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Estratto – Tiré à part

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RIVISTA
ITALIANA
di

ONOMASTICA
RION, XX (2014), 1
Ambaradan: un deonimico?
Paolo D’Achille (Roma)

ABSTRACT. (Ambaradan: a deonymic?) This study talks about the word ambaradan
‘confusion, mess’ or ‘complicated organisation’. To explain it, it has often been proposed the
derivation from the toponym Amba Aradam, where a bloody battle between Ethiopians
and Italians took place in 1936. But the chronological distance between this date and
that of the first lexicographical registration of the voice (1994) raises doubts about it.
Thanks to the finding of first examples (1974 and 1982) of ambaradam not related to
toponym, but in place of a phonetically similar sequence into the known Italian counting
rhyme ambarabà ciccì coccò, the author supposes that the use of ambaradan as ‘compli-
cated business’ (documented from 1985) started from here. From this meaning probably
depends the other ‘confusion, mess’, which seems to be explained by the toponym memory
(alive also in odonymy).

In un recente articolo intitolato Lessicalizzazioni e transonimie dei toponimi teatri di


battaglia, l’amico Enzo Caffarelli inserisce tra questi toponimi ambaradan ‘grande
confusione, gran pasticcio’, derivato da «Amba Aradam, massiccio montuoso del Ti-
grè in Etiopia, dove nel febbraio 1936 si combatté una battaglia piena di attacchi e
contrattacchi tra l’esercito italiano comandato da Pietro Badoglio e le forze etiopi del
ras Mulugeta Yeggazu» (CAFFARELLI 2014: 19).
Come rileva lo studioso, il termine, “stranamente”, non è compreso nel Deonoma-
sticon Italicum (DI) di Wolfgang Schweickard.1 La non inclusione della voce nel DI
può essere stata intenzionale, per una mancata accettazione della proposta etimologi-
ca, ma, a mio parere, si spiega più probabilmente con la tardività della prima registra-
zione lessicografica, che, salvo errore, è quella della ristampa del 1994 della 12ª ed.
dello Zingarelli2, a cui hanno poi fatto seguito quelle del GRADIT (1999), del suppl. I
(2004) del GDLI e del Devoto/Oli (a partire dall’edizione 2003-2004). La voce è regi-
strata dal GRADIT in questi termini:

ambaradan /ambara’dan/ (am-ba-ra-dan) s.m. inv. CO [sec. XX; etim. incerta, forse da
Amba Aradam, massiccio montuoso dell’Etiopia presso il quale, nel 1936, si svolse una
cruenta battaglia tra le truppe italiane e quelle abissine] scherz., grande confusione, ba-
raonda: creare un a. | attività, amministrazione e sim., particolarmente complessa: gestisce
da solo tutto l’a.

1 La voce manca anche in LA STELLA T. 1984.


2 Come risulta dal Supplemento bibliografico del 1997, i primi fascicoli del DI prendono in
considerazione lo Zingarelli fino al 1993.

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Ambaradan: un deonimico?

