio caos)

Povera Gaia, anche i Maya, vogliono la tua taglia,/ pure la massaia lo sa, per la fifa tartaglia
(La fine di Gaia, in Sogno eretico)

Gli inglesi da mesi vorrebbero la mia capoccia/ in un nodo scorsoio - oio, sono un angelo/
ma con loro mi cambierò in avvoltoio – oio,/ vinco una guerra contro l’Inghilterra/ non è che
‘ndo cojo- cojo, perché sento le voci/ che non sono voci di corridoio-oio. (Sono il tuo sogno
eretico, in Sogno eretico)

Altrettanto avviene con le assonanze, dove, quando insistano codici diversi, soltanto la scrittura
rivela la non coincidenza grafica della parole assonanzate:
Facile starsene cieco come un vicolo, muto fottuto pupazzo per il mio ventriloquo. (da Mea
culpa, in ?!)

Non è vero che la lingua ferisce più della spada, è una cazzata,/cosa pensi che tenga più a bada, rima baciata o mazza
chiodata?/Non c’è dittatore che abdichi perché persuaso,/pare che nessuno sappia nemmeno che significhi abdicare,
ma di che parliamo?/Attaccare me non ti redime, eri tu che davi direttive, per annichilire ogni ghibellino, /Cerchio 7,
giro primo!/Fatti non foste per vivere come bruti, ben detta,/sputi vendetta, dalla barchetta di Flegias, complimenti per
la regia!

4
Annunciatemi al pubblico prima di subito con espressioni di giubilo. Annunciatemi al
pubblico anche se dubito che tutti quanti mi seguano. (Annunciatemi al pubblico, in Habemus
capa)

Non vi vengono dubbi che 'ste suppliche siano trash,/ parrucche da gruppi glam?/
Ma le fate grosse più di Jupiter/ […] metto su "Totò le mokò"./ Portami al Gods of
Metal, a Sanremo no. / Sbrigati, non farmi aspettare come Godot./ Come godrò nello stadio
dove mi reco mo, … (Messa in moto, in Sogno eretico)

…mi chiamo come il fiume che battezzò colui/ nel cui nome fui posto in posti bui,/ mica
arredati col feng shui. (Sono il tuo sogno eretico, in Sogno eretico)

Questa permeabilità al plurilinguismo e alla pluralità dei registri dei testi di Caparezza può spingersi
sino a creare voluti doppi sensi che richiedono un passaggio ermeneutico non ovvio. Ad esempio in
Il dito medio di Galileo (in Sogno eretico), nell’incipit sono sottesi almeno tre livelli semantici:

Accetti ogni dettame…/ Senza verificare…/ Ti credi perspicace…/ Ma sei soltanto un altro dei
babbei / E ti bei e ti bei e ti bei e ti bei e ti bei e ti bei e ti bei e ti bei.

L’ultimo verso, oltre a contenere una rima inclusiva (babbei : bei), può essere interpretato alla luce
del significato letterale del verbo ‘bearsi’, ma anche alla luce sintagmatica dell’enunciato dove il
‘bei’ andrebbe “riscritto” nell’inglese buy e acquisirebbe il senso di ‘mettersi in vendita’. Un’ultima
interpretazione, agevolata dallo stesso autore che canta allungando la vocale tonica, è quella che si
sia in presenza né di italiano, né di inglese, ma di una onomatopea relativa al verso ovino. E di
“uomini pecora” parla, appunto, il testo.
Tale stratificazione di sensi è molto spesso attivata attraverso il canale del calembour, gioco sottile
di omografia e polisemia:

a fare stragi siamo tutti Capaci. (da Fuck the violenza, in ?!)

il mio fine è fare di ogni fine un buon inizio. (da La fitta sassaiola dell'ingiuria, in ?!)
Dicono che gli arabi scrivono al contrario,/ Mohamed ha detto che io scrivo al contrario,/
dunque ogni cosa giusta rivela il suo contrario. (Il secondo secondo me, in Verità supposte)

Mazzarò, Come Verga ti romanzerò. / Vuoi la roba? La mia roba, no!15 (Ninna nanna di
Mazzarò, in Habemus Capa)

Tu, in fissa con i cellulari, lui coi girasoli./ Girare con te è un po’ come quando si gira soli.
(Mica van Gogh, in Museica)

