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Corso di Alchimia - Lezioni 3 e 4

Scritto da Viviana Vivarelli


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Categoria: Alchimia
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Autore: Viviana Vivarelli

GLOBALITÀ E INTERCONNESSIONE – LE LEGGI DELL’ALCHIMIA


“La grande Opera dei Saggi è al primo posto tra tutte le cose belle / La Natura senza l’Arte non può realizzarla. /
L’Alchimia è un capolavoro che completa e corona la potenza di entrambe”
(L. Grassot)

La parola ‘Alchimia’ evoca contenuti esoterici, operazioni segrete in laboratori oscuri, oggetti strani e inquietanti: la
pietra filosofale, l’elisir di lunga vita, l’homunculus in provetta, alambicchi dove si distillano essenze misteriose,
crogioli dove i metalli fondono cambiando proprietà. I termini stessi alchemici hanno un’eco favolosa: l’araba fenice,
la tavola di smeraldo, la scala angelica, l’opera al rosso, l’ermafrodita, il corvo nero, il Rebis, l’athanor…

Anche Jung è un personaggio misterioso, di cui molti parlano con vaghezza ma di cui pochi sanno qualcosa, perché i
suoi testi sono difficili e non sistematici.
Parte dall’inconscio individuale, il mistero di ognuno, la parte ombra personale, per allargarsi all’Inconscio
Collettivo, il mistero dell’intera umanità e delle sue culture, fino all’ignoto più grande, che è Dio.
Ma c’è un Dio trascendente, l’Ignoto Celeste, che si può intuire su una via mistica o nell’al di là, e un Dio immanente
che pervade ogni cosa, il Dio della creazione, che può essere intuito attraverso la ricerca sulla Natura. Il dio
dell’Alchimia è questo: energia interna alla creazione, spirito di vita, alito di trasformazione.

La vita di Jung dunque è un’avventura spirituale, un lunghissimo percorso di conoscenza in cui egli stesso
progressivamente si trasforma, andando dal mondo diviso dell’Ego e delle sue contraddizioni al mondo unitario del
Tutto, come farebbe uno yogi indiano.
Nell’ultima fase della sua vita Jung si occupò essenzialmente di Alchimia, raccogliendo una quantità enorme di testi
antichi e di icone.

Questa ricerca fu preceduta da sogni premonitori: la bellissima biblioteca di libri del 1600 e 1700, con strane incisioni
e illustrazioni simboliche, sogni che indicavano la nuova fase conoscitiva e preannunziavano la raccolta dei rari e
ardui testi ermetici.
Pochi anni dopo, la biblioteca del sogno era realizzata, Jung aveva messo insieme la più grande quantità di testi
alchemici esistente al mondo, sia orientali che occidentali, e poteva studiare tutte le forme in cui l’Alchimia si era
manifestata fin dai tempi più remoti.
Jung cerca l’universale, gli archetipi, le grandi forme della psiche collettiva, il sostrato comune a tutti gli uomini della
Terra. Per cui non considera l’Alchimia un fenomeno storico o temporale ma una categoria della psiche, universale e
perenne, che affiora sempre allo stesso modo, con simboli e modalità comuni, e riguarda non contingenti operazioni
materiali quanto attività spirituali.
Anche il lavoro che l’analista fa con il paziente è un processo alchemico, cioè trasformativo, che avviene più
rapidamente quando il medico diventa tutt’uno col paziente.
In un certo senso fanno alchimia anche Patch Adams, il medico clown, che gioca coi malati per far loro dimenticare il
dolore, o le suore di Madre Teresa, che usano l’amore e la compassione come forze taumaturgiche con i malati
terminali.

Se ci limitiamo alla sola analisi storica, vediamo che l’Alchimia si occupò essenzialmente di quattro cose: la terapia
con erbe e minerali, la pre-chimica, la distillazione e la metallurgia, e lo faceva in modi che sembravano misteriosi.
Ma, nella sua essenza, l’Alchimia fu una filosofia esoterica, cioè segreta e nascosta, attinente al sacro.
Gli alchimisti ci hanno lasciato centinaia di ricette e di procedimenti, alcuni sono anche interessanti e precursori di
scoperte che verranno poi, altri sono assurdi, stranamente alcuni tentativi che sembravano i più strani sono stati
realizzati qualche secolo dopo, come l’uomo in provetta o il piombo che diventa oro. Ma il valore dell’Alchimia non
sta in questo, sta nel rapporto tra il soggetto che studia e l’oggetto studiato, tra l’Uomo e la Natura, tra Uomo e
Cosmo.
Diciamo anche che molti loro scritti sembrano esperienze allucinatorie, molto poco scientifiche, e piuttosto simili a
visioni di tipo spirituale i sciamanico.
Un motto alchemico dice: “Tam ethice quam fisice” , “Ciò che si mostra nel cuore (o spiritualmente) si manifesta nel
mondo (cioè fisicamente)”.
A noi, seguendo Jung, non interessa ripetere esperimenti fisici, fusioni o distillati, ma vedere alcuni principi
alchemici fondamentali nel loro senso simbolico, tenendo presente sempre che ALCHIMIA SIGNIFICA
METAMORFOSI, cioè passaggio a un livello superiore e che nella conoscenza quel che vale di più è ciò che
trasforma il cuore.

Jung considerava l’Alchimia una metafora, sia della terapia analitica che dell’evoluzione in genere e la vedeva come
una disciplina mistica e un’arte esoterica. ’Esoterico’ vuol dire segreto, nascosto, rivelato solo agli iniziati, teso a una
conoscenza che solo pochi possono avere.
Alchimia vuol dire metamorfosi, non trasformazione, si badi bene, ma proprio metamorfosi cioè passaggio da uno
stato qualitativamente inferiore a uno superiore, dalla crisalide alla farfalla, dal greco meta = oltre, dopo, e morphe =
forma, cioè passaggio a una forma ulteriore, nel senso platonico per cui forma vuol dire idea, eidos, essenza. Meta è
un prefisso molto interessante, come in ‘metafisica’, ovvero natura che sta oltre la natura percepita, e comporta
l’oltrepassare una soglia.
L’Alchimia è dunque una via di trasformazione più metafisica che fisica, si attiva solo per pochi eletti, non è
facilmente comunicabile, divulgabile o trasmissibile, e implica un cammino interiore che non è aperto a tutti e
procede per illuminazioni.
Gli alchimisti non devono essere considerati precursori della scienza, essi appartengono una categoria eterna in
quanto partecipano a un mistero che si apre solo a pochi eletti, una partecipazione mistica alla natura. Eraclito diceva:
“Il dio non parla, accenna”. Gli alchimisti non spiegano, disegnano.

La Chiesa li attaccò in tutti i modi, li perseguitò, li torturò e li bruciò, trattandoli come eretici o stregoni. Lo Stato li
sospettò in ogni modo e tentò di rubare i tesori che si favoleggiava fossero in loro possesso. Ovunque si presentarono,
in qualunque tempo e luogo, furono malvisti e calunniati, e restarono degli incompresi, guardati con sospetto dal
popolino superstizioso, minacciati dalle chiese e dal potere. Spesso furono aggrediti, derubati, imprigionati, torturati,
uccisi, così lavorarono nell’ombra, con pochi o nessun allievo, senza lasciare testi chiari o procedimenti ricostruibili e
mascherarono le loro scoperte dietro codici ermetici oscuri ai profani o tavole con figure.
Che cosa li faceva persistere su una via tanto obliqua e pericolosa? Un fuoco sacro, l’amore per una sapienza
superiore, una vocazione spirituale, a cui essi dedicarono la vita.

Jung considera l’Alchimia una ricerca simile a quella nell’Inconscio Collettivo.


Anche lui il mondo attraverso analogie, è il maestro del pensiero analogico, collega in modo frequenziale cose che
stanno su livelli ontologici diversi, piani grossolani con piani sottili, mondo delle cose con mondo delle energie.
Nell’esoterismo attuale si parla molto di questi livelli frequenziali che si collegano per via simbolica. Non solo gli
esoterici ma anche i poeti hanno questa stessa intuizione. Il simbolo è un ponte molto forte tra il mondo materiale e
quello sottile.
Borges lo capisce benissimo quando ipotizza un regno astratto chiamato Tlon, dove si unificano in una sola unità di
informazione le qualità simili:
“Oggi una delle chiese di Tlon sostiene platonicamente che certe cose, come una determinata temperatura, un
determinato suono o colore ecc., costituiscono un’unica realtà. Tutti gli uomini che ripetono un verso di Shakespeare
‘sono’ William Shakespeare”. Insomma si possono costituire isobare di senso che legano tra loro enti apparentemente
diversi, ma che hanno la stessa frequenza oppure che sono portatori dello stesso significato simbolico. Su queste
isobare, Marte, il rosso, il ferro, il re, l’aggressività, il fegato, sono su un’unica nota.
Borges è un grande scrittore e poeta argentino, che era cieco quasi dalla nascita, per una cecità ereditaria che si era
succeduta per 6 generazioni. E curiosamente spesso il veggente antico era cieco, quasi a indicare come la cecità
sensibile possa essere un aiuto per le visione interiore. Molte cose che scrive Borges sono alchemiche. Ma i poeti,
tutti, seguono vie analogiche.

