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C arissimi amici,
dopo un lungo silenzio desidero ora cercare di scrivervi poche righe che
possano servire a continuare il nostro cammino di comunione ed il nostro comune
ideale di far crescere il servizio sanitario per i poveri di questo angolo di Africa.
Il nostro grazie va poi a tutti i volontari che sono venuti a dare il loro
contributo personale di servizio qui a Chaaria.
Ci sono stati medici ed infermieri, semplici operai e specializzati in qualche
settore (elettricisti, ecc.); tutti hanno portato una grande ventata di rinnovamento e
di stimolo a fare la cose sempre meglio. Tutti si sono distinti per encomiabile
impegno e dedizione.
Il volontariato a Chaaria andrà forse studiato meglio, ma certo è un fenomeno
positivo che porta tanto bene alla Missione ed al servizio.
Se mi è concessa un’unica osservazione, vorrei dire che i volontari a Chaaria
faranno sempre una bella esperienza nella misura in cui, pur cercando di dare del
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loro meglio, non vorranno imporre se stessi o il loro giudizio; nella misura in cui,
pur apportando il proprio personale contributo al miglioramento della nostra
struttura, sapranno apprezzare quanto sino ad ora abbiamo realizzato.
Concludendo queste osservazioni vorrei dire che ci sono graditi volontari con
grande spirito di adattamento, con grande voglia di aiutarci a migliorare e con tanta
umiltà.
L’ultima considerazione sui volontari la trarrei da una esperienza purtroppo
dolorosa sia per gli interessati che per l’intera Comunità: mi riferisco alla
tentazione di trovare qui avventure sentimentali…
Concludo ora questa lettera con un grazie per Loredana Bosso, che
dall’Italia continua a lavorare per tessere la fitta rete di connessioni e di aiuti e per
organizzare nel migliore dei modi gli arrivi dei volontari.. Un altro grazie va pure a
tutti coloro che ci aiutano a raccogliere fondi tramite il progetto Buon Samaritano.
È inutile ripetere quanto denaro si spende per mantenere un ospedale con un buon
livello di prestazioni e di personale. A tutto ciò si aggiunge che qui non abbiamo
contributi da parte dello Stato e che la gente è sempre povera e spesso in miseria
totale.
L’ultimo pensiero vorrebbe essere spirituale: penso che Chaaria sia un
sogno gradito al Signore, in cui ci sforziamo di servire i più poveri tra i poveri.
A Chaaria desideriamo assicurare umanità e professionalità a tutti coloro che non
si possono permettere altre strutture. E siccome Gesù ci ha detto di essere presente
nel più piccolo e nel più diseredato, noi crediamo fortemente che il nostro lavoro
quotidiano sia un continuo servizio reso a Gesù stesso. Crediamo anche che S.
Giuseppe Benedetto Cottolengo sia contento di Chaaria, dove ci sforziamo di fare
dei poveri i nostri padroni e dove vorremmo che nessuno se ne andasse senza avere
ricevuto le nostre attenzioni e il nostro lavoro.
Fratel Beppe
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Carissimi amici,
che ancora non abbiamo una sala operatoria. Nonostante tutto possiamo dire che
abbiamo cercato di fare del nostro meglio anche per quanto riguarda la chirurgia.
Abbiamo iniziato con piccolissime cose, come le suture per tagli e lacerazioni, in
seguito ci siamo accorti che con un minimo di sterilità, potevamo fare di più.
Attualmente un gran numero di pazienti può trovare risposta ai propri
problemi chirurgici ... anche se non possiamo per ora fare nulla per le patologie
addominali. C'è stato comunque un incremento costante sia nel numero di
prestazioni, sia nell'elenco di nuove operazioni. Di questo rendiamo grazie al
Signore e a tutti coloro che sono venuti a darci una mano e ad insegnarci cose
nuove.
Siamo sempre convinti che il nostro lavoro sia una goccia nel mare della
sofferenza umana ... ma una goccia importante che può cambiare la vita di molti.
E' vero che l'Africa avrebbe bisogno di importanti riforme politiche per risolvere la
situazione sanitaria ... ma ostinatamente crediamo che anche il nostro piccolo
lavoro è significativo per i poveri di questa zona.
Carissimi amici,
Speriamo che anche questo nuovo impegno per la cura della TBC porti qualche
beneficio a questa tribolata popolazione.
