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Premessa

Questo ebook è stato creato utilizzando gli articoli presenti nel blog di Marco Crupi
www.marcocrupifoto.blogspot.com molti dei quali sono stati scritti da lui, un grosso contributo
lo ha dato il sito www.fotografare.com in particolar modo gli utenti Mambasoft e Attilio grandi
fotografi che hanno contribuito dando il permesso di inserire dei loro articoli riguardanti gli
aspetti più complessi e tecnici della tecnica fotografica.

Le varie sezioni del libro saranno costantemente aggiornate, questo ebook si può considerare
come un progetto “Open Source” chiunque noti degli errori, abbia suggerimenti per migliorare
gli articoli esistenti o voglia contribuire scrivendone dei nuovi può rivolgersi al seguente
indirizzo e-mail: berserk1988@hotmail.it

Indice
Articoli introduttivi:
La pazienza pagina 3
1 foto su 100 pagina 4
Il fotoritocco è lecito? pagina 5
Sviluppare e allenare l'occhio fotografico pagina 6
Fotocamere digitali: guida all'acquisto pagina 7
Creare un set fotografico amatoriale per oggetti pagina 11

Articoli sulla Tecnica fotografica:


La prospettiva lineare e area pagina 12
La composizione dell'immagine pagina 14
Diaframma e profondità di campo pagina 15
La coppia tempo-diaframma pagina 26
Otturatore, tempi ed esposizione pagina 27
Fotografia notturna pagina 37
Realizzazione di foto con tempi lunghi pagina 41
Come fotografare le gocce d'acqua e riflettere al loro interno delle faccine pagina 45
Il ritratto, la scelta delle ottiche pagina 46
Il ritratto, la luce naturale pagina 48
Il ritratto, l'ausilio del flash ( singolo e multiplo ) pagina 51

Articoli sulla Post produzione


Regolazione del contrasto e della luminosità pagina 59
Il ritaglio pagina 60
Lavorare sui murales pagina 62

Articoli sul Fotoritocco:


Il colore selettivo pagina 64
Creare foto in HDR pagina 66
Bordi brillanti pagina 67
Disegnare con la fotografia pagina 69
Come colorare gli occhi con Photoshop pagina 71
Effetto Che Guevara pagina 74
Texportrait e guida base all'utilizzo dei livelli pagina 77
Emulare la tecnica fotografica di Dave Hill pagina 79
Come sostituire il volto di un'immagine col proprio pagina 84
Ombre colorate con Photoshop pagina 86
Articoli introduttivi: La Pazienza

La fotografia da un certo punto di vista è come la pesca, si deve essere molto


pazienti, la pazienza è una virtù che un fotografo obbligatoriamente deve avere.

Per scattare la foto che vedete in alto sono stato più di 30 minuti con l'occhio sul
mirino della mia digitale per scattare al momento giusto e soprattutto nel modo
giusto.

E' una questione anche di fortuna, per un nonnulla una bella foto potrebbe venire
mossa, senza esagerare durante quella partita di basket realizzai più di 300 scatti di
cui uno solo risultò accettabile.

"Soltanto l'ardente pazienza porterà al raggiungimento di una splendida felicità" di


Pablo Neruda
Articoli introduttivi: 1 foto su 100

Camminavo per la spiaggia di Santo Saba, un paesino in provincia di Messina, avevo


in mano la mia macchina digitale, era una giornata di mare agitato, cielo grigio e
mare idem.
Ad essere sincero non speravo di realizzare una foto che mi piacesse, in quel posto
avevo già realizzato degli scatti effettuati nelle medesime condizioni climatiche, mi
avevano dato molta soddisfazione, ed ero scettico potesse ripetersi il miracolo.
Questa foto a inizio post è l'unica foto che ho selezionato tra più di 100 scatti
effettuati quel giorno.

Un fotografo a mio avviso, deve essere molto pignolo e critico con se stesso nel
selezionare le foto che finiranno nella sua galleria fotografica.

Io dopo un'escursione fotografica, su più di 100 scatti ne seleziono 1 o 2 ( quando va


bene ) da inserire nella mia galleria fotografica.
Certe volte mi è capitato di non essere soddisfatto di nessuna delle mie fotografie.
"La bellezza è cominciata quando qualcuno a cominciato a scegliere" di Roberto
Benigni
Articoli introduttivi: Il fotoritocco è lecito?

Questo è un argomento ormai vecchio come il mondo, girando per la rete ho trovato
una discussione che reputo degna di nota, da essa ho preso un intervento di un
utente, la discussione è visualizzabile a questo link

Premesso che regolare contrasto, livelli, temperatura colore, non è fotoritocco!


ma semplici operazioni necessarie, che prima delegavamo al laboratorio di stampa al
quale affidavamo i rullini, e che adesso dobbiamo fare noi prima di consegnare i file.

Si ritoccava pesantemente anche in camera oscura, solo che erano in pochi a


saperlo fare bene, e la massa al massimo realizzava solo qualche ritaglio, mentre
adesso i programmi hanno ampiamente semplificato la cosa, rendendola alla portata
di molte persone!

Se lo scopo è rendere la foto come il fotografo l'aveva pensata, allora è


perfettamente lecito, anzi necessario!
Nessuno si lamenta con un pittore perché il suo quadro non è esattamente come il
soggetto, o perché il soggetto è visibilmente migliorato!

Se invece lo scopo è spacciare per vera una foto ritoccata, ad esempio a fini
giornalistici, allora bisogna fare un distinguo: il ritocco altera il messaggio della foto
fuorviandone il significato, o serve onestamente a valorizzarne il contenuto?
Qui la linea diventa sottile, mi viene in mente la foto del soldato americano che punta
l'arma contro il bambino, si trattava di un fotomontaggio, che però ha fatto il giro del
mondo prima di essere svelato! questo è palesemente un caso di cattivo uso!
Se invece per far vedere la povertà di una persona la convinciamo a posare per noi,
invece di rubargli un ritratto, e magari togliamo qualche elemento di disturbo: un
albero che spunta dalla testa, è lecito? Anche con la pellicola avremmo chiesto il
ritratto, ma togliere l'albero non sarebbe stato alla portata di tutti in camera oscura.
Tolto l'albero abbiamo alterato il significato della foto? certamente no, anzi l'abbiamo
resa più chiara, in questo caso secondo me è lecito.
Se al congresso della ditta A, iniziamo a clonare le persone per dimostrare che la
sala era piena, stiamo certamente barando.

Glamour, fashion ed affini rappresentano un mondo a parte, solo delle persone


particolarmente ingenue possono credere che in questo genere di foto non vi sia un
pesante intervento in PP combinato con un meticoloso lavoro di trucco! potremmo
paragonarle ad un quadro o ad una statua, se l'artista è stato bravo il risultato può
differire molto dall'originale.

Articolo scritto da MambASoft

Articoli introduttivi: Sviluppare e allenare l'occhio fotografico

Come si diventa dei bravi fotografi? Osservando!

Imparare ad osservare, non è una cosa facile, un fotografo di alto livello ha un modo
di guardare diverso rispetto alla media.

Per acquisire un "occhio fotografico" si deve fare molta pratica con la macchina
fotografica, uscire per la città ( o dove vi pare a voi ) fotografando tutto quello che vi
attira, sperimentando inquadrature diverse, "fotografare, fotografare e fotografare il
più possibile per migliorare" come mi disse un fotografo di mia conoscienza.
Guardare le foto dei grandi maestri della fotografia è un notevole aiuto, io ho fatto
grandi passi avanti guardando e riguardando "Le 100 foto più belle della national
geographic", libro regalatomi da una mia cara amica.
Iscrivetevi a siti come Panoramio e Flckr condividendo le vostre foto con altri utenti,
ricevendo consigli e imparando da quelli più esperti ( un metodo ottimo ).

Oltre alle fotografie vi consiglio di guardare con particolare attenzione i quadri dei
grandi artisti!
Io personalmente penso che, anche leggere fumetti sia un modo per allenare
l'occhio, i fumetti di qualità hanno spesso inquadrature geniali e una composizione
dell'immagine perfetta ( una vignetta tratta dal fumetto "Corto Maltese" di Hugo Pratt ).

Anche guardare film d'autore è un ottima cosa, fate particolare attenzione alle
inquadrature, potete imparare molto da esse, per fare un esempio, film come Mary
Poppins o "Gli Intoccabili" presentano delle inquadrature che potrebbero benissimo
essere delle stupende fotografie.

Insomma, fate attenzione a ogni immagine che vi capiti sotto tiro, analizzatela e
imparate da essa.

Articoli introduttivi: Fotocamere digitali, guida all'acquisto


Fotocamere analogiche e digitali
Quando si scatta una foto con una macchina fotografica tradizionale, la luce
dell'immagine ripresa impressiona la pellicola grazie ad alcune proprietà fisico-
chimiche di quest'ultima. Attraverso ad un procedimento simile l'immagine viene poi
trasferita dalla pellicola alla carta, in modo che sia possibile vedere ovunque la
fotografia scattata.
Nelle macchine digitali non vi è alcune pellicola: al suo posto trova spazio un
sensore (ccd o cmos), che converte l'energia luminosa dell'immagine ripresa in
impulsi elettrici. Gli impulsi elettrici vengono organizzati in un file di immagine, che
viene archiviato su una scheda di memoria.

Sensore
Il CCD è costituito da una griglia di sensori disposti su un'area rettangolare.
La scena fotografata viene scomposta in un insieme di punti rettangolari chiamati
pixel, il cui colore è determinato da ciascuno dei sensori della griglia (se un sensore
è colpito da luce rossa, produrrà un pixel rosso).
Facciamo qualche esempio.
Se possedessimo un CCD costituito da una griglia 20x15, l'immagine prodotta
sarebbe larga 20 pixel e larga 15, quindi avrebbe un totale di 20*15=300 pixel.
La stessa scena, fotografata con un CCD da 200x150 punti, sarebbe costituita da
30.000 pixel.

Foto costituita da 20 x 15 = 300 punti

Foto costituita da 200 x 150 = 30.000 punti


Più elevato è il numero di punti del sensore, più alta è la definizione dell'immagine
prodotta; più informazione è contenuta nell'immagine, più spazio sarà necessario per
salvarla in memoria ( quindi, a parità di spazio, sarà possibile archiviare un minor
numero di foto ).
Il numero di pixel presenti su un CCD è in realtà molto più elevato degli esempi
sopracitati, al punto che ormai l'unità di misura della definizione di un sensore CCD è
il MegaPixel ( MPixel, 1.000.000 di pixel ).

Quanti Megapixel?
Attualmente è possibile acquistare fotocamere con sensori da 1 a 35MPixel, partendo
da quella grossa come una carta di credito per arrivare alla reflex professionale con
obiettivi intercambiabili.
Per stabilire quanti megapixel dovrà avere la propria macchina fotografica digitale, è
necessario pensare che destinazione avranno le foto scattate.
Se si è convinti di vedere le foto esclusivamente sul monitor del proprio computer,
potrebbe essere sufficiente una macchina da 1 Mpixel.
Se oltre a vedere le foto sul computer si desidera farle stampare in formato 10x15cm,
è d'obbligo acquistare un modello da 2Mpixel.
E se capitasse di voler stampare una foto particolarmente significativa in formato
20x30cm ? Sarà meglio orientarsi su una macchina da 3Mpixel in su (questo è il mio
consiglio).

Tutte le macchine fotografiche con sensori da 2Mpixel in su permettono di scattare


foto a risoluzioni minori della massima, per sfruttare meglio la memoria a
disposizione.
Fotografare la stessa scena a risoluzioni diverse permette di scoprire come
cambiano i dettagli al variare del numero di megapixel del sensore.

Attenzione alle truffe


Alcune macchine fotografiche di marche sconosciute dichiarano di avere 4Mpixel.
Leggendo le caratteristiche tecniche si scopre in realtà che il sensore è da 1 o
2Mpixel, e che i 4Mpixel sono interpolati. L'interpolazione è un procedimento che
aumenta il numero di pixel inventando i pixel mancanti (non aumentano i dettagli,
aumenta solo il numero di pixel e il peso della foto).

2 parole sui cellulari: La lente ( argomento di cui ora parleremo ) è un importante


caratteristica, oggi i cellulari moderni hanno sensori da almeno 2 megapixel, ma a
differenza delle macchine digitali con lenti più grandi scattano fotografia di bassa
qualità, proprio per la lente troppo piccola e di scarsa qualità, in plastica. Inoltre, i
sensori dei cellulari sono interpolati. L’interpolazione è un procedimento che
aumenta il numero di pixel inventando i pixel mancanti tramite software, aumenta
solo il numero di pixel e il peso della foto.

Obiettivo
E' sbagliato pensare che la bontà dell'obiettivo di una macchina digitale sia un
fattore di secondaria importanza: i raggi luminosi, per arrivare al sensore CCD,
passano per l'obiettivo. Anche il miglior sensore al mondo, posto dietro ad un
obiettivo scadente, produrrà immagini di scadenti.
Una buona garanzia sulla qualità delle ottiche è la marca: aziende con molta
esperienza nel campo della fotografia tradizionale monteranno sulle proprie
fotocamere digitali ottiche di alta qualità.
Possiamo dividere le macchine fotografiche digitali in tre categorie in base alle
ottiche montate.
I modelli più piccoli ed economici montano ottiche fisse, senza alcuno zoom. A meno
che non si abbiano particolari esigenze di miniaturizzazione, sconsiglio di
acquistarle.
Vi sono poi i modelli con obiettivo fisso e zoom ottico. Questi modelli coprono la
maggior parte delle esigenze dell'utilizzatore medio (punterei su queste).
Infine troviamo i modelli con ottiche intercambiabili. Più costosi e ingombranti, sono
destinati ai professionisti o a chi è disposto a spendere anche molto per amore della
fotografia.
La maggior parte delle macchine fotografiche sopra i 2 megapixel hanno obiettivi di
tipo macro, in grado cioè di fotografare oggetti a distanza ravvicinata.
E' impossibile riprendere soggetti di piccole dimensioni (fiori, insetti, etc) senza
funzione macro, pertanto sconsiglio di acquistare fotocamere che ne siano prive.

Attenzione alle truffe sulle ottiche


Spesso i costruttori pubblicizzano i propri prodotti generando confusione sui
concetti di zoom ottico e zoom digitale.
Lo zoom ottico indica quante volte l'obiettivo è in grado di ingrandire l'immagine
originale; lo zoom digitale è invece un procedimento simile all'interpolazione
(vengono creati nuovi pixel cercando di indovinarne il colore). Quando si acquista
una fotocamera bisogna quindi tenere conto dello zoom ottico.
Display LCD
Uno degli indubbi vantaggi delle fotocamere digitali è il vedere subito se una foto è
venuta. Se è venuta male, la si potrà cancellare (liberando spazio in memoria) e
rifarla subito, senza che l'occasione della fotografia svanisca.
Oltre che per visualizzare le foto, il display LCD permette di leggere informazioni
sullo stato della fotocamera (scatti rimanenti, livello delle batterie, etc.) e di muoversi
nei menù di configurazione (tempo di esposizione, regolazione del diaframma,
correzione dei colori in base alla luce ambientale, etc).
Attenzione, più un display è grande maggiore sarà il suo assorbimento energetico:
buona parte dell'energia delle batteria viene assorbita dal display, al punto che su
molte fotocamere è possibile spegnerlo.

Dimensioni
Le dimensioni della fotocamera sono un aspetto che viene spesso trascurato a
favore delle caratteristiche più tecniche. Se però è vero che le macchine digitali
professionali sono tecnicamente ineccepibili, sono anche molto più ingombranti di
quelle di fascia media e bassa.
Una macchina fotografica ingombrante finisce per essere lasciata spesso a casa, se
non quando si esce già sapendo che si faranno foto (feste, compleanni, etc).
Una fotocamera di dimensioni ridotte può invece essere portata sempre appresso
senza dare fastidio, ed usata ogniqualvolta lo si voglia: sarà possibile immortalare
una situazione insolita a scuola o sul lavoro, uno scorcio particolare, un'albero le cui
foglie domani potrebbero essere di un'altro colore, etc.

Batterie: Possiamo dividere le macchine fotografiche in due categorie in base al tipo


di batteria utilizzato: quelle che usano battery pack e quelle che usano batterie
standard (di solito stilo, size AA). Non so consigliarvi quale dei due tipi sia migliore,
tuttavia cercherò di sottolineare i pregi e i difetti di entrambi.
Battery-pack: sono pacchi di batterie, spesso acquistabili solo originali (per questa
ragione sono costosi). Di solito le fotocamere che usano battery-pack includono il
caricabatterie nella confezione. Il vantaggio dei battery-pack è che sono costituiti da
elementi al litio, quindi caricabili molte volte senza il cosiddetto "effetto memoria".
Batterie stilo (o di altro formato standard): lo svantaggio è che attualmente non
esistono ancora al litio: l'acquisto obbligatorio è di batterie ni-mh (hanno effetto
memoria quindi andrebbero scaricate completamente prima di ricaricarle). Il
vantaggio è dato dalla loro standardizzazione: si trovano ovunque, così come i
caricabatterie, e se proprio è necessario scattare quell'ultima foto, sarà sempre
possibile acquistare una confezione di batterie anche non ricaricabili.
Articoli introduttivi: Creare un set fotografico amatoriale per
oggetti

Questo articolo è stato scritto da Tolunay ed è stato preso a questo Link.

Per la costruzione di un set fotografico "fai da te" per fotografare oggetti di medie
dimensioni abbiamo bisogno dei seguenti materiali:
- Una scatola di cartone con coperchio ( dimensioni a vostro piacere , adatte agli
oggetti da fotografare )
- Carta Alu da cucina
- Fogli bianchi ( senza righe , da stampa o preferibili da fax )
- Nastro adesivo
- Un pennarello
- Forbici
Se abbiamo tutto il materiale possiamo iniziare a lavorare.
1°) Prima di tutto togliamo il coperchio dalla scatola.
2°) Con le forbici tagliamo due lati di una faccia del parallelepipedo in modo di
formare come una specie di ponte levatoio ( è la parte indicata col cerchio rosso
nell’immagine ). Nella parte che abbiamo appena tagliato , disegniamo con il
pennarello la sagoma della macchina fotografica o facciamo una semplice X per
indicare che la macchina deve essere posizionata in quel punto.
3°) Ora prendiamo i fogli bianchi e copriamo tutta la parte interna della scatola
assemblando i fogli con il nastro adesivo come indicato nella fotografia, facendo
attenzione a non formare angoli, i fogli devono essere curvi.
4°) Tagliamo dei piccoli pezzi di carta alu e li incolliamo nei lati a sinistra e a destra in
alto, come nella fotografia. Se abbiamo svolto il nostro lavoro correttamente il
risultato dovrebbe essere simile o uguale alla fotografia. Il coperchio lo mettiamo
come nell’immagine per diminuire la potenza del flash.
Ora siamo pronti per scattare la foto poizionando la macchina sopra la X o la sagoma
che abbiamo disegnato.
Il risultato finale è questo:

Ovviamente evitate di mettere il nastro adesivo nel punto in cui dovete posizionare
gli oggetti, a differenza di come ha fatto il creatore di questo articolo ;D
Siccome i diffusori di luce ( carta alu ) hanno fatto il loro dovere correttamente
abbiamo una luce omogenea su tutto lo spazio e se abbiamo evitato gli angoli
mentre assemblavamo i fogli possiamo notare la discontinuità. Una volta usato il
nostro set, chiudiamo il coperchio ed… è pronto per utilizzarlo di nuovo.
Articoli sulla Tecnica fotografica: La Prospettiva lineare e
aerea
Prospettiva lineare:
Questo è un argomento estremamente interessante e complicato da spiegare (
almeno per me ), spero che la guida sia abbastanza chiara e di facile comprensione.
Quando guardiamo le foto dei grandi maestri o semplicemente di fotografi più avanti
di noi, notiamo subito che la maggior parte dei loro scatti oltre a un'estrema pulizia
dell'immagine ha un senso di profondità che solitamente nelle foto di un principiante
raramente notiamo. Questa apparenza tridimensionale delle immagini dipende dal
modo in cui si fa uso della prospettiva lineare e aerea.

In un soggetto la prospettiva lineare è creata da linee che sembrano convergere


verso uno o più "punti di fuga".
Per dare un senso tridimensionale alla foto dovete far convergere queste linee. I
punti di fuga possono essere all'interno dell'inquadratura o si possono trovare anche
in posizioni immaginarie fuori dalla fotografia.
Ricordatevi che un'immagine può avere uno o più punti di fuga.

