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Corso di Alchimia - Lezione 8

Scritto da Viviana Vivarelli


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Categoria: Alchimia
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Autore: Viviana Vivarelli

LE METAFORE ALCHEMICHE

“Adonde vas, peregrino, Dove vai , pellegrino,


sin Camino? senza il Cammino?
Voy afuera.” Vado fuori.

“Adonde vas, peregrino, Dove vai, pellegrino,


por Camino? nel Cammino?
Voy a lejas.” Vado lontano.
“Adonde vas, peregrino, Dove vai, pellegrino,
con Camino? con il Cammino?
Voy adentro.” Vado dentro.

(Dal Cammino di Santiago de Compostela)

Molti scritti alchemici sembrano esperienze allucinatorie e danno ragione a Jung che diceva che l’alchimia è un
processo di proiezione psichica.
“Tam ethice quam fisice”, ciò che avviene nel cuore si manifesta nel mondo.
Con l’alchimia l’universo junghiano sembrò completarsi: simboli alchemici, visioni mistiche, miti arcaici, principi
gnostici, significati onirici… misteriosamente tutto si collegava. La mente di Jung era naturalmente analogica, con
una prevalenza dell’emisfero destro, e la rete di corrispondenze che produsse fu impressionante. Psiche e natura erano
i due volti di una stessa energia che si manifestava. Il Grande Inconscio, o energia universale, si esprimeva non solo
nella psiche ma in ogni cosa vivente e la natura intera poteva essere letta col suo linguaggio. La teoria dell’inconscio
collettivo diventava una metafisica universale. L’alchimia è una scienza analogica, intuitiva e allusiva, che procede
per metafore, create dalla mente irrazionale quando capta l’essenza dell’assoluto. Per Jung l’inconscio è una realtà
obiettiva con un proprio codice di immagini e simboli, che si riferiscono indifferentemente alla natura e all’anima.

La sua vita è un processo costante di trasformazione esterna, lo disse anche nella sua biografia, che era avanzato più
con i mutamenti interni che con gli eventi esterni, era fondamentalmente un uomo spirituale alla ricerca di un modo
per leggere l’Universo e con l’alchimia, il microcosmo psichico e il macrocosmo universale si incontravano.
L’immaginazione attiva era il suo canale sottile che lo collegava agli UNIVERSALI, GLI ARCHETIPI.

Di essi possiamo parlare solo in forma simbolica e i simboli possono essere rappresentati con figure, icone (eikòn =
immagine).
L’uomo è un essere prevalentemente visivo e può avere una conoscenza fenomenica come una conoscenza profonda
del mondo attraverso le immagini interiori.
Le ICONE, o disegni o tavole, fanno parte dell’essenza alchemica, che è un’arte figurativa, una conoscenza totale,
come ogni arte, che, anche quando sembra rivolta al particolare, mira sempre all’assoluto, infatti “L’arte ricerca tutto
l’uomo”.
L’alchimia rispecchia tutto l’universo. I misteri del mondo sono enigmi e gli enigmi, in quanto realtà paradossali, si
rappresentano meglio con immagini.
Il rosacrociano Michael Maier dice che “si può giungere allo spirito attraverso i sensi”. Dell’udito abbiamo parlato.

Per Jung la manifestazione figurativa e simbolica dell’alchimia è la stessa con cui l’inconscio collettivo parla nei
sogni. Decifrare le icone degli alchimisti è come decifrare il simbolismo dei sogni e delle visioni. Ci muoviamo nello
stesso codice.

Vediamo tre esempi.


Ci sono due uomini. Uno sta su una soglia, con un cesto e offre del grano a un altro che entra e ha in mano una
torcia e su una spalla un corvo. Dal cesto che gli viene offerto prende una pigna.
L’uomo con la torcia è colui che cerca la verità (il telesforo), il corvo sulla sua spalla indica che la sua psiche è
ancora nera, ovvero inconscia; la soglia è il passaggio, per esempio dall’ignoto al noto; l’uomo sulla soglia è il
guardiano che trasmette il sacro. Chi entra nella conoscenza, il neofita, prende una pigna dalle cose offerte, perché
la pigna deve seccare per offrire i pinoli, così l’uomo deve morire a ciò che è per produrre vita nuova, deve essere
pronto a morire nelle sue parti vecchie per produrre la nuova rinascita.

Altra figura: l’iniziato ha una forma androgina (è un REBIS, cioè re e regina insieme), ha petto di uomo ma capelli
lunghi e pancia di donna . In una mano ha una tazza, nell’altra una frusta. La frusta è la sofferenza attraverso cui
possiamo arrivare al bene. Due Gemelli lo portano fuori dal tempio. La forma androgina indica che in noi ci sono
sostanze contrarie, che siamo insieme energia femminile e energia maschile. La tazza è ciò che si beve della vita,
cioè il frutto dell’Opera. Il Tempio è il luogo sacro dove avviene il rito. I due Gemelli sono le due anime, quella
terrena e quella immortale, le nostre due nature, i due uccelli della Bagavat Gita.
Terza figura: l’iniziato incontra una figura terribile, il Signore dell’Abisso, che ha in una mano un martello e
nell’altra una cornucopia, egli è seduto su un Serpente marino.
L’io incontra il proprio inconscio (il Signore dell’Abisso), cioè le energie del profondo (Serpente marino). Il martello
è un accessorio di Thor, dio celtico, e indica la potenza della visione folgorante in grado di squarciare il velo di
Maja, cioè l’illuminazione che oltrepassa il mondo fenomenico. La cornucopia promette che ci saranno doni in
abbondanza in ogni fase dell’Opera, cioè dell’evoluzione. Dunque: incontrando il nostro terribile inconscio
spaccheremo col martello il velo della nostra ignoranza ricevendo la visione della verità.

Ultima figura: l’iniziato tiene un cesto e ha nella destra un bastone. Una donna sta vicino a un albero pieno di frutti
d’oro e lo conduce da Apollo, seduto con la lira in mano e un grifone ai piedi.
Il bastone indica il cercatore, il cesto dice che durante la ricerca troverà dei frutti. I frutti d’oro, come i frutti
dell’albero dell’Eden, indicano la conoscenza divina, il tesoro spirituale dei miti e delle fiabe. Apollo è l’energia dei
poeti e degli artisti, la via intuitiva. L’intuizione, o mente superiore, è guidata da una donna (come la Beatrice di
Dante). Il Grifone è un essere fantastico, metà aquila e metà leone, il leone è la potenza della Terra, l’aquila la
potenza del Cielo. Dunque la ricerca ci porterà ad elevare sia la parte materiale che quella spirituale. La lira infine
indica l’armonia tra tutte le cose.
Queste immagini erano chiare agli alchimisti del ‘500 o ‘600, e ognuna di esse sintetizzava lunghe spiegazioni. Dato
il legame tra queste immagini e i sogni, può darsi che alcune di queste tavole nascano proprio come sogni.

Per 30 anni Jung studia centinaia di figure alchemiche, confrontandole con la ricca messe di sogni o visioni suoi o dei
pazienti o alle opere d’arte. Il malato di mente disegna spontaneamente immagini di guarigione, il disturbato psichico
crea sogni, il pittore manifesta visioni e queste immagini parlano là dove la mente non arriva con un simbolismo è
fecondo e attivante. Anche se enigmatiche, queste immagini mostrano che esiste un movimento che sembra guidato a
uno scopo. Lo scopo è il senso totale dell’essere che attira il soggetto verso la sua attuazione, ovvero un principio
teleologico di individuazione.
Jung dice: “La psiche è uno dei fenomeni più oscuri e misteriosi che si presentano alla nostra esperienza…
Nell’anima esiste un processo indipendente da condizioni esterne, indirizzato alla ricerca di una meta… un
progredire verso un fine… Paziente e medico cercano l’uomo totale non ancora manifesto, l’uomo più grande e
futuro”.
La via che porta all’Uomo Totale è lunghissima, una serpentina che unisce gli opposti, simile al Caducèo mercuriale
indicatore del cammino e della scelta, e chiede un coinvolgimento completo, dell’uomo esteriore come dell’uomo
interiore.