La scienza positiva utilizza la percezione sensibile e il pensiero logico, collegando gli enti per forma, causa ed effetto
e basandosi sul numero.
Il pensiero analogico invece correla le cose per somiglianza o significati simbolici. Sono due visioni polari della
mente, prodotte dal lavoro opposto delle due parti della neocorteccia che arrivano a visioni diverse.
Potremmo dire, similmente, che c’è un livello empirico, materiale, in cui le cose appaiono come realtà fenomenica, e
un livello sottile, intuitivo, in cui le cose compaiono come realtà ideale. E si può scegliere: ci si può muovere sulle
apparenze fenomeniche oppure cercare ciò che sta dietro, nel mondo invisibile.
Il fisico positivista vede le apparenze sensibili, il poeta le analogie invisibili.
L’Alchimia oltrepassa il mondo fenomenico per penetrare nell’energia pura che sta dietro di esso, l’energia come
vibrazione. E questo è molto diverso dalla fisica classica.

Vediamo adesso i principi e le leggi fondamentali dell’Alchimia.


Il primo principio della vita è ‘LA TRASFORMAZIONE’ ed essa è essenzialmente trasformazione.
Tutto ciò che esiste si trasforma; i Greci dicevano: panta rei= tutto scorre, tutto diventa, tutto è flusso. Il mondo è un
‘divenire’, e il divenire è il principio fondamentale di tre pensatori: Eraclito, filosofo greco dell’Asia Minore, che
inizia la filosofia occidentale nel IV° secolo a.C.; Lao Tzu, pensatore sempre del VI° secolo, dall’altra parte della
Terra, in Cina, che inizia la filosofia orientale, e Jung, psicologo e filosofo svizzero moderno, che inizia la visione
spiritualista che verrà. Eraclito è così importante che non solo dà origine alla filosofia occidentale ma ispira anche la
visione economico-politica delle classi di Marx.
Tutto diviene, tutto si trasforma; la trasformazione è signora del tempo, nella Psiche come nella Natura. Ma in
Alchimia, la vera conoscenza non è studiare il mondo come un oggetto che sta fuori di noi, ma comunicare con esso
in SINTONIA e RISONANZA, cercando il segreto della trasformazione della Natura e riportandola alle
trasformazioni parallele che avvengono nella psiche.
Nel contatto tra ricercatore e natura avviene un doppio processo parallelo che produce la metamorfosi di entrambi. La
ricerca non è predatoria, non è distruttiva, ma vuole creare una FUSIONE ‘spirituale’ tra le essenze di entrambi,
soggetto e oggetto, alzando le loro frequenze. In tal modo l’Alchimia diventa una strada per avvicinarsi a Dio. Nelle
trasformazioni dell’oggetto si realizza la trasformazione del soggetto.
Dicono in India che molte sono le scale per scendere al Gange, cioè molte sono le vie per arrivare alla conoscenza
suprema. L’Alchimia è una di queste vie, che raggiunge il Dio immanente, l’energia che è nella natura, e lo fa
attraverso operazioni sulla materia che non si oppongono alla materia, ma sono armoniche con
essa. ARMONIA viene da una parola latina che vuol dire accordo.
Per questa premessa filosofica, l’Alchimia non somiglia a nessuna scienza attuale, proprio perché pone, come dogma
potremmo dire ‘rituale’, l’identità tra soggetto e oggetto, unione che può avvenire solo a un livello molto sottile,
immateriale.
L’unione di soggetto e oggetto è una esperienza derivabile dalla mistica o dalla parapsicologia, un concetto aperto al
santo, al guru, all’illuminato… che non può in nessun modo essere compreso da una mente solo razionale.
Questa unione è l’intuizione fondamentale di ogni iniziato, che è ‘mistes‘, cioè mescolato ad ogni particella
dell’essere. L’iniziato si contrappone al profano pro phanus= che sta davanti al tempio, cioè fuori dal sacro.
L’iniziato penetra nel sacro e si mescola col divino.
LE LEGGI DELL’ALCHIMIA

“Ciò che sembra una pluralità non è altro che una serie di aspetti differenti della stessa cosa, prodotta da
un’illusione (la maya indiana) (Erwin Schrödinger)

“La dottrina della maya, dell’illusione, non implica di per sé la totale irrealtà di questo mondo, il quale, piuttosto, è
simile a un gioco d’ombre, a un riflesso“. (Jean Campbell Cooper)

“Māyā è contemporaneamente la sorgente del cosmo e quella della coscienza che lo percepisce. Entrambi sono
interdipendenti. Il cosmo non percepito non esiste e la coscienza che non percepisce nulla non ha realtà“. (Alain
Daniélou)

La prima legge dell’alchimia è che TUTTO E’ IN TUTTO.


