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Adesso che fai? Vai via?

«L’arte, di per sé muta e indifesa, non può proteggersi che con la fama, e la fama è la critica sempre desta». Lo ha scritto il più grande sto-
rico dell’arte italiano del Novecento, Roberto Longhi. E oggi comprendiamo, nel modo più drammatico, che è sempre terribilmente vero.
Per chi come me opera nel settore fotografico, occupandosi da anni di documentare il patrimonio storico/artistico dell’area interessata Diciamocelo nel modo più brutale: se ad essere colpito in questo modo atroce fosse stato il patrimonio artistico di Firenze o di Venezia, si
dal sisma che da fine agosto a fine ottobre ha colpito l’Italia Centrale e nello specifico le Marche, lascia davvero un senso di vuoto e di sarebbero fatti i miracoli che invece non si sono fatti e non si stanno facendo per l’arte del cratere che sfigura il cuore dell’Italia. Un’arte
sconcerto senza parole ciò che è accaduto. E’ come se mi avessero svuotato l’anima! Vedere luoghi dove si è stati decine, se non centinaia meravigliosa: ma ignota alla maggior parte degli italiani.
di volte, così ridotti crea un senso d’impotenza che solo il terremoto può suscitare. Tutti noi che abbiamo vissuto un’esperienza tale dob- In tutto questo la classe dirigente nazionale ha moltissime, gravi responsabilità.
biamo in qualche modo toglierci di dosso questa sensazione, in modo da ripartire, non dobbiamo però far finta che nulla sia successo e Alcune dirette: lo smontaggio della tutela perpetrato dal governo Renzi ha negato la possibilità stessa di un intervento efficace e tempesti-
che si possa ripartire senza problemi, perché purtroppo di problemi ce ne sono molti. L’espressione che ho utilizzato come titolo di questo vo. Per la prima volta dall’Unità d’Italia non siamo stati capaci nemmeno di portar via le opere mobili dalle chiese danneggiate: lo si fosse
mio commento l’ho estrapolata da una intervista televisiva che ho visto la mattina del 30 ottobre, espressione utilizzata da un allevatore fatto subito dopo il 24 agosto 2016, oggi non piangeremmo un disastro di questa entità.
dei Monti Sibillini che proprio dinanzi l’insistenza del giornalista sul fatto che non volesse lasciare la sua attività per emigrare verso la costa, Ma poi ci sono le responsabilità indirette, e quelle riguardano (quasi) tutti: concentrati sulla top ten dei grandi attrattori turistici e sui ca-
così come le autorità preposte avevano deciso, insisteva per non voler abbandonare la sua azienda insieme a tutti gli animali da dover polavori degli artisti sommi, ci siamo dimenticati di ‘parlare’ questo patrimonio. Di renderlo noto a tutti gli italiani.
accudire “Adesso che fai? Vai via?”. Il nostro territorio montano ha una sua identità, formatasi nel corso di secoli se non millenni, questa È quello che fa questo libro esemplare.
identità va preservata perché è la vera anima di questo territorio appenninico. Ho deciso per questo motivo di realizzare una documen- Che ha uno scopo immediato: raccogliere fondi per un restauro.
tazione fotografica che possa in qualche modo rimanere, anche nei prossimi anni, come testimonianza di un valore che va comunque Ma ne ha anche uno mediato, non meno importante: farci vedere quel patrimonio com’era.
ricomposto. La foto del prima, la foto dei danni provocati dal sisma, e la foto della ricostruzione post sisma (quest’ultima ovviamente ora E come potrà tornare ad essere, almeno in parte, se la critica e la fama si risveglieranno.
non c’è, al suo posto campeggia stilizzato un punto interrogativo). Il mio augurio è che la terza foto si possa fare tra qualche anno, e non tra È per questo che, da storico dell’arte ma soprattutto da cittadino italiano, sono profondamente grato a Claudio Ciabochi, e a tutti coloro
qualche decennio, perché l’identità seppur ferita può resistere per qualche anno, ma rischia di perdersi se passano decenni. Io continuerò che acquisteranno questo libro.
a lavorare su questo territorio, anche quando il pathos iniziale creato dal sisma sarà scemato e i grandi mass media avranno spento i loro È un primo passo, d’accordo: ma – come ha scritto Gianni Rodari – «chi non parte, in verità / in nessun luogo arriverà».
riflettori, perché Adesso che fai? Vai via?.
Tomaso Montanari
Questa pubblicazione è stata realizzata per volontà dell’editore e di tutti coloro che vi hanno collaborato. Nessun contributo di tipo econo- metà del ‘700 a H. J. J. Geoffroy nella prima metà sec. XIX e molti altri).
