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“CLASSIFICAZIONE DEGLI

HANDICAP E LA NORMATIVA
DI RIFERIMENTO”

PROF. SSA GENEROSA MANZO


Università Telematica Pegaso Classificazione degli handicap e la normativa
di riferimento

Indice

1 MENOMAZIONE, HANDICAP E DISABILITÀ ----------------------------------------------------------------------- 3


2 CLASSIFICAZIONE DEGLI HANDICAP DELL’ UNESCO -------------------------------------------------------- 8
3 LA NORMATIVA IN RIFERIMENTO ALL’HANDICAP ----------------------------------------------------------- 9
4 LA LEGGE-QUADRO (104/1992) PER L’ASSISTENZA, L’INTEGRAZIONE SOCIALE E I DIRITTI
DELLE PERSONE HANDICAPPATE IN ITALIA --------------------------------------------------------------------------- 12
5 HANDICAP: LA CULTURA DELL’INTEGRAZIONE -------------------------------------------------------------- 14
6 DIAGNOSI FUNZIONALE, PROFILO DINAMICO FUNZIONALE E PIANO EDUCATIVO
PERSONALIZZATO ---------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 15
BIBLIOGRAFIA --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 17

Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)

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1 Menomazione, Handicap e Disabilità

Il termine menomazione sta ad indicare:


“ la perdita di parte dell’efficienza fisica di una persona per mutilazione, o come … lesione,
imperfezione che diminuisce l’efficienza di un organo, di un arto o di una funzione, essa è quindi
l’esteriorizzazione di uno stato patologico …”1.

Sono numerose le definizioni del termine che nel corso del tempo sono state date. Una particolare
definizione è data anche dalla CEE che, nel 1974, tende a sottolineare soprattutto gli aspetti
caratterizzanti la menomazione e il successivo riadattamento, sostenendo che:

“La menomazione è la limitazione delle capacità fisiche o mentali, congenita acquisita, che si
ripercuote sulle attività correnti o sul lavoro di una persona, riducendo il suo contributo alla vita
sociale,la sua attività professionale e la sua capacità di utilizzare i servizi pubblici2”.

Interessante è anche la definizione del termine fornita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità,
essa definisce la menomazione:

“…qualsiasi perdita o anormalità a carico di una funzione psicologica, fisiologica o anatomica. La


menomazione è caratterizzata da perdite materiali che possono essere transitorie o permanenti e
comprendono l’ esistenza di anomalie o difetti a carico di arti, tessuti o altre strutture del corpo,
incluso il sistema delle funzioni mentali …”3.

Anche nel caso del termine handicap non esiste una definizione univoca. Secondo l’
ONU:

1
Vocabolario della lingua italiana., Istituto dell’ Enciclopedia Italiana, Treccani, Roma 1989, p.152.
2
Trisciuzzi L., Manuale di didattica per l’handicap, Laterza, Bari 1993, p.34.
3
OMS, ICF, Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute, Erickson, Trento 2008.

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“il termine handicappato designa ogni persona incapace di garantirsi per proprio conto, in tutto o
in parte, le necessità di una vita individuale e/ o sociale normale, a causa di una menomazione,
delle sue capacità fisiche o mentali”4.

Una interessante definizione è data anche dall’ Organizzazione Mondiale della Sanità secondo cui il
termine Handicap:
“esprime una valutazione attribuita ad una condizione individuale che si discosta dalla norma…
l’handicap è caratterizzato da una discordanza tra le attività o la condizione del singolo individuo
e le aspettative del gruppo specifico al quale appartiene”5.
Nel “Documento Falcucci” del 1975 troviamo una definizione del termine handicap, infatti, in tale
testo, vengono definiti handicappati coloro che, in seguito a specifici eventi, morbosi o traumatici,
avvenuti in epoca pre-peri-postnatale, presentino una menomazione delle proprie condizioni fisiche,
psichiche e/o sensoriali, che li mettono in condizione di difficoltà di relazione o apprendimento.
Basandosi su tale definizione anche la legge-quadro del 5 febbraio 1992, all’articolo n.3 afferma
che:

“ È persona handicappata colui che presenta una minorazione fisica, psichica o


sensoriale,stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di
integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di
emarginazione”6.

