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17.

La diffusione della musica strumentale nel XVI secolo

Nel corso del Cinquecento si realizzò gradualmente l’emancipazione della musica strumentale dalla
condizione di dipendenza dai modelli vocali che fino ad allora aveva conosciuto.
La produzione strumentale del Cinquecento rimase in gran parte legata, nei tratti stilistici e formali,
ai modelli vocali. Questa dipendenza rientrava nel concetto rinascimentale de ”l’imitazione della
natura” come ricorda lo strumentista, compositore e teorico veneto Silvestro Ganassi nel manuale
per flauto Opera intitulata Fontegara (1535):
“ Tutti li instrumenti musicali sono rispetto e comparatione alla voce umana [...] come il degno e
perfetto dipintor imita ogni cosa creata dalla natura con la variation di colori, così con tale
instrumento di fiato e corde potrai imitare el proferire che fa la humana voce. “
Il progressivo affinamento delle tecniche esecutive fa si che la composizione strumentale si allontani
sempre più dal semplice ricalco ed emulazione della vocalità. Le risorse espressive, le peculiarità
tecniche e le qualità foniche di ciascun strumento vengono sempre più consapevolmente valorizzate
ed evidenziate.
Si apre così la via alla coltivazione del virtuosismo esecutivo e alla registrazione scritta delle
pratiche improvvisative.
La diffusione del dilettantismo strumentale, coltivato presso i cenacoli nobiliari e le case di ricchi
mercanti, fu un fattore importante nell’espansione editoriale del repertorio di musiche destinate a
determinati strumenti.
Per facilitare la lettura dei brani da eseguirsi venne impiegato un tipo specifico di scrittura musicale -
l’intavolatura- diversa dalla notazione utilizzata per le composizioni polifoniche vocali.
Le prime intavolature stampate a noi giunte furono destinate al liuto.
La trascrizione di musiche vocali fu largamente impiegata dai liutisti e da tutti gli altri strumentisti.
Nei primi decenni del secolo ha inizio anche la pubblicazione di manuali che descrivono le proprietà
specifiche dei singoli strumenti e che danno istruzioni su come suonarli. Dal momento che non sono
indirizzati al teorico ma al musicista pratico, la lingua di questi manuali non è il latino ma il
vernacolo.
La rapida diffusione della musica strumentale ebbe inoltre un notevole influsso sull’evoluzione
generale della costruzione degli strumenti.
- Agli strumenti a tastiera venne migliorato il rendimento acustico e si perfezionarono le
rifiniture decorative esterne.
- Aumentò anche la qualità sonora degli strumenti ad arco, che vennero separati nei tipi del
contralto, del tenore e del basso.
La fabbricazione degli strumenti a fiato, d’ottone o di legno veniva coltivata soprattutto in Germania
e Austria, mentre un ruolo di punta nella costruzione di strumenti ad arco ebbero le svariate
botteghe ed officine nord italiane (Venezia, Cremona, Brescia), organizzate come aziende di tipo
familiare, che si tramandavano di padre in figlio l'arte della manifattura di strumenti.
Vi erano anche fabbricanti di liuti e chitarre in questa zona, ma spesso erano di estrazione tedesca.
Il rigoglio della liuteria veneto-lombarda può essere spiegato dalla preferenza data al suono nobile e
discreto degli strumenti ad arco nella musica da camera, coltivata nelle corti e nelle residenze
signorili.
A fine Cinquecento vengono riconosciute le possibilità superiori del violino rispetto ad altri strumenti.
Si assiste così all’espansione del repertorio musicale destinato specificatamente a questo
strumento.

