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CHIARA CRISCIANI – MICHELA PEREIRA
relle Krise seiner Zeit», Basler Zeitschrift für Geschichte und Altertumskunde, 77
(1977), 57-137: 64), appaiono convincenti le conclusioni su questo argomento
esposte da Perini, La vita, 6-7. Per il nostro lavoro abbiamo utilizzato la ristampa
a cura di Konrad von Waldkirch, Artis auriferae, Basilea 1593, dove l’Aurora consur-
gens... et in eius secundus tractatus si trova nel vol. I, 185-246.
3. Perini, La vita, 325: «... cum praesertim meum non sit docere, aut partes
defendere: sed bonarum literarum et artium doctores in publicum ad communem
utilitatem edere, et inter se eos committere, ut veritas tamquam ex silicum colli-
sione excutatur».
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‘AURORA CONSURGENS’: UN DOSSIER APERTO
4. Ed. Waldkirch, 183: «Amice Lector, scias nos ... consulto praeteriisse inte-
grum tractatum Parabolarum, sive allegoriarum ... quibus allegoriis, antiquo more
tenebrionum ... totam fere sacrosanctam Scripturam, Salomonis praesertim, et
Psaltes ipsius scripta, maxime vero Cantica canticorum, allegorice, ad Alchimiam
etiam invita detraxit auctor, ita ut nulla alia de causa, illa omnia scripta esse
videantur (si huic credimus) quam in honorem et laudem Alchimiae».
5. Ibid., 184: «Nobis satis esse volumus tractatulus de Allegoriis ex philosopho-
rum inventis et ipsius artis penetralibus erutus, quem superius post Turbam expres-
simus.Vale».
6. Infra, par. 2.
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CHIARA CRISCIANI – MICHELA PEREIRA
nire proprietà e non similitudini 7. Per non dire che proprio nel pro-
logo sono usati termini e locuzioni che indicano come l’estensore del
Tractatus secundus sia lo stesso della prima parte, o almeno che avesse
anch’egli, nello scrivere, quelle pagine sott’occhio.
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11. Il manoscritto è stato copiato nel 1526 a Erfurt da Valentin Hernworst; l’an-
notazione con l’attribuzione a Tommaso, posta all’inizio del codice e non in corri-
spondeza dell’Aurora consurgens, è scritta tuttavia dalla stessa mano e con lo stesso
inchiostro con cui è stato copiato proprio questo testo, come abbiamo potuto osser-
vare analizzando direttamente il codice. Per una descrizione completa P. C. Boeren,
Codices Vossiani Chymici, Universitaire Pers, Leiden 1975, 83-90. Oltre che in B e L,
l’attribuzione a Tommaso è contenuta soltanto nell’edizione di Johannes Grasshof
(nota precedente). Il nome di Tommaso come alchimista compare nell’anonima
Conversatio philosophorum contenuta ai ff. 155r-58r di V (dove tuttavia l’Aurora con-
surgens non riporta l’attribuzione); dopo una breve storia delle origini dell’alchimia
leggiamo: «Procedant iam moderni. Sanctus Tomas de Aquino, sanctus Augustinus,
Sanctus Ambrosius, non tantum avaritie, sed magis secreta nature velle perscrutari,
in hac parte phylosophie desiderabant erudiri». La presenza dell’Aquinate in questo
elenco di estimatori dell’alchimia (peraltro assai sospetto!) potrebbe essere legata al
fatto che la silloge si apre con la Expositio Thome de Aquino super librum turbe. Que-
sto manoscritto è stato copiato nel 1475 dal Magister Theodoricus Ghysiberti de
Lunenborgho de Saxonia ad instantiam et petitionem artium medicine eximii ax famosissimi
viri Magistri Butii Genuvini de Ferrantis de Perusio in civitate Fulginii (f. 297v).
12. Si tratta del testo edito criticamente da M. L. von Franz; i titoli da lei uti-
lizzati sono confermati dal resto della tradizione manoscritta.
13. I titoli, dal manoscritto più antico, Rh (per lo più concordanti in tutta la
tradizione) sono i seguenti: Incipit prologus secundi tractatus C. 13 (f. 10r); C. 14
Sequitur de astronomia C. 2 tractatus 2i (f. 11r); C. 15 De stilo parabolico per arismetri-
cam (f. 12v); De processu naturali C. 16 (f. 13v); De matre alchimia stilus parabolicus C.
17 (f. 14v); De stilo probleumatico C. 18 (f. 16v); De stilo typico C. 19 (f. 18r); De rebus
naturalibus C. 20 (ibid.); C. 21 (f. 19v, senza titolo, cfr. supra nota 9); Item de interio-
ribus hominis C. 22 (ibid.); De ovo C. 23 (f. 20r); De basilisco et vermibus venenosis C.
24 (f. 20v); De rebus mineralibus C. 25 (f. 21r); De multiplici argento vivo C. 26 (f. 22v);
De arsenico et auripigmento C. 27 (f. 23v); C. 28 De markasita magnesia et tuthia (f.
24r); De qualitatibus singulis omnium metallorum C. 29 (f. 24v); De quatuor corporibus
metallicis imperfectis C. 30 (f. 26r); C. 31 De arboribus herbis floribus radicibus et aliis
vegetabilibus (f. 27r); De pluralitate vocabulorum artis C. 32 (f. 27v); De multiplici ope-
ratione philosophantium C. 33 (f. 28v); Item de aliis modis operacionum C. 34 (f. 33v);
Capitulum ultimum De effectibus huius medicine (f. 36r). Il manoscritto B1, che con-
tiene il testo in tedesco, riporta anch’esso i titoli secondo questa numerazione.
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14. Solo W presenta un colophon di mano del copista al termine della prima
parte (Finis primi tractatus theologici, f. 23r); in R troviamo un’annotazione di mano
diversa che segnala: Finis primus tractatus thelesmi: il termine thelesmi richiama natu-
ralmente la Tabula smaragdina, che in effetti è oggetto di un parziale commento
nella seconda parte dell’Aurora consurgens, ai capitoli 33-34.
15. De astronomia C. 2 tractatus 2i, R p. 35, C f. 55v; C. 2 tractatus 2i, Rh. I tre
manoscritti risultano strettamente collegati sotto molti aspetti.
16. Riportiamo come esempio solo i primi due: Incipit prologus secundi tractatus
huius libri Capitulum tredecimum vel primum (L f. 51r, P1 f. 39v), Astronomica dicta
Capitulum decimum quartum vel secundum huius 2i tractatus (L f. 51v, P1 f. 41r, con
l’erronea indicazione Capitulum decimum tertium huius secundi tractatus).
17. Rispettivamente alle pp. 209 e 192: L’incipit del capitolo è stato modificato
di conseguenza nelle due edizioni: «Dehinc nota quod geometrica et arithmetica
hanc nobilissimam scientiam», rispetto a quello che tutti i manoscritti (nonché
l’edizione del Condeesyanus) riportano, «Dehinc nota arismetica hanc nobilissi-
mam scientiam».
18. Cfr. anche il commento all’immagine n° 15 del ciclo standard, infra, par. 6.1.
Un’incertezza nell’attribuire a questo capitolo un titolo preciso si rileva peraltro
anche negli altri manoscritti. Rh ha: C. 15 De stilo parabolico per arismetricam; R non
riporta alcun titolo né il numero del capitolo, per quanto indichi come C. 16 il
successivo, e tuttavia la «d» iniziale del testo (De hinc nota arismetica), è rubricata;
lo stesso in C; W indica semplicemente Capitulum XV; V e H hanno Capitulum
secundum de arismetrica; B Capitulum secundum doctrine prime de arismetrica; M e M1
De arismetrica.
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3. Il montaggio di ACI
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23. Nella letteratura alchemica latina esistono testi di questo tipo (fra tutti, si
segnalano la Visio Arislei e la Visio Dastin); sono per vari aspetti avvicinabili a que-
sti in quanto introducono (senz’altro l’opera di Dastin) «battute» scritturali e si
orientano a presentare gli aspetti anche religioso-salvifici dell’arte e ad allegoriz-
zare (spesso però in modi facilmente decifrabili) fasi del processo operativo. Ch.
Crisciani, «Il corpo nella tradizione alchemica: teorie, similitudini, immagini»,
Micrologus, 1 (1993), spec. 189-205, 230-33; M. Pereira, «Sogni e visioni alchemiche»,
in I sogni nella letteratura e nella cultura medievale (in corso di stampa).
24. Cfr. gli studi e l’edizione di A. Calvet, «Le Tractatus parabolicus du pseudo-
Arnaud de Villenuve», Chrysopoeya, 5 (1992-1996), 145-71; U. Junker, Das ‘Buch der
Heiligen Dreifaltigkeit’ in seiner zweiten, alchimistischen Fassung (Kadolzburg 1433),
(Arbeiten der Forschungstelle des Institut für Geschichte der Medizin der Uni-
versität), Köln 1986.
25. Cfr. oltre al suo volume già citato (supra, nota 8), B. Obrist, «Les rapports
d’analogie entre philosophie et alchimie médiévales», in Alchimie et philosophie à la
Renaissance, ed. J. C. Margolin-S. Matton, Paris 1993, 43-64.
26. M. Pereira, «Principio femminile e rinnovamento del mondo nell’Aurora
consurgens», in Rinnovamento e mistero, ed. C. A. Cicali et al., Napoli-Roma-Milano
1999, 96-113. V. anche la traduzione italiana di ACI in Alchimia. I testi della tradi-
zione occidentale, a c. di M. Pereira, Milano 2006, 527-51.
27. Supra, note 7 e 11.
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abbiamo appena visto. Il fatto che all’Aurora consurgens sia legato uno
dei primi e più ricchi cicli iconografici alchemici spiega anche l’at-
tenzione che le hanno dedicato gli studiosi d’iconologia, in special
modo Barbara Obrist e Mino Gabriele, dai quali però – contro il fatto
evidente che il ciclo d’immagini percorre tutto il testo (prima e
seconda parte), – l’ACI è stata considerata quasi come un’opera auto-
noma, e comunque poca o nulla attenzione ha raccolto anche presso
di loro il testo di ACII 28.
La prima dunque, dopo il Perna ma in prospettiva opposta, a legit-
timare la separazione delle due parti, considerandole praticamente
due opere diverse, è stata proprio Marie Luise von Franz. Essa pro-
pone, sulla base dell’attribuzione a Tommaso, una interpretazione di
ACI in chiave di psicologia dinamica e vede l’efflorescenza della scrit-
tura come espressione dell’«irrompere dell’inconscio», del fluire di un
flusso di immagini, che erompe – durante l’ultima malattia e nella
debolezza di Tommaso morente 29 – dalla fatica provocata dall’eccesso
di lavoro intellettuale e dalla pressione generata dal lavorio intellet-
tualistico continuo; per von Franz essa andrebbe interpretata, e tecni-
camente, come «un sogno» 30. Pur tenendone conto nell’apparato cri-
tico e nelle note di commento dell’edizione, von Franz considera l’A-
CII un testo completamente diverso, compilativo, ben poco sugge-
stivo ed espressivo e, al più, da tener presente come una sorta di com-
mento al primo, a esso posteriore.
