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20.

Musica strumentale nel 700

Incremento di produzione e di consumo.

Influirono l'aumento della dimensione pubblica delle attività musicali che stimolò la crescita
del mercato dell'editoria musicale che si avvaleva ora della più moderna dell'incisione su
lastre di rame, che rese l’intera pratica più veloce ed economica poiché si potevano riusare
senza costi aggiuntivi le stesse lastre per nuove tirature. Il vecchio procedimento che usava i
caratteri mobili dava alle pagine un aspetto disordinato e spezzettato.
In Italia dopo un secolo e mezzo di solida produzione iniziava a languire l’arte della stampa,
dato che gli editori non avevano ancora abbandonato la tecnica dei caratteri mobili. Molte
opere dei più quotati musicisti italiani del tempo furono così stampate all’estero. Sulla
scadente qualità delle edizioni italiane si pronunciò Vivaldi nella prefazione all’Op.3, L’estro
armonico, stampata ad Amsterdam nel 1711.
Nascita di manifestazioni concertistiche pubbliche, dette Accademie musicali, alle quali
partecipavano musicisti sia dilettanti sia professionisti. Si svolgevano non soltanto in circoli
ristretti come in passato (corti, case di nobili o mecenati) ma anche in luoghi pubblici come
i teatri, le taverne e anche all'aperto.
Si incrementò di conseguenza la produzione di opere strumentali dove il discorso musicale
era fine a se stesso e non inserito nel quadro di un rito chiesastico o di una cerimonia o di un
intrattenimento mondano di corte.
Figura cardine nello sviluppo delle manifestazioni concertistiche fu quella dell'esecutore
"dilettante" che si dava alla pratica musicale non per professione ma per scelta e proprio
piacere. Già a partire dal XVII secolo cominciarono a costituirsi in associazioni denominate
Collegia musica.
I primi concerti pubblici a pagamento sono stati promossi a Londra dal violinista John
Banister. Si diffuse nella capitale inglese la pratica delle manifestazioni concertistiche
pubbliche e private. Tra le istituzioni londinesi che si dedicarono ad organizzare
manifestazioni concertistiche figurano l'Academy of ancient music (dal 1710) e la
Philarmonic Society (1728).
Grande risonanza ebbero le manifestazioni musicale tenute a Parigi a partire dal 1725
durante il periodo quaresimale sotto il nome di Concert spirituel. Inizialmente venivano
proposte solo musiche vocali sacre ma a partire dal 1728 si introdussero brani strumentali
per solisti, valorizzando così i virtuosi professionisti locali e quelli di passaggio, offrendo agli
appassionati un repertorio estremamente vario.
Il pubblico delle manifestazioni concertistiche era costituito prevalentemente dai membri
della piccola nobiltà e della piccola borghesia. Quasi tutte le organizzazioni concertistiche
erano legate alla massoneria, costituita formalmente a Londra nel 1717.
I compositori dell'epoca dovettero adeguarsi al crescente moltiplicarsi del dilettantismo e si
crearono opere destinate sia all’esecutore di media levatura che al virtuoso professionista.
I caratteri più frequente adottati in queste musiche strumentali sono:
- chiarezza formale,
- contrappunto molto castigato,
- carattere stereotipato dei moduli ritmici, delle formule melodiche e armoniche
Si riaffermò inoltre il criterio della varietà dei contrasti sonori e timbrici: i passi
tecnicamente più impegnativi vengono lasciati ai solisti, quelli più facili a tutto il complesso
orchestrale. (distinzione tra “solo” e “tutti”).
L’elemento solistico viene ad assumere così una parte sempre più rilevante.