mico è stato ricevuto per la sua realizzazione da parte di enti sia pubblici che privati. Il ricavato della vendita di questa pubblicazione sarà Per contro non è mai stato condotto uno studio diretto su La Pesca miracolosa della S.ma Annunziata.
interamente devoluto per il restauro del dipinto La Pesca Miracolosa, proveniente dalla Cattedrale di Camerino (Marche – Mc), gravemen- Dalle esigue notizie reperibili risulta che Mons. Luigi Carsidoni, canonico di nobile famiglia camerte e poi vescovo di Fano dal 29 luglio
te danneggiato dal sisma del 2016. 1833 al 3 dicembre 1856 sotto Papa Gregorio XVI, donò il dipinto alla Cattedrale della sua città natale, in occasione della riapertura della
stessa il 18 agosto 1833, dopo i lavori di ristrutturazione seguiti al rovinoso sisma del 1799. La Pesca miracolosa, insieme a La Resurrezione
di Lazzaro anch’essa ancora conservata in Cattedrale, faceva dunque parte della collezione privata della famiglia patrizia dei Carsidoni.
L’inagibilità dell’Archivio di Camerino non consente al momento ricerche più approfondite a riguardo e, di conseguenza, risulta difficile
LA PESCA MIRACOLOSA individuare l’autore della tela: l’artista si dimostra capace di riproporre fedelmente il modello sia nella gamma cromatica, giocata sul
contrasto tra i bruni sfumati dei corpi e i toni freddi dello sfondo, sia nel linguaggio di gusto ancora baroccheggiante, ma già mitigato da
classica disciplina.
Jean Baptiste Jouvenet (copia da)
Al centro del dipinto si trova il Cristo con le braccia aperte in preghiera, unico elemento “sacro” in una rappresentazione dal carattere
La Pesca miracolosa
prevalentemente profano, vertice di una composizione dall’andamento piramidale e isolato anche dal punto di vista cromatico, con quel
prima metà del XVIII secolo
manto di un azzurro quasi divino che solo Lui caratterizza.
olio su tela, cm 200 x 350
La spiritualità di Gesù contrasta con il resto della scena, quasi scena di genere, che affresca un movimentato e vivace mercato del pesce
Camerino, Cattedrale della Santissima Annunziata (vedere scheda a pagina 40)
di cui sembra di poter ancora cogliere l’ “Oh issa!” dei pescatori che tirano in secco le reti e il chiacchiericcio delle donne, o lo sferzare del
Le guide locali attribuiscono reiteratamente il dipinto a tale Jouvenet, senza che ne venga mai citato il nome di battesimo. Come vento che gonfia le vele - quinta teatrale di questa scenografica composizione - fino a sentire l’odore dei grossi pesci ammucchiati in primo
noto, l’artista più famoso della numerosa famiglia fu Jean Baptiste, autore proprio di una Pesca miracolosa: l’opera, che faceva piano; è interessante ricordare che il Jouvenet, per rappresentare con esattezza questa grande quantità di pesci, si recò fino al porto di
parte di una serie di quattro tele, venne realizzata da Jean Baptiste Jouvenet nel 1706 per il coro della Chiesa di Saint-Martin-des- Dieppe così da ispirarsi a un modello reale.
Champs a Parigi; è attualmente conservata al Louvre, dove è pervenuta a seguito di un sequestro rivoluzionario del 1793. La tela si trovava nella Cappella dell’Annunziata, detta anche “Cappella d’inverno” per la consuetudine del coro a riunirvisi e trovare ristoro
La tela di Camerino è quindi copia fedele e di ottimo livello di tale opera, che lo stesso pittore francese replicò in disegni per arazzi: dai rigori invernali. Il crollo della parete, a seguito dell’evento sismico di fine ottobre del 2016, ha danneggiato gravemente il dipinto pro-
proprio i disegni, che godevano di una notevole possibilità di circolazione e, di conseguenza, di diffusione e di visibilità, potrebbero vocando lesioni e lacerazioni al supporto e distacchi della pellicola pittorica. Provvidenziale, se non miracoloso, è stato l’intervento che ha
essere stati la fonte diretta della tela camerte; d’altronde la notorietà dell’opera di Jouvenet era tale da renderla fonte di ispirazio- portato al recupero de La Pesca miracolosa e altrettanto miracoloso il lavoro e l’impegno di Claudio Ciabochi, di quanti hanno collaborato
ne per diversi artisti, anche di epoche successive, che ne riproposero l’iconografia in dipinti e incisioni (da J. Wangner nella prima con lui e di tutti coloro che contribuiranno affinché il dipinto possa tornare al suo originario splendore.