Un esempio di un'immagine con un solo punto di fuga la trovate guardando la foto in


questo post.

Noterete che le nuvole creano come delle linee immaginarie che convergono in un
punto fuori dalla foto portando lo sguardo dell'osservatore in quella direzione.

Vengono a crearsi due o più punti di fuga quando nell'immagine ci sono linee o
superfici ad angolo retto l'una con l'altra e oblique rispetto al piano dell'immagine.
Questo è un disegno che ho preso come esempio a questo link:

Le linee dei muri dell'edificio sembrano convergere verso due punti di fuga differenti
situati al di fuori dell'immagine.

Per mettere in risalto la prospettiva lineare sono importanti il punto e l'angolazione di


ripresa, nonchè la focale dell'obbiettivo. Fotografando da breve distanza con
un'obiettivo grandangolare si ottiene una prospettiva accentuata, le linee orizzontali
che si allontanano convergono dando l'impressione che angoli, muri ed elementi
analoghi situati nelle vicinanze incombano in direzione della fotocamera, mentre
fotografando da lontano con un obiettivo di lunga focale si crea una prospettiva
appiattita.
L'angolazione della fotocamera rispetto alle linee principali del soggetto determina le
superfici che saranno rese più oblique (con aumento della sensazione di profondità)
e quelle che saranno rese frontalmente, con l'effetto opposto.

Prospettiva aerea:
In un paesaggio gli oggetti situati a distanze differenti tendono ad apparire
progressivamente più chiari e meno contrastati man mano che sono più lontani dalla
fotocamera, questi mutamenti tonali creano la prospettiva aerea.

Un esempio di prospettiva aerea la potete trovare nella foto a questo post dove
noterete che il cielo e il mare man mano che si allontanano dalla digitale come detto
sopra divengono più chiari e meno contrastati.

Nelle foto ad interni è utile sfruttare la prospettiva aerea per far sembrare un
ambiente molto più grande di quanto sia in realtà.

Articoli sulla Tecnica fotografica: La composizione


dell'immagine
In questo articolo parlerò della
composizione dell'immagine,
premetto che molti riescono a
fare delle belle foto perché
hanno un senso della
composizione innato, altri
perché l'hanno imparato strada
facendo, a riguardo consiglio di
leggere la guida su come allenare
e sviluppare l'occhio fotografico.

La fotocamera a differenza
dell'occhio umano registra tutto,
quindi quello che ai nostri occhi
in un primo momento è sfuggito
risultando invisibile in foto si
vedrà, con conseguente
delusione del fotografo. Quindi prima di scattare una foto si deve esaminare
attentamente sia il soggetto principale che gli elementi secondari, per non avere
brutte sorprese in seguito ( uno dei vantaggi del digitale rispetto alla pellicola è il
poter eliminare più facilmente gli elementi di disturbo dell'immagine ).

Ci tengo a dire che non esistono regole fisse che non possano essere trasgredite.
Alcune fra le migliori fotografie ignorano qualsiasi regola del disegno, ma a meno
che non abbiate un genio istintivo è meglio seguire le regole.

Secondo la mia esperienza personale ci sono 4 regole fondamentali da rispettare:


1°) Centrare bene quello che vi interessa, questo non significa che il soggetto della
fotografia debba stare al centro dell'immagine, anzi, molto meglio se il soggetto
principale è decentrato.
2°) Non dividete mai la fotografia con una linea verticale o orizzontale passante per il
centro, come potrebbe essere un palo o un albero. Inoltre l'orizzonte dovrebbe
essere al di sopra o al di sotto del centro.
Per esempio se si fotografa il mare la linea di orizzonte non deve stare mai al centro,
ma si deve dare più spazio al cielo oppure all'acqua.

3°) Se si fotografa un panorama state bene attenti che la linea di orizzonte non sia
storta, è orrendo vedere una foto in discesa o in salita, consiglio di fare più scatti
fino a che non si è sicuri di aver realizzato almeno una foto con la linea di orizzonte
perfettamente dritta.

4°) Prima di scattare, cercate il punto di vista migliore, provate ad inquadrare prima
con la macchina in orizzontale e poi, senza spostarvi, guardate la stessa cosa
ruotando la macchina di 90°, spesso basta questo per cambiare volto ad una foto.

Bisogna cercare il centro d'interesse della scena che si vuole inquadrare e


valorizzarlo il più possibile, si può intervenire in post produzione utilizzando lo
strumento di ritaglio, oppure sfruttare la differenza tonale tra il soggetto e lo sfondo (
per capire meglio di cosa parlo guardate la foto in questo articolo ). Soggetto chiaro e
fondo scuro ( o viceversa ) in questo modo si attira subito l'attenzione
dell'osservatore.

Quando guardate all’interno del mirino, tracciate ipoteticamente quattro linee


equidistanti ( alcune fotocamere digitali fanno apparire queste linee nel monitor ),
due orizzontali e due verticali ( come nel gioco del tris ) l'occhio umano è portato a
fermarsi su alcuni punti chiamati "punti forti dell'immagine" che saranno gli incroci
delle linee, queste linee comporranno 9 riquadri.
A questo punto il soggetto principale della vostra foto dovrà trovarsi in uno degli
incroci formati dalle linee.

Ritrarre esseri viventi:


Uno degli errori ( o orrori ) più comuni è quello di inquadrare il soggetto ponendolo
semplicemente al centro della nostra inquadratura senza riprenderlo nella sua
interezza.
Provate ad esempio a guardare la foto di una persona a cui non sono stati inquadrati
i piedi o la cui testa è stata in parte tagliata, avvertirete un senso di fastidio.

Molti pensano che basti semplicemente immortalare con la propria macchina


fotografica una scena che in quel momento gli trasmette delle particolari sensazioni
per poi attraverso quell'immagine farle provare anche ad altri, non c'è idea più
sbagliata, senza lo studio, la tecnica e l'esperienza solo voi ( forse ) proverete delle
emozioni davanti a quello scatto, emozioni scatenate dal ricordo che in voi suscita
quell'immagine, la fotografia come tutte le arti ha una sua logica, non basta fare click
per trasmettere qualcosa a chi guarda.
Articoli sulla Tecnica fotografica: Diaframma e profondità di
campo
PRIMA PARTE
Ho pensato di scrivere alcuni tutorial con le nozioni di base, per aiutare chi si
accosta per la prima volta al mondo delle reflex. Il tutorial è diviso in 2 parti, la prima
è quella essenziale, la seconda detta Approfondimenti contiene nozioni più
complesse che è meglio ignorare finché non si avrà ben famigliarizzato con la prima
parte del tutorial, ed anche in seguito potreste non sentirne mai la necessità. Se la
vostra passione cresce, consiglio caldamente l'acquisto di qualche buon libro per
approfondirla.

Il diaframma è un mezzo con cui possiamo regolare la quantità di luce che arriva al
sensore, esso è composto da una serie di lamelle che scorrono l'una sull'altra
chiudendo o aprendo un foto centrale attraverso cui passa la luce, come fa l'iride con
l'occhio. Per capirci meglio facciamo un esempio idraulico: perché la foto venga
bene il sensore/pellicola deve ricevere la corretta quantità di luce, immaginiamo che
il sensore sia una vasca da bagno, per farsi bagno serve una certa quantità di acqua
(acqua=luce) il rubinetto (=diaframma) dosa il flusso di acqua ed il tempo che
impiega la vasca a riempirsi è il tempo di esposizione.

Osserviamo subito come i numeri più piccoli indicano maggiore luce, mentre i
numeri più grandi indicano meno luce.

Valori tipici del diaframma sono:


f/1 – f/1,4 - f/2 – f/2,8 - f/4 – f/5,6 - f/8 - f/11 - f/16 - f/22 – f/32
naturalmente esistono anche i valori intermedi (vedi Approfondimenti).

A questo punto è necessario un altro sforzo per capire cosa é la profondità di campo
o più brevemente la PDC. Il nostro occhio non ha una risoluzione infinita, ad un certo
punto non riesce più a distinguere quando due punti sono semplicemente molto
vicini o quando effettivamente sono un punto unico, proprio su questo fatto si basa il
concetto di circolo di confusione (vedi Approfondimenti), ovvero noi vediamo come
un punto unico quello che in realtà è composto da due o più punti. Se mettiamo a
fuoco un soggetto posto alla distanza di 4 metri, tutto ciò che è posto a 4 metri sarà
perfettamente a fuoco, mentre ciò che è più lontano (anche a 4,01m) o più vicino sarà
fuori fuoco, in realtà proprio grazie all'incapacità del nostro occhio di distinguere i
punti troppo vicini, la messa a fuoco non è così selettiva, abbiamo così incontrato la
profondità di campo cioè la misura di quanto questa zona di nitidezza sia estesa!
Riassumendo la PDC è lo spazio che ci appare nitido davanti e dietro al nostro
soggetto.
Essa dipende solo dalla focale e dal diaframma (vedi Approfondimenti).
Perché accade tutto ciò?

Più aperto è il diaframma più largo è il fascio di luce che disegna sul sensore la
nostra immagine, e di conseguenza più grandi sono i punti (circoli di confusione,
vedi Approfondimenti) quindi la zona nitida è più ridotta, mentre più fino è il fascio di
luce, più preciso è il pennello che disegna l'immagine e quindi più estesa è la zona di
nitidezza davanti e dietro il soggetto, in verità entrano in gioco altri fattori, ma in
linea di massima potete ritenerlo vero (vedi Approfondimenti).
Osserviamo in queste foto come varia la PDC in funzione del diaframma impostato.

Il barattolo a fuoco è il terzo.

Focale 50mm @ f4

Focale 50mm @ f16


Questo schema approssimato mostra la profondità di campo di un 50mm al variare
del diaframma con un soggetto posto a 5 metri di distanza (linea rossa), la zona blu
indica la PDC, potete leggerne il valore in metri sulla scala di destra.

In quest'altro usiamo sempre il 50mm, però il nostro soggetto è posto a 10 metri (


linea rossa ), vediamo come cambia la PDC:
Notate come la PDC in alcuni casi si estenda ben oltre i 12m del mio schema, in un
caso arriva ad infinito, cioè tutto quello che è dietro il soggetto apparirà a fuoco.
Nei grafici salta all'occhio come la PDC sia minore davanti al soggetto e più estesa
dietro il soggetto! Da questo traiamo un importantissimo insegnamento:
La profondità di campo si estende per 1/3 davanti al soggetto e per 2/3 dietro.
Adesso che sappiamo cos'è il diaframma possiamo sfruttarlo, ricordando questa
semplice regola, per staccare il soggetto dallo sfondo, è meglio usare un diaframma
aperto, come in questa foto:

Diaframma f4

Mentre per avere una zona nitida il più ampia possibile e meglio usare un diaframma
chiuso come in quest'altra:

Diaframma f16
Ricordando nuovamente che la zona di nitidezza si estende per 1/3 davanti al
soggetto e per 2/3 dietro di esso. Osserviamo come è possibile sfruttare la PDC per
aumentare la zona nitida, riprendiamo la foto dei barattoli in fila, rispetto alla prima
foto abbiamo lo stesso diaframma ma tenendo conto della PDC abbiamo messo a
fuoco sull'elemento posto a circa 1/3 (quindi il secondo barattolo) e non sul terzo
barattolo che è invece il soggetto della foto, in questo modo abbiamo ampliato
ulteriormente la zona nitida.

Focale 50mm @ f16 con messa a fuoco sul terzo barattolo

Focale 50mm @ f16 con messa a fuoco sul secondo barattolo

Osservate come nell'ultima foto come tutti i barattoli siano più leggibili, anche quello
in primo piano risulta più nitido, e tutto variando il punto di messa a fuoco.
Se ci è indifferente uno sfondo sfocato o perfettamente nitido possiamo impostare
un diaframma intermedio, che ci garantirà una nitidezza più elevata (vedi
Approfondimenti).
Finora abbiamo visto come la PDC sia influenzata dal diaframma, adesso dobbiamo
vedere cosa cambia utilizzando diverse focali! Maggiore è la focale dell'obiettivo (per
ora diciamo i suoi mm) minore è la profondità di campo che avremo, viceversa a
parità di diaframma con focali più corte avremo una maggiore PDC.

Questo schema approssimato dovrebbe togliervi ogni ulteriore dubbio:

La zona blu indica la profondità di campo, che si ha con quell'obiettivo impostato a


f5,6 con il soggetto posto a 5 metri (linea rossa).

Osservate come il cambio di focale non solo consenta ampliare o ridurre


l'inquadratura, ma anche come a parità di diaframma con un grandangolo la zona
nitida sia molto più estesa che non con un teleobiettivo.

Notiamo che la PDC è una caratteristica dell'ottica/diaframma quindi anche


cambiando dimensioni del sensore/pellicola essa resta invariata! Un 50mm ad f/8
avrà la stessa PDC su una reflex con sensore APS-C, su una pellicola 35mm, una
6x6cm o su un banco ottico da 10x15cm.
Concludo ricordandovi che c'è un solo piano che risulta realmente a fuoco (linea
rossa nei disegni), e che la PDC rende accettabilmente a fuoco anche i soggetti
vicini, però un ingrandimento più o meno marcato renderebbe evidente questo
trucco, facendo notare la differenza di nitidezza tra il soggetto su cui avete messo a
fuoco e quello che invece gli era attorno!
SECONDA PARTE

Questa parte dovrebbe essere letta solo dopo avere compreso e sperimentato la
prima parte. Se dopo aver letto questa parte sentite un forte mal di testa o venite colti
da un attacco di panico, non è colpa mia, vi avevo avvertiti!

Focale equivalente e PDC del digitale


Bisogna fare una piccola premessa, ciò che distingue principalmente una focale da
un'altra è l'angolo di campo, ovvero quanta fetta di mondo riesco a infilare nella mia
foto, con un grandangolare riesco ad abbracciare grandi spazi, mentre con un
teleobiettivo posso cogliere solo particolari, in linea di principio, potrei fotografare
con un grandangolare un gruppo di amici poi ritagliare la testa di uno e farci un
primo piano, ed otterrei lo stesso primo piano che avrei potuto fare usando un
teleobiettivo per isolarlo dal gruppo.

Quando si dice che nel digitale la PDC è maggiore, in realtà si dice una mezza verità
(o una bugia di marketing), nel digitale utilizzando un sensore più piccolo del
formato pieno, si sfrutta solo la parte più centrale dell'immagine fornita dall'ottica,
quindi si ottiene quella che viene chiamata focale equivalente, in realtà si effettua
solo un ritaglio della parte centrale della foto, col risultato che sembra fatta con una
focale più spinta (verso il tele) ma poi in stampa si deve ingrandire maggiormente per
coprire lo stesso foglio di carta. Così un 50mm per il formato pieno, darà un
inquadratura pari ad un 80mm in formato pieno, però la PDC legata solo a focale e
diaframma resta la stessa! Ecco perché si ha la sensazione di una maggiore PDC a
parità di foto!
Posso ottenere la stessa foto a parità d'inquadratura con una PDC maggiore: quella
del 50mm, invece di quella del 80mm!

Una vera pacchia per gli amanti della macro fotografia ed una vera disgrazia per gli
amanti dei ritratti. Per gettare acqua sul fuoco vorrei ricordare che passando ad un
formato superiore ad esempio dal full frame o 35mm o formato Leica che dir si
voglia, avviene il fenomeno opposto, il 50mm che nelle digitali con formato ridotto
era un piccolo teleobiettivo, e nelle fotocamere a formato pieno era un ottica
normale, nel medio formato (formato 120 o 6x6) si comporta come un grandangolo,
quindi il digitale non ha scoperto nuovi fenomeni ottici, ma ha solo fornito spunti agli
addetti di marketing per creare false illusioni per vendere meglio.

Se vi sono restati ancora dei dubbi potete leggere questo topic:


http://www.fotografare.com/forum/viewtopic.php?t=1052

Calcolo della PDC e dell'iperfocale


Questa parte dovrebbe essere letta solo dopo avere compreso e sperimentato la
prima parte.
Prima dell'invenzione dell'autofocus, ed ancora adesso nelle situazioni in cui non è
possibile mettere a fuoco con precisione, si può ricorrere a questa tecnica per
assicurarsi un'immagine tutta a fuoco da una certa distanza in poi. Ogni volta che
scegliamo una focale ed un diaframma esiste un particolare valore della distanza di
messa a fuoco, detto iperfocale grazie al quale tutto quello che si trova da metà
dell'iperfocale fino all'infinito risulta a fuoco. Una volta sulle ottiche era sempre
riportata la scala delle profondità di campo e vi era anche una tacca che aiutava ad
impostare la distanza iperfocale in un paio di secondi, adesso (disgraziatamente) non
si usa più riportala, ma fortunatamente e sempre più diffuso il tasto per vedere la
PDC direttamente in ripresa, eliminando ogni calcolo relativo alla previsione della
PDC, ma se volete conoscere la distanza iperfocale di una vostra ottica dovrete
armarvi di penna, calcolatrice e pazienza!

Vediamo una formula approssimata, per il calcolo della PDC e dell'iperfocale


poniamo:
F = lunghezza focale dell'obiettivo in millimetri
f = valore di diaframma
c = diametro circolo di confusione, normalmente lo si considera uguale a 0.025mm
d = distanza dal soggetto
I = iperfocale
I = (F x F) / (f x c)
Punto a fuoco più vicino = (I x d) / (I + d)
Punto a fuoco più lontano = (I x d) / (I - d)
Profondità di campo = Punto a fuoco più lontano – Punto a fuoco più vicino

vediamo un esempio:
focale = 50mm
diaframma = f/8
c = 0,025mm
I = (F x F) / (f x c) = (50 x 50) / (8 x 0,025) = 12500mm = 12,5metri
quindi col 50mm ad f16 con messa a fuoco alla distanza di 12,5m risulterà tutto a
fuoco da 6,25m in poi, o come si suol dire dal 6,25 metri all'infinito.

Punto a fuoco più vicino = (I x d) / (I + d) = (12,5 x 12,5)/ (12,5+12,5) = 6,25metri


Punto a fuoco più lontano = (I x d) / (I - d) = (12,5x12,5)/(12,5-12,5) = 156,25/0 = infinito

Attenzione a non confondere i mm con i metri!

Fortunatamente esistono anche programmi freeware per il calcolo della PDC, il sito
della Olympus, ne mette a disposizione uno per tablet/pocket pc:

http://www.olympus.it/consumer/dslr_7246.htm

E naturalmente anche per computer:


http://www.dofmaster.com/custom.html

Non poteva mancare quello per cellulare:


http://www.curved-light.net/software/download.htm

Oltre a quelli da me indicati ne esistono moltissimi altri, basta una ricerca su internet
per trovarli, molti di questi software sono creati da appassionati, usateli a vostro
rischio e pericolo! sul mio pc uso dof, l'ultimo della lista, scegliete come unità di
misura i metri e come risoluzione 30lines/mm.
Circolo di confusione
Al contrario di quello che pensava un mio amico, non è il club delle suocere, ma il
limite di distinzione di due punti. Come avevo già anticipato, quando due punti sono
posti troppo vicini vengono confusi, e se ne vede uno solo. Questo limite non è fisso
e varia in funzione della focale utilizzata e del diaframma, generalmente lo si assume
pari a 0,025mm, ma si tratta solo di un valore teorico determinato sul massimo
potere risolvente dell'occhio, nelle migliori condizioni: distinguere 5 linee nere su
fondo bianco, a 30cm di distanza. Cambiare il colore dello sfondo o delle linee fa
crollare la capacità dell'occhio di distinguere i particolari, anche aumentare la
distanza di osservazione fa calare vistosamente la capacità di distinguere i
particolari, di conseguenza il circolo di confusione aumenta di dimensione. Adesso
dovrebbe essere più chiaro perché quei 0,025mm sono solo un valore massimo
teorico.

Perché i diaframmi hanno una numerazione così strana?