Sinfonia, Sonata, Concerto solistico

Fino al 1710 circa prevale ancora l’intercambiabilità dei termini per denotare un brano
strumentale.
“Sinfonia” veniva usato in diverse accezioni:
- composizione destinata ad essere eseguita da molti strumenti,
- pezzo strumentale di varia organizzazione formale, con funzione introduttiva o
interlocutoria, da suonarsi prima o all’interno di un evento teatrale, una pubblica
accademia, una funzione liturgica e così via.
Nel teatro musicale seicentesco, brani musicali denominati sinfonie venivano eseguiti
durante alcune scene liriche, ma soprattutto durante i cambiamenti dell’apparato scenico.
Verso la fine del secolo i compositori fecero sempre più ricorso a sinfonie introduttive che
non rispondevano ad un preciso schema formale preciso e potevano essere caratterizzati da
un’articolazione in due, tre o quattro movimenti.
Nel dictionaire de musique del lessicografo S. de Brossard si mette in evidenza la
sostanziale irregolarità della Symphonia, caratterizzata in quel tempo da una costante
ricerca del contrasto per catturare l’attenzione dell’ascoltatore.
A partire dal 1720 i maestri napoletani allungarono le proporzioni dei tempi della sinfonia
operistica (il cui schema fu standardizzato in tre movimenti veloce-lento-veloce)
sviluppando i caratteri e la struttura interna dei singoli movimenti:
- Nel primo movimento un primo e un secondo tema vengono differenziati nella
tonalità di tonica e di dominante.
- Nei tempi lenti si comincia a sfruttare lo stile cantabile in luogo dei solenni accordi
delle sinfonie scritte negli anni precedenti.
- I finali invece adottarono di norma un movimento ternario vivace di carattere
danzereccio.
La sinfonia d’opera di questo tipo possedeva il taglio di un autonomo brano da concerto
che andava incontro all’esigenza di una musica facilmente intelligibile, adatta ad essere Commented [1]: Che può essere compreso mediante le
facoltà intellettive; comprensibile
eseguita anche da piccoli complessi di dilettanti:
- richiedeva modeste capacità tecniche,
- l’organico era piuttosto limitato (spesso 4 parti d’archi, con oboi o flauti e corni)
- brano isolabile dal suo contesto, privo di riferimenti al contenuto dell’epoca.
Non è chiaro in quale momento si verificò l’emancipazione della sinfonia dal melodramma.
Probabilmente avvenne in maniera graduale, a partire dall’Italia verso il 1720, dove nei pezzi
orchestrali di apertura (denominati indifferentemente sinfonie o sonate) venne applicato il
principio di alternare alle melodie dei solisti le interruzioni del “tutti”.
Roma e le città pontificie divennero i centri propulsori di questa nuova moda.
Significativa fu l’introduzione nell’orchestra della tromba, usata per la prima volta in una
sinfonia d’opera dal veneziano Antonio Sartorio nell’Adelaide (1672). Sul finire del secolo
anche e soprattutto a Bologna fiorì un repertorio di musiche per una o più trombe, che
finirono a stabilirsi nell’organico della Basilica di San Petronio (Maurizio Cazzati, maestro di
cappella, Op.35, 1665). Nel 1696 per gravi difficoltà finanziarie fu sciolto l’organico della
cappella e ai musicisti non restò che l’esodo forzato verso altre istituzioni musicali. Ciò
contribuì non poco a far conoscere in Italia e all’estero lo stile dei maestri bolognesi.
Degni di essere ricordati sono Domenico Gabrieli, Giuseppe Maria Jacchini e il
compositore veronese Giuseppe Torelli, per anni violinista in San Petronio (si trasferì poi in
Germania e a Vienna). Un quarto circa della sua produzione è costituito da 34
composizioni per una due o quattro trombe e complessi d’archi tutte manoscritte
nell’archivio di San Petronio. Fu uno dei primi ad utilizzare lo schema veloce-lento-veloce. I
suoi lavori si basano sul principio della distinzione, nei tempi veloci, tra episodi che
sviluppano figurazioni di carattere virtuosistico affidate al “solo” e sezioni che ripropongono
in tutto o in parte gli stessi materiali tematici eseguite da tutto il complesso orchestrale
denominati ritornelli.
Nell’Op. 6 per quattro archi e basso continuo compare per la prima volta l’indicazione del
“solo” e del “tutti”. Nell’Avvertimento a chi legge si richiede esplicitamente che i passi
solistici siano eseguiti da un unico violino e che l’organico venga rinforzato con un maggior
numero di strumenti.
Le istruzioni di Torelli contribuirono alla definitiva affermazione del concerto solistico
svincolato e distinto dallo stile da camera.