Concludo questa lettera allegando una citazione tratta da un libro scritto negli
anni '70 da un chirurgo volontario impegnato in prima linea in un ospedale del
Kenya: “bush” (la «brousse» nell’Africa francofona) è per definizione la sterminata
campagna incolta del continente africano.
Bush Hospitals (hopitaux de brousse, up-country hospitals, rural hospitals) sono
quegli innumerevoli ospedali missionari o statali sparsi nel bush, isolati, separati
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Ciao
Carissimi amici,
L'OSPEDALETTO
Chaaria è dunque una esperienza forte in cui si lotta per la vita tutti i
giorni, e tutti i giorni si incontra anche la morte. Si vedono bimbi nascere
e morire nella medesima giornata; si assiste al dramma di chi non ha soldi
per dar da mangiare ai propri bambini e a quello di chi spende cifre esose
per far fuori un feto non desiderato. Si vedono persone morire di malattie
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Con il gruppo dei Buoni Figli noi ripetiamo a questa società che la vita va
difesa ad ogni costo. In Kenya ancora non esistono servizi per handicappati
mentali e la gente ha la tendenza a segregarli, a nasconderli o a considerarli dei
maledetti o degli "stregati".
Non esiste una sensibilità sociale nei loro confronti, dal momento che essi non
sono produttivi e sono un grave peso per una società che non ha soldi neppure
per eliminare la miseria dal Paese, o per assicurare un sistema sanitario gratuito a
tutti i Cittadini.
A questa società in cui per altro il rispetto per la vita sta deteriorandosi e
si assiste ad un pauroso aumento dei casi di aborto criminale, o di omicidio
perpetrato per i motivi più banali, il nostro centro per Buoni Figli dice a caratteri
cubitali che la vita è dono di Dio per se stessa e che essa va sempre rispettata
curata e promossa, al di là della produttività o della bellezza.
LA SHAMBA
Il Santo Cottolengo non chiudeva le porte a nessuno e voleva che nella portineria
della Piccola Casa ci fosse sempre un po' di cibo da distribuire ai mendicanti che
venivano per chiedere qualcosa. Egli temeva di mandare via Gesù a mani vuote se
qualche povero non avesse trovato quello che cercava alla Piccola Casa.
Anche qui da noi ogni giorno decine di persone povere bussano alle porte del
nostro cuore per avere un aiuto materiale: può trattarsi di persone che non hanno da
mangiare o di diseredati che disperatamente cercano un lavoro, o di mamme
ansiose di trovare un po' di soldi per mandare i figli a scuola. È nostro quotidiano
impegno cercare di ascoltare ogni persona che si accosta a noi con un problema:
non sempre abbiamo la forza e la capacità di risolvere le loro difficoltà, ma la
carità ci insegna che anche l'accoglienza e l'ascolto possono in parte guarire un
cuore ferito. Quando possibile cerchiamo di dare quello che ci viene chiesto, e se
non possiamo, ci sentiamo impotenti e pensiamo che solo Dio può risolvere
problemi tanto grandi e complessi.
Grazie alla Piccola Casa e a tante generose offerte, molti trovano qui un lavoro
(magari saltuario), delle somme di denaro che permettono loro di affittare un pezzo
di terra o di mandare i figli a scuola o del cibo da distribuire ai bimbi affamati della
loro famiglia.
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LA FRATERNITA' E LA PREGHIERA
Tutto quanto scritto sopra costituisce parte del nostro ideale di vita
e del sogno che intendiamo pian piano realizzare qui in Kenya.
Ovviamente la nostra vita quotidiana, con tutti i nostri problemi e
peccati personali e comunitari, è ben lontana dal mettere
completamente in pratica quanto ho condiviso con tutti voi. Siamo
sempre lontani dall'ideale e sempre portati in basso dal nostro uomo
vecchio. Per questo sentiamo il bisogno di una forte vita di preghiera
che ci aiuti a perseverare nella nostra fedeltà quotidiana. Sappiamo
bene che preghiera e carità vanno di pari passo, e che, senza l'aiuto di
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Carissimi Amici,
Oggi voglio condividere qualcosa sugli orfani, mentre per quanto riguarda l’HIV
scriverò più tardi.
Stiamo attualmente seguendo 3 orfani, e penso che questo sia un nuovo settore
dove Dio ci vuol chiamare.
Gli orfani sono molti in Kenya, in parte a motivo dell’AIDS che uccide i genitori,
in parte a causa dell’alta mortalità materna al parto. Chissà?! Forse essi sono un
nuovo campo che si sta aprendo davanti a noi. Pregate anche voi, affinché
comprendiamo la volontà di Dio al riguardo.