Perché l'intensità della luce diminuisce con il quadrato della distanza, per esempio:
se ad un 1 metro vale 100lux a 2 metri ne vale 25lux, per rendere uniforme il
passaggio dei parametri anche con il cambio di ottica, si è deciso di impostare il
diaframma in funzione dell'obiettivo, quindi f/8 fa arrivare al sensore la stessa luce
sia che ci si riferisca ad un 300mm sia che si tratti di un 17mm, quella f, indica
proprio la focale, se facciamo focale/8 otteniamo l'apertura effettiva in millimetri del
diaframma, per esempio con il 300mm avremo 300/8=37,5mm mentre con il 17mm
avremo 17/8=2,1mm, osservate come pur essendo sempre un diaframma f/8,
l'apertura effettiva sia così diversa! Passando da un valore al successivo la quantità
di luce che arriva raddoppia, infatti raddoppia l'area, proprio a causa della natura
della luce che si attenua così' velocemente! Ecco spiegato perché i diaframmi hanno
valori così insoliti e perché sono multipli di radice quadrata di 2.
Da notare che l'apertura massima corrisponde al diametro della lente frontale
dell'obiettivo, tranne che per alcuni schemi ottici particolari! per questo le ottiche più
luminose sono più grandi e quindi più costose... il vetro ottico è molto costoso!

Esiste il diaframma migliore?


Perché i diaframmi più aperti si vedono peggio? La costruzione dell'ottica in
particolare la lavorazione del vetro non riesce a produrre un vetro perfetto in ogni
particolare, per cui la parte centrale della lente ha una qualità maggiore di quella
periferica, inoltre i raggi di luce che arrivano nella zone più periferiche sono soggetti
ad una maggiore deviazione con conseguente maggiore attenuazione così si nota
spesso una caduta di luce ai bordi dell'immagine.
Perché i diaframmi più chiusi si vedono peggio? La luce in ottica viene normalmente
tratta come un onda che rispetta precise leggi geometriche, sfortunatamente quando
il foro (diaframma) da cui passa inizia ad essere troppo piccolo ci si imbatte in un
particolare fenomeno d'interferenza: la diffrazione, che fa “disperdere” la luce
evidenziandone la natura ondulatoria.
Proprio a causa della diffrazione il nostro raggio di luce varia notevolmente di
dimensione, ad esempio considerando un obbiettivo di focale di 50mm con
diaframma f2 ed f22 abbiamo che a causa della diffrazione ad f2 il nostro raggio di
luce è di circa 2,7micrometri mentre ad f22 è di circa 30micrometri, si tratta di una
differenza notevole, e se non fosse per limitazioni costruttive la migliore qualità
sarebbe sempre data dal diaframma più aperto. Per questi numeri non vi riporto i
calcoli perché esula dai fini dell'esempio, per una spiegazione più approfondita
consiglio la lettura di qualche buon libro di ottica o un testo di fisica. Osserviamo
come a differenza delle credenze comuni il raggio di luce che disegna la nostra
immagine sia in realtà più preciso con il diaframma più aperto.
Perché i diaframmi intermedi sono migliori? Perché sfruttano la parte centrale
dell'ottica che è quella lavorata con maggiore precisione e con la luce che arriva con
la migliore angolazione ed i diaframmi sono ancora sufficientemente grandi per non
incorrere nella diffrazione.

Posso sapere la PDC prima dello scatto?


Perché quando guardo col mirino non vedo esattamente la stessa PDC, ma tutto
appare più sfocato? Le fotocamere per consentire una comoda visione tengono il
diaframma alla massima apertura in modo che il mirino sia il più luminoso possibile,
e chiudono il diaframma al valore deciso per la foto, solo una frazione di secondo
prima dello scatto. Quindi normalmente nel mirino vediamo la PDC che avremo con il
diaframma più aperto (=il numero più piccolo), alcune fotocamere hanno un tasto
che permette di chiudere il diaframma al valore impostato per valutare nel mirino
l'effettiva PDC prima dello scatto! Così facendo il mirino diventa più buio, ma la
maggior parte delle volte è sufficientemente luminoso da permettere di capire cosa
sarà realmente a fuoco e cosa no.

Posso avere tutto a fuoco?


Appena avrete iniziato a giocare con la PDC ed i diaframmi vi renderete conto che
avere tutto a fuoco, è facile! basta usare diaframmi chiusi e giocare con la PDC
ricordandoci che si estende per 1/3 davanti al soggetto e per 2/3 dietro, il problema è
che usare diaframmi chiusi richiede molta luce, valori di ISO elevati e tempi lenti,
quindi nella maggior parte delle situazioni questo non è possibile o quanto meno
complica la vita costringendoci ad usare il cavalletto e tempi lenti o rinunciare alla
qualità usando valori elevati di sensibilità.

Curiosità:
dato che il diaframma è formato dalla sovrapposizione di una serie di lamelle, il foro
non è circolare ma ha una forma che dipende dal numero di lamelle, ad esempio se
ha sei lamelle sarà esagonale; solo alla massima apertura il foro è circolare!

Buone foto
Articolo di MambASoft
Articoli sulla Tecnica fotografica: La coppia tempo-
diaframma

Apertura dell'obbiettivo e tempo d'esposizione, cioè diaframma e otturatore


influiscono entrambi sull'immagine in due modi diversi.

1°) Modificando la quantità di luce che arriva al sensore: il diaframma mutandone


l'intensità, l'otturatore mutando il tempo in cui la luce agisce.

2°) Ciascuno esercita sull'immagine un effetto diverso, il diaframma modifica la


profondità di campo, cosa importante quando il soggetto comprende elementi situati
a differenti distanze dalla fotocamera ( Argomento trattato a questo articolo
"Diaframma e profondità di campo" ). Il tempo d'esposizione influisce sull'immagine
quando l'apparecchio o il soggetto sono in movimento.

COMBINAZIONI TEMPO-DIAFRAMMA

Per registrare chiaramente l'immagine il sensore deve ricevere la giusta quantità di


luce. In condizioni d'illuminazione normali c'è ben poca differenza fra l'usare un
tempo d'esposizione breve con un diaframma aperto o un tempo d'esposizione lungo
con un diaframma chiuso: entrambe le combinazioni danno al sensore la stessa
quantità di luce.

In basso potete vedere il rapporto di raddoppio e di dimezzamento fra diaframmi e


tempi. Questo rapporto vi permette di combinare valori diversi, modificando l'effetto
sull'immagine ma facendo entrare sempre la stessa quantità di luce.

Tempi - Diaframmi

1/500 - f2.8

1/250 - f4

1/125 - f5.6

1/60 - f8

1/30 - f11

1/15 - f16

A volte il livello d'illuminazione determina da solo la regolazione dell'esposizione.


L'illuminazione può essere così scarsa da rendere necessario un tempo
d'esposizione lungo e un diaframma molto aperto perché il sensore registri
l'immagine correttamente. Oppure l'illuminazione può essere così forte da imporre il
tempo d'esposizione più breve e il diaframma più chiuso.
Articoli sulla Tecnica fotografica: Otturatore, tempi ed
esposizione

L'otturatore è solitamente composto da una tendina metallica sottilissima e


delicatissima ( non dovrete mai toccarla! ) che alzandosi fa entrare la luce ( come la
tenda di casa alle finestre ) e richiudendosi fa finire il flusso di luce. In alcune reflex
digitali e in alcune compatte, non è presente un otturatore, ma viene acceso/spento il
sensore per simularne il funzionamento.
Adesso che sappiamo cos'è vediamo a cosa ci serve!
I tempi d'esposizione, o più brevemente il tempo, è l'altro parametro con cui
possiamo dosare la luce, a parità di diaframma un tempo lento farà passare più luce
rispetto ad un tempo più rapido, riprendendo l'esempio del rubinetto e della vasca da
bagno, se lasciamo aperto il rubinetto per più tempo ( tempo d'esposizione più lungo
) entrerà molta acqua ( luce ) nella nostra vasca, mentre se apriamo il rubinetto per
poco tempo ne entrerà meno. Per avere la nostra esposizione corretta dobbiamo
aprire il rubinetto abbastanza per avere avere la giusta quantità di acqua, nel tempo
che vogliamo attendere per il riempimento. In questi tre disegni vediamo come a
parità di diaframma entri diversa acqua/luce a seconda del tempo di apertura del
rubinetto/otturatore:
Solitamente i tempi vengono indicati in frazioni di secondo, tempi tipici ( in secondi )
sono:

4 - 2 - 1 - 1/2 - 1/4 - 1/8 - 1/15 - 1/30 - 1/60 - 1/125 - 1/250 - 1/500 - 1/1000 - 1/2000 –
1/4000

le fotocamere permettono di usare anche frazioni intermedie per cui possiamo avere
un tempo di 1/100 come anche quello di 1/750.
Spesso i tempi utilizzati sono le frazioni di secondo, quindi frequentemente negli
schermi e nei mirini si omette l' 1/ e si scrive il numero senza indicare la frazione,
una gran brutta abitudine! Raramente gli otturatori riescono a fornire tempi più brevi
di 1/4000 di secondo, mentre tutte le reflex utilizzano la posa B o T che permette
l'uso di tempi nell'ordine di secondi, minuti o anche ore, che tornano utilissime in
alcuni generi fotografici come la fotografia notturna.
Scegliamo il tempo corretto
Vediamo ora come scegliere il tempo d'esposizione che ci serve!
se dobbiamo fotografare un soggetto veloce, ci servirà un tempo rapido, per
fermarlo.

1/500 @ f4

Mentre per un soggetto lento basta un tempo più lento.

1/15 @ f22

Una buona regola di base per la scelta del tempo d'esposizione è:


Per fotografare a mano libera scegliere un tempo che sia almeno l'inverso della
focale in uso.
Per esempio: se stiamo fotografando con un 300mm a mano libera dovremo usare
almeno un tempo di 1/300, se invece usiamo un 28mm a mano libera dobbiamo usare
un tempo di 1/30.
Questa regoletta funziona con soggetti fermi o comunque piuttosto lenti, nel caso in
cui il soggetto si muova velocemente o diagonalmente le cose si complicano, e
specie per i primi tempi è meglio usare sempre il tempo più veloce che possiamo
permetterci.
Se usiamo una digitale con sensore a formato ridotto come un APS-C il tempo non
varia.

Se ci serve un tempo troppo lento, come evitiamo di fare una foto mossa?
Se non possiamo aprire il diaframma, e non possiamo aumentare gli ISO per far
diminuire il tempo possiamo comunque ricorrere a varie alternative, la classica è
l'utilizzo di un cavalletto o di un monopiede oppure ci si può appoggiare ad un
muretto, ad un albero o qualunque altro sostegno che ci renda più stabili.

ISO
L'ultimo importante parametro su cui possiamo agire è la sensibilità del
sensore/pellicola.
L'International Standard Organization più brevemente ISO, è l'unità di misura della
sensibilità della pellicola, ad ogni raddoppio del valore corrisponde un raddoppio
della sensibilità alla luce e viceversa ad ogni dimezzamento del valore si ha un
dimezzamento di sensibilità.
Partiamo con una considerazione: maggiore è il numero di ISO meno luce serve per
fotografare, ma il rumore ( la grana della foto ) diventa più evidente, viceversa,
minore è la sensibilità ( valori ISO più piccoli ) più luce serve per fare la fotografia,
però la qualità è maggiore! ogni volta dovremo scegliere da che parte tirare la nostra
coperta per trovare un compromesso.
Detto questo una regoletta pratica per i primi tempi potrebbe essere, usa sempre il
valore ISO minimo per quello che vuoi fotografare, così otterrai sempre la massima
qualità della foto.
L'impostazione degli ISO si potrebbe lasciare in automatico, però non è detto che la
fotocamera imposti il valore che serve a noi. Se stiamo fotografando a mano libera
sarà necessario usare un tempo sufficiente per non fare la foto mossa, spesso la
fotocamera ci viene in aiuto aprendo il diaframma, ma potremmo non volere un
diaframma più aperto, perché vogliamo sfruttare la profondità di campo! tra i vari
parametri su cui possiamo agire c'è appunto la sensibilità ISO, ogni raddoppio del
valore corrisponde ad 1 EV in più, viceversa ad ogni dimezzamento del valore
corrisponde 1 EV in meno. Vediamo di capirci con un esempio:
con un 50mm abbiamo un tempo di 1/30 il diaframma è già all'apertura massima di
f2,8 e la sensibilità è impostata su 200ISO, in queste condizioni per la nota regola del
tempo di sicurezza avremmo una foto mossa, accettando una minima perdita di
qualità, passiamo da 200ISO a 400ISO ( che è il valore successivo ) ed il tempo passa
da 1/30 ad 1/60 ( abbiamo aggiunto 1 EV ), se invece abbiamo un cavalletto su cui
montare la fotocamera potremmo voler usare una sensibilità minore per avere una
maggiore qualità, per cui portiamo gli ISO da 200 a 100ISO ( il valore inferiore ) ed il
tempo cala così da 1/30 ad 1/15 ( -1 EV ).
Quanti ISO deve avere la fotocamera? È importante che abbia una sensibilità minima
di almeno 100 o 200 ISO ed una massima il più alta possibile, per poter fotografare
senza flash nelle condizioni di luce più scarse, orientativamente una reflex parte dai
100 ed arriva almeno fino ai 1600ISO, alcuni recenti modelli anche a 26500ISO,
naturalmente ai valori più elevati la qualità cala vistosamente, producendo spesso
foto inutilizzabili!
Cos'è l'esposimetro?
L'esposimetro è il dispositivo che misura la luce della scena e ci dice che coppia
tempo/diaframma usare in base agli ISO impostati, ed è importante avere un idea del
suo funzionamento per capire quando e come usarlo e soprattutto quando non
fidarci di lui!
Vediamo brevemente come funziona, come si può notare ad occhio un foglio bianco
riflette molto la luce mentre un foglio nero ne riflette poca, dato che ogni colore
riflette diversamente la luce si è deciso di usare come riferimento un grigio neutro
con riflettanza del 18%, a cosa ci serve saperlo? Se in una scena sono presenti
troppi elementi chiari l'esposimetro fornirà una coppia tempo/diaframma tale da
scurirli, viceversa se sono presenti troppi elementi scuri, tenderà a schiarirli, e qui
sta il nocciolo della faccenda, se inquadro un abito bianco, l'esposimetro farà il
possibile per farmelo venire fuori grigio, viceversa se inquadro un abito nero,
l'esposimetro mi indicherà come schiarirlo, ignorando che l'abito bianco deve
restare bianco e l'abito nero deve restare nero! In casi estremi come questo conviene
puntare la fotocamera su un soggetto di tinta più neutra posto vicino al soggetto che
vogliamo fotografare, leggere l'esposizione su quello ed usare quei dati per il nostro
soggetto, oppure compensare manualmente l'esposizione, ad esempio diminuendo il
tempo d'esposizione nel caso di un soggetto chiaro o aumentandolo per un soggetto
scuro.

Gli esposimetri incorporati nelle reflex per misurare la luce si servono solitamente di
5 metodi abbastanza standard, ma solo nei modelli più costosi si riescono a trovare
tutti assieme, vediamoli:

1)Media a prevalenza centrale: come dice il nome la luce viene misurata in tutta la
scena inquadrata ma si da più peso alla parte centrale, in cui si presuppone ci sia il
soggetto, per anni è stata la modalità d'esposizione più diffusa, ed ancora oggi è
apprezzata, basta ricordarsi di mettere il soggetto al centro, io la prediligo nei ritratti,
specie nei primi piani.

2)Multizona o valutativa: la scena viene divisa in zone ( alcuni multizona arrivano a


35 zone distinte! ) la luce viene misurata e mediata secondo delle scene standard
memorizzate nella fotocamera, è una modalità di misurazione che si rivela vincente
nella quasi totalità dei casi. A seconda delle case produttrici prende un nome
diverso.

3)Spot: la misurazione avviene in una piccolissima fetta dell'immagine


indicativamente 3°, a causa di questa sua particolarità risulta difficile calcolare
l'esposizione per l'intera scena, perché l'esposimetro fornisce la coppia
tempo/diaframma solo per quella piccolissima porzione inquadrata ignorando il
resto! può toglierci d'impaccio nelle situazioni più complesse, ma richiede una certa
dimestichezza nel uso.

4)Semispot: e simile alla spot, ma l'angolo inquadrato è più ampio indicativamente


9°, risulta più gestibile della predente, ma comunque complessa per chi è alle prime
armi, e non solo per loro.

5)Multispot: invece di lasciare decidere al sistema multizona quali sono le parti


importanti della scena, siamo noi a sceglierle inquadrando successivamente in
modalità spot tutte le parti che ci interessano (di solito si arriva fino a 9 letture spot),
sarà poi la fotocamera a fare la media per trovare l'esposizione corretta.

Diamo ora uno sguardo alle varie modalità d'esposizione:

1)Manuale: siamo noi a scegliere tempo e diaframma, è la modalità che lascia più
controllo al fotografo, la fotocamera ci avverte quando l'esposizione è corretta o di
quanto stiamo sbagliando, solitamente con una barra colorata.

2)Priorità dei tempi: noi scegliamo il tempo e la fotocamera imposta il diaframma,


utile quando il soggetto è veloce o utilizziamo un teleobiettivo o il flash è non
vogliamo andare sotto il tempo di sicurezza

3)Priorità dei diaframmi: noi scegliamo il diaframma e la fotocamera imposta il


tempo, il mio preferito , permette di giocare con la PDC senza preoccuparsi del
tempo.

4)Programmi vari: la fotocamera imposta tempo e diaframma ed eventualmente


anche il flash in modo del tutto automatico seguendo dei canoni standard per il tipo
di programma scelto. Solitamente imposta un tempo sufficientemente veloce per non
muovere la foto a mano libera, eventualmente attivando il flash.

Esistono una miriade di programmi dedicati ad ogni cosa, vediamone i principali:

a)Automatico o Program: in base ad una serie di informazioni memorizzate nella


fotocamera sceglie tempo/diaframma tentando di riconoscere la scena, e si adatta di
conseguenza, per cui il suo funzionamento ricalca spesso i programmi dedicati.

b)Ritratto: imposta sempre il diaframma più aperto, e predilige la messa a fuoco del
soggetto più vicino

c)Sport: imposta sempre il tempo più veloce, spesso si accoppia con la funzione di
inseguimento del sistema autofocus.

d)Profondità di campo: l'autofocus rileva il soggetto più vicino e quello più lontano
impostando il diaframma più chiuso in modo che siano entrambi a fuoco.

e)Paesaggi: imposta diaframmi chiusi e predilige la messa a fuoco del soggetto più
lontano.

f)Macro: imposta diaframmi chiusi e mette a fuoco il soggetto più vicino.

g)Ritratto notturno: come il ritratto però la fotocamera imposta un tempo lento per
esporre correttamente lo sfondo ed usa un colpo di flash per esporre il soggetto in
primo piano, questa tecnica è detta slow-sync.
Dato che volete imparare ad usare la reflex, evitateli, c'è sempre tempo per
impigrirsi.
Messa a fuoco manuale ed autofocus
In questa sede non ci interessa sapere come funziona, ma solo come utilizzarlo. Le
moderne reflex hanno solitamente 4 modalità di messa a fuoco, i cui nomi cambiano
da ditta a ditta, ma la cui sostanza rimane uguale, vediamoli:

1)AF one shot: messa a fuoco del soggetto solo premendo il pulsante di scatto,
ideale per soggetti fermi, come persone in posa o cose.

2)AF predittivo: la fotocamera sa di avere a che fare con un soggetto in movimento e


corregge la messa a fuoco stimando lo spostamento del soggetto nel breve
intervallo di tempo dello scatto, è l'ideale per soggetti in movimento.

3)AF intelligente: la fotocamera commuta tra i due metodi precedenti a seconda del
soggetto.

4)Manuale: il fotografo deve disattivare l'autofocus e ruotare la ghiera dell'obiettivo


fino a che l'immagine non appare nitida. Nelle vecchie reflex che avevano solo la
messa a fuoco manuale, nel mirino si vedeva una corona di quadratini ( corona di
microprismi ) ed al centro un immagine spezzata ( telemetro ad immagine spezzata ),
per avere la messa a fuoco bastava ruotare la ghiera dell'obiettivo finché l'immagine
appariva nitida sulla corona o equivalentemente l'immagine spezzata diventava
intera.
Da notare che la fotocamera mette a fuoco il soggetto solo se questo si trova in
corrispondenza di uno dei sensori dell'autofocus, solitamente indicati con un punto
che s'illumina quando aggancia un soggetto. Le moderne reflex hanno dai 5 ai 45
punti di messa a fuoco, per individuare da sole il soggetto nella scena, ma è sempre
possibile scegliere il punto di messa a fuoco, nel caso in cui l'autofocus voglia
mettere a fuoco il soggetto sbagliato!