Anche questa o una intuizione della filosofia classica ai suoi albori, in Grecia, 2.400 anni fa.
Non è un concetto che noi possiamo capire facilmente, perché oggi siamo abituati a separare gli oggetti, a cercare le
loro componenti, il nostro è un pensiero separativo (funzione analitica o logica del cervello), noi frammentiamo il
reale, non lo unifichiamo. Ma l’intuizione dell’unità di tutto in tutto era centrale nella mente di Jung, una mente
intuitiva e dunque sintetica, analogica, al modo orientale, e abituata a pensare alla psiche dell’uomo come a un
elemento della psiche collettiva.
Questo è più chiaro con la mistica, che, del resto, fornisce molti grandi Maestri all’Alchimia.
Siamo nel 1600, JACOB BÖHME è un calzolaio tedesco di 25 anni. Un giorno, colpito dal riflesso del sole su un
piatto di peltro, cade in una visione estatica in cui intuisce Dio. Sconvolto, esce di casa, guarda le piante e di colpo, in
modo diretto, ‘conosce’ i loro poteri di guarigione, ‘vede’ le loro essenze. Non c’è più nessun diaframma tra lui e la
Natura, è caduto il velo che lo separava dalla conoscenza ‘essenziale’ delle cose, perché è uscito dal mondo separato
ed è entrato nel mondo ‘totale’. Passarono 12 anni prima che riuscisse a esprimere a parole la rivelazione cosmica che
aveva avuto e che era superiore a qualunque apprendimento universitario: la rivelazione dell’unità del cosmo.
Divenne dunque un filosofo mistico e produsse molte opere che destarono grande scalpore e furono attaccate
violentemente dalla Chiesa, la quale non ha mai sopportato di buon grado i mistici. Per cui, in seguito, Böhme è stato
oscurato dal cattolicesimo che nemmeno lo nomina nei suoi seminari, proprio perché ha intuito il Dio immanente e la
sua possibilità di entrare in risonanza con l’essere umano, mentre la Chiesa calca la mano sul Dio trascendente, che,
essendo trascendente, non è in alcun modo conoscibile o contattabile, così che la Chiesa può porsi come unica
mediatrice tra l’uomo e il divino e in ciò sta il suo potere. Ovviamente quando Böhme cominciò a pubblicare le sue
opere liriche e visionarie, la Chiesa lo trattò come un eretico e gli vietò di scrivere, perché quello che diceva era
sconvolgente e andava contro i canoni classici.
Nel 1612, Gregorius Richter, pastore di Görlitz, attaccò violentemente Böhme, accusandolo di eresia e chiese
addirittura un decreto che gli vietasse di scrivere per 5 anni. Malgrado ciò, il suo lavoro continuò a circolare tra
l’intellighenzia di Görlitz, facendogli guadagnare molti ammiratori, soprattutto tra gli studenti di filosofia ermetica e
misticismo. Nel 1619 Böhme prese di nuovo in mano la penna, e nei cinque anni che precedettero la sua morte
(avvenuta nel 1624, a 49 anni) completò tutte le sue opere principali in cui espose una complessa teologia che aveva
ricevuto per illuminazione, e gli mostrava il mondo come una assoluta Unità. Anche la sua è un’opera alchemica.
Cosa scopre Böhme? Che Dio è essenzialmente amore e si accede a Lui attraverso il vuoto interiore, una vacuità
molto simile a quella buddhista (Śūnyatā), che è dapprima rilassamento corporeo, svuotamento dai pensieri e dalle
ansie, e poi allontanamento da ogni contenuto mentale.
Al Dio inteso come amore, Böhme, tuttavia, non arriva cancellando il dolore ma attraversando il dolore stesso, la
lotta o l’angoscia, in un processo continuo di trasformazione, usando proprio il dolore come carburante.
Dio non sta fuori di noi, può essere sentito solo dentro di noi, e solo quando metteremo a tacere pensiero e volontà e
arriveremo al luogo bianco, nullo.
C’è una consapevolezza ordinaria che è il consueto miscuglio di pensieri, sensazioni ed emozioni; i buddisti lo
chiamano la “mente scimmia”, perché saltella di qua e di là come una scimmia. C’è tutto un turbine confuso di
pensieri, di problemi, di sensazioni.. che si affollano nella testa e alla lunga ci danneggiano, per cui la mente salta
ossessivamente da un pensiero a un altro senza concentrarsi su niente o si attacca al peggiore tra questi.
C’è infine la consapevolezza spirituale, per cui la mente mette a tacere pensieri, problemi, sensazioni e volontà, e va a
“riposare in Dio”, il luogo bianco, che permette un livello di intensità e coerenza più elevato, una profonda quiete
interiore che porta alla giusta conoscenza e alla giusta azione, ciò che Böhme chiama “la volontà di Dio”.
Chi lascia andare coscienza e volontà entra in un vasto e allargato spazio spirituale in cui il sé autentico può alla fine
venire alla luce.
La mente è una specie di lente di ingrandimento, se la puntiamo verso l’ego e amplifichiamo tutto quello che ci turba,
restiamo prigionieri di desideri, passioni contraddizioni e cadiamo nell’io insaziabile. Se la puntiamo verso il divino,
entriamo nella calma del Signore: “La visione del mondo secondo l’amore.“
“Se lo trovi, arriverai a quel fondo da cui scaturiscono e in cui stanno tutte le cose, e sarai in esso come un re sopra
tutte le opere di Dio”.
Questo è utile anche emotivamente.
Però Böhme vuol fare di più, vuole arrivare alla calma di Dio proprio attraverso il dolore. Quando esso arriva, dice
Böhme, impara a metterlo a fuoco, a penetrarlo, sperimentandolo profondamente nel corpo, a dargli il benvenuto, a
guardarlo bene in faccia, riconoscendo che esso può essere sopportato o compreso; tu lo puoi sopportare e
comprendere, tu sei qualcosa di più ampio, e, quando sei arrivato a quel punto, lascialo andare. Insomma non ti devi
opporre ad esso, ma devi lasciarti andare, accoglierlo e poi benedirlo.
Böhme chiama le nostre emozioni ‘le creature’, e dice: “Rinunciando alle nostre angosciate creature, Cristo si attiva
misteriosamente al centro della nostra vita”.

Un punto fondamentale della mistica indiana come della pratica taoista è la distinzione tra il mondo virtuale in cui
viviamo come separati e il mondo della Totalità, che, in quanto tale, è divina.
L’Alchimia, come la mistica, intuisce che il mondo è uno solo e che ce ne sentiamo divisi solo per l’inganno della
nostra coscienza parziale che ci separa dalla totalità.
In India dicono che la visione separata è prodotta dal velo di Maya, una forza che ci inganna dal momento in cui
nasciamo e ci fa prendere come vero un mondo che in realtà è una illusione, come un miraggio, mentre la vera Realtà
sa altrove e il cammino dell’iniziato sta proprio nello squarciare il velo di Maya e contemplare l’unione del Tutto,
tonando nell’Oceano di Chiara Luce, nella consapevolezza assoluta che tutto ciò che esiste è Uno. Se potessimo
tornare alla visione totale, conosceremmo tutto e vedremmo che siamo uniti al Tutto e una cosa sola.
Questi momenti di assoluta FUSIONE o totalità sono una esperienza eccezionale, un’esperienza di vetta, come la
chiama lo psicosintetico Piero Ferrucci, che si raggiunge solo in situazioni eccezionali. Questo fa degli alchimisti
personaggi simili ai mistici, tant’è che nella storia dell’Alchimia ci imbattiamo anche in molti mistici.

La seconda legge dell’alchimia è che TUTTE LE COSE SI CORRISPONDONO.


L’energia divina trascorre in ogni cosa. Oggetti e creature non sono separati ma vivono in una sintonia comune,
secondo flussi comunicanti. Mondo degli uomini e mondo delle cose sono forme parallele in RISONANZA. Gli
eventi sono sincronici, cioè si uniscono come portatori simbolici di significati. E questo lo abbiamo trovato anche
nella sincronicità junghiana.
Ma per intuire l’unità dell’Universo non bastano sensi e intelletto, occorre un canale superiore, che Jung
chiama IMMAGINAZIONE ATTIVA, e che non è una declinazione della fantasia ma una funzione speciale che
avvicina l’uomo al sacro, e si accende nei mistici, nei santi, nei guru, negli artisti, negli sciamani, nei sensitivi, negli
illuminati.., i quali possono intuire la simbiosi tra soggetto e oggetto e penetrare la vita segreta delle cose.
Paracelso chiama questa funzione ‘la piccola stella interiore’, col simbolismo della stella, qui intesa come coscienza e
guida.
Come dice il mistico Iacob Böhme, “Vasti eravamo e di un’unica sostanza./ Eravamo un’unica testa, un’unica cosa,/
come il raggio del Sole./ Senza nodi eravamo e limpidi come acqua.”
La conoscenza è un compito spirituale. Sri Aurobindo, il più grande mistico indiano, scrive: “Ciò che sta dentro di
voi e cerca di conoscere e progredire, non è la mente ordinaria, ma qualcosa che sta dietro e ne fa uso”. La piccola
stella interiore.

Oggi la teoria dei quanti mostra che, scomponendo la materia, essa alla fine non è più materia ma si annulla in una
rete di flussi energetici. L’Universo è energia e solo la nostra percezione limitata ci fa distinguere un piano materiale
da quello spirituale. Ma a un livello di conoscenza più alto, tutto appare come en ergon , attività, movimento. Come
dice la Genesi induista: “All’inizio del mondo non c’era nulla, poi cominciò un movimento”.
L’elettrone è un movimento, è un’onda. E sappiamo che l’osservatore è immerso in questi flussi, mai esterno, ma
concausa di ciò che osserva in quanto, con la sua osservazione, modifica il campo osservato. La teoria del caos
afferma decisamente che tutto è collegato, così che una piccola causa può avere effetti globali: “Basta il battito di ali
di una farfalla in Occidente per scatenare un tifone in Oriente”. Questa frase esce da un film, “Effetto Butterfly”, che
è un film di fantascienza e molte intuizioni della fisica nascono proprio dalla fantascienza.
Nel 1950 Alan Turing aveva scritto: “Lo spostamento di un singolo elettrone per un miliardesimo di centimetro, a un
momento dato, potrebbe significare la differenza tra due avvenimenti molto diversi, come l’uccisione di un uomo un
anno dopo, a causa di una valanga, o la sua salvezza“.
Nel 1963 il matematico Edward Lorenz, pioniere delle teoria del caos, parlò di ‘effetto farfalla’: “Un meteorologo
fece notare che se le teorie erano corrette, un battito delle ali di un gabbiano sarebbe stato sufficiente ad alterare il
corso del clima per sempre.” Poi in seguito usò il termine ‘farfalla’, forse ispirato dal diagramma generato dagli
attrattori strani che sono appunto a forma di farfalla. “In un sistema complesso una minima variazione dei dati di
input ha grande impatto nel risultato finale”.
Gli attrattori strani sono figure che rappresentano il flusso di un sistema, per esempio come funziona il cervello di
uno schizofrenico (e tutti i cervelli degli schizofrenici tendono a quella forma) o un movimento in Borsa, sono cioè
figure con cui si possono comprendere gli eventi non prevedibili.
Abbiamo visto il flusso di Venere cioè la sua ellittica come una stella a cinque petali, ma ogni evento avviene
secondo un flusso che può essere raffigurato in un diagramma, in tal modo il divenire dell’Universo può essere letto
come una serie di disegni. In un certo senso è come se si tornasse all’aritmogeometria di Pitagora, per cui ogni
numero era anche un disegno e oggi ogni funzione ha anche un grafico.
Ma tutto è collegato. Basta il crollo di una società in Borsa per generare una catastrofe finanziaria mondiale. Basta
una diga che ferma un fiume per cambiare il clima di un continente. Il mondo è sempre uno, come dicono i canti degli
indiani Lakota: “Tutto è legato insieme“. La grande legge dell’Alchimia è che, qualunque cosa si fa, non si è mai
separati.
La regola del vissuto che ne consegue è che se la tua vita non ti piace, metti in moto piccoli movimenti, piccole
variazioni, che, per quanto piccole, possono creare grandi cambiamenti. E, se il flusso dei tuoi pensieri è ossessivo, è
disarmonico e ti angoscia, impara a creare la vacuità interiore, come diceva Böhme, il piccolo mondo bianco, anche
questa sarà una variazione positiva nel flusso della tua vita.
La vecchia fisica determinista trattava il mondo come materia inerte, da sezionare in parti, come una macchina;
l’Alchimia intuisce una natura intelligente globale con cui si può comunicare interamente.