Jung stabilisce analogie tra processo alchemico e processo psichico. Vivere è svolgere un cammino di individuazione,
cioè alimentare la parte conscia con le energie inconsce, così da illuminare progressivamente l’anima e attuarne le
potenzialità. La vita dovrebbe evolvere, cioè uscire da uno stato di caos, sofferenza e opacità, per purificare la propria
essenza, conciliando i nostri opposti e sviluppando la nostra parte spirituale, così da arrivare a livelli superiori di
chiarezza. Solo il saggio conosce questo processo che in assoluto non ha mai fine.
L’individuazione è il viaggio verso il Sé, percorso di continua trasformazione. L’alchimia è pertanto una ricerca
iniziatica, verso i modi in cui l’anima si trasforma mentre esegue trasformazioni parallele nel regno della natura o
della vita. Operando si cambia. Questo per noi è più facile da capire se ci caliamo in un sacerdote, un mistico, un
saggio, ma non ci aspettiamo che uno scienziato moderno, nel suo lavoro, si trasformi interiormente, mentre
l’alchimista era persuaso di fare uno sviluppo spirituale; se la natura è spirito, camminando nella natura camminiamo
nello spirito, così come avviene con la preghiera.
Per un saggio orientale non c’è distinzione tra chi affina se stesso in un cammino sociale o mistico e chi segue un
percorso scientifico, le vie sono tante, lo scopo può essere lo stesso, solo l’Occidente ha diviso il mondo tra vie
dell’anima e vie della materia, ma, se noi intendiamo che ogni ricerca può essere una ricerca spirituale, possiamo ben
capire che non è il genere di sentiero che ci porta a Dio ma il modo con cui lo percorriamo. In India si dice: molte
sono le scale per scendere al Gange, cioè molte possono essere le vie per arrivare a Dio.
La nostra distinzione tra materia e spirito ha creato due modi diversi di usare la coscienza, per questo abbiamo
difficoltà a vedere l’alchimia come un’arte spirituale, ma per l’alchimista: “Il fine della scienza delle trasmutazioni è
la trasmutazione dello spirito stesso”.
Il concetto di simbiosi (il soggetto deve diventare l’oggetto) è più facile in relazione all’analista psichico. In analisi
abbiamo un oggetto e un soggetto apparentemente distinti, il sintomo e l’analista, tuttavia una vera opera comincia
solo quando l’inconscio dell’analista e quello del paziente si incontrano a livelli non visibili, vibrano insieme, si
sintonizzano su una stessa lunghezza, sono due inconsci che si incontrano, diventano uno. Freud stesso aveva
sperimentato fenomeni di telepatia, Jung conosce anche la premonizione. È nel luogo della comunicazione invisibile
che comincia una duplice trasformazione, la natura globale di entrambi si mette in cammino realizzando un lavoro
comune dove è difficile dire chi è il trasformato e chi il trasformatore, finché la guarigione, come Opera finale,
illumina entrambi. Jung faceva un gesto ad arco con la mano per indicare che il luogo della trasformazione invisibile
stava tra lui e il paziente, come si creasse un tertium creato dalle loro energie.
Ecco che, quando il miracolo è realizzato, si comprende che ambedue hanno partecipato a un processo che li ha visti
vicini e li ha attraversati in senso religioso.
L’analisi somiglia molto a un rito. Non diversamente è rito il gioco terapeutico di Patch Adams, il medico clown, il
quale crea un cerchio magico di guarigione, attraverso oggetti, atti e coinvolgimenti, in cui qualcosa è sacralizzato,
trasforma energia, allontana il dolore.
La differenza tra il medico della prima psichiatria ottocentesca e l’analista junghiano è che quello trattava il malato
come un corpo morto disposto sul tavolo dell’obitorio, attento solo al sintomo materiale, questo tratta l’essere umano
come essere spirituale, tendendo l’ascolto al messaggio dell’anima.
Jung ha inventato un’arte che interagisce con l’uomo, un teatro di anime dove si rende visibile l’invisibile e dove la
parola ha un afflato magico e potente, un teatro di energie in mutamento, dunque un luogo alchemico.

Consideriamo anche come lavora. Freud stendeva il paziente sul famoso lettino e stava fuori dalla sua vista,
ascoltandolo parlare e prendendo appunti. Jung siede davanti all’altro, ginocchia contro ginocchia, occhi negli occhi e
prendendogli la mano. Il rapporto è intimo e simbiotico. Sappiamo cosa accade quando tocchiamo un altro e ci
spogliamo del nostro ego, la sua energia ci penetra, entra dentro di noi e siamo una cosa sola.
Jung agisce come uno sciamano che entra in contatto telepatico e simbiotico con l’altro, al di là delle coordinate
percettive ordinarie. Egli è dunque nelle condizioni di comprendere il gioco delle energie sottili.

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Il motto alchemico “Solve et coagula” diventa in analisi: “Analizza tutto ciò che sei, dissolvi in te le cose inferiori e
ciò che ti limita (le scorie), e poi ricomponi i tuoi contrari in una cosa nuova”.
Tutto il lavoro di Jung si basa sull’analisi degli opposti e sulla loro riarmonizzazione, questo per Freud significava
solo lavorare sull’ambivalenza degli affetti verso le figura parentali, con Jung si allarga a un senso universale in un
cammino che ci porta a Dio.
Mircea Eliade, grande storico delle religioni, dice che la presenza di Dio si manifesta nell’esperienza profonda della
psiche come coincidentia oppositorum. Tutte le religioni e le teologie ci attestano che questa è la formula più arcaica
e comune per esprimere la realtà divina. Attraverso gli opposti perveniamo all’unità. Negli opposti viviamo la
sofferenza e la separazione, nell’unità troviamo la calma e la pacificazione.
Partiamo dal visibile dell’uomo per arrivare al suo invisibile, in questo cammino le distinzioni tradizionali tra psiche
e materia, o tra apparenza e essenza, scompaiono. Anima e natura si guardano come specchi e si riconoscono.
In analisi, come in un rito religioso, in una cerimonia magica o in un processo alchemico, l’operatore, i mezzi usati,
l’iter, le formule e lo scopo non sono separati ma formano un tutto unico. Materiale e immateriale non sono entità
distinte. Tutto è trasfigurato e unificato nel divenire che porta ciò che è oscuro a esser chiaro. A Lourdes l’acqua non
è acqua ma potenza salvica, che può produrre trasformazione nell’anima come nel corpo; la fede, che è potenza
invisibile interna, può tradursi nella rigenerazione delle cellule, energia manifesta e non manifesta coincidono.

Se smettiamo di distinguere il mondo tra materia e spirito e lo intendiamo come Uno e totale, Energia dai molti
aspetti, ecco che molti diaframmi scompaiono.
I paradossi dipendono dalle categorie separative della mente razionale ma non esistono per la mente analogica che
intuisce una sola realtà, un continuum, manifesto o implicato, che vive nel visibile come nell’invisibile e dove ogni
cosa esiste in virtù del suo contrario, il bene esiste in quanto esiste il male, la vita esiste in quanto esiste la morte.
Non c’è in Jung nessuna svalutazione platonica della natura, ma piuttosto una posizione quasi orientale volta al
superamento delle separazioni e gerarchie. Il ricercatore induista o buddhista può somigliare all’alchimista medievale
nel senso che si muove in un universo unitario.
La difficoltà per un occidentale a capire l’Oriente deriva proprio dal fatto che il primo continua a separare fisica da
metafisica, svalutazione lo spirito, e ugualmente separa nella sua consapevolezza dentro da fuori, spirito da materia,
anima da divino, mentre per molti orientali e alcuni occidentali, vedi Steiner o Hesse, questa separazione si annulla e
qualunque fisica è indifferentemente una metafisica.
Così l’alchimia è una ricerca intuitiva che si volge, tramite canali sottili e spirituali, alla natura in Sé. Non possiamo
metterla tra le scienze empiriche perché essa partecipa a qualcosa di magica o di mistico. Ci fa entrare profondamente
nel simbolo vivente (Serpens mercurialis, Sanctus Spiritus, Anima Mundi, Veritas, Sapientia…).
La metafora oltrepassa il luogo della denominazione o dell’immagine e diventa indicatore di ciò che sta oltre il
comprensibile. Il linguaggio esoterico, con i suoi misteri e i suoi simboli, è esso stesso strumento iniziatico, porta per
l’altrove, il simbolo non si riferisce a ciò che è ma ad altro da sé.

ELEMENTI E ARCANI- IL MERCURIO ERMETICO

“Alcuni intendono il mondo attraverso numeri, altri per immagini”


(V.)

