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La storia del proiettile

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1330 - Prima immagine di arma da fuoco


La storia del proiettile parte dalla pietra; lanciata dalla mano, con un peso 200-
300 gr, può ferire, ma difficilmente uccidere; lanciata da fionda diventa la prima
arma che può uccidere a distanza. I tiratori di fionda sono citati nella Bibbia,
trovano ampio spazio nell'esercito romano e gli storici spagnoli riferiscono delle
pericolosità dei frombolieri aztechi che riducevano a mal partito anche i soldati
corazzati. Il ciottolo tondo recuperato dai torrenti veniva talvolta sostituito da
palle di creta o di piombo. Pare che si riuscissero a raggiungere distanze di 300
metri.
Accanto alla pietra compare il giavellotto, con forte potere di penetrazione, ma
scarsa gittata; un giavellotto leggero non arriva oltre i 70 metri. Però la sua forma
allungata consente una elevata densità sezionale e quindi una elevata capacità di
penetrazione.
L'arco nasce nella preistoria, forse già diecimila anni fa, e viene lentamente
perfezionato fino all'arco inglese lungo o all'arco turco, così che la gittata utile,
dai 200 metri del tempo dei romani, arriva fino ai 300 metri degli arcieri inglesi.
Tra queste armi l'unica suscettibile di sviluppo era l'arco, cioè una macchina
meccanica capace di immagazzinare energia. Il primo passo è quello di fissare
l'arco ad un sostegno in modo di poterlo tendere con comodo usando tutto il peso
del proprio corpo, e si hanno le prime balestre dette gastraphetes; la maggior
forza disponibile porta a studiare archi formati di strati di vario materiale (legno,
corno, tendini).
Macchina a torsione
Per aumentare la potenza il peso del corpo o la forza muscolare diretta del soldato
non è più sufficiente e si deve ricorrere ad altri mezzi: leve, martinetti, paranchi.
Si possono così tendere archi lunghi fino a 4,5 metri e del diametro massimo di
30 cm. Pare che Archimede abbia costruito un arco di 5,5 metri che lanciava una
pietra di 78 kg a 185 metri di distanza. Di più dall'arco non si poteva ottenere
perché le eccessive dimensioni ne aumentavano l'inerzia; vale a dire che
consumava la maggior parte dell'energia per muovere sé stesso.
Già nel 350 a. Cr. vengono ricordate in Grecia le prime armi a torsione
(nervobalistiche) in cui invece di un arco si usa come mezzo di propulsione un
fascio di tendini e di crini che, rilasciati, tendono la corda che sospinge la freccia
o la pietra. Non si sa bene come venissero lavorati per aver la necessaria
robustezza e resistenza alle intemperie; si sa che essi venivano attorcigliati fino al
punto giusto, indicato dal suono che il fascio emettevano battendolo. È
incredibile come i carpentieri dell'epoca riuscissero a costruire con la necessaria
resistenza il gruppo di torsione con trazioni fino a 60.000 chilogrammi! In altre
macchine si usavano come molle dei fasci di lamine di legno flessibile (catapulta,
onagro). Secondo gli esperti si otteneva lo stesso risultato che si otterrebbe oggi
con molle di acciaio. Ed in effetti, fino la tempo di Leonardo, si cercò di sfruttare
l'energia di altri corpi elastici (molle di bronzo, ad es.).
Trabucco

I trabucchi sfruttavano invece la forza di gravità mediante il sollevamento di pesi


che ricadendo agivano su di un lungo braccio di leva e proiettavano grandi pietre.
Gli annali di Genova riportano che nel 1300 durante l'assedio di Cipro vennero
lanciate pietre di 6 quintali; peso non inverosimile visto che normalmente
venivano lanciate carogne di cavalli. Con pietre più piccole non erano inusuali
gittate di 400-500 metri.
La precisione di questi strumenti era notevole ed erano indispensabili nelle
operazioni di assedio perché consentivano di sfondare mura e di colpire il nemico
a distanza. Oltre a pietre vi erano già delle specie di "cartocci a mitraglia" formati
da qualche decina di pietre della dimensione di un melone, tenute assieme da
creta. La catapulta veniva poi usata per lanciare oggetti di vario genere (carogne
di cavalli, cadaveri, involucri incendiari) o persino terra per riempire da lontano i
fossati del nemico.
Ancora nel 1594 Guglielmo di Nassau scriveva al padre "le nostre artiglierie non
sono proprio migliori delle catapulte di una volta!"