Otturatore, tempi ed esposizione - parte seconda


Questa parte deve essere letta solo dopo aver ben compreso la prima parte, contiene
nozioni che possono esservi utili, in alcuni casi particolari. Potete fotografare
tranquillamente anche senza leggerla, ma vi consiglio di non ignorarla
completamente.

Latitudine di posa o gamma dinamica


Ogni dispositivo, sia esso una pellicola, un sensore o lo stesso occhio umano, ha
una capacità limitata di distinguere nella stessa scena i dettagli di un soggetto
troppo chiaro e di uno troppo scuro. Sarà capitato a tutti entrare in una stanza buia e
dopo un po di tempo iniziare a vedere un pochino, ma appena accendiamo la luce,
non vediamo più nulla e finiamo abbagliati! finché l'occhio non si riabitua. Un altro
caso è quando incrociamo di notte un automobilista con i fari abbaglianti accesi, e
noi non vediamo più la strada, ma ecco che accendendo a nostra volta i fari
abbaglianti, ricominciamo a vedere. In entrambi i casi abbiamo superato la gamma
dinamica dell'occhio finendo abbagliati, a sensori e pellicola accade lo stesso, ma al
contrario del nostro occhio loro non possono compensare come nel primo caso, ma
è però possibile farlo nel secondo, accendendo un'altra luce si diminuisce la
differenza tra zone chiare e zone scure. La latitudine di posa è appunto la capacità di
registrare correttamente una scena in cui ci sono zone chiare e scure, rendendo i
dettagli di entrambe. In fotografia questo viene espresso in stop o in EV,
immaginiamo una scena tipica, vogliamo fotografare una pianta illuminata dal sole.
La parte colpita dal sole è molto chiara perché riflette la luce del sole, mentre il
tronco ed i rami saranno più scuri perché all'ombra dei rami sovrastanti, se
prendessimo l'esposizione sul tronco potremmo leggere 1/15@f8 mentre sulle foglie
al sole potrebbe essere 1/500@f8 un salto di ben 5EV (1/15-1/30-1/60-1/125-1/250-
1/500) il sensore di una digitale non riuscirebbe a registrare correttamente la scena,
anche una diapositiva fallirebbe, mentre una negativa potrebbe tranquillamente
rendere la foto.
Un'altra alternativa sarebbe usare una luce (ad esempio un flash) per illuminare il
tronco in modo da ridurre il divario di esposizione.
Per darvi un ordine di idee, le negative a colori arrivano anche a 6 stop (+/- 3 stop),
quelle in bianco e nero a 8 stop (+/- 4stop) mentre le diapositive al massimo a circa 2
stop (+/- 1 stop), nei sensori la latitudine è minore di quella delle diapositive. Quindi i
sensori tollerano meno gli errori di esposizione rispetto alle pellicole. La tecnica dell'
HDR (High Dynamic Range) era nata proprio per aumentare in post produzione la
scarsa latitudine dei sensori, anche se adesso è spesso utilizzata per ottenere
fotografie dai colori palesemente falsi, ma pittoreschi.

HDR ( High Dynamic Range )


Per compensare la scarsa latitudine di posa dei sensori si è ricorsi a questo artificio,
talmente efficace quanto semplice: si scattano varie foto del soggetto esponendo per
avere dettagli nelle ombre e nelle alte luci, tramite un software queste foto vengono
sovrapposte alla foto normale ottenendo una compensazione selettiva. Nella foto
finale le parti in ombra saranno quelle della foto fatta per le ombre, le alte luci
saranno quelle della foto fatta per le alte luci, così si estende artificialmente la
gamma dinamica della foto. In commercio esistono vari software per fare questo
ricordo solo i principali come Photoshop CS3 e Photomatix, vi rimando al loro sito di
quest'ultimo per avere degli esempi di come utilizzare questa tecnica e di cosa
attendervi da essa: http://www.hdrsoft.com/

La posa B deriva il suo nome dal Bulb, una pompetta che serviva per far scattare
l'otturatore a distanza tramite un cavo pneumatico, e mantenerlo aperto. Impostando
la posa B, l'otturatore viene aperto quando si preme il pulsante di scatto e viene
chiuso quando, il pulsante viene lasciato! Risulta evidente che muovere la
fotocamera tenendo premuto il tasto sarebbe relativamente facile e porterebbe ad
una foto mossa, per questo si è soliti usare un telecomando a filo o infrarossi per far
scattare l'otturatore e tenerlo aperto. La posa T è simile alla B, quando viene premuto
il tasto inizia l'esposizione, che termina quando viene ripremuto! Una cosa
decisamente più comoda rispetto al tenerlo premuto tutto il tempo, come in posa B,
per fortuna che hanno inventato i telecomandi con il blocca tasto!

Tempi di sicurezza con i sensori ridotti tipo APS-C e non solo


Alcune considerazioni sulla regola del tempo di sicurezza, secondo la quale per non
fare foto mosse a mano libera basta usare un tempo pari ad 1/ focale utilizzata,
questa nasce da considerazioni pratiche, legate all'angolo di ripresa dell'obiettivo in
uso ed anche al peso dello stesso. Per esempio se stiamo usando un 50mm sul
formato pieno ( 24x36mm ) abbiamo un angolo di campo di circa 45° mentre
montandolo su una fotocamera in formato APS-C l'angolo diventa di circa 30°, ma
l'angolo dell'ottica è sempre 45° siamo noi che riprendiamo solo una fetta più
piccola. Trattandosi di una regola pratica, non va presa per oro colato, ma solo come
un punto di partenza! Chi ha una mano più ferma potrà usare tempi più lunghi,
viceversa chi ha una mano più ballerina userà tempi più brevi.
Tempi di sicurezza
Tabella di riferimento per una focale di 50mm
Tempi di otturazione con soggetto in movimento perpendicolare alla fotocamera,
quindi il soggetto viene diritto verso di noi o si allontana lasciandoci alle spalle.

3m 6m 10m 20m
fino a 5km/h 1/125 1/60 1/30 1/15
fino a 10km/h 1/250 1/125 1/60 1/30
fino a 20km/h 1/500 1/250 1/125 1/60
fino a 80km/h 1/2000 1/1000 1/250 1/125
fino a 200km/h 1/4000 1/2000 1/500 1/250

Se la focale raddoppia il tempo si dimezza.


Ad esempio dalla tabella leggiamo che con il 50mm a 3m serve 1/125 mentre per un
100mm a 3m, serve un 1/250.
I tempi scelti devono essere compatibili con la regola anti-mosso di prima.
Il tempo minimo deve essere almeno 1/focale, quindi con un 50mm ci serve almeno
un 1/50 o il tempo più vicino 1/60, con un 500mm ci serve almeno un 1/500, con un
24mm ci basta un 1/24 o meglio un 1/30... se usiamo il cavalletto il problema del
mosso ( a causa nostra ) non si presenta, quindi basta tenere conto solo del
movimento del soggetto!
I tempi di otturazione variano anche in funzione dell'angolo con cui si muove il
soggetto rispetto alla fotocamera:

1) Il soggetto si muove dritto verso di noi, o fugge da noi ( ma sempre diritto a noi )
allora i tempi sono quelli della tabella.

2) Il soggetto si muove parallelamente a noi, esempio classico: siamo sul


marciapiedi e vogliamo “congelare” le automobili che passano in strada, siamo nel
caso peggiore i tempi vanno almeno raddoppiati.

3) Il soggetto si muove in diagonale allontanandosi da noi, ci servono tempi doppi


rispetto la tabella per fermarlo, mentre se si muove in diagonale verso di noi bastano
i tempi della tabella o poco di più.
Naturalmente l'attendibilità della tabella va calando con l'aumentare della velocità del
soggetto. Potete considerarli tempi minimi sotto i quali non andare
Si potrebbe stilare una intera casistica, ma non servirebbe a molto.
Cosa sono gli EV ( Exposition Value )?
Indicano la quantità di luce che arriva al sensore/pellicola con la scelta
coppia/diaframma.
Il calcolo non è certo banale bisogna calcolare il logaritmo in base 2 del rapporto fra
il quadrato del diaframma ed il tempo.
EV = log( diaframma * diaframma / tempo) / log2
per esempio f8 @ 1/125 equivale a f5.6 @ 1/250 cioè a 13EV.
Fortunatamente passare da un valore EV al successivo comporta un salto di 1 EV.

Esempio:
da f8 @ 1/125 +1EV significa passare a f5.6 @ 1/125 oppure a f8 @ 1/60,
stesso discorso per -1EV, f8 @ 1/125 -1EV significa f11 @ 1/125 oppure f8 @ 1/250.

Difetto di reciprocità o effetto Schwarzchild


Nelle fotocamere digitali questo difetto non esiste!
La pellicola non ha un comportamento lineare per ogni tempo, con tempi troppo
brevi come 1/8000 o più lunghi di 30 secondi, la conversione tra le coppie
tempo/diaframma non è più possibile, e si devono introdurre delle modifiche, per
vedere come variano vi rimando al tutorial sulla Fotografia Notturna.

Grigio Medio al 18%


Cos'è l'abbiamo già visto, quello che ancora non vi ho detto è che potete trovare
questo misterioso oggetto in vendita nei negozi. Vi starete chiedendo a cosa potrà
mai servire? L'esposimetro riconosce come colore neutro solo questo particolare
grigio, quindi nel caso vi troviate a dover valutare l'esposizione su un soggetto
colorato potete sostituire il soggetto con il cartoncino e misurare da molto vicino
l'esposizione sul cartoncino, toglierlo e scattare la vostra foto! Bisogna usare alcuni
accorgimenti come leggere la luce in spot sul cartoncino, oppure leggere la luce
riempendo con esso l'intera inquadratura. Assicurandoci sempre che la luce sul
cartoncino sia la stessa che poi colpirà il soggetto. Se non disponiamo del grigio
meido, possiamo usare un sistema più approssimato, ma che talvolta può toglierci
d'impaccio: leggiamo l'esposizione sul palmo della mano! sapendo che andrà
compensato di 1EV perché più chiaro del cartoncino, per inciso dovete togliere 1EV .

Tipi di esposimetri
Esistono due tipi di esposimetro, anzi due modi diversi per leggere la luce! gli
esposimetri a luce riflessa e quelli a luce incidente.
Gli esposimetri a luce riflessa leggono la luce riflessa dal soggetto, sono quindi
influenzati dai colori del soggetto, in quanto ogni colore riflette una diversa quantità
di luce, per esempio il giallo riflette più luce del blu, come valore medio si usa il
grigio di cui abbiamo già parlato.
Nelle reflex si usano esposimetri a luce riflessa, per questo quando il soggetto non
ha un colore simile al grigio, finiscono ingannati!
Gli esposimetri a luce incidente, non vanno puntati contro il soggetto come la reflex,
ma dando le spalle al soggetto in modo da leggere la luce che colpisce il soggetto,
non facendosi così ingannare dal suo colore, solitamente vengono venduti come
esposimetri separati, richiedono una certa dimestichezza per essere usati.
Tipi di autofocus
Per comodità gli autofocus si dividono in attivi e passivi:
Gli autofocus attivi, mandano un raggio solitamente infrarosso contro il soggetto e
calcolando il tempo di ritorno del raggio riflesso stimano la distanza, questo sistema
presenta due svantaggi il primo è la necessita di un raggio che arrivi a colpire il
soggetto, che quindi deve essere vicino! il secondo è più di natura tecnica,
implementare il sistema per ogni distanza renderebbe il meccanismo costoso, quindi
si divide in zone lo spazio davanti alla fotocamere e si fa una stima approssimata,
giocando sulla PDC. Funzionano benissimo anche con scarsa luce ma possono
essere tratti in inganno dal sole troppo forte, o da fonti di calore. Questo sistema
viene comunemente utilizzato nelle compatte.
Gli autofocus passivi, si dividono in due tipi:
1.Rilevamento di fase: si basa su un idea tanto semplice quanto geniale, se un punto
non è a fuoco questo appare come un disco se invece è a fuoco appare come un
punto! disponendo due sensori sul piano della pellicola/sensore e comparandoli si
può misurare quando effettivamente la messa a fuoco è corretta, il tutto si riduce alla
ricerca della posizione in cui il punto è più piccolo. Attualmente è il sistema migliore.
2.Misurazione del contrasto: quando l'immagine è a fuoco il contrasto è massimo, in
questo caso il sensore si limita a spostare la messa a fuoco fino a trovare il massimo
contrasto.

L'unica pecca dei sistemi passivi è che in presenza di soggetti con scarso contrasto
o con poca luce, non riescono a mettere a fuoco, il vantaggio è che non sono tenuti a
calcolare la distanza del soggetto, anche se poi lo fanno comunque per ottimizzare
altre funzioni.
Nelle moderne reflex oltre ad un sistema passivo, è sempre presente anche un
sistema attivo, accoppiato al flash incorporato ( o più raramente ad un emettitore IR )
o a quelli acquistabili separatamente, il principio è simile, uno o più lampi illuminano
la scena per la frazione di secondo che serve all'autofocus per funzionare, talvolta
viene letta anche la quantità di luce riflessa ed il suo tempo di ritorno, questo dato
viene usato per stimare in modo ancora più preciso la distanza del soggetto, e
l'esposizione che quasi certamente richiederà anche l'uso del flash.

Curiosità
Nelle fotocamere usa e getta e nei fotocellulari spesso si mette un solo diaframma
chiuso per sfruttare l'iperfocale e risparmiare sull'autofocus e si usa un obiettivo con
focale tendente al grandangolo per usare bassi tempi d'esposizione, solitamente
ottenuti spegnendo ed accendendo il sensore senza l'utilizzo di un vero otturatore.

Articolo scritto da Marco Mambrelli alias MambASoft


Articoli sulla Tecnica fotografica: Fotografia notturna

Quante volte abbiamo visto delle splendide immagini di città notturne? con quelle
luci irreali che trasformavano comuni paesaggi urbani in misteriosi luoghi dai colori
fantastici?

Ci troviamo adesso di fronte ad un primo bivio, le foto scattare nell’ora blu o dei
notturni veri e propri. Le foto scattate nell’ora blu (che dura una ventina di minuti…)
sono foto in cui il sole sta tramontando/sorgendo, per cui, con un posa ancora non
troppo lunga possiamo avere una foto con un bel cielo blu e luci accese, mentre in
un notturno, avremo il cielo nero (o al chiaro di luna) e le luci accese.

Per nostra fortuna Aprile e Maggio sono i periodi dell’anno migliori per simili foto
perché i tramonti/albe sono più lunghi ed il clima è mite. Spesso i risultati migliori si
ottengono proprio dopo il tramonto e prima dell'alba.

Partiamo descrivendo i notturni, cosa ci serve? La nostra fidata reflex ed i nostri


obbiettivi, un cavalletto (meglio se con bolla), una torcia elettrica, un blocco notes,
una penna, pile di riserva, pellicola o schede di memoria, uno scatto flessibile ed un
orologio
Molto facilmente le nostre esposizioni saranno dell’ordine della decina di secondi o
addirittura di minuti! Quindi molto spesso useremo la posa B, con la reflex montata
sul cavalletto e lo scatto flessibile o lo scatto a distanza (o l’autoscatto se il tempo è
previsto dall’esposimetro) per non muoverla durante la lunga esposizione.
Durante le pose lunghe e buona norma coprire il mirino per evitare infiltrazioni di
luce che possano falsare l'esposimetro, si tratta di una possibilità molto remota, ma
perché rischiare? Se la nostra fotocamera non dispone della posa B (gravissima
mancanza ), dovremo limitarci alle foto nell’ora blu ed a pochi altri fortunati
notturni.

Adesso siamo di fronte ad un altro bivio, se la nostra reflex è a pellicola dobbiamo


ricordarci che quando il tempo di posa supera i 10 secondi non vale più la regola
della reciprocità a causa dell'effetto di Schwarzschild (o difetto di reciprocità), cioè
se l’esposimetro indica un tempo di 10’’ @ f8 l'esposizione non è equivale più a 20’’
@ f11 ed allora come ci si orienta!?!?
Come partenza usate questi valori, che comunque possono variare da pellicola a
pellicola:
10’’ a 20'' + 1 stop
da 20’’ a 100'' + 2 stop
più di 100’’ + 3 stop
il passaggio da un fattore di correzione ad un'altra non è così netto, ricordatevi che
esistono anche le frazioni di stop
quindi se il nostro esposimetro segna 10’’ @ f8 il tempo sarà 40’’ @ f11

come se questa complicazione non bastasse, le pellicole con tempi sopra i 10’’
iniziano a produrre colori sfalsati, per cui utilizzate sempre la stessa pellicola, così
potrete prevedere i risultati con più facilità, inoltre qualche scatto a forcella, non vi
farà rimpiangere la pellicola usata. Per le analogiche consiglierei di usare pellicola
negativa, perché sopporta meglio gli errori d'esposizione.

Se invece la nostra reflex è digitale, il difetto di reciprocità non ci tocca minimamente


e possiamo seguire le indicazione dell’esposimetro, inoltre possiamo vedere subito
sul display l’anteprima della foto, un notevole vantaggio! però adesso arrivano i
dolori i sensori con esposizioni lunghe danno il peggio di loro stessi perché il
rumore si somma, per cui più dura l’esposizione più il rumore sarà evidente, alcuni
costruttori per ovviare a questi problemi hanno introdotto il metodo del dark frame,
la fotocamera scatta due volte, lo scatto aggiunto viene sottratto allo scatto
principale per togliere il rumore che si ipotizza costante (quale ottimismo!)
funziona abbastanza bene, ma se la vostra fotocamera non è dotata di questo
accorgimento esistono programmi in grado di fare un lavoro simile come questi:

http://www.neatimage.com/ a pagamento fa anche da filtro per Photoshop


http://www.picturecode.com/ scaricate Noise Ninja
http://www.imagenomic.com/ scaricate Noiseware

Non aspettatevi miracoli, anche se migliorano notevolmente i risultati.


Non è insolito accorgersi di qualche pixel rovinato, in una posa dell'ordine di
qualche decina di secondi, questi si presentano come punti bianchi/grigi dove non
dovrebbe esserci oppure come un punto rosso, verde o blu.
Potete passare l’immagine sospetta a Dead Hot Pixel Test un programma gratuito
che esegue per voi l'analisi è scaricabile da:
http://www.starzen.com/imaging/deadpixeltest.htm
gli hot pixel sono pixel rovinati bloccati su un solo colore, che presto si bruceranno,
mentre i dead pixel, sono già bruciati

Se è ancora in garanzia fate qualche prova per verificare e poi fatevela riparare,
altrimenti consolatevi col fatto che si notano soprattutto con tempi superiori a 1/15' e
con un tocco di pennello potete correggerli.

Prima di partire è necessario fare una premessa sul colore della luce! Useremo
pellicola per luce diurna o la digitale su luce diurna, con lo scopo di evidenziare i
colori delle varie illuminazioni e con la consapevolezza che sarebbe comunque
impossibile correggere tutte le dominanti (ammesso che si voglia farlo), come
riferimento sui colori prendete questo:

- luci al tungsteno (tipiche lampadine a filamento), fari alogeni e lampioni: luce rossa/
arancio

- luci al neon: luce azzurrina/verdognola

- lampade al sodio (le vedete nelle strade): luce rossastra

difficilmente ci accorgeremo ad occhio del colore delle luci, per cui le digitali sono
certamente avvantaggiate, almeno sotto questo punto di vista. Adesso che sappiamo
quali sono i nostri mezzi, possiamo buttarci nella mischia, scegliamo un soggetto, un
palazzo ben illuminato, uno scorcio della nostra città vista dall’alto, una piazza, una
statua, una strada…quello che più attira la nostra fantasia e mettiamo all’opera, al
contrario di quello che si potrebbe pensare i risultati migliori si hanno con una
sensibilità di 100 ISO, ed un diaframma piuttosto chiuso f8 o f11, preferendo f11 per
le focali tele, potrete anche usare diaframmi diversi, per ottenere effetti diversi, però
di solito i notturni devono godere di una buona profondità di campo e nitidezza.
Potrete trovare miriadi di inutili tabelle di riferimento che vi dicono che tempi e
diaframmi adottare in varie situazioni, ma vi faranno solo perdere pellicola e tempo,
perché questo è il banco di prova della vostra duttilità come fotografi!