Abbiamo visto alcuni simboli alchemici: la Scala, la Pietra, il Rebis, il Piombo e l’Oro, la Grande Opera e la Piccola
Opera, l’Uroboro, le Nozze Alchemiche, la Viriditas…. Esso riprendono simboli esoterici che sono eterni.
Così anche un procedimento chimico è manifestato per immagini. Già gli Egizi avevano rappresentato i simboli
chimici con animali.
Per esempio il Leone rosso è il sole e l’oro; il Rospo e il Corvo indicano la putrefazione; la Colomba, l’Aquila, il
Serpente e il Leone Verde sono la Luna dei filosofi o Pietra Filosofale o il Mercurio, che è lo spirito della
trasformazione. Il Lupo è l’antimonio. Il Drago il salnitro. Il Serpente l’arsenico.
Si hanno delle correlazioni qualitative. La ricetta per un preparato chimico suona così: “Il Leone rosso combatte
contro il Lupo grigio. Lascialo vincere e chiudilo in una prigione trasparente con 12 Aquile vergini e affida la chiave
a Vulcano. Le Aquile attaccheranno il Leone, dilaniandolo. Quando esso andrà in putrefazione, cercheranno di
fuggire via, ma Vulcano ha chiuso le porte, perciò anch’esse andranno in putrefazione, Corvo e poi Pavone e infine
Colomba che si trasforma in Fenice, bruciata anch’essa da Vulcano nella sua prigione.”
Ciò vuol dire: purifica oro con antimonio, versalo in provetta con 12 parti di mercurio, chiudi e riscalda e vedrai ogni
colore, infine un grigio che tende al bianco e, aumentando il fuoco, un giallo limone che tende al rosso.
Come si vede, non è facile decodificare un preparato o un procedimento.

Si diceva che gli alchimisti potessero trasformare il Piombo in Oro, il che voleva dire aumentare il grado di una
sostanza, convertendo verso l’alto la sua frequenza. Oggi sappiamo che ciò che distingue una sostanza da un’altra è la
sua configurazione atomica (numero di protoni e di elettroni e loro legami), e che, aumentando il numero di elettroni,
si può risalire la scala degli elementi, una spiegazione che rientra nell’ambito della materia, ma i termini alchemici
non hanno limitazione territoriale, abbracciano tutti i livelli, materiali e sottili.
La trasformazione del piombo in oro è stata di fatto realizzata: nell’acceleratore di particelle di Dramstadt si portano i
nuclei atomici caricati elettricamente, per es. quelli dello stagno dal numero atomico uguale a 50, a una velocità pari a
quella di un decimo della luce, così da superare la forza repulsiva degli altri nuclei atomici, rendendo possibile una
fusione e realizzando un nucleo che ha 79 protoni, cioè oro.
Ma in alchimia il PIOMBO alchemico non è soltanto il piombo materiale, indica simbolicamente tutta la materia vile,
l’energia grossolana e non purificata, la sostanza di basso grado, il punto di partenza del processo trasformativo. E
l’ORO non è realmente l’oro materiale ma l’energia di grado elevato e purissima, meta di ogni trasformazione che
riguarda anche l’Anima. L’oro è un simbolo molto antico attinente alla materia degli dei. Quando i Veda parlano di
Oro intendono l’immortalità.
C’è una gerarchia dei metalli: Piombo, Ferro, Rame e Stagno, considerati corruttibili. Oro e Argento puri. Ma,
fraintendendo sui significati, molti alchimisti cercarono realmente l’oro materiale e molti cacciatori di ricchezza li
inseguirono per carpire il loro segreto, segreto che fu attribuito anche ai Templari, perseguitati anch’essi per avidità
materiale.
Una volta ebbi per sei mesi una voce diretta che parlava ogni tanto fuori di me e mi diceva brevi frasi. Una di queste
fu: “Cerca Mercurio”. All’epoca io mi spaventai ma non capii il significato di questo avvertimento. Se fossi stata una
paziente di Jung e fossi andata da lui spaventata per questo messaggio, mi avrebbe tranquillizzata dicendo che il mio
inconscio mi diceva soltanto: “Cerca la tua trasformazione!”
Vediamo dunque un altro simbolo forte: il MERCURIO (o Argento vivo). Chimicamente, esso è il solvente per
eccellenza, scioglie anche l’Oro e l’Argento. Gli antichi artigiani purificavano l’Oro e l’Argento sciogliendoli con
Mercurio, poi col fuoco allontanavano il Mercurio estraendo il metallo puro, per questo il Mercurio era chiamato
‘principio femminile senza forma’; si sapeva che esso scioglieva lo Zolfo giallo (principio maschile o fuoco solido)
producendo il Cinabro (sostanza rossa, detta ‘sangue matriciale’) e si diceva che il Mercurio ‘sposava’ lo Zolfo.
Ma Mercurio non è solo un solvente, è anche la trasformazione, che comprende l’operatore stesso, il suo fuoco
interiore, la meta dove deve andare. Esso indica la sostanza in mutamento, proprio perché può manifestarsi in tre
stati, solido, liquido e volatile.
L’argento vivo è l’immagine dell’energia che vivifica internamente ogni cosa, lo spirito o energia nascosta nella
materia, la forza creatrice del mondo.
Il Mercurio sta all’inizio e alla fine dell’Opera, perché la stimola e la porta verso di sé come meta. E’ dunque
l’Uroboro, il Drago che divora se stesso, l’essere ermafrodita che si scinde in fratello e sorella, Re e Regina e poi si
riunifica nell’Uno, dominando tutte le antinomie del mondo.
Oltre a trasformazione, Mercurio vuol dire ‘passaggio’ e l’antico dio greco ERMES era l’energia del passaggio da
uno stato all’altro, un dio intermedio, tra il mondo dei vivi e quello dei morti, la Terra e il Cielo, o anche l’energia che
passa da un livello dell’essere a un altro.
Così il Mercurio alchemico è lo spirito che attraversa mondi diversi, e in alchimia viene detto argento vivo o acqua
permanente. Occupa allo stesso tempo il posto più basso, prima materia, ma anche quello più alto, lapis
philosophorum.
Tiene sotto i piedi il Sole e la Luna. È rappresentato dall’Uovo dei Filosofi, vaso alchemico o ampolla dell’anima. Il
suo simbolo è il CADUCEO, simbolo dell’energia. Re e Regina stanno nella coppa da cui nasce il Caduceo. Si parla
anche di ‘Spirito mercuriale’ o DRAGO, in quanto energia allo stato puro. Quando nei miti l’eroe sprofonda nel suo
immaginario, si dice che è divorato dal drago e può trattarsi del suo inconscio o del caos primevo di tutte le cose;
dovrà farsi strada nel ventre del drago e lentamente liberarsi. Così Giona nel ventre della balena o Sigfriedo nel
sangue del drago nibelungico o Merlino nel mito di Excalibur. Analogamente l’uomo scenderà nel profondo della
nekuia per riemergerne rischiarato, calerà nell’oceano dei simboli inconsci per esserne modificato. Nessuna
trasformazione è proficua se non dall’interno.
Il DRAGO è una grande immagine dell’energia che compare nelle fiabe e nei miti e piace tantissimo ai bambini.
Pensiamo ai draghi cinesi o a quelli maia o ai draghi delle saghe del centro Europa, ma anche nel mondo cristiano
troviamo l’eroe che deve uccidere il drago, San Giorgio, cioè deve domare la sua energia e spesso, grazie
all’immersione nel suo sangue diverrà invulnerabile. Un equivalente è la balena di Giona o di Pinocchio, che è il caos
primordiale dell’inconscio che può divorarci.