Anche A. Canevaro ci dà una definizione delle caratteristiche possedute dal soggetto con handicap:
“…è considerato handicappato quel soggetto che incontra notevoli difficoltà nel fornire una
risposta adeguata alle più ovvie richieste sociali, prevalentemente a causa di danni organici7”.

L’handicap non va confuso con lo svantaggio socio-culturale o il disadattamento, e può richiedere,


quindi, in situazioni diverse, diversi tipi di intervento; da quello medico, a quello psicologico,
educativo, sociale, riabilitativo ecc., tutti interventi finalizzati, comunque, al miglioramento della
qualità della vita del soggetto diversamente abile, in una prospettiva olistico/evolutiva, che guarda a

4
Trisciuzzi L., op.cit.,p.3.
5
Ibidem p.34.
6
Ibidem, p.34.
7
Canevaro A., Balzaretti C.,Rigon G., Pedagogia speciale dell’integrazione, La Nuova Italia, Firenze 1996, p.42.

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tutto l’arco della sua esistenza, e che lo considera soggetto attivo, interprete principale del proprio
processo di sviluppo e costruttore di una propria identità.
La disabilità, invece:

“… può essere descritta come lo scostamento dalla norma per quanto concerne le prestazioni di
una persona, dunque come la deviazione per eccesso o per difetto di
comportamenti o di attività normalmente attesi …”

La disabilità corrisponde a qualsiasi limitazione o perdita (conseguente ad una menomazione) della


capacità di compiere un’attività nel modo o nei tempi considerati normale per un essere umano.
E’ caratterizzata da scostamenti, per eccesso o per difetto, nella realizzazione dei compiti e nell’
espressione dei comportamenti rispetto a ciò che sarebbe normalmente atteso, può avere carattere
transitorio o permanente ed essere reversibile o irreversibile, progressiva o regressiva.
Le disabilità possono insorgere come conseguenza diretta di una menomazione o come reazione del
soggetto, specialmente da un punto di vista psicologico, ad una menomazione fisica, sensoriale o di
altra natura.
La disabilità rappresenta l’oggettivazione della menomazione e come tale riflette sui disturbi a
livello della persona. Si riferisce a capacità funzionali attraverso atti e comportamenti che
costituiscono aspetti essenziali della vita di ogni giorno.
Particolarmente rilevante è la distinzione che l’OMS ha effettuato fra deficit e handicap. L’OMS
definisce il deficit come una mancanza permanente, anomalie che concernono la fisicità o la parte
psichica ma che hanno un carattere di irreversibilità. l’handicap è invece, definito come l’incontro
dell’incapacità e quindi del deficit, con l’organizzazione ambientale.
La presenza di molteplici tipologie di menomazioni, handicap e disabilità ha portato l’ OMS a
creare una specifica classificazione, essa prende il nome di ICD (International Classification
of Diseases). Tale documento è presentato dell’OMS il 21 maggio 2001 a 191 Paesi partecipanti
alla 54 ma Assemblea Mondiale della Sanità, esso offre una classificazione Internazionale del
Funzionamento , della Disabilità e della Salute (Internationale Classification of Functioning,
Disability and Health-ICF), quale “standard di valutazione e classificazione di salute e disabilità”.
L’ICD ha come scopo generale quello di dotare di un linguaggio standard esperti, studiosi ed
operatori del settore attraverso un modello unificato di riferimento per la descrizione delle
componenti della salute e degli stati ad essa correlati.