Funzioni e usi della musica strumentale solistica e d’insieme


Molti generi di musica strumentale venivano utilizzati prevalentemente in funzione di intonazione, di
pre-, post- o interludio ad eventi liturgici, cerimoniali e scenici. Fino ad inizio Seicento era molto
diffuso il repertorio di brani strumentali basati su melodie popolari, impiegati per accompagnare i
movimenti di danza.
Durante il XVI secolo, l’impiego degli strumenti nel servizio liturgico era limitato, ad eccezione
dell’organo, alle cappelle vescovili e a poche chiese posto nei domini di potenti e ricchi principi.
La partecipazione di complessi strumentali aveva luogo solo durante importanti festività religiose.
Soltanto a partire dagli ultimi decenni del secolo numerose cappelle ecclesiastiche assegnarono un
posto stabile agli strumentisti, ampliando da allora la loro utilizzazione nel servizio liturgico.
Un ruolo guida nell’evoluzione del repertorio di musiche strumentali fu svolto a Venezia, il cui
patriarcato si mostrò insofferente verso le ingiunzioni della Controriforma di Roma in merito
all’intervento di strumenti nei servizi divini, fattore che spiega l’eccezionale produzione di opere
strumentali solistiche e d’insieme composte per le chiese veneziane e per la Basilica di San Marco
in particolare, centro della vita cerimoniale e religiosa della città. I musicisti che vi lavoravano erano
alle dirette dipendenze dello Stato veneziano e dovevano intervenire ogni volta che il Doge
presenziava alle funzioni religiose e pubbliche. Il maestro di cappella sovrintendeva a tutte le
esecuzioni musicali e dal 1607 fu affiancato da un vice-maestro.
In aggiunta ad un gruppo di coristi dalla fine del XV secolo in poi la basilica stipendiò anche due
organisti che si alternavano di settimana in settimana, ma nelle domeniche e nelle feste particolari
era richiesta la presenza di entrambi. Sembra che al secondo spettasse il compito di accompagnare
il complesso strumentale e di offrire esibizioni virtuosistiche. Per questo motivo molta musica
strumentale fu scritta dai musicisti che sedevano al secondo organo in San Marco: Claudio Merulo,
Andrea Gabrieli.
Il primo tentativo di istituire un complesso strumentale a San Marco si ebbe nel 1568, quando i
procuratori assoldarono 12 strumentisti diretti da Girolamo Dalla Casa detto da Udine. Gli successe
nel 1601 Giovanni Bassano, che rimase in carica fino alla morte nel 1617.
Nel 1614, appena un anno dopo la nomina di Monteverdi a maestro di cappella, fu istituita
un'orchestra permanente di sedici suonatori che ebbero regolari stipendi. A questo gruppo
continuarono a venire aggiunti altri strumentisti, soprattutto violinisti per le feste maggiori.
Oltre ad accompagnare il coro, il complesso strumentale era usato in occasioni di una certa
solennità, per eseguire musica d’insieme durante la lettura del Graduale della Messa e durante i
Vespri.
I brani solistici (come sonate per uno o piu strumenti e basso continuo) erano invece spesso inseriti
durante l’Elevazione. I pezzi per organo solo erano eseguiti durante le letture del Proprio della
Messa, a volte nel momento dell’Elevazione.

I procedimenti compositivi

Il compositore di musica strumentale doveva risolvere il problema di dare assetto formale ad un


brano musicale privo della guida di un testo poetico. L’itinerario sonoro di una composizione
strumentale ha quindi da trovare in sé le apposite strategie di organizzazione formale.
Uno dei procedimenti più frequentemente adottati riguarda la semplice elaborazione
contrappuntistica sopra una melodia data, per lo più di origine vocale, come un tema di chanson
o di frottola. Il tema dato veniva ripreso dal basso e su di esso si stendeva una serie di variazioni.
Altro procedimento comunemente adoperato è l’elaborazione di più motivi identici o variati mediante
diversi artifizi imitativi.
L’esenzione dal vincolo del testo poetico offre al compositore la possibilità di variare e di ampliare il
corredo di stilemi e di disegni organizzativi che può adottare. Si inizia a sfruttare sempre di più le Commented [1]: attrezzatura necessaria al funzionale
peculiarità timbriche dei singoli strumenti. svolgimento di un'attività in un determinato ambiente
L’organizzazione formale d’un brano strumentale cinquecentesco si presenta dunque come Commented [2]: caratteri distintivi che possono
mutevole, elastica e svariata, con momenti di stabilità e staticità ritmica e melodica susseguiti da connotare l'opera di un pittore, scultore, musicista //
l'insieme dei tratti distintivi di un periodo stilistico
episodi carichi di tensione in cui prevalgono frasi brevi, reiterazione di accordi, imitazioni ravvicinate,
Commented [3]: Ripetizione nell'ambito di una serie di
arpeggi a scroscio, rapide successioni di crome. tentativi
Questo criterio organizzativo basato sulla diversità più che su una logica della simmetria e
dell’equilibrio formale si trova applicato specialmente nei generi di composizioni non dipendenti da
un materiale tematico prefissato come fantasia e toccata.