Laura sognò che ero davanti a una fossa di terra nera che brulicava di serpenti, per conoscerli mi calai nella fossa e
la terra si riversò su di me. Solo così la terra nera poté ribollire e dal suo centro prese a sollevarsi una colonna
sottile come un alambicco entro cui salì del fuoco liquido che infine esplose dal collo come un fuoco d’artificio,
spandendosi tutto attorno.
Laura sogna il procedimento alchemico che sta avvenendo in lei grazie a me, per cui proietta su di me la sua
trasformazione, mi usa come un alter ego. È lei la fossa di terra e l’alambicco, lei l’Athanor, lei i serpenti. È il sogno
stesso che introduce il simbolo del SERPENTE, come Mercurio filosofico, serpens mercurii, materia prima della
trasformazione, energia da trasformare e spirito della trasformazione. È, Mercurio, uno spirito ctonio che abita la
materia, il caos originario che si cela nel creato e in ogni cuore, la sostanza inconscia, è uno spirito astuto come il
serpente dell’Eden che cerca in ogni modi di ostacolare la Grande Opera, il precursore ingannevole che deve essere
domato. Il serpente è simbolo dell’energia presso molti popoli antichi, vedi la setta degli Ofiti o dei Nasseniani (naas
in ebraico è serpente come il greco ophis) che lo prendevano come indicatore del potere creatore di Dio. Mosè con
una verga a forma di serpente percuote la roccia e ne fa scaturire una sorgente.
Un altro grande simbolo la PIETRA FILOSOFALE, che si chiama Pietra ma non è una pietra e nessuno sa cos’è,
non è una formula, né un procedimento, né una sostanza né un modo di essere. La prima volta che Jung sprofonda
nella nekuia, si trova immerso in un’acqua scura e un nano gli mostra una roccia su cui è posato un rubino. La Pietra
Filosofale è detta, a volte, Pietra Rossa. Alcuni cedettero che la Pietra fosse il misterioso procedimento per
trasformare il piombo in oro, poiché alcuni alchimisti erano diventati molto ricchi e si spiegava così il loro
arricchimento. Questo si disse di Nicola Flamel che nel 1400 fece molti doni a cappelle e ospedali, o del chimico
belga Van Helmont o del giovane scienziato James Price, che, nel 1782, affermò di aver trovato il segreto della
trasformazione ma si uccise prima di provarlo.
Sicuramente si diceva che alcuni alchimisti fossero molto ricchi, ma di quale ricchezza? Quella dell’oro materiale
(oro del volgo), o quella dell’oro spirituale (oro dei filosofi), la conoscenza?
Non sappiamo cosa fosse la Pietra Filosofale, forse un fantomatico reagente universale che stimolava il processo, o
una matrice o una procedura, o forse uno stato alterato di coscienza, come quello di Böhme che di colpo intuì i segreti
delle erbe. A volte la Pietra indica il processo stesso nella sua globalità, comprensivo di materia, operazioni pratiche e
disposizione spirituale. Pietra Filosofale può essere tutto: sostanza, procedimento, comportamento e risultato, la
totalità dell’arte, l’elisir… (tanto che in arabo ‘pietra filosofale’ ed ‘elisir’ sono una stessa parola, al iksir ), ma che
significa? Il segreto fascia la storia. Abbiamo una scienza spirituale, che dunque non si può esplicare ma vivere, in
cui ci si trasforma mentre si trasforma, e che non procede solo tramite la ricerca ma anche con salti visionari. La
Pietra è quell’intuizione dei segreti della natura che permette di accelerare i processi di trasformazione, ma per
trovarla la ragione non basta, la ragione è immersa nella materialità “è come colui che nella barca cerca di vuotare il
mare”; per penetrare il segreto della natura occorre l’Illuminazione, tanto più difficile quanto più casuale, magnanima
con i puri, sfuggente agli ignavi. La Pietra infine riunisce insieme la materia dell’umano e lo scopo superiore, può
essere materia ma materia che ha in sé una scintilla divina, dunque pietra di Dio, Dio calato nella materia che ritrova
se stesso.

Sogno di Anna: “Scendevo in una caverna dove scorreva un fiume disseccato con due sponde, io su una sponda
guardavo sull’altra dove tre maghi facevano lievitare delle grosse pietre e, quando le pietre erano sollevate, da esse
usciva pioggia.” Sulla nostra sponda terrena la pietra è inanimata e non vola, sulla sponda della conoscenza infinita
nessuna cosa è inanimata, pesantezza e leggerezza come animato e inanimato sono solo categorie della mente
ordinaria, il miracolo è vedere divinamente (il tre è cifra divina) che anche dalla pietra può sgorgare acqua, cioè vita,
come dalla coscienza inerte sgorga l’Acqua della Vita. Il Lapis si identifica con Aqua Vitae, LAPIS ha mille nomi e
uno di essi indica anche il Cristo, Cristo pietra angolare, Cristo acqua di Vita Eterna.
L’Arcano del CARRO è il percorso dell’uomo, dal drago (energia istintiva o inferiore), al cane (energia
addomesticata o civile) e infine all’angelo-sfinge (energia divina che ci parla per enigmi), tre fasi dell’evoluzione,
dalla conoscenza rettile a quella mammifera e quella angelica. La SFINGE del mito di Edipo era una creatura con
testa di donna, ali di aquila, corpo di leone e coda di drago mentre quella egizia aveva corpo di leone e testa umana. Il
significato esoterico della Sfinge si snoda attraverso il mistero della quadruplicità dell’uomo; la testa umana è lo
spirito, le ali d’aquila l’anima, le membra di leone sono il simbolo dell’energia della mente, mentre i fianchi di toro
rappresentano il corpo fisico. Nel mondo egizio la Sfinge (leone con testa di donna, cioè potere terreno dominato
dall’intuizione) indica la conoscenza superiore. Il Cristianesimo riprenderà il mito della Sfinge attraverso i quattro
evangelisti avranno come simboli un uomo, un leone, un toro e un’aquila. In seguito gli alchimisti si approprieranno a
loro volta dei quattro simboli per indicare i quattro elementi: terra, aria, acqua e fuoco.

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Altro Arcano importante è l’UROBORO, il serpente che si mangia la coda, la forma più semplice del mandala, che
esprime un concetto di continuità, di ciclo di vita che si perpetua, di continuo cambiamento, e anche di coincidenza di
opposti, spirito e materia, ciclo che si chiude tornando all’inizio. “Se vuoi realizzare la nostra Pietra, sii senza
peccato, realizza una vita dedita alla perfezione del mistero dello spirito” .
Alchimia è ricerca del Graal, coppa del sangue del Cristo dunque della conoscenza umana e divina, percorso verso la
parola perduta, verità che è in noi e anche fuori di noi. Il GRAAL è la magica coppa dove Cristo bevve all’Ultima
Cena, quando disse: “Questo è il mio sangue e questo è il mio corpo, bevetene e mangiatene per ricordo di me”, la
coppa che raccolse il sangue che uscì dal suo costato sul Golgota. La ricerca leggendaria del Graal è la ricerca della
propria anima.
La Pietra che trasforma il Piombo in Oro è l’informazione superiore che cambia l’uomo in Super-Uomo, la GNOSI,
conoscenza spirituale con cui si cambia la materia vile in essenza immortale. Trai da te il tuo Atman e portalo al
Brahman divino. Psichicamente è simbolo dell’Io, il processo di Individuazione, mediante cui ognuno diviene ciò che
è, come l’oro grezzo, lasciate le scorie, diventa oro puro e fulgente. L’athanor o crogiolo è la psiche stessa, il vaso in
cui avviene l’Individuazione, a forma di conca, utero o botticella, in cui avviene la gestazione della persona nuova.

Il motto dell’alchimia è V.I.T.R.I.O.L., Visita Interiora Terrae Rettificando Invenies Occultum Lapidem = scendi a
conoscere i territori profondi (del tuo inconscio), correggendo te stesso troverai la pietra nascosta, cioè la tua stessa
base. Haec enim res a te extraitur, cuius etiam minera tu existis” , la Pietra che cerchi sarà estratta da te stesso, come
se fossi una miniera. È la metafora dei nani di Biancaneve o la visione di Jung che precipita nella caverna guardato da
un nano, il guardiano della soglia. Dorneus dice: “La sostanza arcana è sempre la stesa, si trovi all’esterno o
all’interno dell’uomo”. E tuttavia solo pochi riescono a fare tutto il percorso e giungere alla meta.

FASI DELL’ALCHIMIA

“Signore, molti sono presso il pozzo, ma nessuno è nel pozzo”


(Vangelo di Tommaso)

C’è un solo modo per comprendere l’alchimia ed è viverla come qualcosa che parla di noi, che ci riguarda. In ogni
altro senso essa diventa una simbolica inutile e astratta. L’alchimia rappresenta per immagini il compito della vita,
parla di quello che ci accade, del nostro cammino di ogni giorno. Stiamo parlando dell’anima e di qualcosa che si
elabora in noi e appare nel sogno, nei luoghi dell’inconscio. Questo lavoro si chiama Opera. L’Opera Minore è quella
che si compie fuori di noi; l’Opera Maggiore è quella che avviene dentro di noi, come trasformazione della nostra
essenza e interiorità. Il processo alchemico è fatto di operazioni e mutamenti che tendono alla totalità; la crescita
finale è l’albero alchemico con le radici in alto e i rami in basso, che indica che proveniamo dal Cielo per fare
esperienza nella materia e ritornare al Cielo.
Le fasi del processo sono indicate in una sequenza di colori: NERO, ROSSO, BIANCO e ORO, sia per la
materia-anima che per l’anima-materia, per cui avremo un’Opera al Bianco, un’Opera al Nero, al Rosso e d’Oro.
-Il NERO o NIGREDO è il punto di partenza, l’origine, il caos primitivo privo di identità, la materia indistinta, la
massa confusa, l’essere inconscio ancora dominato dall’ombra, che non conosce il suo senso e il suo scopo, trascinato
dagli impulsi, indifferenziato e inespresso, che lotta coi suoi impedimenti, l’uomo che è insieme essere e non-essere,
salvezza e colpa, caos e desiderio di ordine, l’uomo che deve individuarsi per poter capire e correlare giustamente sé
agli altri.
I suoi simboli nelle tavole alchemiche sono il CORVO o la CORNACCHIA perché sono neri e luttuosi e
appartengono al mono dell’Ombra. Giustamente il nero è il colore dell’adolescente, pieno di impulsi ma ancora
ignoto a se stesso, non consapevole.
Il nero è l’ISIDE VELATA, cioè la conoscenza oscura a se stessa. Iside è la dea suprema che rappresenta la natura
ma è anche la ricerca, in particolare quella esoterica, colei che ha in sé il segreto della vita e della fecondità, della
morte e resurrezione. Il suo simbolo è la croce ansata o Ankh che esprime lo slancio dello spirito verso l’alto e il
ritrovamento del Sé.