La derivazione dal toponimo, qui avanzata con molta cautela, è ripresa e sostenuta
con più sicurezza in CASTOLDI / SALVI (2003: 11) e poi, quasi sempre con un certo
margine di dubbio, in vari testi in rete (a partire dalle voci ambaradan e Amba Ara-
dam di Wikipedia). Anch’io, in un contributo scritto insieme a Claudio Giovanardi
sui derivati da nomi propri nel romanesco e nella varietà regionale romana (D’ACHIL-
LE / GIOVANARDI 2006: 161 n. 4), ho inserito ambaradan tra i deonimici, non esclu-
dendone l’origine romana, forse favorita dal toponimo: a Roma via dell’Amba Ara-
dam,3 compresa tra piazzale Metronio e piazza San Giovanni in Laterano, è molto
trafficata data la sua centralità e la presenza (al n. 9) dell’Ospedale San Giovanni.
L’ipotesi di un’origine deonimica non sarebbe ostacolata né dalla semantica, né
dalle modifiche fonetiche (l’elisione con conseguente univerbazione e la sostituzione
della originaria -m con -n sono infatti conformi all’italiano) e neppure dal mutamen-
to di genere, anch’esso avvenuto secondo le “regole” dell’italiano (cfr. THORNTON
2009): infatti amba è in italiano femminile, mentre ambaradan è usato prevalente-
mente al maschile, come rivela la locuzione tutto l’ambaradan citata opportunamente
nel GRADIT per documentare l’altro valore della voce, quello di ‘attività particolarmen-
te complessa’, che CAFFARELLI 2014 ritiene giustamente «ormai lontano da qualsiasi
ricordo bellico».
Confesso però che ora non sono più così convinto della derivazione. Lo studio di
Caffarelli citato in apertura documenta infatti che le lessicalizzazioni dei nomi di
teatri di battaglie sono avvenute quasi sempre a pochi anni di distanza dagli eventi;
in questo caso, invece, il GRADIT offre una generica datazione al sec. XX (e così il De-
voto/Oli; il GDLI riporta un esempio del 2004), che la chiavetta USB annessa al vol.
VII (2007) sostituisce con 1994, lo stesso anno indicato nello Zingarelli, che fa riferi-
mento alla prima registrazione lessicografica da parte di questo stesso dizionario.
Siamo dunque molto distanti dal 1936. Spicca, certo, l’assenza del termine nei re-
pertori di neologismi, che peraltro può essere variamente interpretata: come termi-
nus post quem specie nel caso del Dizionario moderno di Alfredo Panzini e dell’Ap-
pendice di Bruno Migliorini (1942); come mancata percezione della “novità” della
parola (e quindi indizio di un già avvenuto acclimatamento) almeno nei dizionari
degli ultimi vent’anni.
È vero, comunque, che le datazioni fornite dai dizionari sono spesso suscettibili di
retrodatazioni anche considerevoli: esemplare, al riguardo, il caso di caporetto, che il
GRADIT e il DI datano tardivamente al 1959 e al 1950, ma che – come risulta appunto
dallo studio di Caffarelli – il corpus DiaCORIS4 documenta, lessicalizzato, già nel
1918. Dunque, anche per ambaradan non è esclusa la possibilità di reperire qualche
attestazione anteriore al 1994 che consenta di colmare il gap cronologico rispetto al
1936 dell’evento e dunque di confermare la derivazione dal toponimo.

3 La via fu così intitolata nel 1937: cfr. RICCI 2005: 212 n. 13.
4 In rete all’indirizzo <http://corpora.dslo.unibo.it/DiaCORIS/>.

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In realtà, però, né il citato DiaCORIS, né altri corpora disponibili, parlati (come il


LIP) o scritti – come il PTLLIN di Tullio De Mauro5 e il database della biblioteca dello
sport del CONI,6 che consente ricerche lessicali in quotidiani sportivi dal 1928 al
1973 –, offrono esempi di Amba Aradam, ambaradam o ambaradan nel senso di ‘con-
fusione’ o di ‘cosa complicata’ e le ridotte occorrenze (3 con -n e 6 con -m) nel corpus
del quotidiano «la Repubblica» (1985-2000)7 si datano tutte tra il 1997 e il 2000.
Anche quattro delle prime cinque attestazioni che si estraggono dall’archivio stori-
co del «Corriere della Sera»8 sono comprese tra il 1994 (la più antica, in cui la voce è
virgolettata) e il 1998. Ce n’è però una precedente all’interno di un articolo firmato
da Matteo Persivale che risale al 27 marzo 1993, di cui ritengo valga la pena di ripor-
tare un ampio stralcio (con qualche regolarizzazione dei segni diacritici):