Concludendo, vi ricordo solo il fatto che l’80% dei nostri “Buoni Figli” sono anche
orfani e abbandonati dalla famiglia. Pure per loro, quindi, cerchiamo di essere
buoni genitori e segni credibili dell’amore di Dio.
Buon anno
Fratel Beppe
P.S. Prima che spedissi la lettera, Jedida è morta ed è certamente andata dritta in
paradiso. Ora abbiamo un angelo in più che prega per noi dal cielo. Ho ringraziato
il Signore che se l’è presa, perché negli ultimi giorni la sua sofferenza è stata
terribile.
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Carissimi amici,
con questa breve lettera desidero informarvi un po’ sull’attività avviata a favore dei
malati di AIDS. Si tratta di una goccia, ma speriamo che sia utile per ridurre un
tantino le sofferenze di questi pazienti ancora condannati alla stigmatizzazione e
all’isolamento nella cultura keniota.
PREMESSA
Da tempo si sa che l’80% dei casi
di AIDS si trova nell’Africa
subsahariana, dove per altro
l’organizzazione sanitaria è
fatiscente e continua a degradare
dai tempi dell’indipendenza dal
colonialismo.
In Africa ancora si registra un
continuo aumento di nuovi casi di
infezione e si constata il totale
fallimento delle campagne di
sensibilizzazione e di
prevenzione, messe in atto tanto
dalle Chiese, quanto dai Governi, quanto dalle organizzazioni internazionali (ONU,
OMS, UNICEF, ecc).
Fino al 2001 in Kenya non c’era alcuna possibilità di comprare i farmaci antivirali,
che tanto hanno contribuito al miglioramento delle condizioni di vita dei malati
europei ed americani… e anche oggi, un mese di terapia anti-HIV costa circa 7000
scellini, mentre la media nazionale degli stipendi è sui 3000 scellini al mese,
soltanto il 20% della popolazione ha un lavoro dipendente e molti poveri devono
sopravvivere con circa 50 scellini al giorno.
Tra i Paesi più colpiti dall’AIDS, il Kenya è tristemente al quinto posto nel mondo,
mentre il distretto di Meru ha attualmente il primato nazionale nell’incremento dei
nuovi casi (18% nel 1998; 30% nel 2000).
Anche a Chaaria i casi di malattia sono molto frequenti, e non c’è giorno che passi
senza diagnosticare almeno 3 o 4 nuovi casi.
Le ragioni sono complesse: certamente la miseria e l’ignoranza; poi il crollo dei
valori tradizionali, quali la famiglia e la fedeltà coniugale; infine una cultura in cui
il sesso ricopre una importanza estesissima.
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I PRIMI PASSI
Fin dal 1998 ci siamo accorti che molti pazienti erano estremamente defedati e non
potevano essere aiutati da nessuna delle comuni terapie a nostra disposizione.
Molti di loro erano tanto scheletrici da ricordarci l’AIDS, al solo guardarli in
faccia. Ci siamo quindi procurati il materiale per i test anti HIV, e ci siamo resi
conto che davvero ci trovavamo di fronte al grande flagello del 20° secolo. I dati
sono diventati sempre più allarmanti, soprattutto quando abbiamo cominciato le
terapie trasfusionali: per avere una sacca di sangue sicuro era necessario testare 3-4
donatori. Molte volte il donatore sieropositivo era il padre di un bimbo anemico, e
con tristezza dovevamo testare anche la mamma ed il piccolo, con il terribile
risultato di avere tutta una famiglia colpita dall’AIDS.
Spesso i pazienti in stadio terminale non venivano più accolti dalle famiglie, che li
ritenevano dei corrotti e dei peccatori… Da tutto ciò è nato il pensiero che il
Cottolengo ci stava chiamando a fare qualcosa di più in questo campo così vasto e
così scoperto di servizi
IL SERVIZIO DI “COUNSELLING”
possiamo dare loro i farmaci antiretrovirali, perché ci verrebbe a costare così tanto
che il nostro ospedale collasserebbe in brevissimo tempo. Però possiamo curare
molti dei loro problemi, come la TBC, la diarrea irrefrenabile, il dimagrimento
continuo, ecc.
Stiamo anche seguendo un gruppo di bambini malati di AIDS, che sono orfani a
causa della malattia: a loro vorremmo procurare anche delle adozioni a distanza
che aiutino i loro parenti a mantenerli, a mandarli a scuola, e ad assicurare le cure
mediche necessarie.