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LA PESCA MIRACOLOSA

Cattedrale di Camerino, parete destra della Cappella Messa in sicurezza del dipinto Il dipinto così come si presenta dopo i danni Il dipinto com’era prima del sisma
dell’Annunziata, luogo dove era collocato il dipinto causati dal sisma

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64 - Montemonaco (Il borgo)
Indice dei luoghi 66 - Norcia, basilica di San Benedetto
12 - Accumoli (il borgo) 70 - Norcia, località Ancarano. Chiesa di Santa Maria Bianca
16 - Acquasanta Terme, località Valledacqua. Abbazia di Valledacqua 72 - Norcia, località Campi (il borgo)
18 - Acquasanta Terme, località Paggese. Castel di Luco 76 - Norcia, località Campi. Chiesa di San Salvatore
20 - Amatrice (il borgo) 80 - Norcia, località Campi. Chiesa di Sant’Andrea
24 - Arquata del Tronto (il borgo) 82 - Norcia, località Castelluccio (il borgo)
28 - Arquata del Tronto, località Capodacqua. Santuario Madonna del Sole 86 - Pollenza, abbazia di Rambona
32 - Belforte del Chienti, chiesa di Sant’Eustachio 88 - Preci, abbazia di Sant’Eutizio
34 - Caldarola, castello Pallotta 92 - San Ginesio, collegiata di Santa Maria Assunta
38 - Caldarola, collegiata San Martino 94 - San Severino Marche, villa Collio
40 - Camerino, cattedrale di Santa Maria Annunziata 96 - Sarnano, abbazia di Piobbico
44 - Camerino, chiesa di San Filippo 98 - Tolentino, basilica di San Nicola
48 - Camerino, chiesa di Santa Maria in Via 100 - Tolentino, castello della Rancia
52 - Castelraimondo, castello di Lanciano 102 - Visso, palazzo Comunale
54 - Castelsantangelo sul Nera (il borgo) 104 - Visso, santuario di Macereto
58 - Montecavallo, abbazia di San Benedetto 108 - Visso, ex chiesa di Sant’Agostino
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60 - Montegallo, chiesa di Santa Maria in Pantano 110 - Visso, località Villa Sant’Antonio. Chiesa di Sant’Antonio
Abbazia di Rambona
(Pollenza)
San Severino Castello della Rancia
Marche
(Tolentino)
Tolentino
Castello di Lanciano
(Castelraimondo) Belforte del Chienti

Camerino Caldarola
San Ginesio

Montecavallo Abbazia di Piobbico


(Sarnano)

I luoghi
Santuario di
Macereto
Visso

Preci Montemonaco
Castelsantangelo
sul Nera
Montegallo
Campi
Ancarano Castelluccio
Acquasanta
di Norcia Terme
Norcia
N Capodacqua
Arquata
del Tronto

Accumoli

Amatrice
0 20 km
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Arquata del Tronto, il borgo (Marche, provincia di Ascoli Piceno)
Collocazione geografica: sulla sponda nord del fiume Tronto, al confine tra Marche, Umbria e Lazio, vi si arriva percorrendo la SS4 Salaria.