All’inizio l’Io è tutto chiuso nel proprio egocentrismo e nella propria inconscietà. In analisi scendere nella nigredo
significa scendere nella parte buia dell’inconscio, questa fase è dura e pesante, prevede sacrificio, scioglimento e
macerazione; il suo pianeta è SATURNO, che è l’energia della difficoltà, lo sforzo faticoso che non riesce a
maturare, la forza che rende rigide le cose, che si oppone ai cambiamenti e dà paralisi e torpore, corrisponde a quei
periodi della vita dove tutto si ferma e diventa immobile e insopportabile, gli astrologhi chiamano Saturno ‘il Gran
Malefico’, è domiciliato in Capricorno e Acquario che sono opposti ai domicili delle illuminazioni e dunque alla luce
e alla gioia, giustamente è connesso alle ossa, perché il suo transito produce dolori osteomuscolari, paralizza
l’organismo e gli dà un senso di impotenza e vecchiaia. Saturno porta dispiaceri e prove, è rappresentato come un
vecchio che cammina a fatica o come la morte con la falce, segno tuttavia positivo che dice: “Cerca l’essenziale e
liberati delle scorie. Sei in un momento di cambiamento”. Induce al distacco, alla maturazione, ma è una maturazione
difficile, irta. La vita è percorsa da prove ricorrenti in cui dobbiamo piegarci ad abbandoni, rinunzie, perdite. Ogni
tanto ci sembra di essere caduti in buca, di non avere più speranza, di essere imprigionati, è la negritudo. Saturno ci
dice che ci siamo fissati in qualcosa, siamo incatenati, e dobbiamo scioglierci dalle passioni e andare avanti. Il
complesso saturnino è proprio questa opposizione, questo attaccamento al passato per cui non vogliamo adattarci al
cambiamento perché non ci piace. Il mito è quello di Saturno-Cronos, il titano che divora i suoi figli , che dunque non
accetta il futuro, non accetta di essere detronizzato, rappresenta una energia psichica cannibalica che ci divora e non
ci fa crescere, non permette alle forze nuove di soppiantare quelle vecchie, è la fame divoratrice, la fame di vita che
però non sa vivere, il desiderio insaziabile ma immobilizzato, l’incapacità di adattarci all’evoluzione della vita.
Cronos vuol dire cornacchia e il dio è rappresentato con una cornacchia sulle spalle . La cornacchia è un uccello di
malaugurio ma era ritenuta oracolare, la leggenda diceva che conteneva l’anima di un re, dunque ci reputiamo re ma
re imprigionati nel corpo di una cornacchia, re mutilati, istinti imprigionati. Abbiamo un qualche eccesso che ci
impedisce di crescere e di fare buon viso a cattiva sorte, restiamo attaccati alla nostra avidità, vorremo inglobare più
vita e produciamo bulimia, gelosia, avarizia, ambizione… o viceversa mancanza: egoicità, incapacità di considerare
l’altro, freddezza, pigrizia, mancanza di amore, scarsità di fantasia… il risultato è la depressione, la malinconia, il
pessimismo, la paralisi. Continuiamo a pensare a qualcosa che non esiste o non esiste più, una specie di paradiso
ideale velleitario che è contraddetto dalla realtà, il risultato è che non facciamo niente di quel che è possibile per
cambiare la nostra situazione reale e viviamo nell’amarezza e nell’immobilismo. La perfezione sarebbe bella ma non
c’è, dunque dobbiamo affrontare quel che c’è e lavorare su quello. Nessuna situazione è tale che non si possa
modificarla. Plutarco ci narra che Cronos è prigioniero in un’isola, imprigionato in un sonno pesante, il mito dà l’idea
della psiche che è prigioniera di se stessa senza movimento. Naturalmente Saturno è correlato alla TERRA e
al PIOMBO, che dà un senso di pesantezza e torpore. Le immagini vogliono creare il senso di una materia pesante e
scura che deve essere separata e analizzata, abbiamo qui l’arresto del ciclo, nella psiche sarà un momento faticoso,
ostacolo e frattura, inerzia e depressione, pesantezza del vivere. Questa prima tappa è la NIGREDO, il nero del caos
primigenio, da cui però tutto può nascere e che contiene tutto, il non mondo prima della creazione formicolante di
possibilità, il calderone di Odino. “Nigredo è la confusione o caos che nascono dallo scontro tra coscienza e
inconscio. Da questa collisione emergono simboli che sono unificatori e possiedono carattere di totalità”. Dunque
dobbiamo ripartire con l’elaborazione.

Si prenda la prima materia (Sale o terra o acqua o Mercurio…), cominciando dalla primavera sotto il segno
dell’Ariete (slancio dell’inizio). La materia sia sgrossata, lavata, liquefatta, separata… Questa prima fase del ciclo
rappresenta le lotte che l’essere umano affronta per elaborare se stesso, sgrossarsi e purificarsi… il lavoro psichico.
Per rinascere occorre morire, per avanzare occorre rischiare, per vivere occorre trasformarsi e lasciare dietro di sé la
propria buccia disseccata, le scorie. Se non si lascia indietro qualcosa di vecchio, non si può accogliere qualcosa di
nuovo. La vita intera è una continua trasformazione, ne abbiamo già avute, ne siamo rinati. Passeremo anche questa.
In questa prima fase l’elaborazione può comportare più operazioni: la ‘calcinazione’ corrisponde a nuovi interessi o a
una nuova vita, un fare nuovo o un essere; se muore la parte profana si esalterà la parte spirituale; la ‘putrefazione’
corrisponde all’autoanalisi, in cui nell’Io si differenziano parti opposte e vecchie figure, vecchie idee, marciscono,
putrefanno, si sciolgono da noi; è l’impulso a superare ciò che si crede di essere, facendo deperire le parti vecchie per
ricreare parti nuove in cicli successivi. Il Saturno che non fa più figli deve essere lasciato indietro per la nuova
germinazione dell’Ariete, il segno della rinascita e della fecondità che è illuminato da Marte, la forza, la grinta e
l’Ariete è legato ad Agni, l’agnello sacrificale, e al fuoco. Se il mondo attuale è grigio e sconsolato, se nella
situazione in cui siamo non vediamo nascite, tuttavia ci aspettano nuove possibilità da altre parti, nuove possibilità di
libertà e potenza. Dopo Cronos c’è Zeus, la potenza. Dopo il punto più basso del ciclo c’è la ripresa. Gli alchimisti
parlavano di un Piombo bianco, detto anche Mercurio ermetico, per intendere che nella materia, per pesante e
immobile che ci possa sembrare, c’è la vita. Paralceso diceva: “Se gli alchimisti sapessero ciò che contiene Saturno,
abbandonerebbero ogni altra materia per lavorare solo su quello”. Nel piombo che è la nostra anima c’è lo spirito.
La materia è impregnata di forza spirituale, ha in sé la capacità del cambiamento, è la matrice dell’evoluzione
trasformatrice. Occorre dunque lavorare sul piombo, perché esso contiene, potenzialmente l’oro. Nella cornacchia c’è
un re.

Il lavoro analitico è passare dall’unità indifferenziata alle parti, distinte in opposti complementari. Poi ogni coppia
deve essere analizzata e riconosciuta. Il motto è: “Solve et coagula” cioè separa e analizza, per poi ricomporre; sciogli
la materia per solidificare l’essenza, ovvero lo spirito. Questo è anche il compito dello psicologo.
La prima materia è la psiche all’inizio del processo, che contiene due energie contrarie, conscio e inconscio, o anche
intelletto e emozione, o parte yin e yang, femminile o maschile. Esse devono incontrarsi e abbracciarsi; l’analisi o la
sofferenza le uniscono e le fanno uscire dai loro limiti; nella tensione con l’inconscio l’anima entra in una notte buia,
ma da essa risorge con punti di chiarezza, aiutata dall’intuizione (mente conscia lunarizzata). L’analisi degli opposti
porta a individuare un principio maschile e uno femminile, Sole e Luna, Re e Regina, lati opposti dell’archetipo.
Verranno distinti per essere riuniti (nozze alchemiche) e diventare di nuovo l’Uno (l’androgino o Rebis), da cui inizia
un nuovo ciclo a un piano più alto. La prima materia contiene una energia germinale femminile e una energia
germinale maschile, Luna e Sole, Mercurio e Zolfo, Regina e Re. L’energia femminile e quella maschile, una volta
individuate, dovranno sposarsi, “Regina e Re in un bagno sono sciolti e sposati, in dissoluzione”. Re e Regina
indicano ogni coppia di opposti e sono anche ragione e intuizione, determinazione e creatività, conscio e inconscio,
materia e spirito. Sotto il recipiente sigillato si metta del fuoco finché i due siano anneriti, nigredo o ermafrodita
(fusione delle due energie), cioè si confondano fino a dare un risultato che abbia le frequenze di entrambi, armonia,
matrimonio. Il RE-BIS è la cosa doppia (res bis), maschio e femmina insieme, somma del principio maschile e di
quello femminile, cioè la personalità completa e integrata. Nei sogni la nigredo appare come una notte cupa, un buio
misto a pioggia, la perdita della via di casa, un oceano grigio e tumultuoso.