Antonio Vivaldi (1678-1741)

Egli arricchì la scrittura strumentale, in particolare quella violinistica, di una varietà di effetti
che influirono sulla tecnica del tempo.
Poco si sa della sua giovinezza: studiò il violino probabilmente con il padre Giovan Battista,
il quale suonava occasionalmente con l’Orchestra di San Marco.
Poiché soffriva di una infermità bronchiale congenita lasciò la carriera ecclesiastica subito
dopo l’ordinazione sacerdotale.
Risedette principalmente a Venezia come maestro di violino (1703-1712) e di maestro de
concerti (1713-1740) all’Ospedale della pietà, con assenze più o meno lunghe da Venezia
per il lavoro teatrale che svolgeva (autore di un centinaio di melodrammi ma anche
impresario). Si trasferì poi a Vienna nel 1740, dove morì in estrema povertà un anno dopo.
I quattro ospedali veneziani erano istituzioni di beneficenza mantenute con denaro pubblico
tutte riservate a giovani orfane alle quali veniva insegnata la musica (oltre ad un mestiere).
L’acquisto dei biglietti contribuiva non poco alle spese di sostentamento degli istituti.
La ricca produzione di Vivaldi è per la maggior parte da attribuirsi ai suoi impegni presso la
Pietà. Oltre che attendere all’istruzione musicale delle allieve, l’impegno principali di Vivaldi
era di fornire regolarmente nuove musiche durante le messe e le funzioni vespertine. Il
pubblico dell’epoca era abituato ad ascoltare sempre qualcosa di nuovo (situazione
inconcepibile ai giorni nostri). La capacità di scrivere rapidamente e in abbondanza era un
requisito fondamentale per il ruolo del compositore.
Molte opere di Vivaldi furono scritte o copiate per musicisti d’oltralpe. Tra questi, la
personalità più importante fu quella di Johann Georg Pisendel, il quale studiò con Vivaldi e
collezionò una grande quantità delle sue partiture, riuscendo ad ottenere manoscritti
autografi, oppure copiandole lui stesso a mano. Dopo il ritorno a Dresda, Pisendel
introdusse le musiche strumentali vivaldiane nel repertorio di corte, facendo diventare la città
il punto di diffusione delle musiche di Vivaldi in Germania.
Sulla concezione vivaldiana del concerto solistico agì sicuramente l’influsso di Torelli e di
alcuni maestri suoi conterranei, ma con la sua opera il concerto solistico del primo
Settecento entra nella sua fase più matura. Questo nuovo genere di composizione occupa
una posizione importante nella sua produzione ed è quello che gli procurò il maggiore
successo presso i contemporanei.
Vivaldi accentuò il contrasto tra i tempi allegri esterni e i movimenti lenti centrali, modellati
infatti sull’aria con effetti “operistici” (parti in unisono, accompagnamento alleggerito dei
bassi, impostazione del movimento che spesso segue la semplice forma A-B-A)
Un forte elemento di contrasto risiede nella particolare tensione fra vitalità virtuosistica
dominante del solista alla coralità dell’insieme orchestrale.