La polvere da sparo rappresentò all'inizio solo una nuova e mal governabile forza
che venne impiegata per lanciare i proiettili già noti: frecce e palle di pietra o di
marmo.
Ben presto vennero impiegate palle di piombo e già nel 1326 viene citato l'uso di
palle di ferro (e quindi fuse) a Firenze. Le palle di metallo erano molto costose e
le palle di marmo per mortaio verranno usate ancora nel 1800.

Punta di feccia probabilmente usata in arma da fuoco; circa 20 cm lunghezza


e mezzo chilo di peso ritrovata in Germania a Rodenbach am Oberlauf
La canna liscia delle armi da fuoco non consentiva una gran precisione: la palla
aveva sempre un certo gioco e quindi rotolava entro la canna e rimbalzava da un
lato all'altro, ragione per cui la direzione che assumeva all'uscita delle canna era
quella imprevedibile dell'ultimo rimbalzo. Un certo miglioramento si ottenne
nelle armi leggere con l'uso della pezzuola che fasciava il proiettile.
Il rendimento dei cannoni era però pessimo, sia per la scarsa ed oscillante qualità
della polvere, sia per l'insufficiente tenuta dei gas. Per ottenere un certo effetto
contro le mura delle fortezze era necessario ricorrere ad artiglierie gigantesche.
Non sono rari cannoni di ferro con canne di 4-5 metri e calibro di 50-60 cm. Le
palle di pietra lanciate pesavano 75-100 kg e un cannone poteva sparare una
ventina di colpi al giorno. Una di queste palle sfondava a 1000 passi un muro di
due metri di spessore. Di un cannone impiegato da Leopoldo III contro Francesco
da Carrara (1382) si riferisce che sparava palle di 100 libbre. I turchi (circa 1460)
arrivarono ad usare palle di piombo di 221 kg.
Fin dall'inizio del 1400 sono già in uso palle di ferro che vengono arroventate
prima dello sparo ed usate come palle incendiarie. Per evitare spari prematuri la
polvere veniva inserita in cartocci di lana e separata dal proiettile prima con uno
strato di feltro e poi con uno strato di fieno bagnato.
I cannoni venivano sparati con tiro diretto ed a breve distanza contro le mura da
abbattere, oppure, in battaglia, con tiro orizzontale in modo da sfruttare i rimbalzi
del proiettile sul terreno ed aumentare così il loro percorso distruttivo fra le
truppe nemiche.
Ancora verso metà del 1600 il tiro utile era considerato quello dai 150-300 metri
con una cadenza di due colpi all'ora e in marina i tiri dai 400 ai 100 metri erano
considerati tiri molto lunghi
Nel 1700 comparvero proiettili strani quali due palle unite da una catena o
emisferi uniti da una catena e che si aprivano in volo. Essi erano destinati
principalmente alle battaglie navali per spezzare velatura ed alberatura delle navi;
questo almeno nella marina francese perché la marina inglese preferiva cercare di
distruggere i ponti nemici con le artiglierie o di affondare la nave nemica.
Il problema rimaneva sempre quello della precisione. Solo il matematico Eulero
nel 1745 riconobbe il fenomeno, però già noto ed utilizzato dai pratici fin dal
Medioevo, per cui un proiettile con il centro di gravità spostato vero l'alto ha una
gittata maggiore di quello che la ha in basso, e solo nel 1839 i balistici Didion a
Metz e Hein a Ulm (1840) iniziarono esperimenti seri di tiro con i risultati di cui
a tabella. Il calibro era 22 cm e l'angolo di tiro di 4°6'. L'eccentricità era di circa
0,0020 m.

Polvere Palla Gittata Gittata con Gittata con


normale m. centro basso centro alto
kg kg
1 26,6 708 -
1 29,9 708 518 950
1 27,9 708 548 941
1,5 26,6 869 -
1,5 29,9 869 712 1163
1,5 27,9 869 731 1009
3 26,6 1170 - -
2 29,9 1170 1072 1557
3 27,9 1170 1117 1320

A seguito di questi esperimenti i proiettili vennero prodotti appositamente


eccentrici e veniva segnato su di essi, immergendoli in un bagno di mercurio, il
lato ove cadeva il centro di gravità. Per evitare che il proiettile ruotasse, veniva
talvolta munito posteriormente di un manico! La spiegazione fisica di questo
effetto si ebbe nel 1839 da Poisson e nel 1852 da Magnus; se il centro di gravità è
in alto la palla assume una rotazione all'indietro e la corrente d'aria la spinge
verso l'alto. Se ruota in avanti viene spinta verso il basso. In un esperimento in
cui Hein sparò con un angolo di 85 gradi, la palla finì 29 passi dietro al cannone!

