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NOTE SULLA STORICITA’ DELLA VITA DI MARIA DI NAZARETH

Vito Sibilio

L’indagine sul Gesù storico può e deve essere accompagnata da una parallela sui personaggi
principali della sua vita, in quanto nessuno vive da solo nella storia. Nella fattispecie, una
attenzione particolare spetta a Maria, la Madre di Gesù, colei che è stata recentemente definita
la Donna più importante e di maggior successo della storia umana e la cui presenza è ancora
oggi fattiva nelle arti, nella letteratura, nella cultura alta e in quella popolare e persino nei
fenomeni parapsicologici, così da essere sempre straordinariamente attuale. Per lei è
possibile, esattamente come per il Figlio, risalire alle circostanze concrete della sua esistenza,
attraverso lo stesso metodo e partendo dal presupposto che la figura di Maria è, dopo quella
di Gesù, la più importante per la fondazione del Cristianesimo. In effetti, i miti fondativi di
esso o, se vogliamo, i racconti che sono alla base della sua esistenza – intendendo quindi con
la parola mito un evento paradigmatico, storico o astorico che sia – hanno quasi sempre come
protagonisti il Figlio e la Madre (l’Incarnazione, la Nascita e il ciclo dell’Infanzia, gli esordi
della Vita Pubblica, la Passione, la Morte, la Pentecoste) o presuppongono un suo ruolo (la
Resurrezione, l’Ascensione), mentre alcuni altri tra loro, pur essendo extrabiblici, riguardano
esclusivamente la vita della Madre (come l’Assunzione). Gesù e Maria sono strettamente
legati nella nascita del Cristianesimo, in quanto artefici di tutti i suoi principali paradigmi-
radice, ossia di quei fatti che rivelano le verità chiave della Fede e orientano il comportamento
dei suoi seguaci. Erroneamente si dice che Paolo sia stato il più importante dopo Gesù per la
nascita del Cristianesimo: in una religione storica, il primato non spetta né a chi diffonde il
messaggio né a chi lo sviluppa, ma a chi lo rivela incarnandolo nella sua esistenza. Cosa che
è fatta da Gesù e da Maria. D’altro canto, la vita del Figlio e della Madre, se viene lasciata
circonfusa della luce dei dogmi, rischia di trascolorare nel docetismo e, implicitamente, di
destituire di fondamento i dogmi stessi. La ricerca è doverosa e, allo stato attuale delle
conoscenze sul Gesù storico, più facile e ricca di elementi, al di là delle nebbie della
demitizzazione del secolo scorso. Si può dire che per la Madre come per il Figlio siano stati
percorse le medesime strade di indagine, anche se per la prima con minore accanimento:
passata, nella cultura accademica, da figura mitica a leggendaria, oggi Maria è l’ebrea del I
sec. sulla quale sappiamo di più, distinguendo dapprima la Beata Vergine della fede dalla
Maria della storia, per poi riavvicinare quest’ultima con circospezione, sino ad approcciarne
la problematica storica con grande disinvoltura, grazie alla vasta messe di fonti disponibili.
In quanto segue proporrò una catalogazione delle fonti storiche, dei riscontri monumentali e
documentari e una riflessione sul senso storico dei racconti sull’Assunzione, quale apporto ad
uno studio di insieme sulla vita della Madre di Gesù.

LE FONTI STORICHE BIBLICHE E QUELLE DA ESSE IMMEDIATAMENTE


DIPENDENTI

Su Maria madre di Gesù abbiamo una ricca tipologia di fonti: bibliche, apocrife, panegiriche,
inniche, profane e postbibliche1. Cominciando dalle fonti bibliche, premetto che darò per
acquisito ciò che concerne sia la datazione dei Vangeli che la loro composizione e che ho

1
Cfr. sull’arg. E. TESTA, Maria di Nazareth, in Nuovo Dizionario di Mariologia, a cura di S. DE FIORES-S.MEO,
Milano 1985, pp. 867-876
sostenuto ed argomentato in altri lavori2, nonché quanto riguarda la loro armonizzazione e la
disamina a sostegno della loro storicità anche nei racconti della partenogenesi del Cristo3, così
da non essere costretto ad appesantire questa trattazione con dati già noti. Detto questo,
identifichiamo tre fonti bibliche principali raggruppabili in due tipologie e vi riconduciamo
alcune apocrife e postbibliche –ossia patristiche -di natura affine.
La prima è il midrash pesher dei Vangeli dell’Infanzia. Esso in origine fu un tutt’uno in una
composizione ebraica assai arcaica ma nel contempo anche molto diversa da quelle simili
della tradizione giudaica. Il testo originale dell’Infanzia di Gesù, scritto sulla base della
testimonianza stessa di Maria e di chi le fu molto vicino, anteriore ai Vangeli canonici e
confluito nel Vangelo primitivo usato per la predicazione, a differenza dei midrashim
giudaici, non crea fioriti racconti attorno a brani biblici, ma cerca brani biblici a sostegno dei
racconti, con un processo inverso che, attraverso le successive rielaborazioni, ha sviluppato
una ricerca teologica ed esistenziale libera e vissuta, ha conservato un nucleo storico con la
relativa ambientazione geografica e culturale, ha colto allusioni secondarie ad eroi culturali
giudaici impliciti nei fatti stessi e nel loro significato, ha esplicitato riferimenti filologici e
profetici, ha ammaestrato mediante una tematizzazione edificante della parola divina,
diventando anche un midrash halakico.
In questa tipologia abbiamo anzitutto il Vangelo di Matteo4, in quanto primo
cronologicamente, che però fa una selezione rigida dei fatti a disposizione della memoria
tramandata a voce o per iscritto. Le notizie storiche che tramanda sono la discendenza
davidica di Gesù e quindi l’inserimento di Maria nel clan dei discendenti dell’antico Re, ma
anche la sua partenogenesi. A complemento di ciò ci informa che la Sacra Famiglia ebbe casa
e domicilio a Betlemme e che dovette abbandonarla a causa delle persecuzioni di Erode per
fuggire tra le fiorenti comunità giudaiche d’Egitto. Da qui si trasferì a Nazareth per sfuggire
alla potenziale minaccia di Archelao.
Sulla scia di Matteo, l’autore dell’Ascensione di Isaia nella prima metà del II sec. compose
un suo midrash che volle dimostrare la perpetua verginità di Maria tramandando altri dati
storici, come l’ammissione da parte dei betlemiti della misteriosa origine di Gesù5.
I testi postbiblici di derivazione matteana sono usciti dalla penna di importanti Padri per
diversi secoli. Ignazio di Antiochia attesta la riservatezza che circondò, per comprensibili
motivi che egli legge in chiave soprannaturale, gli eventi del concepimento di Gesù ad opera
di Maria, che egli affilia alla Casa di David6. Anche Giustino testimonia che Maria,
evidentemente per parte materna – essendo cugina di un sacerdote e quindi della tribù di Levi
– era della stirpe davidica7 – così da giustificare il matrimonio endogeno col davidico
Giuseppe. Tertulliano afferma che sia nata a Betlemme8, tramandando la notizia a Giovanni
Crisostomo9 e a Clemente Alessandrino10.

2
V. SIBILIO, La datazione interdisciplinare dei Vangeli. Una messa a punto della situazione, ed. on line in Christianitas,
Rivista di storia cultura e pensiero del Cristianesimo, I (2013), pp. 115-226, poi in ID., Sulle tracce del Gesù storico,
amazon.com 2015.
3
V. SIBILIO, Per una concordanza dei racconti kerygmatici dei Vangeli, ed. on line su Christianitas III (2014), pp. 99-
336.
4
Mt 1-2.
5
Asc. Is., XI, 12.
6
Ad Ephesinos, XIX, 1.
7
PG 6, 572 s.
8
PL 2, 663.
9
Dialogus cum Tryphone, in PG 49, 534.
10
PG 71, 713.
La seconda fonte biblica è il Vangelo di Luca11, che pur essendo posteriore usa con più dovizia
di particolari la fonte originale sull’Infanzia di Gesù. Il materiale usato in effetti ha una
coloritura diversa da quello scelto da Matteo. Lo si comprende solo nell’ambiente dei “Poveri
di Dio” e di sicuro fu gelosamente custodito tra i parenti di Maria, specie in quel di Nazareth.
In controluce si legge in esso una volontà di marcare la differenza con il messianismo
davidico. Luca tuttavia supera questi pregiudizi scaturenti dalla mentalità dei vari testimoni e
tramanda le notizie con scrupolo storico e precisione teologica. Maria, sposata a Giuseppe e
dimorante come lui a Nazareth prima di iniziare la convivenza coniugale, concepisce di
Spirito Santo adempiendo la profezia del messianismo davidico in un modo diverso da come
la potevano intendere i lettori del nudo testo di 2 Sam 7,12. In ragione di ciò il riconoscimento
della sua maternità non viene dai parenti del marito ma dai suoi, ossia da Elisabetta e Zaccaria.
Trasferitasi a Betlemme in occasione del censimento di Quirino, vi ha all’inizio una dimora
provvisoria nella casa dei davidici, nella quale partorisce in condizioni precarie. Il Bambino
è riconosciuto dai pastori, da Simeone e da Anna. Poi la Sacra Famiglia, adempiuta la Legge
– formula sul cui significato allusivo mi sono dilungato in altra sede12, rientra a Nazareth.
Quando Gesù ha dodici anni, i genitori lo portano a Gerusalemme dove si rende protagonista
di un episodio emblematico, trattenendosi al Tempio e mostrando precocemente la sua
personalità e il mistero che l’accompagna. A questa tradizione di Luca si rifecero i tanti autori
postbiblici che fecero nascere – e non solo vivere – Maria a Nazareth.
L’altra tipologia di fonte biblica è quella catechetica, a cui si può ricondurre la narrazione del
Vangelo di Giovanni che verte su Maria. Infatti le nozioni che la riguardano sono sempre
inserite in una cornice teologica importante e chiara. E’ nel prologo innico che si attesta la
concezione di Spirito Santo di Gesù in Maria, che non è nominata. Quando la si presenta a
Cana, lo si fa come mediatrice per tutti i fedeli e nel quadro di una narrazione che ne fa il
prototipo della persona di fede. Questo modello Maria lo esprime perfettamente ai piedi della
Croce13.
Sulla scia di questa fonte si collocano altre apocrife: il Vangelo di Nicodemo, della fine del I
sec., riprende la narrazione della Madre sul Calvario; il Vangelo di Gamaliele, di molto
posteriore (VI sec.), esplicita il senso corredentivo di quella presenza14; il Vangelo di Pietro,
tra il 130 e il 150, drammatizza la vicenda facendo manifestare, attorno al Crocifisso, gli stati
d’animo di tutti i personaggi della Passione perché mostrino i loro veri sentimenti. Altre fonti
patristiche confermeranno il senso soteriologico di quella presenza e, indirettamente, la sua
storicità: sono Giustino15, Melitone di Sardi16, Ireneo di Lione17 e Tertulliano18. Una
mutazione del significato dell’episodio mariano del Calvario avvenne solo con Origene, che
asserì, rompendo la tradizione più antica, che la Madre fosse stata assalita dal dubbio sulla
Resurrezione dei corpi19. L’Alessandrino fece scuola e fu emulato in modi diversi da Efrem

11
Lc 1-2.
12
Cfr. sull’arg. V. SIBILIO, Per una concordanza dei racconti dell’Infanzia, in Christianitas IX (2017), pp. 347-415.
13
Gv 1,13; 2,1-12; 19, 25-27.
14
Gam 5,4.6; 6, 1.8.9.11.13.
15
Dialogus cum Tryphone, 32, 2; 14, 8; 67,7; 118, 1; 121, 2 in PG 6, 544; 505; 625; 749; 757; Apologia Prima, 52, 11
in PG 405.
16
Sulla Pasqua, in SC 123.
17
Adversus Haereses, V, 27, 1, in PG 7, 1195 S.
18
De Carne Christi, XXIII, 1, in CCSL 2, 914; Adversus Marcionem, III, 7 in CCL 1, 517.
19
In Lucam Homilia XVII, in GCS, Origene, 92, 106 s.
Siro20, Basilio Magno21, Teodoto di Ancira22, Anfilochio di Antiochia23, Paolino di Nola24,
Cirillo di Alessandria25, Esichio26, lo Pseudo-Nisseno27, lo Pseudo-Crisostomo28 e Filosseno
di Mabbug29. Ma questa illustre teoria di Padri non cambia il fatto che la tradizione più antica
attesta che Maria stette ai piedi della Croce uniformandosi all’intenzione del Figlio. Essa,
prima della sua definitiva rivincita legata alla condanna della memoria di Origene nel II
Concilio di Costantinopoli, fu mantenuta viva nella memoria cristiana dall’Oracolo Sibillino
III, 31630, da Gregorio di Nazianzo nel poema Christus Patiens31, da Romano il Melode
nell’Inno XXXV intitolato “Il lamento della Madre di Dio”32, dalle Staurotheotókia della
liturgia bizantina del VI sec.33 e, molto dopo, da Simeone Metafraste Logoteta nell’Orazione
sul lamento di Maria nel X sec.34

LE FONTI STORICHE APOCRIFE

Sono molto importanti per la ricostruzione della parte della vita di Maria di Nazareth che non
entra nei Vangeli e sono, contrariamente a quanto si crede, fededegne, ovviamente al netto di
una sana critica storica, laddove necessaria35. La prima che vale la pena di citare è il
Protovangelo di Giacomo, del II sec., in cui si raccoglie quella tradizione levitica che risale
al clan familiare di Maria di Nazareth e che venne presumibilmente condivisa da quei
sacerdoti che aderirono al Cristianesimo e che, prima di ciò, erano vicini alla Scuola essena.
Questa tradizione attesta che i Parenti di Gesù furono annoverati tra i sacerdoti nonostante
fossero davidici, ossia non appartenessero alla Tribù di Levi36. Questo probabilmente si deve
al fatto che Giuseppe, come vedremo, apparteneva ad un ordine di consacrati. La stessa Maria
è chiamata Figlia di David, nonostante la sua indubbia appartenenza a clan levitici37. Maria
nacque a Gerusalemme presso la Piscina Probatica38 da Gioacchino –presentato quale un
giusto e ricco personaggio del tipo di quelli veterotestamentari- e da Anna39, entrò nell’ordine
delle vergini del Tempio40, fu educata dal clero41 e, appena adolescente, fu unita in
matrimonio a Giuseppe, più grande di lei, conformemente all’uso giudaico per tutelare le
vergini e in vista di un futuro prestigioso ma non ancora chiaro 42, che però sembra orientarsi

20
In Diatessaron, 21, 27, ed. Leloir, 229.
21
Epistola 260, 9 in PG 32, 965-968.
22
Homelia IV, 13 in PG 77, 1409.
23
In Occursum Domini VIII, in PG 39, 57.
24
Epistola 50, 7 in PL 61, 415.
25
Homelia XII in PG 77, 1049.
26
Sermo VI, in PG 93, 1476 s.
27
Oratio de Occursu Domini, in PG 46, 1176.
28
Oratio de Occursu Domini, in PG 50, 810.
29
Fragmentum 43 ed. Luke 2, 22-39 in CSCO 393, 38-39.
30
In A. FEUILLET, L’Épreuve prédite à Marie par le vieillard Siméone (Luc II, 35 a), in Á la rencontre de Dieu,
Mèmorial Albert Gelin, Parigi 1961, pp. 243-263.
31
A. TUILIER, Grégoire de Nazianze, La Passion du Christ. Tragédie, in SC 149.
32
In SC 128, 143-187.
33
In J. LEDIT, Marie ne la liturgie de Byzance, Parigi 1976, pp. 194-208.209-220.
34
In PG 114, 209-218.
35
Cfr. sull’arg. TESTA, Maria di Nazareth, p. 873 e E.PERETTO, Apocrifi, in Nuovo Dizionario, pp. 117-122.
36
Cfr. Historia Josephi, II, 9, ed. TISCHENDORF, 123, 125 s.
37
Prot. X, 1.
38
Prot. IV.
39
Prot. I-II.
40
Prot. XV
41
Prot. VI-VIII.
42
Prot. IX.XIII-XVI. Cfr. B. BAGATTI, La Chiesa primitiva apocrifa, Roma 1981, p. 62.
ad una concezione verginale, secondo le credenze comuni in quegli ambienti43. Non è il caso
di prendere alla lettera la notizia della vecchiaia dello sposo di Maria. Diversamente non
avrebbe senso il fatto che i due si trasferissero a Nazareth vivendo del lavoro di lui e dove
avvenne l’Annunciazione44, che fu nota non solo a Giuseppe ma anche ai sacerdoti coi quali,
evidentemente, la coppia aveva rapporti anche a distanza 45. Da qui tornarono a Betlemme,
patria del marito, per il censimento. Sul quinto miglio della strada tra Betlemme e
Gerusalemme, ai confini tra Beniamino e Giuda, presso la Tomba di Rachele, in luogo
deserto, nella zona di Efrata, Maria diede alla luce, in una grotta sotterranea e tenebrosa, Gesù.
Il racconto, evidentemente accurato nella ricostruzione storica, si tinge di docetismo
affermando un dato mitologico: il Figlio nasce per condensazione di luce e l’ambiente divenne
una “grotta lucidissima”. Il Protovangelo poi asserisce, conformemente a Matteo e Luca, che
la Madre rimase Vergine durante e dopo il Parto, adducendo come prova la testimonianza di
una levatrice e dell’amica di Maria, Salome46. Nel Protovangelo sono attribuiti a Maria alcuni
vaticini sui due popoli – giusti e ingiusti – che seguono due opposte vie, mediante cui ella
viene avvicinata al movimento profetico veterotestamentario47 e che ricordano la sua
declamazione del Magnificat e quella del Benedictus da parte di Zaccaria.
La tradizione del Protovangelo fu raccolta, senza particolari ampliamenti ma con un completo
rifacimento, dalla Chiesa latina con il Vangelo dello Pseudo-Matteo del VII-VIII sec. e con il
Libro della Natività di Maria dell’846-849. A quanto insegnato dai Vangeli canonici e dal
Protovangelo si oppose, significativamente, il Vangelo di Filippo, testo gnostico del III sec.
o anche più antico, che non avrebbe sottolineato la paternità naturale di Giuseppe se la
concezione pneumatica di Gesù non fosse stata più antica 48. Nello stesso periodo, intorno al
240, la Pistis Sophia tenta di annettere alla mitologia gnostica la concezione pneumatica di
Cristo che però non osa negare49.
Il Panegirico della Chiesa Giudeo-Cristiana su San Giuseppe, attribuito allo stesso Gesù ma
che fu composto da un giudeo-cristiano del II sec., aveva una funzione commemorativa del
Patriarca e si leggeva presso il sepolcro nazaretano della famiglia del Padre educatore di
Cristo il 2 agosto, il 5 marzo e il 22 dicembre50. In esso si trova conferma di quanto narrato
dal Protovangelo di Giacomo sul matrimonio tra Maria e Giuseppe e sulla nascita di Gesù,
precisando che essa avviene nella casa di Giuseppe stesso, ossia presumibilmente dei suoi
parenti, dato che il Bambino viene alloggiato negli ambienti destinati agli animali e nemmeno
in quelli degli ospiti, verosimilmente occupati proprio per il censimento da altri consanguinei.
Altra fonte di capitale importanza è il Panegirico della Chiesa Giudeo-Cristiana da leggersi
nell’anniversario della Dormizione e dell’Assunzione di Maria, testo al massimo del II sec.
ma assai probabilmente molto più antico. Esso, ignorato dalla Grande Chiesa fino al V sec.51,
è noto come Dormitio Mariae e ci è giunto in tre diverse forme complementari, di età
differenti: il primo, più antico, ebionita ma cattolico, dei Parenti di Maria, del II –III sec.; il
secondo, del IV-V sec., dei giovanniti di tendenza monofisita; il terzo, gerosolimitano e
calcedonese, del V-VII sec.