C’è un famoso testo alchemico di cui abbiamo solo frammenti, cioè poche frasi, che contiene i principi fondamentali
dell’Alchimia ed è la TAVOLA SMARAGDINA, o Tavola di Smeraldo. Lo Smeraldo indica un grado di vibrazione
molto alto, come l’Oro, la Giada o il Diamante (ci ricordiamo che nello yoga indiano lo stato di illuminazione più alto
è chiamato ‘la via del diamante’).
In Cina i santi parlano di ‘Corpo di Giada’. La giada simbolo di purezza ed era preziosissima come l’oro e gli antichi
Cinesi credevano che preservasse il corpo dopo la morte, per questo nelle tombe gli imperatori erano coperti da interi
abiti di giada per assicurare loro l’immortalità.
La giada considerata era verde e non a caso anche lo smeraldo è la pietra verde, che simboleggia il cuore. E anche nei
chakra, il verde è il colore del cuore.
La prima legge contenuta nella tavola smaragdina dice: “Tutto ciò che è in alto è in basso. Tutto ciò che è in basso è
in alto”. Cioè microcosmo e macrocosmo si corrispondono, come sapevano benissimo anche gli antichi Egizi, terra e
Cielo si rispecchiano, per questo costruivano i loro monumenti come lo specchio delle costellazioni. Ai primi del
ventesimo secolo furono i fisici a disegnare le orbite degli elettroni attorno al nucleo come piccoli sistema solari col
modello atomico di Bohr.
Il mondo è basato su analogie; noi siamo come un frammento di specchio che può riflettere l’universo. O un
frammento dell’ologramma che contiene tutto l’ologramma. L’ologramma è una foto tridimensionale che dà
l’illusione di un oggetto reale per di più in movimento, ma che reale non è, e in cui ogni frammento riporta in piccolo
tutti i dati dell’ologramma.
L’Alchimia dice che il mondo è spirito. E cerca le essenze che messe insieme formano l’intera creazione, collegando
lo spirito dell’Uomo allo spirito dell’Universo. Negli ultimi secoli siamo partiti nello studio della natura studiando la
materia, oggi parliamo di onde e diciamo che ogni cosa ha una frequenza distintiva e irradia campi di onde formando
famiglie a vibrazione simile. Diciamo che il mondo è formato da fasce a uguale risonanza. E che l’universo è un
immenso spartito, dove l’energia degli esistenti si sviluppa in risonanze multiple.
Jung legò in serie i simboli della psiche individuale, poi di quella collettiva, infine contemplò il mondo intero come
una musica formata da note diverse, e questa musica era kosmos, che vuol dire ordine, bellezza. La Natura non è solo
natura, physis, è anche kosmos, ordine e bellezza: viviamo in una Natura che non è casuale ma inspiegabilmente ha
un suo ordine intrinseco, che le permette di fiorire e di non degenerare in kaos, cioè in disordine. L’uomo osserva la
Natura ed entra in un mondo di stupore.
Einstein cercava una visione della fisica che fosse anch’essa ordine e bellezza, sceglieva una equazione da un’altra
“perché era più bella” e ci ha dato una teoria del mondo basata sulla semplicità. Einstein sembrò aprire una nuova
visione ordinativa dell’Universo basata sulla luce. E fece della velocità della luce il limite massimo (tesi che oggi è
stata contestata perché la velocità del neutrino sembra essere più alta). Einstein stava a metà, tra una visione
corpuscolare dell’universo e una visione basata sull’onda.
Dopo di lui la nuova fisica emerse con la teoria ondulatoria, e, dicendo che l’universo è formato da onde invece che
da atomi, spostò la fisica dalla materia alla relazione, dai corpi alle forze, dal grossolano al sottile, dal visibile
all’invisibile, ma l’Alchimia aveva già anticipato tutto questo, e in più aveva considerato la Natura come ‘animata’
cioè intelligente, e percorsa da intelligenze invisibili con cui si può comunicare.
E’ lo stesso concetto che oggi anima gruppi spiritualisti come quello di Findhorn.
L’Alchimia ci dice che la Terra è un organismo e un organismo è l’Universo e la nuova fisica vede oggi la Terra
come un organismo unitario e rileva le connessioni fra le parti, l’esistente diventa un oceano di campi di energia
interferenti, connessi ai campi gravitazionali del cielo. Tornano i concetti di interrelazione e globalità. Ma l’Alchimia
sta in un luogo di mezzo, tra la magia antica e la scienza moderna, consegue risultati che passano alla chimica, alla
fisica e alla medicina, ma conserva la concezione animistica degli antichi sistemi magici.

L’Alchimia parte dalla convinzione che sia possibile una IDENTITA’ TRA OPERATORE E NATURA, concetto
che nella scienza moderna si è perduto. Gli alchimisti pensavano di poter realizzare giuste trasformazioni sulla natura
solo se si sintonizzavano con la sua energia, non da uomo a cosa ma da spirito a spirito, da intelligenza a intelligenza,
stabilendo contatti tra l’anima dell’uomo e l’anima del mondo. Essi erano convinti che esistesse un mondo indiviso,
una sola energia comunicante e che la natura fosse un oceano di energia dove anche l’uomo era energia, legato da
rapporti sottili a tutto l’esistente.
In questo quadro globale il criterio quantitativo diventa insufficiente, l’intelletto non basta, entra in gioco la funzione
analogica, che cerca la via della relazione e della comunicazione e accoglie anche le realtà paradossali rifiutate dalla
fisica classica. Oggi la teoria del caos studia proprio gli eventi paradossali, scoprendo in essi forme costanti
stupefacenti, per esempio che tutti i cervelli schizofrenici funzionano secondo una stessa forma o che tutti gli anfratti
di una costa ripetono il motivo base della costa.
Nella teoria del caos le forme prendono il posto dei numeri e si scoprono le ‘figure’ della trasformazione, le danze
dell’energia, le coreografie di bellezza, gli ‘attrattori strani’, puri disegni che manifestano il flusso della vita per cui
tutti i maremoti tendono a una stessa forma uno stesso disegno hanno i movimenti di Borsa o le variazioni
meteorologiche o le nuvole. Dietro al mondo numerato appare una bellezza immateriale figurata, simile a un gioco, a
una pittura o a una poesia, tanto che il fisico Prigogine diceva: “Al posto della descrizione classica del mondo come
meccanismo, sarebbe meglio vedere il mondo come opera d’arte”. In questo quadro, l’universo diventa un enorme
pensiero, dove la differenza tra coscienza e materia si annulla.
Oltre la mente logica e la mente analogica, Jung postula una MENTE SIMBOLICA, con una visione diretta del reale,
la mente del visionario, del sognatore, del mistico, del poeta… con un proprio codice e una propria grammatica per
immagini. L’Alchimia è qui, i simboli sono il suo alfabeto, le icone le sue visioni, non accessibili all’intelletto ma
trasformative dello spirito, propulsive di vita. Paracelso dice addirittura: “Chi vive secondo la ragione, vive contro lo
Spirito” e ricerca l’intuizione diretta delle forme universali attraverso la ‘stella interiore’.
Dunque l’Alchimia non guarda alla materialità delle cose ma alle loro essenze. Gli oggetti non sono per come
appaiono, ognuno esiste in quanto ha una frequenza e le frequenze si corrispondono. Siamo nel mondo della
vibrazione, delle ‘qualità’ dell’energia.
Si dispongano dunque gli enti su una scala di frequenze, dove enti diversi possono corrispondersi per frequenze
simili.
Si ha una TRASMUTAZIONE o METAMORFOSI quando un ente passa da una frequenza inferiore ad una
superiore. Nel percorso completo, la frequenza più bassa arriva al vertice più alto, il piombo si trasforma in oro, il
carbone in diamante, l’uomo materiale in uomo di giada, la psiche inconscia in spirito illuminato. Avere una
trasmutazione vuol dire attivare un mutamento non sulla materia visibile ma sulle frequenze invisibili. Ecco la
differenza dell’Alchimia dalla scienza! Le operazioni fisiche si uniscono qui a quelle simboliche, elementi materiali e
immateriali operano uniti.
Ma per realizzare la trasformazione sottile occorrono operatori particolari che possiedano particolari qualità della
mente.
Secondo Jung, misticismo, magia, arte, sciamanesimo e alchimia sono forme eterne dello spirito, forme cognitive
alte, modalità psichiche o antropologiche, coordinate sottili della mente, in cui si manifesta una particolare intuizione
che si ripete inalterata nei secoli.