Tenete solo a mente che la Luna può essere fermata solo con tempi minori di ¼'' con
tempi più lunghi vedrete la sua scia.

Scegliamo la focale adatta al nostro soggetto, e dopo aver trovato il punto di ripresa
a noi più congeniale, misuriamo la luce della scena! Puntiamo la fotocamera in modo
da misurare solo (o quasi) la sorgente più luminosa ed annotiamoci il tempo ad
esempio 1/8’’ @ f8 poi puntiamo la fotocamera su una zona in ombra del soggetto
(che però vogliamo sia visibile), qui possiamo avere ad esempio 8’’ @ f8, quindi
prendiamo come valore di partenza, il punto intermedio (1/8 – ¼ - ½ - 1 – 2 – 4- 8 ),
impostiamo quindi 1’’ @ f8, per sicurezza è sempre meglio effettuare una forcella di
almeno una foto verso i tempi più lunghi.

Come isolare solo il punto di luce o i punti più bui, che però vogliamo mettere in
evidenza? Se state riprendendo con un grandangolo o col normale, può bastare
mettere lo zoom a 200mm e misurare l'esposizione, oppure avvicinatevi e puntate la
fotocamera su quei punti.
Se invece chi mostra la corda è l’esposimetro, ingannatelo, mettendo la sensibilità
della pellicola o del sensore a valori di ISO più elevati, poi ricordate di compensare.
Ad esempio l’esposimetro non fornisce tempi al di sopra dei 30’’ @f8 a 100ISO come
faccio? Puoi aprire il diaframma ad f5,6 o f4 e vedere se l’esposimetro fornisce una
lettura valida, se dice 30’’@ f4 allora sarà (30’’@f4 – 60’’@f5,6 - 120@f8’’) 120’’ @ f8,
se avete una pellicola compensate per la reciprocità e finite a +3 stop quindi a
960’’@f8!!!. Oppure mettete un valore ISO più elevato ad esempio 1600ISO, così
l’esposimetro dovrebbe darvi una lettura attendibile, supponiamo sia 15’’ @ f8 allora
avrete (15'' @ 1600ISO - 30'' @ 800ISO - 60'' @ 400ISO - 120'' @ 200ISO -
240''@100ISO) 240’’ @ f8 (se avete pellicola compensate ad almeno 3 stop).

Come vedete i tempi crescono con una discreta facilità! Ed è piuttosto comune
parlare di secondi e minuti, per cui serve un orologio per cronometrare i tempi della
posa B ed una piccola torcia per leggerli e per cercare le cose nella borsa. Quando i
tempi diventano così lunghi sbagliare di qualche secondo l’esposizione non porta ad
errori visibili, quindi quando fate scatti forcella fateli a -1/+1/+2 stop rispetto alle
indicazioni dell’esposimetro ed avrete ottime probabilità di portarvi a casa dei bei
notturni.

Un ultima raccomandazione, in alcune città è vietato appoggiare il cavalletto a terra,


ma non sui cestini o le panchine ed alcuni monumenti o edifici, sono soggetti a
copyright, per cui non potete fotografarli ed esibire i vostri sudati scatti informatevi
prima! Un giretto di giorno nel posto che volete fotografare sarà utile! Personalmente
trovo che le ore migliori siano dopo la mezzanotte, nei giorni di lavoro, quando le
città sono deserte, ma se volete includere anche persone, sappiate che con tempi
più lunghi di 1/15’ saranno delle scie o dei fantasmi, a meno che non siano ferme a
chiacchierare. State attenti alle auto, se i loro fari incrociamo direttamente la
fotocamera, la foto è persa, se invece le riprendete di passaggio daranno luogo a
pittoresche scie luminose. Blocco notes e penna servono per il calcolo
dell'esposizione (potete anche misurare la luce in vari punti) e per annotarvi i dati di
scatto, in modo da non ripetere nuovamente gli stessi errori, altrimenti non si
migliora

Per le digitali (ma anche per le analogiche), è bene controllare il tempo massimo di
posa B consentito, per evitare guasti da surriscaldamento. Nemmeno a dirlo
consumerete molta carica delle batterie, sia in analogico, ma soprattutto in digitale,
delle batterie di riserva e una pausa di qualche minuto tra una forcella e l’altra sono
d’obbligo.

Con pose lunghe e utilizzando diaframmi più chiusi di f11, i punti luci potrebbero
apparire come stelle a varie punte, il fenomeno è dovuto alla luce radiante che si
riflette sulle lamelle del diaframma, e varia molto da un obiettivo all'altro. Lo stesso
effetto si può presentare anche di giorno se inquadrate una forte fonte di luce come
il sole! Anche con tempi brevissimi e diaframmi aperti! Si può ottenere un effetto
simile con un filtro stars oppure con una rete (tipo zanzariera) davanti l'obiettivo, in
tal caso ogni punto luce darà una stella a 4 punte, però l'immagine sarà soffusa.
Personalmente non è un effetto che apprezzo, perché non ha nessun riscontro con la
realtà, però può piacere
Articoli sulla Tecnica fotografica: Realizzazione di foto con
tempi lunghi
Articolo e foto di Francesco Favalesi.

Innanzitutto bisogna partire con l'idea di quello che si vuole ottenere da una foto
scattata con un tempo lungo, per tempo lungo intendo scatti con tempi a partire da
un secondo, anche se in certi casi si ottengono bellissimi effetti anche con tempi
minori, prendendo, come esempio l’esecuzione di un paesaggio con l’acqua che
scorre.

E' importante considerare i mezzi a disposizione; in questo caso occorre un


cavalletto che deve essere proporzionato alla macchina con cui si esegue lo scatto (
se uso una reflex con un tele, devo avere un cavalletto in grado di sorreggere il peso
della macchina e dell’obiettivo ) ed avere a disposizione una macchina con le
regolazioni dei tempi manuali. Con le macchine digitali che lavorano solo in
automatico posso ottenere buoni risultati mantenendo un valore di iso molto basso,
logicamente non riuscirò ad ottenere la precisione che posso raggiungere con una
macchina dotata di regolazione manuale ed il numero di applicazioni è decisamente
ridotto.

Consideriamo quindi di partire con il miglior compromesso economico, che permette


comunque di ottenere risultati piacevoli; cavalletto di media fattura con un costo
medio di 50 euro e macchina digitale Bridge, i cui costi vanno dai 250 ai 400 euro,
questo tipo di macchine, sono una via di mezzo tra una reflex ed una compatta, ed in
merito alla gestione dei tempi consentono di ottenere scatti fino a 30” oppure con la
funzione Bulb, anche tempi più lunghi.
Ricordo a tutti, che la funzione Bulb, richiede un pulsante di scatto esterno o di un
telecomando, pena un mosso non voluto, provocato dalla pressione continua del
tasto di scatto. Altro elemento che mantengo costante per i miei scatti è il valore ISO,
che salvo rarissime eccezioni, come ad esempio le foto sportive in notturna,
mantengo sempre il più basso possibile, un valore iso alto comporta tempi di
esposizione minori, ma con un aumento considerevole del rumore. Il rumore è
rappresentato da quell’effetto sgranato dovuto dalla mancanza di luce. Dove la luce
non è stata sufficiente ad impressionare correttamente il sensore, il software interno
della macchina colora il pixel con il colore dei pixel circostanti.

Le applicazioni più comuni per i tempi lunghi sono :

Foto in notturna, in cui la richiesta del tempo è necessaria per impressionare


adeguatamente il sensore. In questo caso se fotograferemo qualcosa di statico e
senza intromissioni di soggetti in movimento dovremo stare attenti ai tempi in modo
da ottenere una foto ben equilibrata soprattutto per quello che riguarda il soggetto
che vogliamo ritrarre.

Foto in cui voglio avere una ripresa di soggetti in movimento in modo da ottenere
una specie di effetto fantasma, ma preservando la forma del soggetto. Esempio se
voglio fotografare una piazza dando l’idea della gente in movimento dovrò utilizzare
tempi non troppo lunghi pena la perdita delle forme.

Foto in cui voglio ottenere una scia luminosa data dai veicoli in movimento. In
questo caso vi è massimo spazio per la creatività, stando sempre attenti a non creare
troppe aree di composizione, sovraesposte o sottoesposte.

Foto paesaggistiche o panoramiche al crepuscolo, in questo tipo di foto otterremo


dei colori di contrasto con il cielo davvero incredibili perché la lunga esposizione va
a dare maggior forza ai colori.

Foto in notturna per riprendere il movimento delle stelle. In questo caso la funzione
Bulb è d’obbligo e quindi l’utilizzo del telecomando. Attenzione a non riprendere la
luna per non avere una spiacevole scia sovraesposta. A meno che non sia una scelta
voluta. Di grande impatto sono le foto che riprendono un soggetto statico, con alle
spalle il movimento delle stelle.

Foto in cui voglio ottenere l’effetto movimento dell’acqua. Solitamente questo tipo di
foto, molto scenico e piacevole, è realizzato all’interno di boschi o di aree con poca
luce, che in questo caso sono a nostro favore se possiedo una Bridge, che in
condizione di luce maggiore lavorerebbe con tempi molto brevi, per un ristretto
campo di regolazione dei diaframmi, che invece ha una “forchetta” più ampia se uso
una reflex. In questo caso la regolazione dei tempi varia in base alla luce, alla
velocità dell’acqua e, come sempre dal risultato che voglio ottenere.
Foto paesaggistiche al mare o al lago quando c’è un minimo di reflusso dell’acqua in
modo da avere l’effetto del movimento o un effetto simile allo sfocato, ma sempre
riconducibile all’idea di movimento. Questo tipo di scelta va molto bene anche per i
fiumi in cui c’è uno scorrere lento dell’acqua.

Tempi lunghi con scatti programmati, per la ripresa dei fulmini. In questo caso
programmo i tempi di scatto e la relativa frequenza di scatto. Ad esempio voglio che
il tempo di esposizione sia di 10” che la macchina scatti ogni 20”, in una serata con
un “bel” temporale, le possibilità di riprendere un fulmine aumento
considerevolmente.

Per riprendere in movimento un soggetto statico, anche in questo caso si può fare a
meno del cavalletto.
Foto in cui voglio ottenere un mosso voluto, aggiungendo una particolarità in più al
mio soggetto ed in cui sono io a giocare con la fotocamera e senza cavalletto.

Questi sono i principali utilizzi che ho sperimentato, in molte occasioni, con scarsi
risultati, in altri con risultati abbastanza piacevoli. Ci tengo a precisare a tutti che
sono un fotografo amatoriale e dotato di mezzi veramente poveri ( Bridge Olympus
sp550 e Reflex Canon EOS 450d con obiettivo 18/55, presente nel kit di base ).
Articoli sulla Tecnica fotografica: Come fotografare le gocce
d’acqua e riflettere al loro interno delle faccine

Questa fotografia non è un fotomontaggio è lo splendido lavoro di una fotografa


professionista di nome Margherita.

La spiegazione per realizzare questa immagine è stata data da Margherita stessa a un


altro utente di Panoramio, riporto qui la parte di risposta che ci interessa:

Su un foglio A3 componi un viso, con fiori o quant'altro. La goccia fa da lente, allora


ricordati di appendere la figura al rovescio a circa 40cm dietro le gocce. La velocità
di scatto deve essere molto alta 1/6000 – 1/8000, usa una focale molto lunga che
abbisogna di tanta luce, pertanto possibilmente sole al mattino o sera. Preparati una
fonte di gocce regolabile come intensità e che le gocce nascano in 6-8 punti. Fai
serie di scatti da 50 pose e poi cambi scena, ripeti la scena per 20-25 volte e vedrai
degli ottimi risultati

Ringrazio ancora una volta Margherita per il prezioso tutorial.


Articoli sulla Tecnica fotografica: Il ritratto, la scelta delle
ottiche
Questo è il primo di una serie di articoli dedicati al ritratto, essi sono scritti da un
fotografo professionista di nome Attilio che già in passato ha contribuito al blog.

Il genere fotografico più praticato nella storia della fotografia è sicuramente il ritratto,
ma altrettanto sicuramente è un genere niente affatto facile e scontato, le capacità
tecniche, indispensabili, vanno poi coniugate anche con la sensibilità personale del
fotografo per rendere un'immagine di una persona un vero ritratto.

Nel voler ritrarre una persona ci si aprono davanti una serie di possibilità davvero
infinite per rendere al meglio il nostro soggetto, è indispensabile capire cosa
vogliamo mostrare di quella persona, vogliamo mostrarne la bellezza? La
sensualità? Oppure la timidezza, la profondità di pensiero, la nobiltà d'animo,
l'innocenza, la malizia, l'entusiasmo, o ancora altri aspetti del suo essere?

Tenendo bene in mente il punto di partenza, possiamo iniziare a pensare a come


realizzare il nostro ritratto e quindi a come, tecnicamente affrontare lo scatto.
Convenzionalmente le ottiche da ritratto sono comprese tra gli 85mm ed i 135mm di
lunghezza focale, la scelta non è casuale visto che tali ottiche consentono una
rappresentazione fedele e piacevole dei tratti di un volto, evitando le distorsioni
prospettiche delle ottiche più corte e gli schiacciamenti dei piani delle ottiche più
lunghe, ciò non toglie che un valido ritratto può essere affrontato con qualsiasi
ottica, anche un grandangolo estremo, in tal caso però la capacità interpretativa e di
controllo del fotografo dovrà essere assoluta, il rischio di trasformare il nostro
soggetto in una caricatura di se stesso è elevatissimo.

La scelta della focale da usare è vincolata anche alle abitudini personali ed


all'interazione che stabiliamo con il nostro soggetto: usare una focale corta, un
50mm oppure un 85mm, ci consentirà di scattare a stretto contatto con il nostro
soggetto, viceversa la scelta di una focale più lunga ci permetterà una maggiore
libertà di azione, di girare con più semplicità intorno al nostro soggetto e di lasciargli
più spazio per muoversi e mettersi a proprio agio. In ogni caso l'aspetto più
importante è proprio quello di utilizzare lo strumento che meglio ci permette di
esprimerci e che meglio lascia spontaneità al soggetto, alcune persone infatti
difficilmente riescono ad essere naturali con un obiettivo a mezzo metro dal volto e
puntato contro, altre viceversa ci flirtano senza alcuna timidezza e soggezione, sta a
noi interpretare i segnali ed agire di conseguenza.

Ho volutamente omesso di fare differenziazioni tra pellicola e digitale, nel caso del
ritratto il problema può essere considerato trascurabile, al variare del formato di
supporto sensibile, infatti, varia l'angolo di campo abbracciato dalle nostre ottiche
ma non il comportamento ottico, quindi i problemi di prospettiva, distorsione e
schiacciamento dei piani focali rimane invariato nell'uso della pellicola o di una
macchina digitale APS-C, si tratterà solo di fare un passo avanti o uno indietro se il
nostro soggetto non entra o si perde nell'inquadratura.
Ulteriore aspetto fondamentale nella scelta dell'ottica per il ritratto è l'apertura
massima di diaframma. In linea del tutto teorica un'ottica con apertura massima f/2,8
è il minimo sindacale per pensare di avere un ottica adatta a fare ritratti, potendo
disporne sarebbe preferibile avere lenti con aperture f/2 o ancora f/1,4. Poter
disporre di un diaframma molto aperto comporta molteplici vantaggi, su tutti la
possibilità di sfocare tutto ciò che non ci interessa o che, peggio, distrae attenzione
dal nostro soggetto, inoltre avremo la possibilità di utilizzare sfondi qualitativamente
pessimi ma che sfocati renderanno invece molto: immaginate di avere un cespuglio
di rose, la probabilità che siano tutte perfettamente fiorite è quasi nulla, comunque
relativa ad un paio di giorni al massimo, potendole sfocare efficacemente avrete uno
sfondo perfetto anche se la maggior parte di queste sono sfiorite ed appassite.

Una brutta tenda, un brutto muro, qualsiasi elemento che abbia la giusta
distribuzione di colore diventerà ottimo come nostro sfondo dove ambientare i
ritratti.
Poter disporre di un diaframma molto aperto consente anche un uso della luce più
agevole, un normale flash a f/1,4 sarà sufficiente ad illuminare tutto il nostro
soggetto anche se lo riflettiamo su un pannello, a f/4 sarà ben 3 stop più chiuso, se
abbiamo potenza nel flash per aumentarne l'illuminazione benone, altrimenti i nostri
scatti saranno sottoesposti senza appello. In esterni il problema si ripete e si
aggrava: le ore migliori per scattare sono l'alba ed il tramonto, quando il sole è basso
e la luce è calda, in queste situazioni scattare ad 1/250 f/1,4 a 100 ISO non è affatto
improbabile, avere un diaframma minimo di f/4 significherebbe scattare ad 1/30 e
quindi mosso del soggetto e micromosso del fotografo probabilmente presenti;
avere già un diaframma f/2,8 consentirebbe di scattare ad 1/60, un tempo che
scongiura in larga parte il mosso del soggetto ed in una certa misura anche il
micromosso amplificato dalla lunghezza dell'ottica.

Infine, ma non ultimo, un diaframma aperto consente di dare profondità al soggetto:


un volto che riempie il nostro fotogramma, scattato a f/1,4, con la messa a fuoco
perfettamente centrata sull'occhio più vicino al fotografo, consentirà di avere le parti
più distanti dei lineamenti che inizieranno a mostrare una leggera sfocatura pur
rimanendo leggibili, effetto che consentirà una percezione di tridimensionalità
nell'osservazione del ritratto.

Obiettivi specialistici: ci sono sul mercato ottiche dedicate al ritratto che consentono
un controllo della sfocatura, tali ottiche pur mantenendo un controllo eccellente del
fuoco in condizioni normali, consentono di ammorbidire, tramite un apposito
comando progressivo, la resa dell'ottica rendendo il risultato più morbido, l'effetto è
apparentemente simile a quello di un filtro flou, sebbene con qualche differenza, in
generale se la fotografia di matrimonio non è il vostro mestiere io tenderei ad evitarli,
il costo è significativo e l'uso davvero specialistico. In contrapposizione ci sono le
ottiche Macro, nate per tutt'altri utilizzi ed usate a volte, più di frequente negli ultimi
anni, per scattare ritratti. L'uso di queste ottiche presenta un unico inconveniente,
l'estrema incisività, per cui qualsiasi difetto della pelle del soggetto viene
inesorabilmente tirato fuori. Se volete una resa netta e contrastata ed il vostro
soggetto ha una pelle perfetta, utilizzatele tranquillamente, viceversa dovrete
passare molte ore davanti al computer a mascherare rughe, pori della pelle e difetti
vari.
Concludo con le mie osservazioni personali: io uso preferibilmente due ottiche per i
ritratti, un 50mm f/1,4 ed uno zoom 70-200 f/2,8 stabilizzato, con una netta preferenza
per quest'ultimo. Il motivo che mi fa scegliere questa lente è che mi permette una
grande libertà di movimento intorno al soggetto, soprattutto in esterni mi consente
di scattare anche da distanze importanti lasciando il soggetto nella posizione scelta,
inoltre scattando a lunghezze focali dai 100mm in su mi consente di non stargli
troppo addosso, in modo da lasciarlo libero di muoversi con naturalezza ed avere
quindi un atteggiamento privo di soggezione nei confronti della macchina
fotografica.

Quest'ottica la utilizzo anche per i ritratti di strada, infatti la possibilità di scattare da


diversi metri di distanza, nonostante l'ingombro dell'ottica, permette facilmente di
scattare prima che il soggetto percepisca la mia presenza, lasciandogli sul volto
l'espressione del momento.
Il 50mm invece lo utilizzo nel caso di modelli professionisti, dove la paura
dell'obiettivo è stata superata ed il rapporto con il fotografo è più maturo e diretto, in
tali casi un 50mm consente di avere un contatto molto stretto e di ottenere risultati
diversi da quelli che probabilmente riempiono già il loro book fotografico. Il 50mm lo
trovo comodo anche nel caso di ritratti informali, in situazioni dove più che la
perfezione formale conta il cogliere l'espressione momentanea, in tal caso, luce
permettendo, un 50mm a f/8 permette di scattare al volo senza curarsi troppo
attentamente della messa a fuoco.

Articoli sulla Tecnica fotografica: Il ritratto, la luce naturale

Questo è un articolo scritto da Attilio.