43
Prot. VII.
44
Prot. XI.
45
Prot. IX-XIII-XVI.
46
Prot. XVIII-XX.
47
Prot. XVI.
48
Loghion 91.
49
PS 61-62.
50
Historia Josephi Fabri Lignarii, testo arabo, a cura di A. BATTISTA – B. BAGATTI, Gerusalemme 1978.
51
EPIFANIO DI SALAMINA, Panarione LXXVIII, 11.24, in PG 42.716.737.
La forma più antica è composta da tre documenti interi e vari frammenti assai vicini
all’originale, come si arguisce dagli elementi dottrinali ebioniti e giudeo-cristiani. Essa è
attribuita all’altrimenti sconosciuto Leucio del II sec., il quale voleva polemizzare contro gli
ebioniti eretici che negavano la Divinità di Cristo e facevano di Maria una Potenza di Dio 52.
Nonostante ciò, l’autore venne accusato di eresia dai Padri greci, oramai immemori delle
caratteristiche dottrinali della Chiesa giudeo-cristiana. Il testo è ricco di informazioni
importanti e senz’altro autentiche. Maria visse la parte finale della sua vita a Magdalia presso
Gerusalemme53e fu qui che ricevette da Gesù l’annunzio della sua imminente Dormizione,
nonché il Libro dei Misteri e una palma paradisiaca. La Vergine si preparò alla morte con
abluzioni e preghiere. Nel corso del racconto appaiono le caratteristiche del credo giudeo-
cristiano attribuito anche a Maria: il timore delle insidie delle potenze angeliche, la fede nella
dottrina delle due vie, nella scala cosmica e nel regno escatologico del bene e del male.
All’agonia della Vergine furono presenti Giovanni, giunto da Sardi, Pietro, arrivato da Roma,
e gli altri Apostoli tornati dal luogo della loro missione. Tra i Dodici, Giovanni è accusato di
negligenza nella custodia della Madre di Gesù, Paolo è guardato con sospetto, Pietro parla per
tutti e gli altri pregano. Vi sono anche delle vergini mentre i giudei tentano di impedire i
funerali della Madre di Gesù – essi sono evidentemente i farisei. L’anima di Maria è affidata
da Gesù a San Michele, mentre il corpo è sepolto da Pietro vicino al fiume Cedron. Dopo tre
giorni esso è assunto nel Paradiso Terrestre dagli Angeli psychopompoi.
La seconda forma della Dormitio ha una tendenza monofisita nominale e polemizza sia cogli
ebioniti che con i fantasiasti o aftartodoceti, considerati nemici dell’Apostolo Giovanni. Tale
forma annovera tre documenti greci e latini del IV-V sec. e alcuni sermoni del VI-VII sec.54
A parte la difesa del dogma della Maternità Divina definito ad Efeso e sostenuto da Cirillo di
Alessandria, questa serie di testi non ha altre peculiarità dottrinali. Storicamente aggiunge
alcuni dettagli degni di fede, per i quali la cerimonia funebre di Maria avviene ad oriente di
Gerusalemme, sulla vetta del Monte Oliveto, dove esisteva una casa dei parenti
dell’Evangelista, ubicata al Gethsemani e dove dimorava la Madre di Gesù quando era loro
ospite.
La terza forma della Dormitio è completamente ripulita sia dall’ebionismo che dal
monofisismo. Calcedonese pura, è legata ai santuari del Golgota, di Betlemme e della Santa
Sion, dove sono ambientate le varie vicende. Essa attinge a diversi testi siriani che sono
riconducibili all’insegnamento dell’Apostolo Giacomo il Minore ed è formata essenzialmente
da quattro testi55, nei quali la notizia vera più significativa che integra quelle fornite dalle fonti
precedenti è che Tommaso, giunto ad esequie avvenute, volle aprire la tomba di Maria per
venerarla l’ultima volta e constatò che il corpo era stato assunto in Cielo.
Ovviamente il momento celeste dell’Assunzione non può essere inteso come storico in senso
proprio, avvenendo in una dimensione metafisica. Il problema storico si pone solo per
l’archetipo adoperato per descriverne la modalità, ossia il ruolo dell’Arcangelo Michele e la
sua rianimazione nel Paradiso Terrestre. Come si vede, è un modello diverso da quello della
52
Il Libro del Riposo Etiopico, in M. ERBETTA, Gli Apocrifi del Nuovo Testamento. Assunzione, I/2, Torino 1981, pp.
421-426; Il Transito Romano, ibid., pp. 465-474; Augiensis CCXXIX, pp. 475-479.
53
L’Istruzione dello Pseudo-Cirillo, 8.9, in ERBETTA, Gli Apocrifi, p. 606 s.
54
Transitus Colbertinus, in ERBETTA, Gli Apocrifi, pp. 480-482; Il racconto dello Pseudo-Melitone, ibid., pp. 492-510;
Il racconto di Giovanni di Tessalonica, ibid., pp. 511-523; Il sermone di Teodosio Patriarca di Alessandria, ibid., pp.
582-592; Il sermone di Evodio, ibid., pp. 593-603; L’istruzione dello Pseudo-Cirillo, ibid., pp. 604-615; Omelie di Cirillo
di Gerusalemme e di Ciriaco di Behnesa, ibid., pp. 616-618.
55
Il Libro dello Pseudo-Giovanni, in ERBETTA, Gli Apocrifi, pp. 483-491; Il transito dello Pseudo-Giuseppe di
Arimatea, ibid., pp. 529-533; Il racconto della Storia Eutimiaca, ibid., pp. 526-528; Transito Siriaco A B C D, ibid., pp.
534-576.
Resurrezione di Gesù ma, esattamente come questo, non ha alcun archetipo letterario
precedente individuabile.
Due Vangeli del VI sec., quello di Bartolomeo e quello di Gamaliele, conservano l’importante
e credibile notizia dell’apparizione del Risorto alla Madre56. Il primo dei due testi tramanda
anche la comprensibile e attendibile notizia della funzione di guida morale di Maria nella
Chiesa gerosolimitana57.
Degna di nota è la notizia della sospensione delle pene infernali per i dannati visitati da Maria
dopo l’Assunzione, disposta da Gesù per certi periodi. Essa non è certo storica e
dottrinalmente discutibile, ma importante per l’equiparazione tra la discesa agli Inferi di
Cristo e quella di Maria58. Tra i testi che la tramandano il maggiore è l’Apocalisse di Paolo,
anteriore al 240.

LE FONTI STORICHE POSTBIBLICHE

Sono quelle patristiche e liturgiche, in cui ovviamente il dato storico è trasfigurato in senso
dottrinale o cultuale, ma esiste sempre e trova in esse una singolare conferma, diventando il
fondamento culturale della loro elaborazione, che a sua volta lo suffraga.
Degne di nota particolare tra le fonti patristiche sono il Credo di Melitone di Sardi che, nel II
sec., attesta contro ebioniti e docetisti l’incarnazione del Verbo di Dio nel grembo di Maria;
il Simbolo apostolico di Ippolito di Roma che, nel III sec., confessa la medesima cosa per il
medesimo scopo; gli scritti antiapollinaristi di Gregorio di Nissa che, nel IV sec., attesta la
realtà della completa umanità di Cristo proprio rifacendosi alla maternità storica e concreta di
Maria; la testimonianza di Epifanio di Salamina che, nello stesso secolo, ricorda alle
colliridiane che la Madre di Gesù fu un essere umano e non una dea59. A volo d’uccello,
elenchiamo le testimonianze patristiche più significative sulla storicità di Maria60: Ignazio di
Antiochia, che attesta la maternità verginale e divina di Maria; Giustino, che sottolinea la
verità del concepimento verginale; Ireneo di Lione, che batte sul medesimo argomento;
Tertulliano che, con la forza che lo contraddistingue, insiste sulla maternità reale di Maria e
la sua concezione di Spirito Santo; Clemente Alessandrino, che ancora si dilunga su Maria
come Vergine e Madre; Origene, che riflette lungamente sulla figura teologica ed evangelica
di lei, sottolineando il dato della sua perpetua verginità. Più passano i secoli più i dati storici
si fondono con la trattazione dogmatica e spirituale, ma lo storico Eusebio di Cesarea ancora
fornisce argomenti importanti per esempio per dimostrare la parentela davidica di Maria,
mentre Epifanio riprende rilevanti notizie giudeocristiane sulla vita di lei, specie in relazione
ai fatti della Dormizione. Autori come Atanasio, i Cappadoci, Giovanni Crisostomo, Cirillo
di Alessandria, Mario Vittorino, Ilario di Poitiers, Ambrogio, Agostino contribuiscono a
sviluppare dottrinalmente il quadro storico della vita di Maria, mentre Girolamo a tale
contributo aggiunge quello suo personale di filologo ed erudito. Questo solo per citare i
maggiori autori.

56
Bart. 8; Gam VI, 17.
57
Bart. 2.
58
Cfr. Apocalisse della Madre del Signore, alla fine; Apocalisse di Paolo 44; Libro del Riposo Etiopico 100.
59
Testo dei due Simboli citati in B. FORTE, Gesù di Nazareth. Storia di Dio, Dio della Storia, Roma 1982; GREGORIO
DI NISSA, Adversus Apollinarem, 37, in PG 45, 1208 C D; EPIFANIO DI SALAMINA, Adversus Hareses, 78,11, in
PG 42, 715-716.
60
Cfr. in gen. sull’arg. E. TONIOLO, I Padri della Chiesa, in Nuovo Dizionario, pp. 1044-1079.
In quanto alle fonti liturgiche61, una menzione particolare meritano le Odi di Salomone, della
prima metà del II sec., composte alcune in greco ed altre in siriaco. Tra esse, l’Ode XIX, 6-
11 attesta la maternità verginale di Maria. Gli Oracoli Sibillini, dal canto loro, contengono un
testo anteriore al 180 che, in versi, parafrasa il racconto dell’Annunciazione62. La Tradizione
Apostolica di Ippolito del 215 menziona due volte Maria nell’anafora eucaristica per
sottolinearne il ruolo nell’economia salvifica, mentre la cita nel Rito battesimale della Notte
di Pasqua, chiedendo ai catecumeni un atto di fede nella concezione verginale e pneumatica
di Gesù63.

LE FONTI STORICHE EXTRABIBLICHE

Esse sono quelle non cristiane e, pur essendo fortemente ostili, hanno un grande valore
storico.
Sono innanzitutto quelle giudaiche, destinate a confluire nel Talmud tra il V e il VI sec. ma
risalenti al II sec., epoca in cui già sono confutate da Giustino nel Dialogus cum Tryphone.
Esistono numerose citazioni rabbiniche di un certo Ješûa‘ ben Pandera o Panteri/Pantera‘,
riprese come vedremo da Celso, che parlavano di un certo Gesù figlio una pettinatrice, Maria,
e di Panther, soldato romano, corrompendo il greco parthénos e usando un nome di persona
piuttosto raro tra i guerrieri di Roma, quindi calunniando la nascita verginale di Cristo ed
espungendolo dalla progenie di Abramo e dalla Casa di Davide. Nonostante la sua blasfemia,
questa calunnia è storicamente importantissima: nessuno avrebbe deriso la concezione
verginale di Gesù se essa non fosse stata creduta dai cristiani e se quindi la sua narrazione
non fosse stata anteriore a questi testi, ossia risalente alla prima metà del I sec. In effetti la
prima disputa su questo tema è attestata negli Atti di Pilato i quali, già tra la fine del I e l’inizio
del II, riportano, tra quelle giudaiche, sia le voci dei calunniatori della nascita di Cristo sia
quelle di chi ne difendeva l’onore, facendone però solo, e comprensibilmente, il figlio di
Giuseppe. In tale modo, nell’epoca delle nostre fonti pretalmudiche, la partenogenesi di Cristo
sarebbe stata già abbastanza antica non solo per essere demitizzata ma anche degradata 64.
Inoltre, questa rozza calunnia aveva il pregio di cancellare l’evidentemente fondata notizia
della discendenza davidica di Gesù, che avrebbe così perduto un titolo fondamentale per
essere riconosciuto Messia, oltre che la sua altrimenti indubbia appartenenza al popolo
eletto65. Infine, il mestiere di pettinatrice appare essere una parodia, e quindi una conferma,
della notizia più antica che faceva di Maria una delle vergini tessitrici, di cui avremo modo di
riparlare.
E’ proprio sulla scorta delle peggiori calunnie farisaiche al Cristianesimo che Celso scrisse il
suo Discorso Vero, nel quale ovviamente riprende le notizie appena riportate66. Essa è l’unica
fonte pagana importante che riguarda il nostro discorso. Scomparso meritatamente dalla
storia, il libro di Celso ci è noto mediante la dotta confutazione di Origene.
Tirando le somme, le quattro tipologie di fonti storiche catalogate ci permettono di individuare
con precisione gli eventi cardine della vita di Maria di Nazareth: la molteplice attestazione in

61
Cfr. in gen. sull’arg. I. CALABUIG, Liturgia, in Nuovo Dizionario, pp. 767-787
62
VIII, 456-474.
63
4; 21; in SC 11 bis, 48.50.84.
64
Cfr. ORIGENE, Contra Celsum, 1, 28.32, in PG 11, 714-722; IRENEO, Adversus Haereses, 3, 21.78; 5,1.3, in PG 7,
707.946.1122; Talmud, Sanh 67 a; Shab 104 b.
65
Cfr. sull’arg. V. SIBILIO, Gesù nella letteratura cristiana dei primi tre secoli. Una panoramica, in Christianitas VIII
(2016), pp. 101-168.
66
ORIGENE, Contra Celsum, I, 28, in PG 11, 117 B.
diverse fonti e la doppia irriducibilità al pensiero giudaico o pagano ne danno conferma
diretta, mentre la continuità ed omogeneità col messaggio evangelico ne garantiscono la
mutua coerenza e quella con l’ambiente di origine, così da suffragarli indirettamente.

I RISCONTRI ARCHEOLOGICI ALLE NOTIZIE SULLA VITA DI MARIA67

Per i fatti narrati nelle fonti citate vi sono ampi riscontri archeologici. Come abbiamo visto, i
testi ci dicono che Maria è nata a Betlemme, a Nazareth e a Gerusalemme. Ovviamente solo
una di queste località è quella giusta68. Se Betlemme è un postulato della dottrina che faceva
della Vergine un membro della Casa di David, per cui non è dato storicamente attendibile di
per sé69, e se l’origine nazaretana è basata su documenti tardivi a loro volta influenzati
dall’ambientazione lucana dell’Annunciazione, la tradizione gerosolimitana del Protovangelo
di Giacomo del II sec. appare più solida, nonché suffragata dai ricordi dei primi pellegrini. E’
infatti nella capitale che si è conservato il ricordo monumentale della Nascita della Vergine.
Presso la Porta Probatica, nella Valle es-Sahireh, ai tempi dei Maccabei fu costruita una
piscina gemellare trapezoidale, con ad oriente uno stabilimento terapeutico detto di Bezeta.
Ad esso si accedeva da un canale che sfociava in una grotta originaria naturale; a nord-est vi
era una cisterna centrale circondata da bagni, da sale pitturate e, pare, da una abitazione con
grotte, che ora è sotto le absidi della Chiesa crociata di Sant’Anna. Questo ambiente fu
frequentato da infermi (Gv 5,3) e da donne superstizione desiderose di fecondità70. Vi veniva
invocato Salomone, quale guaritore per eccellenza in tutte le sorgenti termali palestinesi; vi
era praticata la magia bianca con l’anello del Re, le sue medaglie raffiguranti la triade della
salute – ossia il santo cavaliere che trafigge Lilith e l’Arcangelo Raffaele che lo protegge – e
il suo sigillo. Nonostante la polemica rabbinica contro questo culto, esseni e terapeuti lo
praticarono71. Il rituale confluì poi nel Testamento di Salomone del III sec., pubblicato dai
Giudeo-cristiani, che così lo fecero proprio. Proprio nel Protovangelo di Giacomo, al capitolo
VI, leggiamo che Anna fu guarita dalla sterilità, meritata per qualche peccato occulto,
recandosi alla Piscina e che generò Maria. Questa visse nella sua cameretta, trasformata in
una domus ecclesia, che si trova ancora nella Grotta sotto il coro della chiesa crociata e che
risale appunto al I sec. Anche il Vangelo dell’Infanzia dello Pseudo-Matteo nel IV-V sec.
suppone che Anna avesse una casa nella zona di cui parliamo72. Il Rotolo di Rame di Qumran
attesta che presso la Piscina vi erano alcuni nascondigli dei tesori esseni – con una asserzione
che per alcuni è simbolica e per altri reale – e una struttura residenziale, che con buona
probabilità era collegata al quartiere dove viveva la famiglia della Vergine73. Con la
distruzione di Gerusalemme nel 70 lo stabilimento fu diroccato ma il culto continuò ad esservi
esercitato. Il nome della Piscina cambiò in Bet Hesdatain, popolarmente reso come Bet Hesda
– la Casa delle Misericordie – e il culto divenne sincretico, a partire dal 135, con le costruzioni

67
Cfr. V. SIBILIO, Sulle tracce del Gesù storico, amazon.com 2011, pp. 64-72; 78-79; 104-106; 108-111.
68
Per una disamina generale dei luoghi archeologici mariani citati cfr. TESTA, Maria di Nazareth, pp.865-
891;V.SIBILIO, Su alcuni aspetti della mariologia medievale, 1° ed. on-line sul sito www.theorein.it (2003) reg. il
27.10.2004 ai sensi dell’art. 1 D.Lgs.Lgt. 31.8.1945; 2° ed. a stampa su “Marianum –Ephemerides Mariologiae” LXVI
(2004), pp. 623-658; 3°ed. nel forum www.latheotokos.it dell’I.S.S.R. San Luca di Catania (2009).
69
Per la parentela della Vergine sia con la Classe sacerdotale di Abia che con la Casa di David cfr. V. SIBILIO, Il Dogma
cattolico. Appunti per una esposizione sistematica, digitale, Amazon.com, 2010, pp. 99-100, nn. 262-263.
70
GIROLAMO, In Matthaeum, 33,6, in PL 26, 175; Epist. 75,3, in PL XXII, 687.
71
M.SIMON, Verus Israel, Parigi 1964, pp. 394-431.
72
Ps.Mt., 3.
73
3Q15 11,11-14; 12,1-3 in B. PIXNER, Unravelling the Copper Scroll Code: A Study on the Topography of 3Q15, in
“Revue de Qumran” XI (1983), pp. 323-366.
pagane ivi volute da Adriano (117-138) proprio per sradicare la memoria giudeo-cristiana. Il
culto salomonico fu ereditato dai Parenti della Vergine, che lo cristianizzarono sostituendo
Gesù medico a Salomone e all’Angelo, ai quali Egli è superiore (Mt 12,42 b; Gv 5,1.5-9):
nelle medaglie comparve allora il suo busto assieme al cavaliere con una lancia crociata o in
atteggiamenti cristiani; Maria, non più oggetto di miracolo, fu associata al Figlio guaritore;
Lilith sostituita da varie diavolesse; l’Angelo di Dio affiancato da vari altri angeli della salute.
Le cerimonie erano celebrate nelle costruzioni visibili ad est dopo gli scavi presso la Piscina
settentrionale: cisterne, un’ampia sala mosaicata con croci floreali, fiori e frutti simbolici, la
base di un probabile altare e armadi incassati nel muro, oltre ad una grotta intagliata nella
roccia lunga 10 m. e larga 2,50. In quanto al culto pagano adrianeo, si incentrò nel Serapeîon
edificato sul luogo, sul modello dei tanti altri edifici simili sparsi nell’Impero. Era un
complesso quadrato, poi smantellato dai Bizantini, ad est del portico trasversale e del grande
bacino meridionale. In esso vi erano cisterne riadattate, gallerie intagliate nella roccia, un
ampio edificio però non completamente scavato, una favissa con ancora i resti dei sacrifici.
In questo complesso vi era un Serapide, ormai in frammenti, venerato nel naós dello
stabilimento, ossia la grotta naturale originaria; una donna che si spoglia e una sdraiata su un
divano, inchinata sotto una mano benedicente; due navi da carico che si armonizzano col culto
di Iside; due piedi votivi. Il luogo era infatti consacrato alla triade pagana della salute, formata
da Serapide/Esculapio, Iside/Igea, Arpocrate/Telesforo, che dovevano soppiantare le triadi
giudaica e giudeo-cristiana. In suo onore si praticava la magia nera, l’oroscopo, il lunario e
l’idromanzia.
Costantino (306-337) proscrisse, nel 319, la magia nera pagana ma tollerò quella bianca dei
Giudeo-cristiani74. La Grande Chiesa tuttavia polemizzò sia contro il culto pagano che contro
quello giudeo-cristiano75, facendo smantellare prima l’edificio adrianeo e poi quello giudeo-
cristiano, nel primo quarto del V sec.76; li rimpiazzò con la grande Basilica del Paralitico, di
recente riscoperta, e con quella di Santa Maria, le cui navate laterali sporgevano oltre i limiti
del quinto portico della Piscina, poggiando su colonne di sostegno che affondavano nelle
vasche, e che è da identificarsi, evidentemente, con gli edifici e le grotte scoperte sotto la
cripta della chiesa crociata77. Le idrie e l’anello salomonico furono invece trasportati e
venerati nella Basilica del Santo Sepolcro.
Giovanni Damasceno è il primo a parlare nel VII sec. chiaramente della Casa dove nacque
Maria presso la Piscina di Bethesda78. Ma già Teodosio aveva, nel 530, fatto riferimento ad
una chiesa dedicata alla Vergine in quel luogo79. In età crociata le due vasche della Piscina
furono riempite e la Chiesa di Santa Maria trasformata in monastero, mentre venne edificata
un po’ più a est la Chiesa crociata di Sant’Anna, che come dicevamo conserva sotto di sé la
Casa della Vergine.
Collegata a questa memoria è anche la tradizione dell’educazione della Vergine al Tempio. Il
Protovangelo di Giacomo, come abbiamo visto, attesta la consacrazione di Maria Bambina e