Se von Franz ha comunque il merito di aver considerato più da
vicino il rapporto possibile tra i due testi, la definizione di «com-
mento» per ACII non convince: innanzitutto perché il testo non
rispetta le regole del genere (neppure quelle anomale del commento
alchemico 31); né, inoltre, l’opera si presenta come tale. Infine, lo
28. Vistosa fra tutte quella per cui il ciclo, dovunque appare, è sempre dispie-
gato, per contenuto e collocazione, sull’insieme dei due testi. Chi lo esamina sotto
questo profilo riconosce ovviamente il fatto, ma non pare chiedersi perché:
Obrist, Les débuts, 188-89, parla più volte di due parti, ma prende in considerazione
solo il testo di ACI, affrontandolo con la sua griglia interpretativa dell’occulta-
mento voluto, su cui v. infra, § 3.4, 6 e 6.1.
29. La tarda e sicuramente non originaria attribuzione a Tommaso dell’opera
compromette definitivamente questa interpretazione, giudicata con molte riserve
nella recensione dedicatale in Revue Tomiste, 10 (1957), fasc. 1, 39ss. Il titolo non
compare ormai più nemmeno nella sezione di spuria nei cataloghi di opere del-
l’Aquinate (J. Weisheipl, Tommaso d’Aquino.Vita, pensiero, opere, 1974, tr. it., Milano
1987, 3989-99; J. Torrell, Tommaso d’Aquino. L’uomo e il teologo, tr. it., Casale Mon-
ferrato 1994, 402-3).
30. Ed. von Franz, Commentary, 154.
31. Ch. Crisciani, «Commenti in alchimia: problemi, confronti, anomalie», in Il
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commento filosofico nell’Occidente latino (secoli XIII-XIV), ed. G. Fioravanti et. al.,
Turnhout 2002, 61-97; e i contributi sul commento alchemico in M. O. Goulet-
Cazé, Le commentaire entre tradition et innovation, CNRS, Paris 2000.
32. Cfr. però vari saggi in Alchimie et Philosophie à la Renaissance, ed. Margolin-
Matton; in part. J.-M. Mandosio, L’Alchimie dans la classification des sciences et des
arts à la Renaissance, 11-41. Inoltre Ch. Cristiani, M. Pereira, «L’alchimia tra
medioevo e Rinascimento», in Storia della scienza Treccani, Roma 2001, IV, 907-20.
33. Cfr. i vari studi in Alchimia e medicina nel medioevo, ed. Ch. Crisciani, A.
Paravicini Bagliani, Firenze 2004; Ch. Crisciani, «Experientia e opus in medicina ed
alchimia: forme e problemi di esperienza nel tardo Medioevo», Quaestio, 4 (2004),
149-73.
34. Sull’argomento, così come sui nessi con la medicina, si spinge molto più a
fondo e più sistematicamente Pietro Bono da Ferrara, Pretiosa Margarita Novella, in
J. J. Manget, Bibliotheca Chemica Curiosa, Genevae 1702, II, 1-80, in diversi capitoli
del suo lungo trattato; per queste e altre somiglianze nella trattazione non è affatto
escluso che tra le fonti implicite di ACII (quelle non dichiarate forse perché
troppo pervasive) ci sia appunto la Pretiosa margarita. Cfr. anche Ch. Crisciani,
«Esperienza e linguaggio nella tradizione alchemica», in Atti del XXIV Congresso
Nazionale di Filosofia, Roma 1974, 357-64 (specificamente su Bono); Ead., «Espe-
rienza, comunicazione e scrittura in alchimia (secoli XIII-XIV)», in Le forme della
comunicazione scientifica, ed. M. Galuzzi et al., Milano 1998, 85-110.
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35. La più famosa (che tra l’altro riprende da ACI vari passi) è il Rosarium phi-
losophorm. Ein alchemisches Florilegium des Spätmittelaters, ed. J. Telle, 2 voll.,
Weinheim 1992.
36. La convinzione di von Franz che sia un più tardo commento si basa, tra l’al-
tro, su una notazione alquanto singolare: ACII sarebbe un commento poiché con-
tiene «repetition of quotations from Part I» (ed. cit., 5); ora, perché questo fatto non
potrebbe invece indicare che uno stesso autore sta usando qui e lì le stesse fonti?
37. Ed. Waldkirch, 186-87.
38. Ibid.: «Primo quidem quibus alienis scientiis haec scientia circundatur.
Secundo quibus stylis loquendi fruatur. Tertio, quibus rebus naturalibus assimila-
tur. Quarto quibus operationum modis peragatur, et de perfectionis eius virtute.
Quinto, quomodo quisque illa ad medicinam humani corporis utatur».
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40. Ed. von Franz, 146, 148, dove si allude ai figli che nasceranno dall’incontro
dell’amato con l’amata, al seme che darà un triplice frutto.
41. Per due esempi di simili crasi, ibid. vedi 60 (crasi tra Proverbi e Salmi) e 140
(crasi tra Isaia e Apocalisse, cosicché virga Jesse diventa clavis Jesse).
42. V. Appendice I.
43. Cfr. ad esempio, tra i tanti, ed. von Franz, 46, (ab eo è trasformato corretta-
mente in ab eis), e 50 (meis è trasformato correttamente in suis).
44. Più volte, comunque, anche nel caso delle auctoritates alchemiche l’autore
interviene con varianti, non però – ci pare – così decise.
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64. Cfr. al riguardo le considerazioni di M. Pereira, L’oro dei filosofi, Saggio sulle
idee di un alchimista del Trecento, Spoleto 1992, 144-48; Ch. Crisciani, Il papa e l’al-
chimia, Roma 2002, 20-21.
65. Ed. von Franz, 56.
66. Ibid., 118.
67. Ch. Crisciani, «Aspetti del dibattito sull’umido radicale nella cultura del
tardo medioevo (secoli XIII-XIV)», Arxiu de Textos Catalans Antics, 23/24 (2004-
2005), spec. 336-45; Ead., «Il lignum vitae e i suoi frutti», Micrologus (di prossima
pubblicazione).
68. Ed. von Franz, 102.
69. Ibid., 82 e passim.
70. Ibid., 80ss. Pietro Bono aveva già approfonditamente sviluppato questi
parallelismi, tanto da dichiarare che la trinità di corpo, spirito e anima nel Lapis e
nell’uomo gli sembra molto più perspicua per tentare di afferrare il mistero trini-
tario di Dio di quanto non siano le analogie proposte da Agostino; e che dunque
anche per questo i veri alchimisti antichi non hanno potuto che essere convinti,
tramite la pratice dell’arte, della verità della fede cristiana.
71. Ibid., 42, 104, 148.
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nella categoria di «alchimia visionaria» o profetica e che forse non è ignoto all’au-
tore di ACI, avebbe ben potuto essere la base di un ciclo di immagini.
86. Fondamentali sono gli studi di R. H. Rouse, M. A. Rouse, Preachers, Florile-
gia and Sermons. Studies on the Manipulus florum of Thomas of Ireland, Toronto 1979
(specie la prima parte); J.-L. Bataillon, Intermédiaires entre les traités de morale pratique
et les sermons: les distinctiones bibliques alphabétiques, e numerosi altri suoi saggi rac-
colti ora in Id., La prédication au XIIIe siècle en France et Italie, Aldershot 1993.
87. Parigi, BnF, ms lat. 3271, fol. 210rb-va: «Circa sapientiam nota qualiter
sumitur et que faciat. Circa primum nota quod sapientia quandoque large sumi-
tur pro sapida sapientia uel scientia, secundum illud Eccli.VI [23]: sapientia doctrine
secundum nomen eius. Sapidam scientiam habet cui sapiunt res prout sunt, Bernar-
dus: inuenisti plene sapientiam si prioris uite defleas peccata, si huius seculi desideria
<parui pendas, si eternam beatitudinem toto desiderio> [fol. 210va] concupiscas. Inuenisti
sapientiam si tibi horum singula sapiunt prout sunt. Item, stricte pro cogitatione eter-
norum, Augustinus in libro De Trinitate: hec est, dixit, sapientie et scientie recta
distinctio, ut ad sapientiam pertineat eternarum rerum cognitio rationalis. Strictius sumi-
tur pro cognitione suauitatis diuine per experientiam habita<m>, Ysidorus in
libro Differentiarum: sapientia non tantummodo capimus superiora, sed etiam incognitis
delectamur. Circa secundum nota quod sapientia a carnalitate eruit, Prou. II [10]: si
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intrauerit sapientia cor tuum, et post [16]: ut eruaris a muliere aliena. Item, a uanitate
arguit, Prou. I [20]: sapientia foris predicat etc. Item, prouidentiam imprimit, Prou.VI
[6]: vade ad formicam o piger etc. Item, correctionem tribuit, Prou. XXIX [15]: virga
atque correptio tribuit sapientiam. Et propter hoc dicitur Prou. XVIII [4]: aqua profunda
uerba ex ore uiri et torrens redundans fons sapientiae. Item, edificat, Prou. XIV [re uera
XXIV, 3]: sapientia edificabitur domus. Item, beatificat, Prou. III [13]: beatus qui inue-
nit sapientiam et qui affluit prudentia. Item, omnia ordinat, Sap. VIII [1], et disponit
omnia suauiter. Saturitas». Ringraziamo vivamente Iacopo Costa, cui si deve questa
trascrizione, che egli ci ha procurato assai cortesemente e con molta sollecitudine.
88. Si veda, come chiaro esempio, il Prologo al Testamentum di Morieno attri-
buito a Roberto di Chester (Prafetatio Castrensis), in Manget, Bibliotheca Chemica
Curiosa, I, 509. Pietro Bono, poi, argomenta a fondo e persuasivamente la teoria
secondo cui gli antichi alchimisti – per i fatti miracolosi che sperimentarono nel-
l’arte – furono anche profeti della vera fede, così come i profeti e Giovanni Evan-
gelista conobbero l’alchimia (cfr. Ch. Crisciani, «The Conception of Alchemy as
Expressed in the Pretiosa Margarita Novella of Petrus Bonus of Ferrara», Ambix, 20
(1973), 165-81.
89. Penso in particolare agli ultimi due capitoli di ACI, centrati sulle analogie
fra Adamo, Cristo e la Pietra e fra l’Alchimia, la Sapienza e Dio.
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va notato, ad esempio, che il Libro dei Settanta è ricordato nei due libri
dell’Aurora consurgens con la stessa inusuale titolazione, cioè come
Liber 70 alternationum 93, e che numerosi altri passaggi o termini ricor-
dano direttamente il primo libro: per lo più, non come oggetti di
commento, ma nella forma del riuso.