Tratti stilistici

Sonorità
- Tendenza a semplificare e a snellire il tessuto orchestrale mediante raddoppi e
unisoni così da ridurre il numero delle parti reali.
- Predilezione per la scrittura leggera, talvolta con i bassi spostati nel registro medio-
acuto, talvolta con l’accompagnamento delle parti solistiche con il pizzicato di
violoncello e contrabbasso.
- Ricerca di coloriti timbrici sempre nuovi per la linea di basso
- Predilezione per il suono degli archi con sordina e per gli accompagnamenti in
accordi spezzati
- Tendenza allo sfruttamento dei registri estremi (rapidi passaggi virtuosistici spesso
affidati al violino)
Armonia
- Tendenza verso una nitida semplificazione della struttura armonico-tonale, intesa ad
evidenziare con forza il dualismo maggiore/minore.
- Progressioni armoniche generalmente limitate alle semplici funzioni fondamentali di
tonica, sottodominante e dominante con frequenti stazionamenti su cadenze perfette
(i-iv-v-i), come in Corelli.
- Frequenti enunciazioni del tema iniziale in tonica, in dominante, poi di nuovo in
tonica.
- Tendenza a passare ad una nuova tonalità attraverso l’accordo di mediante,
sottodominante o sensibile piuttosto che per la dominante.
Melodia
- Predilezione per i motivi semplici che sembrano scaturire dalla tecnica stessa dello
strumento (figure di accordi spezzati, temi ad andamento triadico più spesso
discendente che ascendente).
- Talento nel ricavare una serie di variazioni motiviche da brevi frasi di apertura.
- Predilezione per le ripetizioni incomplete (contratte o elise) delle frasi.
- Uso della progressione come mezzo per prolungare e sviluppare il discorso
musicale.
- Pause talvolta estese a tutte le parti.
Ritmo
- Predilezione per i ritmi molto marcati.
- Impiego della sincope come mezzo espressivo atto a produrre tensione.
- Sfruttamento simultaneo di ritmi fortemente differenziati e di controritmi distribuiti
nelle varie componenti di un dato tessuto musicale.
Forma
- Assenza generale di procedimenti contrappuntistici tradizionali. Pochi sono i
movimenti dei concerti scritti in forma di fuga. Lo stile fugato si ritrova però in alcuni
movimenti veloci delle opere strumentali.
- Espediente dell’imitazione a due o più parti impiegato regolarmente
- Desiderio di trattare le idee tematiche “intensamente” piuttosto che “esaustivamente”.
Vivaldi mira all’immediatezza espressiva dell’intreccio sonoro. Egli pertanto non
tratta il materiale tematico fino al limite delle sue possibilità, nella maniera di Bach.
- Impianto formale basato principalmente sull’elegante gioco di corrispondenze e di
simmetrie.
- Sequenza di un certo numero di motivi ben articolati che si ripresentano
integralmente o in parte oppure liberamente trasformati.

La struttura impiegata quasi sempre da Vivaldi dal 1710 nel primo e nel terzo movimento è
la cosiddetta “forma col ritornello”, uno schema costruttivo nel quale un gruppo tematico
iniziale proposto dall’intera orchestra torna periodicamente (per questo “ritornello”)
alternandosi ad episodi dominati dal solista, i quali introducono nuovo materiale tematico o
sviluppano liberamente uno o più motivi del ritornello. Il gruppo tematico iniziale non riappare
quasi mai ripetuto letteralmente, ma subisce accorciamenti e trasformazioni varie. Solo il
ritornello conclusivo ripropone integralmente (o quasi) il gruppo iniziale.
Il rapporto tematico tra il “solo” e il “tutti” Può assumere una varietà di soluzioni formali che si
possono riassumere così:
- Il solista introduce un’idea tematica nuova senza alcun rapporto con i temi proposti nel
ritornello;
- La parte solistica espone un’idea totalmente nuova ma torna poi ai motivi del gruppo
principale sviluppandoli liberamente;
- Il solista ripropone il motivo iniziale e lo sviluppa liberamente.
Pur all’interno di una struttura formale sostanzialmente ripetitiva ma flessibile, la varietà dei
procedimenti è tale da conferire al concerto vivaldiano quell’impressione di ricchezza
inventiva che aveva affascinato già i suoi contemporanei.