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La descrizione viene predisposta di seguito in due elenchi principali rispetto al punto di vista
corporeo, individuale e sociale:
1. Funzioni e Strutture Corporee
2. Attività e Partecipazione
Questa classificazione a carattere innovativo si completa anche di fattori ambientali che
interagendo, determinano una situazione di stabilità. Infatti la sua complessa relazione tra la
condizione di salute di un individuo, i fattori personali e i fattori ambientali si traduce come la
conseguenza o il risultato di circostanze in cui vive l’individuo-
Il documento si caratterizza per la sua specificità nel settore delle disabilità in quanto:
 Provvede ad offrire una base scientifica per la comprensione e lo studio della salute, delle
condizioni, conseguenze e cause determinanti ad essa correlate;
 Prescrive un linguaggio comune globale, tendente al miglioramento della comunicazione fra
i differenti utilizzatori, tra cui gli operatori sanitari, i ricercatori, gli esponenti politici e la
popolazione, incluse le persone con disabilità;
 Offre una possibile comparazione tra dati raccolti in Paesi, materie scientifiche sanitarie,
servizi e periodi diversi;
 Fornisce uno schema di codifica sistematico per i sistemi informativi sanitari.
Il documento dell’OMS revisionato all’inizio dell’anno 1993, relativo alla classificazione
Internazionale delle Menomazioni, Disabilità e Svantaggi Esistenziali (International Classification
of Impairments, Disabilities and Handicaps-ICDH) del 1980 è il risultato di un lungo lavoro di studi
e ricerche.
Nell’ambito di questi lavori l’Italia tra i 65 paesi coinvolti ha partecipato attivamente alla
validazione dell’ICF. Il lavoro di revisione della precedente classificazione ICIDH a partire dal
1998 è stato sviluppato in Italia da una rete, inizialmente informale, di istituzioni, servizi, esperti e
associazioni di persone con disabilità, coordinata dall’Agenzia Regionale della Sanità della Regione
Friuili Venezia Giulia.
La presentazione ufficiale della versione italiana dell’ICF tenutasi il 17 aprile 2002 a Trieste
durante la WHO-Conference on Health and Disability” è stata organizzata dalla stessa Agenzia.

In tale classificazione le menomazioni sono così suddivise:

 Menomazioni della capacità intellettiva,

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 Altre menomazioni psicologiche;
 Menomazioni del linguaggio;
 Menomazioni dell’udito;
 Menomazioni visive;
 Menomazioni viscerali;
 Menomazioni scheletriche;
 Menomazioni deturpanti;
 Menomazioni generalizzate, sensoriali o di altro tipo.

Nell’ICF le disabilità sono classificate in:

 Disabilità del comportamento;


 Disabilità nella comunicazione;
 Disabilità nella cura della propria persona;
 Disabilità motorie;
 Disabilità inerenti la propria sussistenza;
 Disabilità circostanziali;
 Disabilità in particolari attitudini;
 Disabilità nella destrezza;
 Disabilità dovute all’assetto corporeo;
 Altre limitazioni dell’attività.

Gli handicap invece sono classificati in:

 Handicap nell’orientamento;
 Handicap nell’indipendenza fisica;
 Handicap nella mobilità;
 Handicaps occupazionali;
 Handicap nell’integrazione sociale;
 Handicap nell’autosufficienza economica.

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2 Classificazione degli handicap dell’ UNESCO


Classificare non deve essere confuso affatto con etichettare, le classificazioni servono come
strumento di orientamento in quanto il soggetto portatore di handicap, come ogni soggetto-persona,
presenta caratteristiche che gli sono proprie, non racchiudibili in rigidi schemi; ecco perché nessun
modello così come nessun metodo, potrà mai ritenersi esaustivo.
Per poter affrontare il discorso in merito alla classificazione dell’handicap dobbiamo tenere in
considerazione due parametri: quello di norma e quello di patologia.
L’UNESCO ha individuato una classificazione che comprende sette tipi di handicap:

 Handicap visivi. Essi derivano da deficit sensoriali che provocano disturbi come la miopia,
l’ipermetropia, l’astigmatismo, lo strabismo;
 Handicap uditivi. Anch’essi derivano da deficit di tipo sensoriali e provocano ad esempio
l’ipoacusia e la semisordità leggera o grave.
 Handicap dell’intelligenza. Dipendono da insufficienze mentali, in esse possono essere
inseriti handicap come la trisomia e la psicosi.
 Handicap fisici muscolari e motori. Essi possono avere una duplice origine, possono
infatti, essere di origine neuro-motoria o psico-motoria. Sono di origine neuro-motoria
quando la paralisi di uno o più arti (monoplegia, tetraplegia ecc.), sono invece, di origine
psico-motoria quando la difficoltà consiste nella gestione della propria presenza nel contesto
eco-relazionale.
 Handicap del comportamento sociale e relazionale. In essi abbiamo l’instabilità,
l’inibizione e forme specifiche di caratteropatia.
 Handicap del linguaggio o della parola. In essi abbiamo la disfonia, la dislalia, l’afasia,.
La disfonia è dovuta nel maggior numero dei casi a difetti uditivi, mentre l’afasia è
determinata da cause celebrali.
 Handicap della scrittura e della lettura. I più frequenti sono la disgrafia e la dislessia.

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3 La normativa in riferimento all’handicap

L’handicappato afferma L. Trisciuzzi non è un fatto esterno alla società, ma nasce


dall’esistenza di precisi modelli culturali e sociali, e non è la scienza che stabilisce il livello di
gravità del danno, ma è sempre la società che definisce i limiti, come pure fissa il grado del
recupero e quindi dell’educabilità8.
La normativa che va dagli anni ’20, in particolare dal R.D. del 3.12.23 n. 3126 a favore di ciechi e
sordomuti, agli anni ’60, denota una visione dell’handicap squisitamente clinico-assistenziale.
Bisogna arrivare agli anni ’70 affinché ci sia una vera e propria svolta con la legge n.118 del 30
marzo 1971 che inserisce tra i mutilati egli invalidi civili tutti i casi di handicap e che all’art.28
recita: “Ai mutilati e invalidi civili che non siano autosufficienti e che frequentano la scuola
dell’obbligo o i corsi di addestramento professionale finanziati dallo stato vengono assicurati:
 Il trasporto gratuito dalla propria abitazione alla sede della scuola o del corso e viceversa;
 L’accesso alla scuola mediante adatti accorgimenti per il superamento e l’eliminazione delle
barriere architettoniche che ne impediscono la frequenza;
 L’assistenza durante gli orari scolastici degli invalidi più gravi.

Il documento Falcucci fu seguito dalla C.M. n.227 dell’8 agosto 1975, che può essere
considerato il primo documento normativo che regolamenta l’inserimento degli handicappati nelle
scuole. Essa sottolinea che il processo di integrazione “…richiede certamente un nuovo modo di
essere della scuola”9, contrariamente a ciò che aveva caratterizzato la scuola fino a quale periodo,
ovvero che la scuola dell’obbligo sembrava preoccuparsi di preparare gli individui alla
competitività sociale piuttosto che allo sviluppo delle potenzialità di ciascuno.
Sicuramente la legge più importante di innovazione didattica e di integrazione è stata la n. 517 del 4
agosto 1977, in particolare negli artt. 2e 7. Nell’art. 2 si legge: “… la programmazione educativa
può comprendere attività scolastiche integrative organizzate per gruppi di alunni della stessa
classe oppure di classi diverse anche allo scopo di realizzare interventi individualizzati in relazione
alle esigenze dei singoli alunni. Nell’ambito di tali attività la scuola attua forme di integrazione a
favore degli alunni portatori di handicap con la prestazione di insegnanti specializzati…devono

8
Trisciuzzi L., op.cit.,p.3.
9
Ibid., p. 238

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inoltre essere assicurati la necessaria integrazione specialistica, il servizio socio-psico-pedagogico
e forme particolari di sostegno”.10

L’art. 7 dispone che:

“ al fine di agevolare l’attuazione del diritto allo studio e la piena formazione della personalità
degli alunni, la programmazione educativa può comprendere attività scolastiche di integrazione
anche a carattere interdisciplinare, organizzate per gruppi di alunni della stessa classe o di classi
diverse, e di iniziative di sostegno, anche allo scopo di realizzare interventi individualizzati in
relazione alle esigenze dei singoli alunni. Le classi che accolgono alunni portatori di handicap
sono costituite con un massimo di venti alunni. In tali casi devono essere assicurati la necessaria
integrazione specialistica, il servizio socio-psico-pedagogico e forme particolari di sostegno…”11.