L’Alchimia non è un fenomeno storico quanto una categoria psichica, che esprime una rivelazione profonda ed
eterna, aperta ad alcuni ma non possibile a tutti. E’ il corpo del faraone con la calotta cranica aperta verso l’alto, come
viene raffigurato architettonicamente nel tempio di Luxor, cioè la mente umana che apre il suo quinto cervello,
quello più sottile, connesso col divino.
In senso più lato e meno iniziatico, potremmo dire che è Alchimia ogni attività che non separi l’io dal non io, l’io
dall’altro, ma li unisca in una sintonia comune,e in cui soggetto e oggetto riescano a comunicare fra loro e ad
evolvere insieme.
Per questo essere alchimista è una condizione dell’anima, una predisposizione dello spirito. Anche un medico, un
analista o un insegnante possono fare Alchimia, cioè operare una trasformazione.
Enti apparentemente distinti, uomo e uomo, o uomo e cosa, si uniscono in una metamorfosi parallela. Colui che
trasforma è trasformato, colui che guarisce è guarito, colui che insegna è educato…L’Angelo mi guida, ma io realizzo
il compito dell’Angelo. Io ho bisogno di lui ma lui ha bisogno di me.

Certo capire cos’è l’Alchimia non è facile, proprio perché essa non è una definizione ma un atto di esperienza, simile
ad una illuminazione, come l’amore, perfettamente chiaro quando lo si prova, oscuro e incomprensibile quando non
ci fa la sua grazia.
Per Jung l’Alchimia è sogno, grande proiezione dell’inconscio collettivo. Egli stesso si chiama ‘alchimista della
psiche’ ..
Lo stesso procedere nella vita è la Grande Opera. Jung dice: “Essa esige sforzi costanti. Gli alchimisti proiettano la
coscienza su un piano intermedio tra veglia e sogno, producendo l’ascensione della materia fino alla Luce Ignota
che ne costituisce il limite.” E questo è il linguaggio di un mistico.
Sicuramente il viaggio nell’Alchimia è un viaggio iniziatico. Si legge l’universo come una scala musicale, in cui serie
di enti stanno sulla stessa nota o frequenza e la trasmutazione consiste nel passare da una nota a una nota più alta, da
un livello frequenziale a uno superiore.

Nella grande metafora astrologica, i livelli dell’energia sono proiettati nel cielo, nelle orbite dei pianeti; quelli più
lenti e pesanti, di vibrazione bassa, percorrono orbite lontane dal Sole (Giove, Saturno, Urano, Nettuno ed infine il
lontanissimo Plutone); quelli più veloci e a vibrazione alta percorrono orbite centrali (Mercurio che è il più vicino al
Sole, Venere, Terra e Marte).
Gli alchimisti collegavano ogni pianeta a un metallo.
Sole=Oro, Luna=Argento, Venere=rame, Marte=ferro, Giove=stagno Mercurio=mercurio, Urano=uranio, Nettuno
=ottone, Plutone=il bario o lo zinco. Il più remoto è Saturno, collegato al Piombo, ultimo nella scala dei metalli,
simbolo dell’uomo inconscio, calato nella pesantezza della materia.
Al centro è il Sole, la vibrazione massima, o materia aurea, che rappresenta Dio, la massima luce.
Passare dal Piombo all’Oro è la metafora perfetta, l’uomo materiale che si spiritualizza, tendendo a Dio. La
trasmutazione è un avanzamento progressivo o a balzi, nella natura come nell’anima.
Si vede come questa correlazione tra pianeti e metalli passi poi nella medicina antica egizia o nella medicina
alchemica cinese o indiana, come in quella attuale orientale o olistica, che usa anche l’astrologia e lega i metalli ai
caratteri.

Già nei tempi antichi le civiltà, dopo aver attribuito ai metalli poteri magici, dettero loro virtù terapeutiche, che col
passare dei secoli, furono confermate dall’osservazione e dalle sperimentazione. I metalli, infatti, sono fra le
componenti di tutti gli esseri viventi, quindi anche del corpo umano, e in quantità precise sono indispensabili alla
salute dell’organismo per cui sono in difetto o in eccesso producono malattie. Ognuno di loro racchiude in sé infinite
corrispondenze, ognuno è legato ad un pianeta ad un colore, a un organo del nostro corpo, e il tutto è
indissolubilmente unito. Come tutte le parti del nostro corpo formano un organismo, così tutte le parti del Mondo
formano un corpo organico comune, di cui noi facciamo parte.

Più nello specifico:


Saturno = piombo = scheletro e milza
Giove= stagno = muscoli, cartilagini e fegato
Marte = ferro = vescica biliare, energia in genere
Sole = oro =Sistema cardiovascolare, cuore e circolazione
Venere = rame = reni e vene
Mercurio = mercurio = polmoni, sistema linfatico e nervoso, ghiandole
Luna =argento = organi sessuali, stomaco e intestino.

I metalli sono stati usati in terapia sin dai tempi più antichi. Già i Caldei, 6000 anni prima di Cristo, utilizzavano l’oro
per curarsi. E Paracelso nel 1528 gettava le basi di una medicina mediante i metalli derivanti dalla conoscenza
alchemica. A lui infatti si può attribuire la paternità della metalloterapia. Usò per esempio il piombo per la
medicazione delle piaghe e il ferro per l’anemia.
Secondo la legge dei simili, il metallo corrispondente al pianeta agirà sull’organo retto dallo stesso pianeta. Rudolf
Steiner (antroposofia) diceva che il metallo in qualche modo “imprigiona” delle forze spirituali: anche lui come
Paracelso credeva nella corrispondenza tra cosmo e materia.
La medicina antroposofica di STEINER (ANTROPOSOFIA), che nasce ai primi del 1900, mette il microcosmo in
continuo rapporto col macrocosmo. Steiner ritiene che l’uomo non sia solo regolato da leggi della fisica e della
chimica, ma anche da leggi spirituali che governano l’universo. E anche l’omeopatia di Steiner si basa sulle frequenze
dei metalli.

Tra tutti gli alchimisti, Jung ammira PARACELSO, il grande medico di Zurigo del 1500, di cui sente successore
spirituale o kahrmico, personalità eclettica, figlio di un medico e allievo di un alchimista, seguace del sapientissimo
Tritemius.
La sua opera è sterminata: farmaci vegetali e minerali, concetti mistici e filosofici, elementi cabalistici e astrologici,
tecniche psichiatriche.. scopre l’etere solforico, isola l’idrogeno, cura il ‘ballo di san Vito’, inventa la iatro-chimica
(iatros vuol dire medicina), la preparazione di farmaci minerali secondo l’astrologia…
Gli alchimisti sanno che le energie dei pianeti influiscono sulle preparazioni, ma in agricoltura si è sempre saputo che
la semina e il raccolto sono relativi ai tempi dell’anno, al moto del sole, alle fasi lunari, i luoghi, le interferenze… lo
stesso vale per l’allevamento degli animali, le api, la distillazione di liquori o l’imbottigliamento del vino.
Per esempio la semina e il trapianto dei fiori vanno eseguiti a luna crescente, così come la messa a dimora di siepi e
arbusti. Con la fase di luna calante si eseguono le potature invernali ed estive delle siepi. Tutti i trapianti delle specie
che normalmente vengono seminate in semenzaio (peperone, basilico, pomodoro, melanzana, lattuga, cavolo,
broccolo, cavolfiore, sedano, porro, cipolla, ecc.) vanno eseguiti a luna nuova o luna crescente. In questa fase le
piantine superano rapidamente la cosiddetta crisi di trapianto, presentano un buon attecchimento ed una buona ripresa
vegetativa. Sempre nell’orto, per ottenere primizie, si deve seminare a luna crescente ecc.
Per esempio tutti i parrucchieri sanno che i capelli si tagliano con luna crescente, altrimenti la crescita rallenta.
Con luna nuova (che cioè non si vede nel cielo) le cure depurative sono più efficaci e così i digiuni o è più facile
cominciare a smettere di fumare. La tintura ai capelli regge di più in luna crescente. La depilazione è più efficace in
luna calante. Per estrazioni o pulizia del tartaro meglio luna calante o novilunio.