15
Il Mazzarò verghiano è, nella canzone, un grande spacciatore: da qui il gioco di parole con ‘roba’, allusione gergale
alla droga più che ai beni fondiari.
5
Il titolo di una canzone dell’ultimo CD, China town , fa cadere nell’equivoco inverso: chi legge è
orientato a immaginare un testo che parli di migrazione orientale, invece è uno dei più bei testi
scritti dall’autore e ha come protagonista la scrittura. China, dunque, va letto e ‘pensato’ in italiano,
con la consonante velare, dal momento che fa riferimento all’inchiostro.
Frequente, inoltre l’uso di false retroformazioni che, reintegrandosi per sillabe successive, rivelano
un senso che cambia e si arricchisce, come in un caleidoscopio semantico che muta
progressivamente l’esegesi del testo. Si va da semplici integrazioni sillabiche: Uomini retti che sono
uomini rettili (La fine di Gaia in Sogno eretico); Noti notizie, ma non noti nulla/ Ti Gi Ti Gi ti
girano ma…fattela da solo la verità (Ti giri, in Habemus Capa); sino a integrazioni multiple che la
pagina scritta fa emergere con perspicuità:

Fai,
Fai da,
Fai da te,
Fai da tela,
E lascia che la gente ti dipinga, come può! (Fai da tela, in Museica)

L’attenzione alla dimensione olistica della comunicazione artistica si spinge sino a giocare
tipograficamente con i testi del booklet. Ad esempio nell’ultimo CD, dedicato ad una rilettura
contemporanea di opere pittoriche16, Caparezza dedica un brano ai capolavori non finiti e non
soltanto la canzone resta in sospeso (Canzone a metà, volano poco come un foglio di carta piegato
a metà. Come i miei anni, gli sbagli, i ripensamenti, le cose fatte a metà. Avrei vissuto un
capolavoro se avessi fatto in tempo a.), ma lo stesso testo risulta scritto con un chiaroscuro che si fa
interprete icastico dell’incompiutezza17.

3. Saghe mentali. Viaggio allucinante in una testa di capa

Nel 2008 la casa editrice Rizzoli pubblica un libro dall’impaginazione grafica funambolica (uso di
stampatello maiuscolo, corsivi, font differenti, alternati a disegni, fotografie, fumetti, cornicette
infantili, ecc.) in quattro Tomi, che seguono cronologicamente la discografia ufficiale apparsa sino

16
Da questo punto di vista si tratta dell’album più “figurativo” e multimediale in quanto ogni canzone dichiara il
proprio debito rispetto ad un quadro o un’opera d’arte (tra gli altri autori: Giotto, Marcel Duchamp, Gustave Dorè,
Giuseppe Pellizza da Volpedo, Lucio Fontana, Frida Kahlo).
17
Nella fattispecie la canzone è ispirata al Sogno di Dickens di Robert William Buss, dipinto conservato presso Charles
Dickens Museum di Londra.
6
a quel momento. I testi di ciascuna sezione “accompagnano” i testi del CD corrispondente. Nella
retrocopertina lo stesso Caparezza si autorecensisce scrivendo:

Caparezza visse tutto il tempo con la frustrazione di non poter diventare il musicista più noto
della sua città perché Molfetta aveva dato i natali al maestro Riccardo Muti. Altresì non poté
sperare di divenire il “Salvemini” più popolare poiché di Molfetta era anche lo storico
Gaetano Salvemini. […]La vita artistica di Michele Salvemini si divide in due tronconi:
“quando aveva i capelli corti” e “quando aveva i capelli lunghi”.
“Quando aveva i capelli corti” le sue opere erano acerbe, svuotate di senso critico e per nulla
scomposte.
“Quando aveva i capelli lunghi” invece, la sua poetica divenne ficcante, urticante ed altri
aggettivi ancora, permettendogli di pubblicare ben 4 dischi e chissà quanti altri ancora.

Nel primo Tomo del volume, ?! aka18 Caro diario stracciapalle, si segue l’evoluzione da Mikimix a
Caparezza attraverso le fasi ispirative delle nuove canzoni con non poche spie metatestuali del
processo di scrittura:

Caro diario,
il testo che ho scritto sul campionamento di Branduardi non mi piace più.
È zeppo di rime e di assonanze ma in pratica non vuol dire niente e questa cosa mi frustra.
Accidenti, mi sto facendo trascinare in una logica che non mi appartiene affatto, sto solo
perdendo tempo.
Ho deciso che riscriverò il testo attenendomi all’inciso cantato da Branduardi. [Caparezza
(2008:47)].