La legge 4 agosto 1977 n. 517 detta, pertanto, le norme generali per l’integrazione degli
handicappati e cioè attività di sostegno, attività integrative per gruppi di alunni, servizio socio-
psico-pedagogico, programmazione, nuovi criteri di valutazione dell’alunno, aggiornamento degli
insegnanti.
L’immagine che se ne ricava è quella di una scuola orientata verso l’individualizzazione
dell’insegnamento, a favore soprattutto dei soggetti portatori di handicap, infatti se la
scolarizzazione obbligatoria è un diritto del cittadino, la scuola su misura di ciascuno è un dovere
della società, ossia della comunità sociale in cui la scuola opera 12.
Nel decennio 1980-1990 vengono approvati vari decreti che regolamentano il servizio socio-psico-
pedagogico nella scuola materna e in quella dell’obbligo, affrontando il problema degli alunni
portatori di handicap.
Importante è stata la Legge Quadro n. 104 emanata il 5 febbraio 1992 per l’assistenza,
l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate. Essa, all’art.13, sancisce:
“l’integrazione scolastica della persona handicappata nelle sezioni e nelle classi comuni delle
scuole di ogni ordine e grado e nelle università”13.
Ribadisce inoltre la contitolarità dell’insegnante di sostegno e stabilisce che egli debba partecipare:

10
Trisciuzzi L., op.cit.,p.3.
11
Ibid., p. 240.
12
Scaglioso C., Marginalità e impegno educativo, Edisud, Salerno 1989, p. 103.
13
Trisciuzzi L., op.cit.,p.3.

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“alla programmazione educativa e alla elaborazione e verifica delle attività di competenza dei
consigli di interclasse, dei consigli di classe e dei collegi dei docenti”14.

14
Ibid., p. 244.

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4 La Legge-Quadro (104/1992) per l’assistenza,


l’integrazione sociale e i diritti delle persone
handicappate in Italia
Il decennio che va dall’ 80’ agli inizi del 90’ porta alla creazione da parte del Parlamento
della legge quadro per l’assistenza e l’integrazione sociale e i diritti della persona handicappata
(L.5-2-92,n.104). Si omologa alle definizioni offerta in materia di disabilità a quelle che sono le
definizioni e gli intenti dell’OMS. Per 10 anni le associazioni di famiglie avevano sostenuto una
battaglia contro gli enti locali, per i diritti del disabile, la Legge 104 segna il passaggio
dall’inserimento alla piena integrazione dei soggetti, sottolinea l’esigenza di rimuovere qualsiasi
situazione invalidante nei confronti dei disabili e il dovere da parte di tutte le istituzioni, non solo
scolastiche, di favorirne lo sviluppo, la cura e l’integrazione sia scolastica che lavorativa, c’è la
volontà del Legislatore di creare una forte programmazione coordinata tra servizi scolastici, servizi
sanitari, socio assistenziali, culturali, ricreativi, sportivi e tutte le altre attività che nascono sul
territorio e possono essere di beneficio al soggetto disabile.
 la Legge quadro inoltre porta un ‘esperto del Comune capoluogo ;
 un esperto della Provincia ;
 un esperto dell’ASL in campo amministrativo ;
 un esperto dell’ASL in campo sanitario ;
 tre esperti Associazioni designati dal Coordinamento Provinciale ;
 un esperto della Scuola presso presso il Provveditorato agli Studi.
 un ispettore tecnico con funzioni di coordinatore.15
La possibilità di frequentare la scuola dell’obbligo fino ai 18 anni e di ripetere la stessa classe anche
per tre volte, inoltre il disabile deve avere rapporti normali e normalizzati con gli altri alunni.
Fondamentale per l’attuazione di questi programmi è il ruolo dell’esperto, già la legge 517/77
prevedeva la figura professionale dell’insegnante specializzato e il servizio socio-psico-pedagogico
(sempre nei limiti delle possibilità di bilancio).