RITORNO AL PASSATO. TENDENZE VECCHIE E NUOVE A CONFRONTO SULLA PISTA DA BALLO E


IN UN DIBATTITO ALLA DISCOTECA ROSES DI MILANO.
Nella riserva degli yuppie
In discoteca una festa celebra il rampantismo stile anni Ottanta. Tra blazer e cravatte
regimental per una sera si dimentica la crisi
Blazer blu. Pantaloni grigi. Cravatta regimental. E, naturalmente, scarpe inglesi. Una
tenuta impeccabile, da agente di cambio, certo più adatta a un meeting in piazza Affari
che a una serata in discoteca. Eppure l’altra sera, nella pista affollata all’inverosimile della
discoteca Rose’s di piazza San Babila, a giudicare dall’abbigliamento degli invitati sembra-
va di essere nel consiglio di amministrazione di una grande azienda. Per le ragazze, poi,
d’obbligo eleganti abiti da sera. Anche se il trasandato stile “grunge” importato da Seattle,
oltre che tra gli adolescenti, furoreggia tra molti professionisti della “Milano by night”, c’è
insomma chi resta fedele alla linea del “rampantismo” anni Ottanta. Niente di meglio
dunque, per i “nemici del grunge”, che fingere per una sera di trovarsi ancora nella scintil-
lante, piuttosto ingloriosamente terminata era di Reagan. Con una festa dalla parola d’or-
dine chiara: “Indietro nel tempo”. L’idea del curioso party è venuta ai ragazzi del gruppo
“Ambaradan”: e per aumentare il senso di “ritorno al passato”, sull’invito c’era la richiesta
alle ragazze di indossare l’abito del loro diciottesimo compleanno, generalmente riservato
a una permanenza oscura in qualche armadio. Il risultato: locale affollatissimo e coda fuo-
ri dalla porta fino a tardi. Come lasciapassare per l’ingresso, una medaglietta metallica con
la scritta “Ambaradan Rose’s” legata a una cordicella di nylon. Ma anche molti possessori
dell’ambito gadget hanno dovuto faticare non poco per entrare. Termometro infallibile
per misurare la ressa, il guardaroba: esaurito già prima di mezzanotte. Roba da record di
affluenza. “È un successone, non mi aspettavo proprio tanta gente”, diceva allegra Co-
stanza De Bernardi, deliziosa biondina che ha organizzato la festa con i due “colleghi”
Massimo Tognon e Marcello Forti, “era un’idea un po’ strana, controcorrente rispetto alla
moda attuale, ma visti i risultati sembra che abbia fatto presa”. In pista, una folla compo-

5 Il DVD considera i romanzi vincitori del Premio Strega e altre opere di narrativa tra il 1947
e il 2006.
6 In rete all’indirizzo <http://dlib.coninet.it/?q=node/8>.
7 In rete all’indirizzo <http://dev.sslmit.unibo.it/corpora/corpus.php?path=&name=Repubblica>.
8 In rete all’indirizzo <http://archiviostorico.corriere.it>. L’archivio parte dal 1992.

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sta quasi esclusivamente da studenti della Bocconi e della facoltà di Economia della Cat-
tolica. Così, accantonati per una sera libri di statistica e appunti di contabilità e bilancio,
gli economisti del Duemila si sono scatenati al ritmo dei “vecchi”, patinati Depeche Mo-
de e Thompson Twins, gruppi ormai archiviati dall’ondata di “rap” e “grunge” anni ’90.