Nel frattempo però erano entrate in uso le canne rigate che consentivano di usare
proiettili con corpo cilindrico di maggior densità sezionale e maggior precisione.
Gli ultimi ad abbandonare le palle furono i russi che usavano un proiettile
cilindrico con una sottile parete laterale, in cima alla quale vi era una la palla di
ferro (Sharoche).

Cartoccio a mitraglia
Fin dall'inizio si pensò di sparare grappoli di proiettili; i primi cartocci
funzionanti sono della seconda metà del 1500: una corba di salice intrecciato che
contiene un sacco di lino con sfere o rottami di ferro. Oppure erano formate da un
sacco di lino legato da corde come un salame. Erano usate in combattimento
ravvicinato e quindi negli arrembaggi delle navi con il nome di "spazza coperta".
Le prime con contenitore di lamiera risalgono al re Gustavo Adolfo di Svezia.
L'involucro era destinato ad aprirsi già entro la canna o in volo in modo che il
contenuto si spargesse. La dispersione era notevole e si dice fosse di circa 1/10
della distanza. La gittata era di 500-900 passi. Talvolta venivano sparate con un
angolo di tiro di 70-75 gradi in modi che ricadessero sul nemico. Il numero di
palle nel cartoccio variava notevolmente; gli austriaci nelle artiglierie da sei
libbre usavano 28 palle, i danesi arrivavano a 100 palle, i prussiani 123; i
bavaresi 41 palle da 6 lot (= 16 gr) ciascuna. Ma si trovano (1809) palle anche da
due lot (32 gr).
I cartocci vennero sempre meno usati con l'avvento delle canne rigate perché le
palle di ferro le danneggiavano (si studiarono contenitori di zinco) e perché
subentrarono gli schrapnels
Il loro principio non morì del tutto perché trovarono qualche impiego nella prima
guerra mondiale, in montagna e, sotto forma di flechettes, in Vietnam.
Cartucce a mitraglia vennero usate anche in fucili da fanteria. La cartuccia Detner
in Sassonia (1839) formata da otto palle in un sacco di tela e una base di legno,
ottima alla distanza di una cinquantina di passi; analoghe cartucce usarono i
danesi nel 1849 (base di piombo) e i bavaresi nel fucile M 1858.
In forma un po' diversa si possono citare le cartucce mod. 91-3 per il Carcano
(mantello inciso e frammenti di piombo all'interno o il mod. 91-2 a frattura
prestabilita.

Schrapnels
Attorno all'anno 1500 compaiono le prime palle-bomba, cioè palle che
contengono polvere nera ed esplodono. La loro invenzione venne attribuita a
Malatesta da Rimini (1480).
Vario il modo di accensione: o venivano accese direttamente prima di inserirle
nel cannone (!) od erano munite di una miccia (a due fuochi). Verso il 1580 in
Germania, vennero munite di un cannello di accensione di legno che penetrava
all'interno della palla e poteva essere accorciato per ridurre il tempo fino
all'esplosione.
Esse trovarono il loro impiego ufficiale solo nel 1824 da parte del generale
francese Paixhans contro le navi, con effetti devastanti.
I tedeschi copiarono subito l'idea vincendo così nel 1849 la battaglia di
Eckenförde contro la fregata Gefion; egualmente i russi a Sebastopoli (1854)
contro il veliero di linea Queen. Anche gli inglesi tra il 1804 e 1815 svilupparono
uno schrapnel ma con scarsi risultati, pare per l'imprecisione del sistema di
accensione (si ricorda che questo deve consentire lo scoppio prima dell'impatto)

La storia del proiettile di artiglieria avrebbe preso ben presto strade sue proprie
rispetto al proiettile per armi leggere. Per lungo tempo si continuarono ad usare
canne lisce che consentivano di sparare palle o granate di ferro e, quando vennero
introdotte le canne rigate si fece ricorso ad anelli di forzamento od a camme. Il
proiettile diventa sempre di più un contenitore per esplosivo.