Nonostante la coerenza e l’effettiva cogenza dell’«indice» degli
argomenti da trattare 94 – anzi, diremmo, proprio per le molte piste e
possibili sviluppi che l’indice propone 95 –, ACII è un’opera non enci-
clopedica ma certo assai ricca di temi; è un testo apparentemente
sistematico, ma in realtà composito, diseguale quanto agli approfondi-
menti, e anche retoricamente plurale per la molteplicità di «generi» o
registri stilistici che l’autore mette in atto con perizia. Infatti sono
individuabili abbozzi di argomentazioni di stile scolastico; si ricono-
scono spezzoni di commenti interni, di cui almeno due relativamente
ampi (rispettivamente a parti della Tabula smaragdina e a una versione
della Visio Arislei) 96; sono usati – e ne viene sottolineata l’efficacia sia
didattica che di ricerca – numerosi exempla 97; qua e là cadono a pro-
posito proverbi, almeno uno definito per tale 98; non mancano analisi
lessicali; si discerne la struttura di un consilium medico 99; non si può
parlare di dicta (come abbiamo visto), ma certo di lunghe sequenze di
sentenze autorevoli; infine, l’abilità espositiva dell’autore si concreta
in due ampi racconti-aneddoti, narrazioni funzionali alla trattazione
ma anche letterariamente eleganti ed efficaci 100. Il risultato ci pare il
frutto di una padronanza di parole e di testi non diversa – per incisi-
vità e accuratezza – da quella che ha consentito il montaggio di ACI.
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101. Per queste definizioni e appellativi cfr. ed. Waldkirch, 239, 194, 241, 196,
202: sono evidenti i nessi con la Sapientia- alchimia di ACI (in part. per le quali-
fiche di nobiltà, maternità – si ricordi la mater omnium scientiarum – e attenzione
ai poveri).
102. Ibid., 194-95.
103. Ibid., 235. Il tema dei rapporti tra arte e natura è centrale nell’alchimia
medievale, ed è sviluppato con particolare incisività e in varie direzioni da Rug-
gero Bacone, ps. Geber, Bono, ps. Lullo; cf. B. Obrist, «Art et nature dans l’alchi-
mie médiévale», Revue d’histoire des sciences, 49 (1995), 1-42; M. Pereira, «L’elixir
alchemico fra artificium e natura», in Artificialia. La dimensione artificiale della natura
umana, ed. M. Negrotti, Bologna 1995, 255-67; W. Newman, Promethean Ambitions.
Alchemy and the Quest to Perfect Nature, Chicago-London 2004.
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tate, realizza cioè risultati naturali (in quanto induce la natura stessa a
compierli): per questo l’arte alchemica non è più debole della natura
(secondo la vulgata scolastico-aristotelica), ma realizza con lei scambi
e rapporti che vanno dal ministrare al perficere, in una stretta e conti-
nua collaborazione. La specificità propriamente tecnico-artificiale
dell’alchimia è anzi sottolineata 104. In verità, sembra dire l’autore
mentre analizza l’uso di dizioni naturalistiche e di processi naturali in
alchimia, questi vengono introdotti (nel linguaggio) proprio affinché
appaia evidente la naturalità, gli esiti naturali di un intervento che di
fatto è dell’uomo.
104. Ibid., 195: «Et sic diversos naturae processus superadduxerunt, ut per hoc
construerent scientiam eorum fore naturalem, et in omnibus naturam imitari».
105. Ibid., 219, 227, 240-43.
106. Ibid., spec. cap. XX.
107. Crisciani, «Aspetti».
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introdotti con molta disinvoltura, quasi fossero non solo ben noti ma
ovvi 108: l’autore li maneggia con informata familiarità, ma senza pro-
blemi o approfondimenti, o forse senza coglierne tutte le implicazioni.
Se l’uso di queste nozioni, vulgate nel Quattrocento, non basta a
farci riconoscere in lui un medico (tra l’altro, nessun autore medico
viene usato e i nomi dei medici più famosi compiano solo in una
lista 109), è invece indubbio l’interesse dell’autore – anch’esso condi-
viso con molti contemporanei – per i rapporti vari tra alchimia e
medicina. È infatti dall’oggetto della medicina, il corpo umano, i suoi
processi e le sue funzioni, che derivano le più significative e detta-
gliate «allegorie» esaminate, con puntuale interesse per il processo
embriologico; usati nella loro accezione medica sono spiritus e umido
radicale; attenzione particolare è dedicata alle nozioni-termini di
tiriaca e veleno 110. Ma soprattutto a illustrare il rapporto tra alchimia
e medicina è destinato il primo racconto, introdotto come esempio di
stylus parabolicus 111.Vi si narra di come mater Alchimia giaccia malata,
il suo corpo dorato appare di colori diversi in diverse parti, e risulta
idropico, paralitico: non le permette di sollevarsi. Adagiata e sofferente
nel suo giaciglio, invoca, promettendo molte ricchezze in ricompensa,
l’aiuto del medico magister Macer, esperto di erbe (pater herbarum
omnium), che subito, solerte, si adopera. Tra i due si intreccia un defe-
rente rapporto ed un curiale dialogo. Macer visita l’inferma, emette
diagnosi, individua la cura e segnala le erbe appropriate: non senza
però che la stessa inferma collabori alla scelta accurata della pianta più
adatta. Che si rivela sì eccezionale (infatti «magnae virtutis est, quo-
niam indifferenter membra tua paralitica et hydropica penetrando
curabit» 112), ma risulta di assai difficile reperimento. Finalmente,
superate le difficoltà, non solo viene presentata l’erba efficacissima
26
‘AURORA CONSURGENS’: UN DOSSIER APERTO
27
CHIARA CRISCIANI – MICHELA PEREIRA
tano, per colore e sostanza, anche migliori delle pietre naturali 116, e
parimenti può scioglierle; infine – obiettivo forse più modesto, ma di
non poca utilità –, è in grado di produrre il vetro malleabile, e dun-
que meglio lavorabile e infrangibile 117. Con questo elenco – è chiaro
– le possibilità operative dell’alchimia risultano spaziare dall’ambito
terapeutico – quasi miracoloso 118 e comunque meraviglioso, e
immenso, anzi, indefinito – all’altrettanto vasto campo dei segreti
artigianali e dei mirabilia tecnici 119. E appunto qui l’autore conclude
riportando un racconto (analogo per stile struttura a quello della illu-
stre inferma e del celebre medico) che traccia la storia e i percorsi di
queste «invenzioni» così utili e magnifiche 120.
Riferiscono le «Cronache antiche dell’Imperatore» che un proto-
notario dell’imperatore, uomo dottissimo, dopo un’infausta battaglia
fu dato come prigioniero a un Saraceno, a sua volta maximus philo-
sophus in terra sua. Dopo molti anni di cattività, costui convoca il pri-
gioniero, e per misericordia gli concede la libertà e il ritorno tra i cri-
stiani, ma a una condizione: l’ex prigioniero dovrà dirigersi al Papa
(terrestris vester Deus), portargli i saluti deferenti del saraceno, ed effet-
tuare alla sua presenza varie operazioni sui metalli, sul vetro e su pie-
tre preziose tramite una polvere (che appunto sapiente infedele gli
consegna). Eseguiti i mirabili procedimenti (che riusciranno bene
senz’altro), egli dirà che tutto ciò è frutto della maiestas domini mei
dilecti; non solo: esporrà anche il magisterium, cioè il potere che que-
sta polvere (resa potabile) ha, di guarire istantaneamente e del tutto i
116. Analogo risultato è previsto nella linea pseudolulliana; cfr. M. Pereira, «Un
lapidario alchemico: il Liber de investigatione secreti occulti attribuito a Rai-
mondo Lullo. Studio introduttivo ed edizione», Documenti e studi sulla tradizione
filosofica medievale, 1 (1990), 549-603: 557-60.
117. Mentre Bono considera questo risultato impossibile e lo confuta in due
colonne del suo testo, esso diventa di grande appetibilità fra Tre e Quattrocento e
anche successivamente: del vetro parlano anche Guglielmo Sedacer, Cristoforo da
Perugia e Giovanni Mercurio da Correggio, e nel Seicento Antonio Neri. Utili
informazioni in When Glass Matters, ed. M. Beretta, Firenze 2004, spec. i saggi di
M. Beretta e F. Tolaini.
118. Un effetto miracoloso per la pietra ematite è ricordato in ed.Waldkirch, 241.
119. Sboccano in questa direzione anche altri elenchi dei meravigliosi prodotti
dell’alchimia, come quelli di Cristoforo da Perugia e di Guglielmo Fabri: cfr. Cri-
stiani, Pereira, «L’alchimia tra Medioevo». Più in generale sul tema dei segreti W.
Eamon, Science and the Secrets of Nature. Books of Secrets in Medieval and Early
Modern Culture, Princeton 1994.
120. Sul volersi costruire una storia della disciplina, cfr. Cristiani, Pereira, «L’al-
chimia tra Medioevo», 908. Uno dei primi esempi di questa tendenza è l’anonima
Conversatio philosophorum, su cui v. supra, nota 11.
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‘AURORA CONSURGENS’: UN DOSSIER APERTO
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CHIARA CRISCIANI – MICHELA PEREIRA
5. I manoscritti illustrati
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‘AURORA CONSURGENS’: UN DOSSIER APERTO
prende quattro immagini a tutta pagina, che precedono l’inizio del trat-
tato, e trentatre immagini distribuite lungo il testo, a intervalli irrego-
lari ma sempre nello stesso ordine (quelle che chiameremo per brevità
«ciclo standard»), come mostra il quadro sinottico nell’Appendice III.
I due testimoni più antichi che contengono il testo illustrato, Rh e
R, sono stati prodotti entrambi nei primi decenni del XV secolo 124;
le miniature in essi contenute seguono strettamente lo stesso modello
e hanno le medesime modalità esecutive, pur presentando in alcuni
casi variazioni nei colori e nei dettagli; la caduta di un fascicolo ha
determinato la perdita di diverse immagini in Rh, mentre R riporta
il ciclo quasi integralmente (manca solo un’immagine, per la caduta
di un foglio). Gli altri codici illustrati sono decisamente più tardi: L,
datato 1526, è il più antico fra i manoscritti che conservano il ciclo
integrale delle immagini 125; queste, pur presentando gli stessi motivi
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CHIARA CRISCIANI – MICHELA PEREIRA
posa le due zampe un uccello verde: l’immagine si ritrova nel manoscritto Zoroa-
ster (Roma, Biblioteca dell’Accademia dei Lincei, ms Verginelli Rota 16, f. 11r),
riprodotta in Gabriele, Alchimia e Iconologia, fig. 86 e da lui commentata insieme
all’immagine 12 dell’AC, come raffigurazione della coniunctio (61-62); un’altra al f.
64r, in corrispondenza dell’immagine 29, raffigura un piccolo fiore rosso e giallo
che verosimilmente si riferisce alle tematiche dell’alchimia vegetale affrontate in
quella parte del testo.