74
Codex Theodosianus, 9,16,3, in MOMMSEN T.-MEYER P.M., (edd.), Berlino 1905.
75
E.-J. e L.-G. EDELSTEIN, Asclepius. A Collection and Interpretation of the Testimonies, II, Baltimora 1945, pp. 453-
469; CIRILLO, Cat. II, 13 in PG 32, 399 e 1131-1154; AMBROGIO, in PL 17, 531.
76
Cfr. il PELLEGRINO DI BORDEAUX, in CCL, 175, 14-15; GIOVANNI II, Mistagogia 1,8, in PG 33, 1071-1074 e
in SC 126, 94-97.
77
BREVIARIUS DE HIEROSOLYMA, in CCL, 175,112,7; TEODOSIO, De situ Terrae Sanctae, ibid., 118s, 8;
ANONIMO PIACENTINO, ibid., 143, 27; SOFRONIO, Anacr. XX, in PG 87, 3821; GIOVANNI DAMASCENO, In
Nativitate Beatae Mariae Virginis, in PG 96, 661-680.
78
ID., ibid., in PG 96, 670.
79
TEODOSIO, De situ Terrae Sanctae, 8, in J.WILKINSON, Jerusalem Pilgrims before the Crusades, Warmister 1977,
p. 66.
la sua vita nel luogo sacro nel Collegio delle Vergini Tessitrici80. La veridicità di quanto
desunto dai racconti antichi è stata confermata da D. Flusser e S. Safrai81. Giustiniano, sul
luogo ove si riteneva che la Vergine fosse stata educata, elevò la Basilica detta Néa, poi
distrutta dai Persiani nel 614. Gli scavi hanno permesso di precisare che l’edificio, di
ottantadue per sessantacinque metri, con aggiunto un ospizio ed altre dipendenze, era uno dei
più riguardevoli di età bizantina in Palestina82.
Seguendo ora il filo dei racconti evangelici, ci spostiamo a Nazareth. Già la cittadina è di per
sé una acquisizione archeologica, visto che a lungo se ne mise in discussione l’esistenza. Ai
tempi di Gesù essa era un piccolissimo villaggio, con una popolazione al massimo di
centocinquanta unità, ai piedi delle colline della Bassa Galilea. Mai in precedenza era stata
nominata nella Bibbia83. Gli abitanti erano tutti discendenti di David (1000-961) e si facevano
chiamare Nazorei (Ναζωϱαϊοι; ‫)נןצדים‬, per adempiere Is 1,1, in cui si dice che un virgulto
(nezer ‫ )נצר‬germoglierà dalle radici del tronco di Iesse. I davidici erano tornati a scaglioni in
Palestina sin dal 520 a.C. con Zorobabele84, proseguendo con Esdra nel 457 a.C.85 e
continuando a giungere sin nel II sec. a.C. Proprio alla fine di quest’epoca si ripopolò
Nazareth, il cui nome originario ci è sconosciuto, essendo stato abbandonato nel 733 a.C. ai
tempi dell’invasione degli Assiri. Gli immigrati erano provenienti da Babilonia; essi
approfittarono della conquista asmonea della Galilea per un più massiccio esodo. Gli scavi
infatti attestano che vi è soluzione di continuità insediativa proprio prima di quest’epoca. I
clan davidici giunti da Babilonia in corrispondenza dell’indipendenza asmonea si stanziarono
prima in Batanea (ossia il Basan)86 per poi spostarsi a Nazareth. Giulio Africano (220 d.C.
ca.), nativo di Emmaus, ci informa che i discendenti di David vivevano in villaggi con nomi
messianici, come appunto Nazara (“villaggio del Germoglio”) e Kochaba (“villaggio della
Stella”)87. Due villaggi – uno a nord di Nazareth e uno nel Basan – portavano quest’ultimo
nome. Lo stesso autore ci informa che i davidici conservavano le genealogie delle loro
discendenze. Essi attendevano devotamente che il Messia sorgesse dalle loro fila88. Giuseppe,
nativo di Betlemme e ancora lì residente (come dimostra il viaggio da lui fatto per essere
censito in quella città e non a Nazareth), e Maria erano dunque nazorei. I davidici avevano un
forte senso della propria regalità, sebbene decaduta: lo prova il fatto che le costruzioni di
Nazareth avevano una necropoli relativamente vicina, a dispetto delle norme di purità
tradizionali, in quanto, come attesta il Talmud, esse potevano essere disattese per le sepolture
regie89. Tali tombe in alcuni casi erano anche di raffinata fattura romana.

80
Prot. I-X..
81
D. FLUSSER – S. SAFRAI, The status and the role of the women in the Second Temple of Jerusalem, Berlino-New
York 1996; B. PIXNER, Sulle strade del Messia – Luoghi della Chiesa primitiva alla luce delle nuove scoperte
archeologiche, Padova 2013, p.48, n.38 (ed. orig.: Wege des Messias und Stätten der Urkirche. Jesus und das
Judenchristentum im Licht neuer archäologischer Erkenntnisse, Giessen 1991, 2010; ed. ingl.: Paths of the Messias and
Sites of the Early Church from Galilee to Jerusalem, San Francisco 2010, entrambe a cura di R. RIESNER).
82
G.GHARIB, Presentazione della Vergine, in Nuovo Dizionario di Mariologia, pp.1155-1161, in partic. p.1156.
83
Per quanto andiamo a dire su Nazareth cfr. PIXNER, Sulle strade del Messia, pp.15-16; 39-46, con bibliografia in
apparato. Per gli scavi cfr., sub voce, R.RIESNER in Das Große Bibellexikon (GBL), voll. I-III, Brockhaus-Brunnen
1987-1989, 19902 , II, 19902, coll.1036-1037; ID., s.v., in Neues Bibel Lexikon, a cura di M. GÖRG- B. LANG, vol. II,
Solothurn-Düsseldorf 1995, coll. 908-912.
84
Esd 2,1; 3,2; 5,2.
85
Esd 8,2-3.
86
GIUSEPPE FLAVIO, Antiquitates Iudaicae, 17,23-28, a cura di L. MORALDI, voll. I-II, Torino 2006.
87
Nm 24,17; EUSEBIO, Historia Ecclesiastica, 1.7.14 ss., in PG 44, 1066.
88
Is 60, 21 e 61,1. Cfr. Lc 4,16 -30.
89
Talmud Babilonese, III, 19 b. Lo stesso passo assicura che l’impurità risparmiata a chi è separata da essa da una cavità
di almeno un palmo di mano, cosa che rende possibile le necropoli sotterranee anche nei pressi di insediamenti giudaici.
La cosa ha una sua rilevanza in quanto alcuni, erroneamente, hanno affermato che Nazareth non poteva esistere nei pressi
A Nazareth la tradizione della Casa di Maria, dove avvenne l’Annunciazione, attestata dal
Vangelo di Luca (1,26-38) e conservata dai “Parenti della Vergine”90, è stata riscontrata dagli
scavi fatti tra il 1950 e il 1960. Il culto iniziò con una domus ecclesia, in cui erano inseriti i
resti di una casa, ossia grotte, sili, vasche, scale originali tutti abbelliti nei primi due secoli
con pitture, graffiti e mosaici; nel II sec. il tutto divenne un ambiente battesimale 91. Un
frammento di targum di Is 55,1.3, paleograficamente datato a quest’epoca, attesta il culto per
il “pozzo di Maria”, da cui è sgorgato il rivolo salutare del Verbo Incarnato92. Nel III sec.
sulla domus ecclesia i Nazareni edificarono una sinagoga giudeo-cristiana, di cui è rimasta
tutta la parete sud e l’attacco della est, che andava verso nord per conglobare il dato roccioso
tagliato della grotta tradizionale. Nella riempitura sono rimasti parecchi elementi
architettonici come stipiti, cornici, archi, capitelli, basi con scanalature per transenne, basi di
colonne d’altare, simboli e graffiti mariani, tra i quali spiccano le iscrizioni del XĒ MAPIA e
della pellegrina che afferma di aver scritto il suo nome sotto il “luogo sacro di M” e di averne
venerato l’immagine93. Verso il 430 arrivarono a Nazareth i Bizantini che, probabilmente
sostenuti dall’Imperatore, tolsero la sinagoga ai Giudeo-cristiani, l’abbatterono e la
sostituirono con la loro Basilica. Essa ebbe come piattaforma gli elementi della vecchia
costruzione. Le Grotte sacre furono preservate, il muro sud usato come stilobate dopo averlo
decapitato, l’abside fu attaccato ad est e due navate furono erette in più, conglobando in quella
settentrionale la Grotta tradizionale. Questa Basilica fu visitata dai pellegrini come la Casa di
Maria trasformata in chiesa, dall’Anonimo piacentino sino ad Arculfo e Beda il Venerabile e
altri. Un dato significativo è che le fondamenta dell’ambiente di questa Casa di Maria in cui
presumibilmente avvenne l’Annunciazione corrispondono perfettamente alle Mura
conservate nel Santuario della Santa Casa di Loreto94.
Sempre a Nazareth Epifanio di Salamina ci parla della Casa di Giuseppe, il luogo dove Gesù
è stato allevato95. La tradizione fu tramandata dai “Parenti di Giuseppe”, i quali difesero
strenuamente i loro diritti di possesso sul luogo a dispetto dei Cristiani ex gentibus, ai quali
proibirono per secoli l’accesso. Solo nel 670 Arculfo potè visitarlo e descriverlo come un
edificio parzialmente costruito su archi e che nella cripta conservava un pozzo e una grotta
“lucidissima” – come la definisce un Anonimo citato da Pietro Diacono – e tutto un ambiente
battesimale secondo il rituale giudeo-cristiano96. Gli scavi del 1970, diretti da Bellarmino
Bagatti, hanno confermato le notizie tradizionali e hanno datato l’ambiente al I sec. 97 E’
questa la dimora in cui Gesù trascorse la sua vita nascosta, con Maria e Giuseppe.
Seguendo il filo degli eventi evangelici, dobbiamo considerare ‘Ain Karem, il luogo della
nascita di Giovanni il Battista, visitato da Maria, come attesta Luca (1,39-56). I fatti narrati

della sua stessa necropoli per mancato rispetto delle distanze legali per la purità, mettendo così in dubbio la natura dei
ritrovamenti giudeo-cristiani della cittadina. In realtà questa norma rabbinica proteggeva le case dei pii osservanti da ogni
possibile contaminazione. Cfr. R. SALM, Why the truth about Nazareth is important, in American Atheist Magazine,
nov.-dic. 2006, pp. 14-19.
90
B. BAGATTI, I “Parenti del Signore” a Nazareth (secc.I-III), in “Bullettin d’Études Orientales” VII (1965-1966), pp.
259-264; E. ALLIATA, Il luogo dell’Annunciazione a Nazareth, in A. STRUS, Maria nella sua terra, Cremisan-
Bethlehem 1989, pp. 25-33.
91
E.TESTA, Le grotte mistiche dei Nazareni e i loro riti battesimali in “Liber Annus” XII (1961-1962), pp. 5-45.
92
E.TESTA, Il targum di Is 55,1-13, scoperto a Nazareth, e la teologia sui pozzi dell’acqua viva, in “Liber Annus” XVII
(1967), pp. 259-289.
93
E.TESTA, Nazareth giudeo-cristiana. Riti, iscrizioni, simboli, Gerusalemme 1969, 70-75ss.
94
V.SIBILIO, L’Eucologia Cattolica. Appunti per una esposizione sistematica, digitale, Amazon 2013, p.156.
95
EPIFANIO DI SALAMINA, in PG 41, 399-402.915 s.
96
Cfr. in gen. TESTA, Le grotte mistiche, pp. 5-45.
97
B. BAGATTI, Scavo presso la Chiesa di San Giuseppe a Nazareth (agosto 1970), in “Liber Annus” XXI (1971), pp.
5-32; J. BRIEND, L’Église judéo-chrétienne de Nazareth, Gerusalemme 19752, pp. 48-64.
nel Vangelo e nel Protovangelo di Giacomo sono ambientati nella regione di Giuda chiamata
Orini, un triangolo montagnoso tra Gerusalemme e i wadi di es-Sarar ed es-Sikka, con ‘Ain
Karem al centro. Era una regione vergine ed ospitale, dove Elisabetta ebbe a metà costa una
casa di ritiro, dove si nascose per cinque mesi per ringraziare Dio di averla liberata dalla
sterilità (Lc 1,25). Vi possedette anche una grotta, che nel racconto del Protovangelo (22,3)
si aprì miracolosamente per ospitare Elisabetta e Giovanni braccati dai soldati di Erode (37-
4 a.C.) durante la Strage degli Innocenti. Ai piedi del colle vi era invece la Casa di Zaccaria,
dove giunse Maria quando andò a visitare la cugina. Questi luoghi sono stati identificati
archeologicamente. Nel 1973 il p. Bagatti, sotto la cripta della moderna Visitazione, ritrovò
una casa romana, con pressoio, un pozzo scavato nella roccia, tombe ellenistiche, varie
monete romane dai tempi di Nerone a quelli di Costantino e molta ceramica romana. Il pozzo
si trova nella grotta che si sarebbe illuminata per dare rifugio ai fuggitivi98. Scavi occasionali
del 1885 e poi sistematici del 1941-1942 diretti da S. Saller nella tradizionale Casa di Zaccaria
hanno riportato alla luce una domus ecclesia, posta in una grotta, luogo tradizionale della
Nascita di Giovanni il Battista, e parecchi accessori di una casa romana, sotto l’attuale portico,
ossia un pressoio, cisterne e tombe romane, tra cui una doppia 99. Questi luoghi furono
sacralizzati dalla commemorazione giudeo-cristiana di Elisabetta, Giovanni e Maria, uniti in
una vera e propria triade cultuale. Una prova di rincalzo è data dalla solita profanazione
adrianea, che soppiantò i tre personaggi cristiani con altrettanti pagani legati da nessi
egualmente solidi, ossia Smirna, Adone e Venere pudica. Smirna, concepito irregolarmente
un figlio, si rifugia nel giardino di Venere, rimanendo cinque mesi dietro un albero di mirra
che piange amare lacrime. Protetta da Venere genitrice, genera Adone, che Proserpina
vorrebbe uccidere servendosi di un cinghiale. Tra Venere e Proserpina si giunge però ad un
compromesso: Adone sarà negli inferi d’inverno e il resto dell’anno con la Dea dell’amore,
che ne piange nel frattempo la scomparsa. Durante queste lamentazioni, per tre giorni si
celebrano le Adonie: il primo giorno fiorisce il giardino nella Casa di Adone e poi è gettato
dentro una cisterna con pezzi della statua del dio; il secondo giorno si aspettano, nella grotta
di Adone, le membra squarciate del dio e la sua testa decollata, mentre le tiasiditi, vicino al
simulacro di Venere pudica, fanno le lamentazioni; il terzo giorno tutti si recano nel cortile
dell’apoteosi e si festeggia la resurrezione del dio della vegetazione. In vista di tale culto – in
cui la narrazione neotestamentaria è consapevolmente ed evidentemente trasfigurata e
contaminata in senso polemico – Adriano piantò un boschetto sacro sull’Orini, costruì la Casa
di Adone, scavò la duplice grotta ed eresse il cortile dell’apoteosi sopra i vecchi muri degli
accessori della Casa di Zaccaria. Infatti p. Saller vi ha trovato elementi romani numerosi,
risalenti ai secc. III e IV, resti riadattati dell’opera di Adriano.
Costantino distrusse gli edifici pagani e così tornarono in auge i motivi cultuali dei Giudeo-
cristiani: sulla montagna di Orini i boschetti di Venere e Proserpina furono sradicati e la Casa
di campagna di Elisabetta fu ripristinata. La Grotta fu rivestita con pietre, pitturata e riempita
di graffiti; il pozzo fu regolarizzato con muratura e collegato ad una cisterna fuori della cripta
con un canale; davanti alla Grotta, per custodire la Casa romana, fu eretta una chiesetta, per
venerarvi la pietra detta del Nascondimento, che ricordava la Roccia del Rifugio, da cui si
prendevano eulogie e terra per avere benedizioni. Laddove, presso la Casa di Zaccaria,
sorgevano la Casa di Adone e il suo boschetto, essi furono completamente distrutti; alla
vegetazione adonica si sostituì il Giardino di Giovanni che “cresce in ogni luogo ove egli

98
B. BAGATTI, Il santuario della Visitazione ad ‘Ain Karim (Montana Judaeae). Esplorazione archeologica e ripristino,
Gerusalemme 1948, pp.45-55.72. 84s. 89-97.
99
S. SALLER, Discoveries at St.Johns, ‘Ein Karim, 1941-1942, Gerusalemme 1946, pp.69.92ss.72.
battezza”, secondo la felice espressione di Enon di Scitopoli nella citazione di Eteria. Nella
camera funeraria di Adone, nella sua grotta e nel cortile della sua apoteosi furono costuite due
cappelle, una dedicata ai Martiri – con un magnifico mosaico in onore del Capo del Battista
– e una a sud – arricchita di mosaici con simboli di glorificazione. In esse si celebravano tre
Messe, in onore di Giovanni e di Maria, fecondatrice delle messi, dei semi e delle vigne. Così
avveniva il capovolgimento definitivo: Smirna era soppiantata da Elisabetta, Adone da
Giovanni e Venere con Maria. Ciò nel luogo in cui quest’ultima visitò la cugina e stette con
lei fino al parto.
Vi sono sicuri riscontri alla narrazione di Matteo (cc.1-2) e di Luca (2,1-40) sulla Nascita di
Gesù a Betlemme. In queste fonti si parla del luogo della Nascita come di una casa, di una
greppia e di una grotta. Matteo parla di una casa dove viveva la Sacra Famiglia prima
dell’Adorazione dei Magi e della conseguente Fuga in Egitto. Luca puntualizza che la Sacra
Famiglia si trovò in Betlemme solo in ragione del Censimento di Quirino e vi partorì il suo
Primogenito in una greppia, non essendovi posto nel divano per gli ospiti. Se ne evince che
la casa in cui essi alloggiavano era dei parenti e che, a causa del Censimento stesso, aveva
anche altri ospiti, che evidentemente andarono via subito dopo aver espletato le pratiche
censitarie, mentre la Sacra Famiglia rimase in città almeno fino alla Presentazione del
Bambino al Tempio e per la Purificazione della Puerpera (a meno che Giuseppe non volesse
stabilire nuovamente a Betlemme la sua dimora, come suggerisce Matteo), sino poi a ricevere
l’inaspettata visita dei Magi a cui seguì la Fuga per l’inopinata persecuzione di Erode. Ciò
collima con la notizia dell’origine betlemita della Casa di Giuseppe, essendo egli davidico di
nascita. E’ anche coincidente con quanto attesta Gv 1,11 e 7,5, in cui si legge che le persone
più vicine a Cristo, evidentemente per vincoli di sangue – i “suoi” – non lo riconobbero,
assegnando alla Madre di Lui come luogo per partorire il più marginale della già povera
dimora, nonostante le premure che lo stato interessante avrebbe meritato. La notizia della
mangiatoia è sottolineata da Luca in quanto egli vi ravvisa il compimento di due profezie
messianiche veterotestamentarie: Is 1,3 e Ab 3,2 secondo la LXX. Nel Protovangelo di
Giacomo, fonte storica molto interessante anche se apocrifa e non priva di sovrastrutture
leggendarie, leggiamo poi che la Sacra Famiglia, recandosi a Betlemme per il Censimento, a
metà strada, al quinto miglio da Gerusalemme, tra i territori della tribù di Giuda e di quella di
Beniamino, presso la Tomba di Rachele, in luogo deserto, nella zona di Efrata, dovette
fermarsi perché Maria era giunta al momento del Parto. Esso avvenne in una grotta, definita
sotterranea e tenebrosa. Si deve evincere che la casa dei davidici in Betlemme era un po’ fuori
dell’abitato e che alcuni suoi ambienti erano adattati in antri naturali. I Padri palestinesi
armonizzarono i dati e Giustino congiunge la greppia con la grotta100; sulla sua scia si muove
Origene101; Eusebio armonizza Betlemme con Efrata102. L’archeologia ha fornito i giusti
riscontri, come del resto sanno già i lettori addentrati nelle questioni neotestamentarie.
Anzitutto va detto che, sia pure a Nazareth, sono state rinvenute case che ci informano
benissimo sulla loro planimetria ai tempi di Cristo. La celebre “Casa dei capitelli”, scoperta
dal Padre Viaud, ha quattro vani, separati tra loro da un corridoio centrale che divide la zona
degli ospiti da quella del padrone. Qui vi è il talamo familiare e il magazzino; nell’altra parte
una cameretta di ingresso e il divano, a cui sono annessi un forno e una grotta, adibita a stalla