E’ questa la parte più nuova e più allo stato embrionale, in quanto stiamo
muovendo soltanto i primi passi in tale area per noi ancora in gran parte
inesplorata. L’idea che ci portiamo dentro è che l’ospedale in se stesso non basta
perché i malati hanno anche bisogno del rientro in casa e della continua
frequentazione delle persone a loro più care. Essi inoltre devono molte volte poter
sistemare situazioni economiche e relazionali precarie, e non ultimo devono
pensare al loro futuro incontro con il Signore.
Stiamo dunque pensando
ad organizzare visite
domiciliari, probabilmente
con l’aiuto anche delle
Suore, attraverso cui poter
tenere i contatti con le
persone che sono passate
per il nostro ospedale,
magari aiutandoli in cose
molto semplici come
l’igiene personale o la
risistemazione della capanna, oppure offrendo la nostra parola di conforto, oppure
ancora portando loro le terapie necessarie senza obbligarli a venire fino a Chaaria
che spesso dista molti chilometri dalle loro case. Speriamo che anche questo nuovo
settore porti a qualche miglioramento nelle condizioni di vita dei pazienti HIV.
E’ davvero molto poco quello che riusciamo a fare nel campo dell’AIDS,
ma siamo molto motivati a continuare e crescere sempre di più nel nostro impegno.
Gesù ha avuto una particolare predilezione per i lebbrosi, ed in questo modo ci ha
dato un esempio che vogliamo seguire: oggi in Kenya i malati di HIV sono
davvero tra i più poveri e sono ancora rigettati dalle famiglie e dalla società, nello
stesso modo in cui lo erano i lebbrosi della Palestina ai tempi di Cristo… e noi
vogliamo essere al loro fianco, solidali con loro, capaci di aprire loro le porte della
Missione e soprattutto del nostro cuore.
Sarebbe bello poter anche comprare i farmaci anti-HIV, in modo da rendere il
nostro servizio più significativo e completo… ma per fare questo abbiamo bisogno
di molti fondi, e sappiamo che non sempre per la Piccola Casa è possibile sopperire
a tutte le nostre richieste a favore dei poveri. Se guardassimo al nostro cuore, a
Chaaria bisognerebbe costruire una casa forse più grande di Torino… ma noi
saremo contenti di ogni aiuto, piccolo o grande, che ci renderà capaci di sollevare
qualche sofferenza in più.
Fratel Beppe
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Carissimi amici,
buon anno nuovo nel Signore.
Spero che tutti stiate bene e che il nuovo anno porti gioia e prosperità ad
ognuno di voi.
Vorrei dirvi alcune parole su ciò che Chaaria non è, al fine di aiutare i volontari a
fare una esperienza il più positiva possibile, evitando false attese e frustrazioni.
Molte volte infatti nelle precedenti lettere abbiamo insistito su ciò che si fa, su
quello che abbiamo migliorato, sulle nuove costruzioni o terapie in atto…Ora è
forse meglio parlare un poco di tutto quello che non si riesce a fare qui alla
Missione.
1) Chaaria è al momento una struttura soprattutto sanitaria ed assistenziale; i
volontari sono per lo più impegnati nell’ospedale o nella cura dei Buoni
Figli. Tali attività assorbono le nostre giornate a ritmi veramente pieni e
vertiginosi, per cui ci rimane ben poco tempo da dedicare ad altre attività.
Pur riconoscendo l’importanza di attività sociali sul territorio (come visite
domiciliari nelle capanne, per esempio), dobbiamo constatare che il tempo
a disposizione per questo è poco, ed è saltuario… I volontari che fossero
interessati primariamente a tale tipo di esperienza sociale potrebbero
sentirsi frustrati nel constatare quanto poco tempo sarà concesso alle
uscite tra le capanne. La nostra azione sociale si realizza soprattutto
attraverso l’aiuto sanitario offerto a tutti i poveri che bussano alla nostra
porta, attraverso la presa in carico totale degli handicappati mentali da noi
ospitati e attraverso l’aiuto economico alle famiglie in difficoltà…. C’è
chi dice che in tal modo si fa una esperienza separata dalla vita reale della
gente, e che si rischia di stare in Africa senza prendere veramente
coscienza della cultura locale; non so se queste critiche sono vere oppure
no: so però che la popolazione ha bisogno di aiuto e che l’ospedale di
Chaaria è qualcosa di veramente significativo che ha cambiato la vita di
molti. So che una mamma con un bambino morente per anemia ha
bisogno di sapere che c’è una struttura attrezzata per le trasfusioni, e
questo è ciò che cerchiamo di fare per lei in ospedale. Il servizio
domiciliare potrà essere organizzato in futuro se il Signore ci manderà un
numero sufficiente di vocazioni che ci permettano di iniziare e di portare
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avanti con continuità tale nuova area di impegno. Infine posso dire che
anche ora in ospedale, attraverso il nostro lavoro tra i sofferenti, noi
possiamo diventare loro amici, condividere tante esperienze che altrimenti
ci sfuggirebbero, e giungere a comprendere le loro problematiche più
intime.