126. Una traduzione tedesca dell’Aurora consurgens è conservata anche nel ms
Leiden, Bibliotheek der Universiteit,Voss. Chym F. 20 (L2); una traduzione cèca in
Leiden,Voss. Chym. F3 (L1): quest’ultimo manoscritto, appartenuto all’imperatore
Ferdinando III (1647) e poi alla regina Cristina di Svezia, è una vera e propria
antologia dell’alchimia medievale redatta in ambito paracelsiano (riporta fra l’al-
tro due trattati di Alexander von Suchten e un Secretum Theophrasti Paracelsi); tutti
i testi sono tradotti in boemo. Riporta alcune immagini di apparecchi e due
figure, non però in corrispondenza dell’Aurora consurgens. Cfr. Boeren, Codices Vos-
siani Chymici, 7-13; V. Karpenko, «Bohemiam nobility and alchemy in the second
half of the sixteenth century: Wilhelm of Rosenberg and two alchemists», Cauda
Pavonis, 15/2 (1996), 14-18. Ringraziamo la Dott.ssa M. Svobodova, del Diparti-
mento di manoscritti e stampe rare Biblioteca Nazionale della Repubblica Ceca,
per le informazioni gentilmente forniteci su questo manoscritto.
127. Poiché nel testo e nei titoli W segue da vicino R, la lacuna segnalata in
quest’ultimo manoscritto (v. appendice) parrebbe essere conseguenza di un acci-
dente successivo alla redazione del manoscritto viennese, ma precedente rispetto
alla più antica numerazione.
128. Sul f. 1r, in apertura del manoscritto (ma il testo dell’Aurora consurgens ini-
zia al f. 27r ed è acefalo) riporta quella che nel ciclo standard è l’immagine n° 1;
ai ff. 26r-v contiene due delle immagini a tutta pagina, quella dell’ermafrodito e
quella della scimmia musicante; al f. 29v l’immagine n° 8 del ciclo standard.
129. Nell’impossibilità di ottenere una riproduzione del manoscritto, ci atte-
niamo alla descrizione delle immagini fornita da A. McLean (cfr. supra, nota 8). Si
deve osservare che quanto McLean afferma in apertura della pagina («The order,
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‘AURORA CONSURGENS’: UN DOSSIER APERTO
6. Le immagini e il testo
number of illustrations and precise details of each figure varies in the different
manuscripts») non è del tutto vero, perché la variazione del numero delle illustra-
zioni dipende, come già abbiamo visto, da eventi accidentali, e l’ordine in cui le
immagini accompagnano il testo è, come mostra la tavola sinottica, rigorosamente
lo stesso in tutti i manoscritti (ad eccezione appunto di G). Le variazioni riguar-
dano in primo luogo i colori delle immagini (come abbiamo potuto riscontrare
dall’analisi autoptica di R e L, che sono stati confrontati con la riproduzione inte-
grale a colori di Rh offerta nel lavoro di M. Gabriele, figure 57-82, riscontrate
anche su microfilm b/n); si osservano inoltre variazioni in taluni dettagli, che ver-
ranno segnalati in relazione alle singole illustrazioni. Le immagini G1, G2, G28 e
G29 corrispondono alle figure a piena pagina che precedono il testo negli altri
manoscritti, su cui v. par. 4.3. La G25 (vaso con corona posto sul fuoco, contenente
un uccello bianco, uno blu e uno rosso) non trova corrispondenza nei mss del-
l’Aurora consurgens ed è anche diversa rispetto al vaso raffigurato in L, f. 50v (cfr.
supra, nota 4); McLean ne segnala l’affinità con una delle figure dello Splendor Solis.
130. Obrist, Les débuts, 276-78. Nell’apparato iconografico le immagini man-
canti da Rh sono integrate con riproduzioni da R, che all’epoca in cui B. Obrist
ha condotto le sue ricerche era depositato presso la Biblioteca Universitaria di
Praga.
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CHIARA CRISCIANI – MICHELA PEREIRA
131. Ibid., 256. Cfr. M. Pereira, «Alchimia medievale. Alcuni studi recenti»,
Annali dell’Istituto e Museo di Storia della Scienza di Firenze, 9 (1984), 89-98: 93-94;
G. Bonerba, Alchimia e semiosi ermetica, tesi di dottorato, coord. U. Eco, Università
di Bologna, a.a. 1991-1992, 305-6.
132. Gabriele, Alchimia e Iconologia, 94-96.
133. Ibid., 95.
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‘AURORA CONSURGENS’: UN DOSSIER APERTO
teca») – difficoltà che in altri testi della stessa epoca si manifesta con
preoccupazioni riguardanti la terminologia 134.
Quello che un ulteriore esame delle immagini condotto su tutti i
manoscritti accessibili permette di puntualizzare, e che cercheremo di
mostrare analiticamente nelle pagine seguenti, è che, almeno nel caso
dell’Aurora consurgens, il «legame significante» non si dà genericamente
«con nozioni alchemiche», ma con determinati contenuti del testo,
che toccano diversi e specifici aspetti della teoria e della prassi alche-
mica. Spesso tale legame può essere identificato con precisione, in
particolare quando l’immagine trova nel testo un univoco punto di
ancoraggio 135: un’espressione verbale, anche breve, tale da presentare
essa stessa un motivo raffigurabile o da rinviarvi in maniera diretta.
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CHIARA CRISCIANI – MICHELA PEREIRA
su Campori». Obrist, Les débuts, Ill. 41 e p. 185, interpreta la civetta come simbolo
della cecitudine degli ebrei e di conseguenza ritiene che le altre figure siano «qua-
tre Juifs», vestiti come i pazzi, motivo che richiama lo stolto dei Salmi; ma non vi
sono nel testo riferimenti agli ebrei. Sul rapporto fra alchimia e profezia cfr. Ch.
Crisciani, «Opus and sermo. The relationship between alchemy and prophecy
(XIIth-XIVth centuries)», Early Science and Medicine, (2008) (in corso di stampa).
138. Sulla bilateralità e altri aspetti compositivi delle immagini si possono
richiamare le osservazioni, relative a fonti iconografiche medievali anche se non
alchemiche, di M. Schapiro, «Alcuni problemi di semiotica delle arti figurative», in
Per una semiotica del linguaggio visivo, ed. G. Perini, Roma 2002, 92-120.
139. Obrist, Les débuts, Ill. 42 e p. 241, avendo associato in precedenza gli stolti
agli ebrei, qui interpreta il sole nascente secondo la tradizione pittorica che con-
trappone la notte dell’Antico Testamento all’aurora del Nuovo, rilevando però che
«dans le texte, il n’est cependant pas question de l’Ancienne Alliance, mais du
nombre infini de sots s’occupant d’alchimie».
140. B. Obrist, «Visualization in Medieval Alchemy», Hyle. International Journal
for Philosophy of Chemistry, 9 (2003), 131-70 (consultabile anche on-line, www.hyle.
org/journal).
141. Contra Obrist, Les débuts, 189-208; «Par rapport au texte de l’Aurora con-
surgens cette illustration est par ailleurs autonome», 190; per il vaso, paragonato dal-
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‘AURORA CONSURGENS’: UN DOSSIER APERTO
l’autrice a un «idolo pagano», cfr. 200. Il vaso, che in questo caso è un elemento
aggiuntivo rispetto alle raffigurazioni del testo di Ibn Umayl (cfr. anche Bonerba,
Alchimia e semiosi ermetica, 307-14 e in part. 308), è presente complessivamente in
dodici immagini del ciclo standard (3, 4, 5, 8, 9, 10, 11, 18, 19, 24, 30, 32).
142. Obrist, Les débuts, Ill. 43 e p. 240, pur cogliendo il motivo di Salomone,
offre un’interpretazione ermetica di questa immagine: il bambino è identificato
con Ermete, filius philosophorum; il vaso è pieno dell’oro dei filosofi.
143. H. Birkhan, Die alchemistische Lehrdichtung des Gratheus filius philosophi in
Cod. Vind. 2372, 2 voll., Wien 1992, II, 258-60 (daer Salomon de wise man/scone
werken met began/in dene hant haddi dat vat); 248 (Hier beghint de wijsheit / daer men
dicken of heet gheseit / daer Salomon wrachte mede; sulla denominazione Prudentia per
wijsheit cfr. le osservazioni dell’editore). Il poema del misterioso Gratheus, conser-
vato in un unico manoscritto edito e studiato da H. Birkhan, dovrebbe essere
maggiormente integrato negli studi sulla storia dell’alchimia, dove – forse per la
difficoltà linguistica – è stato finora scarsamente recepito; l’edizione ha messo fra
l’altro in evidenza la precoce presenza in quest’opera di alcuni motivi iconogra-
fici importanti, che si ritrovano nei cicli posteriori: fra questi i vasi alchemici (II,
10, 26, 34, 38, 98, 102, 124, 242, 276); la resurrezione di Cristo (II, 54; questa imma-
gine torna nel ciclo del Libro della Santa Trinità e nel Rosarium philosophorum edito
da Cyriacus Jakob nel 1550); le due immagini di Salomone già ricordate; alcune
coppie di princìpi, talora contrapposte frontalmente (sole e luna, II, 64; fides e fal-
lacia, II, 266; due leoni in lotta, II, 270). Secondo Birkhan (I, 342), non vi sono rile-
vanti coincidenze fra il poema di Gratheus e l’Aurora consurgens, ma la presenza
centrale della Sapienza di Salomone in entrambi i testi non va sottovalutata.
Obrist, «Visualization», 150, rileva la particolare attenzione al tema della Sapienza
nelle opere mediche autentiche di Arnaldo da Villanova, cui venne attribuito un
consistente corpus di scritti alchemici fin dalla prima metà del XIV secolo. Con
una citazione dal Siracide si apriva anche il prologo del De consideratione quintae
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CHIARA CRISCIANI – MICHELA PEREIRA
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‘AURORA CONSURGENS’: UN DOSSIER APERTO
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CHIARA CRISCIANI – MICHELA PEREIRA
fra ignis e spiritus (il soffietto); gli uccelli che volano via, sfuggendo
alla rete, forse sono da riferire all’ultima delle virtù operative dello
spirito («Septimo et ultimo inspirat, quando suo flatu corpus terre-
num spirituale facit»), la cui enumerazione inizia proprio in corri-
spondenza del punto d’inserimento dell’immagine 149.
• La casa della sapienza («Sapientia aedificavit sibi domum»), chia-
mata domus thesauraria, è raffigurata subito prima o subito dopo l’ini-
zio del cap. X, seguendo per molti aspetti la descrizione del tempio
che apre la Tabula chemica di Ibn Umayl – Senior per gli alchimisti
latini –, una delle fonti principali dell’Aurora consurgens. L’immagine,
cui Barbara Obrist assegna un ruolo centrale 150, è commentata in
maniera molto puntuale da Mino Gabriele; anch’egli fa peraltro rife-
rimento esclusivamente al testo di Senior perché, afferma, «la compo-
sizione iconografica […] non ha alcun riscontro nel testo dell’Au-
rora» 151. In effetti nel trattato non si trovano descrizioni corrispondenti
149. In Obrist, Les débuts, Ill. 48 e p. 213, l’immagine è considerata una varia-
zione delle aquile-Mercurio che rubano l’oro, poiché la studiosa estende a questa
figura l’interpretazione di due immagini successive (17 e 23) quale risulta dal car-
teggio scambiato fra due alchimisti verso l’anno 1500, pubblicato in Azoth philo-
sophorum, nella raccolta Cabala chymica ed. da Franz Kieser a Mulhouse nel 1606 (J.