100
GIUSTINO, Dialogus cum Tryphone, 78, in PG 6, 657.
101
ORIGENE, Contra Celsum, I, 51, in PG 11, 755.
102
E. KLOSTERMANN, Eusebius Werke, III, Das Onomastikon der biblischen Ortsnamen heuraugs, Die griechischen
christlichen Schriftsteller, Lipsia 1904, 42.43.82.
degli animali103. Evidentemente la casa, la grotta e la greppia si identificano facilmente e
addirittura gli ultimi due termini indicano un vano naturale con una duplice funzione d’uso.
Luca in effetti parla del katályma, ossia del divano degli ospiti, e non dell’albergo pubblico,
per il quale in 10,34 usa il termine appropriato. Appunto questo divano era legato alla grotta
fungente da stalla104.
Questa casa-grotta-stalla era luogo di culto per i Giudeo-cristiani, che vi instaurarono una
domus ecclesia. Di questo culto fa menzione Giustino. Essa fu profanata da Adriano, il quale,
nel quadro dell’estirpazione del culto giudaico, infierì anche sui Giudeo-cristiani, sostituendo
in situ la commemorazione di un mistero pagano al posto di quello cristiano. Egli eresse un
tempio in onore delle lamentazioni di Venere e dell’apoteosi di Tammuz-Adone, con annesso
un boschetto sacro. Ciò è attestato nelle fonti letterarie da Origene105, Girolamo106 e Cirillo107.
Tuttavia, come attesta lo stesso Origene, la venerazione per la Grotta della Nascita continuò.
La stessa notizia è data da Eusebio, prima ancora che il luogo fosse ricristianizzato108.
Dopo centottant’anni di profanazione il luogo fu poi recuperato da Costantino, il quale – dopo
la ricognizione fatta in luogo dalla madre Elena (248-329) nel 326109 - vi costruì una basilica
con abside poligonale, con altare al centro sormontato da baldacchino, con colonne che
separano le navate e con una piattaforma dinanzi al presbiterio, da cui si scendeva nella grotta,
la cui mangiatoia era stata rivestita con materiali preziosi. Il massimo splendore si raggiunse
con Giustiniano che, dopo i danneggiamenti inflitti agli edifici costantiniani dalla ribellione
samaritana del 529, costruì una basilica che, nelle linee essenziali, ancora oggi esiste.
Sopravvissuta alla devastazione dei Persiani del 614, a causa della raffigurazione dei Magi
loro connazionali nel mosaico all’entrata, e alla furia di El –Hakim, perché adoperata come
moschea per venerarvi la nascita del profeta Isa Ben Iusuf (Gesù Figlio di Giuseppe),
Betlemme evitò anche il saccheggio crociato con una saggia resa a Tancredi in marcia verso
Gerusalemme. I Crociati abbellirono la chiesa e vi annessero un convento agostiniano. La
Basilica della Natività assunse dunque la fisionomia da fortilizio che ancora oggi conserva.
Vi si entra per una sola porticina bassa essendo murati i tre portali, onde evitare profanazioni
con ingressi a cavallo di infedeli. Dopo il buio nartece ed oltre una porta cadente, si entra
nella maestosa basilica, in cui quattro fila di colonne monolitiche di calcare rossastro,
ravvicinate a due a due, suddividono le navate laterali dalla centrale, sostenendo le alte pareti
di essa e le trabeazioni della capriata del tetto, oggi a vista. Il coro ad est è sopraelevato e
tramite due scale ai suoi lati, accessibili tramite due portali crociati con porte bronzee del VI
sec., si scende nella Grotta della Natività. Sul pavimento di questa, in una nicchia, una stella
di argento dorato e una iscrizione latina su marmo bianco indicano il luogo della Nascita di
Gesù. In un’altra nicchia vi è la mangiatoia scavata nella roccia e oggi rivestita di marmo, in
cui fu deposto il Bambino. La greppia di argento donata da Elena per esservi riposta è oggi in
Santa Maria Maggiore a Roma. L’altare dirimpetto è dedicato ai Magi. Le pareti rocciose
sono rivestite di cuoio e stoffe preziose. Dal soffitto pendono cinquantatrè lampade.
A nord, attigui alla Basilica della Natività, si trovano la Chiesa di Santa Caterina (1881) e il
convento francescano, costruiti sulle rovine del convento agostiniano. Dalla navata laterale
103
B. BAGATTI, La “casa dei capitelli”, in Gli scavi di Nazareth, vol. I – Dalle Origini al sec. XII, Gerusalemme 1967,
pp.58-63.
104
P.BENOIT, “Non erat eis locus in diversorio” (Lc 2,5), in Mélanges bibliques en hommage au R. P. Béda Rigaux,
Duculot 1970, pp.173-186.
105
ORIGENE, Contra Celsum, I,51, in PG 11, 755.
106
GIROLAMO, Epist. 58, in CSEL 54, 531 e PL 22, 581.
107
CIRILLO DI GERUSALEMME, Cat. XII, 20, in PG 33, 749.
108
EUSEBIO, Demonstratio evangelica, 7,2,15 in PG 22, 540.
109
EUSEBIO, De laudibus Constantini, 9,17 in PG 20,1371.
destra della Chiesa di Santa Caterina una scala scende in un dedalo di grotte, nicchie funerarie
e passaggi sotterranei che di fatto rendono il luogo simile ad una Catacomba. Tra di esse vi
sono quelle che ospitano il sepolcro di San Girolamo, che a Betlemme giunse nel 384 e vi
tradusse la Vulgata, e delle sue discepole Paola ed Eustochio110. Una porta chiusa a chiave
separa il complesso dalla Grotta della Natività111. La planimetria del p. Bagatti112permette
dunque di tracciare questa mappa dei luoghi originali della Nascita di Cristo: sotto l’altare
della Natività, alle spalle, abbiamo la Grotta della Mangiatoia; invece scendendo
verticalmente abbiamo la Grotta della Natività; questa è collegata, attraverso un piano
inclinato che era l’ingresso ad essa nel XII sec., all’Altare di San Giuseppe, ancora più in
profondità, sul cui pavimento vi sono quattro sepolcri, mentre altre due tombe giacciono in
altrettante nicchie laterali ad arcosolio, in quanto sin dall’età precostantiniana i cristiani
amavano farsi seppellire in questo luogo, a testimonianza della loro devozione. Ulteriormente
innanzi si scende nella Grande Grotta, con l’ingresso originario al complesso sotterraneo e
contenente cinque tombe. A sinistra della Grande Grotta, guardando dall’Altare di San
Giuseppe, abbiamo la Grotta dei Santi Innocenti, anche se non vi sono prove che qui fossero
seppelliti i piccoli Martiri della persecuzione erodiana. A fianco di essa vi è un altro altare
con tombe ad arcosolio e l’altare dei Santi Innocenti. Di fronte alla Grande Grotta vi è un arco
precostantiniano e le fondamenta costantiniane della Basilica; oltre essi, una scala porta
all’ingresso del XII sec. A lato destro, sempre guardando dall’Altare di San Giuseppe, vi sono
dapprima la Grotta dei Santi Eusebio, Paola ed Eustochio (sul cui lato destro vi è la Grotta
della Fontana con altre due tombe nella roccia), e a seguire quella di San Gerolamo con un
cenotafio e due tombe sotterranee. Questa grotta comunica con la Cella di San Girolamo
verso nord, contenente ancora altre due tombe sotto il pavimento. A est della Grotta della
Natività vi sono la Cisterna detta dei Magi e la Grotta per la riserva d’acqua. A ovest invece
vi è una ulteriore Grotta con varie tombe. A sud-est della Basilica della Natività, sotto una
cappella francescana, si trova la Grotta del Latte, in cui una tradizione del VI sec. individuò
alcune gocce del latte della Vergine. Alla pietra bianca della grotta si attribuisce un potere
taumaturgico.
Per giungere a Betlemme, la Sacra Famiglia, lasciandosi alle spalle Gerusalemme, giunse a
Beth-Hakerem, dove oggi sorge il kibbutz Ramat Rachel. Qui riposò ad una Fontana, poco
prima di raggiungere il crinale di Mar Elias113, dove oggi sorge un monastero ortodosso. Tale
Fontana è oggi purtroppo sigillata da una lastra di cemento, su cui passa una grossa tubazione
di un acquedotto. Qui fu costruita l’antica Chiesa del Kathisma, ossia del posto dove la
Vergine si fermò a riposare nel viaggio verso Betlemme, ritrovata nel 1992114. A questo luogo
di antichissima venerazione si associò anche una tappa della Sacra Famiglia durante la Fuga
in Egitto115 e una sosta dei Magi nel loro viaggio verso il Bambino; qui infatti avrebbero
rivisto la Stella una volta abbandonata la corte di Erode116. La chiesa fu costruita tra il Concilio
di Efeso (431) e quello di Calcedonia (451), evidentemente sulla reliquia già venerata da

110
GIROLAMO, Epist. 108, 10, in PL 22, 884.
111
Per la storia e la struttura dell’edificio e delle grotte adiacenti cfr. B.PIXNER, Sulle strade del Messia, pp.23-32.
112
B.BAGATTI, Recenti scavi a Betlemme, in “Studium Biblicum Franciscanum -Liber Annus” (SBFLA), XVIII (1968),
pp. 181-237.
113
TEODOSIO, De situ Terrae Sanctae, 28, pp.70-71; PIXNER, Sulle strade, pp.19-21. Cfr. il Protovangelo di Giacomo,
17,2.
114
PIXNER, Sulle strade, pp. 52-64. Prot. I-X.
115
TEODOSIO, De situ, n. 20, p.70.
116
C.KOPP, The Holy Places of the Gospels, New York 1963, p.33, n. 64 (trad. it.: I Luoghi Santi degli Evangeli, Milano
1966).
Ikelia, pia donna di Gerusalemme, ai tempi dell’arcivescovo Giovenale (422-458). Essa fu
distrutta dai Persiani nel 614, ma il luogo fu visitato dai fedeli anche nei secoli successivi.
Nella vicina Beit Sahur, a est di Betlemme, le chiese e numerose cappelle commemorano i
Pastori ai quali, vegliando di notte, comparvero gli Angeli che annunziavano la Nascita di
Cristo. Attorno alla cittadina vi sono i Campi dei Pastori, ancora oggi coltivati e adibiti a
pascoli come ai tempi di Rut e Noemi. Qui Girolamo117 individuava la Torre del Gregge,
nominata da Michea118, sul luogo dell’Annuncio ai Pastori, dove in effetti sono stati rinvenuti
i resti di un modesto insediamento pastorale dell’epoca di Gesù119.
Com’è noto, la Sacra Famiglia dovette fuggire in Egitto, dove esistono antichissime
attestazioni della sua presenza, risalenti al I sec.120
Consideriamo ora Cana, anch’essa legata alla memoria del Primo miracolo di Gesù, a cui fu
presente la Madre. Tre località si contendevano l’onore dell’identificazione col sito
evangelico di Gv 2,1-12: Khirbet Qana, Khirber Kenna e Kefr Kenna. La critica recente ha
individuato Cana con Kefr Kenna. Gli studi degli elementi architettonici ancora in superficie,
gli scavi occasionali, le campagne regolari archeologiche, le ceramiche, la numismatica, i
mosaici ritrovati e la letteratura bizantina concorrono a questa identificazione. La Cana
evangelica risale all’Età del Bronzo e arriva sino ai giorni nostri, essendo ancora abitata e sita
sulla strada tra Nazareth e Tiberiade. Il periodo di Gesù è testimoniato in situ con una moneta
di Erode I e con una di Tito dell’80-81; vi è inoltre un orciolo col corpo sferico e le pareti ben
cotte. Il periodo meglio testimoniato è quello del III-IV sec. Vi sono infatti due vasti edifici,
separati da un corridoio che conduce al cortile, lastricato con pietre di diversa grandezza. I
muri sono costruiti con pietre belle con una bozza liscia sporgente come quelle erodiane,
probabilmente riusate. Probabilmente questi edifici furono visibili sino al XVIII sec.
Bellarmino Bagatti datò l’edificio principale al III sec., comparandolo con gli elementi riusati
nella chiesa francescana o con altri scoperti occasionalmente. Per lo studioso si tratta di una
sinagoga giudeo-cristiana parallela a quella di Nazareth. Vi erano evidentemente tre tipi di
colonne, grandi medie e piccole, che servirono per il matroneo e per ornamento. Vi furono
due tipi di cornici e tre porte nella facciata. Vi furono infine mosaici con motivi floreali a
croce, comuni nei locali giudeo-cristiani, e un frammento marmoreo di una mensa d’altare
con la sua colonnina di sostegno che ne indica la natura cristiana . In esso probabilmente si
conservò la Mensa Domini, come a Nazareth e – come vedremo – a Tabgha; presso essa Cristo
partecipò alle Nozze di Cana. Ad essa si riferisce la famosa iscrizione aramaica che parla
appunto di una tabula. L’Anonimo Piacentino vi celebrò sia la cena pura che l’ ‘azkarah. Altri
ritrovamenti occasionali hanno permesso di ricostruire la storia del colle di Karm er Ras,
abitato dal tempo ellenistico in poi, dove sono stati rinvenuti elementi di una seconda sinagoga
e una grotta dove gli Ebrei pregavano e danzavano. Presumibilmente in Cana vi furono quindi
due quartieri e due sinagoghe, l’uno ebreo e l’altro giudeo-cristiano, come in altri luoghi .
Soffermiamoci ora sui luoghi della Morte di Cristo, dove pure fu presente Maria, ossia il
Golgotha con il Santo Sepolcro. N. Avgad121 individuò la Porta varcata da Gesù per
raggiungere il luogo del suo supplizio, quella detta del Giardino. Essa sorgeva laddove il

117
GIROLAMO, Epist.108, 10 in PL 22, 884.
118
Mic 4,8.
119
R. RIESNER, Migdal Eder, in GBL II, 19902, coll. 977-978; V. CORBO, Gli scavi di Kh.Siyar el –Ghanam e i
monasteri dei dintorni, in “Studium Biblicum Franciscanum, Collectio Maior”, XI, Gerusalemme 1955; PIXNER, Sulle
strade, pp. 33-34 e n.35.
120
G. GIAMBERARDINI, Il culto mariano in Egitto, vol.I- secc.I-VI, Gerusalemme 1975.
121
N. AVGAD, Discovering Jerusalem, Nashville 1983, p. 69.
Secondo Muro si staccava dal Primo122 e introduceva in uno spazio tra di essi, all’angolo,
dove si trovava una cava di pietra che proteggeva proprio il Secondo Muro da ovest. Qui
Erode il Grande fece piantare un giardino, ma gli operai lasciarono intatto un blocco di pietra
troppo friabile, non livellabile, che era appunto il Golgotha, sul quale si accumularono diversi
detriti, fino a trasformarla in una collina a forma di cranio, a cui deve il suo nome ebraico e
latino (Calvario). A nord del Calvario c’era un giardino privato con alcune tombe
aristocratiche scavate nella roccia, tra le quali quella di Giuseppe di Arimatea divenne il
sepolcro occasionale di Cristo123. Esso era scavato nella roccia viva. Composto di un vestibolo
e di una camera sepolcrale con una lunga mensola nella nicchia funeraria, il sepolcro era
chiuso da un masso di forma circolare, rotolabile lungo una sorta di binario. Le tombe
circostanti attestano la veridicità della collocazione: un sepolcreto con tombe ebraiche e
sarcofagi; una tomba oggi sotto il monastero copto; una zona sepolcrale sotto la cappella
siriaca, oggi tagliata a metà dalla Basilica costantiniana. Tali tombe esistevano prima del 42,
quando Erode Agrippa I (37-44), inglobandole in città col Terzo Muro, di fatto impedì la
nascita di nuovi sepolcri. Al tempo di Gesù dunque il Golgotha era fuori della città. Per un
certo periodo tra gli studiosi si era diffusa la teoria che ciò non era possibile, per cui Charles
Gordon aveva identificato il Santo Sepolcro sul sito della collina di es-Sahra, con la cosiddetta
“Tomba del Giardino”, che però oggi non è presa più in considerazione da nessuno124. L’area
è stata scavata ampiamente125. Gli scavi di Mallios e Katsimbinis nel 1958 e nel 1973-77,
eseguiti da Florentino Diéz, hanno messo in luce nella parte est la roccia per l’altezza di dodici
metri e cinquanta, in parte tagliata e in parte scalpellata per ricevere un muro di rivestimento
quasi esagonale. A sette metri e venti dal basso è stata trovata una grotta naturale di due metri
di altezza e altrettanti di larghezza, rivestite di pietre appena squadrate. A due metri dal muro
di rivestimento si erge un altro muro parallelo; tra di essi, a cinque metri di altezza dal fondo
e a circa due metri sotto il livello della grotta, si trova un forno126. E’ l’ambiente detto dai testi
“post crucem” e la famosa Grotta dei Tesori, nella roccia spaccata del Golgotha e legata al
ciclo di Adamo col sepolcro del nostro capostipite e l’ambientazione della descensio ad
inferos del Cristo, trovandosi colà l’ingresso dello sheol. Si trovavano tra i Tesori la Sacra
Lancia che squarciò il Cuore di Cristo, la spugna che lo dissetò, l’immagine dell’Addolorata.
Ciò è ricordato nella Passione di Luciano di Antiochia127. L’ambiente fu legato anche al
Triduo Pasquale, con il pianto della Nuova Eva in attesa della Resurrezione, come attesta la
Dormitio Mariae della corrente gerosolimitana. Il forno funse da acerra in cui venivano accesi
legni odorosi durante i riti funebri. Lo scavo ci ha restituito anche i muri di fondamento del
Tempio di Venere per ricordare il pianto della dea per risuscitare Adone. Infatti Adriano
profanò il Calvario e il Santo Sepolcro, livellando la cava di pietra originaria di dieci-dodici
metri, per costruirvi sopra il Foro che portava il suo nome in Elia Capitolina; in esso il Tempio
di Venere fu eretto proprio sul Sepolcro di Cristo e sovrastava la Piazza del Mercato. Una
statua di marmo della dea si ergeva sulla roccia del Golgotha. Di tale tempio parlano

122
GIUSEPPE FLAVIO, Bellum 5, 146.
123
R. RIESNER, Golgotha, in GBL, 1, 19902 , pp. 480-482.
124
R. RIESNER, Golgotha und die Archäelogie, in “Bibel und Kirche” XL (1985), pp. 21-26; D.BAHAT, Does the Holy
Sepulchre Church Mark the Burial Jesus?, in BAR XII/3 (1986), pp. 26-45.
125
K. KENYON, Digging up Jerusalem, Londra 1975, pp. 227-232; U. LUX-WAGNER, Vorläufiger Bericht über die
Ausgrabungen unter der Erlöserkirche, in ZPDV LXXXVIII (1972), pp. 185-201; C. COUASNON, The Church of the
Holy Sepulchre in Jerusalem, Oxford 1974.
126
CH. KATSINBINIS, The Uncovering of the Eastern Side of the Hill of Calvary and its Base Layout of the Area of the
Canons’ Refectory by the Greek Orthodox Patriarchate, in LA XXVII (1977), pp. 197-208.
127
BALDI, in ELS, p. 625, n. 1.
Eusebio128 e Sozomeno129; esso fu riprodotto anche sulle monete di Elia Capitolina130. Nei
pressi di questi luoghi tuttavia i giudeo-cristiani mantennero viva la tradizione cultuale legata
alla Morte, Sepoltura e alla Resurrezione di Gesù.
Dopo il 325 il vescovo di Gerusalemme Modesto chiese di liberare il sacro luogo dalle
costruzioni sacrileghe131 e Costantino riportò alla luce la Grotta della Tomba. Le antiche
tradizioni giudeo-cristiane con le loro reliquie furono conservate nelle nuove costruzioni
imperiali. Eucherio contemplò la roccia viva, della cui collocazione oggi diremo appresso.
L’Anonimo del Breviarius de Hierosolyma vi venerò la Lancia. L’Anonimo di Piacenza
ossequiò l’immagine di Maria Santissima che impetrò a Santa Maria Egiziaca la conversione.
Arculfo trovò una cappella mariana legata alla Pietà e alla Mater Dolorosa. La prima chiesa
fu eretta da Costantino attorno al Santo Sepolcro nel 366; aveva la forma di un mausoleo
circolare chiamato Anastasis, che appunto significa “Resurrezione” in greco. La Rotonda
sopra il Sepolcro, detta Grande Abside, è fronteggiata da due transetti a nord e a sud. Lungo
il transetto sud sorgono le colonne del restauro fatto da Costantino IX Monomaco. Al lato
orientale, di fronte all’Anastasis, vi è lo stilobate della galleria orientale. Di fronte alle
colonne, ad angolo con lo stilobate, vi è quanto resta del Calvario. Costantino I aveva fatto
asportare la roccia viva dal Sepolcro, che invece oggi è completamente nascosto da una
sovrastruttura russo-ortodossa del XIX sec., sovraccarica di ornamenti. Attraverso l’atrio,
denominato Cappella dell’Angelo, si accede alla Camera sepolcrale, un vano quadrato di circa
due metri di lato. La panca di pietra su cui fu posto il corpo di Cristo è coperta da una lastra
marmorea. Al soffitto sono appese quarantatrè preziose lampade, suddivise tra le varie Chiese
in proporzione alla quota che esse posseggono dell’edificio. Dietro gli archi occidentali della
Rotonda si vedono i sepolcri rupestri di cui abbiamo fatto menzione sopra. All’interno, due
erte scale di quindici gradini portano sul colle del Golgotha, che Costantino squadrò in un
solo blocco di roccia di cinque metri di altezza e sei di larghezza. La superficie fu rivestita di
mosaici e divisa in due cappelle da colonne. Nell’area attualmente di proprietà dei
Francescani, a destra, si trovano la X e l’XI stazione della Via Crucis, ossia la spoliazione e
la Crocifissione; nella cappella di sinistra si commemora la XII, ossia la Morte di Gesù. Ai
piedi del Calvario vi è la Pietra dell’Unzione, che commemora la XIII stazione, ossia la
Deposizione. Sotto gli altari del Calvario è scavata appunto la Grotta della Cappella di
Adamo. Qui è visibile la roccia spaccata durante il terremoto che accompagnò la morte di
Gesù e di cui ho fatto cenno. Nel muro est della Cappella adamitica c’era la Grotta dei Giudeo-
Cristiani. In epoca bizantina, alla Rotonda del Sepolcro era annesso un cortile nel quale era
visibile, all’aperto, il Calvario. La Basilica a cinque navate fu edificata in seguito. Sul lato
orientale era preceduta da un atrio accessibile dall’antico foro attraverso tre porte, alcune parti
delle quali si conservano ancora nel Monastero russo del Muristan, già ospizio dei pellegrini.
Oltre l’abside protobizantino vi era la cripta della Basilica costantiniana, che poggiava sulla
cisterna nella quale Elena madre dell’Imperatore ritrovò la Croce. Il complesso costantiniano
sopravvisse a quasi tutte le distruzioni, fino a quella fatale inflittagli da El-Hakim nel 1009.
Da allora, la Basilica non è più tornata alla grandezza e alla compiutezza d’origine. La pianta
odierna è quella crociata, corrispondente alla chiesa eretta e consacrata nel 1149; essa collegò
la Rotonda a una chiesa romanica che includeva anche il Calvario. Il centro di questo edificio
è oggi occupato dal coro greco-ortodosso, il katholikòn. Un deambulatorio con diverse