Qui, in un contesto volutamente rétro, troviamo Ambaradan come nome di un gruppo


giovanile, che compare prima da solo e poi insieme a quello della discoteca nella scritta
della medaglietta-lasciapassare. Se si parte dal toponimo, saremmo di fronte a una tran-
sonimizzazione, la prima di una lunga serie: oggi infatti abbondano i crematonimi (ri-
storanti, negozi, una casa editrice torinese fondata nel 1997, un’associazione teatrale,
ecc.) intitolati Ambaradan. Ma tutte queste denominazioni derivano con ogni probabi-
lità dal nome comune già risemantizzato, di cui ripetono la grafia.
Tornando dunque al problema dell’origine della voce, vediamo se la documentazio-
ne disponibile in rete e recuperabile grazie a Google Libri non offra anche in questa
occasione9 qualche dato su cui riflettere. Presento, anzitutto, un’ampia scelta degli
esempi che ho reperito, procedendo à rebours, a partire cioè da quelli della fine degli
anni Novanta per arrivare a quelli (relativamente) più lontani nel tempo, che ho rac-
colto col motore di ricerca fissando come terminus post quem il 1936. Ovviamente, ho
escluso i testi di storia e di politica che citano proprio la battaglia o l’altura abissina e
quelli in cui compare (con funzione di semplice indirizzo) la via romana prima ricor-
data: segnalo, comunque, che tra queste attestazioni ce ne sono alcune che presentano,
erroneamente, Aradan invece di Aradam, datate per lo più dagli anni Settanta in poi.10
Ma ecco la documentazione (per comodità numero gli esempi):

1) Sommergibili: Sparide, Murena, Grongo, Ambaradam (NINO ARENA, RSI. Forze armate
della Repubblica Sociale Italiana. La guerra in Italia (1945), Parma, Albertelli 1999, p. 38).

2) L’appendice propone al grande pubblico le basi terminologiche della fotografia in am-


bito artistico e la bibliografia fornisce le «pezze d’appoggio» a tutto questo ambaradan
(AUGUSTO PIERONI, Fototensioni. Arte ed estetica delle ricerche fotografiche d’inizio millen-
nio, Roma, Castelvecchi 1999, p. 6).

3) Bene: alla fine di tutto questo ambaradàn, passa un po’ di tempo, e che cosa succede?
Arrivano i giapponesi: con i loro calcolatorini (ALESSANDO ZIGNANI, Telemaco. L’odissea
della scuola, Rimini, Guaraldi 1999, p. 48).

4) Mescolò nel pentolone le sostanze che aveva portato e cominciò a declamare la formu-
la magica del maleficio:

9 Ad essa ho attinto proficuamente già in altri miei lavori; cfr. per es. D’ACHILLE 2012.
10 Ma il primo caso in Google Libri è questo: «Badoglio aveva vinto la battaglia dell’Endertà,
aveva conquistato l’Amba Aradan e distrutto l’armata di Ras Mulugheta» (RENATO BOVA
SCOPPA, La pace impossibile, Torino, Rosenberg & Sellier 1961, p. 151). Nel database del
CONI c’è qualche esempio ancora anteriore.

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«Ambaradam patù patóco,


che Vesuvio sputi fuoco!...».
Ma prima che il signor Cattiveria arrivasse alla fine della formula magica, Vesuvio ebbe
un’idea (LILLY PANSINI / CHIARA SORGI / SALVATORE AGRESTA, Non il mondo delle favole
ma le favole del mondo. Italia, Roma, Città nuova 1999, p. 24; il passo è tratto da La fiaba
della Campania: La notte del vulcano).

5) Ma anche di fronte a questa domanda, il bambino mostrava un’indomabile faccia di


tolla: «No, perché casa mia è tutta un ambaradan. Siamo in sette e cinque lavorano. La ro-
ba, anche quella da vestire, va e viene. La mamma strilla sempre [...]» (GIAMPAOLO PANSA,
Il bambino che guardava le donne, Milano, Mondolibri 1999, p. 90).

6) Se fosse venuto qui l’anno scorso, Bloch non era ancora andato in pensione e non avrei
potuto impedirgli di stargli addosso, si sarebbe dovuto beccare tutto l’ambaradan, leuco-
citi marcati, anticorpi monoclonali, chemioterapia sperimentale e via dicendo... (MARTIN
WINCKLER, La malattia di Sachs, Milano, Feltrinelli 1999, p. 113; trad. dal francese di Ya-
smina Melaouah).