Nel secondo, Verità supposte aka Fiabe senza fronzoli, i brani sono introdotti da favole assurde che
sovvertono onomastica (i personaggi si chiamano Start Up, Buklor Foltar, Tania, ecc.), personaggi
(le rane spacciatrici, una lap dancer, il figurante, ecc.), intenti moralizzanti e lieto fine.
L’antistereotipia e l’attacco ai luoghi comuni emergono nel libro così come nella prima canzone:

18
Sta per also known as: deformazione molto usata nel linguaggio hip-hop e su internet, in genere serve per descrivere
pseudonimi, nickname e vale come ‘alias, altrimenti detto, ecc.’.

7
Le camicie rosse ricucirono il paese, /le camicie nere lo portarono alla guerra, /le camicie
verdi vi si son pulite il culo, /gli stilisti dello stivale sono quelli più apprezzati, /quando c'era
lui i treni partivano in orario, / quando c'era lui ci deportavano in orario, / quando c'era lui
non c'eravamo noi, che se c'eravamo noi saremmo stati impallinati…(Il secondo secondo me,
in Verità supposte)

Il terzo Tomo, Habemus Capa aka L’opera tronfia, è una originale versione dell’Inferno dantesco (e
da qui l’autoironia circa l’esaltazione tronfia della similitudine), riprodotto tipograficamente con i
testi in terzine, note esplicative a pie’ di pagina non di rado dal sapore autobiografico e regionale, e
tavole non di Gustave Dorè, ma dell’illustratrice Laura Spianelli.

Dantescamente è anche applicato il contrappasso, esplicitato attraverso le note ai canti/canzoni,


come accade nel Canto III, ovvero Gli insetti del podere:

1-2 Il ragno…alle tele: In questo canto si parla di uomini politici tanto grandi e potenti in vita da
divenire, per la legge del contrappasso, minuscoli e insignificanti dopo la morte. Il titolo
originariamente suonava “Gli inetti del potere” e fu cambiato in virtù di una svolta entomologica del
Poeta. [Caparezza (2008:201)].

La quarta e ultima sezione del volume, Le dimensioni del mio caos aka il fonoromanzo, è introdotta
da una illustrazione che riproduce il layout della collana di fantascienza della Mondadori “Urania”.

8
Il livello citazionale, dunque, si estende alla grafica e strizza l’occhio al lettore, avvertendolo della
atmosfera surreale che contraddistinguerà la sua lettura/ascolto19.

Leggere il IV Tomo ascoltando la sequenza delle canzoni del CD consente, infatti, di cogliere un
fitto intreccio di voci20, di suoni21, di immagini22, pensate come un unicum vorticoso in cui la
vicenda narrata e cantata comincia nel ’68, in piena liberazione dei costumi, per poi spostarsi al
mondo di oggi e concludersi nel futuro con una catarsi zoometamorfica e un’orgia gioiosa.
Rispetto ai Concept album alla maniera degli anni ‘7023, il quarto CD di Caparezza presenta, pur nel
rimbalzo temporale, un continuo riferimento a fatti, cronache e personaggi di oggi e usa un
linguaggio che non può che essere compreso alla luce di una media conoscenza storico-culturale
dell’Italia contemporanea. Il fonoromanzo, parola composta di matrice neologica, è diviso in 14
“audiocapitoli”, e apre la “narrazione” con la creazione di uno varco spazio-temporale prodotto
dallo stesso Caparezza, che emulo di Jimi Hendrix, sbatte la Stratocaster su un amplificatore. In