128
EUSEBIO, Vita Constantini, 3, 26.
129
SOZOMENO, Historia Ecclesiastica, II, 1, in PG 67, 930 s.
130
L. KADMAN, The Coins of Elia Capitolina, Gerusalemme 1956, pp.36 ss.
131
EUSEBIO, Vita Constantini, 3, 23-59.
cappelle chiude la chiesa sul lato orientale, da cui, tramite una rampa di scale, si raggiunge la
Chiesa di Sant’Elena (l’antica cripta costantiniana), posta a un livello inferiore assieme alla
Cappella dell’Invenzione della Croce, a sua volta nella viva roccia. Presso questa Cappella vi
è un muro con un famoso graffito raffigurante una nave. Attorno vi sono le fondamenta del
martyrion bizantino. Accanto sono stati fatti gli scavi armeni. Sopra di essa e adiacente alla
Basilica si ergeva, in epoca crociata, il convento dei Canonici del Santo Sepolcro. Sul tetto
vicino alla piccola cupola della Chiesa di Sant’Elena si vedono pochi resti di archi di
quell’epoca e si erge un convento etiopico con piccole celle. Dall’epoca dei rifacimenti
crociati l’ingresso principale si trova sul lato meridionale, raggiungibile mediante un atrio
delimitato da antiche cappelle. La Facciata è romanica, la più compiuta forma di architettura
romanica in Basilica. I doppi archi del portale – dei quali uno fu chiuso ai tempi del Saladino
– ricordano la Porta Bella del Tempio. Questi sono i luoghi storici in cui Cristo morì, fu
sepolto e risorse dalla morte.
Per quanto concerne i luoghi della Dormitio Mariae, essi sono identificati con l’attuale Chiesa
della Tomba della Vergine, che altro non è che la cripta della chiesa del monastero crociato
di Santa Maria di Giosafat, ora distrutti. Tale cripta ha un bel portale esterno ed una scalinata
larga sei metri, fatta di più di quaranta gradini e coperta da un soffitto a volta; a destra e
sinistra della scalinata si aprono due cappelle che contengono le tombe delle Regine del Regno
di Gerusalemme e che oggi sono venerate come i sepolcri di San Giuseppe, San Gioacchino
e Sant’Anna. Il sepolcro della Vergine propriamente detto è un blocco di pietra, isolato dal
banco roccioso, alto da un metro e cinquanta a uno e ottanta; presenta due aperture che
servono da passaggio per i pellegrini. La roccia su cui fu deposta la Vergine è protetta da un
cristallo, in quanto corrosa dai secoli e dalla pietà dei fedeli che, per devozione, ne
asportavano dei brandea, ossia dei piccoli pezzi. Il foro sul soffitto della grotta serve da
sfiatatoio per il fumo delle candele e delle lampade ma ha anche il significato simbolico di
apertura sul cielo verso il quale fu assunta la Madonna. Gli antichi documenti sono concordi
nel descrivere il sepolcro della Vergine come nuovo e sito presso il Gethsemani. Divergono
tuttavia nell’individuare il luogo di partenza del corteo funebre. Per i documenti del II – III
sec., di matrice giudeo-cristiana, la Vergine si sarebbe addormentata in casa sua, situata nei
pressi di Gerusalemme, nella zona della Valle di Giosafat chiamata Magdalia 132; i testi
giovanniti del IV-V sec. fanno invece avvenire il Transito mariano nella casa dei Parenti di
Giovanni sul Monte degli Ulivi, dove la Madre di Dio era ospitata133; infine i documenti
bizantini del V sec. e seguenti ambientano il trapasso della Vergine sul Monte Sion134.
L’ipotesi per cui la Vergine visse e si addormentò sul Monte Sion ha trovato di recente un
sostenitore in Bargil Pixner135. L’archeologo altoatesino evidenziò che, sotto l’attuale Basilica
della Dormizione costruita nel 1898, sono stati rinvenuti le fondamenta di Santa Maria di Sion
dei Teutonici, il mosaico dell’atrio della basilica bizantina dell’Hagia Sion, un sito sepolcrale
anteriore al 70 in corrispondenza della Casa di Maria dei documenti calcedonesi e, nel 1983,

132
A. BATTISTA – B. BAGATTI, Historia Josephi Fabri Lignarii. Testo arabo, Gerusalemme 1978; EPIFANIO,
Panarion LXXVIII, 11.24, in PG 42, 713-737; Il Libro del Riposo Etiopico, pp. 421-456; Transito Romano, pp. 465-474;
Codex Augiensis CCXXIX, pp. 475-479; Istruzione dello Pseudo-Cirillo, 8.9, 606 ss.; la notizia dell’ubicazione della casa
della Vergine è data da quest’ultima fonte, sebbene essa contenga sia notizie giudeo-cristiane che giovannite.
133
Transitus Colbertinus, pp. 480-482; Il Racconto dello Pseudo-Melitone, pp. 492-510; Il Racconto di Giovanni di
Tessalonica, pp. 511-523; Il Sermone di Teodosio patriarca di Alessandria, pp. 582-592; Il Sermone di Evodio, pp. 593-
603; L’Istruzione dello Pseudo-Cirillo, pp. 604-615; Omelie di Cirillo di Gerusalemme e di Ciriaco di Behnesa, pp. 616-
618.
134
Il Libro dello Pseudo-Giovanni, pp. 483-491; Il Transito dello Pseudo-Giuseppe di Arimatea, pp. 529-533; Il Racconto
della Storia Eutimiaca, pp. 526-528; Transito Siriaco A, B, C, D pp. 534-576.
135
PIXNER, Sulle strade, pp. 424-434.
una strada, anch’essa anteriore al 70, tagliata nella roccia che scorreva da nord a sud a venti
metri a ovest della Dormitio, lungo la quale sorgevano case assai semplici in pietra grezza tra
cui una, sul lato orientale, dotata di un bagno rituale ebraico avente ancora al centro una mezza
colonna eretta. Data la presenza dei cristiani sul Monte Sion, Pixner ritiene che la casa in
questione sia quella della Vergine, in quanto nelle fonti calcedonesi leggiamo la notizia –
senz’altro autentica perché radicata nella tradizione giudaica- che la Madre di Dio prese un
bagno purificatore dopo la rivelazione del giorno del suo transito136.
I restauri della tradizionale tomba della Madonna, avvenuti nel 1972137, hanno permesso una
ricognizione dell’ambiente, risultato conforme alla descrizione dei testi più antichi138 e quindi
autentico, risalente al I sec. La tomba è una spelonca di pietra e un sepolcro tagliato nella
roccia, come descritto dai testimoni oculari citati nelle fonti. Il banco roccioso stava sotto
l’arcosolio; la tomba appartiene a un complesso funerario i cui resti si trovano ad un piano
superiore, oltre la parete nord della chiesa bizantina attuale: è una camera del I sec. a kokhim,
a due metri e quaranta dal livello della chiesa odierna, che doveva essere preceduta da un
vasto atrio ad ovest, aperto sul Cedron, con scale di accesso ai lati, di cui si vedono i resti sia
a nord che a sud. La descrizione letteraria e i ritrovati archeologici sono conformi ad altri
complessi funerari di quella valle e del medesimo periodo, come la Tomba della famiglia di
Ben Hazir, detta di Zaccaria o di San Giacomo, e quella monumentale dei Re, detta anche di
Elena di Adiabene. Il complesso mariano rimase intatto fino a quando Teodosio isolò la tomba
della Theotokos liberandola dalle altre tombe e ponendola al centro della chiesa bizantina fatta
a croce. L’edificio, tolto agli ebioniti, fu gestito dai giovanniti che purificarono i testi sulla
Dormizione afferenti al ciclo di Leucio e modificarono i riti funerari commemorativi
svolgendoli in parte sopra l’Oliveto, precisamente nella zona del Monte detta Galilea. Qui nel
1889 fu trovato un pavimento mosaicato di una cappella di tipo funerario, identificata col
santuario dedicato all’Angelo comparso a Maria per annunziarle l’imminente Dormizione e
porgerle la palma da portarsi innanzi al suo feretro. Esso è del V sec. Nello stesso sito si è
rinvenuta una caratteristica chiesa di stile orientale, fondata nel V sec. anch’essa e durata fino
al Medioevo, probabile casa dei Parenti di Giovanni, dove appunto la Madre di Cristo si
sarebbe addormentata. I cristiani officiavano in questo luogo per poi scendere al Gethsemani
per celebrare la Dormizione. Vi erano dunque tre luoghi di culto: la Basilica sepolcrale, la
Chiesa della Dormizione e il Santuario dell’Angelo. Nel 453 la Basilica con le dipendenze
passò ai calcedonesi per volontà dell’arcivescovo Giovenale, il quale istituì localmente la
solennità dell’Assunzione139, poi estesa a tutta la Chiesa dall’imperatore Maurizio (582-602),
il quale costruì sulla chiesa rupestre teodosiana una seconda basilica di grande bellezza di
forma circolare, purtroppo distrutta dai Persiani nel fatidico 614. Sopravvisse la sola cripta
sepolcrale su cui i benedettini, negli anni tra il 1112 e il 1130, edificarono sopra la già
menzionata chiesa crociata con l’annesso monastero di Santa Maria di Giosafat. I monaci
diedero una nuova entrata anche all’antica cripta. La chiesa crociata fu tuttavia distrutta da
Saladino dopo il 1187, che risparmiò solo la cripta in onore della «Beatissima Madre del
profeta Gesù».
Tirando le somme, a mio avviso, il luogo più probabile della vita della Vergine dopo la
Resurrezione di Gesù fu senz’altro Magdalia, perché le fonti più antiche attestano questo

136
Transito siriaco A, 1.
137
B. BAGATTI, L’apertura della Tomba della Vergine al Gethsemani, in LA XXIII (1973), pp. 318 ss.
138
Transito siriaco C, III, 27, 562; Transito siriaco B, 14.16.542 ss.
139
E. AMÉLINEAU, Monuments pour servir à l’histoire de l’Egypte chrétienne, in Mémoires des Membres de la Mission
Archéologique francaise du Caïre, vol. IV, Parigi 1888, pp. 125 ss.; A Panegyric of Macarius Bishop of Tkôw Attributed
to Dioscorus of Alexandria, in CSCO 416, t. 42, VII, 34-65, in partic. 37.
luogo. I riscontri archeologici non sono stati mai cercati. Ma non sono indispensabili. Ciò non
esclude che la Vergine possa aver vissuto anche in altri luoghi in Gerusalemme, ospite di
diversi amici, anche perché l’esistenza di un quartiere cristiano nei pressi di quello esseno in
città non significa che i cristiani stessi non potessero essere distribuiti anche altrove, magari
in ragione delle origini sociali e della scelta, fatta o meno, di aderire alla forma di vita
monastica condotta in comune nei primissimi tempi. La presenza di un bagno rituale in una
casa sul Sion non ne fa necessariamente quella della Vergine, ma non si può escludere che
Maria avesse una dimora, peraltro assai essenziale, tra i battezzati che avevano scelto di vivere
in comunità, a poca distanza dal Cenacolo, e che perciò potesse anche compiervi le abluzioni
prescritte. Più solida appare la collocazione della casa dei Parenti di Giovanni sul Monte degli
Ulivi. Qui la Madre di Dio poté trascorrere alcuni periodi dell’ultima fase della sua vita e
anche avere le visioni descritte nei testi apocrifi prima della sua Dormizione. Il Transito però
accadde a Magdalia. Da qui partì il corteo funebre per il sepolcro, sulla cui collocazione non
vi è, come abbiamo visto, alcun dubbio. Se ne potrebbe dedurre che la Vergine si muovesse
tra più case amiche, cosa del resto normale per una vedova priva del suo unico Figlio ma
circondata da un solido clan familiare e da una cerchia stretta di amici, peraltro legati dalla
professione di una Fede nata al loro interno.
Non è invece a mio avviso fornito di alcun fondamento il parere di chi ambienta la Dormizione
della Vergine a Efeso. Se non si può escludere che, in una prima fase del suo apostolato in
Asia Minore, Giovanni abbia portato la Vergine Maria con sé, magari per sottrarla ai pericoli
della prima persecuzione del 42 ordinata da Erode Agrippa, e che quindi la Casa a Lei
intitolata nella metropoli greca (la Meryem Ana), peraltro risalente al I sec., possa realmente
averla ospitata140 – nonostante il silenzio in merito dei Padri antichi e la negazione esplicita
della presenza ad Efeso della Madre di Dio fatta da Epifanio- è assolutamente fuor di dubbio
che la Dormizione sia avvenuta a Gerusalemme, presumibilmente nel periodo del Concilio di
Gerusalemme (48) e massimo entro il 50 ca. Infatti queste date permettono di contestualizzare
la compresenza al Transito mariano di tutti gli Apostoli, come attestano i documenti
assunzionisti.

ULTERIORI RISCONTRI DOCUMENTALI EXTRATESTUALI141

Possono essere desunti per svariati momenti e diverse situazioni della vita di Maria di
Nazareth. Cominciamo dal voto mariano di verginità, presupposto non solo da Luca ma anche
dal Protovangelo di Giacomo142, che ci dice esplicitamente che esisteva un collegio di
fanciulle consacrate a Dio presso il Tempio, detto delle “Vergini tessitrici”, in cui Maria entrò.
La notizia dell’esistenza del collegio delle Vergini tessitrici è desumibile anche da altre fonti
antiche, come l’Apocalisse di Baruc143, una baraita del I sec. di R. Simon b. Segun e il Pesiqta
Rabbati, Piska144. La Chiesa giudeo-cristiana conservò gelosamente questa notizia, anche
perché il Collegio tesseva il Velo del Tempio, che a sua volta copriva il Santo dei Santi,
considerato come un corpo umano, e che un giorno avrebbe rivestito l’Angelo – Ruah, custode
140
A nove chilometri a sud di Efeso, su un fianco dell'antico monte Solmisso, si erge una piccola cappella conosciuta
come casa della Madre Maria (Meryem Ana). Preceduta da un vestibolo risalente al VII secolo, termina con un'abside
mantenuta nel suo stato primitivo (sec. IV). La parte centrale fu trasformata in cappella in epoca imprecisata. Essa -
almeno nelle sue fondamenta – risale tuttavia al I secolo. Cfr.
www.latheotokos.it/modules.php?name=News&file=article&sid=199
141
Cfr. in gen. sull’arg. TESTA, Maria di Nazareth, pp. 876-878.
142
Prot. X, 1.
143
Ap Bar 10,19.
144
26, 6. Sul significato di questo nella vita della Vergine cfr. SIBILIO, Il Dogma Cattolico, p.100, n.204.
di quel luogo santo e identificato col Messia, figlio di Dio. Tutto questo, come si vede, non
solo dà una nuova chiave di lettura alla notizia che tutti i Sinottici danno della lacerazione del
Velo del Tempio alla morte di Gesù – identificando il primo col corpo del secondo e quindi
distruggendoli in concomitanza – ma anche a quella del Ritrovamento dello stesso Gesù nel
Tempio da parte dei genitori e della sua sorprendente risposta. Non è poi da trascurare il fatto
che fu Maria, di sicuro, a tessere i primi vestiti del Figlio, se non addirittura la sua famosa
tunica inconsutile, e che tale gesto per lei dovette avere un significato maggiore di una
semplice incombenza domestica.
A questo contesto si connette il matrimonio putativo o hieròs gámos. Fino al II e al III sec. i
rabbini permisero di maritare sia vergini impuberi sia vergini vecchie o le vedove, per
tutelarne la virtù e per ragioni simboliche145. L’usanza fu ripresa dai cristiani che, come attesta
Tertulliano, facevano maritare i profeti con le vergini dette acerbe a somiglianza delle nozze
tra Cristo e la Chiesa. Tali nozze erano, sia nell’ebraismo che nel cristianesimo, preparate da
un voto di continenza delle donne146 e spesso avevano come partner uomini anziani, incapaci
di qualsiasi rapporto sessuale. Questo tuttavia non avveniva sempre e non fu il caso di Maria,
in quanto il lavoro di Giuseppe e i numerosi viaggi di lui con la famiglia attestati nei Vangeli
non permettono di immaginarlo anziano. In effetti, come per le donne, esisteva un Collegio
consacrato maschile presso il Tempio del quale Giuseppe, secondo una antica tradizione, era
egli stesso membro. Tra persone consacrate erano quindi ovvie e consigliabili nozze
verginali147. Particolarmente apprezzate tra gli ebioniti148, tali nozze, nell’ambito delle
Vergini tessitrici erano accompagnate dalla convinzione che Dio o un suo Angelo avrebbe
potuto fecondare spiritualmente una principessa consacrata che avrebbe così generato un Re
divino149. Questo dà un significato particolare al fatto che Maria, probabilmente imparentata
con il casato di David per parte di madre, si sia sposata verginalmente a Giuseppe, che di
quella famiglia era esponente.
Tre concetti teologici vanno poi sviluppati per far capire come Maria fu preparata ad aderire
essa stessa alla predicazione del Figlio, concetti che probabilmente lei stessa gli trasmise. Il
primo è che il Messia è un Angelo, ma che l’Angelo è, coerentemente con la tradizione
veterotestamentaria più antica, un’ipostasi del Signore stesso e che a maggior ragione deve
esserlo nel caso del Messia. Il secondo è che tale Angelo è uno Spirito divino, un Ruah, che
però, essendo messianico, diventa il Ruah per eccellenza, il Concepito di Ruah, ossia di
Spirito. Il terzo è che, proprio in virtù di questi due concetti, il Messia è Figlio di Dio, perché
generato da Lui. Nell’ambiente delle Tessitrici questo concetto non doveva avere la pregnanza
che ebbe per i Cristiani, ma di certo la sua declinazione attraverso questi tre passaggi
costituisce la preistoria della sua formazione nella mente stessa di Maria, come possibilità
esistenziale, e il contesto in cui si sviluppò e attecchì, a livello familiare, la maturazione del
pensiero e la predicazione stessa di Gesù su di lui e sul mistero della sua nascita, nonché sulla
sua accettazione da parte di Giuseppe150.
Sempre sul messianismo, va rilevato che la nascita levitica di Maria fu probabilmente una
delle cause delle conversioni dei sacerdoti al cristianesimo attestate in At 6,7. Tra le fila del
clero vicine ai gruppi qumranici – nelle quali evidentemente militavano anche Gioacchino e
i suoi parenti – molti aspettavano il Messia di Aronne e di Israele, di Levi e di Giuda, il primo

145
Niddah, 1.4.
146
2 Clem 14,1-5; Didakè 11,11.
147
F. MANNS, Essais sur le judéo-christianisme, Gerusalemme 1977, pp. 106-114.
148
ANDREA DI CESAREA, in PG 106, 397.
149
E. TESTA, L’Emmanuele e la Santa Sion, in LA 25 (1975), pp. 171-192.
150
J. DANIÉLOU, Théologie du Judeo-Christianisme, Parigi 1957, Le gardien du Temple, pp. 196-198.
quale sacerdote maestro e interprete della Legge, il secondo quale principe davidico. Solo in
quest’ambiente poté formarsi l’idea del Messia unico ad un tempo Re e Sacerdote, idea che
ovviamente per prima proprio Maria dovette accettare151.
Passiamo al famoso primo censimento fatto quand’era governatore della Siria Quirino. Tale
riferimento, chiaro per Luca, non lo è tanto per i posteri152.
Infatti, conosciamo un censimento di Publio Sulpicio Quirinio (45 a.C.-21 d.C.) nelle
province di Siria e Giudea, ma è del 6 d.C., quando la tetrarchia di Archelao fu annessa a
Roma e costituita in provincia equestre sotto il procuratore Coponio, mentre lo stesso Quirinio
era legato in Siria, occupando così un grado più elevato nella gerarchia amministrativa. Il
legato provvide, per ordine di Augusto, a censire la Giudea per stimarne il valore ed
eventualmente vendere i beni di Archelao. Questo censimento segnava la sottomissione
diretta della Giudea a Roma e gli zeloti reagirono con la seconda rivolta di Giuda il Galileo,
aspirante messia politico poi cancellato dalla faccia della storia nonostante la sua più certa
collocazione cronologica rispetto a quella della nascita di Cristo. Non è chiaro se in questo
censimento gli abitanti erano tenuti a recarsi nella città di origine per la registrazione né se
esso perdurasse durante l’anno successivo153. Ma ovviamente, non è questo il censimento in
cui nacque Gesù, che all’epoca era già un adolescente. Luca infatti parla di un primo
censimento di Quirinio, su tutta la terra 154– ossia in tutto l’Impero, presumibilmente – per
volere di Cesare Augusto. Ciò permise a Giuseppe di salire a Betlemme, suo luogo natio, così
che vi nascesse Gesù. Si deduce che vi furono due censimenti, dei quali il secondo ci è
altrimenti noto e il primo no. Quello a cui Luca fa riferimento è probabilmente il secondo
censimento universale augusteo, quello dell’8 a.C., che poté svolgersi nel 7 – anno della
congiunzione astrale di Giove e Saturno nei Pesci, ossia del fenomeno della Stella ricordato
da Matteo e osservato dai Magi – e che contò tra gli individui chi era cittadino romano, per
valutare i possibili effettivi dell’esercito. L’Imperatore ne aveva tenuto un primo nel 28 a.C.
e ne avrebbe indetto un terzo nel 14 d.C. Vero è che tale censimento universale non riguardava
direttamente la popolazione dei Regni clienti come quello di Erode e tanto meno i loro
abitanti, ma la fermezza dell’indicazione di Luca – che fa censire tutta la terra – permette sia
l’identificazione tra la registrazione dell’8 a.C. e quella da lui stesso narrata, sia di ipotizzare
che, in concomitanza di essa, si tenessero uno o più censimenti provinciali e degli stessi Stati
vassalli, conformemente all’usanza augustea attestata da Tacito155. Un motivo per censire la
Palestina può essere stato un episodio dell'8 a.C., in cui Erode aveva intrapreso una campagna
militare contro i vicini Nabatei, anch’essi clienti di Roma. Augusto ne fu indignato e forse
impose a Erode il censimento come segno di sottomissione a Roma. L'usanza di registrarsi
presso la propria città di origine e non presso quella di residenza, come suggerisce Luca 2,3-
4 con molto vigore (andavano tutti a farsi registrare, ciascuno nella sua città) e che certo
non poteva essere inventata in un libro che avrebbe circolato tanto nell’Impero, non era
comune ma nemmeno impossibile. Per esempio è attestata nel 104 d.C. in Egitto dal Papiro
London 904. Inoltre il popolo ebraico era profondamente legato alla propria storia e
l'amministrazione romana, attenta ad adeguarsi alle usanze locali, deve aver tenuto conto di
questo. Nel caso di Giuseppe e di tutti coloro che vantavano una discendenza davidica, il
trasferimento a Betlemme rappresentava un motivo di prestigio sociale, come del resto