15
Sibilio. M., Le abilità diverse. Percorsi didattici di attività motorie per soggetti diversamente abili, Simone Editorem,
Napoli 2003, p. 32.

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I professori specializzati e posti ad aggiornamento delle loro competenze iniziarono a configurarsi
come parte integrante nella creazione dei programmi scolastici.
Nella C.M. n.216 del 26-6-92 i gruppi di Lavoro sono formati da: compito di queste task force è
anche quello di individuare percorsi personali per ogni alunno, dando una specificità al percorso
educativo del singolo, riabbracciando così il discorso proprio della Montessori.

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5 Handicap: la cultura dell’integrazione


Parlare di inserimento e dei integrazione non è la stessa cosa quando ci riferiamo
all’handicap. Rispetto all’handicap il termine inserimento ha un carattere prettamente normativo.
Esso può essere considerato il punto di partenza per il processo di integrazione. L’integrazione per
essere tale deve delinearsi come il “ superamento degli ostacoli che impediscono al soggetto
portatore di handicap di vivere con i suoi coetanei e lo escludono da tutte le esperienze di cui
usufruiscono i bambini, e che sono la base per la formazione della personalità”16.
Parlare di cultura dell’integrazione significa rifarsi ad una serie di paradigmi di riferimento che
considerano attuabile la possibilità di educare tutti seguendo le loro potenzialità e capacità.
La riuscita di un processo di integrazione non dipende solo dall’orizzonte culturale di riferimento,
ma anche dal superamento di tutta una serie di ostacoli che non sono certo semplicemente solo le
famose barriere architettoniche, ma una serie di forti pregiudizi che hanno solo fornito alla stessa
scuola una visione distorta dei fini educativi.
La scuola ha un ruolo notevole nel processo di integrazione, esso per essere realizzato, richiede la
specializzazione dell’educatore, che deve agire con conoscenza scientifica.
Il DPE del 24 Febbraio del 1994 indica normativamente alcuni dei momenti e degli strumenti che
caratterizzano il percorso di integrazione: la diagnosi funzionale, il profilo dinamico funzionale ed
il piano educativo personalizzato. Questi strumenti dovrebbero assicurare al diversamente abile la
prosecusìzione, nei vari livelli di scolarizzazione, di un percorso formativo valido dal punto di vista
qualitativo.

16
Zavalloni R., L’educazione degli handicappati in Scaglioso C., Marginalità e impegno educativo, Edisud, Salerno
1989, pp.74-75.

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6 Diagnosi funzionale, profilo dinamico funzionale


e piano educativo personalizzato

Nell’art.3 del DPR del 24 febbraio del 1994, la diagnosi funzionale è descritta come:
“la descrizione analitica della compromissione funzionale dello stato psico-fisico dell’alunno in
situazione di handicap”.
La stesura della diagnosi funzionale spetta all’unità multidisciplinare dell ‘ASL. Essa si compone di
due specifici momenti: anamnesi fisiologica e patologica del soggetto, e la diagnosi clinico-
funzionale che serve ad evidenziare la compromissione dello stato psicofisico e le potenzialità di
sviluppo. Essa essendo finalizzata al recupero del soggetto con handicap, deve tener conto delle
potenzialità registrabili in ordine ai seguenti aspetti:

 Cognitivo ;
 Affettivo-relazionale;
 Linguistico;
 Sensoriale;
 Motorio-prassico;
 Neuro-psicologico;
 Autonomia personale e sociale.