Il calibro delle armi leggere


Nei tempi antichi la tecnica non consentiva di costruire canne di piccolo calibro,
al di sotto dei 15 mm; se erano di bronzo e dovevano essere forate, la punta
doveva avere una certa robustezza; se erano in ferro e forgiate su di una spina,
questa doveva avere certe dimensioni minime per non scaldarsi troppo e non
saldarsi con la canna o non deformarsi. D'altra parte, non si poteva superare una
certa misura perché la canna sarebbe divenuta troppo pesante e il rinculo
eccessivo. Di conseguenza il calibro si stabilizzò tra i 15-20 mm, calibro che del
resto era sufficiente allo scopo di mettere fuori combattimento un nemico o il suo
cavallo. All'inizio del 500, di fronte al crescere della robustezza delle corazze,
vennero adottati moschetti a miccia in calibro 22 millimetri e dal peso di 8-10 kg.
Essi erano però poco maneggevoli e verso la fine del secolo si ritornò a calibri
minori. Gustavo Adolfo di Svezia nel 1626 riduce il peso dei moschetti a 10
libbre e il calibro a 18, 35 mm. Lo seguono la Germania (19,8 mm) e l'Olanda
(17,7 mm).
A partire dalla metà del 1800 il calibro dei fucili inizia a diminuire. Il passaggio
dalla palla al proiettile lungo due o tre calibri ne aumenta la densità sezionale ma
anche il peso e se si vuole conservare una velocità sufficiente occorre diminuire il
calibro. Prove eseguite in Svizzera dimostrano i pregi balistici del 10, 5 mm e lo
Chassepot viene adottato con il calibro 11 mm. Le polveri senza fumo
consentono una ulteriore riduzione; il Lebel M 1886 è di 8 mm.
In Germania l'adozione del primo piccolo calibro si ha con il Mauser 1871 di 11
mm; Simili il Beaumont olandese, il Berdan russo. Per la polvere senza fumo la
Germania adotta il cal 7, 9 mm (M 1888).

Il difetto fondamentale sul campo di battaglia dei fucili dei primi secoli era la
lentezza di caricamento (circa tre minuti con la pezzuola) e la necessità che il
soldato stesse in piedi, esposto a lungo al tiro nemico.
A questi difetti si poté ovviare solo con l'invenzione dei sistemi a retrocarica.
Nel frattempo si era cercato di aumentare la precisione delle armi eliminando per
quanto possibile il gioco della palla (o del proiettile quando venne introdotta la
rigatura) entro la canna. I sistemi adottati o sperimentati furono:
1) La forzatura della palla o proiettile con la pezzuola
2) La deformazione della palla sull'orlo della camera di scoppio (sistema Gustave
Delvigne, 1826; nel 1828 egli userà un proiettile invece della palla).
3) La deformazione del proiettile su di una spina nella camera di scoppio (sistema
Thouvenin del 1840 e palla di Tamisier del 1846)
4) L'espansione del proiettile munito di culot
5) L'espansione del proiettile a base cava senza culot
6) L'espansione della base del proiettile munito di anelli deformabili

I primi tre sistemi avevano anche il difetto di richiedere un notevole dispendio di


energia fisica per battere il proiettile fin sulla polvere, tanto che i soldati si
lamentavano dopo un po' che gli tremavano le braccia. I tiratori scelti svizzeri
sparavano in tre: uno metteva la polvere e batteva la palla, uno montava il cane e
metteva l'innesco, il terzo sparava! Delvigne entra comunque nella storia per aver
utilizzato il primo proiettile non sferico, scanalato in prossimità della base.
Inoltre la palla, a seguito della forzatura, perdeva ogni simmetricità e il tiro
diventava impreciso. La forzatura, salvo che nel sistema Delvigne, portava a
rottura dei granuli di polvere e a sua compressione variabile da colpo a colpo. Nel
sistema Delvigne si introdusse perciò la palla ideata da Pontcharra (1834),
protetta da uno scodellino di legno ricoperto con la pezzuola ingrassata; il sistema
non funzionava perché il caricamento era lento e il legno si spezzava.
Nel sistema Thouvenin/Tamisier si escogitò una bacchetta la cui testa presentava
un incavo con la forma ogivale del proiettile che, anche percosso, restava "in
forma".
Attorno al 1832 il maggiore von Berner aveva cercato di risolvere il problema del
caricamento con il suo "fucile ovale", la cui canna presentava due larghe e basse
rigature che si allargavano progressivamente fino alla bocca fino a confondersi
con i pieni e dando alla bocca un aspetto ovale. Il sistema non funzionò mai bene
nonostante i miglioramenti introdotti dal Greener (1835) nel suo "Brunswick
rifle" con una palla cinturata o dai russi nella "carabina di Liegi" con un proiettile
ogivale con alette.