151
V. SIBILIO, Sulle tracce, pp. 38-39; M. BURROWS, The Messiah of Aaron and Israel, in Anglican Theological
Review 1952, pp. 203 ss.
152
Cfr. sull’arg. SIBILIO, Per una concordanza dei racconti dell’Infanzia, pp. 347-415.
153
GIUSEPPE FLAVIO, Antichità Giudaiche, 18, 1, 1. Cfr. At 5, 37.
154
Lc 2, 1-2.
155
Annali, 1, 11, 4.
suggerisce Luca sottolineando sia il casato del Patriarca (anche Giuseppe, che era della casa
e della famiglia di David) sia l’importanza di Betlemme nella storia dinastica (dalla città di
Nazareth e dalla Galilea salì in Giudea alla città di David chiamata Betlemme insieme a
Maria sua sposa), mentre collima perfettamente con il rigido legittimismo dinastico, familiare
e tribale degli abitanti di Nazareth156. La cosa poi diventa ancora più credibile se consideriamo
l’ipotesi fatta di un Giuseppe che torna a Betlemme per rimanervi e che quindi vuol essere
censito laddove intende vivere.
La maggiore difficoltà per questa ricostruzione sta nel fatto che, come dicevamo, Quirinio
divenne legato della Siria nel 6 d.C. Si è quindi ipotizzato un mandato precedente di Quirinio
in Siria, verso la fine del regno di Erode il Grande, del quale però non abbiamo prove
dirette157. Una indiretta verrebbe dalla Lapide di Tivoli, ritrovata a nel 1764 e che riferisce di
un secondo mandato di Augusto per un governatore della Siria, senza che però si possa
leggerne il nome, essendo il supporto mutilato158. E’ inoltre possibile che Quirinio non
andasse in Siria come governatore, ma come sovrintendente al censimento. Il titolo greco è
timetés, in latino censitor, ricorrente in numerose epigrafi e fonti testuali dell'epoca. Luca non
utilizza il termine appropriato per l'estrema fluidità che caratterizzava i vari titoli
amministrativi romani, soprattutto in greco e nelle lingue semitiche. A questo mandato
potrebbe riferirsi la Lapide di Tivoli, e non a uno governativo, per cui non è necessario
sconvolgere l’elenco noto dei governatori romani di Siria. L'incarico censitorio comportava
anche un potere militare data la continua possibilità di disordini pubblici. A prova di ciò vi è
la testimonianza di Tertulliano159, il quale asserisce che Gesù nacque in Giudea durante un
censimento ordinato da Augusto fatto da Senzio Saturnino (9-6 a.C.), verosimilmente in
concomitanza col censimento universale dell'8 a.C., ed evidentemente realizzato nella pratica
proprio da Quirinio, che poi avrebbe indetto un secondo censimento nel 6-7 d.C., in quanto
legato imperiale. Il nome di Quirinio appare in effetti l’elemento chiave nella datazione
lucana, assieme all’aggettivo numerale riferito al suo censimento160.
In quanto alla Cometa vista dai Magi161, l’anno della stella è molto probabilmente il 7 a.C. In
quel periodo vi furono diversi fenomeni astrali imponenti: verso il 12 a.C. astronomi cinesi
avvistarono una cometa e nel 5 a.C. sempre dal Celeste Impero videro in cielo l’esplosione di
una nova. Nella sapienza cinese questi fenomeni vennero considerati segni della nascita di un
grande Re che doveva venire da Occidente. Ma il fenomeno stellare a cui assistettero i Magi
era quello avvenuto nel 7 a.C., nel quale Saturno e Giove si congiunsero sullo sfondo della
costellazione dei Pesci, per ben tre volte: il 29 maggio, il 29 settembre e il 4 dicembre. Questo
fenomeno fu appurato da Giovanni Keplero (1571-1630) e nella tradizione giudaica era di
preludio alla nascita del Messia. Considerando che il 7 a.C. coincide con la data terminale del
mandato di Quirinio in Siria – in cui, secondo l’indicazione cronologica più precisa di Luca,
156
Lc 2, 4-5.
157
T. CORBISHLEY, in “Journal of Roman Studies” XXIV (1934), pp. 43-49.
158
ILS 918; CIL XIV 3613;
159
Contra Marcionem, 4, 19.
160
Per questo non reputo credibile l'ipotesi della scuola esegetica di Madrid, per cui l'aggettivo pròtos non va reso con
"primo" (aggettivo numerale) ma con "precedente" (aggettivo temporale), come anche avviene in Gv 1,15; 1,30; 15,18.
Il testo andrebbe dunque tradotto Questo censimento fu precedente (a quello fatto) quando era governatore della Siria
Quirinio, oppure Questo censimento fu fatto prima di essere governatore della Siria Quirinio. Non avrebbe alcun senso
usare il nome di Quirinio come terminus ante quem, visto che si poteva fare riferimento al funzionario incaricato del
censimento. Un’ulteriore diversa interpretazione (Questo primo censimento fu fatto da Quirinio, [poi diventato]
governatore di Siria) cozza con il testo greco che usa il participio presente egemonéuontos, rendendo impossibile la
traduzione. Una terza ipotesi, per cui il nome originario del governatore fosse Quintilio, governatore della Siria tra il 6 e
4 a.C., e non Quirinio, non trova conferma in nessun manoscritto evangelico pervenutoci.
161
Cfr. sul tema SIBILIO, Per una concordanza dei racconti dell’Infanzia, pp. 347-415.
si tenne un censimento a cui ovviamente presero parte anche Giuseppe e Maria – possiamo
considerare quell’anno il più adatto a collocarvi la nascita di Gesù. Questi Magi poterono
vedere la stella il 29 maggio, aspettare che l’estate passasse, partire a settembre e giungere in
Giudea verso la fine di novembre, così da vedere la stella per l’ultima volta il 4 dicembre,
dopo aver lasciato Gerusalemme162. Questa è l’opinione più accreditata. Tuttavia,
considerando che, come vedremo, i Magi vedono due volte e non tre la stella e che quando
essi arrivano Gesù era già nato, e tenendo in conto che subito dopo il loro arrivo la Sacra
Famiglia dovette fuggire, si deducono due cose: la prima è che i Magi videro la prima e la
seconda congiunzione, che fu quella che li condusse da Gesù; la seconda è che questi era stato
concepito ed era nato prima delle congiunzioni. Infatti, come dice Luca, la Madre lo condusse
al Tempio per la Purificazione sua e la Presentazione del Figlio, il che avvenne almeno
quaranta giorni dopo la nascita. Mettendo quindi insieme il Censimento di Quirinio – citato
in Luca – e la congiunzione stellare, abbiamo che Gesù nasce prima del 29 maggio del 7 a.C.
e riceve la visita dei Magi il 29 settembre, per poi fuggire in Egitto.
Sebbene questi concetti giudaici – compresa l’idea del Messia guerriero e interprete della
Legge, legato alla luce stellare e allo scettro fracassatore – non facessero il paio in modo
preciso con le concezioni astronomiche dei Magi e non si adeguassero completamente ai loro
avvistamenti, di certo permettevano una corrispondenza intellettuale assai fitta tra i segni
interpretati dalle due diverse ma osmotiche culture163.
In quanto alla data del parto di Maria164, la liturgia latina stabilisce il 25 marzo
l’Annunciazione a Maria, nove mesi prima della nascita di Gesù, ossia il 25 dicembre;
l’angelo apparve a Maria quando Elisabetta era al sesto mese di gravidanza (Lc 1, 26); di
conseguenza la nascita di Giovanni Battista è collocata al 24 giugno, tre mesi dopo
l’Annunciazione e sei prima del Natale di Gesù. L’Oriente bizantino celebra il 23 settembre
l’annuncio a Zaccaria, ovviamente nove mesi prima della nascita del Battista. Giovanni
Crisostomo riteneva che Zaccaria, il padre di Giovanni Battista, fosse sommo sacerdote, sulla
scia del Protovangelo di Giacomo, e che l'offerta dell'incenso di cui parla Luca fosse l'offerta
del giorno dell'Espiazione. Poiché il giorno dell'Espiazione cadeva il 10 tishri (settembre-
ottobre), la natività di Giovanni veniva a cadere a giugno. Questi rapporti di date vengono
spiegati come un calcolo basato sulla data – data per già stabilita - del 25 dicembre. In 1,5-8
leggiamo che Zaccaria apparteneva alla classe di Abia e che quando gli apparve Gabriele per
annunciare la gravidanza della moglie egli “esercitava sacerdotalmente nel turno del suo
ordine” (en tôi hierateuein auton en têi taxei tês efêmerias autou). A. Ammassari ritiene che
l’indicazione del turno di Abia risalga ad una antica tradizione giudaico-cristiana registrata165:
così il rito bizantino ha conservato una data storica precisa. Nel Tempio Davide aveva
disposto che i sacerdoti fossero distinti in ventiquattro tàxeis o classi, in ebraico sebaot (1 Cr
24, 1-19); queste classi dovevano prestare servizio liturgico per una settimana ciascuna per
due volte l’anno166. Il progresso nello studio dei calendari in uso presso gli Ebrei167 ha
ricostruito l'ordine di successione di queste classi sacerdotali. Esse prestavano servizio per
sette giorni ciascuna e un ciclo completo delle ventiquattro classi ricopriva centosessantotto

162
AA.VV., Il Grande Atlante della Bibbia, a cura di G. RAVASI, Selezione dal Reader’s Digest, Milano 1986 (ed. orig.:
Atlas of the Bible, a cura di H. T. FRANK, New York 1981), p. 176.
163
TESTA, Maria di Nazareth, p. 878.
164
Cfr. sempre SIBILIO, Per una concordanza dei racconti dell’Infanzia, pp. 347-415.
165
A. AMMASSARI, Alle origini del calendario natalizio, in Euntes Docete, 45 (1992), pp. 11-16.
166
GIUSEPPE FLAVIO, Antichità Giudaiche, VII, 365.
167
http://www.christianismus.it/modules.php?name=News&file=article&sid=12: A. NICOLOTTI, Il calendario
giudaico: la misura del tempo nell’ebraismo.
giorni. Non sappiamo se la successione delle classi fosse ininterrotta o se ogni anno l’ordine
delle classi sacerdotali ripartisse dal principio, con la prima classe.
Roger T. Beckwith168, favorevole alla soluzione dei cicli sacerdotali annualmente interrotti,
ritiene che il mese di tishri fosse il momento in cui si dava inizio ogni anno al ciclo, come era
avvenuto dopo la ricostruzione dell’altare del Tempio dopo l’esilio169. Ciò è confermato anche
dai calendari rinvenuti a Qumran170 dove si seguiva un calendario solare di
trecentosessantaquattro giorni con un giorno intercalare ogni terzo mese, lo stesso calendario
usato da Gesù per la celebrazione della Pasqua171. Era previsto un ciclo di turni sacerdotali
che durava sei anni, in modo che, allo scadere di ogni ciclo, nella prima settimana del primo
anno fosse di servizio sempre lo stesso sacerdote172. Secondo questo calendario il turno di
Abia, prescritto per due volte l’anno, nel primo dei sei anni ricorre la prima volta dall’8 al 14
del terzo mese e la seconda volta dal 24 al 30 dell’ottavo mese. Ora, questa seconda volta
corrisponde all’incirca all’ultima decade di settembre. Dunque Zaccaria una volta ogni sei
anni aveva il suo turno di servizio in questo periodo di tempo, compatibile con la tradizionale
data delle natività di Giovanni Battista e di Gesù. Certo è che non è facile pensare che nel
Tempio di Gerusalemme fosse applicato un calendario solare, a meno che non si pensi che
Zaccaria non seguisse il calendario ufficiale. Secondo il calendario lunare farisaico, che fu
quello ufficiale del Tempio, sulla base della notizia che esso fu distrutto il 5-6 agosto (9-10
di ab) durante il turno di Jehoiarib, nelle settimane successive, se il servizio fosse continuato
normalmente, a questi sarebbero seguiti Jedaiah, Harim, Seorim, Malchijah, Mijamin e
Hakkoz, che avrebbe iniziato il proprio turno il 21 elul (15 settembre). Se arrivati a questo
punto, in vista dell’inizio di tishri, la successione sacerdotale fosse ricominciata da principio,
Jehoiarib avrebbe ricominciato dal 28 di elul (22 settembre), e l’ottavo turno di Abia (quello
di Zaccaria) sarebbe cominciato il 17 heshvan (10 novembre). Se invece si fosse proseguito
senza curarsi dell’inizio dell’anno, dopo Hakkoz sarebbe toccato ad Abia, dal 28 di elul (22
settembre) al 4 di tishri (29 settembre). Nel caso di turni in continua successione, sarebbe
difficile risalire al periodo ricoperto da Abia in quell’epoca, non conoscendo né l’anno preciso
della nascita di Gesù, né quando vennero fatti cadere gli anni embolismali, ossia gli anni in
cui veniva aggiunto un mese in più (un secondo mese di adar) per riallineare il calendario.
Invece, ammettendo che il servizio ricominciasse ogni anno, risulterebbe che Zaccaria ha
sempre esercitato il suo turno nella seconda decade di novembre. Collocando la nascita di
Gesù dopo quindici mesi, in caso di anno ordinario, Gesù sarebbe nato a gennaio-febbraio; in
caso di anno con mese embolismale (con il II di adar), la Natività andrebbe spostata a
dicembre-gennaio173.
Così, la nascita di Gesù alla fine di dicembre (o all’inizio di gennaio, come è festeggiata in
Oriente), è una data ricavata sulla base di una serie di calcoli congiunti, di cui si è persa
memoria, quindici mesi dopo l’annuncio a Zaccaria, nove mesi dopo l’annunciazione a Maria,
sei mesi dopo la nascita di Giovanni il Battista. Il fatto che vi fossero dei pastori con le loro
greggi all'aperto nella notte in cui nacque Gesù non è un motivo per escludere che fosse
inverno; ancor oggi a Betlemme è possibile vedere pecore al pascolo nei giorni di dicembre.
168
R. T. BECKWITH, The Date of Christmas and the Courses of the Priests, in Id., Calendar & Chronology, Jewish and
Christian, Leiden, 1996, pp. 71-92.
169
Esd 3,2-6.
170
http://www.christianismus.it/modules.php?name=News&file=article&sid=39&page=3 A. NICOLOTTI, Postilla a M.
Righetti, Le Origini della festa del Natale, da consultarsi anche per tutta la questione della datazione dell’Annunciazione
del Battista e di Gesù in genere.
171
SIBILIO, Sulle tracce, pp. 42-43.
172
NICOLOTTI, Postilla.
173
J. FINEGAN, Handbook of Biblical Chronology, Peabody, 19982, pp. 275-278.
Anche l’ambientazione del parto di Maria in una grotta poi divenuta sacra, ossia miticamente
lucidissima, ha la sua contestualizzazione nella credenza ebraica e poi giudaico-cristiana della
possibilità che la Luce divina santifichi un luogo tenebroso, nel quale preferisce rifulgere
proprio per risaltare174.
Un’ultima contestualizzazione storico-letteraria riguarda il Ritrovamento di Gesù nel Tempio.
Nessuno lo considera più una leggenda, perché nel I sec. i rabbini ponevano proprio a dodici
anni l’età in cui si era vincolati ad iniziare ad osservare la Legge, così come tutte le usanze di
Lc 2, 41-50 sono ampiamente attestate nella letteratura giudaica175.

ULTERIORI RISCONTRI ICONOGRAFICI ED ARTISTICI

Sono gli encolpi e le croci processionali dell’arte palestinese dal VI sec. in poi, ossia
contemporanei dell’ultima grande stagione della letteratura religiosa su Maria, quella dei testi
assunzionisti calcedonesi176. Tali manufatti non solo ci svelano l’origine dell’iconografia
mariana ma anche ci danno conferma di quanto attestato dalle fonti che abbiamo esaminato.
Il primo tipo iconografico è quello della Theotókos o Blachernitissa, in cui Maria è legata alla
Croce; il secondo è quello della Calchopratía, in cui Maria appare quale Corredentrice mentre
il Sangue del Figlio scorre dalla Croce fin sul cranio di Adamo custodito nella Grotta dei
Tesori del Calvario; il terzo è quello della Madre Avvocata, che sul Calvario intercede per la
Chiesa. Tali modelli sono rappresentati in manufatti minori, come reliquiari, eulogie, ampolle,
croci, sia isolatamente che in cicli di cinque, sette, nove o dodici scene, calcolate sul
calendario liturgico. Abbiamo ad esempio un ciclo di cinque scene sul coperchio di una
cassetta di reliquie del VI sec., ovviamente palestinese, un tempo conservato nel Sancta
Sanctorum del Laterano ed oggi in Vaticano. Un altro analogo lo abbiamo su di un encolpio-
croce di argento dell’VIII-IX sec. che dalla Palestina giunse in Italia ed è conservato a
Vicopisano. Sul coperchio, attorno alla Calchopratía, vi sono, raggruppate a coppie, le
immagini mariane della Resurrezione e della Natività, dell’Ascensione e del Battesimo di
Gesù. Sull’encolpio, sempre attorno al medesimo modello, abbiamo l’Annunciazione, il
Battesimo di Gesù, della Natività e della Presentazione al Tempio. Nel rovescio abbiamo la
Madonna che assiste all’Ascensione con gli Apostoli e, in un'altra scena, alla Discesa agli
Inferi. Da questa iconografia trae conferma la notizia del Vangelo degli Ebrei che, nel II sec.,
aveva asserito che Gesù si fece battezzare su consiglio della Madre. Inoltre, appare suffragata
l’affermazione di una apparizione del Risorto alla Madre e della presenza di questa
all’Ascensione del Figlio, oltre che alla sua conoscenza in visione del viaggio oltretombale di
quegli. L’iconografia palestinese viene replicata poi in molti esemplari da essa influenzati,
come le ampolle di Bobbio o quelle di Monza, nonché varie icone del Sinai.
Per le ampolle di Bobbio, cito la numero 17, la numero 18 e la numero 19. La prima ha un
ciclo di sette misteri con al centro la Resurrezione: sulla destra sono visibili Crocifissione,
Battesimo e Visitazione, mentre a sinistra, oramai scomparsi, erano raffigurati Ascensione,
Annunciazione e Natività. La seconda ampolla ha al centro la Crocifissione, sotto la
Resurrezione, sopra l’Ascensione e ai lati l’Annunciazione, la Visitazione, la Natività e il
Battesimo. La terza ampolla, anch’essa frammentaria, ha nove scene legate al Monte Oliveto
e non al Calvario come le altre due: al centro vi è l’Ascensione, attorno Annunciazione,

174
Cfr. TESTA, Le grotte mistiche, pp. 5-45.
175
F. MANNS, Luc 2, 41-50 temoin de la Bar Mitswa de Jésus in Mar 40 (1978), pp. 344 ss.
176
Cfr. TESTA, Maria di Nazareth, pp. 884-885.
Visitazione, Battesimo, Natività, Adorazione dei Pastori e dei Magi. Mancano Crocifissione
e Resurrezione, oramai perse.
In quanto alle ampolle di Monza, citiamo la numero 2. Essa viene da Betlemme e contiene al
centro la Natività, circondata simmetricamente da Annunciazione e Visitazione, Battesimo e
Crocifissione, Resurrezione ed Ascensione. Corrispettivi di tale ampolla sono la croce di
smalto dei papi Simmaco, Sergio I e Pasquale, conservata in Vaticano, e il frammento di icona
B 41 del Sinai. Entrambe vengono da Betlemme. Hanno anch’esse la Natività al centro. La
croce ha raffigurati l’Annunciazione, la Visitazione, il Viaggio di Maria a Betlemme,
l’Adorazione dei Magi, la Presentazione al Tempio e il Battesimo di Gesù.
Se sommiamo tutte queste scene abbiamo dodici misteri che riguardano la vita di Maria e che
poi furono sintetizzati nel Medioevo in ulteriori raffigurazioni. Alla base vi fu la liturgia
palestinese, che storicizzò tutti i misteri rivivendoli nei luoghi dove erano ambientati: il
Calvario, Betlemme, il Monte degli Ulivi.
Al di fuori dei confini della Palestina, anche l’arte cristiana tardoantica precostantiniana
costituisce una fonte documentale importante177. I temi figurativi convergono con quelli
letterari e li integrano, riscontrandoli tanto quanto i reperti archeologici. L’arte catacombale,
cimiteriale e funeraria, sebbene per forza di cose abbiano un numero limitato di tipi
rappresentativi, traggono spunto dai racconti dell’Infanzia, sia biblici che apocrifi, a
testimonianza della loro circolazione: Annunciazione, Natività, Adorazione dei Magi – la più
frequente raffigurazione – e l’immagine simbolica di Maria con Balaam/Isaia. Le più antiche
rappresentazioni dell’Adorazione dei Magi e di Maria con Balaam/Isaia sono del II sec., nella
Catacomba di Priscilla. Secondo Origene, i Magi discendevano da Balaam, che profetizzò sul
Messia in Nm 24, 17178. In genere, nell’arte tipologica Maria è presentata in preghiera, senza
Bambino e con le braccia sollevate, quale immagine della Chiesa 179. In un vetro dorato del
III-IV sec. Maria è raffigurata tra Pietro e Paolo180.