Ricercare, fantasia, capriccio

Ricercare: termine che appare per la prima volta nei due volumi di opere per liuto (intabulatura de
lauto) di Francesco Spinacino per indicare brevi composizioni di carattere improvvisativo
ornamentate da passaggi che sfruttano una determinata tecnica dello strumento stesso. I brani
avevano probabilmente funzione di preludio e di interludio fra le strofe di opere vocali trascritte per
liuto.
Intorno al 1540, al ricercare con carattere di improvvisazione subentra il ricercare rigorosamente
imitativo, spesso privo delle forme di abbellimento, concepito sul modello del mottetto vocale
chiesastico della prima metà del secolo.
Caratterizzato da un fitto tessuto polifonico e da una scrittura costantemente imitativa, suo principio
base è il ”cercare costantemente”, replicando ripetutamente una determinata azione, figura,
costruzione.
Alcune fantasie per liuto di Francesco Canova da Milano furono molto celebrate e ristampate più
volte in tutta Europa.
A partire dalla metà del XVI secolo si comincia a comporre un cospicuo numero di ricercari che
appartengono piuttosto al settore della teoria e della pedagogia musicale che non a quello della
prassi musicale viva. I compositori erano intenzionati a fornire modelli esemplari di composizioni
aventi la funzione di studio e solfeggio.
Tra il ricercare e la fantasia non vi sembra dunque essere stata una sostanziale differenza stilistica
e formale. I due generi vanno distinti secondo criteri sociologici: il ricercare sembra essere
destinato in prevalenza allo studio e all’apprendimento musicale, mentre la fantasia in funzione
dell’esecuzione pratica.
La struttura compositiva della fantasia è in genere più libera, di carattere più brillante e meno severo
rispetto al contrappunto rigorosamente imitativo che contraddistingue il ricercare.
I compositori del secondo Cinquecento tendono a far ricorso a procedimenti costruttivi intesi a
mettere in luce il proprio estro ed il proprio ingegno inventivo.
I brani che adottano tali caratteri venivano denominati capricci (ma i termini erano intercambiabili),
ossia composizioni sorrette da uno spirito fantasticamente inventivo, da una scrittura lineare, piena
di artifici contrappuntistici e costruttivi. Le prime opere strumentali di questo tipo sono i Capricci in
musica a tre voci (1564) di Vincenzo Ruffo (1508-1587), il quale operò come maestro di cappella a
Milano e Verona. In quasi tutti i brani, alcuni dei quali furono concepiti come studi di contrappunto, si
riscontra un’intensa elaborazione tematica. Alcuni adottano una struttura compositiva unitaria: il
tema viene presentato in diminuzione ritmica progressiva (Capriccio n. 7) o un basso ostinato è
ripetuto ogni volta in forma discendente di una seconda (Capriccio n. 3). Il capriccio n. 1 La, Sol, Fa,
Re, Mi è invece una composizione monotematica il cui tema è derivato dal titolo della canzonetta
popolare Lassa fare a mi, una delle melodie più diffuse nella musica strumentale cinquecentesca. Il
soggetto è trattato in stile imitativo con continue modifiche ritmiche e non viene mai ripetuto nella
sua configurazione originaria, bensì presentato ogni volta con alterazioni sempre diverse.
Venezia e Napoli furono i centri principali di attività dove lavorarono fianco a fianco i maggiori
compositori di ricercari, fantasie e capricci.

Canzona

Nei primi anni del Cinquecento era molto in voga la pratica di trascrivere in veste strumentale
invariata la chanson polifonica vocale francese. Probabilmente alcune chansons erano in origine
destinate all’esecuzione strumentale, dato che molti brani scritti ci sono pervenuti privi di testo
poetico.
Inizialmente le trascrizioni furono destinate soprattutto al liuto.
La canzona, o canzon francese (o Aria di canzon, e più tardi Canzon da sonar, termine che sarà
spesso sinonimo di sonata) divenne uno dei più diffusi generi di musica strumentale ed ebbe
influenza decisiva nello sviluppo della sonata e del concerto.
La chanson vocale francese ebbe in Italia una diffusione precoce e duratura facilitata dagli stretti
rapporti culturali, politici ed economici che legavano Francia e Italia.
Fu soprattutto il nuovo tipo di chanson definita “parigina” (il suo stile fu fissato da compositori nati o
attivi a Parigi) a godere il favore di numerose elaborazioni strumentali.
Carattere precipuo della parigina è la chiara inclinazione alla musica a programma, ovvero Commented [4]: Principale
finalizzata a cogliere gli elementi narrativi e descrittivi del testo poetico attraverso l’uso di una
tecnica polifonica movimentata, caratterizzata da ritmi sillabici e vivaci, da richiami onomatopeici.
Come il ricercare/fantasia, anche la canzona fu in un primo tempo basata prevalentemente su
procedimenti della scrittura contrappuntistico-imitativa. Ma a differenza del ricercare, la canzona
conserva alcuni dei tratti stilistici e formali della chanson vocale:
● è in tempo più veloce,
● spesso adotta temi brevi per la maggior parte presentati in stretti (entrate imitative
ravvicinate),
● fa largo uso di temi iniziali con triplice ripetizione della stessa nota,
● vi si alternano sezioni a carattere contrastante di misura binaria e ternaria.
Giovanni Gabrieli fu il primo compositore a servirsi con una certa frequenza del termine sonata per
designare brani strumentali d’insieme. La differenza tra canzoni e sonate non è comunque
chiaramente definita, e nella raccolta del 1615 Canzoni e sonate i due termini sono
indifferentemente adoperati in riferimento alle stesse composizioni.
L’identificazione della canzona con “fuga” si registra con una certa frequenza nel repertorio
strumentale tedesco dell’epoca, questo tipo di fuga è basato su un unico elemento tematico in tutte
le sue sezioni e rappresenta il progenitore diretto della fuga bachiana.