Paracelso lega tutti i fattori dell’esistente nella preparazione di rimedi omeopatici. Pensa che in ogni pianeta e in ogni
metallo ci sia un ARCANO, o quintessenza, e cerca di isolarlo, per ricreare le frequenze fondamentali dell’universo.
Scopre che nessuna sostanza è negativa in assoluto; da un veleno, si può, riducendo le dosi, ricavare un antidoto o un
vaccino. Paracelso cura ogni male col suo simile, scoprendo che, diluendo un prodotto, si può arrivare a dosaggi così
bassi da rovesciare la sua qualità, per esempio si può combattere un avvelenamento da belladonna usando la stessa
belladonna in soluzione omeopatica. Scopre che, diminuendo la dose, si amplifica l’effetto, cioè, diminuendo la parte
materiale, aumenta quella essenziale, fino a entrare in livelli di energia pura dalla massima efficacia.
Paracelso studia la ‘MEDICINA SPAGIRICA’, che precorre l’omeopatia (‘spaò e ‘agheirò, ‘separo’ e ‘riunisco’) e
fa tinture vegetali e minerali, in cui isola l’energia e separa le essenze, non solo per il corpo ma anche per l’anima.
Un’altra cosa ch egli alchimisti scoprono è che LE ENERGIE SONO CICLICHE, hanno un loro periodo, in cui
crescono, raggiungono un massimo e poi decrescono, con tempi fissi e moti costanti, per cui cercano la combinazione
ottimale anche tenendo conto di questo. Così una pianta sarà raccolta quando ha energia massima e circostanze
esterne favorevoli. Se la pianta non è colta in quel momento, il suo potere terapeutico diminuisce o si spegne. Per
questo il 30% dei farmaci omeopatici è fatto senza queste avvertenza e ha solo un effetto placebo.
Scoperti i cicli e le frequenze, si possono ordinare gli enti in serie corrispondenti e studiare dinamiche complesse. Le
cose si influenzano, ognuna col suo ritmo, per cui, accostandole, si devono conoscere le loro armonie e disarmonie;
se si mettono insieme energie analoghe, si amplificheranno come due onde in fase, mentre energie discordanti si
elideranno. Ma, poiché anche l’uomo è fonte di emissione energetica e fa parte dell’insieme, anche lui avrà la sua
vibrazione che si accorderà o no alle cose che fanno parte dell’esperimento.
Anche i nostri organi funzionano in modo ciclico, oggi si parla di BIORITMI. E sappiamo che quando l’attività di
un organo è al massimo si evidenziano eventuali disturbi. Per esempio se uno ha il fegato infiammato, è facile che ci
si svegli verso le tre di notte.

Questi sono gli archi temporali di maggiore attività d’organo durante la notte:
vescica biliare 23-01
fegato 1-3; per cui se ci svegliamo alle tre va male il fegato
polmoni 3-5; la tosse in genere comincia verso le cinque
intestino crasso 5-7; se abbiamo problemi intestinali ci svegliamo in quell’arco di tempo
stomaco – massima dalle 7 alle 9
milza-pancreas – massima dalle 9 alle 11
cuore – massima dalle 11 alle 13
intestino tenue – massima dalle 13 alle 15
vescica – massima dalle 15 alle 17
reni – massima dalle 17 alle 19
cistifellea – massima dalle 23
Si ipotizza che un medicinale somministrato nel momento di massima funzionalità dell’organo sia anche più
produttivo.
L’Alchimia studia le energie sottili e collega ogni cosa al suo analogo. Dispone in modo seriale gli analoghi, unendo
vivente e non vivente, animato e inanimato, secondo una concezione antichissima che ha dominato tutte le culture del
mondo e tutti i sistemi religiosi. Collega il piano visibile con l’invisibile, studia i rapporti tra le energie, e cerca di
capire come si sviluppino e reagiscano tra loro. L’uomo è una energia come le altre e modifica il risultato, in quanto è
fattore compreso nel processo globale. Vediamo oggi che anche gli studi di microfisica hanno finito per arrivare a
questa conclusione: operatore e natura danzano insieme, come direbbe il Tao. Non esiste una percezione soggettiva
separata dal dato di fatto, ma soggetto e oggetto sono sempre interconnessi.
Ma se il mondo danza insieme, se è un flusso di relazioni, ridurre tutto a misura e a meccanismo non basta. Una
scienza solo quantitativa è una scienza limitata. L’alchimista considera tutto: il luogo, il tempo, le irradiazioni della
terra e del cielo, l’operatore col suo campo energetico… e studia la giusta combinazione fra tutti i fattori, come in
un’orchestra dove ci sono gli esecutori, gli strumenti, il teatro, il tempo, il luogo, l’acustica, il direttore… nella ricerca
della massima risonanza. Quando si realizza la perfetta sintonia abbiamo il risultato perfetto che supera la somma
delle parti, l’esecuzione ideale, a suo modo irripetibile. Allora lo scopo alchemico è raggiunto.
Oltre ai fattori in gioco interviene un quid sottile che possiamo chiamare energia universale o superiore, Natura o
Spirito, e che gli alchimisti chiamano PIETRA FILOSOFALE, intendendo qualcosa che è in ogni parte del rapporto
(alchimista, metallo, pianta, crogiolo, fiamma, procedura, tempo, luogo, evocazione) o nell’insieme. Ma se la pietra
filosofale non si realizza, tutto è niente.
La pietra filosofale è stata a lungo cercata, quasi fosse una pietra reale, magica, o una sostanza miracolosa, ma essa è
lo stesso spirito della vita, qualcosa che emerge dalla sintesi di tanti fattori, come una specie di miracolo, e non si sa
cosa sia.
Alcuni pensarono che fosse un elemento particolare, una procedura specifica, ma i più saggi capirono che era
l’armonia di tante cose, primo fra tutti l’atteggiamento spirituale, la sintonia tra uomo e natura, l’entrare in contatto
con un’energia che sta al di là del soggetto e dell’oggetto.
E’ un po’ come realizzare il concerto perfetto con una grande orchestra. O come produrre un grande vino d’annata.
Come si fa un grande vino? Occorrono molti fattori, non basta selezionare buoni vitigni, ci vuole un certo terreno
adatto ad essi, un data posizione, fattori climatici, tempi giusti di cura, tanto di pioggia e tanto di sole, un certo modo
di trattare il terreno, di curare le viti, di trasformarle in vino, certe damigiane e cantine, un tot di alcool, e ancora tutto
questo non basta, perché occorre che il vignaiolo abbia un certo gusto e sappia mettere insieme tutti gli elementi
giusti per avere la perfezione e infine che abbia molta fortuna.
E quando poi il sommelier assaggerà quel vino, ecco che vi riconoscerà tutti gli elementi che hanno contribuito a
formarlo, l’annata, la posizione, il vitigno, il fuoco e il legno, l’odore e il sapore…
Veniva distinta nell’Alchimia, una PICCOLA OPERA, che era trasformazione della natura visibile, la procedura
con i suoi elementi, e una GRANDE OPERA, che era una trasformazione miracolosa dell’esistente grazia e energie
invisibili. Nella Grande Opera soggetto e oggetto si incontrano quando diventano una energia sola.

L’Alchimia aveva scopi che sembravano anche assurdi eppure stranamente la scienza ha realizzato proprio quelli,
come l’uomo in provetta o la clonazione di un essere vivente, e anche la famosa trasformazione del piombo in oro
agendo sulle forze nucleari, così che oggi sappiamo modificare i legami molecolari ed entrare nell’architettura del
DNA e riusciamo anche a fare il diamante dal carbone, ma l’Alchimia era qualcosa di più, era una scienza
‘qualitativa’, mirata all’evoluzione spirituale, mentre la scienza positiva attuale è quantitativa, mirata al profitto
materiale. Anche la famosa comunione e comunicazione con la natura sono diventate oggi depredazione e
prevaricazione incontrollate sulla natura stessa.