Arquata del Tronto sorge su uno sperone roccioso che domina la via Salaria. L’abitato medievale si sviluppa ai piedi del Castello, tra fiume
Tronto e torrente Camartina, e comprende la frazione di Borgo, sviluppata lungo la strada che raggiunge la via Salaria a Trisungo. Il Comune
di Arquata, unico in Europa, si sviluppa nell’area di due Parchi Nazionali, quello dei Sibillini a nord e del Gran Sasso e Monti della Laga a
sud, separati dalla valle del Tronto. Comprende il versante meridionale del Monte Vettore, la cima più alta dei Sibillini (2.478 m s.l.m.), tra
i valichi del Galluccio e di Forca di Presta, che conducono rispettivamente verso Montegallo e Pian Grande. Lungo la strada tra Arquata e Danni ingenti al centro storico,
il Vettore si attraversano Piedilama e Pretare. Sul lato opposto della valle si distendono i Monti della Laga dominati da Pizzo di Sevo (2419 crollo della quasi totalità degli edifici
m s.l.m.). La strada che da Trisungo risale questo lato attraversa Faete, Spelonga e Colle. Le notizie più antiche su Arquata risalgono all’età
romana, quando fu potenziata la via Salaria tra Roma e Ascoli. A San Salvatore presso Borgo si trovava la stazione itineraria di Surpicano.
Da qui partiva una diramazione per Fermo che valicava il Vettore sopra Montegallo. Nel Medioevo il castello di Arquata finì sotto il do-
minio longobardo dei duchi di Spoleto e poi fu acquistato dagli abati di Farfa. Secondo la tradizione, dopo l’apostolato di San Francesco,
fu costruito a Borgo il Convento a lui dedicato, dove si conserva una copia della Sindone. Successivamente la Rocca fu oggetto di aspre
contese tra Ascoli e Norcia. Terra di confine tra Stato della Chiesa ed il Regno dei Borboni. Nell’Ottocento l’arquatano fu rifugio di briganti
e di ribelli e, nell’inverno del 1849 fece tappa ad Arquata Giuseppe Garibaldi; tra queste montagne, infine, si consumarono numerosi epi-
sodi di resistenza partigiana. La Rocca di Arquata è imperniata sul Mastio esagonale collegato con un lungo muro alla Torre settentrionale
con postierla di ingresso e, tra le due torri, si trova la piazza d’armi delimitata da un lato dalla scarpata naturale. Nonostante i numerosi
restauri, come quelli conseguenti al terremoto del 1702, l’aspetto attuale è quello caratteristico delle fortezze rinascimentali. L’abitato
medievale ai piedi della Rocca era un tempo circondato da mura dotate di porte di cui resta solo la Porta Sant’Agata. All’interno sorge la
Chiesa dell’Annunziata che custodisce un prezioso crocefisso ligneo medievale. Al centro della piazza Umberto I, dominata dalla Torre della
Campana e dell’Orologio, si trova la graziosa Fontana della Lavandaia.

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Arquata del Tronto com’era...

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Arquata del Tronto, località Capodacqua.
Santuario Madonna del Sole (Marche, provincia di Ascoli Piceno)
Datazione: XVI secolo.

Collocazione geografica: nel borgo di Capodacqua, comune di Arquata del Tronto.

Capodacqua è un piccolo borgo, nel territorio comunale di Arquata del Tronto, in provincia di Ascoli Piceno, posto a 880 m s.l.m., al con- Danni ingenti all’edificio,
fine con l’Umbria ed il Lazio. Storicamente posta lungo la direttrice che segnava la separazione tra lo Stato Pontificio e il Regno di Na- crollo parziale della struttura
poli, fu a lungo contesa tra Norcia ed Ascoli Piceno, dopo la parentesi napoleonica venne definitivamente tolta all’Umbria ed assegnata
al territorio Piceno. Nel cuore del tessuto urbano del borgo si colloca il Santuario della Madonna del Sole, dalla caratteristica pianta
ottagonale, incluso sin dal 1902 nell’elenco dei Monumenti nazionali italiani. Edificato agli inizi del XVI secolo (1528), opera dell’artista
Nicola Falesio, meglio noto come Cola dell’Amatrice, che contribuì anche alla realizzazione del ciclo di affreschi presente all’interno,
può essere considerato un piccolo gioiello del tardo rinascimento dell’Italia Centrale. La scelta di edificare una chiesa a base ottagonale
voleva attribuire all’edificio un alto valore simbolico. La facciata è arricchita da un rosone centrale, posto al di sopra dell’ingresso; sul
prospetto vi sono inoltre iscrizioni e stilizzazioni del sole e della luna su un concio di pietra. L’interno è ricco di numerosi affreschi del
XVI secolo, opere di diversi artisti. In uno di questi è raffigurata L’Assunzione della Beata Vergine, di impronta prettamente rinascimen-
tale, mentre sopra l’altare maggiore è possibile ammirare un quadro di un autore ignoto, la Madonna tra le nuvole, che raffigura la
Madonna del Carmelo apparsa agli abitanti di Capodacqua durante uno scontro con gli abitanti di Norcia. A ricordo di questo evento
nel mese di luglio si svolge una processione seguita da una grande festa popolare. L’edificio è sormontato da un campanile a vela che
contiene due campane, la più grande, riporta incisa la data 1558.