7) Ovvio, non potevo credere, come lei voleva, che questo tipo muscolare [...], o laggiù,
appoggiato a un’alzata in finto marmo, questo signore calvo [...] circondato da tre o quat-
tro ragazze colorate [...], che tutta questa fichizia, questo ambaradan, insomma, fosse sol-
tanto un gioco (MARCO FERRANTE, Mai alle quattro e mezzo, Roma, Fazi 1998, p. 102).

8) E Montezuma vorrebbe rispondere ma non ha più nemmeno il fiato per respirare e allora
Cortés affonda il suo colpo magistrale: “Ueh, Montes, senti, perché non ce la facciamo fuo-
ri io e te, che ti vedo in forma? Senti, c’hai in mente quella piramide a gradoni che c’è qua
vicino? Facciamo che quello di noi che arriva primo in cima si vince tutta Tenoch... Tecno-
city, tutto l’ambaradàn?” (LELLA COSTA, Che faccia fare, Milano, Feltrinelli 1998, p. 140).

9) Ci noleggiamo un bel costume Dominator se le piace pestare, o un bel costume Escla-


ve se le piace prenderle, abbiamo delle macchine legatrici, impacchettatrici, degli ambara-
dan da godimento che uno esce fuori come se fosse passato in una mietitrebbia (STEFANO
BENNI, L’ultima lacrima, Milano, Feltrinelli 1996, p. 105).

10) «’Nti preoccupare professore, le lo farò io il tuo, ho già messo in moto tutto l’ambara-
dan...» (DANIEL PENNAC, Il signor Malaussène, Milano, Feltrinelli 1995, p. 443; trad. dal
francese di Yasmina Melaouah).

11) Però non se ne fece niente. Anche perché in fin dei conti Berlusconi aveva stravinto e
se noi avessimo montato su un ambaradam sulla x e il cross screen ci saremmo resi ridicoli
(ENRICO DEAGLIO, Besame mucho. Diario di un anno abbastanza crudele, Milano, Feltri-
nelli 1995, pp. 22-23).

12) – Comunque, non mi beccano, non da vivo e da morto non mi frega – dice Vento.
– Io – dice Mammut – prendo il mio Coppi e parto e finché la va la va e quando non la
va più faccio bum col Ford e tutto l’ambaradam. Amen, morta lì (IVAN DELLA MEA, Sveglia
sul buio, Bologna, Granata 1995, p. 126; un’altra occorrenza a p. 95: «finito l’ambaradam»).

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13) Ma tu lo sai che in America c’è della gente che gode a dar delle martellate sulle statue
del Michelangelo? Come han fatto lì, come si chiama... al David che sta dentro al suo Uf-
ficio a Firenze? Sai com’è l’ambaradàn? Che a Firenze nell’Ufficio ci hanno il David, che
l’hanno già bell’e smartellato (PAOLO ROSSI, Era meglio morire da piccoli? Nuovi monolo-
ghi, Milano, Baldini & Castoldi 1995, p. 76).

14) Oh, finalmente questa volta eri pien di grana. E chi mi fermava più? Fulmineamente
puntai verso una bisca all’aperto, ma giocai solo un quarto dell’incasso e fu un bene per-
ché, anche se all’inizio del gioco azzeccai un filotto, ala fin de la fèera li persi tutti.
Ambaradam, come diciamo noi saggi, e con il resto mollai i dadi e tornai a casa.
E va ben inscì: ero in convalescenza, l’estate era arrivata, Loretta mi amava, la mente era
lucida (o quasi) e così decisi di farmi un po’ di vacanza al mare (BRUNO BRANCHER, Una
bellissima storia d’amore (Storie maudites), Milano, La Vita Felice 1994, p. 28).

15) E poi c’è un liquore di sorbe. Una marmellata di zucca. Un dolce ambaradam.
Cose che fanno da contrappeso dolce a tutta la tripperia di maiale, che verso est cono-
sce l’intrusione degli stracotti d’asina, e dappertutto, il correttivo della polleria (IVANNA
ROSSI, Nei dintorni di Don Camillo. Guida al “Mondo piccolo” di Guareschi, Milano, Riz-
zoli 1994, p. 302).