19
Questo coinvolgimento, però non è soltanto apparentemente teen-oriented; in realtà la comprensione dei testi di
Caparezza richiede ben più che un uso attivo del giovanilese.
20
L’intreccio di voci non è soltanto nel senso segriano della sovrapposizione di registri e prospettive testuali, quanto,
più concretamente, di voci che si alternano con quelle di Caparezza: noti doppiatori di voci hollywoodiane (Michele
Calamera, voce di Clint Eastwood; Pasquale Anselmo, voce di Nicolas Cage; Dario Penne, voce di Anthony Hopkins;
Christian Iansante, voce di Johnny Deep e Matt Damon), la giornalista del TG 1 Cinzia Fiorato che apre e chiude
l’ascolto del CD, Albano che introduce il brano Vieni a ballare in Puglia.
21
Anche musicalmente il CD rivela una matrice poliedrica: si va dal rap duro di Pimpami la storia, ai momenti lirici di
Una grande opera, alla canzone demenziale de Il circo delle pantegane, al ritmo della taranta di Vieni a ballare in
Puglia.
22
Si considerino anche i videoclip che spesso contengono ulteriore materiale intersemiotico: ad es. il video di Vieni a
ballare in Puglia, si conclude con una scritta inattesa: «Durante la realizzazione di questo videoclip nessun pugliese è
stato maltrattato».
23
Tra i caposcuola del genere Frank Zappa & The Mothers of Invention con Freak out! (1966), i Beatles con Sgt.
Pepper’s Lonely Hearts Club Band (1967), gli Who con Tommy (1969). Genere apprezzato da De Andrè che vi ricorse
in diverse produzioni, in Italia hanno composto album attorno ad un tema o una storia anche Edoardo Bennato
(Burattino senza fili, Sono solo canzonette), la PFM (Ulisse), Renato Zero (Cattura) e, di recente, i Modena City
Ramblers (Terra e libertà).
9
questo varco viene risucchiata Ilaria Condizionata, una hippie che inizialmente non riesce a trovare
senso nell’Italia di un quarantennio dopo, dove è proibito indossare vestiti con le tasche, perché
nelle tasche si nascondono i segreti, o dove la costruzione di uno “spazioporto” in Puglia sottrae
denaro pubblico per le opere dell’ordinaria sopravvivenza civile. Ma Ilaria trova anche alcune
comodità nella nuova Italia e, dimenticando Caparezza, sposa un magnate dell'edilizia. A questo
punto dell’opera appare un operaio, Luigi Delle Bicocche, che lavora nei cantieri dove la vita
umana non ha valore, il quale chiede a Caparezza di scrivere un pezzo per raccontare le condizioni
del lavoro in Puglia. Luigi è l’eroe (stra)ordinario del fonoromanzo e sebbene appaia soltanto a
metà della vicenda, a lui è consegnata la morale della storia:

Sono un eroe, perché lotto tutte le ore. Sono un eroe perché combatto per la pensione.
Sono un eroe perché proteggo i miei cari dalle mani dei sicari dei cravattai.
Sono un eroe perché sopravvivo al mestiere. Sono un eroe straordinario tutte le sere.
Sono un eroe e te lo faccio vedere. Ti mostrerò cosa so fare col mio super potere.
[…]
Per far denaro ci sono più modi, potrei darmi alle frodi
E fottermi i soldi dei morti come un banchiere a Lodi
C'è chi ha mollato il conservatorio per Montecitorio
Lì i pianisti sono più pagati di Adrien Brody
Io vado avanti e mi si offusca la mente
Sto per impazzire come dentro un callcenter
Vivo nella camera 237 ma non farò la mia famiglia a fette perché sono un eroe.

Caparezza scrive il pezzo e viene condannato dal “Fronte dell'uomo qualcuno” a spalare cacca di
elefante per tutta la mia vita. Luigi Delle Bicocche allora riproduce l’evento traumatico che aveva
dato inizio alla vicenda e scaglia la chitarra contro l'amplificatore con molta più violenza: anziché
ripristinare la situazione iniziale, riporta in avanti le lancette del tempo, giungendo in una società
nuova, costituita dagli esseri che si sono evoluti dall’uomo. Sono i Bonobo, scimmie che si
accoppiano anche tra pari sesso in natura e vivono gioiosamente senza alcuna conflittualità.

4. Giochi pericolosi di parole

Premesso l’ampio impiego nella lingua caparezziana di frasi fatte 24 di varia natura, rispetto a quanto
già detto sinora, vorremmo brevemente esemplificare i giochi di parole che riguardano i livelli

24
Due soli esempi, esemplificativi delle numerose occorrenze analoghe:
La realtà giù da me è una realtà virtuale eccome, | ho la netta sensazione che tutto si dissolva in una bolla di
sapone... (da Giuda me, in Verità supposte)
10
lessicali complessi25 (parole composte, polirematiche, locuzioni, fraseologia), praticando il
fenomeno del défigement, ossia la defissazione di frasi fatte26. Il fenomeno risponde,
linguisticamente, alla destrutturazione dei luoghi comuni, al risveglio (come lo chiamerebbe Ersilia
Zamboni) delle “metafore assopite”.
Si potrebbe partire da un livello base di scomposizione di parole composte, che, attraverso il cambio
di suoni, modificano radicalmente il proprio significato e si fanno portatrici di sensi utili a
corroborare la visione autoriale: è quanto avviene nella canzone di apertura de Le dimensioni del
mio Caos:

Quanti credono nel 68 e quanti vedono del sesso in tutto?Sessintutto! (La rivoluzione del
sessintutto, Le dimensioni del mio Caos)

Infranta la forza coesiva della costruzione, la modifica di due vocali scardina il mito della
rivoluzione giovanile e ne riduce le conseguenze future alla sola rivoluzione sessuale.
Le polirematiche sono altrettanto utili alla costruzione linguistica di Caparezza, soprattutto se si
prestano a essere rivisitate attraverso inserimenti prefissali (come nel primo caso: ‘portatore sano’
→ ‘portatore insano’), o cambiamenti di lettera (nel secondo caso: ‘sogno erotico’ → ‘sogno
eretico’), o cambiamenti di parola (nel terzo caso: ‘tunnel della droga’ → ‘tunnel del divertimento’),
o tmesi e inversioni (nel quarto caso: ‘bastian contrario’ → ‘contrario come bastian’), o mixing tra
due polirematiche (nel quinto caso: ‘(accendere) focolai di protesta’ + ‘focolai di colera’):

(1) Sei portatore insano di tasche, ti conviene confessare che con le mani in tasca vuoi
protestare. (Non mettere le mani in tasca, in Le dimensioni del mio caos)
(2) Mi bruci per ciò che predico, è una fine che non mi merito, mandi in cenere / la verità
perché sono il tuo sogno eretico, / io sono il tuo sogno eretico / io sono il tuo sogno
eretico /io sono il tuo sogno eretico ammettilo sono il tuo sogno eretico. (Sono il tuo sogno
eretico, in Sogno eretico)

Venerare teste rivoltate nel fango e nella torba/mentre Modigliani si sta rivoltando nella tomba. (Teste di Modì, in
Museica)
L’impiego di formule linguistiche stereotipiche è presente in gran misura anche nel volume Saghe mentali. Si riportano
alcuni esempi tratti dal IV Tomo: movimento studentesco, chiave di lettura, spirito di una generazione, udire le sirene,
scacco matto, ecc. Inoltre, rimandi a testi pubblicitari o a testi letterari (soprattutto danteschi e manzoniani), sono molto
presenti e creano una enciclopedia condivisa, dal vago retrogusto nostalgico.
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Rispetto al livello lessicale semplice, si consideri che il gioco di parole più ricorrente è quello dello scarto:
non temere l'uomo lupo, / non temere l'uomo cupo. (Ninna nanna di Mazzarò, in Habemus Capa);
Più che l'hobby dell'edilizia ho la lobby dell'edilizia/ che infrange la legge come un bobby che ti sevizia. (La grande
opera, in Le dimensioni del mio caos)
Comunque vada/ comunque Dada. (Comunque Dada, in Museica)
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Per gli studi di settore si cfr. Marello (2013): 562.

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(3) Sono fuori dal tunnel del divertimento,/ Sono fuori dal tunnel del divertimento. /Quando
esco di casa e mi annoio sono molto contento. /Quando esco di casa e mi annoio/ sono
molto più contento.. (Fuori dal tunnel (del divertimento), in Verità supposte)
(4) Gente a cui basta fare il contrario come bastian per darsi più arie di quante ne abbia
composte Bach Sebastian. (Non mettere le mani in tasca, in Le dimensioni del mio caos)
(5) E la sera qui si gela,/ accendiamo focolai di colera/ sotto la tenda circence/gialla di febbre/
e nera di peste nera. (Il circo delle pantegane, in Le dimensioni del mio caos)

Riusi stranianti riguardano anche le locuzioni fraseologiche, attraverso il fenomeno del calembour
(giocato nel sesto esempio con ‘fare la scarpetta’ e nel settimo con ‘darsi arie’), l’accostamento tra
frasi fatte (nell’ottavo esempio) o accostamenti inediti (dal nono esempio ‘buttare acqua sul fuoco’,
‘ passare il testimone’, ‘dare una mano’):

(6) Cenerentola dà una sventola alla matrigna/ ma non le va la scarpetta, /lei fa la scarpetta
che se mette pancetta non frigna. (Ulisse (You listen), in Le dimensioni del mio caos)
(7) Gente a cui basta fare il contrario come bastian/ per darsi più arie di quante ne abbia
composte Bach Sebastian. (Non mettere le mani in tasca, in Le dimensioni del mio caos)
(8) Il qualcunista milita in una banda che / prende piede se la prendi sotto gamba. (Un vero
uomo dovrebbe lavare i piatti, in Le dimensioni del mio caos)
(9) L'acqua che butti sul mio fuoco diventa benzina, / ogni insulto è manichino per la mia
vetrina. (da La fitta sassaiola dell'ingiuria, in ?!)
(10) Porta avanti una staffetta scorretta:/ non passa il testimone ma passa a testimonial.
(Io diventerò qualcuno, in Le dimensioni del mio caos)
(11) Ti incateni al cancello? Ma noo!/ Nessuno ti darà una mano! /
Senti me,/ fuggi che qui ti danno una mano di antiruggine! (La ghigliottina, in Sogno eretico)