Nell’edizione originale del 1725, Le quattro stagioni furono corredate da altrettanti sonetti
scritti da autore ignoto allo scopo di rafforzare l’efficacia evocativa della musica. Nelle
partiture vi sono inseriti frammenti di sonetto, spesso accompagnati da ulteriori didascalie
esplicative.
Il programma delle Quattro Stagioni sembra avuto le sue origini da due poemetti del 1645:
L’allegro e Il pensieroso del poeta John Milton.

Giuseppe Tartini (1692-1770) e la “Scuola delle nazioni”

Fu il violinista, compositore e teorico che diede sicuramente un apporto decisivo allo


sviluppo della scrittura strumentale per archi.
A Padova, città dove lavorò per oltre quarant’anni fino alla morte, fu a capo di una delle più
rinomate scuole di violino dell’epoca. La sua fama di maestro si diffuse in tutta Europa e
grande fu il numero di allievi italiani e stranieri che vennero a Padova per essere istruiti da
lui. Per questo motivo la sua scuola fu conosciuta come “Scuola delle nazioni”.
La diffusione delle idee e delle opere del musicista avvenne soprattutto per opera dei suoi
allievi, e in questo modo l'insegnamento tartiniano divenne parte integrante del patrimonio
musicale europeo. Il suo influsso si fece sentire particolarmente in Germania, dove molti
suoi allievi (sia italiani che tedeschi) furono assunti presso numerosi corti (Dresda,
Stoccarda, Monaco ecc.)
La scuola di Tartini consisteva sia nella pratica della tecnica violinistica sia in lezioni di
contrappunto e composizione.
Nonostante fosse essenzialmente autore di musica strumentale, Tartini fu profondamente
sensibile alle possibilità espressive della musica vocale. A tal scopo, si servì di un bagaglio
di accorgimenti tecnici che gli permisero appunto di raggiungere uno stile assolutamente
personale.
Tartini era fermamente convinto che la tecnica degli abbellimenti non poteva essere
impiegata in maniera casuale e per trasmettere agli allievi la loro corretta esecuzione e
applicazione preparò una serie di Regole per arrivare a saper ben sonar il Violino,
rimaste manoscritte fino alla sua morte e poi stampate a Parigi nel 1771. Si tratta della prima
opera nella storia della musica dedicata esclusivamente agli abbellimenti.
- La prima parte è dedicata alla descrizione dei singoli abbellimenti secondo un criterio
che va dal più semplice al più difficile.
- La seconda parte spiega la funzione esatta di ciascun abbellimento e ne definisce la
caratteristica espressiva a seconda di dove viene applicato.
Gli abbellimenti vengono così trasformati da semplice elemento riempitivo di ostentazione
virtuosistica a docile strumento espressivo che costituisce parte integrante della melodia.
In molte opere tartiniane accanto alla versione originale possediamo spesso una o più
versioni dove gli abbellimenti sono scritti per esteso e non lasciati alla discrezione
dell’esecutore.
L’influsso tartiniano si esercitò anche sul piano teorico e può essere provato attraverso il
Metodo fondamentale di violino di Leopold Mozart, pubblicato nel 1756 e ristampato in
quattro diverse edizioni fino al 1800 a causa della sua enorme diffusione. I capitoli 9-11
trattano l’esecuzione degli abbellimenti allo stesso modo di Tartini e numerosi sono gli
esempi musicali tratti da sue composizioni.
Altro carattere distintivo della scuola tartiniana era la perfezione dell’intonazione.
Di importanza decisiva per il controllo dell’esatta intonazione fu la scoperta empirica da parte
di Tartini del cosiddetto “terzo suono”, cioè il suono grave che si ottiene dall’esecuzione
simultanea di due altri suoni di altezza diversa: esso fornisce la base armonica (il basso
fondamentale - Rameau) della serie di armoniche superiori a cui appartengono i due suoni
emessi. Dal momento che il fenomeno si verifica solo se il bicordo è perfettamente intonato,
Tartini ne invoca l’impiego pratico per ottenere appunto la giustezza dell’intonazione.
La vasta produzione è costituita da due generi di musica strumentale: 130 concerti per
violino solo e oltre 200 sonate per violino solo.
Certi elementi del linguaggio musicale di Tartini sono dominati dalla tecnica strumentale e
compositiva praticata da Corelli, autore che Tartini omaggia nell’Arte dell’arco (1748), una
serie di trentotto variazioni sulla Gavotta in Fa maggiore dell’Op. 5 n 10 di Corelli in cui si
succedono tutti i tipi di colpi d’arco.
Le sonate sono perlopiù articolate in tre movimenti appartenenti alla medesima tonalità: un
tempo lento iniziale seguito da due movimenti veloci, il primo dei quali molte volte è scritto in
stile fugato, mentre il secondo adotta spesso andamenti di danza.
La sua opera più famosa è la sonata in Sol minore denominata dai suoi allievi Trillo del
diavolo, in connessione con il presunto sogno del maestro nel quale il diavolo eseguiva il
prolungato, difficilissimo trillo che si presenta due volte nel movimento finale di questo
sonata a quattro tempi.