RIFLESSIONI SULLA STORICITA’ DEI RACCONTI DELL’ASSUNZIONE DI MARIA

In passato ho espresso le mie valutazioni sulla storicità del senso espiativo che Gesù diede
alla sua morte181, della sua Resurrezione182 e del suo concepimento verginale183. In questa
sede e a suggello di quanto detto, mi dilungo brevemente allo stesso modo sull’Assunzione
di Maria. In effetti, dei quattro dogmi mariani – Immacolata Concezione, Maternità Divina,
Perpetua Verginità e Assunzione in anima e corpo – solo il secondo e il quarto sono eventi
storicamente suscettibili di una verifica sia pure indiretta. A fronte di quanto detto sulle fonti
apocrife assunzioniste, vado a sviluppare alcune considerazioni sul loro valore
documentario184. La prima cosa che va detta è che i testi ebioniti cattolici, essendo i più
177
Cfr. in gen. sull’arg. P. AMATO, Arte/Iconologia, in Nuovo Dizionario di Mariologia, pp. 139-154.
178
Homeliae in Numeros, XV, 4.
179
AMBROGIO, In Lucam, 1 in PL 15, 1555; AGOSTINO, De Symbolo ad Cathecumenos, in PL 40, 561.
180
In DACL X, 2015.
181
V. SIBILIO, La Passione e la Morte di Gesù nei racconti dei Quattro Vangeli, sul sito www.theorein.it (2006) e ID.,
Per una concordanza dei racconti kerygmatici dei Vangeli, ed. on line su Christianitas III (2014), pp. 99-336, a sua volta
confluito in ID., Sulle tracce del Gesù storico.
182
V. SIBILIO, La Resurrezione di Gesù nei racconti dei Quattro Vangeli – Un’indagine storico-critica, 1° ed. on-line
sul sito www.theorein.it. reg. il 27.10.2004 ai sensi dell’art. 1 D.Lgs.Lgt. 31.8.1945 n. 660; 2° ed. sul sito www.theorein.it
(2005), 3° ed. a stampa in Teresianum – Ephemerides Carmeliticae LXVII 1 [pp.3-66] e 2 [pp. 267-334] (2006) e ID.,
Per una concordanza dei racconti kerygmatici dei Vangeli.
183
V. SIBILIO, Per una concordanza dei racconti dell’Infanzia, ed. on line su Christianitas IX (2017), pp. 347-415.
184
Sul tema cfr. A. GILA, Le più antiche testimonianze letterarie sulla morte e glorificazione della Madre di Dio. I
racconti del Transito di Maria tra fede e teologia, Padova 2010; M. ALKASSAR, Nascita e morte di Maria nei libri
antichi, sono quelli che primi tra tutti hanno conservato, perché più vicini ai fatti, il grosso
degli eventi terminali della vita di Maria.
Tra tali testi, il Transito Romano, tramandato dal Codex Vaticanus Graecus 1982, del secolo
XI, di autore ignoto che pone la pseudoepigrafe di Giovanni il Teologo185 – ossia
l’Evangelista – è pressoché identico al Libro del Riposo Etiopico e al testo del Codex
Augiensis CCXXIX, ma è il più importante tra essi, mentre il Libro delle Esequie di Maria e
altri due testi, uno georgiano e uno irlandese, dipendono da questa triade. Perciò o tutti e tre i
suoi componenti dipendono dall’archetipo perduto di Leucio186, che come dicevamo è del II
sec., o tale archetipo è lo stesso Transito. Tale cosa non è di grande importanza per il discorso
che dobbiamo fare. Sono più importanti alcuni elementi per la datazione dei testi e per la loro
demitizzazione, onde mettere in evidenza il fatto storico soggiacente.
Il Transito Romano è ambientato a Gerusalemme. Al n. 1 vi è l’attribuzione a Giovanni
Evangelista, dei cui scritti il testo echeggia qua e là il frasario e lo stile. Ai nn. 2-3 il Transito
descrive l’apparizione dell’Angelo alla Madonna, che poi è Gesù stesso, che però non è
riconoscibile agli occhi della Madre. Egli le annunzia che dopo tre giorni la sua vita terrena
finirà. Tale particolare, di matrice giudeo-cristiana, permette di datare il testo ad un’epoca
nella quale esistevano ancora ebioniti cristiani – ossia prima della II Guerra Giudaica del 130-
135- e di far risalire i fatti narrati all’epoca di Maria stessa, in quanto lei era senz’altro la più
eminente esponente dei Giudeo Cristiani. A riprova di ciò, nei nn. 4-8 l’Angelo conduce
Maria sul Monte degli Ulivi e le si rivela come Gesù, il quale dunque, qui come nei racconti
della Resurrezione di Luca e Giovanni, ha un corpo glorioso polimorfo. Segno non solo
dell’autenticità dell’esperienza mistica ma anche della composizione molto antica di questo
passo. Non c’è motivo di dubitare dell’autenticità di questa esperienza extrasensoriale
premonitrice: Maria fu una mistica e le apparizioni fecero parte della sua vita come del resto
di quella dei primi cristiani, a cominciare da quelle, fondamentali, avvenute al Sepolcro del
Risorto.
Ancora, altri elementi giudeo-cristiani di grande rilevanza ed immediata visibilità sono quelli
dei nn. 9-12, in cui Maria, ricevuta una Palma celeste, le parla come se fosse una immagine
del Figlio, in quanto significa la vita eterna che Gesù, vero frutto dell’albero della vita, ha
guadagnato a tutta la famiglia umana. E’ perfettamente plausibile considerare storica questa
preghiera, perché afferisce al contesto culturale in cui Maria visse e morì.
Ai nn. 13-14 del Transito Romano la Madre di Dio informa i suoi parenti del suo imminente
trapasso, mentre ai nn. 15-21 l’apostolo Giovanni, colui al quale Gesù aveva affidato la Madre
sua, torna miracolosamente a Gerusalemme per assistere al suo trapasso, rapito su di una nube
dallo Spirito Santo. A lui Maria rivolge un dolce rimprovero, quello di averla lasciata
nonostante Gesù l’avesse affidata alle sue cure. Giovanni si giustifica dicendo che aveva
adempiuto al comando del Maestro che mandava i suoi Apostoli a tutte le genti. Tuttavia
questo dato appare incerto: se la notizia per cui Maria seguì Giovanni in Asia Minore non è
abbastanza certa, nemmeno è possibile destituirla di ogni fondamento. Forse l’autore del
Transito Romano inserì questa reprimenda nell’originale per dimostrare che Maria rimase
sempre in Palestina e che la Chiesa giudaico-cristiana, se aveva avuto un solo Apostolo fino
alla fine della sua vita (ossia Giacomo il Minore, martirizzato nel 68), aveva tuttavia ospitato

apocrifi, in “L’Idea. Il Giornale del Pensiero” 10 (2004); S. MIMOUM, Les traditions anciennes sur la Dormition et
l’Assomption de Marie, suppl. a Vigiliae Christianae 104, Boston Leiden 2011.
185
Cfr. sull’arg. Testi mariani del Primo Millennio, I- Padri e altri autori greci, a cura di G. GHARIB-F.M.TONIOLO-
L.GAMBERO-G. DI NOLA, Roma 2001, pp. 864 ss. (che lo data al VI sec.)., M.I.M.OLJENIK, La “Dormitio Mariae”
dai suoi albori fino al VI sec., tesi di dottorato, Olomouc 2017, pp. 47-100.
186
OLJENIK, La “Dormitio Mariae”, p. 48.
la Madre di Gesù fino alla morte. In quest’ottica va letta la sottolineatura, senz’altro storica,
del fatto che Maria visse a Gerusalemme coi suoi parenti. Le fonti successive, più
verosimilmente, attestano che la Madre stette anche con la famiglia di Giovanni.
Successivamente, ai nn. 22-29 del racconto, gli Apostoli arrivano nello stesso modo
miracoloso del Quarto Evangelista. Subito dopo Maria si intrattiene con essi (nn. 30-31).
Demitizzando la scena, possiamo innanzitutto fissare alcuni paletti cronologici. Il primo è
che, dopo il 42, anno in cui ogni Apostolo partì per una missione al di fuori della Palestina,
la prima ed unica volta in cui essi si ritrovarono tutti insieme fu il Concilio di Gerusalemme,
ossia tra il 48 e il 49. Giovanni è attestato ad Efeso dal 66, ma partì anche lui nel 42 e nel
Transito viene a Gerusalemme da Sardi. Tutto ciò permette di datare la dormizione di Maria
non oltre il 50. A riprova di ciò, sta che Paolo viene presentato come un neofita accolto
benevolmente dagli altri XII, specie da Pietro, il che significa che i contrasti tra lui e Giacomo
si sono composti nel Concilio di Gerusalemme, grazie alla mediazione del Principe degli
Apostoli, per cui una fonte giudeo-cristiana come questa può parlare di lui con una certa
condiscendenza (cfr. n. 45, dove Gesù gli annunzia che gli rivelerà nella vita futura quello
che gli altri Apostoli hanno saputo da Lui fin da questa terra), senza alcun riferimento alle
divergenze sull’osservanza della Legge mosaica. Il testo originale è dunque stato scritto dopo
il 50, mentre Leucio scrive prima del 130, quando ancora esistono giudeo-cristiani ortodossi,
che riconoscono le Scritture paoline come ispirate. Probabilmente, proprio per marcare la
differenza tra cristiani etnici e cristiani giudei, Leucio o chi per lui ha preferito presentare
miracolosamente la venuta dei XII al capezzale di Maria, quasi a negare l’importanza del
Concilio gerosolimitano, i cui deliberati sono solo per i battezzati non appartenenti al Popolo
della Promessa. Altro dato importante: Giovanni torna da Sardi e non da Efeso, per cui
abbiamo un altro riscontro all’ipotesi che i fatti sono ambientati dopo il 42 e prima del 50.
Inoltre, Maria dà a Giovanni un libro composto di un foglio, ossia presumibilmente un rotolo
(n. 20), secondo una usanza che risale ad un periodo molto antico, anteriore alla Distruzione
di Gerusalemme: segno che il racconto originale fu scritto prima del 70.
Ai nn. 32-36 è descritta la Dormizione propriamente detta, con un’apparizione di Gesù avente
al seguito importanti personaggi della corte celeste. L’anima di Maria è presa dal Figlio. I
testimoni della visione sono gli Apostoli e molti altri. Gesù comanda di uscire dal lato sinistro
della città per andare verso la tomba predisposta, il che supporrebbe che la Dormizione sia
avvenuta a nord di Gerusalemme, perché solo guardandola da lì il versante del Cedron (dove
c’è il sepolcro di Maria) è sulla sinistra. Non vi è ragione né di dubitare della storicità
dell’evento né della sua autenticità, non conoscendo la psicanalisi suggestioni collettive in
gruppi maggiori di due persone. Questo evento è il vero fondamento storico delle vicende
ultime di Maria, in quanto il resto si ricavò, come vedremo, per deduzione, ma se nemmeno
la morte fosse stata circondata di un alone parapsicologico non ci sarebbe stato il motivo per
postulare una glorificazione precoce della Madre di Dio in corpo e anima.
Ai nn. 37-44 sono narrati i funerali di Maria e un evento che è la chiave di volta della
datazione. Infatti il corteo funebre è assalito dai Giudei guidati nientemeno che dal Sommo
Sacerdote. Questi, Iefonia, tenta di capovolgere il feretro ma rimane con le mani appiccicate
ad esso. In conseguenza di ciò, si converte e viene immediatamente risanato. Tornato in
Gerusalemme con la Palma celeste, risana gli altri scalmanati che si preparavano ad attaccare
il corteo ma erano stati accecati dagli Angeli. Al n. 44 gli Ebrei puniti fanno il parallelo tra la
loro situazione e quella di Sodoma nella Genesi, perché sanno che se non si convertiranno
saranno distrutti. In conseguenza di ciò, molti si convertono. Queste informazioni sono di
capitale importanza. Innanzitutto, quando Leucio stese il suo archetipo o il Transito Romano,
di sicuro lo fece prima della II Guerra Giudaica: diversamente non sarebbero mancati
riferimenti alla rovina definitiva di Israele e di Gerusalemme, quale vero e definitivo castigo
di Dio sugli Ebrei increduli, prima in Cristo e poi in Maria. Invece il testo parla della
possibilità redentiva di un pentimento che, dopo la fondazione di Aelia Capitolina sulle rovine
di Gerusalemme, sarebbe sembrato del tutto inutile. Al massimo, si può ipotizzare che
l’autore, con questo invito a convertirsi a Maria e a Cristo, ricordasse ai giudeo-cristiani che
il vero messia non era Bar Kokheba, ma Gesù, per cui essi non dovevano – come in effetti
non fecero – associarsi alla rivolta. Tuttavia in questo caso Leucio o chi per lui avrebbe dovuto
ricordare ai fedeli che già una volta, nel 70, Gerusalemme era stata distrutta, come Gesù aveva
predetto, e che quindi una nuova rivolta poteva comportare conseguenze molto più
catastrofiche. Invece l’autore preferisce, come abbiamo visto, attribuire ai giudei spaventati
la paura di fare la fine di Sodoma, senza nessun riferimento alla Distruzione del Tempio. Il
che lascerebbe supporre che quando il testo assunzionista originario fu scritto Gerusalemme
fosse ancora in piedi col suo luogo santo. Diversamente, sarebbe stato più logico minacciare
ai giudei impenitenti quello che sarebbe poi avvenuto, ossia la distruzione della città. Invece
il testo lascia intendere che uno spiraglio di salvezza per gli Ebrei, quando Maria si
addormentò, ancora poteva esistere presso Dio, in quanto molti si erano convertiti. Il che
significa che l’archetipo perduto dell’Assunzione fu scritto prima del 70. La cosa è confermata
anche dal fatto che l’attacco al convoglio – plausibilissimo per la lotta che Farisei e Sadducei
facevano ai giudeo-cristiani – è guidato nientemeno che dal Sommo Sacerdote. Ora, dopo il
70 il Sacerdozio giudaico smise di esistere, per cui attribuire a un sacerdote l’assalto al feretro
e promettergli la salvezza se si converte è un evidente anacronismo nel Transito Romano e
nell’archetipo di Leucio, che ha ragion di essere solo se il testo originario, a cui Leucio stesso
attinge, sia stato redatto prima della Distruzione del Tempio. Ovviamente, siccome non
esistette mai alcun sommo sacerdote di nome Iefonia e siccome nessun prelato giudaico si
sarebbe mai contaminato toccando un cadavere, il racconto dell’aggressione va considerato
come ampliato. L’assalto è possibile, ma probabilmente fu un laico a profanare il feretro di
Maria, cosa non priva di riscontri, come vedremo. Al massimo potrebbe essere stato un
sacerdote minore, il quale avrebbe potuto anche convertirsi in seguito ad un prodigio; cosa,
questa, che non sarebbe stata possibile al Sommo Sacerdote senza entrare in fonti storiche di
maggior pregio. In quanto al miracolo presso il feretro, oltre a ricordare l’intangibilità
veterotestamentaria dell’Arca dell’Alleanza assimilata a Maria, è una spiegazione plausibile
del fallimento dell’assalto giudaico. L’altra è una difesa dei cristiani del corpo della Madre di
Dio, che però è problematico supporre perché ufficialmente i fedeli ex circumcisione
riconoscevano ancora l’autorità del Sinedrio e, soprattutto, perché questo avrebbe implicato
un intervento dell’autorità pubblica, con conseguenze che gli Atti degli Apostoli, parlando
del Concilio di Gerusalemme, non avrebbero potuto omettere.
Al n. 45 il Transito parla della veglia degli Apostoli dinanzi alla Tomba della Madonna,
mentre ai nn. 46-48 è descritta l’Assunzione nel Paradiso (Terrestre) per mezzo degli
Arcangeli Michele e Gabriele. Il corpo di Maria è deposto sotto l’albero della vita e in esso
rientra l’anima di Lei. Tale evento è visto dai XII Apostoli. Sebbene nulla possa impedire a
Dio di fare prodigi, probabilmente questo brano è un’amplificazione mitica di un evento molto
più sommesso, in linea con quanto descritto nei Quattro Vangeli della Resurrezione di Gesù,
ossia un ritorno in vita senza testimoni ma dedotto dal sepolcro vuoto. La fine più probabile
del testo originale non giunto a noi è quella attestata dal Codice Vaticano 2072 e dal Codice
Ottoboniano Greco 415 (contenente un frammento di Epifanio), in cui gli Apostoli aprono il
loculo dopo tre giorni per vedere il corpo di Maria ma non lo trovano, deducendo che è stato
assunto in cielo. La stessa fine è attestata nel Codice Vaticano 2013 e nel Codice Parigino
121, in cui gli Apostoli vegliano fino alla traslazione del corpo di Maria in cielo, traslazione
che però non è descritta né tantomeno vista. E’ vero che le somiglianze tra la Resurrezione e
l’Assunzione sono solo estrinseche e che la descrizione, nella narrazione dei testi giudeo-
cristiani in genere, è una creazione originale in quanto mancava di archetipi letterari e
teologici, ma questo non vuol dire che la visione sia avvenuta davvero. Potrebbe essere stata
la raffigurazione narrativa di una riflessione dottrinale formulata dalla Chiesa giudeo-
cristiana. Degno di nota è anche che l’epilogo del Codice Marciano VII, 38 dice che la tomba
della Vergine fu aperta, dopo qualche giorno, perché un Apostolo, di cui non si fa il nome,
essendo giunto in ritardo, voleva vedere per l’ultima volta le sembianze di Maria, per cui,
entrato nella camera funeraria, scoprì che il suo corpo era stato assunto in Cielo. Questa
notizia è a mio avviso degna di fede, in quanto fa il paio con quanto abbiamo detto sul ritorno
degli Apostoli a Gerusalemme in modo non miracoloso ma per il Concilio. In questo caso
qualcuno potè senz’altro giungere con ritardo. L’ultima nota sulla storicità dei testi del II-III
sec. sta nel fatto che essi, intrisi di giudeo-cristianesimo, ci sono giunti non solo attraverso
l’elaborazione della Chiesa palestinese ma anche attraverso quella di altre due comunità da
sempre legatissime alla cultura ebraica: quella di Siria e quella di Etiopia, che accolsero e
custodirono le antiche tradizioni con particolare amore.
Alcune notizie storiche possono essere desunte anche dai testi più recenti. Il Transito
Colbertino, il testo più significativo di quelli monofisiti nominali di cui abbiamo parlato,
fornisce significative conferme a quanto descritto dai libri giudeo-cristiani, non solo per una
mera ripulitura delle loro narrazioni. I passi comuni e le parti dialogate hanno spesso le
medesime frasi e parole. In 1,1 il Transito si rifà anch’esso all’insegnamento di Giovanni
Apostolo. In 2,1-2 afferma che Maria viveva nella casa dei parenti di Giovanni, posta sul
Monte degli Ulivi. Le conferme archeologiche rendono questa notizia credibile: Maria aveva
senz’altro una casa sua a Gerusalemme, non fosse altro perché vi era nata, ma anche i parenti
di Giovanni ne avevano una, in cui ovviamente la Madre di Gesù poteva stare quanto voleva,
in quanto l’Apostolo, per consegna del Redentore morente, l’aveva presa, letteralmente “tra
le sue cose”. Sempre in questo passo si dice che Maria, due anni dopo la Passione di Gesù,
presa da tristezza e nostalgia per il Figlio, si ritirò nella sua cella, ossia in un luogo appartato
della casa dei parenti di Giovanni. Questa specie di vita eremitica è compatibile col ruolo
defilato di Maria nella Chiesa primitiva, in quanto nei testi canonici delle Lettere e degli Atti
non è mai citata dopo la Pentecoste.
Nel capitolo 3 vi è l’Annuncio dell’imminente Dormizione di Maria, in modi analoghi a quelli
che abbiamo visto. L’Angelo, che è Gesù ma non si rivela, consegna alla Madre la Palma
celeste. Tutto sembra apparentemente accadere due anni dopo la Resurrezione di Gesù, ma
quanto viene detto dopo dell’arrivo degli Apostoli a Gerusalemme dai luoghi di missione fa
chiaramente intendere che tra 2,2 e 3 vi è uno iato temporale, una forma veloce simile a quella
dei Vangeli della Resurrezione, quasi l’autore del Transito Colbertiano volesse collocare la
sua opera in quella letteratura, cosi da appaiare gli ultimi destini del Figlio con quelli della
Madre. In effetti, in 4,1 -5,2 arrivano gli Apostoli sulle nubi. Da 6,1 a 7,2 sono descritte la
veglia degli Apostoli al capezzale di Maria e la sua Dormizione. Anche in questo Transito
appare Gesù con Michele e gli angeli, che prendono l’anima di Maria. Segue la processione
funebre. In 7,3 – 9, 2 è descritta l’aggressione degli Ebrei ma, significativamente, l’attentato
al feretro è fatto da uno di loro, imprecisato. Anche qui si ripete il racconto delle mani tagliate,
della conversione, della restituzione dell’integrità al sacrilego pentito e del suo annunzio
evangelico agli altri giudei, anch’essi puniti. In questo brano si ripete, in modo identico al
Transito Romano, il riferimento al destino di Sodoma che incombe su Gerusalemme se non
si converte. L’autore del Transito Colbertino, nonostante due distruzioni della città, non
modifica la minaccia adattandola a ciò che realmente accadde, nonostante ciò, di fatto,
dimostri che la conversione dei giudei, di cui sta parlando come se fosse salvifica, non sia
stata evidentemente sincera e sufficiente. Segno che era una tradizione troppo veneranda per
essere modificata.
In 10,1-3 Gesù e gli Arcangeli Michele e Gabriele assumono in Cielo – e non nel Paradiso
Terrestre – il Corpo rianimato di Maria, mentre gli Apostoli guardano. La divergenza sul
luogo di destinazione della traslazione sembra confermare la mia ipotesi di una elaborazione
narrativa e non di una vera visione degli Apostoli.
Nel Transito dello Pseudo-Melitone di Sardi si trovano alcune cose degne di nota. Anzitutto
un esordio polemico contro Leucio (1,1) al quale vengono addebitate tante eresie e i cui scritti
vengono proscritti e quindi cancellati dalla memoria collettiva. In 2,1-2 viene confermata la
notizia che la Vergine, affidata a Giovanni, stette coi suoi parenti. Ciò serve anche a
dimostrare che non vi era differenza tra le Chiese apostoliche ex gentibus e la Chiesa
“mariana” giudeo-cristiana, in quanto Maria rimase a Gerusalemme, ma Giovanni se ne prese
cura indirettamente. In 3,1 avviene l’annuncio angelico della Dormizione con la consegna
della Palma. Probabilmente per giustificare l’assenza di Maria dalle Scritture bibliche, lo
Pseudo-Melitone ambienta la Dormizione due anni dopo la Morte e Resurrezione di Gesù.
Tuttavia conserva elementi giudeo-cristiani fino ad allora non divulgati alla Grande Chiesa,
perché attribuisce a Maria la paura di dover vedere satana dopo la morte, pur sapendo di non
essere in suo potere. Viene tuttavia rassicurata dall’Angelo. In 4,1 arriva, miracolosamente,
Giovanni Apostolo. A lui Maria confida di sapere che gli Ebrei hanno deciso di bruciare il
suo corpo quando sarà morta. In 5,1-6,1 arrivano, nello stesso modo miracoloso, gli altri
Apostoli, che però, con un evidente anacronismo, sono già sparsi per il mondo a predicare,
nonostante siano partiti nel 42 e non nel 32. Ciò mostra la scarsa preparazione dell’autore di
questo Transito. Nel brano tra 7,1-9,2 gli Apostoli vegliano Maria che si prepara alla
Dormizione. Apparso, come nelle altre fonti, Gesù, la Madre si addormenta e la sua anima è
presa sotto gli occhi degli astanti. In 9,1 la Tomba è a oriente della città, individuata
evidentemente in base alla nuova collocazione degli eventi. Da 11, 1 a 15, 2 viene descritto il
corteo funebre, con relativo assalto, questa volta fatto dal Sommo Sacerdote, e la conseguente
sanzione divina che prelude alla conversione, esattamente come nel Transito Romano. Anche
in questa fonte i giudei temono di fare la fine di Sodoma e, nonostante la tinta antigiudaica
del testo, non hanno preannunzio della fine di Gerusalemme, che pure avverrà nonostante la
loro conversione. Il retaggio atavico è, ancora una volta, molto forte. Da 16, 1 a 18,1 la
Madonna è seppellita. Gesù appare e assume la Madonna in cielo anche col corpo su richiesta
degli Apostoli. Questo dettaglio, che suscita stupore, vuole sottolineare, in modo maldestro,
il primato della Chiesa apostolica su quella carismatica rappresentata da Maria e soprattutto
di quella greco-latina su quella giudaizzante, che nella memoria dell’autore non era più
distinta tra ebionita ortodossa ed eterodossa.
Nel Frammento copto della Dormizione abbiamo due sole notizie: il Sommo Sacerdote
sacrilego e convertito avvisa gli Apostoli che i suoi ex correligionari vogliono bruciare il
corpo di Maria, ma mentre i XII si preoccupano, Dio li distoglie dal loro funesto proposito,
in quanto essi capiscono che non potranno sfuggire per una seconda volta (la prima era stata
alla morte di Gesù) al castigo di Dio (8-9); Gesù poi risuscita la Madre alla presenza dei suoi
Apostoli. La prima non è priva di una certa importanza storica: infatti l’imperatore Claudio
(41-54) aveva promulgato un editto che proibiva l’apertura e la profanazione delle tombe187.
Il decreto non solo statuiva la perpetua inviolabilità dei sepolcri, ma anche la pena capitale
per chi avesse distrutto i cadaveri o li avesse spostati con intenti maligni. Claudio, che aveva
diffuso in tutta la Palestina questo editto, forse fu determinato ad emanarlo dalle voci
persistenti della Resurrezione di Gesù, che ovviamente per lui erano fraudolente. I sacerdoti,
se avessero profanato la tomba di Maria, sarebbero incorsi nelle sanzioni della legge, tanto
più che quando la Madre di Gesù morì, Claudio era ancora vivo. A questo castigo
evidentemente i sacerdoti volevano sfuggire quando decisero di non profanare la tomba di
Maria. Tale minaccia poté senz’altro sembrare divina e provvidenziale ai cristiani, dei quali
non si può nemmeno escludere un intervento presso la competente autorità romana.
Sempre nell’ambito dei documenti monofisiti nominali, cito il racconto di Giovanni di
Tessalonica. A parte l’invettiva iniziale contro gli ebioniti (1,1-3), sono degni di nota alcuni
elementi. Il primo è che, nonostante l’Annuncio della morte di Maria le sia dato da un Angelo
che le consegna la Palma celeste e le nasconde il nome, come nell’altra fonte, in questa
narrazione la Vergine si reca sul Monte degli Ulivi e vede Gesù (3,1-3): ossia i motivi più
antichi sono mescolati con quelli più nuovi. Gesù viene distinto drasticamente dall’Angelo
ma la notizia della sua apparizione alla Madre prima della Dormizione è confermata e anche
la sua collocazione spaziale. Seguono poi la venerazione della Palma e l’ammaestramento dei
parenti da parte di Maria (4,1-2; 5, 1-4), esattamente come nelle fonti più antiche. In 6,1-3 è
descritto sommariamente l’arrivo di Giovanni, che solo in 8,1 sarà esplicitamente raccontato
come miracoloso, mentre in 7,1 arrivano sulle nubi gli altri Apostoli, che si intrattengono con
Maria (8,2-3). Particolare interessante è l’umiltà di Paolo in 7,2-3, retaggio anch’essa della
primitiva fonte giudeo-cristiana mai giuntaci. Da 9,1 a 11, 1 vi è la Veglia al capezzale di
Maria e, in 18,1-4, la Dormizione della stessa, con la solita apparizione di Gesù e di San
Michele che prendono l’anima di lei. La descrizione della scena mantiene diversi elementi
giudaici. Infine, da 13,1 in poi, sono descritte le vicende della sepoltura, comprensive
dell’assalto di un sacerdote innominato al feretro con il relativo prodigio, la conversione e la
guarigione dello stesso sacrilego e la sua predicazione ai correligionari che, ancora in
quest’epoca, vengono descritti come preoccupati di non fare la fine di Sodoma (13,6). Sono
proprio al racconto di Giovanni di Tessalonica gli epiloghi che ho citato prima come fonti
fededegne che conservano la tradizione più antica della Dormizione, con l’Assunzione senza
testimoni. Essi sono sei e tra essi cinque acclarano, come vedemmo, quella versione, sia pure
con qualche variante che non rende chiaro il senso. In ogni caso essi non hanno apparizioni
assunzioniste. Solo un epilogo, quello del Codice di Parigi 1190, dice che la Madonna viene
assunta in cielo sotto gli occhi degli Apostoli. Evidentemente la riscrittura dei testi giudeo-
cristiani da parte dei monofisiti nominali si basò anche su fonti più antiche a noi oggi
sconosciute, aggiunte più o meno liberamente ai testi nuovi dai vari copisti.
Passando ai documenti calcedonesi, ricordo quanto già detto, ossia che dipendono da una
tradizione risalente all’Apostolo Giacomo e segnalo anzitutto le particolarità del transito dello
Pseudo-Giuseppe di Arimatea. La prima peculiarità di questo testo sta nel fatto che la
Madonna chiede al Figlio, prima della Passione, di annunciarle la propria dipartita tre giorni
prima e il Figlio lo concede (1-3). E’ un prequel che nessuno mai aveva raccontato. Al n. 4 è
descritto l’annuncio dell’Angelo a Maria della sua Dormizione, con relativa consegna della
Palma. Esso è ambientato, con un anacronismo impressionante, due anni dopo la morte di