16) ILVA. LA GRANDE TRUFFA. TARANTO, IN CHE MANI SIAMO MESSI.


A QUALI MAGISTRATI CREDERE?
Tutto l’ambaradan per avere i soldi dallo Stato e i magistrati a fare la figura delle compar-
se (ANTONIO GIANGRANDE, Tutto su Taranto, e-book, 1994).

17) Noi scaliamo il monumento davanti alla scuola perché facciamo finta che sia l’Amba-
radam dell’Abissinia e poi c’è il prato della ferrovia abbandonata dove facciamo i tigrotti
di Mombracem (Hitler è buono e vuol bene all’Italia, a cura di BRUNO ROSSI / PAOLA PA-
STACALDI, Milano, Longanesi 1991, p. 88).

18) Accaldata d’afa vasta alla savana, passa all’amba araba, all’armata afra – aspra masna-
da, amalgama d’abracadabra, casamatta, santabarbara d’Ambaradam.
Basta. Amara, s’ammazza all’Asmara. Cala la bara (U MBERTO ECO, Vocali, Napoli,
Guida 1991, p. 34).
19) Però non si fa incantare, spesso concluso l’ambaradan le fionda via senza neanche of-
frirgli la ronfata in comune... ecco, ecco, vuol dire che della donna vuole il nettare senza
moine accessorie, è un genere di macio che mi piace da godio (LIVIA CERINI, Arrapati ma
senza impegno, Milano, Rizzoli 1987, p. 24).

20) Ma sin dai primi mesi di quella quasi convivenza, la madre di Angelo aveva trovato
sconveniente che lei si presentasse al lavoro con bimba e tutto l’ambaradan per cambiarla
e, sospirando sulle giovani sposine che non sanno far niente, nemmeno farsi sposare, si era
offerta di tenergliela lei (ALDO BUSI, Vita standard di un venditore provvisorio di collant,
Milano, Mondadori 1985, p. 371 della rist. del 1995).

21) Per la nonna della Nicola i grissini devono essere fatti unicamente a mano (soltanto
un negozio a Milano); le perle infilate con la cantilena portafortuna delle vecchie infilatri-

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ci («Ambaradam Cicì Cocò – quante perle sul comò» oppure: «Aiulì alulè – fa el to’ me-
stè»), la messa solo di rito ambrosiano (CAMILLA [CEDERNA], Avere una nonna, nella ru-
brica Il lato debole, «L’Espresso», XX, 20 ottobre 1974, pp. 178-79).

Credo che il complesso della documentazione, pur non fornendo elementi risolutivi
a dirimere la questione etimologica, offra però qualche motivo di riflessione. Anzitut-
to, l’ipotesi di una derivazione dall’odonimo romano mi sembra ora sicuramente da
scartare, visto che i testi sono prevalentemente di autori settentrionali (nati tra Pie-
monte, Lombardia ed Emilia-Romagna) o comunque attivi al Nord;11 prende invece
consistenza l’ipotesi di una voce di matrice regionale, settentrionale in generale12 e
specificamente del Nord-Ovest.13
I significati di ‘confusione’ e/o di ‘affare complicato’ (‘casino’ verrebbe da parafra-
sare) sono quelli prevalenti; il primo si colora a volte di connotazioni sessuali (si veda-
no gli esempi 9 e 19). A parte i passi 2 e 16 (entrambi, si noti, di autori del centro-
sud), nei quali l’uso della voce non può dirsi “scherz[oso]” (GRADIT), le attestazioni si
trovano prevalentemente in opere di narrativa, che usano un italiano colloquiale (e in
due casi, 6 e 10, in traduzioni dal francese della stessa traduttrice).14
Per il resto, troviamo ambaradan come nome storico di un sommergibile della RSI
(e dunque con iniziale maiuscola), accanto a tre ittionimi (1), come nome di un dol-
ce (15) e con riferimento diretto alla montagna abissina in un contesto di gioco in-
fantile (17). In un caso (14) ambaradan sembra avere il valore di una semplice escla-
mazione; in altri tre si trova all’interno di conte e filastrocche (4 e 21) o comunque è
utilizzato per il significante più che per il significato (18). Anzi, nel più antico di que-
sti esempi, tratto dalla nota rubrica di costume della milanesissima Camilla Cederna,
ambaradan sostituisce ambarabà all’interno della famosa conta;15 a tal proposito pos-