Non fu una antesignana della fisica o chimica moderne, anche se ha fatto molte scoperte in questi campi. A noi
interessa il suo spirito filosofico, il modello concettuale globale, l’interazione uomo-natura, il mondo visto come
ecosistema.
Il suo spirito anima anche molte espressioni del nostro tempo: il pacifismo, l’ambientalismo, l’ecologia, la
bioagricoltura, le terapie alternative, la fisica quantistica, la teoria del caos, il pensiero no global, la sostenibilità
planetaria… mentre cresce l’esigenza di un sapere che salvaguardi la natura e la vita e ponga l’azione dell’uomo in
armonia con l’esistente, e di una politica economica per il progresso generale e il rispetto della vita.
L’Alchimia si basava su una concezione spiritualista dell’uomo e del mondo, mentre la scienza positivista si è
alienata dalla propria anima allontanando da una visione globale.
Prendiamo l’agricoltura biodinamica di STEINER: la natura viene considerata animata, portatrice di poteri terreni e
cosmici. Tiene conto delle costellazioni astrologiche e di processi alchemici, per cui i preparati sono dinamizzati
ovvero vi vengono racchiuse energie cosmiche. Alcuni dei suoi consigli sembrano formule magiche. Per esempio, per
tenere i topi lontani da un campo, prendete la pelle di un topo, bruciatela quando Venere è nel segno dello Scorpione,
quel che resta è la forza riproduttiva del topo di campagna, spargetela sul campo e i topi e ne andranno. Oppure: per
fertilizzare un campo, sotterrate un cormo di mucca pieno di letame, l’energia della mucca sarà rafforzata dal letame
e vivificherà il campo.

Oggi, dopo tante desolazioni, si aprono nuove speranze: dopo i secoli del materialismo meccanicistico e ora i decenni
di una globalizzazione economica, selvaggia e distruttiva, che sta portando il pianeta all’estinzione, crediamo di
nuovo che un nuovo pensiero possa informare la vita e far comunicare l’uomo con la parte migliore di sé e con le
energie migliori dell’universo.
Sappiamo che le fasi fondamentali della vita sono ‘costruzione’ e ‘distruzione’. In alcuni momenti della storia, come
adesso, la distruzione sembra avere il sopravvento. Ma nulla è destinato a restare che noi non vogliamo. Solo
arrendersi passivamente alla distruzione la rende irrimediabile.
O lavoriamo per la vita o siamo paladini della morte. Ma la vita vuole rispetto e responsabilità, impegno etico e senso
del futuro.
Oggi molti sembrano aver smarrito il proprio Sé – “Non sono depressi. Sono poveri di anima”, diceva Jung- e vivono
in modo contingente, mirando solo al profitto o al potere, senza responsabilità di ciò che accadrò agli altri o al
pianeta.
I filosofi del divenire sapevano che c’è la guerra ma anche l’integrazione. Il Tao ci dà due energie non contrapposte
ma complementari. Finché l’uomo agirà ‘contro’ e non ‘insieme’, abbiamo poca speranza. Finché gli scopi saranno il
potere materiale e non la conoscenza, avremo un mondo disperato. E tuttavia noi siamo parti in causa e partecipiamo
dell’accadimento universale.

Un principio alchemico costante nel Taoismo dice che una visione limitata ci porta a vedere le cose come opposte, in
una visione superiore gli opposti coesistono perché sono complementari. Se possono stare insieme gli elementi, a
maggior ragione possono farlo uomini e donne, classi e popoli, ideologie e propositi… Jung è perfettamente centrato
su questo, la coesistenza degli opposti, sia nella psiche, che nella visione spirituale, che nella palingenesi sociale.
Cercare l’unione e non la disgregazione.

Se si vuole questo, la sola logica non basta. Il codice dell’Alchimia è simbolico, il simbolo riporta al pensiero
analogico. La mente della scienza è logica e separativa, focalizza i dettagli, perde di vista l’insieme, può perdere
anche il rispetto e l’amore per l’insieme.
L’Alchimia è globale, vede la Terra come un organismo e sa che operare su una parte ha ripercussioni sul tutto. Ha
una visione etica.
La scienza o l’economia o la politica, focalizzate sul particolare, che ignorano le implicazioni totali, rappresentano un
agire irresponsabile con effetti inquietanti: assurdo per esempio costruire una diga o una centrale nucleare senza
curarsi dell’ambiente, assurdo imporre alimenti geneticamente modificati senza conoscerne gli effetti di lungo
periodo, assurdo travolgere le economie locali per un mercato globale. Procedendo ognuno centrato sul proprio scopo
singolo e materiale, rischiamo di distruggere tutto, anche la vita stessa.
Nel mondo orientale furono predilette le vie analogiche, in quello occidentale quelle logiche, ora i due modi
dovrebbero integrarsi, se non che le finalità sono divergenti, infatti la via analogica corrisponde a un’etica globale di
rispetto e cooperazione, quella logica porta spesso a progetti di guerra e depredazione.
L’Alchimia sa che nessuna cosa è isolata e nessun effetto circoscritto e tende perciò all’aumento della responsabilità
collettive. Oggi la noncuranza egocentrica per l’insieme ci sta portando alla catastrofe planetaria. Una visione
alchemica è una visione totale.

Non importa quale cammino intraprendiamo, se siamo sul cammino del cuore, avremo sempre una trasformazione
totale. Compiendo al meglio il lavoro visibile, procediamo su un cammino invisibile. Il compito non è solo guarire
dal dolore, ma salire in alto, attuare cioè la sottile trasformazione che ci porta dal rettile all’angelo.
Alchimia è rispetto per la vita e intuizione che la natura non è sotto di noi o fuori di noi ma che noi siamo immersi
nella natura perché lei è il nostro corpo più grande.
Quando i gradini sono risaliti e l’uomo si stacca dai suoi legami materiali e procede verso l’universale, intuisce di
colpo il progetto del cosmo, vede il mondo come esso è: UNO, diventa partecipante. Le cose non sono più slegate ma
in armonia e si corrispondono in un disegno unico. Egualmente l’uomo ‘vede’ che è mondo, che non c’è differenza
tra lui e l’altro. Realizza un’unione mistica, un atto d’amore.

Certo l’Alchimia è uno dei più grandi misteri della conoscenza; non sappiamo cosa sia, dove sia nata, come e perché,
ma sappiamo che è sempre esistita ovunque come ricerca universale perenne. Le immagini la fanno crescere e,
danzando le immagini, danziamo la vita. È una via del sogno, collegata a un segreto, per cui i tentativi di spiegazione
razionale la perdono, mentre chi si impegna nella simbolica delle immagini la vive come un rito. A volte le intuizione
alchemiche appaiono improvvise come rivelazioni.
La più bella è questa di una mia allieva adulta che mi scrisse:
“Una sera, mentre ero seduta sul divano, ho guardato il tappeto che avevo davanti a me e ho visto non il solito
tappeto ma una formazione di uno spessore di circa 30 cm, nella quale i colori non erano più ben definiti ma si
mescolavano, si compenetravano uno nell’altro e questo spessore aveva una propria vita. Ho capito così, perché l’ho
visto con i miei occhi, che la forma “normale” delle cose dipende da un nostro modo di vederle e che noi non siamo
sopra il tappeto, ma dentro il tappeto, così come siamo continuamente mescolati con quanto ci circonda.”

La prima illuminazione alchemica è l’UNIVERSO GLOBALE. Dio non crea cose singole separate ma un cosmo,
(kosmos vuol dire ordine), un universo di assoluta bellezza e ordine, dove ogni cosa esiste in quanto si rapporta alle
altre e dove tutto è insieme. Non dobbiamo separare l’anima che è dentro di noi dal mondo fuori di noi, o separeremo
la vita dalla Vita, restringendo le nostre capacità di salvezza. “Nessuno si salverà se non ci salveremo tutti insieme”.
Il futuro del mondo sta tutto nella speranza della resurrezione dello spirito. Se Dio è ordine e unione, il Male è
disordine e separazione. Il nostro mondo sembra l’apoteosi del Male, la vittoria della separazione: nei rapporti con la
natura, in quelli sociali, tra popoli, ideologie, scienze, religioni, filosofie, nei rapporti con noi stessi… Ma
l’esaltazione della divisione porta alla catastrofe.
Alla separazione dobbiamo contrapporre elementi di unione che portano naturalmente a Dio. Chi ha perso la
coscienza di sé ha perso la coscienza del mondo, è un alienato, anche quando tenta di trascinare gli altri nella propria
alienazione, controllando la psicologia delle masse o il sistema finanziario o la diffusione delle informazioni o la
gestione delle risorse. La fusione con l’altro è l’unico modo per praticare Alchimia, come è l’unico modo per
praticare Vangelo.