1) Palla Greener; 2) Russo con alette; 3) Svizzero 1851 (senza pezzuola)

Verso il 1850 gli svizzeri, con il maggiore Wurstenberger ottengono l'ultimo e non
più superabile miglioramento nel caricamento con pezzuola; l'adozione del calibro
10,2 mm, un proiettile attorno a cui è legata la pezzuola con un robusto filo che
viene espulso introducendo la palla nelle canna, il fermo sulla bacchetta che
impedisce di battere il proiettile più del necessario, consentono un caricamento
agevole e una buona pulizia della canna (il 50% dei colpi entra in un cerchio di 8
cm a 225 metri).
1 - Merian, 1856; 2 - Buchholzer, 1863; 3 - Podewils, 1857;
4 - Hannoverano 1851/54; 5 - Minié

Il salto di qualità si ebbe con l'idea di far deformare il proiettile, in modo da


assicurare la tenuta dei gas, ai gas stessi (proiettile ad espansione). L'idea era
venuta al Delvigne fin dal 1828 e nel 1845 egli aveva sperimentato un proiettile a
base cava, senza grandi risultati perché troppo variabile era la durezza del piombo
e quindi il suo comportamento. Una scarsa espansione del proiettile non assicura la
tenuta dei gas, una espansione eccessiva, aumenta l'attrito, deforma il proiettile, ne
diminuisce la resa. Gli esperimenti vennero resi noti del 1849 e furono ripresi dal
capitano Minié che ebbe l'idea di proteggere la base cava del proiettile con uno
scodellino conico di lamierino (culot). Il proiettile aveva poi delle alette circolari
che rendevano facile il caricamento. Il problema era la difficoltà a sistemare
adeguatamente il culot in modo che non si separasse o si rompesse. Si tornò quindi
alla idea iniziale del Delvigne con proiettili cavi e muniti esternamente di vistose
alette (Minié, Neindorff 1852, Nessler 1853, Timmerhans 1853, von Plonnies
1856, Burnand 1859) ma senza risultati apprezzabili perché le elette esterne di
piombo erano troppo soggette a deformazioni. Le palle di Nessler e di Burnand
troveranno impiego, protette da bossolo metallico, in armi a retrocarica.
Proiettile di Lorenz prima e dopo lo sparo

Il proiettile a compressione in cui è la stessa base ad alette che viene schiacciata


nella rigatura dai gas di sparo (Wilkinson, 1852, von Lorenz, 1853, Hannoverano
ad ombrello, 1851) non furono per nulla migliori per l'eccessiva deformazione allo
sparo e l'eccessiva deformabilità nel caricamento e trasporto. Leggermente
migliori i proiettili del bavarese von Podewils (1857), degli svizzeri Merian (1856)
e Bucholzer (1863) costruiti in modo più massiccio.
Con i proiettili ad espansione e a compressione si ottenne comunque di ridurre il
tempo di caricamento ad un minuto circa.
Ecco un quadro riassuntivo di questi proiettili tratto dal libro di Lugs

1) Thouvenin; 2) Charrin con incavo per la spina; 3) Lorenz; 4) Charrin; 5)


Plönnies;
6) Podewils; 7) Nessler; 8) Pritchet (inglese, con cuneo di legno); 9) Minié con
coppa di ferro

L'introduzione di sistemi di retrocarica, in particolare quello ad ago del prussiano