Lo stile galante e la sonata cembalistica

il vigoroso incremento della musica strumentale che si ebbe dall’inizio del Settecento
coinvolse anche la formazione di una letteratura cameristica finalizzata alla pratica
quotidiana e deputata all’intrattenimento privato. Il destinatario privilegiato di tale produzione
strumentale fosse il musicista dilettante intenditore. Gli strumenti a tastiera erano quelli più
adatti alla pratica e alla ricreazione musicale domestica.
Un requisito importante di questo repertorio fu spesso la facilità d’esecuzione, che significa
rinuncia della scrittura tradizionalmente basata sull’elaborazione motivica e sul contrappunto
speculativo. Si punta invece su un tessuto musicale molto semplificato e sfoltito, di Commented [2]: Relativo all'indagine e alla riflessione
teorica
concezione nettamente omofonica: il discorso musicale si regge perlopiù sul netto dualismo
tra linea melodica principale e accompagnamento, senza possibilità di interscambio tra l’una
e l’altro. Ciò significa anche supremazia assoluta della melodia sull’armonia.
Questo tipo di scrittura facile, in grado di mantenere l’interesse di un pubblico numeroso, si
accordava bene con il nuovo gusto dell’espressione “personale” e diretta del sentimento, in
opposizione all’espressione del sentimento oggettiva, razionale e complessa.
Per designare i caratteri stilistici e la nuova concezione musicale che prevalse soprattutto tra
il 1730 e il 1760 si ricorre all’espressione “stile galante”.
Nel primo Settecento la parola “galante” è associata alla categoria del gusto apprezzato dal
galant homme nobile dilettante, il quale rifiuta l’elemento goffo, pedantesco ed erudito Commented [3]: Contrassegnato da una meticolosità gretta
(Eccessivamente attaccato a criteri personali) e noiosa
dell’arte. Stile galante è dunque l’equivalente di stile “moderno” contrapposto allo stile
“antico” e severo del contrappunto di ascendenza tradizionale.
Fu probabilmente il teorico, compositore e diplomatico Johann Mattheson il primo a definire
lo stile galante come espressione del “nuovo” distinto dallo stile elaborato contrappuntistico.
Mattheson distingue il musicista di professione dal galant homme e avverte che quest’ultimo
deve preoccuparsi di evitare ogni pedanteria. Egli associa il concetto di Galanterie alle
melodie scorrevoli piene di invenzioni raffinate, accompagnate dal dolce suono degli accordi.
Tratti stilistici
- Predilezione per le melodie cantabili e levigate composte di frasi di eguale
lunghezza regolate dal principio della simmetria, ossia costruite secondo un rapporto
reciproco di proposta e risposta.
- Tendenza ai ritmi uniformi che seguono schemi semplici incessantemente ripetuti
(specie nell’accompagnamento)
- Semplicità elementare dell’armonia (predominano le triadi primarie),
tendenzialmente ridotta nelle sue funzioni alla polarità di tonica e di dominante.
Frequenti sono gli spostamenti passeggeri da una tonalità maggiore al modo minore.
Tecnica particolarmente in voga è il cosiddetto “basso albertino”, che prende il nome dal
compositore e cembalista veneziano Domenico Alberti, il primo che ne fece uso frequente.
Si tratta di una formula di accompagnamento consistente in accordi spezzati, semispezzati
oppure arpeggiati.
Nella gran parte dei casi le sonate per cembalo sono articolate in due movimenti:
- il primo solitamente in tempo veloce e in ritmo binario;
- il secondo, nella stessa tonalità, si presenta in ritmi ternari di danza.