L’atto successivo della diagnosi funzionale è il PROFILO DINAMICO FUNZIONALE


(PDF). Esso è redatto dall’unità multidisciplinare dell’ ASL, ai docenti curricolari, e di sostegno in
collaborazione coi familiari del soggetto portatore di handicap.
Il profilo dinamico funzionale indica in via prioritaria, il prevedibile livello di sviluppo che l’alunno
in situazione di handicap dimostra di avere in tempi brevi (6 mesi) e in tempi medi (2 anni). In esso
si riportano i dati relativi ai possibili livelli di risposta del soggetto diversamente abile, nelle varie
aree di sviluppo già indicate nella diagnosi funzionale. Esso si realizza attraverso differenti fasi:

 Fase 1: sintetizzare in modo significativo i risultati della Diagnosi funzionale.

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Le numerose informazioni che sono state raccolte da svariate fonti, sono in questa fase
sintetizzate in aree significative.
 Fase 2: definire gli obiettivi a lungo termine.
Qui si definiscono gli obiettivi che idealmente si vorrebbero raggiungere in una prospettiva
temporale che si potrebbe collocare dall’uno ai tre anni.
 Fase 3: Scegliere gli obiettivi a medio termine.
In questa fase si scelgono quegli obiettivi da raggiungere nell’arco di alcuni mesi o di un
anno scolastico.
 Fase 4: Definire gli obiettivi a breve termine e le sequenze di sotto-obiettivi
In molti casi, vi è la necessità di semplificare gli obiettivi a medio termine, ridurne la
complessità, scomponendoli in sotto-obiettivi che facilitano l’apprendimento.

Dal profilo dinamico funzionale si passa al Piano Educativo Personalizzato (PEP), esso è
elaborato dal GLH, ovvero dal Gruppo di Lavoro per l’Handicappato, di cui fanno parte gli
insegnanti di sostegno, gli operatori sanitari e i familiari.
Nel PEP vengono definiti gli interventi didattico-educativi e riabilitativi.
L’articolo 5 del DPR descrive il PEP come:

“il documento nel quale vengono descritti gli interventi integrati ed equilibrati fra loro, predisposti
per l’alunno in situazione di handicap, in un determinato periodo di tempo, ai fini della
realizzazione del diritto all’educazione e all’istruzione”17.

Per la riuscita del processo di integrazione è necessaria la continuità educativa,quest’ultima


dovrebbe coinvolgere i differenti gradi di istruzione: dalla materna all’università. La continuità
educativa trova spesso ostacoli che dipendono dal fatto che ogni livello di istruzione presenta
caratteristiche specifiche e proprie che sono differenti sia da quello precedente che da quello
successivo.

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Spazio Handicap. Rivista bimestrale di pedagogia, psicologia, medicina preventiva, didattica e legislazione scolastica
a cura di Vitale C., anno I. n.2 marzo/aprile 1994, Editrice Reading Press, Salerno.

Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)

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Università Telematica Pegaso Classificazione degli handicap e la normativa
di riferimento

Bibliografia

 Canevaro A., Balzaretti C., Rigon G., Pedagogia speciale dell’integrazione, La Nuova Italia,

Firenze 1996.

 OMS, ICF, Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della

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 Scaglioso C., Marginalità e impegno educativo, Edisud, Salerno 1989.

 Sibilio M., Le abilità diverse. Percorsi didattici di attività motorie per soggetti diversamente

abili, Simone editore, Napoli 2003.

 Spazio Handicap. Rivista bimestrale di pedagogia, psicologia, medicina preventiva, didattica

e legislazione scolastica a cura di Vitale C., anno I. n.2 marzo/aprile 1994, Editrice Reading

Press, Salerno.

 Trisciuzzi L., Manuale di didattica per l’handicap, Laterza, Bari 1993.

 Vocabolario della lingua italiana., Istituto dell’ Enciclopedia Italiana, Treccani, Roma 1989.

 Zavalloni R., L’educazione degli handicappati in Scaglioso C., Marginalità e impegno

educativo, Edisud, Salerno 1989.

Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
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