von Dreyse (1841) migliorato da Chassepot (1866), indirizzarono la storia del
proiettile su altre strade; scomparivano i problemi di caricamento e ci si poteva
dedicare a migliorane le qualità balistiche. Dal 1850 si inizia ad usare non piombo
puro ma una lega con il 3% di antimonio che lo rende notevolmente più duro. Ciò,
specie con il miglioramento delle polveri ed inneschi, non era sufficiente ad
eliminare l'impiombamento ed il salto di rigatura. In Belgio (1867) si prova a
rivestire il proiettile con carta da lettere ingrassata (qualche cosa di analogo si
rinviene però anche nel proiettile del fucile ad ago prussiano e nel proiettile
francese del 1866). Fu ancora un prussiano, il tenente Bode nel 1874 a proporre
una camiciatura di rame od ottone che però tendeva a staccarsi dal piombo. Lo
svizzero Rubin (1878) fece numerosi studi per la blindatura dei proiettili
accertando che il rame era troppo tenero e passando così a leghe i rame, o di nichel
o all'acciaio. Lorenz (1886) costruisce un proiettile con guscio di acciaio rinforzato
in punta entro cui viene saldato il nucleo di piombo. Già nel 1889 sono costruiti
proiettili semicamiciati (dum-dum) presto sostituiti da quelli più efficaci a punta
cava.
Attualmente la camiciatura di proiettili europei è di solito di acciaio placcato con
lega rame-nickel o di tombacco (lega di rame e zinco e, talvolta, anche stagno);
all'inizio del secolo era diffusa per i proiettili militari la camiciatura di alpacca
(Belgio Mauser M 1889, Italia mod. 91, Inghilterra M 1889, Russia Moisin-Nagant
1891), ancora usato fino agli anni 60 dagli inglesi.
All'inizio del secolo le nuove esigenze tattiche richiedono rapidità di fuoco, tiro a
distanza e traiettoria tesa; compaiono i primi proiettili appuntiti ad alta velocità
iniziale: la francese "palla D" (1898) tutta di rame, la tedesca "palla-S" (1905) con
camiciatura di acciaio nichelato, l'americano 30.06 (1906), il Krag-Jorgensen
scandinavo (1908), il Moisin-Nagany russo (1908), l'inglese .202 Br. MarkVII
(1910), lo svizzero GP11 (1911).
La lunghezza del proiettile diventa di 4-4,5 calibri e si studia ogni accorgimento
per migliorarne la penetrazione aereodinamica.

Nei revolver lo sviluppo del proiettile è del tutto diverso perché non incidono
esigenze di traiettoria, ma esigenze pratiche che richiedono poco rinculo e più
colpi a disposizione e impongono perciò proiettili di piccolo calibro. Per lungo
tempo la velocità iniziale rimane così bassa da rendere indifferente la forma del
proiettile e consentire l'impiego di piombo nudo ed anche nelle armi
semiautomatiche la camiciatura viene adottata più che altro per impedire
inceppamenti in fase di cameratura della cartuccia. Nel 1849 nasce il primo cal 22
Flobert (BB cap) a palla tonda e nel 1858 il primo proiettile a punta appiattita (44
RF Henry Flat). La lunghezza del proiettile per arma corta si attesta su 1,5-2,5
calibri.

Proiettili da caccia
Il cacciatore ha sue proprie esigenze ben diverse da quelle dei militari. Il proiettile
deve arrestare il selvatico nel più breve tempo possibile senza però danneggiare
troppo trofeo, pelliccia e carne; se l'animale rimane ferito, deve lasciare una traccia
di sangue che consenta ai cani di ritrovarlo. Da queste esigenze deriva una infinita
serie di invenzioni più o meno riuscite, volte ad ottenere un proiettile che si
deformi ed allarghi una volta entrato nel corpo dell'animale.
È del 1892 il proiettile Sauer & Sohn con punta e nucleo rastremato di acciaio,
fasciato da un cilindro di rame che si apre a fiore oppure, al contrario con punta di
rame entro cui si incunea una base di acciaio. Nel 1885 si vedono in commercio
proiettili camiciati a punta cava.

I modelli storici meritevoli di menzione sono il proiettile Reifring di Greis


(Monaco, 1900 circa, camiciato nella metà inferiore con camicia di acciaio e con
un anello di rame che circondava, in prossimità della punta appiattita, il piombo
nudo. Questo anello pare servisse solo alla miglior conduzione del proiettile), il
proiettile di Stiegele, quello di Heinze con culot di rame, "rationale" di Greis,
proiettile Tesco con culot, proiettile a nucleo di acciaio Schrader (il nucleo aveva
una forma particolare che ricorda gli innesti per tubi), proiettile con nucleo a
frammenti di acciaio).