Ciò che dà carattere ad ogni fotografia è sempre la luce. In uno scatto potremo
apprezzare molti elementi come la composizione, la situazione ripresa, l'unicità di un
avvenimento, un'espressione colta al volo, la solennità di un panorama o di un
edificio, il degrado o lo splendore di un luogo, di una condizione umana, la bellezza e
l'azione di un animale o ancora molti altri elementi che non ho citato, ma mai, in
nessun caso, uno qualsiasi di questi elementi sarà efficacemente rappresentato se la
luce che caratterizza il nostro scatto è brutta e di cattiva qualità.

Questo non significa dover disporre sempre di luce in abbondanza, anzi, ma


sicuramente significa che la ricerca del corretto modo di sfruttare la luce disponibile
nel migliore dei modi è il punto essenziale della ricerca fotografica.

Il ritratto non fa eccezione a questa regola, al contrario ne è, insieme allo still-life, il


genere principe dove la ricerca della luce giusta permette di esprimersi al meglio. Nel
ritratto, infatti, non potremo contare su altri elementi scenografici che non siano il
nostro soggetto, non potremo contare sull'emozione e lo stupore che suscita un
magnifico e grandioso panorama, non avremo l'animale raro colto in azione, non
avremo in pratica "stampelle scenografiche" che faranno da sostegno ad una
carenza sul fronte dell'illuminazione. Al contrario, la luce dovrà essere il primo
mezzo con il quale confrontarsi e dal quale attingere spunti per meglio interpretare il
nostro soggetto, per meglio rappresentare ciò che del nostro soggetto vogliamo
mettere in evidenza.
La luce che più facilmente avremo a disposizione è, naturalmente, quella fornita dal
sole;,la luce solare per sua natura, non è la più facilmente gestibile, varia di intensità
nel corso della giornata, varia di colore e di inclinazione, eppure permette, grazie alla
sua intensità, di essere efficacemente sfruttata e modellata per raggiungere quasi
ogni scelta di illuminazione che desideriamo per il nostro soggetto. La prima
considerazione da fare sulla luce naturale è relativa al luogo di scatto, se in interni
oppure in esterni.

In un ambiente chiuso la luce solare ci arriva attraverso le finestre, in questo caso


avremo una luce fortemente direzionata che illuminerà con decisione una parte del
nostro soggetto, lasciando in ombra la parte opposta: questo effetto, sebbene
ricercato in alcuni casi, potrebbe essere fin troppo marcato per un ritratto classico e
generare ombre nette e chiuse, in tal caso un primo passo per ottenere una luce
qualitativamente migliore è poter disporre di una tenda bianca davanti alla finestra,
in tal modo avremo il risultato di poter usare una luce sensibilmente più morbida per
via dell'effetto di diffusione che la tenda genera. In questa situazione la differenza di
illuminazione, tra il lato alla luce del soggetto ed il lato in ombra, sarà molto meno
marcata ed il risultato fotografico sarà quello di un ritratto meno "drammatico".
L'inconveniente nell'uso di una finestra schermata consiste nel calo di luce
disponibile, la tenda, infatti, assorbirà molta della luce e, diffondendola, abbasserà
ulteriormente il livello di luminosità della scena. Il vantaggio principale, invece,
consiste nel costo zero della luce, come vedremo un aspetto non trascurabile. Come
ulteriore vantaggio, la finestra, preferibilmente esposta a sud per godere di più luce e
per un numero maggiore di ore, ha la possibilità di controllo del colore e di alcuni
effetti particolari.

Utilizzare infatti una tenda trasparente di colore arancione permette di dare allo
scatto una tonalità calda senza dover ricorrere alla luce del tramonto o dell'alba, allo
stesso modo saremo in grado di dare colori diversi alla luce in funzione del colore
che diamo alla nostra tenda-diffusore. Infine, ricercando un effetto grafico, potremo
utilizzare tende con motivi geometrici più o meno regolari, che proietteranno sul
nostro soggetto morbide trame grafiche; attenzione però, se usiamo una tenda
colorata per introdurre una tonalità nella luce, accertiamoci che sia proprio la tonalità
che desideriamo, viceversa introdurremmo nel nostro scatto una dominante di
colore difficilmente eliminabile e controllabile, dovremo valutare non solo la resa
cromatica sulla pelle, ma anche sugli abiti, non c'è nulla di peggio di un tono
magenta su una camicia che evidentemente dovrebbe essere bianca...

Se viceversa vogliamo evitare la caduta di luce determinata dai vari schermi ed


utilizzare tutta la luce solare disponibile, avremo la possibilità di attenuare le ombre
del lato opposto alla luce per mezzo di uno o più pannelli riflettenti, in tal modo la
luce che non colpisce direttamente il soggetto verrà riflessa da un pannello
posizionato dal lato opposto alla finestra e permetterà di illuminare in misura
maggiore o minore anche il lato in ombra; per regolare l'intensità di tale luce riflessa
sarà sufficiente allontanare o avvicinare il pannello al soggetto. Personalmente
utilizzo per questi scopi dei pannelli in polistirolo, quelli che preferisco sono 100x50
cm e sono spessi 1 cm, queste misure permettono di assemblarli con facilità per
ottenere un pannello più grande, sono sufficienti alcuni chiodini per tenerli insieme e
possono essere disassemblati con semplicità, inoltre lo spessore non solo facilita il
posizionamento dei chiodini ma consente anche al pannello di non flettere.
In alternativa al polistirolo va bene quasi tutto purché bianco, gli altri colori infatti
daranno dominanti cromatiche, in casa dei miei genitori ci sono dei ritratti miei da
bambino che mio padre eseguiva in salotto usando un quotidiano come pannello
riflettente e mia madre come sostegno del pannello...

Se la luce della finestra vi sembra una soluzione povera e poco professionale, vi


basti sapere che in commercio si trovano bank dedicati ai flash da studio chiamati
"window light", in sostanza un box da applicare ad un flash elettronico che, per
meno di duemila euro, simula in studio la luce che offrirebbe una finestra con tanto
di tenda -_-, una finestra esposta a sud è la migliore amica del fotografo ritrattista.
Spostandosi in esterni la possibilità di gestire e modificare la luce solare svanisce
del tutto, non saremo più in grado nè di controllarne la durezza nè tanto meno il
colore, la dovremo usare così com'è. In questo caso quindi conviene scegliere di
scattare nelle ore più adatte, con il sole basso sull'orizzonte, cioè nelle prime ore del
giorno oppure nelle ultime, in prossimità del tramonto. Anche in questo caso l'uso di
almeno un pannello riflettente si dimostrerà basilare, con una luce diretta, infatti, la
possibilità di ammorbidire le ombre offerta da un pannello consentirà di rendere al
meglio i tratti di un volto, mantenendone la tridimensionalità ma lasciandolo leggibile
in ogni sua parte.

Una soluzione niente affatto trascurabile in esterni è quella di scattare con il


soggetto in ombra, al riparo di un portico, una tettoia o quant'altro lo terrà in ombra
ma attenzione, per i nostri scopi non andranno invece altrettanto bene i lati in ombra
degli edifici. Al di sotto di una tettoia, infatti, avremo comunque una luce ben
direzionata che ci fornirà quel minimo di differenze tonali in grado di dare dimensioni
al soggetto, viceversa in un'ombra fornita da un edificio esposto a nord avremo solo
una luce piatta e diffusa che male si presterà a questo scopo.

Infine va preso in considerazione un momento ben preciso, quello esatto del


tramonto. La luce del tramonto è, a mio avviso, quella che consente i risultati
migliori, purtroppo dura pochi minuti e per riaverla bisogna aspettare il giorno
successivo, quindi bisogna farsi trovare preparati e sapere in anticipo che scatto
fare; nonostante le difficoltà, però, la luce al momento del tramonto ci offre la
possibilità di scattare con il soggetto in pieno sole, ben illuminato ed avvolto da una
luce calda e morbida, con ombre allungate che danno dimensione e consistenza alle
superfici. Naturalmente proprio la lunghezza delle ombre va tenuta d'occhio, il naso,
ad esempio, potrebbe proiettare un'ombra che andrebbe ad oscurare una grossa
porzione di volto, quindi dovremo preoccuparci di tenere sotto controllo la posizione
del soggetto con estrema attenzione.

Quando usare la luce naturale? La questione è soggettiva, dipende dal singolo


fotografo e dalla sua capacità di espressione, in linea di massima non ci sono ambiti
espressivi preclusi alla luce naturale, sicuramente però, ragionando in astratto, la
luce naturale mal si presta a "drammatizzazioni": la sensualità, la drammaticità, la
durezza, difficilmente potranno essere rese in pieno sfruttando solo la luce naturale
e nessun altro elemento scenico, a meno di non scattare in condizioni difficili, quindi
con pieno sole, con ombre nette e dure, quando il controllo degli elementi della
ripresa diventa fondamentale, quando bruciare irrimediabilmente una luce o lasciare
irrimediabilmente chiusa un'ombra è un rischio sempre in agguato. Viceversa la luce
naturale si presta molto bene a rendere emozioni ed aspetti delicati del carattere del
soggetto: un'aria sognante, uno sguardo perso nei pensieri o ancora l'allegria, la
spensieratezza, in generale tutti quegli aspetti del carattere che ci fanno dire di una
persona "è solare", anche la malizia, variante in chiave ironica della sensualità, si
presta bene ad essere illuminata dalla luce solare.

Personalmente non scatto spesso sfruttando solo la luce naturale, se non in caso di
ritratti di strada o su specifica richiesta, sono un amante dei flash e preferisco
utilizzare questi ultimi, nonostante tutto tra i miei ritratti più apprezzati una larga fetta
è costituita da scatti in luce naturale, non è stato infrequente che professionisti a cui
ho fornito decine di scatti abbiano poi ingrandito ed appeso in casa ritratti in luce
ambiente, probabilmente l'abitudine alla ripresa in luce flash e quindi in situazioni
dalla drammaticità elevata proprio a loro fa apprezzare il ritratto più delicato e che
coglie lati non sempre mostrati del loro carattere.

Articoli sulla Tecnica fotografica: Il ritratto, l’ausilio del flash


( singolo e multiplo )

Articolo scritto da Attilio.

L'AUSILIO DI UN FLASH
Come abbiamo visto, spesso la luce naturale è ampiamente più che sufficiente per
eseguire una gamma molto ampia di ritratti, con effetti e risultati molto diversi e
validi per tante situazioni; ciò non toglie che la possibilità di controllare meglio la
luce offra possibilità diverse di espressione e, soprattutto, risolve con relativa
semplicità problemi che richiederebbero altrimenti complessi sistemi di pannelli e
bandiere taglia luce.

In questa sede esaminiamo l'uso di un singolo flash, di quelli definiti "a cobra", da
montare nella slitta flash della propria fotocamera oppure di quelli incorporati sopra
il pentaprisma.
Prima di iniziare a descriverne l'uso è bene capire come funzionano i moderni flash
TTL ed invece l'uso in manuale di flash più datati. Il flash altro non fa che
accumulare, in fase di ricarica, una certa quantità di corrente in un condensatore, al
momento dello scatto questa corrente viene rilasciata istantaneamente e viene usata
per far partire il lampo che illuminerà la scena, la chiave nell'uso del flash sta nel
dosaggio di tale luce. Intanto chiariamo un aspetto: il lampo flash è sempre così
rapido che il tempo di esposizione non influenza la quantità di luce flash registrata,
un lampo a piena potenza con un tempo di esposizione di 1/250 a f/8 oppure di 1/60 a
f/8 darà un soggetto illuminato sempre nello stesso modo (a meno che il soggetto
non sia illuminato da altre fonti), viceversa il diaframma è il primo strumento per il
dosaggio della luce flash, scattare ad 1/250 f/8 oppure 1/250 f/2,8 darà risultati
radicalmente diversi. Inoltre, essendo l'apertura di diaframma un valore relativo
all'ottica usata, un esposimetro per luce flash ci indicherà sempre il corretto
diaframma di lavoro a prescindere dall'ottica usata. Infine, utilizzando un flash,
potremo evitare di preoccuparci del rischio mosso nei nostri scatti, il lampo è così
rapido da congelare il movimento del nostro soggetto, quindi a meno di altre fonti di
luce, un tempo di scatto lento nell'ordine di 1/60 o 1/90 ( obbligato in certe
fotocamere ) non sarà un problema neppure con soggetti in rapido movimento.
Nell'uso quotidiano e non specialistico i moderni flash TTL usati in automatismo
risolvono molti problemi, non dobbiamo calcolare nulla e sarà il flash a leggere,
attraverso l'ottica usata, la luce emessa e ad interrompere l'emissione non appena la
giusta illuminazione è stata raggiunta. Con un flash più datato e non TTL invece
questo non accade, il sistema migliore per regolarne la luce sarà l'uso di un
esposimetro esterno per luce flash: si fa partire il lampo e si legge il diaframma di
lavoro sull'esposimetro, si imposta il diaframma sull'ottica e si scatta.

Quanto detto non ha certo la pretesa di esaurire l'argomento tecnico relativo ai flash,
ma semplicisticamente può essere sufficiente a capire come andare ad usare il flash
nei nostri ritratti.
L'uso primario del flash singolo nel ritratto è quello di luce di riempimento: in una
situazione di illuminazione naturale, diretta o indiretta, in esterni o all'interno, il flash
consente di andare a riempire le zone d'ombra, quelle che risulterebbero troppo
scure e poco leggibili, o ancora con contrasti troppo marcati tra luce ed ombra. Ciò a
cui dobbiamo prestare attenzione però sono le ombre che il flash va a generare e
l'appiattimento che potrebbe causare la luce flash diretta.

Come abbiamo visto, infatti, un flash in automatismo andrà ad autoregolarsi in base


alla lettura della corretta esposizione come se il flash fosse l'unica fonte di luce ed
andrà a sovrascrivere qualsiasi altra luce, vanificando tutte le nostre ricerche di una
buona luce ambiente per lo scatto, inoltre le ombre generate dal flash saranno dure e
nette, creando un alone di ombra alle spalle del nostro soggetto. Per evitare tutti
questi problemi nell'uso del flash la prima operazione da compiere è quella della
compensazione della luce lampo: quello che desideriamo per il nostro scatto è
mantenere l'esposizione misurata per la luce naturale e questa manterremo, per il
flash invece dovremo impostare un'illuminazione che si occupi di riempire solo le
ombre, qualsiasi flash o fotocamera permette di regolare l'intensità pur senza sapere
la potenza usata ma ragionando in termini di valori EV in più o in meno; nel nostro
caso l'operazione da compiere è quella di una compensazione negativa, cioè
dovremo abbassare l'emissione che il flash considererà corretta di un certo numero
di stop, solitamente la quantità dipende dalle condizioni ambientali di maggiore o
minore luminosità e da fattori vari come il colore dell'abbigliamento, in linea di
massima io compenso tra -1EV e -2EV, valori che consentono di schiarire
efficacemente le ombre e nello stesso tempo di mantenere le differenze tonali
dell'illuminazione primaria, che danno dimensione al soggetto, inoltre una
compensazione con tali valori rende le ombre generate dal flash molto leggere e non
fastidiose, spesso impercettibili. In linea di massima, ma come detto poi le variabili
sono molte, maggiore è la situazione di controluce e minore dovrà essere la
compensazione, fino a raggiungere l'esposizione non compensata in caso di
controluce pieno.
Per ammorbidire la luce emessa molti flash sono dotati di un diffusore, così come in
commercio ci sono molti modelli di diffusori adattabili a quasi tutti i flash, in linea di
massima sono efficaci nel controllo migliore delle ombre ma il loro uso non evita la
compensazione, la lettura TTL infatti registra la luce che effettivamente raggiunge la
pellicola o il sensore quindi in caso di diffusore che assorbe parte della potenza del
flash, il flash emetterà più luce per compensare la perdita dovuta al diffusore stesso.
Qualora si stia scattando in interni, e pareti e soffitto della stanza dedicata a sala
posa siano bianchi, con un flash a cobra potremo anche regolare la parabola in
modo da indirizzarla verso l'alto o verso una parete, in tal modo altro non facciamo
che utilizzare il soffitto o una parete come pannello riflettente per la luce flash,
diffondendola e rendendola più morbida, aggiungendo tale luce al nostro scatto
ancora una volta andremo a schiarire le zone di ombra causate dalla luce naturale
primaria che stiamo utilizzando per il nostro ritratto; l'uso del flash, in questo caso,
comporta però una maggiore accortezza nel dosaggio del lampo, non è detto infatti
che la potenza del flash sia sufficiente per ottenere un'illuminazione riflessa che
correttamente riempia le ombre come desideriamo, poter disporre di una macchina
digitale e la possibilità di fare qualche prova senz'altro si rivela la strategia vincente
in questi casi, a meno di non poter disporre del solito esposimetro esterno per luce
flash incidente che ci permetterà, in base al diaframma di lavoro scelto, di capire se
la luce flash è sufficiente e quanto andrà eventualmente compensata.

Una delle caratteristiche che maggiormente apprezzo nell'uso del flash è il punto
luce che viene riflesso negli occhi del soggetto. Un punto luce negli occhi del
soggetto consente di dare a questi una vivacità che diversamente avrebbero con più
difficoltà, ma non sempre è facile ottenerlo, nel caso in cui la parabola fosse diretta
lateralmente o sopra il soggetto, infatti, il punto luce scomparirebbe: in questo caso
è indispensabile l'uso di un cartoncino bianco inserito posteriormente alla parabola
flash. Alcuni flash ne hanno uno di serie estraibile ma in mancanza di questo si
rimedia facilmente con un cartoncino bristol sagomato a misura del flash; non
sottovalutiamo questo elemento, gli occhi sono la chiave di un ritratto riuscito e
saperli valorizzare è indispensabile.

Il singolo flash può essere utilizzato anche per scopi più "creativi". Per iniziare ad
usarlo diversamente è indispensabile poterlo sganciare dalla posizione fissa sopra il
pentaprisma, per fare ciò i sistemi sono molteplici. Se abbiamo una macchina con un
flash incorporato potremo tranquillamente sganciare il flash a cobra a patto di
dotarlo di una semplice servo-cellula, ce ne sono di molto economiche a partire dai
20 euro ed assolvono magnificamente allo scopo, in caso non disponiamo di un
flash incorporato dovremo invece dotarci di un cavetto di prolunga, ogni produttore
di fotocamere ne ha diversi modelli in catalogo con la possibilità di trasmettere più o
meno automatismi; nelle più recenti fotocamere troveremo inoltre la possibilità di
controllare in remoto più flash, purché compatibili, con estrema semplicità e senza
dover acquistare nulla.

Poter lavorare con un flash distante dalla fotocamera ci permetterà di disporre


quest'ultimo in una posizione più funzionale all'effetto che desideriamo ottenere,
supponendo di avere una luce naturale primaria che proviene dall'alto e da destra,
disporre il flash in basso a sinistra consentirà di controllare le ombre in modo molto
efficace ed il giusto dosaggio del lampo permetterà di mantenere comunque i
passaggi di tono che daranno corposità al soggetto. Inoltre il flash separato dalla
fotocamera sarà il primo passo per pensare di scattare ritratti con la sola luce flash,
potendolo direzionare, infatti, eliminiamo il problema della resa piatta di una luce
frontale. Utilizzare un singolo flash come unica fonte di illuminazione è un'idea meno
strana di quanto si possa pensare e spesso utilizzata dai professionisti per ottenere
effetti molto interessanti. La luce del singolo flash, infatti, è una luce molto
direzionata e dura, che crea contrasti marcati ed ombre nette, ottime se vogliamo
ottenere un effetto deciso e drammatico nei nostri scatti, l'uso di un pannello di
schiarita opposto al flash consentirà di ammorbidire la resa mantenendo comunque
una buona dose di "drammaticità"; addirittura ci sono schemi classici di
illuminazione, come la luce "Rembrandt", che prevedono proprio l'uso di un singolo
flash e spesso neppure ammorbidito.