Ferguson, Bibliotheca Chemica, London 1954, I, 464-65). Il carteggio è segnalato da
W. Ganzenmüller e da H. Buntz, i cui lavori sono citati dalla stessa Obrist, Les
débuts, 245. La Cabala chymica ed. in Theatrum Chemicum, VI, 294ss e in Bibliotheca
Chemica Curiosa, II, 605-19, nonostante il titolo (cfr. Ferguson, Bibliotheca Chemica,
I, 135), è cosa diversa dalla raccolta di Kieser, che ci è stato impossibile consultare;
questa seconda (?) Cabala Chymica, che si apre con una immagine confrontabile
con la figura 5 dell’Aurora consurgens, è opera di Johann Grasshof, cui si deve la
seconda edizione a stampa dell’Aurora, che ne riporta il testo integralmente (senza
figure e senza partizione in capitoli, cfr. supra nota 10): cfr. Ferguson, I, 340 .
150. Obrist, Les débuts, 189: «L’illustration du vieillard à la tablette occupe une
place importante dans le système allegorique de l’Aurora consurgens par la richesse
de son contenu et parce qu’elle constitute le centre de toute une série d’illustra-
tions»; tuttavia l’autrice, che si diffonde nella spiegazione dei dettagli a partire
dalla Tabula chemica, non vede il nesso fra immagine e testo dell’Aurora consurgens
(cfr. supra, nota 20). Nel più recente Visualization, 149-50, l’autrice torna su questa
immagine, accostandola al recupero degli Hyeroglyphica di Horapollo nel 1419 e
affermando che «the Aurora consurgens gives a first forceful visual expression of a
myth that should become a major theme in the Renaissance period, i.e. the myth
of the recovery of original knowledge and its methods of deciphering and inter-
pretation».
151. Gabriele, Alchimia e Iconologia, 59 e 54-59; i passi citati sono a p. 55. A par-
tire da questa immagine, il resto del ciclo è riprodotto a colori in Gabriele, figg.
59-82, e commentato con ampiezza alle pp. 55-96. Coi nn° 57-58 sono riprodotte
le due figure dell’ermafrodito e della scimmia musicante – ovvero tutte le imma-
gini di Rh, che però non formano, come si è ben visto finora, il ciclo completo.
Tre delle immagini sono stampate in posizione speculare rispetto a come com-
paiono nel manoscritto: si tratta della 57, della 68 e della 81.
40
‘AURORA CONSURGENS’: UN DOSSIER APERTO
152. In effetti, fra le citazioni dal testo di Senior che costellano la prima e la
seconda parte dell’Aurora consurgens, non si incontra mai la descrizione della statua
con la tavola raffigurante i simboli dell’opera alchemica nelle mani (cfr. Bibliotheca
chemica curiosa, II, 216 fig. 12; la xilografia originale accompagna l’edizione De che-
mia Senioris, s.l.d. (Strasburgo 1566; cfr. Ferguson, Bibliotheca Chemica, 563). Sulle
immagini come «citazione visuale» cfr. oltre, par. 4.2.2.
153. Obrist, Les débuts, Ill. 49 e p. 242 (alla nota 249 segnala le più antiche testi-
monianze dell’illustrazione della Tabula).V. anche I. Ronca, «Religious symbolism
in Medieval Islamic and Christian Alchemy», in Western Esotericism and the Science
of Religion, ed. A. Faivre, W. Hanegraaf, Leuven 1998, 102.
154. Bonerba, Alchimia e semiosi ermetica, 315; cfr. 313: «Qui il contenuto ico-
nografico (l’immagine della Tabula chemica, dall’autrice identificata tout-court con
la Tabula smaragdina) è stato infatti ‘risituato’ … mediante l’adozione dello schema
iconografico tipico dell’Annunciazione: il saggio è infatti seduto nella domuncula
della Vergine, in un leggero tre quarti, i personaggi entrano da sinistra, e anche il
fantomatico vaso trova la sua ragion d’essere» in quanto simbolizza «l’immanenza
del Cristo».
155. Supra, nota 22.
41
CHIARA CRISCIANI – MICHELA PEREIRA
156. I Cor. 37. Cfr. Gabriele, Alchimia e Iconologia, fig. 60 e pp. 59-60. Obrist, Les
débuts, Ill. 50, non analizza questa immagine.
157. Obrist, Les débuts, Ill. 51 e p. 223; Gabriele, Alchimia e Iconologia, fig. 61 e
pp. 62-63.
158. Il confronto fra le immagini dell’Aurora consurgens e quelle che accompa-
gnano il Cantico dei Cantici e i suoi commenti medievali è stato possibile grazie
alla disponibilità con cui E. A. Matter e I. Marchesin ci hanno messo a disposi-
zione i rispettivi contributi al volume Il Cantico dei Cantici nel Medioevo, di pros-
sima uscita, che riporta gli atti del convegno tenutosi nel maggio 2006 a Gargnano
sul Garda: E. A. Matter, Il Cantico materiale. Il testo latino dalla Glosa ordinaria alla
Biblia Pauperum; I. Marchesin, Le corps et la salut: quelques aspects de l’illustration du
Cantique des cantiques au Moyen Age. Ringraziamo vivamente le autrici e la cura-
trice del volume, R. Guglielmetti, che ci hanno messo a disposizione i materiali
per poter effettuare questa verifica.
159. Soltanto L aggiunge poco oltre, f. 50v, una figura che non sembra appar-
tenere al ciclo (cfr. supra, nota 4), mentre P1 presenta nello stesso punto del testo
uno spazio bianco.
160. A partire da questa immagine B1 colloca tutte le successive alla fine dei
capitoli di riferimento. La tendenza di questo illustratore a inserire le immagini in
42
‘AURORA CONSURGENS’: UN DOSSIER APERTO
contiguità coi capitoli e non all’interno di essi era già evidente nella prima parte,
dove però le immagini (3, 6, 7, 8, 10, 11, 12) erano per lo più inserite prima dell’i-
nizio del capitolo di riferimento.
161. Gabriele, Alchimia e Iconologia, fig. 62 e pp. 63-66.
162. Obrist, Les débuts, Ill. 52 (che è anche stata scelta per la copertina del suo
saggio) e pp. 214-16.
163. J. Telle, Sol und Luna. Literar und alchemiegeschichtliche Studien zu einem alt-
deutschen Bildgedicht, Hürtgenwald 1980, 45-80; Rosarium Philosophorum. Cfr. Obrist,
«Visualization», 149: «Subsequently, the principal pictorial forma of the Aurora con-
surgens were divided into many branches, but the chronology of this evolution is
yet to be established». Il tema e le immagini della coniunctio sono al cuore dell’in-
terpretazione psicologica dell’alchimia elaborata da C. G. Jung in diversi studi
degli anni ’40 e ’50: Psychologie und Alchemie (1944), Psychologie der Übertragung
(1946), Mysterium Coniunctionis (1955-1956). Ricordiamo che l’edizione della
prima parte di Aurora consurgens curata da M. L. von Franz fu concepita in stretto
contatto con il lavoro junghiano sull’alchimia, andando a formare il terzo volume
del Mysterium coniunctionis (non tradotto nella collezione delle Opere complete di
Jung uscita per l’editore Bollati Boringhieri). Cfr. M. Pereira, «L’alchimia e la psi-
cologia di Jung», in Trattato di psicologia analitica, ed. A. Carotenuto, Torino 1991, I,
415-45. Come in precedenza, anche qui L (f. 51v), seguito dal copista di P1, che
lascia un piccolo spazio bianco al centro del f. 40v, inserisce una piccola immagine
che non ha riscontro nel resto del ciclo, nella quale si vede il sole spuntare da sotto
una nube blu (questo motivo è tuttavia presente come dettaglio sul margine sini-
stro dell’immagine successiva in Rh, R, B1 e W).
164. Per quanto in genere interpretata come partoriente, secondo M. E. War-
lick la donna è invece mestruata: «Fluctuating identities. Gender reversal in alche-
43
CHIARA CRISCIANI – MICHELA PEREIRA
mical imagery», in Art and Alchemy, ed. J. Wamberg, Copenhagen 2006, 101-25: 114
e Pl. 3. L’ipotesi di Warlick sembra più credibile in relazione alla posizione della
donna (seduta, non accoccolata) e richiama il tema del menstruum, come in molti
testi a partire dal Trecento viene denominato uno dei principi materiali della tra-
smutazione (cfr. M. Pereira, «L’alchimista come medico perfetto», in Alchimia e
medicina nel Medioevo, 103-8). Si aggiunga che questa immagine precede quella del
concepimento del filius (20).
165. Obrist, Les débuts, Ill. 53 e p. 224. Anche Gabriele, Alchimia e Iconologia, fig.
63 e pp. 66-67, ricorda l’influsso degli astri sulla «gestazione» minerale come su
quella del feto.
166. Il titolo del capitolo aggiunge la geometria in L (ove al f. 52v risulta spo-
stata un’ampia sezione del testo, contenente la fine di questo capitolo e l’inizio del
successivo), in quelli da esso descripti, e nelle ed. di Perna e Waldkirch: Geometrica
dicta parabolico stilo. Ma, come si è già visto, tale aggiunta non trova riscontro nel
testo e, come vediamo qui, nemmeno nella figura. Ritenendo che la seconda
figura rappresenti la Geometria, Gabriele afferma che la sostituzione degli stru-
menti tipici della Geometria (squadra e compasso) con la bilancia e l’aquila
segnala chiaramente «le valenze proprie della Geometria alchemica» (Alchimia e
Iconologia, 67-68); cfr. Obrist, Les débuts, Ill. 54 e pp. 196 e 212, richiama la geome-
tria, e tuttavia rinvia alla citazione del libro della Sapienza 11.21 nella prima parte
dell’Aurora consurgens (ed. von Franz, 82): mensura, numero et pondere.
44
‘AURORA CONSURGENS’: UN DOSSIER APERTO
167. Gabriele, Alchimia e Iconologia, fig. 65 e p. 69; Obrist, Les débuts, Ill. 55 e p. 185.
168. L’alchimia è definita varie volte consolatrix nella seconda parte dell’Aurora:
oltre al passo citato (ed. Waldkirch, 194), si vedano ibid., 199 (illa medicina perma-
nens consolatrix); 202 (mulier haec nobilis, pauperum consolatrix alchimia); 241 (in hac
gloriosa thesauraria consolatrice et adiutrice scientia). Cfr. supra, par. 4.1.
169. Gabriele, Alchimia e Iconologia, fig. 66 e pp. 69-70 e Obrist, Les débuts, Ill.
56 e p. 49. Per la corretta interpretazione dell’immagine v. Crisciani, Introduzione
a Alchimia e medicina, p. xv. Nell’immagine di L non si capisce bene se la figura nel
letto è maschile o femminile, ma quella in piedi sembra decisamente una donna
(cfr. l’abito stretto alla vita e la tipologia del copricato, che si ritrova in ritratti di
donne della scuola fiamminga).