Nell'ordine: Reifring, Stiegele, Heinze, Greis, Tesco, Schrader, TKG a frammenti


Tra i tipi più moderni ed affermatisi, meritano di essere citati quelli di cui alla
illustrazione seguente (tratta dal Waffenlexicon di Lampel-Mahrhold) e cioè
1) Proiettile interamente camiciato; 2) Proiettile semicamiciato; 3) Proiettile H-
Mantel della Dynamit Nober (RWS) a forma di H, avendo la camiciatura una
strozzatura centrale, mentre la punta è vuota, ma coperta da una cuffia in rame; 4)
Brenneke TIG e cioè Torpedo Ideal Geschoss, con il nucleo diviso in due parti,
quella anteriore più tenera inserita entro quella posteriore più dura; la base è
conica; 5) Brenneke TUG e cioè Torpedo Universal Geschoss, simile al precedente
salvo che è la parte dura ad infilarsi entro quella tenera; 6) KG
(Kegelspsitzgeschoss, RWS) a punta conica, del 1965 con camiciatura che si
assottiglia progressivamente verso la punta nuda; 7) Silvertip della Winchester con
una cuffia di alluminio che copre la punta e si prolunga sotto la camiciatura di
tombacco quasi fino a metà del proiettile; 8) Nossler (USA) in cui la camiciatura in
tombacco è lavorata dal pieno e divisa in due parti: quella inferiore robusta ed
indeformabile e quella superiore in cui lo spessore e lunghezza della camiciatura
viene adattata al tipo di proiettile; 9) Core lokt della Remington che presenta un
progressivo rinforzo della camiciatura verso la metà del proiettile e preintagli della
stessa nella parte superiore.
Proiettili speciali

A - Tracciante; B - HE (a sinistra) HEI (a destra); C - Hebler Krnka; D - Flechette;


E - Duplex
(Da B. Kneubuehl, Geschosse)

Traccianti
Hanno lo scopo di rendere visibile la traiettoria del proiettile e contengono un
composto chimico che brucia in modo visibile per il tempo necessario a
raggiungere circa 1000 metri. Il proiettile deve avere lo stesso comportamento
balistico di quello normale il che si ottiene compensando il minor peso del piombo
con il miglioramento aereodinamico dovuto alla fuoriuscita dei gas del composto
che brucia. In genere esso è contenuto in un apposito scodellino per impedire la
fusione del piombo del nucleo.
La loro introduzione risale alla prima guerra mondiale.
Diversi dai proiettili traccianti sono quelli che segnalano con una fumata od un
lampo il punto di impatto (proiettili da aggiustamento). Essi appartengono alla
categoria dei proiettili incendiari.

Proiettili esplosivi ed incendiari.


Quando il proiettile allungato sostituì quelle sferico si notò che esso aveva un
minor effetto incendiario della palla o per il minor attrito o perché non restava
infisso nei materiali (in particolare nei barilotti di polvere) cedendo loro energia e
calore, ma li perforava da parte a parte. Si cercò di rimediare con proiettili che
esplodessero all'impatto.
Vari i congegni escogitati.

A - Svizzero; B - Gardner; C - Podewils

In quello di Podewils per il fucile M1858 è inserita una capsula con una astina
annegata nella testa per evitare esplosioni durante il trasporto o caricamento; al
momento dello sparo la capsula viene spinta in avanti e fa sporgere l'astina che
all'impatto sul bersaglio fa esplodere la carica.
Il proiettile americano Gardner, di poco successivo, contiene una carica di
fulminato di mercurio separato dalla base del proiettile da un tubicino contenente
una miscela che viene incendiata dai gas di sparo e comunica l'accensione al
fulminato con un ritardo di 1,5 sec.
Gli svizzeri risolsero il problema in modo del tutto semplice, con un foro profondo
sulla punta del proiettile, riempito di polvere nera e chiuso da una capsula per
innesco.
Vietati nel 1868 per uso contro la persona, i proiettili esplosivi vennero
scarsamente usati nella prima guerra mondiale. Rifecero la loro comparsa all'inizio
della seconda guerra mondiale per essere impiegati contro veicoli terrestri ed aerei;
ricordiamo quelli HE (High-Explosive) e HEI (High-Explosive-Incendiary), con
circa un grammo di tritolo oltre, se del caso alla sostanza incendiaria.