Naturalmente avremo sempre a disposizione la consueta gamma di opzioni di


schiarita e riflessione del lampo che ci permetteranno di adottare una luce più
morbida ed avvolgente per ottenere ritratti dai caratteri più dolci: io scatto spesso
con un singolo flash laterale puntato, invece che contro il soggetto, contro due
pannelli di polistirolo disposti a V che assumono loro il compito di far rimbalzare la
luce verso il soggetto, in questo modo la luce riflessa dai pannelli risulterà più dolce
e le ombre saranno molto meno marcate, avvicinando o allontanando i pannelli dal
soggetto riusciremo ad intensificare o attenuare la potenza della luce ed a
modificarne la durezza (più sono vicini e più la luce sarà dura e potente), inoltre
modificando l'apertura dei due pannelli otterremo l'effetto ulteriore di ammorbidirne
o meno la resa, una V più aperta restituirà una luce più morbida, una V più chiusa
offrirà una luce più dura. Circa l'esposizione, qualora il sistema lo consenta, mettere
il flash in TTL compensato a -1/2 EV è in linea di massima la scelta migliore e più
rapida, viceversa ricorreremo ancora all'esposimetro esterno a luce incidente oppure
ai calcoli in relazione al numero guida del flash e le distanze, tenendo presente che
avremo sempre un risultato approssimato ed in tal caso ricorrere a più scatti a
forcella è indispensabile, naturalmente una macchina digitale ci permetterà di vedere
subito il risultato operando gli aggiustamenti del caso.

Per finire, senza la pretesa di esaurire un argomento così vasto, una semplice nota
sulla temperatura colore: la luce flash ha una temperatura colore pari a quella del
sole nelle ore centrali della giornata e facilmente sfruttabile con le pellicole daylight,
quelle che compriamo abitualmente, tuttavia se scattiamo all'alba o al tramonto ed
usiamo il flash come luce di riempimento dovremo tenere presente che la luce solare
sarà molto più calda e la luce flash risulterà invece molto fredda sul nostro soggetto,
sebbene in qualche caso questo effetto possa essere sfruttato a fini creativi, la
regola vede la luce flash filtrata da apposite gelatine che la riportano alla giusta
temperatura, in linea di massima potremo adottare i filtri per la luce "tungsten", cioè
la luce emessa dalle normali lampadine di casa, ci sono in commercio set di filtri per
il flash con gelatine tarate (per portare la luce a temperature colore ben precise) e
colorate, provateli, non sempre gli effetti saranno gradevoli, anzi, quasi mai, ma in
qualche occasione una nota di colore, magari proiettata sullo sfondo quando
l'illuminazione principale è assolta dal sole, potrebbe dare il tocco in più ad uno
scatto.

Una volta che avremo staccato il flash dalla fotocamera ed avremo iniziato ad
esplorare il mondo dell'illuminazione flash, il limite alle nostre possibilità sarà
determinato solo dalla nostra fantasia, voglia di sperimentare e, non ultimo, dalle
disponibilità economiche che avremo per comprare tutti i flash di cui riterremo di
aver bisogno, ciò che è sicuro è che dovremo iniziare a cambiare atteggiamento
mentale nei confronti della fotografia, non più una visione creativa per estrapolare
dal mondo uno scatto che racconti qualcosa ma una vera e propria creazione
dell'immagine per comunicare ciò che desideriamo, come dico sempre, ma la frase
non è mia, ci sono fotografi che le fotografie le cercano e le trovano, altri che le
creano, entrambi sono stimabili ed apprezzabili, ma fanno due cose diverse.
Per finire due esempi di uso del flash come ausilio all'illuminazione. Nel primo caso
la luce flash fornisce di fatto l'illuminazione del soggetto mentre la luce naturale del
sole si occupa di definirne il contorno, la scelta di scattare al tramonto ha permesso
la tonalità dorata tra i capelli.

PRIMO CASO

SECONDO CASO
LA LUCE MULTI FLASH
Potendo disporre di più di un flash le possibilità che si aprono nella fotografia di
ritratto sono virtualmente infinite, non c'è situazione non riproducibile in studio con
le opportune potenze flash e gli accorgimenti del caso, l'attrezzatura, come al solito
però, dovrà essere solo quella parte di strumentazione, ben conosciuta e compresa
nel suo funzionamento, che permetterà di esprimere al meglio le potenzialità nostre e
del nostro soggetto.

La prima cosa basilare da capire nell'illuminazione multi-flash è che i normali


parametri di esposizione con i quali lavoriamo vanno del tutto dimenticati.
Introduciamo una nuova informazione: i flash, quasi tutti almeno, possono emettere
lampi a potenze diverse e regolabili, il più delle volte regolabili manualmente o con
una serie di parametri relativi, la regolazione della potenza influisce in realtà sulla
durata della luce emessa, un flash a piena potenza avrà un lampo della durata circa
doppia rispetto al lampo emesso dallo stesso flash a mezza potenza; la durata del
lampo, in linea generale, è solitamente davvero breve, un vecchio flash, potente ed a
piena potenza potrebbe avere una durata del lampo nell'ordine di 1/500 di secondo,
un moderno flash di buona potenza ha una durata del lampo a piena potenza ancora
più breve. Da qui si capisce facilmente che nell'esposizione in luce flash la variabile
tempo impostata in macchina non ha alcuna influenza sull'esposizione del
fotogramma, tenere l'otturatore aperto per 1/30 o per 1/250 di secondo quando la
durata dell'illuminazione che espone la scena è enormemente più breve non
cambierà nulla, vale la pena impostare il tempo più rapido consentito di sincro-flash
per evitare contaminazioni luminose della luce ambiente e per evitare un rumore
maggiore in caso di fotocamere digitali.

La seconda variabile che abitualmente consideriamo nella valutazione esposimetrica


è il valore di apertura del diaframma. Il diaframma influisce realmente
sull'esposizione flash però abbiamo le mani legate: se vogliamo ottenere una decisa
sfocatura o un tutto a fuoco dovremo impostare il diaframma ad un valore ben
preciso e non variabile.

In sostanza la nostra fotocamera diventa una scatola contenente il supporto


sensibile con un foro di ingresso della luce ben preciso, senza alcuna possibilità di
variare alcunché, come esporre correttamente quindi? L'unico parametro sul quale
possiamo agire in macchina è la sensibilità ISO, anche qui con diverse limitazioni, se
desideriamo una qualità ottima la scelta di pellicola o sensibilità del sensore si ferma
presto a valori molto bassi.
La strada da percorrere è un'altra: variare l'intensità della luce sui singoli flash per
ottenere la corretta esposizione e tutti gli effetti desiderati.
Il come fare è questione non banale, ma neppure impossibile da affrontare; il
procedimento illustrato sarà valido per qualsiasi tipo di macchina fotografica ma se
abbiamo la possibilità di lavorare in digitale, anche con una compatta con il flash
impostabile manualmente e magari solo per fare le prove luci, il tutto sarà molto più
semplice e privo di tanti calcoli.

Intanto disporremo i vari flash, pannelli e supporti secondo lo schema che riterremo
opportuno, i flash dovranno avere la possibilità di dialogare tra di loro, che sia via
servo-cellula o via cavo sincro non cambia nulla, i sistemi moderni hanno una serie
di telecomandi e radiocomandi che sincronizzano i flash tramite onde radio in
frequenza o brevissimi lampi impercettibili di comunicazione secondo un loro codice
proprietario, il tutto dipendente dal nostro pulsante di scatto della fotocamera.
Sistemati i flash li imposteremo in base al tipo di illuminazione che vogliamo
ottenere, per semplicità ipotizziamo un flash principale a destra a piena potenza ed
un secondo a sinistra di schiarita ad 1/4 della potenza. A questo punto fa il suo
ingresso in scena l'esposimetro a luce incidente per luce flash; questo tipo di
esposimetro ha la capacità di leggere appunto la luce flash che colpisce il soggetto
nei vari punti (un punto ogni lettura) ed una presa sincro per comandare il primo dei
flash usati, supponendo che gli altri dipendano via servocellule o via cavo dal flash
principale. Impostato il valore ISO sull'esposimetro lo posizioneremo in prossimità
della zona del volto di cui vogliamo leggere l'esposizione, supponiamo la zona
illuminata dal flash di destra, quello principale, e facciamo scattare i flash.
L'esposimetro ci restituirà un valore di diaframma, cioè il valore di diaframma che in
teoria dovremmo impostare in macchina per una corretta esposizione; abbiamo
detto però che il nostro valore di diaframma non è variabile, quindi come fare?
Andremo a variare la potenza del flash in funzione del valore che ci è stato dato.
Tornando al nostro esempio, supponiamo di avere impostato un diaframma f/2,8 per
ottenere una bella sfocatura e che l'esposimetro ci dia una lettura di f/5,6, essendoci
2 stop di differenza tra il diaframma impostato e quello necessario andremo a variare
la potenza del lampo di due stop, cioè porteremo il flash primario da piena potenza
ad 1/4 e quello secondario da 1/4 ad 1/16. Se vogliamo una lettura più certa anche
sulla zona di schiarita potremo ripetere l'operazione posizionando l'esposimetro in
prossimità della seconda zona del volto, quella in ombra, facendo scattare i flash
nuovamente verificheremo che il valore di diaframma indicato sia due stop più
aperto di quello di lavoro (cioè la zona di lettura è due stop più chiusa rispetto
all'esposizione ottimale che ci indica l'esposimetro).

Fatto questo saremo pronti a scattare una bella serie di immagini delle quali saremo
gli artefici in tutto e per tutto.

Lavorare in digitale che vantaggi porta? Intanto che potremo fare a meno
dell'esposimetro esterno, scatteremo una prima immagine e valuteremo a monitor le
luci, come si faceva una volta, e come alcuni fanno ancora, con le polaroid,
regoleremo le potenze delle luci e scatteremo nuovamente, via via che non
raggiungeremo il risultato voluto.
Sul mercato oggi possiamo trovare sistemi di gestione flash davvero complessi e
completi, iniziando dai sistemi Canon e Nikon dove è possibile comandare in remoto
da un flash principale le potenze di tutti gli altri, usarli a gruppi con impostazioni
diverse e potenze regolate in TTL con vari gradi di compensazione, o addirittura
direttamente dal dorso della propria fotocamera, fino a giungere ai sistemi da studio
controllabili tramite software specifico dal proprio computer portatile, tuttavia il
concetto alla base di tutti questi sistemi è sempre la regolazione manuale dei singoli
flash in modo da dosare la luce in modo da ottenere l'illuminazione cercata.

Cosa possiamo fare con un sistema di illuminazione multi-flash? Sostanzialmente


tutto, la vera discriminante è la potenza in gioco, con i flash a cobra installabili in
slitta solitamente abbiamo una potenza appena sufficiente ad illuminare
correttamente un volto se desideriamo un'illuminazione morbida e riflessa da una
serie di pannelli, ciò non toglie che sia un ottimo sistema per iniziare ad impadronirsi
della tecnica, certamente non aspettiamoci di poterli usare se decidiamo di lavorare
a diaframmi molto chiusi, già pensare di lavorare a f/5,6 a 100 ISO potrebbe non
essere così semplice, il passo successivo è dotarsi di un paio di flash da studio di
potenza adeguata, ci sono in commercio kit già pronti con gli stativi e gli ombrellini
riflettenti compresi con monotorce da 400W e prezzi non del tutto fuori dal mondo,
anche qui comunque non pensate di essere arrivati, se pensiamo che ad ogni stop di
chiusura del diaframma la luce dei flash in gioco va raddoppiata ed un bank
diffusore può sottrarre un paio di stop, scopriamo in fretta che gli scatti di moda che
vediamo sulle riviste fatti a f/11 o f/16 richiedono facilmente potenze nell'ordine di
migliaia e migliaia di Watt.
A fronte di tutti questi svantaggi, economici e di gestione delle potenze luminose in
gioco, perché usare solo la luce flash per scattare un ritratto? Perché la luce flash è
perfettamente controllabile, in potenza, direzione, colore, ampiezza e durezza;
possiamo decidere l'esatto angolo con il quale la luce colpirà il nostro soggetto per
avere una luce radente che mostri e nasconda ogni particolare che vogliamo,
possiamo decidere che tonalità dare alla luce, se evidenziare un particolare con uno
spot stretto o proiettare un ombra significativa in un punto preciso, possiamo con
poche regolazioni passare dalla luce diffusa simile a quella che troveremmo in
esterni ad un'illuminazione direzionata e decisa, in sostanza avremo il vero controllo
sulla nostra immagine, indipendentemente dall'ora e dalle condizioni atmosferiche;
c'è da dire che solitamente la luce flash viene usata per ottenere risultati d'impatto,
con una forte carica emotiva, ombre decise e luci ben aperte, ma è solo lo stile che la
moda ha imposto in questi ultimi anni, nessuno ci vieta di usare i nostri flash per
ottenere risultati morbidi e delicati, basta solo sapere come fare, ma questo si
impara solo con l'esperienza.

Per quanto riguarda me e le mie fotografie di ritratto, da circa tre anni sono passato
quasi del tutto a scattare in digitale con sistemi Nikon, il che mi ha facilmente portato
ad adottare il loro sistema CLS dove, con un numero tutto sommato piccolo di flash
SB600 ed SB800 si riescono ad ottenere ottimi risultati con il vantaggio di una
gestione praticissima dei singoli flash direttamente dal dorso delle mie macchine o
di un SB800 montato in slitta, il tutto senza cavi e senza i tempi dell'allestimento di
un set completo e con il vantaggio di poter trasportare tutto facilmente ovunque,
anche in un campo arato; viceversa i sistemi di flash da studio con monotorce,
ombrelli e bank li riservo allo still-life dove solitamente servono diaframmi molto
chiusi e potenze maggiori di illuminazione, dove non c'è gente in giro per il set e
dove le modifiche alle luci da fare sono più limitate visto che il soggetto è
assolutamente statico.
Articoli sulla post produzione: Regolazione del contrasto e
della luminosità

Uno degli elementi fondamentali in fotografia è lo strumento di regolazione del


contrasto e della luminosità.
Regolare il contrasto e la luminosità è un'operazione necessaria, soprattutto per chi
usa macchine fotografiche di tipo Bridgee o Reflex, esse scattano con un contrasto e
una luminosità più bassa del normale ( a differenza delle compatte, realizzate per un
pubblico "ignorante" ) per dare la possibilità al fotografo di regolare da se questi
valori.
Aumentando il contrasto in una foto otterrete colori più vivi, prendete una foto
appena scattata, aumentate un pò il contrasto e regolate la luminosità, salvate
l'immagine con un altro nome e chiudete tutto, riaprite la foto originale e quella
appena "trattata" mettendole a confronto.

Noterete che la differenza qualitativa fra le due foto è evidente ( sempre se avete
regolato bene il contrasto e la luminosità ).
Per fare un esempio concreto inserirò la foto a inizio articolo prima del trattamento in
post produzione, giudicate voi la differenza.
Articoli sulla post produzione: Il ritaglio

Un utile strumento molto sottovalutato dalla stragrande maggioranza dei fotografi in


erba è lo strumento di ritaglio.
Esso è essenziale nella maggior parte dei nostri scatti, per realizzare un'immagine
perfetta e valorizzare il significato che si vuole trasmettere.

Quando fotografiamo qualcosa che ci attrae spesso non facciamo in tempo a


inquadrare perfettamente il soggetto che ci interessa e nella foto risulteranno
elementi di disturbo che disperdono l'attenzione.
Come nel caso della foto a inizio articolo "L'abbraccio dell'onda" o del murales qui
sotto "Urlo rivoluzionario", prima del processo di post produzione, nell'immagine vi
erano elementi che non mi interessavano ( mare e scogli, nel caso della prima foto,
marciapiede e piante nel caso della secanda ), tagliando via quegli elementi che
distraevano l'occhio da ciò che è essenziale il significato che desideravo dare alla
foto dopo tale processo è molto più chiaro.
Articoli sulla post produzione: Lavorare sui Murales

Mi è capitato spesso di discutere in internet con persone che criticavano aspramente


i Writers, considerandoli dei vandali.
Io penso che riempire gli spazi grigi col colore sia un istinto naturale dell'uomo.

Non mi va di condannare in assoluto e distinguo 3 tipi di Writers:

- Writer bravo: Crea opere d'arte l'addove impera lo squallore più assoluto,
solitamente opera sui muri grigi di periferia.

- Writer bastardo: Crea le su opere su monumenti o palazzi col fondamentale intento


di mettere in evidenza i suoi lavori deturpando altre opere d'arte.

- Writer scarso & bastardo: Non sa tenere in mano una bomboletta, al massimo
riesce a fare dei ghirigori sul muro e si atteggia a grande writer deturpando
monumenti e palazzi con le sue porcate.

Tornando alla fotografia ci sono diversi modi di fotografare un Murales, uno è quello
tradizionale, cioè tenendo tutti gli elementi esterni all'immagine che rendono lo
scatto più Underground, ecco un chiaro esempio:
Un altro è un metodo mio personale:

1°) Fotografo il murales cercando di fare entrare tutta l'immagine nella foto senza
includere elementi ad essa estranei.

2°) Usando Corel Paint Shop ( ma va bene anche Photoshop ) in post produzione
taglio via tutte le parti che non riguardano il murales, ovvero il marciapiede ( se non
posso fare a meno di fotografarlo ) e tutti gli altri elementi esterni all'immagine.

3°) Mi rimane l'immagine, che ovviamente a meno che il murales non sia stato
appena fatto è abbastanza sporco e consumato, ora aprire lo strumento di
regolazione del contrasto e della luminosità.

4°) Non esiste un valore univoco di contrasto che posso indicare, vi dovete regolare
a occhio, aumentatelo senza rovinare i colori, giocate con la luminosità, il risultato
sarà un totale restauro del murales e i colori risulteranno vivi come se il writer abbia
appena finito la sua opera.
Articoli sul fotoritocco: Il colore selettivo

Il colore selettivo è una tecnica di fotoritocco molto interessante, per poterla


padroneggiare bene si deve fare molta pratica.
Il programma che uso per utilizzare tale tecnica si chiama Corel paint shop Pro
Photo X2, questa guida credo sia valida anche per chi usa Photoshop.

Passaggi:

1°) Apriamo col nostro programma di grafica una foto a colori, convertiamola in
bianco e nero e salviamola con un altro nome, chiudiamo la foto senza salvare i
cambiamenti effettuati e riapriamo la foto a colori di prima e il suo equivalente in
bianco e nero.

2°) Andiamo a utilizzare lo strumento di clonazione, col tasto destro del mouse
clicchiamo sul punto della foto a colori che ci interessa, su di esso si posizionerà
una X, adesso andiamo sulla foto in bianco e nero e andanto col cursore sul punto
preciso in cui abbiamo messo la X nella foto a colori, clicchiamo col tasto sinistro,
tenetelo premuto come se stessimo usando il pennello, la parte della foto a colori
selezionata andrà a sostituirsi con quella della foto in bianco e nero.
In Photoshop per usare lo strumento timbro clone ( o clone ) bisogna premere Alt e
cliccare per stabilire il punto di sorgente, diversamente da quanto detto prima per
Paint Shop Pro che richiede l'utilizzo dal tasto destro.

Questa tecnica richiede molta pazienza, impostate lo strumento di clonazione a


"normale" e di regolarlo "morbido".

La cosa che consiglio è di sperimentare molto "stuprando" la foto.


Articoli sul fotoritocco: Creare foto in HDR

L’ HDR, acronimo di High Dynamic Range, è una tecnica utilizzata in computer


grafica e in fotografia per consentire che i calcoli d’illuminazione possano essere
fatti in uno spazio più ampio (un high range appunto) e si possano rappresentare
valori di illuminazione molto alti o molto bassi.
L’HDR aumenta enormente il dettaglio dell’immagine per ottenere risultati veramente
unici. Si può usarlo in maniera leggera per creare fotografie dall’aspetto naturale,
oppure marcando particolarmente i filtri per dare un tocco originale e creativo. Il
seguente tutorial vi mostrerà come creare con il vostro computer questo genere di
filtro di post-elaborazione delle fotografie.