Le sonate di Domenico Scarlatti (1685-1757)

Il principale compositore italiano per tastiera del XVIII secolo fu Scarlatti.


Nato a Napoli, figlio di uno dei maggiori compositori (Alessandro) del tempo, Domenico fu
molto stimato per le sue doti di virtuoso tastierista. Nella sua autobiografia il flautista e
teorico Johann Joachim Quantz, che ebbe modo di sentire a Napoli una delle sue
rappresentazioni, definì “galant” lo stile di Domenico alla tastiera.
Nel 1719 venne chiamato a Lisbona al servizio del re Joao V di Portogallo con l’incarico di
maestro di cappella e insegnante di cembalo dei figli. Per la cattedrale di Lisbona scrisse un
numero considerevole di brani vocali sacri, e un numero altrettanto alto di serenate
d’occasione e di cantate eseguite a corte.
Poche sono le sonate stampate in vita: l’edizione dei trenta Esercizi per gravicembalo
concepiti per uno scopo pedagogico e pubblicati a Londra nel 1738 a cui seguirono nel 1746
ulteriori riedizioni inglesi e francesi contenenti una ventina di altre sonate.
Tutte le altre 500 circa sonate ci sono giunte attraverso due sillogi principali manoscritte di Commented [4]: Raccolta antologica di scritti letterari,
storici o giuridici, di uno o più autori.
15 volumi l’una copiate in Spagna.
Lo schema base della sonata scarlattiana in un solo tempo segue una costruzione
bipartita, caratterizzata da un preciso senso simmetrico delle relazioni tonali.
- Nella prima parte il discorso musicale procede dalla tonalità fondamentale a quella di
dominante o del suo relativo minore o maggiore;
- Nella seconda parte si ritorna alla tonalità di partenza attraverso un ampio giro di
modulazioni.
Il materiale tematico può essere o meno riesposto nella seconda parte. Costante è la
tendenza a chiudere le due sezioni con gli stessi elementi formali, in particolare con le
stesse formule cadenzanti ( I - V // V - I).
In qualche caso Scarlatti adotta una struttura monotematica. Variabile è il trattamento del
materiale tematico: i motivi si susseguono, si incrociano, talvolta si sovrappongono in una
pluralità di figurazioni per creare contrasti e antitesi.
Segno tangibile della sonata scarlattiana è lo sfoltirsi delle voci fino a ridursi a due sole.
Non raramente le due voci sono concepite secondo la logica della scrittura imitativa.
Scarlatti a volte ama servirsi di uno stile contrappuntistico nelle prime battute soltanto, per
poi passare immediatamente ad una scrittura prevalentemente omofonica e omoritmica.
Straordinaria è la sensibilità timbrica che anima la sua produzione, dove spesso le sonorità
metalliche dello strumento sembrano riecheggiare in un linguaggio quasi orchestrale oppure
alludere agli strumenti più disparati.
Particolare rilievo è dato ai ritmi serrati di danza popolaresca. Vale notare come fu uno dei
primi musicisti che abbia considerato seriamente l’elemento popolare.