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Santuario Madonna del Sole com’era...

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Belforte del Chienti, chiesa di Sant’Eustachio (Marche, provincia di Macerata)
Polittico di Giovanni Boccati Problemi strutturali all’edificio,
Datazione: 1468 messa in sicurezza del polittico

Collocazione geografica: all’interno della Chiesa di Sant’Eustachio, lungo la principale via del paese, vi si arriva percorrendo la SS77.

Storia: Giovanni Boccati (1420 c.- 1480 c.) è stato un pittore originario di Camerino, benché abbia viaggiato piuttosto frequentemente du-
rante tutta la sua vita (Perugia, Padova, Spoleto, Camerino, Urbino, Orvieto, nuovamente Perugia). Il polittico di Belforte risulta una delle
opere meglio riuscite di questo artista, caratterizzato da un forte legame con il linguaggio tardo-gotico. Il protagonista dell’opera è Sant’Eu-
stachio che, secondo la Legenda Aurea, fu un generale romano di nome Placido, successivamente convertito al cristianesimo e martiriz-
zato all’epoca di Traiano, a causa delle ustioni provocate da un bue in bronzo arroventato (il così detto Toro di Falaride), entro cui sarebbe
stato imprigionato. L’opera è suddivisa orizzontalmente in quattro livelli: predella, primo ordine, secondo ordine, cuspidi di coronamento;
in senso verticale è scandita da sette scomparti, cosicché la scena principale, al centro del primo ordine, accoglie, su uno sfondo dorato,
una Madonna con Bambino in trono fra angeli musicanti; sullo stesso piano, alle estremità, avanzano su un morbido tappeto erboso i due
santi guerrieri Venanzio da Camerino ed Eustachio (le cui storie sono narrate nella predella), mentre ai lati della Vergine sono posizionati
San Giacomo Maggiore e San Pietro. Nell’ordine superiore, quattro Santi a mezza figura sono disposti ai lati della Crocefissione.
Benché tutti i personaggi siano immersi in un ambiente raffinato e rarefatto, di impronta sostanzialmente tardo-gotica, i due scomparti alle
estremità della predella raffigurano i due evangelisti Giovanni e Matteo intenti alla lettura nei rispettivi studioli rinascimentali.

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Camerino, chiesa di San Filippo (Marche, provincia di Macerata)
Datazione: XVIII secolo. Danni ingenti all’edificio,
crollo parziale della facciata
Collocazione geografica: in pieno centro storico, si affaccia su piazza Marchetti.

Storia: la chiesa, edificata nel Settecento, è caratterizzata da una facciata in laterizio semplice e sobria e da un interno prezioso ed elegan-
te. La pianta dell’edificio, a croce greca, presenta al suo interno profonde cappelle laterali che si aprono perpendicolarmente all’ingresso.
La principale cappella di destra, dedicata a San Filippo Neri, ospita una bella tela di Giovan Battista Tiepolo (1696-1770), uno dei massimi
esponenti del Settecento veneziano; l’opera, Madonna in gloria e San Filippo, ritrae il Santo con indosso i paramenti, davanti a un altare,
mentre si concretizza davanti a lui la visione metafisica della Vergine con il Bambino, sorretta da nuvole e angeli. La solennità della scena
è stemperata dalla delicatezza di volti dei protagonisti, chiusi in un muto colloquio spirituale.
Oltre alla bellezza della pala, occorre sottolinearne anche la rarità, poiché si tratta di una delle due sole opere di Tiepolo presenti nelle
Marche - l’altra si trova alla Pinacoteca Civica di Ascoli Piceno.

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Chiesa di San Filippo com’era...

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Camerino, chiesa di Santa Maria in Via (Marche, provincia di Macerata)
Datazione: XVII secolo. Danni ingenti all’edificio,
crollo della torre campanaria
Collocazione geografica: in centro storico, nei pressi della Rocca dei Borgia.