Strumenti

Gli strumenti necessari sono un editor di immagini RAW (Photoshop va benissimo) e


un programma per manipolare l’High Dynamic Range. Il più famoso è PhotoMatix.
Scattare le fotografie
Ci sono due metodi per creare le fotografie sorgente necessarie per l’HDR. Si può
usare il sistema AEB, auto exposure bracketing, che consiste nell’impostare
opportunamente la propria fotocamera in modo da scattare 3 fotografie della stessa
immagine con diverse esposizioni. L’altro sistema consiste nell’impostare la
modalità RAW e scattare una singola foto, per poi estrarne tre usando sistemi di
post-elaborazione.
Elaborazione
L’immagine HDR si ottiene aprendo le 3 fotografie con Photomatix. Dal menu HDRI,
selezionare la voce "Generate HDR". Photomatix chiederà conferma sull’esposizione
delle 3 immagini, suggerendone una, che per la maggior parte dei casi, è quella
esatta. A calcolo ultimato, è necessario fare tuning sui toni usando la voce "tone
mapping".
Il "tone mapping" è la parte più creativa del procedimento e consente di infondere la
propria creatività nella foto. Impostando la luminosità delle ombre, la forza dei
contrasti locali, la saturazione del colore, i bianchi e i neri, il micro-smoothing e il
micro-contrast (cioè l’accentuazione dei dettagli locali), si otterranno risultati
veramente molto originali.
HDR con Photoshop
Dalla Versione CS2 in poi è possibile creare delle immagini HDR anche con
Photoshop, i risultati non sono pero cosi convincenti come con Photomatix.
(nota: i comandi sono in inglese poiché non dispongo della versione in italiano)
Si inizia cliccando su “File” >> “Automate” >> “Merge to HDR…” dopodiché si
seleziona la serie (3-5 immagini) di fotografie dello stesso oggetto fatta con diversa
esposizione, e si clicca su OK (prima è consigliato selezionare l’opzione in fondo a
sinistra per allineare le immagini).
Photoshop elaborerà le foto creando un file HDR, dopodiché è necessario modificare
il “Tone Mapping”, si deve quindi andare su “Image”(immagine) >> “Mode” >> e
selezionare “8Bits/Channel”. Nella finestra che compare si seleziona “Local
Adaption” e si configura a piacere.
HDR con Qtpfsgui
Qtpfsgui è un programma gratuito (openSource) per creare Foto HDR
Articoli sul fotoritocco: Bordi brillanti

L'effeto dei bordi brillanti lo trovate in Corel paint shop pro photo X2 ( mazza che
nome lungo ) nella sezione effettieffetti artisticibordi brillanti, dovrebbe esserci
anche in Photoshop.

Io uso questo effetto con fotografie che come unico difetto sono riuscite sfocate.

Ovviamente gli scatti dopo un ritocco del genere non si potranno più definire foto,
ma lavori di grafica.
Articoli sul fotoritocco: Disegnare con la fotografia

Con la fotografia digitale ci si può divertire realizzando delle immagini originali, un


bello scatto che purtroppo per qualche strano scherzo del destino è venuto mosso
può essere salvato trasformandolo in un disegno!

Quella che vedete in alto è la foto rielaborata del mio cuginetto, lo stesso bimbo che
vedete nell'articolo "Viaggio attraverso la Sicilia", purtroppo era venuta mossa e ho
deciso di provare uno degli effetti ci corel paint shop pro photo X2.

Sono andato su Effetti-->Tecniche di disegno-->Lapis ed il gioco è fatto.

Con il Corel paint per ottenere un bel disegno da una foto c'è anche la tecnica di
fotoritocco dei bordi brillanti.

Un altro modo per ottenere delle belle immagini da una foto è utilizzare Picasa, un
programma di elaborazione immagini non professionale gratuito creato da google.
Aprire il programma, selezionare l'immagine che vi interessa, andare su Effetti,
convertire l'immagine in Bianco e nero ( consigliabile convertirla prima con un
programma più professionale ), dopo la conversione andare su Correzione, regolare
quasi al massimo le Ombre e le Evidenziazioni, regolate i parametri a seconda
dell'imagine, insomma, come si dice qui da noi, cazzuliate un pò il programma.

ATTENZIONE:

A fine ritocco, con qualsiasi programma di elaborazione immagini non utilizzate


"Salva" ma Esporta, ed esportate alla massima qualità possibile l'immagine.
Se utilizzerete semplicemente salva la qualità si dimezzerà.
Articoli sul fotoritocco: Come colorare gli occhi con
Photoshop

No, non ho gli occhi viola, i mie occhi sono castano scuro, questo è semplicemente
un fantastico effetto realizzato con Photoshop CS2 ( purtroppo ancora non posseggo
la versione CS4 ).

Il ritocco degli occhi è molto usato in ambito pubblicitario, questi sono i passaggi
principali che servono a realizzare tale effetto:

1°) Apro l'immagine che mi interessa con Photoshop.

2°) Aperta l'immagine avremo un livello denominato "sfondo" ( background ),


duplicate questo livello e cliccate sulla copia che otterrete.
3°) Ora vi serve uno strumento per selezionare l'iride, per maggiore precisione vi
consiglio di utilizzare lo strumento di selezione "Lazo magnetico", i valori di tale
strumento dovranno essere "Sfuma = 2px" e selezionate il quadratino "Anti-alias" (
come nella figura di esempio qui sotto ).

4°) Ora andate su Immagine-->Adjustments-->Bilanciamento colore e settate questo


strumento fino a trovare il colore che più vi aggrada ( consiglio tonalità di colore
molto accese ).

5°) A seconda della fotografia potreste aver bisogno di regolare la luminosità e il


contrasto del colore appena selezionato per i vostri begli occhietti.

6°) Ora utilizziamo lo strumento "Brucia" sulle pupille e sui contorni dell'iride per
scurire queste parti.

7°) Adesso per rendere più realistica l'immagine, sul livello su cui avete lavorato
finora ovvero quello copiato da livello "Sfondo" diminuite l'opacità e settatela su 40%
( come ho fatto io ) oppure su un valore a vostro piacimento finché il colore degli
occhi non risulta più realistico.
Ora salvate il file ed il gioco è fatto.
Articoli sul fotoritocco: Effetto Che Guevara

Questo effetto ( o fotomontaggio ) non è difficile da realizzare ma neanche tanto


semplice, partiamo dall'inizio.

EFFETTUARE LO SCATTO, POSA E INQUADRATURA:

Un aspetto da non sottovalutare è l'inquadratura e soprattutto la posa in cui vi


metterete, guardate bene la famosa foto del Che:

Da notare:

Sono visibili entrambi gli occhi e le narici, sembra che il fotografo si sia posizionato
di fronte a lui per effettuare lo scatto, ma non è così, il Che guardava alla mia destra
e il fotografo era posizionato leggermete a sinistra rispetto al centro della faccia di
Ernesto Guevara.

E davanti a queste leggendaria immagine del Che non posso non inserire una delle
sue citazioni che mi piacciono di più:

"Vale milioni di volte di più la vita di un solo essere umano che tutte le proprietà
dell'uomo più ricco della terra."
( Ernesto Che Guevara )

Quindi per essere grezzi posizionate inizialmente la digitale perfettamente di fronte


alla vostra faccia, fissate un punto lontano alla vostra sinistra (non troppo a sinistra),
ora spostate la digitale leggermente alla vostra destra e portate la spalla sinistra in
avanti.
Questa è stata la mia prima foto in versione Che, la foto a fine post invece è stata la
mia prima prova, mi è servita a capire come imitare la foto di Ernesto Che Guevara,
non amo mettermi in posa e non ho seguito alla lettere le mie stesse indicazioni.
FASI DI POST PRODUZIONE & FOTOMONTAGGIO:

1°) Convertie il vostro ritratto in Bianco e Nero.

2°) Utilizzare il pennello impostato sul colore bianco e fate scomparire con tale
strumento tutto l'ambiente che vi circonda, deve rimanere solo il vostro bel visino.

3°) Aprite Picasa ( anche Corel Paint Shop o Photoshop vanno bene ) e regolate le
Ombre ( al massimo ) e le evidenziazioni in modo che venga un disegno, per
approfondire l'argomento leggete questa guida: "Tecnica di fotoritocco: Disegnare
con la fotografia".

4°) Da qui inizia la parte più seccante, scaricate la famosa immagine del Che a
questo Link.

5°) Aprite l'immagine che avete scaricato con Corel Paint Shop o Photoshop, se la
vostra immagine o viceversa quella che avete scaricato è troppo grande dovrete
lavorare sul ridimensionamento di una delle due immagini, ridimensionando quella
più grande.

6°) Con lo strumento di Clonazione portate il cappello e i capelli su di voi e il gioco è


fatto, avrete il risultato ( spero migliore del mio) della foto a fine post, se volete
ottenere la foto "classica" ( quella tutta in rosso ) di Ernesto Che Guevara leggete la
7° fase.

7°) Esportate la foto e apritela con Picasa, andate su Effetti-->Tinta progressiva e


selezionate il colore rosso, finito il lavoro esportate in massima qualità e dimensioni
originali e il gioco è fatto ( Potete usare anche Photoshop se siete pratici coi livelli ).
Articoli sul fotoritocco: Textportrait e guida base all’utilizzo
dei livelli

Osservate bene la foto, noterete che l'immagine sembra composta dalle parole, per
rendersene conto è meglio vederla a una maggiore risoluzione a questo link, per
ottenere questo effetto è doveroso prima parlare dei livelli, perché è con essi che
dovremo lavorare.

UN ACCENNO TEORICO SUI LIVELLI:

Lavorare coi livelli è come lavorare su una serie di fogli di carta velina sovrapposti
alla tua immagine, su ogni foglio può disegnare, oppure si possono operare delle
regolazioni, ogni foglio interagisce con i precedenti ed i seguenti secondo una serie
di regole ed in percentuali definibili dall'utente, ogni foglio può coprire l'intera
immagine o solo una parte di essa o in percentuali variabili parti diverse
dell'immagine o del foglio sottostante. I fogli potrebbero essere trasparenti alla
luminosità ma non al colore ad esempio, oppure mille variabili diverse, ed anche se
fossero opachi solo al colore puoi stabilire gli intervalli colore di trasparenza oppure
opacità.
Un foglio può contenere anche una selezione, un tracciato, parti di altre immagini da
fondere, oppure contenere colori, sfumature, anche questi da fondere secondo
regole che apportino alla nostra immagine la variazione desiderata. Questi fogli
possono essere raggruppati secondo parametri logici in base all'area di lavoro sulla
quale operano, oppure in base al tipo di variazioni che apportano. Su ogni foglio
possiamo lavorare come sulla nostra immagine di base, quindi applicando
regolazioni e filtri, che naturalmente agiranno in base al contenuto del foglio e non
dell'immagine, e che restituiranno un risultato in base al metodo di fusione adottato.
Con i filtri ed i livelli avanzati oggi è possibile operare anche correzioni distruttive
mantenendo le informazioni originali e potendo tornare su quel parametro di
correzione in qualsiasi momento.
Tutto quanto detto sopra funziona su ogni singolo foglio ma anche in funzione della
maschera di livello che abbiamo adottato, in sostanza tutte le operazioni descritte
sono fattibili su uno o più livelli che invece di coprire l'intera immagine, ne coprono
solo una parte, ottenuta appunto tramite mascheratura.

Le maschere di livello sono ottenibili in molteplici modi ed in funzione di cosa voglio


mascherare o su cosa voglio lavorare, sono la base indispensabile per un uso
corretto dei livelli (non a caso nella palette dei livelli sono sempre a portata di mano
ed in Photoshop CS4 gli hanno dedicato un pannello apposta), le puoi ottenere per
tracciati, selezioni, intervalli colore, disegnando sulla maschera, selezioni
successive, con tutti gli strumenti dedicati, tramite solarizzazione, contrasto,
saturazione, combinando tutti questi strumenti insieme.

REALIZZARE LA TECNICA DEL TEXT PORTRAITS:

Per prima cosa il software necessario a realizzare questo effetto è Photoshop, io ho


utilizzato versione CS2 per essere precisi.

I passaggi da eseguire sono:

1°) Caricate la foto, che temporaneamente disabiliterete premendo sull’occhietto


vicino al livello che gli corrisponde.

2°) La foto caricata verrà individuata come sfondo ( background ) e nel pannello dei
livelli apparirà con un lucchetto, cliccateci sopra con il tasto destro del mouse e
duplicate il livello.

3°) Cliccate sul livello col lucchetto e col pennello nero cancellate l'immagine, quindi
otterrete un'immagine completamente nera.

4°) Create un nuovo livello e posizionatelo in cima a tutti inserite un testo che copra
tutto il riquadro, il colore del testo deve essere bianco, tramite il pannello di gestione
dei caratteri ho lasciato il minor spazio possibile tra una riga e l'altra.

5°) Cliccate sulla mano bianca del pannello degli strumenti per poi andare su
selezione-->intervallo colore e premete su ok nella finestra che si aprirà, vedrete il
testo "selezionato".

6°) Ora andate a cliccare col tasto destro del mouse sul livello "testo" e su "Rasterize
Type" per rendere il livello testo un livello immagine.
7°) Riabilitate il livello foto, cliccando sull’occhietto e selezionando quel livello, in
basso pigiate col mouse sull’icona maschera veloce ( il rettangolino con il cerchietto
interno ), creando cosi la maschera che apparirà a lato della foto.
La maschera dovrà avere il testo in bianco e lo sfondo nero, se così non fosse devi
“negativizzare” la maschera, dal menù immagine-->regola-->inverti (mantenendo la
selezione sulla maschera).

8°) Ritornate sul livello "testo" che avete rasterizzato in precedenza, riducete
l’opacità per renderlo semitrasparente.

Se tutto è andato per il verso giusto otterrete un'immagine simile a quella che ho
ottenuto io, dipende da come avete impostato la grandezza dei caratteri e
ovviamente dall'immagine base inserita.

Articoli sul fotoritocco: Emulare la tecnica fotografica di


Dave Hill

Girando per il web mi sono imbattuto in un post su un blog molto interessante, ho


deciso di riportare le informazioni più utili.

Questa più che una tecnica fotografica la definirei una tecnica di fotoritocco.

E’ senza dubbio uno dei grandi fotografi "moderni", Dave Hill ha stregato il pubblico
con le sue foto "illustrate", a metà tra la fotografia e l’illustrazione. Grandi campiture
omogenee di colore lasciano spazio a luci e gradienti tipici di un disegno fatto a
mano. La sua tecnica non ha un nome, anche se la popolarità che ha raggiunto sta
generando curiosità e tentativi di emulazione.
L'unica guida degna di nota che emuli al meglio tale tecnica è quella di un utente di
Flickr denominato O Casasola, il risultato è decisamente ottimo e produce foto molto
simili a quelle di Dave Hill. La sua idea si basa sull’effetto High Pass di Photoshop.

La guida era in inglese, l'ho tradotta e corretta in modo da farmi capire anche dagli
utenti meno esperti.
1°) Apriamo un'immagine, duplichiamo il livello.

2°) Scegliamo Filtro->Altri->Passa Alto. Inseriamo il valore 4 per il raggio.

3°) Sul menu "Livelli" scegliamo "Luci Vivide" sulla paletta dei livelli. Uniamo i livelli.

4°) Duplichiamo il livello.

5°) Andiamo su Filtri->Altri->Passa alto e scegliamo il valore 7 per il raggio.

6°) Impostiamo il blending mode del livello su "Colore", impostiamo l'opacità del
livello al 40% e riuniamo i livelli nuovamente.
7°) Duplichiamo di nuovo il livello, Filtro->Sfocatura->Sfocatura Gaussiana 9 pixels.

8°) Aggiungiamo del rumore Disturbo->Aggiungi Disturbo sul valore 3%

9°) Dal menu Livelli scegliamo Aggiungi maschera di livello -> Nascondi tutti ( Hide
all )

10°) Utilizzando lo strumento "Lasso" selezioniamo solo la zona degli occhi


impostando Seleziona ->Bordi 6 pixel.

11°) Ora invertiamo la selezione: Selezione->Inverti.

12°) Utilizziamo il pennello, opacità 30% e pennelliamo l'intera immagine, infine


uniamo nuovamente i livelli insieme
13°) Il passo finale è aumentare il contrasto dei bordi ( Sharp ).

Filtri->Contrasto->Maschera di contrasto

AMOUNT 100%
RADIUS 30.0 pixels
THRESHOLD 0
L'aspetto mostrato in fotografia sarà dovuto alle luci multiple utilizzate per creare i
chiaroscuri. La lucentezza del viso si ottiene bagnando la pelle del soggetto.
I risultati migliori possono anche essere sbalorditivi:
Articoli sul fotoritocco: Come sostituire il volto di
un’immagine col proprio
Era da parecchio tempo che mi chiedevo come poter sostituire il volto della
gioconda col mio, il problema principale era come rendere la mia pelle identica a
quella della gioconda, finalmente ci sono riuscito grazie all'aiuto di una mia amica di
nome Emanuela, questa è una tecnica di fotomontaggio professionale e la mia
immagine ( la Mona Crupi ) è solo un esempio, il procedimento è applicabile anche
ad altre immagini.

Prima di cominciare voglio chiedere perdono a Leonardo da Vinci che in questo


momento si starà rigirando nella tomba.

PASSAGGI DA ESEGUIRE:

1°) Aprire la propria fotografia, aprire l'immagine della gioconda e duplicare il livello
dell'immagine della Mona Lisa ( la quale servirà solo alla fine per gli ultimi ritocchi
con il timbro )

2°) Iniziare a lavorare sulla propria fotografia, selezionare il pennello e regolare la


durezza a zero, ora selezionare la maschera veloce ( il rettangolino col cerchio
dentro ), cliccate 2 volte sulla maschera veloce, si aprirà una finestrella, ora
impostate "il colore indica" su "Aree selezionate", fatto questo colorate col pennello
il vostro viso.

3°) Togliete la maschera veloce ( cliccate sul rettangolino accanto a quello della
maschera veloce ), il colore del pennello scomparirà e vedremo una seleziona sul
nostro volto, premere copia e incollare la selezione del nostro volto sul viso della
gioconda.

4°) Modifica la grandezza del tuo viso, cliccando su "modifica" e su "trasformazione


libera", applica la trasformazione. Regola il colore ( vai su bilanciamento colore ) la
luminosità e il contrasto per cercare di imitare il colore e la luminosità del viso della
gioconda.

5°) Ora viene la parte più seccante e più difficile da spiegare, selezionate lo
strumento "timbro clone" e andiamo sul livello duplicato della Gioconda.
Prendete un punto ben preciso sulla copia della gioconda tenendo premuto ALT e
cliccando con il timbro, io ho usato come punto di riferimento la linea che si vede
sulla fronte della mona lisa, poi andate sul livello contente il nostro volto e cliccate
sul punto esatto che avete scelto nel livello duplicato, in parole povere si devono
colorare le parti del proprio viso servendosi del viso della gioconda con il timbro ( o
parti di esso ), in alcuni punti dovrete regolare l'opacita al 40% o 50% per non copiare
parti della gioconda che non ci servono sulla nostra faccia, regolando l'opacità in
questo modo si darà l'impressione che le nostre ciglia, i nostri occhi, il nostro naso e
la nostra bocca facciano parte del tutto.
Articoli sul fotoritocco: Ombre colorate con Photoshop
Questo tutorial e la fotografia che vedete alla vostra sinistra sono stati realizzati da
Mattia Voso.

Come potete osservare in questa foto l'ombra della modella presenta qualcosa di
particolare, è stata colorata in post produzione utilizzando Photoshop.

I passaggi per realizzare questo effetto sono i seguenti:

1°) Livello-> duplica livello

2°) Immagine-> regolazioni-> variazioni

Da questo pannello si aggiungono delle dominanti all'immagine, a noi interessano le


ombre, spuntiamo tale opzione ed aggiungiamo la variazione del colore e l’intensità
che desideriamo.

3°) Aggiungiamo una maschera di livello e la riempiamo con il secchiello di nero.

4°) Adesso con lo strumento pennello di colore bianco andiamo a dipingere le ombre
che desideriamo siano colorate ( il metodo funziona bene se ci sono ombre nette ).
Questa è la fase più delicata in cui dobbiamo far si che l'effetto sia il più naturale
possibile ( si deve lavorare con pennelli di dimensioni diverse, opacità diverse e
durezze diverse ).

5°) A questo punto si può essere già soddisfatti del lavoro, altrimenti si può cambiare
l'effetto andando a modificare il metodo di fusione e/o l'opacità. Inoltre per un
controllo sempre maggiore si può duplicare il livello e modificare la sua fusione ed
impostare la sua opacità al di sotto del 100%. In tal modo emerge il livello sottostante
in cui imposteremo un metodo di fusione diverso. In definitiva si riesce a miscelare
due metodi di fusione con una combinazione di possibilità enorme.

Negli esempi che propongo ho seguito il procedimento fino all’ultimo passo e nel
caso delle ombre rosse i valori erano:

Livello 1 - scolora - 100%


Livello 2 - brucia lineare - 50%

p.s.

Se non avete pratica coi livelli di Photoshop consiglio di leggere questo articolo:
Text Portraits e guida base all'utilizzo dei livelli

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