187
Si tratta del Diatagma Kaisaros della Stele di Nazareth, rinvenuta in quella località nel 1878 da W. Fröhner, studiata
per la prima volta dal Rostovtzeff e trascritta, tradotta e commentata da Franz Cumont nel 1930. Cfr. S. VENTURINI, Il
Libro Segreto di Gesù, Roma 2011, pp. 70-71.
Gesù. Al n. 6 è descritto l’arrivo miracoloso di Giovanni e al n. 7 quello degli altri Apostoli,
escluso Tommaso. Questo ritardo, incomprensibile in un contesto di trasporto miracoloso, è
invece logico se lo si riferisce ad un arrivo con mezzi umani: Tommaso evangelizzava le Indie
ed era molto più lontano degli altri quando fu indetto il Concilio di Gerusalemme. Ai nn. 11-
12 vi è l’apparizione di Cristo con conseguente Dormizione di Maria e assunzione della sua
anima. Ai nn. 13-15 è descritto il corteo funebre con conseguente assalto dei giudei al feretro.
Il colpevole del sacrilegio, debitamente punito e poi convertitosi, è un laico, di nome Ruben.
Considerando che questa fonte è l’unica che attesta sia la condizione laicale che il nome
differente dell’assalitore, credo sia da preferirsi la notizia dell’assalto, se non di un sacerdote,
almeno di un ebreo di nome Iefonia. Al n. 16 è descritta l’Assunzione di Maria nel contesto
di un’apparizione di angeli. La particolarità sta però ai nn. 17-21: Tommaso arriva sulle nubi
mentre la Madonna viene assunta e riceve da lei in dono il cordone con cui era stato legato il
lenzuolo funebre alla sua salma. Seguono dialoghi tra Tommaso e gli altri Apostoli, in cui il
ruolo evangelico di dubbioso del primo viene ribaltato in quello di confermatore della fede
dei secondi. A parte il racconto eziologico della reliquia che si teneva a Costantinopoli ai
tempi in cui fu scritto questo Transito, il brano contiene un’informazione sicuramente
autentica. Tommaso arrivò in ritardo a Gerusalemme, seppe che Maria era scomparsa, si fece
aprire la tomba dagli altri Apostoli e, constatata la scomparsa del suo corpo, ne contemplò in
visione l’Assunzione. Il cordone, oggi scomparso, divenne la prova della liberazione del
corpo di Maria dalla morte, come la Sindone lo fu per la Resurrezione di Gesù. Questo
Transito, firmato da Giuseppe di Arimatea (n. 22), contiene questa notizia tanto antica perché
dipendeva direttamente dalle tradizioni risalenti non a Giovanni ma a Giacomo il Minore,
capo indiscusso della Chiesa di Gerusalemme sino alla morte. Tali notizie furono custodite
religiosamente dalla Chiesa siriaca in modi a noi sconosciuti e confluirono nei testi
calcedonesi denominati Transito siriaco A B C D, dei quali l’ultimo sussume gli altri ed è
attribuito, come il Transito Romano, a Giovanni il Teologo, in cui non a caso i motivi delle
varie narrazioni si fondono ampiamente.
In tale Transito, al n. 2 troviamo la notizia, senz’altro storica ma non altrimenti nota, che
Maria si recava al Calvario a commemorare il Figlio morto, nonostante l’ostilità del Sinedrio
che arrivò a mettere colà delle guardie, che però miracolosamente – o pietosamente – non
poterono fermare la Madre di Dio nelle sue frequenti visite. Al n. 3 Maria riceve
dall’Arcangelo Gabriele l’annuncio della sua imminente Dormizione. Qui l’Angelo
annunziatore della Dormizione viene non solo separato risolutamente da Cristo ma
identificato con il messaggero dell’Annunciazione, il cui nome, Gabriele, indica ciò che viene
ad annunziare, ossia l’azione potente di Dio. L’identificazione non è peregrina
teologicamente, ma dimostra una preoccupazione dogmatica propria della Grande Chiesa,
estranea alla mentalità giudaico-cristiana. Quel che segue poi è del tutto diverso dalle altre
fonti che abbiamo studiato: Maria si va a preparare al transito a Betlemme (4) ed è là che,
sulle nubi, arriva Giovanni (6), seguito poi dagli altri Apostoli (11). A Betlemme la Vergine
compie segni e guarigioni (26-28) e addirittura resuscita alcuni morti (13). L’aristocrazia
sacerdotale di Gerusalemme allora cerca di aizzare l’autorità romana contro di lei ma
inutilmente (29-30), fino a quando Maria, in modo miracoloso, ritorna a Gerusalemme, non
senza un tentativo di assalto degli Ebrei, fermati da un Angelo (31-34). Mi sembra poco
credibile che la Madonna si sia recata a Betlemme dopo l’arrivo degli Apostoli, ma la notizia
di un suo ministero carismatico, anche nei dintorni di Gerusalemme, e di una reiterata ostilità
dei Sadducei e dei Farisei contro di Lei, vero centro della Chiesa Giudeo-Cristiana in assenza
di quasi tutti gli Apostoli, mi sembra ragionevolmente accettabile, come quella di una
conclamata neutralità dei Romani in questioni dottrinali. Lo stesso direi di un ruolo particolare
che la Chiesa di Betlemme dovette avere nella conservazione delle memorie mariane legate
alla Nascita di Gesù e al clan davidico.
Dal n. 37 al 45 il Transito descrive la veglia accanto al capezzale della Vergine da parte degli
Apostoli e la Dormizione di Maria, la cui anima è presa da Gesù. Da 46 a 47 è descritto il
corteo funebre con il relativo assalto di Iefonia, che è però qui una persona comune. Infine da
48 a 50 è narrata la sepoltura di Maria e la sua successiva Assunzione, a cui assistono in
visione gli Apostoli. Si nota quindi come nella maggiore delle fonti dell’ultimo gruppo
assunzionista elementi arcaici e più recenti sono oramai un amalgama perfetto. A margine di
tutto questo, registro che sin nel ciclo di Leucio, nel Libro del Riposo Etiopico (n. 100) è
attestata l’antica credenza del viaggio oltretombale di Maria, assunta in Cielo, negli inferi, ai
cui prigionieri ottiene una ciclica interruzione di pena. Questo significa che, sulla base della
nostra ricostruzione della storia dei testi assunzionisti, già nel I sec. la Chiesa giudeo-
cristiana, imitando quanto attestato di Gesù nel Vangelo di Matteo, credeva in una discesa di
Maria agli inferi, con effetti simili ma ridotti a quelli del viaggio del Figlio. Tale notizia torna
anche nell’Apocalisse di Paolo del 250 ed è la preistoria della credenza nell’efficacia
dell’intercessione della Vergine e dei Santi a favore delle anime dei defunti.
Che l’Assunzione di Maria sia un fatto storico, nel senso di un fatto attestato da una
molteplicità di fonti collegate ma in parte indipendenti, credo sia evinca da quanto abbiamo
detto in queste pagine. Tutte hanno lo stesso schema narrativo: vita di Maria a Gerusalemme,
annunzio celeste della sua Dormizione, sua preparazione, arrivo di Giovanni e poi degli altri
Apostoli, ultimi intrattenimenti di Maria con gli Apostoli, Dormizione di Maria con visione
del destino della sua anima da parte degli astanti, corteo funebre, assalto di alcuni Giudei con
prodigioso intervento divino per difendere la salma di Maria, conversione di molti degli
assaltatori, sepoltura di Maria, sua Assunzione. Essa avviene probabilmente senza testimoni
ma è riscontrata dalla visita al sepolcro dell’apostolo Tommaso, arrivato tardi a Gerusalemme.
Costui evidentemente – forse anche con gli altri che lo accompagnarono – ebbe una visione
sul destino ultraterreno di Maria.
Questo fatto storico ha un riscontro poderoso nel fatto che abbiamo la Tomba di Maria, di cui
abbiamo parlato in precedenza, e che essa è vuota. Luogo di culto dal I secolo, ben descritto
nel Transito Siriaco C 3, 27, come il sepolcro del Figlio non ha il corpo di colei che vi fu
deposta. Le spiegazioni ipotizzabili per questo sono molte ma nessuna è plausibile. La
Madonna potrebbe essere stata sepolta altrove, segretamente, per evitare che i Giudei ne
profanassero la salma, ma questo non spiegherebbe perché il culto nascesse attorno al sepolcro
fittizio. Si potrebbe immaginare che il corpo di Maria sia stato spostato in seguito o dai
cristiani o dai giudei, ma entrambi avrebbero così violato la legge romana di cui ho fatto
precedente menzione. Inoltre, se il corpo di Maria fosse stato spostato dai giudei, questi
avrebbero paradossalmente ottenuto il risultato di mitizzare la fine della Madre di Gesù, dando
l’avvio al culto per la sua presunta Assunzione. Invece i cristiani, spostando il corpo di Maria,
non avrebbero avuto interesse a far nascere il culto assunzionista, anzi avrebbero corso seri
rischi. Già la nuova religione si basava sulla Resurrezione di Gesù e l’aggiunta di una nuova,
incredibile credenza sulla sparizione del corpo di sua Madre avrebbe creato dubbi seri sulla
sua fondatezza, né appariva, in effetti, necessaria. Tanto che la dottrina dell’Assunzione si
affermò tardissimo nella Grande Chiesa – il dogma cattolico è del 1950 – e vi entrò, non senza
contrasti, alla fine del IV sec. dalla disprezzatissima Chiesa giudeo-cristiana, come attestano
le circospette asserzioni di Efrem ed Epifanio. Inoltre i Romani non avrebbero fatto passare
facilmente la nuova, ipotetica mistificazione. Persino nelle Scritture neotestamentarie –
almeno in quelle successive alla Dormizione - la notizia dell’Assunzione di Maria non entra,
quasi che gli autori sacri, incentrati su Cristo, avessero pudore nell’aggiungere prodigi a
prodigi nella loro narrazione. Un pallido accenno a quest’evento forse è la visione della Donna
vestita di sole nell’Apocalisse di Giovanni, l’Apostolo che, con Giacomo e probabilmente
Tommaso, tramandò oralmente i racconti sull’ultima fase di vita di Maria, racconti poi
debitamente trascritti e custoditi nella Chiesa giudeo-cristiana, sia pure nelle varie
rielaborazioni che abbiamo descritto. Molto probabilmente le ultime vicende di Maria furono
vissute con riserbo dalla Comunità cristiana. E’ anche da scartare l’ipotesi di una elaborazione
mitica dell’Assunzione, nel periodo intercorso tra la scomparsa di Maria e la stesura del ciclo
di Leucio. Infatti, non solo l’elaborazione mitica esigerebbe un tempo più lungo e non soltanto
spiegherebbe la mera genesi dei testi ma non il sepolcro vuoto di Maria, ma soprattutto non
si poteva sviluppare in seno alla Chiesa giudaico-cristiana perché essa conobbe precocemente
uno scisma, quello di Thabuti, che rigettava la Divinità di Cristo, della quale l’Assunzione di
Maria sarebbe stata – come del resto si evince dalle fonti citate – un’indiretta conferma188. La
precoce divisione nella piccola Chiesa giudaico-cristiana metteva un freno a quei meccanismi
psicologici collettivi orientati all’autocelebrazione e che preludono solitamente
all’elaborazione dei miti. La fine di Maria fu storica e gli eventi eccezionali che
l’accompagnarono dovettero imporsi nella memoria dei fedeli non perché previsti o
addirittura immaginati ma proprio perché sorprendenti. Come quella di Gesù, anche la fine di
Maria fu piena di prodigio.

188
E. MCNAMER - B. PIXNER, Gesù e il Cristianesimo. Il primo secolo a Gerusalemme, Padova 2011, pp. 92-95.

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