Storia: nel Trecento esisteva una piccola cappella, costruita per ospitare una Sacra Immagine della Vergine qui portata, secondo la tradi-
zione, dai Crociati di ritorno dalla Turchia.
Nel XVII secolo il piccolo edificio venne completamente sostituito dalla chiesa che ancora oggi possiamo vedere, un edificio progettato per
volere del cardinale Angelo Giori su disegno del pittore Andrea Sacchi (1599-1661). Il sobrio esterno, caratterizzato da una semplice faccia-
ta in laterizi, contrasta con l’atmosfera rarefatta dell’interno: la pianta è un ellissi su cui si aprono un presbiterio e quattro cappelle, chiusa
in alto da una cupoletta in camorcanna e legno, realizzata in sostituzione di quella originale in mattoni, crollata con il terremoto del 1799.
All’interno della chiesa di conserva la tavola con l’immagine della Madonna con Bambino, che è stata datata dagli studiosi alla fine del
Duecento e attribuita al cosiddetto Maestro di Camerino.
Le tele alle cappelle sono opera di pittori seicenteschi, quali Andrea Sacchi e Jean Valentin de Boulogne (1591-1632), mentre le decorazioni
delle pareti e del soffitto sono state realizzate nell’Ottocento da artisti locali.

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Chiesa di Santa Maria in Via com’era...

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Montegallo, chiesa di Santa Maria in Pantano (Marche, provincia di Ascoli Piceno)
Collocazione geografica: nel cuore dei Monti Sibillini, nel territorio comunale di Montegallo.

Montegallo, in provincia di Ascoli Piceno, è un comune sparso, ovvero caratterizzato da un nome diverso da quello della frazione, Balzo, in cui è
presente la sede comunale. Il territorio, prettamente montano, è totalmente compreso nel Parco Nazionale dei Monti Sibillini. Incerte sono le testi-
monianze di epoca antica e rare le tracce di età romana. Le prime notizie relative a questi luoghi sembrerebbero risalire all’VIII secolo, quando un
vicario di Carlo Magno venne qui inviato in qualità di governatore. Il nome di questo vicario era Marchio Gallo, che proprio nei pressi della località
Balzo eresse un castello, denominato Mons Sanctae Mariae in Gallo, da cui poi trasse nome l’intero territorio chiamato appunto Monte Gallorum Danni ingenti all’edificio,
o Monte Gallo. In un territorio così articolato non potevano non mancare delle piccole chiese rurali sparse tra le pendici delle montagne, tra le due crollo totale della struttura
più importanti vanno citate sicuramente quella di S. Maria in Lapide e quella di S. Maria in Pantano. Quest’ultima, nota anche come chiesa della
Sibilla, collocata a 1159 m s.l.m. è raggiungibile solo a piedi attraverso un sentiero da Colle di Montegallo. Le sue origini non sono databili in modo
preciso, alcune notizie riferiscono della sua fondazione ad opera del Vescovo ascolano Audere o Auclere (745-780), ma al riguardo non risultano
documenti attendibili o fonti certe. Posta in una posizione strategica di passaggio tra millenari valichi transappenninici del territorio Piceno, la chie-
sa costituì per secoli un luogo di riferimento e una meta privilegiata per pellegrini, pastori, braccianti e mercanti. Lo stesso toponimo “in Pantano”
trae la propria origine dalla presenza, nelle sue vicinanze, di fonte di acqua sorgiva. La prima data certa sulla presenza della chiesa di Santa Maria
in Pantano è un documento in cui si conferma la giurisdizione sulla “graciam de Pantano” concessa da Federico II nel 1223 a Margherita badessa
del monastero ascolano dei Ss Matteo ed Antonio di Campo Parignano. Il termine “graciam” farebbe riferimento non solo alla singola chiesa ma a
un complesso di edifici con funzione di caposaldo del territorio e azienda agricola e produttiva. Sembrerebbe che ancora agli inizi del ‘900 fossero
presenti i ruderi dei fabbricati che la completavano in virtù di questo prezioso ruolo. L’interno della chiesa è decorato da un interessante ciclo di af-
freschi, opera di Martino Bonfini da Patrignone risalenti al secondo decennio del XVII secolo, Scene della vita di Maria, le quattro Sibille ed i quattro
Profeti, il Padre Eterno affiancato da una gloria di angeli, ed infine due riquadri su campo rosso che riportano una lista di nomi, probabilmente di
coloro che avevano commissionato l’opera.

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Chiesa di Santa Maria in Pantano com’era...

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