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La vita nel castello

All'interno del castello ci sono diversi luoghi nei quali le persone potevano svolgere le mansioni più
rilevanti.
La "corte alta" era il cortile interno, separata dalla corte bassa da un altro sistema di mura percorso
soprattutto dai soldati armati. Qui si trovava il mastio, dove praticamente viveva il signore con la sua
famiglia. L'interno ospitava vari e numerosi ambienti, tutti con scarsa luminosità (la luce entrava solo da
strette fessure) e soprattutto d'inverno, da temperature piuttosto basse, visto che il riscaldamento
era assicurato soltanto da camini: la cucina innanzitutto con un tavolo in legno sul quale pendeva dal
soffitto una specie di soppalco su cui erano appoggiate le riserve alimentari allo scopo di difenderle dai
topi. C'era poi lo stanzone che ospitava i soldati, occupata da file di letti sormontati da pagliericci e da
una grande quantità di armi; giubbe imbottite di cotone e una specie di maglie di ferro dette
"usberghi", protezioni per i gomiti e per il collo, ginocchiere. Al piano superiore si trova solitamente il
salone principale, dove il signore si intratteneva con la sua famiglia e dove amministrava la giustizia
seduto su un trono. Solitamente le pareti erano abbellite da freschi, stemmi e splendidi arazzi. Questo
era anche il luogo in cui si tenevano i grandi banchetti e in cui gli ospiti venivano allietati, alla luce delle
torce, da giullari e cantastorie.
Le camere da letto erano pochissimo arredate: un letto (quello dei nobili era di frequente sormontato
da un baldacchino), delle cassepanche per gli abiti, alcuni sedili, oltre a candelabri e torce fissati alle
pareti. Su delle panche in pietra, ricavate nel muro, la signora e le sue ancelle trascorrevano il tempo
ricamando e cucendo, soprattutto nei lunghi periodi in cui il signore era lontano, in guerra o a caccia.
Accanto alla camera dei feudatari c'era la cappella privata per le preghiere. Nei sotterranei si
trovavano le prigioni: si trattava di piccolissime celle prive di qualsiasi apertura verso l'esterno, erano
umide, buie , infestate da topi e cimici.

La vita nel monastero

La giornata di un monaco benedettino cominciava alle due di notte, quando la campana del convento
annunciava il mattutino. I monaci uscivano dai dormitori e si recavano nel coro, la parte della chiesa
riservata alla preghiera che avveniva sotto forma di canto. La preghiera era l’attività primaria di
ciascun monaco benedettino, quella che Benedetto chiamava in latino“Opus Dei”(letteralmente “Opera
di Dio”).Alle quattro, dopo un’ora di riposo, il monaco benedettino ritornava in chiesa per cantare di
nuovo.Al canto del gallo, dopo un’altra ora di riposo, i monaci si dividevano secondo le loro mansioni:
alcuni si recavano nei campi a lavorare la terra, altri nelle stalle, altri si occupavano di falegnameria,
altri ancora a cucinare o a fare riparazioni. C’erano anche gli erboristi che preparavano medicine nella
farmacia, di cui ogni monastero era dotato. Gli amanuensi, invece, si chiudevano nello scrittorio dove
copiavano a mano i testi sacri e libri antichi. Tra i monaci benedettini c’erano anche abili miniatori, cioè
autori di illustrazioni a base di minio (un colore rosso) per decorare i codici di pergamena. Verso le ore
13, il lavoro era stato già interrotto due volte per cantare in chiesa, ma a quell’ora la campanella
annunciava il pranzo, a base di verdura, pane, frutta, a volte pesce; la carne era proibita. Si mangiava
nel refettorio, in perfetto silenzio, mentre uno dei monaci leggeva testi sacri.Dopo il pranzo, i monaci
riposavano passeggiando nel chiostro, il cortile costruito intorno al pozzo e circondato da un porticato
coperto. Quindi passavano altre ore al lavoro fino al vespro, la preghiera serale.
Seguivano una cena e la preghiera che chiudeva la giornata.Ciascun monaco benedettino si ritirava allora
a riposare su letti di paglia, ma alle dieci di sera si svegliava per recitare il notturno. Quindi dormiva
fino alle due e tutto ricominciava.

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