Proiettili a nucleo d'acciaio


Essi sono stati prodotti per la perforazione di mezzi blindati (AP = Armor Piercing
e API =Armor Piercing Incendiary se erano muniti anche di carica incendiaria. I
tipi sono vari; da quelli interamente di acciaio rivestiti da camiciatura normale, a
quelli con uno stelo di acciaio durissimo o di wolframio annegato in un nocciolo di
piombo, a sua volta
rivestito dalla camiciatura. I proiettili a nucleo di acciaio non vanno confusi con
quelli tutti di acciaio a bassa durezza in cui la scelta dell'acciaio come materiale
non è dovuta alla volontà di avere un proiettile speciale perforante (ed in effetti
trattasi di munizioni ordinarie).

Proiettili multipli
Rientrano tra di essi anche le munizioni a pallini o pallettoni, che però non
costituiscono una novità! Interessanti sono invece le munizioni a più proiettili.
Sperimentate per il calibro 7,92 Mauser già nel 1944 contengono due proiettili più
corti di quello previsto originariamente, in modo che corrisponda più o meno il
loro peso complessivo. Il secondo proiettile riceve necessariamente una spinta
leggermente minore così che sul bersaglio a 300 metri cadeva di 15 cm rispetto al
primo.
Negli USA, dopo la guerra, venne prodotto per il cal. 7,62 Nato il proiettile Duplex
Ball M 198 simile al precedente salvo che il secondo proiettile aveva la base
leggermente inclinata così da essere deviato casualmente rispetto al primo dal
flusso d'aria di coda e che la sua punta si inseriva in un incavo alla base del primo
proiettile.

Proiettili decalibrati
Son quelli muniti di un sabot che si stacca dal proiettile dopo qualche metro di
volo, per effetto della resistenza dell'aria. Esso consente di imprimere al proiettile
una velocità molto maggiore (oltre 1100 ms) e quindi una maggiore energia alla
bocca. Sono di costruzione complicata. Una versione prodotta dalla Remington
arrivò sul mercato civile negli anni 70 con il nome di Accelerator. Era un proiettile
cal. .224 (5,7 mm) che, mediante il sabot, veniva sparato da un'arma cal. 30-06
(7,62x63)

Proiettili sperimentali
Tra questi merita di essere ricordato il proiettile "a tubo" studiato per avere una
normale velocità iniziale, ma una gittata ridotta. In effetti un foro lungo tutto l'asse
longitudinale del proiettile, adeguatamente dimensionato, fa sì che alle alte
velocità l'aria passi nel foro con benefici effetti aerodinamici; ad una data minore
velocità l'aria non riesce più a passare e il fattore aerodinamico aumenta di 4 o 5
volte con ulteriore rallentamento. Già Hebler-Krnka alla fine del 1800 avevano
avuto l'idea di migliorare il Cx dei proiettili con un foro, ma non si erano resi conto
che alle basse velocità il foro era come se non ci fosse.
I proiettili a sezione deformabile o a "densità sezionale variabile", ideati negli anni
40 da Russel Robinson (Nuova Zelanda) sono stati sperimentati dopo il 1962; la
cartuccia contiene tre proiettili conici e cavi all'interno che si inseriscono l'uno
sull'altro. Sparati da una canna con foratura conica, vengono schiacciati alla forma
di un normale proiettile a punta conica con riduzione ad un quarto della sezione.
Essi consentono di raggiungere velocità di 3000 ms, che però non viene sopportata
dall'acciaio a delle canne.
Si è preferito quindi dirigere gli studi verso i proiettili a flechette. Megli anni 60
(Vietnam) si usavano cartucce di grosso calibro contenenti un fascio di freccette.
Poi gli studi si sono orientati su cartucce di piccolo calibro (5,6 mm) che sparano
una sola freccetta contenuta in un sabot. Con essa si ottengono velocità iniziali di
circa 1400 m/s che consentono di aver una velocità di 1030 ms a 400 metri di
distanza. Anch'esse sono però finite tra le munizioni vietate per uso militare.
I proiettili-razzo, con il propellente contenuto entro lo stesso proiettile,
sperimentati con il nome di Gyro-Jet o Gyrojet negli USA, non hanno dimostrato
di fornire alcun vantaggio, salvo il ridottissimo rinculo, e non hanno avuto
successo; eccessivi i difetti: lentezza, scarsa precisione, difficile costruzione,
tendenza a continuare a bruciare anche dopo aver colpito il nemico. Essi vennero
sviluppati dalla ditta MBA San Ramon della California in calibri dal 7,62 al 20
mm e venivano sparati da una canna liscia perché la rotazione era data dai gas di
scarico.

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