170. Oltre ai saggi raccolti nel volume Alchimia e medicina, ed. Crisciani, Para-
vicini Bagliani, v. Crisciani, Pereira, «Black Death».
45
CHIARA CRISCIANI – MICHELA PEREIRA
171. Gabriele, Alchimia e Iconologia, fig. 67 e pp. 70-71 (ma questo passo non
compare fra le citazioni di Senior nel testo). Obrist, Les débuts, Ill. 57, non analizza
l’immagine.
172. Cfr. quanto già osservava Gabriele a proposito dell’immagine 10; cfr.
anche Obrist, «Visualization», 134: «In connexion with alchemical texts, pictorial
representation relates either to observable or to unobservable objects and proces-
ses, and to conceptual schemes […] observable characteristics and their alterations
are visualized either diagrammatically or by way of similes previously developed
on the discursive level».
173. Gabriele, Alchimia e Iconologia, fig. 68 e pp. 71-72; Obrist, Les débuts, Ill. 58
e 59.
174. Gabriele, Alchimia e Iconologia, fig. 69 e p. 72; Obrist, Les débuts, Ill. 60, p. 222.
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‘AURORA CONSURGENS’: UN DOSSIER APERTO
175. Gabriele, Alchimia e Iconologia, fig. 70 e p. 73; Obrist, Les débuts, Ill. 61 e p.
225. Quest’immagine è stata esaminata, non in relazione al testo ma come espres-
sione simbolica del rapporto fra esterno/interno, manifesto/occulto, in M. Pereira,
«Il cuore dell’alchimia», Micrologus, 11 (2003), 287-304: 293, 300 e fig. 1. Il capitolo
21 non ha titolo nei manoscritti illustrati, ma è intitolato Sequitur de homine salva-
tico in M (f. 85v), M1 (f. 21v), H (f. 82v).
176. Il tema del principio femminile nell’Aurora consurgens è segnalato, con
riferimento esclusivamente al testo della prima parte, da Pereira, «Principio fem-
minile»; più in generale cfr. Ead., «Mater Alchimia. Trasformazione della materia e
cura del mondo», in Alchimia e medicina, IX-LXX.
177. Gabriele, Alchimia e Iconologia, fig. 71 e pp. 74-75, indica l’origine di que-
sto motivo nelle due fonti più utilizzate nell’Aurora consurgens, la Turba philosopho-
rum e la Tabula chemica, in part. nella parte intitolata Epistola solis ad lunam crescen-
tem (cfr. Obrist, Les débuts, Ill. 62 e p. 224). A differenza delle altre immagini che
accompagnano il testo, tutte costruite su fondo rettangolare, riquadrate e inserite
nello specchio di scrittura, questa è riportata sul margine in tutti i manoscritti,
tranne in B1. La derivazione alchemica dell’immagine della gallina che cova cin-
que uova, riportata sui volumi II-VI dell’edizione 1634 della Glossa ordinaria della
Bibbia, è segnalata da A. Gentili, «Bibbia e Alchimia», in Rinnovamento e mistero, ed.
Cicali et al., 114-20.
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CHIARA CRISCIANI – MICHELA PEREIRA
178. Gabriele, Alchimia e Iconologia, fig. 72 e pp. 75-76, dopo aver esposto il
significato alchemico delle metafore del basilisco e del serpente, sostiene che «la
donnola che rivolge lo specchio al basilisco per ingannarlo e vincerlo, non sia altro
che una attenta trasposizione iconica, adattata per l’occasione, del cacciatore […]
che (con lo specchio) sorprende e vince la terribile tigre», secondo una modalità
di caccia illustrata in fonti tardo-antiche (Claudiano, S. Ambrogio). Obrist, Les
débuts, Ill. 63 e p. 226 riferisce alla Turba philosophorum il serpente tagliato a pezzi
e porta questa immagine come esempio del carattere narrativo delle illustrazioni
dell’Aurora consurgens (49, 243), ma non ne spiega il significato complessivo.
179. L’ouroboro, il serpente che si avvolge su se stesso, è il motivo iconogra-
fico più antico collegato all’alchimia: la prima raffigurazione compare nella cosid-
detta Crisopea di Cleopatra, con riferimento al sesto capitolo delle Memorie autenti-
che di Zosimo, nel ms. Marciano Gr. 299 (= 584), f. 188v. Cfr. Zosime de Panopo-
lis, Mémoires authentiques, ed. M. Mertens (Les Alchimistes Grecs, IV, 1), Paris 1995,
22, 40, 175-84 (178).
180. Gabriele, Alchimia e Iconologia, fig. 73 e pp. 76-77; Obrist, Les débuts, Ill. 64
e p. 226, insiste maggiormente sui tre simboli alchemici contenuti nel vaso.
181. Gabriele, Alchimia e Iconologia, fig. 74 e p. 77 segnala Senior come fonte
della triplice raffigurazione del mercurio, con riferimento al contenuto comples-
sivo del capitolo; cfr. Obrist, Les débuts, Ill. 65 e p. 228.
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‘AURORA CONSURGENS’: UN DOSSIER APERTO
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CHIARA CRISCIANI – MICHELA PEREIRA
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‘AURORA CONSURGENS’: UN DOSSIER APERTO
• All’interno dello stesso lungo capitolo XXXII, che tratta dei pro-
cessi operativi, è raffigurata una donna dalla pelle scura, vestita di
bianco, in piedi su una sfera dello stesso colore della sua pelle, con ali
verdi aperte, circondata da raggi di sole; nel ventre aperto, una spada
cui si intrecciano nastri o cartigli. Si trova in corrispondenza della frase
«Deus reddit ei animam atque spiritum suum, infirmitate ablata» ed è
stata variamente interpretata, anche con accostamenti all’iconografia
mariana 188. In realtà le ali rendono incongruo tale richiamo, e il colore
scuro della figura richiama piuttosto la sposa del Cantico e ancor più la
terra nigra della prima parabola (ACI cap. 6), mostrandone la glorifica-
zione. Infatti il testo – che a quest’altezza sta descrivendo l’operazione
di inceratio, che si compie nello stadio finale della trasformazione –
appena sopra il punto di inserzione dell’immagine nomina la virtus et
forma metallica nella pietra, richiamando la Turba philosophorum, e subito
sotto paragona questa operazione alla purgatio dell’essere umano nel
giorno della resurrezione («purgatur illa res et post corruscationem
emendatur, quemadmodum post resurrectionem generalem homo for-
tior et iunior fit, quam prius fuit in hoc mundo»). La figura alata e irra-
diante sembra riferirsi alla forza acquisita (la spada nel ventre) e alla
giovanile bellezza, segni della glorificazione della materia 189.
zione metallica» e i due corpi decapitati, che esemplificano la materia da cui i fiori
(teste) si sono distaccati (82-83); ipotizza che la simbologia dell’Aurora consurgens
echeggi motivi dell’alchimia di Zosimo (decapitazione), 84; e indica nel serpente-
demonio dell’iconografia del peccato originale la fonte dell’immagine del «mostro
mercuriale» per concludere che l’immagine è «un’articolata metafora sulla ‘morte’
della materia metallica», 87, mettendo infine a confronto questa immagine con una
delle figure del Libro della Santa Trinità. Obrist, Les débuts, Ill. 70 e pp. 236-37, rileva
invece una metafora cristologica accanto al richiamo alla calcinazione, affermando
che «le programmateur du cycle semble pourtant s’être tourné vers le syncrétisme
religieux pour illustrer la mortification». Fiori d’oro e d’argento sono raffigurati in
una delle miniature del manoscritto Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, BR 52,
f. 286r, in apertura del Rosarius attribuito ad Arnaldo da Villanova.
188. Gabriele, Alchimia e Iconologia, fig. 80, legge questa immagine come «terra
gravida», considerandola una sintesi iconica della terra nutrice («terra lunata o
dealbata», 89) e del vento nominati nella Tabula smaragdina, mentre Luna-madre sta
sotto i suoi piedi e Sole-padre irraggia da dietro; pur non escludendo una simbo-
logia dei quattro elementi, ritiene si tratti di «una palese derivazione dalla figura
medievale della Virgo gravida», mentre l’oggetto nel ventre, che correttamente
identifica come una spada (correggendo van Lennep e Obrist che vi vedevano un
caduceo; la correzione è confermata dall’esame autoptico di R e L), viene ricon-
dotto alla metafora del gladium denudatum della Turba philosophorum. Obrist, Les
débuts, Ill. 71, torna a più riprese sull’immagine che denomina «Hermès enceint»
(239) e rileva anch’essa la presenza di motivi dell’iconografia mariana, che consi-
dera un puro prestito formale, concludendo che «d’une manière générale, l’ico-
nographie religieuse fournit peu de modèles par rapport à l’astrologie» (241).
189. Questo naturalmente non esclude che l’immagine possa richiamare anche
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CHIARA CRISCIANI – MICHELA PEREIRA
• Una figura alata con corpo e testa azzurri, zampe di leone e coda
di serpente, che tiene in mano una freccia; sulla destra della vignetta
un vaso con l’uccello alato e l’uccello senz’ali che formano un circolo
ouroborico. Questa immagine si trova in corrispondenza del penul-
timo capitolo, dove continua l’esposizione delle operazioni alchemi-
che, nella parte che descrive la rectificatio. Mino Gabriele segnala che
i due uccelli nel vaso sono uguali a quelli raffigurati nella tavola fra le
mani del vecchio dell’immagine 10, riferisce la figura al capitolo pre-
cedente e la collega al tema della calcinatio (che in realtà viene ripresa
anche in questo cap. XXXIII), osservando che «la particolare rela-
zione compositiva tra testo e figura non pare del tutto casuale» e indi-
cando in dettaglio una serie di corrispondenze fra motivi iconici e
nozioni alchemiche 190: affermazione con cui concordiamo e che anzi
abbiamo cercato di verificare sistematicamente, trovando per lo più
conferme, in questa rassegna analitica del ciclo di immagini interne al
testo. Tuttavia questo è uno dei casi in cui non si trova un aggancio
testuale preciso, per quanto siano chiaramente riconoscibili i molti
aspetti che collegano quest’immagine al procedimento fondamentale
della calcinazione – operazione che secondo molti autori alchemici
dev’essere ripetuta a vari stadi dell’opera.
• L’immagine che chiude il ciclo è inserita all’interno dell’ultimo
capitolo, che si apre con la lode della quadruplice capacità perfezio-
natrice della tinctura; raffigura luna e sole personificati in atto di legare
il drago sconfitto, ed è inserita in mezzo all’elenco di malattie cura-
bili col prodotto dell’opera alchemica. Anche questa immagine offre
una sintesi del contenuto del capitolo e, piuttosto che un preciso
aggancio testuale, segnala la conclusione del processo operativo di cui
la lotta degli opposti fra loro (Fig. 13) aveva segnalato l’inizio: pas-
sando dalla lotta alla cooperazione senza perdere le rispettive identità,
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‘AURORA CONSURGENS’: UN DOSSIER APERTO
191. Gabriele, Alchimia e Iconologia, fig. 82 e pp. 92-94, richiama, oltre alla tre-
dicesima immagine, un detto attribuito a Ermete nel Rosarium philosophorum del
1550, «Draco non moritur nisi cum frate et sorore sua interficiatur», e sviluppa
un’interpretazione operativa, che tuttavia non ha riscontro nel luogo testuale in
cui l’immagine è inserita. Obrist, Les débuts, Ill. 73 e pp. 198 e 218, ritiene che l’im-
magine significhi che oro e argento sono stati liberati, ovvero riporta solo al piano
metallurgico il successo dell’opera, che nel testo è caratterizzata da un quadruplice
scopo: metallurgico, farmacologico, lapidifico e vetrario (produzione di pietre pre-
ziose artificiali e del vetro malleabile).