11 Fanno eccezione Augusto Pieroni, Marco Ferrante, Ivan Della Mea e Antonio Giangrande.
12 Di tale origine si ha una chiara percezione negli interessanti interventi sulla parola che si
leggono in rete nel sito <www.achyra.org/cruscate/viewtopic.php?t=1162>.
13 Segnalo che ambaradàm compare anche in un testo in dialetto pubblicato nell’aprile 2012
sul periodico «El Pontesel: Notiziario Comunale di Vattaro e Pian dei Pradi», in provincia
di Trento, ma l’attestazione è troppo recente per far testo.
14 Al momento non mi è stato possibile attingere direttamente agli originali. La traduttrice
Yasmina Melaouah, con cui sono riuscito a mettermi in contatto grazie alla collega Laura
Santone, ha gentilmente risposto alla mia domanda in questi termini: «A memoria, credo
che alcune volte ho usato “tutto l’ambaradam” per tradurre l’espressione colloquiale france-
se “tout le saint-frusquin” ma non posso giurare che sia questo l’originale dei due esempi da
lei citati. Posso solo dirle che in questo come in molti altri casi attingo dal lessico personale-
familiare e solo in un secondo tempo faccio eventuali verifiche lessicografiche e soprattutto
mi accerto che la parola o l’espressione sia, se non usata, almeno compresa da un buon cam-
pione di lettori italiani di provenienze geografiche diverse. Per me deve esserci in primis una
verità espressiva immediata, anche se del tutto soggettiva. Tutto il resto è riflessione a poste-
riori» (comunicazione personale del 27.11.2013).
15 Sulla quale cfr. ora, con una nuova proposta etimologica, BRUGNATELLI 2003.

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Ambaradan: un deonimico?

so ricordare anche16 la nota contenuta in un articolo-divertissement dedicato proprio a