La seconda fase è l’OPERA AL ROSSO, OPUS RUBEDO, sorgere del Sole, Re, fiamma, fuoco
alchemico, ARIETE; il suo simbolo è il strong>PAVONE, che contiene nella sua coda tutti i colori e la dispiega
come una ruota solare, riferimento a Dio , il pavone combatte i serpenti, energia negativa, simbolo del legame
terreno, ed è apparentato al fuoco come il serpente all’acqua; il pavone mangia i serpenti ma trasforma il loro veleno
in bellezza, sublimazione. Un altro simbolo è il PELLICANO che nutre i piccoli col sangue del suo seno, generosità e
sacrificio, come il Cristo che versa il suo sangue per noi, questo dice che nella materia prima è contenuto tutto, che
essa può trarre dal suo seno il sangue per nutrire gli altri. Il Rosso è la fiamma che unisce gli opposti e fa coesistere i
contrari, bruciando le scorie: fase di RUBEDO, in cui i metalli sono scaldati nel fuoco, protetta dal trionfante Giove,
energia del successo ma anche della legge, correlata allo STAGNO, duttilità e cambiamento, nelle saldature lo stagno
è un legante, viene anche unito al rame nelle pentole affinché il cibo sia protetto dalla sua tossicità. Psichicamente il
rosso fuoco:significa:brucia tutto ciò che in te non accetti e rinasci di nuovo. La materia prima viene purificata
nell’athanor o forno (in arabo at-tannur). La psiche è il mio athanor. Conosco ciò che sono ed elimino il resto come
inutile, mi purifico dalle scorie, bruciandole, ardo. Nel fuoco che consuma comincio a prendere una nuova forma e mi
dò un ordine. L’Opera al rosso, (OPUS RUBEDO) è passione e fiamma, potenzialità in atto che diviene, resurrezione
dell’essenza che era imprigionata nella materia, sole nascente, Kephri, scarabeo, drago che si leva in cielo…
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“Tutto ciò che ambisce alla vita divina deve passare attraverso il fatale fuoco magico e resistere così come il cuore
al centro della croce resiste nel fuoco divino” .“Se l’anima non oltrepassa l’asse orizzontale della croce, rimane
entro i confini dell’oscuro fuoco della paura” (Jacob Böhme). Da un Frammento orfico: “Vengo dalle profondità
dell’Ade, superando le sette porte (chakra?), lasciando a ognuno cadere i sette veli (veli di Maja?) , vengo a
purificarmi, sono umano di razza celeste, lasciate che mi disseti alla fonte di Mnemosine”, Mnemosine è il pozzo dei
ricordi, cioè porto alla memoria i ricordi rimossi e me ne libero. Nell’inconscio trovo forze espresse in forma di
immagine e me ne nutro.
Come dice Jung: “Occuparsi dei contenuti dell’inconscio forma l’uomo e determina la sua trasformazione” , così in
una gran fiamma posso cercare la via dalla mia prigione e salire verso l’altro aprendomi al mondo, nello stesso tempo
avanzo verso il mio centro o Sé. Mentre prima ero caos oscuro, adesso avanzo verso la Luce e posso diventare
l’Uomo Liberato; non più imprigionato nelle false visioni, usando le mie funzioni in modo chiaro (chakra equilibrati)
così da essere il ‘Re del mondo’, come Guenon chiama l’essere liberato: “Colui che fa girare la ruota./Colui che
posto al centro di tutte le cose/ne dirige il ritmo, il tempo /ed il movimento senza parteciparne”. Non mi muovo più
scompostamente, sono freccia che ha in sé il proprio bersaglio. Per i Cinesi sono l’energia = Ch’i, che si dirige verso
il centro (Tan T’ien), il punto centrale dell’asse Uomo-Albero. Nei sogni la rubedo appare come la cucina della casa
dove sono elaborati i cibi, o la caldaia delle cantine, il forno o la terra profonda ribollente…
Nei miti l’Ariete è la forza dell’inizio, lo troviamo in Ammone egizio, l’Egitto è pieno di teste di arieti, e anche
Ermes (Mercurio) è presentato come ariete o portatore di ariete (Crioforo) e così Apollo, signore della luce; all’ariete
porta la leggenda del Vello d’oro, l’indù Kuvera lo cavalca e in India abbiamo Agni, l’agnello, signore del fuoco e
dio dell’immortalità, i Celti lo legano al fuoco e al focolare, in Egitto Knum il dio vasaio ha testa di ariete; infine
agnello sacrificale è il Cristo. L’ariete rappresenta la potenza e la fecondità, il glifo astrologico è una v simile a due
corna arrotondate e dà l’idea dello slancio evolutivo di un mondo che nasce. Nelle stagioni l’Ariete segna l’arrivo
della nuova stagione, il passaggio dal freddo al caldo, dall’ombra alla luce, dal letargo invernale al risveglio
primaverile.

- L’OPERA AL BIANCO, OPUS ALBEDO, stato argenteo o lunare o Regina, è simboleggiato dal cigno o dalla
colomba, è l’albedo o Pietra Bianca, o Albero Bianco con mele d’argento, o notte scura punteggiata di stelle, a volte è
paragonata al sorgere del sole, a volte alla luce piena o alla creazione del mondo, ed è la purificazione finale, quando
la colpa è riconosciuta e liberata, i pensieri rimossi sono diventati consapevoli, ogni strumento dell’uomo è in sé
chiaro e privo di inganni, l’essere è giunto alla propria essenza, alla purificazione e fa un passo avanti
nell’ampliamento della coscienza. Le scorie sono state abbandonate e abbiamo l’essenziale. La fase di ALBEDO è la
fase di distillazione dell’essenza. Essa è protetta dalla Luna, energia correlata all’Argento. La coscienza ora si vede e
si perdona, supera la colpa e accetta se stessa, solo così può andare avanti. È divenuta l’ISIDE SVELATA.
Abbiamo qui tre fasi di ‘contrazione’ e ‘raffreddamento’, dominate da VENERE = RAME, MARTE =
FERRO e SOLE = ORO, in progressione crescente.
Il RAME è la forza vitale che è data insieme dal calore del sole (raggi ramati) e dall’elemento acqua, per cui si crea
un’equivalenza rame = acqua, il raggio solare a forma di spirale che crea la vegetazione (la luce è un’onda), lo
sperma che si arrotola come una spirale attorno all’uovo per fecondarlo, la parola che si avvolge attorno all’anima per
ispirarla. Il rame è connesso a VENERE, energia dell’amore terreno e spirituale, amore fecondante e Venere nasce
dall’acqua. Venere è il legame d’amore, la relazione, l’unione e il rame è un legante, un conduttore. Queste
associazioni le troviamo presso i Dogon (i Dogon parlano di acqua di rame) come presso gli Aztechi, per i quali i
colori della vita sono rosso e verde. Col rame noi curiamo le malattie dell’umido, le artrosi… I Bambara dicono che il
rame viene dal cielo rosso, luogo di sangue e fuoco. Nelle leggende russe il rame è sempre associato al verde (quando
il rame si ossida, diventa verde), la signora della Montagna di Rame ha vesti di malachite e occhi verdi.
Il FERRO è più nobile e forte. È la solidificazione. Il tempo degli eroi mitici, la forza tanto buona che cattiva. Il
regno del ferro simboleggia il predominio della materia, la regressione verso la forza bruta, l’incoscienza. Presso
molti popoli il ferro è l’opposto del rame. MARTE indica la volontà, la tensione, l’aggressività.