Il concetto di globalità comunicante passa oggi all’ecologia, che studia gli ecosistemi, equilibri societari dove ogni
elemento si lega agli altri e ne è responsabile, o al moderno concetto di ‘Ganzfeld’, campo totale, visione ideale di un
mondo interconnesso, all’ambientalismo e a tutta la visione sociale ed economica new-global, ed è il fondamento del
mondo nuovo.
Partecipare alla vita della Terra e dei suoi abitanti vuol dire entrare in una visione di grande bellezza e comunanza,
ma anche caricarsi della responsabilità di tutto quello che succede.
Dice Gibran: “E l’uno all’altro, e ognuno a se stesso / Fino al giorno in cui tu parlerai e io ascolterò / E penserò che
la tua voce sia la mia / E quando mi alzerò davanti a te / Penserò a me stesso di fronte ad uno specchio“.
Chiudo con una frase che mi è appena arrivata su Internet ed è molto bella: “Il nostro compito è guardare il mondo e
vederlo intero. Occorre vivere più semplicemente per permettere agli altri semplicemente di vivere.”
Penso che questa sia una frase alchemica.
..
(Terza e quarta lezione della parte V del corso di psicoanalisi su Jung, tenuto a Bologna dalla prof. Viviana
Vivarelli, dal suo libro “Lo specchio più chiaro” su Carl Gustav Jung ”, pubblicato su internet )
..
LETTERA DI AURORA
FINDHORN

Quando questa mia amica di Trieste mi parlò di Findhorn, mi disse che era un posto dove le persone parlano con le
piante e dove avvengono i miracoli. Decisi all’istante di andarci e mi feci dare il numero di telefono per poterli
contattare. Non c’è mai, in certi casi, un briciolo di razionalità che si imponga in me. Deve essere così e basta.
Sbarcai in questo posto dove un pacco di sigarette costava 30.000, con delle giornate in cui tutte e quattro le stagioni
facevano capolino: di mattino di solito c’erano bei raggi di sole, poi si levava un fortissimo vento, poi scrosci di
temporali o tempeste di neve e grandine.
Findhorn è su una brughiera a nord est della Scozia, dove nulla cresce. Non ricordo in che anno queste due amiche vi
si installarono con una roulotte, Elene e Catheleen, ma quest’ultima era ancora viva una quindicina di anni fa quando
ci andai io (l’ho incontrata) e la sua amica anche. Vivevano di essenziale, facevano le cameriere in un hotel nelle
vicinanze, e praticavano la meditazione che li mise in contatto con i Deva, gli angeli della natura. In seguito
comprarono l’hotel e lo trasformarono nella residenza di quella che viene chiamata oggi “Findhorn Foundation”. E
Hanno trasformato una brughiera in un giardino. Lì, è tutto all’insegna della natura e dell’ecologia. Architetti e
botanici si sono susseguiti negli anni per toccare con mano questo miracolo di “giardino” dove nulla dovrebbe
crescere, costruzioni superbe si sono ottenute riciclando i tini di scarto dei produttori di wisky e brandy, e le
intercapedini delle strutture, rigorosamente ecologiche, erano fatte con fogli di giornale. Vi troverai un elogio alla
“luna”, dove si va per meditare, che è di indescrivibile bellezza, tutta in legno riciclato. Uno può anche andarci a
vivere contribuendo all’espansione, molti studenti vi si intrattengono per mesi per stilare le tesi di laurea, e c’e’ una
grande quantità di iniziative di cui ti puoi occupare, o cose che vuoi imparare, come la ceramica, pittura, scultura…
Io scelsi il “giardinaggio”, in questo ambiente vastissimo sia all’interno che all’esterno, dove ognuno deve dare il suo
contributo “in lavoro manuale” almeno una volta la settimana. E così un giorno mi sono ritrovata in cucina, a dover
pulire dei pentoloni talmente grandi che mi ci nascondevo dentro, fra risatine e sorrisi. La cucina è vegetariana, la più
buona che abbia mai mangiato nella mia vita.
C’era anche un italiano, lo sciamano, con i capelli lunghissimi, ma non ho mai avuto quasi niente a che fare con lui.
Temo inoltre, e lo ammetto ancora con molta vergogna, di aver fatto con lui alcune osservazioni molto stupide sul
fatto che molte persone, specialmente quelle che abbracciano tendenze di tipo orientale, cambiano nome.
Come preferenza, io avevo scelto giardinaggio dicevo. Quindi eccomi in serra, a piantare i semi di alcuni fiori in
compagnia di un giardiniere che era una signora tedesca. C’è un cerimoniale in cui tu chiedi al cielo alla terra
all’acqua e al fuoco e all’etere di salvaguardare quel seme e poi li pianti, uno ad uno, questi cosini quasi invisibili,
detentori di tutte le forze della natura. Ricordo che ero stanchissima quel mattino, e presa dall’incanto dell’ambiente,
mi fu subito chiaro che quel semino così piccolo era molto forte, lo vidi grande ad alto fusto come sulla bustina, e gli
chiesi mentalmente un po’ della sua forza. Me l’ha data, con mio grande stupore, e questo è stato quanto avevo da
raccontare alla riunione serale, quando tutti sedevamo in circolo e ci raccontavamo le esperienze della giornata.

In questi “circoli”, c’erano poche regole ma insindacabili: ognuno poteva raccontare quello che voleva, nessuno
aveva il diritto di commentare o interferire né tantomeno esprimere giudizi. Uno poteva tacere o parlare, nessuno ti
chiedeva di parlare. Lo facevi e basta se avevi qualcosa da dire.
L’essenziale del giardinaggio a Findhorn è molto semplice, ti siedi in meditazione, una candela è sempre accesa per
far venire gli angeli dalla luce, e chiedi consiglio ai Deva, che immancabilmente ti rispondevano: “Fallo come vuoi,
purché tu lo faccia con amore”.
Intanto che io vivevo questo momento di grazia e continuavo a piantare i semini a giusta distanza, arrivò una
spagnola che lavorava più su con non so più quale tipo di piante: “Ci sono le talpe”, annnunciò quasi senza fiato,
“hanno già danneggiato gran parte delle piantine!”
Il giardiniere non si è scomposto per niente. “Siedi in meditazione, concentrati, e chiama la regina delle talpe. Poi,
dolcemente, ma molto dolcemente, le chiedi: per favore, ti puoi spostare altrove poiché’ qui ci sono delle piantine che
devono crescere …– poi non ti dimenticare di ringraziare”.
Di ritorno a casa, ho provato questo metodo con i miei piccioni, ma non ha funzionato.
Ed eccoci a quel tardi pomeriggio in cui, dopo il giardinaggio, ci siamo seduti tutti quanti ad un lunghissimo tavolo
per il cerimoniale del “basket”, con davanti una tazza di buonissimo thè. In un grande cesto, c’era un’infinità di
cartoncini piegati. Noi dovevamo pensare ad una parola che ritenevamo importante, poi l’avremmo pescata nel cesto,
ed il significato di quella parola si sarebbe profuso per mesi a venire. Pensai “armonia”. Ne avevo un bisogno folle.
Al mio turno, infilai la mano nel fondo fra le miriadi di bigliettini e pescai il mio: su un cartoncino azzurro-blu era
scritto “HARMONY”.
Sono zittita per lo stupore, poi ho esclamato: “Non ci posso credere, è la parola che ho chiesto, non ci posso credere,
no, non ci posso credere ma .. non potrebbe durare tutto l’anno?” Qualcuno ha risposto: “Ma certo” – “Non potrebbe
durare anche l’anno prossimo, magari due o tre anni?” e qualcuno ha risposto: “Durerà tutto il tempo in cui tu lo
vorrai far durare”.
Instupidita e incredula, sono “ritornata in me” solo quando la mia vicina ha chiesto dolcemente: “Potresti ora per
favore passarmi il basket?”.
Ho ancora il cartoncino e lo devo ancora incorniciare.

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