questa conta da Umberto Eco (autore anche dell’esempio 18), il quale con una “spiri-
tosa invenzione” attribuisce a Contini l’esame della «variante “littoria” del carme, dif-
fusa nel 1938 dal Minculpop: “Ambaradan cicì cocò”» (ECO 1982). Per quanto non
documentata davvero, la genesi di questa variante appare plausibile; in ogni caso, se
non la prima, abbiamo qui la seconda attestazione in ordine cronologico di ambara-
dan non riferita direttamente al toponimo.
Il rapporto tra le due voci (o meglio tra le due sequenze fonetiche) sembrerebbe
confermato anche dalle non rare occorrenze che si reperiscono oggi in rete della for-
ma ambaradà: il motore Google ne offre un certo numero, di cui circa 50 della locu-
zione tutto l’ambaradà; e si noti, negli esempi sopra riportati, che talvolta ambaradan
è scritto con l’accento, forse per evitare una possibile ritrazione nella pronuncia, ma
forse anche proprio per influsso di ambarabà (va detto però che l’eliminazione della
consonante finale potrebbe essere dovuta a un ulteriore adattamento della voce esoti-
ca alla fonetica italiana di base toscana).
Per completare il quadro segnalo, semplicemente a titolo di curiosità, alcuni dati
onomastici attinti dalla rete: Baradà è un cognome italiano (non registrato peraltro
da CAFFARELLI / MARCATO 2008), Baradan un cognome turco, Baradàn è il nome di
una compagnia di cantori di Ceriana (Imperia), costituita nei primi anni Cinquanta,
mentre il Team Baradam è una squadra calcistica di Macerata fondata nel 2008... Ma
sarà opportuno fermarsi qui.
A questo punto, sulla base dei dati raccolti e in attesa di nuove auspicabili trou-
vailles, mi sentirei di sostenere che la voce ambaradan sia nata nell’Italia settentriona-
le, nordoccidentale in particolare, in epoca imprecisata, come variante di ambarabà
all’interno della conta (e appunto come tale è documentato nel 1974 e nel 1982). È
probabile che da qui parta il significato di ‘organizzazione complessa’, che comune-
mente è considerato come un’ulteriore accezione (data la sua maggiore lontananza se-
mantica dal toponimo), ma che forse costituisce invece il valore originario e che in
ogni caso è, al momento, il primo attestato, nell’esempio di Busi del 1985 (20), nove
anni in anticipo rispetto alla registrazione dello Zingarelli. Se si parte dalla filastrocca,
del resto, il trapasso semantico non è difficile da giustificare, il mutamento di genere
appare più facilmente spiegabile e anche la frequente collocazione dopo tutto (che
compare anch’esso nell’esempio appena citato) si può motivare come implicito riferi-
mento al resto della filastrocca. Non escluderei però che la suggestione della memoria
del toponimo abissino – che tra l’altro, come risulta dall’esempio 17, era almeno oc-
casionalmente usato in giochi infantili – abbia avuto un peso in questo passaggio;17
di certo lo ha avuto per quello che considererei l’ulteriore sviluppo del valore di ‘con-

16 Devo la segnalazione all’amico Domenico Proietti, che ringrazio anche per l’aiuto che mi
ha dato in alcuni controlli in rete. Ringrazio inoltre, per indicazioni e suggerimenti, Anna
M. Thornton, Aurelio Principato, Enzo Caffarelli, Riccardo Cimaglia e Andrea Viviani.
17 Segnalo che in rete ho trovato solo esempi recenti di tutto l’ambarabà.

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Paolo D’Achille

fusione’, forse “rinforzato”, a Roma, dalla coincidenza con l’odonimo di una via traf-
ficatissima. Per questo secondo slittamento semantico non mi pare da scartare nep-
pure l’ipotesi di un influsso di baraonda, voce che presenta al suo interno la stessa se-
quenza fonetica bara (oltre tutto anche qui spesso preceduta dalla a dell’articolo).18
Se le cose stessero così, ambaradan non costituirebbe un vero deonimico – e comun-
que si tratterebbe di un deonimico da un teatro di battaglia nato non per via culta, ma
nel parlato comune – ma non potrebbe neppure essere considerato un esempio di “to-
ponomastica allusiva” (RANDACCIO 2006) o di “reinterpretazione paretimologica” in di-
rezione onomastica di una sequenza che potremmo definire onomatopeica o comun-
que puramente fonetica, da catalogare tra le “Sirene degli etimologi» indicate da
SCHWEICKARD (2008). Potremmo piuttosto chiamare in causa anche noi (come Eco)
Gianfranco Contini e applicare qui la sua nozione di “cortocircuito”: forse la sostituzio-
ne di ambarabà con ambaradan nella filastrocca non è stata determinate per quello che,
a mio parere, rappresenta il primo sviluppo semantico (‘organizzazione complessa’) del-
la voce, ma di certo l’esistenza del toponimo abissino ha prodotto l’ulteriore passaggio a
‘confusione’, chiudendo così il cerchio e legittimando... tutto l’ambaradan!

Riferimenti bibliografici

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(“QUADRION”, 2).

18 Tra l’altro, anche l’etimo di questa parola è dibattuto, come risulta dal DELIn (e cfr. ivi l’ipo-
tesi di un’origine onomatopeica per baruffa).

RION, XX (2014), 1 150


Ambaradan: un deonimico?

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