2) Chaaria non può assicurare a tutti i volontari la visita ad un Parco. Al
Parco ci andremo se sarà possibile, ma sarà sempre prioritario nel nostro
cuore il servizio all’ammalato e al povero abbandonato. Anche la visita ai
villaggi circostanti e alle altre Missioni cottolenghine sarà organizzata
ogni qualvolta ci sarà possibile, tenendo conto delle necessità primarie del
nostro servizio.
3) Chaaria è una esperienza totalizzante in cui spesso i ritmi di lavoro sono
continui ed estenuanti, di conseguenza non c’è molto tempo libero. E’
però bene ripetere che ognuno contribuirà nella maniera a lui più
congeniale. C’è chi vuole dare tutta la propria giornata al servizio, e c‘è
chi ha bisogno di spazi più estesi di recupero fisico, spirituale e psichico.
Ognuno potrà organizzarsi liberamente i propri orari.
4) Chaaria è una esperienza di vita comunitaria e di condivisione totale tra
Fratelli della Comunità e volontari: si vive sempre insieme, si lavora
insieme, si mangia insieme. Questo richiede una buona dose di
adattamento e di pazienza reciproca, perché ognuno è diverso e porta con
sé pregi e difetti: i Fratelli non sono perfetti, così come non lo sono i
volontari. Si tratta dunque di saper stare insieme prendendo da ognuno ciò
che è buono e perdonando ciò che possiamo definire imperfezione o
difetto. Per stare bene insieme è importante un buon spirito di adattamento
e la capacità di non giudicare.
5) Chaaria è soprattutto una esperienza di vita in cui cerchiamo di volerci
bene e di servire i poveri mettendo a loro disposizione tutto quello che
siamo e tutto quello che abbiamo. Stando qui per un po’ si riscoprono
valori spesso dimenticati, come quello della povertà e della vita semplice,
senza troppe possibilità di comunicazione con l’Europa, senza sprechi e
senza televisore. Il nostro sforzo è quello di diventare una famiglia per
tutti i poveri che serviamo e incontriamo, e allo stesso tempo quello di
creare rapporti di amicizia significativi con tutti i volontari che vengono a
darci una mano.
6) Noi crediamo fortemente che valga la pena spendere la propria vita ed
anche la propria salute a servizio di coloro che sono meno fortunati di noi.
Crediamo che servire i piccoli e gli abbandonati è servire Gesù, ed è allo
stesso tempo una ottima strada per la purificazione e per la santità
personale e comunitaria.
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Dopo questo lungo elenco di punti in cui ho cercato di spiegare ciò che
Chaaria non è, vorrei dire a tutti coloro che desiderano venire da noi, che sono i
benvenuti: quello che possiamo promettere fin da ora è la nostra amicizia ed il
nostro calore fraterno, il nostro aiuto per un graduale inserimento e la condivisione
delle nostre esperienze e della nostra giornata. A tutti i volontari promettiamo un
cuore caldo che li accoglierà a braccia aperte, non nasconderà che ci sono anche
dei difetti e dei problemi qui in Missione, ma sarà sempre aperto all’amicizia verso
tutti.
Soprattutto possiamo promettere che a Chaaria i volontari troveranno tantissimi
poveri veramente bisognosi e malati, e saranno loro la ricompensa per ognuno.
Davvero i poveri sono coloro che ci riempiono il cuore e alla fine dell’esperienza ci
fanno esclamare:” Ero venuto per donare qualcosa e invece mi rendo conto di aver
ricevuto molto di più di quanto ho effettivamente dato”.
Ciao! pregate per noi e per la nostra comunità e, se ne avete la possibilità, venite a
condividere qualche tempo con noi, per aiutarci a completare il ”nostro sogno per
Chaaria”.
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CONCLUSIONE