- L’ORO è lo scopo finale, il raggiungimento della pienezza dell’essere, nella perfezione della luce, la sublimazione
della vita, il Sole. L’Io è divenuto padrone del proprio mondo; guardandosi si riconosce; riconoscendosi si accetta;
accettandosi, è in pace con se stesso; essendo in pace con sé, può portare pace al resto del mondo. L’essere è
diventato da Piombo Oro, cioè è passato dalla coscienza alla Saggezza. Saggezza è capire cosa è la vita e qual’è il
proprio posto della vita. L’Oro è il metallo più prezioso, la perfezione, splendido come la luce. È il Sole, la regalità, il
Buddha. È il colore di Dio, per cui l’alchimia aiuta la forza di Dio a trasformare l’uomo in Dio. L’uomo trasformato è
l’uomo redento. L’oro è la conoscenza e l’immortalità. Nelle leggende degli Urali d’oro è il Grande Serpente della
Terra, simile al serpente arcobaleno africano o australiano, e appare come un uomo molto scuro vestito di giallo.
Sognare l’azzurro e il giallo significa rinascita. L’oro è il simbolo della conoscenza esoterica, divina. In Egitto poiché
l’oro simboleggia l’immortalità, nella simbologia funeraria si usa molto il giallo. La dea Hathor è l’oro incarnato. Per
questo nell’iconografia cristiana Gesù hai capelli biondi.
Dunque abbiamo sciolto i composti che la natura presentava pieni di impurità per raggiungere il metallo perfetto. La
PIETRA FILOSOFALE è la forza che ha permesso alla psiche inferiore di diventare psiche superiore, è la
coscienza che ha metabolizzato l’inconscio in un processo attraverso il quale nasce l’uomo d’Oro, che fa diventare
Oro tutto quel che tocca, l’uomo della saggezza.
In sogno ciò può apparire come alba, sole, luce intensa, bambino che nasce, oceano benevolo, spiaggia, montagna,
tesoro nascosto, grande ricchezza…
Il motto alchemico del processo è stato ‘Solve et coagula‘, cioè dissolvi e solidifica. Di passo in passo l’alchimista
tende a purificare l’anima attraverso la dissoluzione dell’io personale nella fusione con l’essere universale, fino a
creare la creatura nuova . La distillazione progressiva delle esperienze porta a trovare l’essenza della vita.
L’ultima fase è l’opera compiuta, l’uomo trascendente (UOMO D’ORO O DI GIADA O DI DIAMANTE),
immortale, incorruttibile, che esce dal mondo terreno risalendo il suo asse verticale verso livelli sovrumani, corpo
aurico splendente, faraone, sapiente.
La trasformazione è avvenuta nel CRATERE o crogiolo che è la psiche stessa, conca o coppa del Graal, contenitore
femminile, matrice universale, in cui si coniugano le sostanze contrarie nella unione mystica, mysterium
coniunctionis… Poimandro diceva che il cratere era “la coppa piena dello spirito che Dio manda in terra, dove
coloro che vogliono salire ad un livello più alto della coscienza si trasformano e rinascono”. Il cratere è l’essere
umano che raccoglie l’Atman, la scintilla divina, per avviarla al processo che porterà alla illuminazione del Brahman,
ovvero alla trascendenza, al ritorno alla patria celeste da cui l’anima è partita. Il fine è trasformare l’essere
parzialmente espresso in ciò che realmente esso è, attuare la sua potenzialità, raggiungere la sua totalità. L’iter
alchemico è metafora del principio di individuazione junghiano, percorso con cui torna allo Spirito l’uomo, che è
spirito caduto nella grossolanità della materia e in essa oscurato. La metafora è trarre dal Piombo l’Oro che vi è
contenuto, liberandolo dalle scorie, sciogliendo dalla materia l’anima prigioniera.
La fase ultima è quella della CONGIUNZIONE in cui femminile e maschile si sposano, gli opposti si congiungono,
ogni parte si integra con la sua complementare, gli opposti si riconciliano.
Abbiamo allora l’androgino o il REBIS, Re e Regina insieme, energia maschile e femminile finalmente unite.
Quando l’essere umano ha ritrovato se stesso e ha ritrovato la propria armonia, è pronto ad amarsi e ad amare gli altri.
Non sta più in mezzo agli uomini ma è ‘insieme’ agli uomini; non sta più in mezzo al Mondo ma diventa il mondo.
Non è più alienato ma ritrovato. Nasce in lui il desiderio di aiutare, la consapevolezza di essere uguale agli altri, la
visione della sua identità positiva e il suo abbraccio al mondo.
In ogni fase della Sublimazione egli si spiritualizza, diventa Centro, si fa Mandala e si espande da ogni parte.
Nascono le sue ali. Quando un ciclo è finito, si è pronti per iniziarne un altro. Il processo si allarga come una spirale.
In una tavola alchemica del 1600 l’Opus Magnum è strutturato su tre livelli: nella prima in basso si purifica la base
attraverso distillazione e putrefazione, nella seconda (formata da tre sfere) essa è solidificata in modo permanente, e
ciò è indicato dal cigno bianco e dalla tintura di Luna detta elisir bianco, nella terza fase si ha il matrimonio regale e
nasce la FENICE = tintura solare o elisir rosso.

La FENICE è un altro simbolo forte dell’alchimia. E’ un uccello leggendario che troviamo un po’ in tutto il mondo,
in Cina, in Giappone, in India, anche nell’antico mondo egizio. Viene chiamata anche ARABA FENICE. Si dice che
esistesse un uccello sacro, favoloso, uno in tutto il mondo. Era una splendida aquila reale dalle piume bellissime, il
collo color oro, rosse le piume del corpo e azzurra la coda. In Egitto la chiamavano Bennu e la raffiguravano con una
corona e con l’emblema del disco solare. Nella Bibbia è identificata nel pavone o ibis, o airone. Era simbolo del sole
che sorge o tramonta e rappresentava l’anima. Era anche associata a Venere o alla stella del mattino. Rappresentava
la forza del sacrificio ma anche la resurrezione della psiche. Gli Egizi la identificavano con l’airone, che era il primo
uccello che vedevano dopo le piene del Nilo e la consideravano simbolo di Osiride risorto.
La leggenda dice che la fenice viveva 500 anni, e quando era vicina alla morte andava su una altissima montagna e
costruiva il suo nido strappandosi le piume dal petto: quando i primi raggi di sole lo colpivano, le piume prendevano
fuoco e la fenice bruciava in quel fuoco cantando una canzone di arra bellezza, ma quando restavano solo le ceneri, in
esse era nato l’uovo della nuova fenice. Chiaramente abbiamo qui l’archetipo di morte e resurrezione .
Dunque nella terza fase dell’opera alchemica nasce la Fenice e si chiude un ciclo.
Di ciclo in ciclo l’anima si libera, cresce e si alza in volo; dall’ego iniziale caotico e inconscio acquisisce sempre
maggiore consapevolezza del Tutto, di tutti gli uomini e di Dio. Finché era separata nel proprio egocentrismo,
l’anima era prigioniera e soffriva; diventando via via parte del Tutto, si espande in esso, non ha più limite e prova
gioia. Solo colui che trova la propria totalità, sente la totalità dell’universo e vibra all’unisono con esso.
Per la psiche, trovare la PIETRA FILOSOFALE vuol dire partire da una situazione oscura di lotta interiore,
ambivalenza e conflitto per risalire a una sempre crescente chiarezza e armonia. Lo specchio diventa più chiaro.
In genere, le nostre parti psichiche non si armonizzano e non scelgono il meglio per superare gli ostacoli, ma sono
legate a desideri e impulsi che rendono difficile la vita.
Risalire verso la luce vuol dire analizzare le nostre parti interiori e riarmonizzarle, così da purificarci dagli errori,
ampliando progressivamente l’ambito della nostra consapevolezza. A poco a poco si può ascendere dal nero
dell’inconscio a un chiarore sempre più spirituale, che attraverso la forza del cuore (VERDE, viriditas) mira alla
perfetta regalità (ORO GIALLO).
L’iter alchemico cresce di ciclo in ciclo, portando dalla creatura franta e separata all’essere integro e riunito.
La fase finale è l’unione dell’Io al Tutto.
La sensazione è di grande pace, benessere, serenità e accoglienza.
Ora il solve et coagula ha il suo senso compiuto. L’analisi e il percorso di individuazione procedono grazie
all’Inconscio Collettivo che nutre di nuova energia la coscienza, cambiando la prospettiva e trasformando l’uomo
sofferente o povero di anima, nell’uomo consapevole o integrato.
Così la crescita della psiche è un processo trasformativo che libera progressivamente l’anima dalle scorie, affinché
l’uomo sia totalmente ciò che in realtà doveva essere, l’attuazione del suo vero Sé.