192. L’immagine 1 è collocata fra i capp. I e II; la 8 e la 9 si riferiscono
entrambe al cap. IX; la 21, che nei due lati si riferisce a due capitoli consecutivi,
XXI e XXII, è collocata in corrispondenza dell’uno o dell’altro nei diversi mano-
scritti; il cap. XXVIII non ha immagine corrispondente; la 30 e la 31 si riferiscono
entrambe al cap. XXXII. Si noti che i capitoli caratterizzati dalla presenza di due
immagini sono di particolare lunghezza e importanza; e che al contrario il cap.
XXVIII è decisamente breve e strutturalmente simile a quello che lo precede.
193. Il richiamo a schemi concettuali si riscontra in due testi d’alchimia la cui
tradizione manoscritta comprende anche diagrammi di carattere analogico, con
valore di schemi cosmologici e/o operativi: Costantino Pisano (Obrist, Les débuts,
67-116) e il Testamentum pseudolulliano (Szulakowska, «The Tree of Aristotle»; M.
Pereira, «Le figure alchemiche pseudolulliane: un indice oltre il testo?», in Fabula
in tabula. Una storia degli indici dal manoscritto al testo elettronico, ed. C. Leonardi, M.
Morelli, F. Santi, Spoleto 1995, 111-19; Ead., Cosmologie alchemiche, in corso di
stampa negli atti del convegno Cosmologie medievali, Catania 2006). Vicino crono-
logicamente e forse come ambiente di composizione all’Aurora consurgens, il Libro
della Santa Trinità fonde nei motivi araldici e religiosi che ne strutturano il ciclo
iconografico i temi della ricerca alchemica e l’intervento politico-religioso nelle
vicende del suo tempo (Obrist, Les débuts, 117-82). Una via di mezzo fra le due
modalità di illustrazione caratterizza il testo di Gratheus, filius philosophi (cfr. supra,
nota 143), dove l’autore fa frequenti riferimenti alle immagini, non però utiliz-
zandole come supporto all’elaborazione delle teorie, bensì alla trasmissione e alla
memorizzazione di un sapere ormai standardizzato (Obrist, «Visualization», 147).
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CHIARA CRISCIANI – MICHELA PEREIRA
194. Obrist, Les débuts, 241, con riferimento all’immagine 6: «Le caractère peu
contraignant du texte permit une composition entièremente picturale des images,
tandis que la composition des images, utilisant toutes les possibilités de la figura-
tion picturale, contribua à son tour à l’indépendance des images par rapport au
text. Ainsi, pour créer une illustration à partir de la maxime «prends-lui l’âme et
rends-lui l’âme», il fallait donner un sujet à l’action et, le choix s’étant porté sur
un chevalier, cette configuration impliquait de nouvelles significations alchimi-
ques et de nouvelles allégorisations qui pouvaient mener loin du text. Cette illu-
stration, qui donne à l’action un sujet et un objet, fut conçue comme une unité
autonome».
195. Per di più non sono disponibili elementi certi di datazione per un mano-
scritto certamente fra i più antichi, P, genericamente datato «XV secolo» nel cata-
logo di Corbett (J. Corbett, Catalogue des manuscrits alchimiques latins, I, Bruxelles
1939, 178-84). In questo manoscritto manca, così come in M (a. 1475) e M1
(1570/90), la storia narrata nell’ultimo capitolo della seconda parte, proveniente da
una non identificata Chronica antiqua Imperatorum; essa è presente invece in tutti i
manoscritti illustrati (Rh, R, L, P1, W, B1) e in C che, come si è visto (supra, nota
124), avrebbe dovuto essere illustrato.
196. La nozione di «transcreazione» è stata proposta ed elaborata in ambito let-
terario per indicare il carattere creativo della traduzione letteraria e poetica,
ovvero l’adattamento del testo alla cultura della lingua in cui viene tradotto, dal
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‘AURORA CONSURGENS’: UN DOSSIER APERTO
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(in alto): «Hec est obscura sapientum vera figura»; (sul margine
interno/destro): «In qua profunda 205 stat philosophia fecunda / que
fallit stultos sua per problemata multos»; (in basso) «Argentum vivum
volucrem tu dic fugitivum» / «Solaris humor mas est sed femina
luna»; (sul margine esterno/sinistro) «Si tria defendis tunc omne vola-
tile prendis».
Gli aspetti salienti di quest’immagine, che mediante i colori e i due
animali prescelti denota in termini notturni e lunari la profunda philo-
sophia fecunda, sono lo scambio di attributi sessuali fra maschio e fem-
mina e l’allusione alla triplice umidità (che verrà richiamata esplicita-
mente anche nelle scritte della figura successiva): l’argento vivo, il
solaris humor e la tradizionale umidità femminile della luna; mentre la
posizione dell’aquila-argento vivo, che abbraccia entrambi gli altri
principi, sembra un richiamo al mercurio come unica materia dell’o-
pera alchemica. I problemata alludono allo stylus problematicus (cui è
dedicato il sesto capitolo della seconda parte), che trae in inganno gli
stolti. Occorre infine sottolineare che questo ermafrodito è molto
diverso da quello del Libro della Santa Trinità sotto vari di vista: in par-
ticolare, in quest’ultimo è netta l’identità sessuale delle due parti
(pudicamente ma non ambiguamente rappresentata attraverso il
colore delle vesti e i tratti del volto), manca la terza gamba, l’elemento
unificante è la corona e non l’aquila azzurra 206.
• La seconda immagine raffigura una creatura composita antropo-
teriomorfa con una testa forse di scimmia 207 e una nera testa di
corvo; il torso è un grosso pesce squamoso con la bocca posta in cor-
rispondenza dei genitali; un braccio è umano, l’altro è una zampa di
l’Aurora consurgens, ritiene l’immagine «una sintesi iconica in cui il lapis viene sim-
bolicamente testimoniato nei suoi due principi (maschile/femminile), nelle tre
componenti (corpo/spirito/anima) e nei due stati (fisso/volatile).
205. Un guasto provocato dai tarli ha eliminato la gran parte della parola in R.
206. Un vero e proprio pezzo virtuosistico è l’interpretazione che Obrist (Les
débuts, 209-12) dà dell’ermafrodito dell’Aurora consurgens, mostrando come, qualora
non si tenga conto del testo, un’immagine alchemica può essere liberamente e
plausibilmente interpretata a partire da qualsiasi assunto: la studiosa dichiara che
questa immagine è in stretto collegamento con la tavola di Senior e con la Tabula
smaragdina e costruisce un ampio discorso sul tema dell’alto e del basso, centrato
su un aspetto indubbiamente presente (l’aquila in alto, lo stormo di uccelli caduti
in basso), ma sicuramente non unico e, dato il carattere volutamente ambiguo e
perturbante della figura, forse non quello principale.
207. La testa, che per Obrist – seguita da Gabriele – è di scimmia e per
Dvořák, Matĕjka, Der Politische Bezirk Raudnitz è una testa di morto (Totenkopf),
sembra in R avere tratti umani, che la caratterizzano comunque in modo diverso
da un cranio (capelli, orecchie).
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‘AURORA CONSURGENS’: UN DOSSIER APERTO
aquila; due delle tre gambe sono di animali (cavallo e pesce), mentre
la terza gamba posta in mezzo è un covone di grano. Lo strano essere,
utilizzando un serpente come archetto, suona un grosso granchio
tenuto come uno strumento ad arco; a destra una civetta suona uno
strumento a fiato 208. Le scritte che circondano la figura sono le
seguenti:
(in alto a sinistra): Solubile corpus iunctum spiritui / «Unionem sen-
tiunt virtute triplicis humiditatis» 209
Prima aerea combustibilis mercurialis / Secunda aquea scilicet vapor luna-
ris / Tertia ignea scilicet liquabilitas solaris; in entrambi i mss a destra di
queste tre linee di testo unite da tratti di penna si legge: elementa
humiditas; (sul margine esterno/destro): «Fidibus tu patulas si cancri
gesseris nostri» / «tria tua corisando mea sibi bursa retentat»; (in
basso): Perfectam formam fatuorum practica cuique / infatuas norma contra
naturam 210 sensuum tibi quinque; (a sinistra): «Fistula dulce canit mihi si
non crede kathoni» / «dum lira dulcissono carmine prodit aves».
Mino Gabriele spiega dettagliatamente l’immagine come una raf-
figurazione dell’alchimia ingannatrice (simia naturae), a partire dalla
suggestione primaria della testa di scimmia e legge nell’ultimo distico
la spregiudicatezza dell’alchimista che rischia consapevolmente la
dannazione seguendo il dolce suono della «lira». I testi che accompa-
gnano questa immagine sono particolarmente oscuri (anche perché
difficili da leggere per guasti materiali), ma non sembrano esservi
dubbi sul ruolo centrale anche qui attribuito alle tre umidità. Sembra
che la strana, artificiosissima composizione, alluda alla necessità di
andare oltre i cinque sensi per cogliere il «problematico» sapere alche-
mico: ricordiamo che la civetta, emblema della visione notturna,
compare nella terza immagine del ciclo standard, in compagnia del
profeta Mosè 211.
208. In R sono state aggiunte alcune scritte sullo sfondo rosso; sopra la testa:
sublimator; sopra l’uccello nero: caput corvi; sulla gamba di destra: Mars; fra la gamba
di mezzo e quella di sinistra: equino iles (sic).
209. In R le due righe sono state unite a sinistra con due tratti di penna e la
scritta: Ypocras.
210. R legge: normam naturam.
211. In R il verso del foglio contenente questa immagine riporta un breve
testo in prosa e alcuni versi che non hanno riscontro in nessuno degli altri mano-
scritti: «Dictum Gratiani art. Incontinenti cum miscueritis has res, scilicet aquam
permanentem cum nostro ere vel masculum cum femina vel regem cum regina et
solem cum luna lucida, tunc apparebit vobis nigredo, ita quod totum erit nigrum.