Nell’ultimo esempio, il piano sintagmatico, abbina due diversi piani semantici: ‘dare una mano’ nel
senso di ‘aiutare’ e ‘dare una mano’, nel senso di ‘imbiancare’. Non mancano, infine casi di riuso e
alterazione di fraseologie più complesse, quasi al limite della citazione paremiologica:

(12) Specchio, specchio delle mie brame, sono io la modella che la dà al reame, / non tocco cibo
da settimane, | voglio una torta con l'aspartame! (da Felici ma trimoni, in Habemus Capa)
(13) Un delitto tira l'altro come ciliegie. (Compro horror, in Museica)

Una retorica ludica, come ebbe a scrivere Antonelli nel 2007? Sì, ma non strumentale alla risata fine
a se stessa, bensì finalizzata a rivedere dall’interno della lingua le stereotipie della società
contemporanea, la ricezione passiva di modelli e comportamenti, la banalità delle mode di ogni
tipo. Una testualità che, nella pagina del volume Saghe mentali, così come nei testi delle canzoni,
mescola senza confondere, ma anzi illuminando. Rodari ne sarebbe stato orgoglioso.

Bibliografia
12
Accademia degli Scrausi
1996 Versi Rock, Milano, Rizzoli.

Antonelli, Giuseppe
2007 L’italiano nella società della comunicazione, Bologna, Il Mulino.
2010 Ma cosa vuoi che sia una canzone, Bologna, Il Mulino.

Arcangeli, Massimo
2008 «Vera poesia per le nostre orecchie. Altro che canzonette», in LId’O Lingua italiana d’oggi,
V, pp. 13-21.

Borgna, Gianni
1992 Storia della canzone italiana, Milano, Arnoldo Mondadori.

Caparezza
2008 Saghe mentali. Viaggio allucinante in una testa di Capa, Milano, Rizzoli.

Cartago, Gabriella
2005 «La lingua della canzone», in Ilaria Bonomi- Andrea Masini - Silvia Morgana (a cura di), La
lingua italiana e i mass-media, Roma, Carocci, pp. 199-221.

Coveri, Lorenzo
1996 Lingua e poesia nella canzone d’autore italiana, a cura di Lorenzo Coveri, Novara, Interlinea.
2011 «Le canzoni che hanno fatto l’italiano», in Elisabetta Benucci - Raffaella Setti (a cura di),
Italia linguistica: gli ultimi 150 anni. Nuovi soggetti, nuove voci, un nuovo immaginario, Firenze,
Le Lettere, pp. 69-126.

Grimaldi, Mirko
2005 «Parole antiche in suoni moderni: l’uso del dialetto salentino nella musica giovanile hip-hop»,
in Gianna Marcato (a cura di), Giovani, Lingue e dialetti, Padova, Unipress, pp. 425-439.

Marello, Carla
2013 «Lessico e lessicografia», in Gabriele Iannàccaro (a cura di), La linguistica italiana all’alba
del terzo millennio, voll. 2, Roma, Bulzoni, pp. 557-580.

Podestà, Andrea
2004 «La nuova canzone italiana tra rap e hip hop, melodico e pop», in LId’O Lingua italiana
d’oggi, I, pp. 99-112.

Rodari, Gianni
1973 Grammatica della fantasia, Torino, Giulio Einaudi Ediore

Scholz, Arno
2005 Subcultura e lingua giovanile in Italia. Hip-hop e dintorni, Roma, Aracne.

Sottile, Roberto
2013 Il dialetto nella canzone italiana degli ultimi venti anni, Roma, Aracne.

Tonani, Elisa

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2005 Storia della lingua italiana e storia della musica, a cura di Elisa Tonani, Atti del IV
Convegno ASLI Associazione per la Storia della Lingua Italiana (Sanremo, 29-30 aprile 2004),
Firenze, Franco Cesati.

Zamboni, Ersilia
1986 I draghi locopei, Torino, Einaudi.

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