Lo stile empfindsamer Commented [5]: ds = Z // r muto

Nelle regioni della Germania settentrionale, a Berlino in particolare, si affermò a partire dal
1740 circa un nuovo interesse per l’espressione personale del sentimento che influenzò in
particolare il repertorio cembalistico.
Si tratta di una corrente stilistica che da una parte coincide con lo stile galante, dall’altra si
distingue per i caratteri più impetuosi ed “espressivi” applicati alla scrittura musicale. Vi è il
culto dei sentimenti spontanei “misti (dal malinconico all’emozionante), che è poi il gusto
preromantico dell’ondeggiamento patetico, dell’irrequieta sensibilità. La forte predilezione
per i bruschi sbalzi d’umore aveva radici profonde nella letteratura tedesca dei mistici pietisti.
Questo particolare stile musicale basato sulla ricerca espressiva di tensioni emotive forti e di
sensazioni intime, malinconiche, sentimentali è contrassegnato dal nome empfindsamer
(sentimentale).
Tratti essenziali
- Fantasia bizzarra, spesso fino all’eccentricità, stile discorsivo e carattere rapsodico
della scrittura musicale.
- Indicazioni particolareggiate del tempo, come “Allegretto arioso e amoroso” o Adagio
affettuoso e sostenuto
- Frequenti indicazioni dinamiche, con rapidi passaggi dal fortissimo al pianissimo
(agogica mobile) Commented [6]: impulso dal quale scaturisce e si svolge il
ritmo musicale inteso quale virtù soggettiva e non riducibile a
- Brusche spezzature ritmiche e linee melodiche molto frammentate, con scatti di schema, sì da lasciare adito al talento interpretativo personale
tempestoso impeto drammatico. dell'esecutore, cui ne spettano l'individuazione e la
ricostruzione.
- Accompagnamento più vivo rispetto allo stile galante
- Improvvisa modulazione dal maggiore al minore, cadenze d’inganno e scelta di Commented [7]: La tonica finale è sostituita da altri accordi
lasciando aperto il discorso armonico
particolari ed eccentriche aree tonali
- Tendenza ad evitare la regolare simmetria delle frasi melodiche.
La definizione di empfindsamer è riferita soprattutto allo stile coltivato da Carl Philipp
Emmanuel Bach (1714-1788). Operò per quasi trent’anni a Berlino, dove fu cembalista di
corte del re di Prussia Federico II “il Grande”, cultore di studi letterari e filosofici nonché
esperto flautista. A Berlino Bach ebbe occasione di stringere rapporti di amicizia con filosofi
e letterati tra i principali fautori dell’irrequieta sensibilità preromantica.
Dal 1768 alla morte Bach fu ad Amburgo come Musikdirektor nelle principali chiese della
città.
Bach lasciò una copiosa produzione per strumenti a tastiera (345 pezzi tra cui circa 170
sonate solistiche).
Al klavier dedicò un trattato di importanza capitale per la realizzazione degli abbellimenti e
per la soluzione di altri problemi inerenti la prassi esecutiva strumentale, il Versuch über die
wahre Art das Clavier zu spielen (Trattato sulla vera maniera di suonare gli strumenti a
tastiera), stampato a Berlino nel 1753 (I Vol.) e nel 1762(II Vol.).
La prima raccolta di Sei sonate W. 48 dette “prussiane” in quanto la raccolta è dedicata
a Federico II di Prussia fu pubblicata a Norimberga nel 1742.
Bach adotta quasi sempre lo schema in tre movimenti V-L-V. Il primo movimento è di norma
costruito in forma-sonata. In questi lavori Bach sembra essere interessato a mettere in
rilievo più la parte espressiva che formale della scrittura musicale. Ciò si nota
particolarmente nei movimenti lenti, caratterizzati da improvvisi mutamenti di dinamica, da
uno stile discorsivo, con corone inattese e digressioni armoniche.

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