Se leggiamo l’alchimia col linguaggio della scienza della materia, essa risulta incomprensibile, ma se la interpretiamo
col linguaggio delle energie, come avviene in magia, religione o psicoanalisi, essa diventa coerente e funzionale.
Ci sono eventi razionalmente non esprimibili, che diventano chiari solo quando vengono vissuti. L’alchimia è una
esperienza di trasformazione che si può capire solo quando la si vive, una esperienza in cammino con momenti di
illuminazione.
In questo processo, dentro e fuori si uniscono, materia e spirito si identificano, è energia il ricercatore, il modo con
cui si pone, le parole che dice, gli strumenti che usa, il rito che esegue e il mutamento che crea. E tutto questo viene
chiamato PIETRA FILOSOFALE.
Ogni cosa che esiste è energia e si muove in un oceano di energia, mare nel mare, spirito nello spirito, mutamento nel
mutamento.
La Pietra Filosofale il passaggio dal meno al più, dal Piombo all’Oro, dalla malattia alla salute, dall’ignoranza alla
conoscenza, dalla separazione all’unione, dalla materia allo spirito, dall’inconscio al conscio, dall’uomo comune
all’uomo d’oro. “Tutte le trasformazioni vanno dal meno perfetto al più perfetto”. La Pietra filosofale è tutto questo.
Siamo nel grande regno del mutamento, che non appartiene a una materia distinta dallo spirito o uno spirito distinto
dalla materia, ma li coglie entrambi come manifestazioni di una stessa energia, apparizioni apparenti di uno stesso
TAO.
La pietra filosofale indica anche tutte quelle azioni o stati dell’essere necessari al conseguimento del fine, come il fine
stesso.

Anche l’analisi psicoanalitica è un percorso alchemico che tende alla Pietra Filosofale. Attraverso simboli, il processo
di guarigione porta la psiche dall’oscuro al chiaro, dal caos all’ordine, dai molti all’Uno, dal caos all’armonia.
La coscienza cresce progressivamente o almeno dovrebbe crescere, come controllo dell’energia, sistema d’ordine in
fieri, dove l’inconscio è il nuovo che arriva per essere elaborato, in un continuo ampliamento dello specchio
dell’anima, in un progressivo innalzamento del livello della coscienza e la Pietra Filosofale è il processo di
individuazione come sintesi di conscio e inconscio. Non è qualcosa che può essere definito, è qualcosa che accade,
viene sperimentato e in larga misura appartiene al mistero o alla grazia.
Jung dice: “Ho sempre lavorato con la convinzione che non ci sono problemi impossibili. Ho visto quanto facilmente
alcuni superano un problema nel quale altri falliscono completamente. Questo superamento risulta da un
innalzamento del livello della coscienza. Quando cioè all’orizzonte del paziente compare un interesse più elevato e
ampio, il problema insolubile perde la sua urgenza… sbiadisce di fronte a un nuovo e più forte orientamento della
coscienza. Di tanto in tanto capita che un paziente riesca a superare se stesso grazie a potenzialità per lui
sconosciute. Ci sono problemi di per sé insolubili, in quanto esprimono le dualità della vita, non possono essere
risolti ma possono essere superati quando si ha un ulteriore sviluppo psichico, quasi come se l’andare avanti fosse
normale per la coscienza e la patologia consistesse invece nel rimanere bloccati dentro o davanti a un conflitto. I
pazienti migliori invece riescono a superare se stessi sempre per un motivo: quando il nuovo giunge loro dalla sfera
delle potenzialità nascoste, lo accettano e crescono col suo aiuto. Il nuovo in nessun caso è stato procurato
intenzionalmente ma sembra piuttosto essere generato dal fluire del tempo. Questo elemento nuovo inviato dal
destino quasi mai corrisponde all’aspettativa cosciente eppure sembra perfettamente adeguato all’intera personalità.
Cosa hanno fatto queste persone per provocare questo processo risolutivo? Non hanno fatto niente, hanno lasciato
accadere (come dice Lao Tzu) perché la luce circola secondo le sue leggi. Il lasciar agire, il fare nel non fare,
l’abbandonarsi del Maestro Eckart è diventato per me la chiave che dischiude la porta verso la Via. Bisogna essere
psichicamente in grado di lasciar accadere… Per alcuni è più facile scrivere, per altri disegnare o dipingere o
ballare. In una profonda crisi di coscienza spesso sono le mani a essere capaci di fantasticare, modellando o
disegnando, creando figure che sembrano estranee alla coscienza. Questi esercizi devono essere continuati finché la
crisi di coscienza si risolva, finché, in altre parole, sia possibile lasciar accadere, il che costituisce lo scopo più
immediato dell’esercizio. In tal modo si viene a creare un altro atteggiamento, che accetta anche l’irrazionale,
l’incomprensibile, semplicemente perché è quello che sta accadendo” .
Così come metabolizziamo il cibo, scartando le parti inutili per assimilarne l’essenziale, l’esperienza nuova deve
essere metabolizzato per nutrire la psiche, in un continuo processo di trasformazione e di sviluppo. Le energie si
affinano per un universo sempre più puro e sottile, in cui la psiche si amplia e si innalza.
Per narrare il processo, gli alchimisti usano un linguaggio metaforico, lo stesso dell’inconscio, perché dietro spirito e
natura c’è una stessa mente analogica, universalmente produttiva di immagini. Per questo l’alchimia si dispiega in
tavole disegnate che sembrano sogni. Essa è il sogno dell’inconscio che si fa natura, una forma d’arte che unisce
natura ed anima. I suoi simboli non sono relativi culturali ma assoluti universali, perché dettati dall’inconscio
collettivo che in noi parla, e dunque ci dà uno stesso codice, nell’esoterismo occidentale come in quello orientale, nei
sogni straordinari come nelle visioni mistiche, nelle allucinazioni patologiche o paranormali come nei disegni dei
bambini, nei miti e nelle favole… perché espressione di un’unica fonte, il cui linguaggio nasce dall’anima stessa e si
proietta sul mondo. La mente razionale comunica attraverso la verbalizzazione logica, il recinto delle definizioni, la
cifra quantitativa e il numero misuratore del fenomeno, ma la mente intuitiva comunica attraverso la forma visiva,
l’icona, e il numero mistico, la cifra simbolica d’universo. Fenomeno e noumeno si confrontano, il reale come appare,
energia creata, e il reale com’è dietro l’apparenza, energia increata; il mondo delle cose e quello dell’essere, la natura
naturata e la natura naturans.
L’alchimia è un’arte spirituale, non è scienza o prescienza, è operazione simbolica, operazione d’anima, ricerca
onnipresente “per virtù spirituali” , anima del mondo che spia le proprie trasmutazioni atemporali, oggi come duemila
anni fa, in Cina come in India, in Africa come in Europa.
Angelo Silesius diceva: “La causalità si dissipa quando io sono cambiato da Dio in Dio”, solo allora il cuore si muta
nell’oro più fine, oro che non è oro, materia che diventa essenza. Per gli gnostici, Dio si effondeva diluendosi sempre
più nella materia, il compito era risalire la materia per tornare a Dio. La luce oscurata allontanandosi sul raggio della
vita torna, più splendente, alla sua fonte vivissima.
L’energia si trasforma nel crogiolo, rotondo come il mondo, ampolla del cuore , il sogno la rappresenta aprendo il
tetto della casa, settimo chakra in cui l’energia spirituale entra in contatto col divino, tempio di Luxor dalla calotta
aperta, affinché l’anthropos torni alla sua origine celeste. Nell’alchimia cinese si dice: “Dalla sommità della testa
esce l’embrione nel suo processo di ritorno al Vuoto”. Il Vuoto rappresenta l’essere prima della creazione, cioè
l’Assoluto che richiama l’essere a se stesso.
Giustamente Anna si sogna come ampolla alchemica, luogo ideale della trasformazione, con tre gambe come il
crogiolo o il tripode della Pizia o il Rebis. L’athanor è il luogo terreno dove avviene il mutamento, noi siamo la coppa
entro cui l’anima cerca la via per ritornare al cielo , dal luogo delle apparenze al luogo delle essenze, ricerca e
trasformazione, movimento verso il centro cosmico dove è racchiuso l’uovo del mondo, sorgente di vita eterna. I
simboli alchemici appaiono nei sogni per una interpretazione dei mutamenti.
Per testimoniare l’analogia tra alchimia e psicoanalisi, Jung studia un paziente giovane e di formazione scientifica,
analizzando i primi 22 di mille sogni che questi gli porta in dieci mesi, senza considerare la sua storia personale, ma
inserendo i sogni in un discorso alchemico.
Il giovane non ne è cosciente, ma il suo inconscio produce la storia della sua trasformazione usando proprio simboli
alchemici.
Le immagini emergono spontaneamente senza contaminazione culturale. Dice Jung: “Durante l’analisi, il paziente
tende verso la sua totalità, prima porta un problema personale, poi un problema spirituale.” È a quel punto che
affiorano simboli d’anima. “Se l’alchimia contiene una scienza, questa scienza non può essere che un mezzo per
accedere alla coscienza” .

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