Custodite hanc rem vilem, quoniam ex ea est opus nobile. Cum ex me sole et
sorore eius, scilicet luna, crescit gradus nostre prudencie et non cum aliquo alio
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CHIARA CRISCIANI – MICHELA PEREIRA
ex nostris filiis, scilicet metallis aliis. Ego enim, scilicet sol, sum sicut semen semi-
nanti, quoniam quodlibet individuum multiplicat formam sue speciei et non alte-
rius generis nec diversi etc. Et hoc est illud quod philosophi vocaverunt saturnum,
idest plumbum nigrum». (I versi che seguono sono trascritti al centro del foglio
in inchiostro molto chiaro, poi di nuovo in basso a sinistra in inchiostro normal-
mente scuro): «Ad bonam pastam utaris aqua que maria (agg. sopra: farina) / nec-
non fermentum modo simili lapide nostro / hec tria reperies fere duas consimiles
/ est in mercurio secretum reliquo nullo. / Mortificat sese saylac et vivificat se /
nam metallorum cunctorum extat origo / ex quibus constant et resolventur
metalla / vivis principium hoc constat et est mediator / extrahit, inducit, animam
suo corpore figit, / putrescit leviter, tribuit bonum tibi pondus. / Efficitur tale
cum permiscetur et ipse / qualis mercurius cum servias talia metads (corr. sopra:
metram) / in quo dum moritur semen fructus dare fertur».
212. In L questa immagine è la prima della serie ed è accompagnata da tre
testi, il primo dei quali in versi: «Hec ars est rara brevis atque levis quoque kara /
Ars unam petit rem quam quivis bene noscet / Hanc optant plures rem res est
tamen una / Illi (Illa?) (terre?) similis est / est precio quoque vilis / Ars contem-
nenda nam proficit illa stupenda / Terra dum calcatur tamen cinis […] adamatur
/ Tinctorea fundi querit ut pars incolita mundi / Iungit dumtaxat fundit purgat-
que decorat / Efficitur operatum proprio sudore renatum / Ars et natura linpham
rebis extrahit extra / Hec sunt subiecta quis gaudebit sinere (nupta?) / Quatuor
ex uno fiunt et quatuor unum / Et siquidem nostram linpham suam maris ostium
/ Hec si sint una non maioris mundi minora. Segue: Cinis a cinere extractus / ex
quo lapis est factus / Semina(t) aurum in terram foliatam Alchimia». Segue infine
il distico riportato anche in Lobk.
213. Obrist, Les débuts, Ill. 38 e p. 216. Questo stemma non ha nessuna relazione
con quello tracciato a piena pagina a p. 178 di R (stemma del conte di Plavna o
Plauen) né con quello incollato all’interno del piatto posteriore (stemma del conte
di Törring), che rientrano fra le attestazioni di possesso del manoscritto; sullo
stesso foglio la data 1507, aggiunta dalla mano di un lettore e/o possessore del
manoscritto che ha vergato anche diverse note sui margini. Cogliamo qui l’occa-
sione per ringraziare vivamente la responsabile dell’archivio della collezione
Lobkowitz di Roudnice a Nelahozeves Zamek (CZ), Sona Cernočka, che ci ha
offerto un notevole aiuto sia nella consultazione del manoscritto (effettuata da M.
Pereira nel dicembre 2006) sia con indicazioni bibliografiche e successive verifiche.
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‘AURORA CONSURGENS’: UN DOSSIER APERTO
214. Vergine regina: cfr. M. Warner, Sola fra le donne. Mito e culto di Maria Ver-
gine (1976), tr. it., Palermo 1980, 146.Vergine delle grazie: una raffigurazione tipo-
logicamente e cronologicamente vicina (a. 1437) è la pala di Giovanni di Paolo,
Siena, Chiesa dei Servi.
215. Matter, Il Cantico Materiale; Ead., The voice of my beloved.The ‘Song of songs’
in Western Medieval Christianity, Philadelphia 1990; A.W. Astell, The Song of Songs in
the Middle Ages, Ithaca-London 1990.
216. Questa scritta è ripetuta parzialmente in bianco fuori dal cartiglio e
riscritta sul margine interno del foglio dalla mano B (cfr. descrizione del mano-
scritto in appendice), che la completa: «Gloria et diviciae in domo eius». Cfr.
Aurora consurgens cap. 1, ed. von Franz, 34, ll. 23-24: Longitudo dierum et sanitas in
dextera illius, in sinistra vero eius gloria et divitiae infinitae.
217. Ibid., 32, ll. 10-11, «Venite (ergo) filii, audite me, scientiam Dei docebo
vobis».
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218. L: demissi.
219. R: fulmina, sembra un errore di trascrizione.
220. L: «Dum quoque virgo mater iungitur».
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227. Obrist, Les débuts, 140: «le langage prophético-politique, moral et mystique,
devient le système métaphorique exprimant le contenu alchimique»; Junker, nel-
l’introduzione all’edizione del testo, conferma questa interpretazione, dandone una
connotazione negativa (Das ‘Buch der Heiligen Dreifältigkeit’, in part. 72-73, dove
considera il testo opera di un Geisteskranken, che ha perso il senso della realtà).
228. Su questo l’analisi di B. Obrist (Les débuts, 152-58) è molto dettagliata,
complessivamente convincente e, contrariamente a quanto avviene nel caso delle
immagini dell’Aurora, condotta con attenzione al raccordo fra l’immagine e il
testo che l’accompagna. Nella tradizione testuale alchemica la nozione di erma-
frodito sembra giungere con una riflessione di Alberto Magno, derivata dal De
plantis pseudoaristotelico e ripresa da Pietro Bono (ibid., 158). Sull’ermafrodito
alchemico, ma senza significativi apporti sull’origine del motivo, v. A. Aurnham-
mer, «Zum Hermaphroditen in der Sinnbildkunst der Alchemisten», in Die Alche-
mie in der europäischen Kultur- und Wissenschaftsgeschichte, ed. C. Meinel, O. Harras-
sowitz, Wiesbaden 1986, 179-200.
229. Ibid., 156. Obrist sottolinea che, nella tradizione successiva, «c’est l’her-
maphrodite du Livre de la Sainte Trinité qui a remporté le succès»: infatti è questo
il modello che viene ripreso nel celebre ciclo del Rosarium philosophorum edito da
Cyriacus Jakob nel 1550 e in diversi cicli successivi.
230. Cfr. per es. ibid., 167 «L’illustration du couronnement de la Vierge montre
comment recomposer les quatre ou sept éléments isolés par la distillation».
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10. Conclusione
Questa fin troppo ampia disamina non può concludersi che ritor-
nando sul titolo che abbiamo voluto dare al nostro contributo: l’Au-
rora consurgens è davvero un dossier aperto, dove non solo il problema
dell’attribuzione «tradizionale» – ma non poi tanto! – a Tommaso
d’Aquino dev’essere riaffrontato dalla radice a partire anche, anzi
prima di tutto, da un confronto con gli altri testi del piccolo ma denso
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‘AURORA CONSURGENS’: UN DOSSIER APERTO
APPENDICI
Appendice I
AURORA CONSURGENS – FONTI ALCHEMICHE
Fonti alchemiche citate soltanto in ACI: Liber de quinta essentia, Rasis, Speculator.
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CHIARA CRISCIANI – MICHELA PEREIRA
Appendice II
TITOLO, INCIPIT ED EXPLICIT DEL TESTO NEI MANOSCRITTI LATINI
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‘AURORA CONSURGENS’: UN DOSSIER APERTO
Cristus qui cum Patre et Sancto spiritu vivit et regnat Deus per infinita secula se-
culorum. Amen.
Anno Domini MDXXVI die sabati vicesima mensis septembris que fuit dies sabati
post Mauricy complevit et scripsit hunc tractatum Valentinus Hernworst civis Erf-
furdensis et est circa horam secundam post meridiem in domo zu dem gulden
laden vulgariter nuncupata apud sanctam (Barsendem?) sita quod manu propria
scriptum et probatum.
Si quis hanc artem perficeret et mille millies annos semper viveret numquam sibi
diebus vite suis deficeret. In anno eodem […] die prima novembris.
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Appendice III
LOCALIZZAZIONE DELLE IMMAGINI NEI MANOSCRITTI
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Appendice IV
DESCRIZIONE DEL MANOSCRITTO R - ROUDNICE, THE ROUDNICE
LOBKOWITZ LIBRARY, NELAHOZEVES CASTLE (CZ),VI FD 26
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(8) p. 114
Dicit Petrus de Crescentiis libro primo, ca. licet ubi loquitur de letamine et ster-
core et cibo plantarum, quod omnis corruptio que est secundum naturam sic fit:
quod extrahitur humidum et remanet siccum decidens in cineres, sicut cito inci-
neratur omne stercus animalium, propter quod animalibus creatus est venter, in
quo cibus corrumpatur et extrahatur ab eo id quod nutrit animal, scilicet humi-
dum nutrimentale. Ipsa enim extractio humidi ipsius, quod attrahitur in cibum,
corruptio est eius, quod nutrit, quod in ventrem ingestum est per manducationem.
Dicit etiam idem ibidem: Scimus autem quod similium in corpore facilior est imi-
tatio, quam eterogeniorum. Hoc etiam ostendunt industrie alkimicorum, quod
optimas quaslibet maturaciones in clibano letaminis precipiunt fieri, vocantes cli-
banum letaminis calorem humidum.
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6. Nel corso del testo vengono nominati diversi alchimisti, fra cui quelli della
Turba philosophorum.
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(seguono dopo uno stacco quattro versi, indicati sul lato come di Ovidio: Ovidius
M.; e poi, dopo un altro stacco, altri due)
Moribus edocto si quicquam credis canuto / vive tibi quarumcumque potes pre-
lustria vita / vive tibi et longe nomina incigna (sic) fuisse / serum pre histri ful-
men ab vivere venit
Ignem preterea tribuere sciveris igni / mercurium cum mercurio tibi sufficiunt
hec.
Riferimenti bibliografici:
Dvořák M., Matĕjka B., Der Politische Bezirk Raudnitz. Teil II. Raudnitzer Schloss
(Topographie der Historische und Kunst Denkmale), Prag 1910 (traduzione tede-
sca ampliata di Politicky okres Roudnicky´. Díl II. Zámek Roudnicky´, Praha 1907).
Bohatec M., A la recherche des trésors cachés, Praga 1970, 68 e ill. 35, 36 (tradotto in
varie lingue).
Obrist B., Les débuts de l’imagerie alchimique, Paris 1982, 183-245.
Gabriele M., Alchimia e iconologia, Udine 1997, 49-96.
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2. Universiteitsbibliotheek Leiden, ms.VCF 29, f. 40v
3. Universiteitsbibliotheek Leiden, ms.VCF 29, f. 41r 4. Universiteitsbibliotheek Leiden, ms.VCF 29, f. 41v
11. Universiteitsbibliotheek Leiden, ms.VCF 29, f. 48r 12. Universiteitsbibliotheek Leiden, ms.VCF 29, f. 49v
13. Universiteitsbibliotheek Leiden, ms.VCF 29, f. 51r
15. Universiteitsbibliotheek Leiden, ms.VCF 29, f. 52v 16. Universiteitsbibliotheek Leiden, ms.VCF 29, f. 53r
23. Universiteitsbibliotheek Leiden, ms.VCF 29, f. 59r 24. Universiteitsbibliotheek Leiden, ms.VCF 29, f. 60r
25. Universiteitsbibliotheek Leiden, ms.VCF 29, f. 60v