Toccata

Brano preludiante e introduttivo, dall’andamento libero


Forma di composizione dapprima applicata ai brani per liuto che recano la qualifica di tastar de
corde come nella intabulatura de Lauto IV di Joan Ambrosio Dalza
Nella seconda metà del XVI secolo, la toccata era il solo genere del repertorio da chiesa, destinato
esclusivamente all’organo.
Nelle opere a stampa di G. Gabrieli è anche adoperato il termine “intonazione” per una forma
miniaturizzata di toccata che serviva per dare intonazione al coro, il quale cantava il brano vocale
che ad essa subito seguiva. Le intonazioni hanno un carattere quasi improvvisativo, iniziano con
due o tre battute di passi accordali, a cui seguono rapide scale ascendenti e discendenti contro note
tenute.
- rapidi passaggi contro accordi tenuti, ricchezza di figurazioni ornamentali
- Inizio con accordi tenuti seguiti da passaggi di bravura affidati a una mano con accordi tradici
eseguiti dall’altra. Talvolta si trova una breve sezione mediana contrappuntistica
- impiego di progressioni armoniche e melodiche
Claudio Merulo fu un compositore eccellente e prolifico di toccate.
- varietà della base armonica e della figurazione ritmica
- avanzamento della struttura formale rispetto allo stile toccatistico a lui contemporaneo
- tipico procedimento è interrompere il libero gioco improvvisativo con sezioni scritte nello stile
fugato del ricercare. Questa struttura fu determinante per lo sviluppo della toccata.

Sonata

Nel primo Seicento le composizioni designate col termine di sonata usavano spesso una
combinazione di strumenti a corde o a fiato, o archi e basso continuo. Dalla metà circa del secolo
l’uso del termine “canzona” si fa sempre più raro per lasciare il posto a quello di “sonata”.
Molte delle prime sonate consistono in una successione di sezioni brevi tra loro contrastanti.
Non si può riconoscere nella sonata un modello fisso di organizzazione formale data la straordinaria
ricchezza tecnico-espressiva del repertorio strumentale italiano del primo Seicento.
Tendenza prevalente è comunque quella di articolare la composizione in un ciclo esteso di sezioni
(fino a 20). Successivamente si cominciò a ridurre il numero delle sezioni, ad accrescerne
l’ampiezza e a sfruttare maggiormente le tecniche specifiche degli strumenti. Ciascuna delle sezioni
venne così ad assumere quasi il carattere di “movimento” o “tempo” che aveva bisogno di
precisazioni agogico-emotive (Allegro, Adagio, Grave ecc.) e che i compositori per la prima volta
iniziarono ad indicare. I tempi lenti erano solitamente brevi, quelli veloci più estesi e in stile
contrappuntistico-imitativo.
Il numero di strumenti impiegati era di solito minore che non nella canzona del primo Seicento:
poteva essere per massimo quattro parti strumentali, più l'accompagnamento del basso continuo.
verso metà secolo cominciò a prevalere la sonata della “in trio” o “a tre”, riferito alle tre parti
melodiche che potevano essere eseguite da un numero variabile di interpreti (a causa delle loro
aspirazioni di massima vendibilità nei titoli non si specificava il numero degli esecutori).
Le sonate del bresciano Biagio Marini rivestono una particolare importanza nella letteratura
strumentale dell’epoca. Assai apprezzato come violinista virtuoso, operò a Venezia come violinista a
San Marco, poi a Parma, in Germania e a Bruxelles.
Novità nelle sue composizioni
➢ Sezioni lente introduttive
➢ Enfasi sui procedimenti della variazione ornamentale o virtuosistica
➢ Collegamenti tematici fra più movimenti
➢ Precise indicazioni di tempo, dinamica e strumentazioni per intensificare l’espressione,
ovvero gli “affetti”, da tempo prerogativa esclusiva della musica vocale. Risulta singolare in
questo senso il titolo della sua prima raccolta Affetti musicali opera prima[...], prima nella
storia che utilizza il lemma “affetto” nel titolo di una raccolta esclusivamente strumentale.
➢ Tra i primi a specificare la disposizione degli strumenti nelle musiche “in eco”, a richiedere
corde doppie e triple nonché insolite accordature di violino (“scordature”).
I principali compositori che tra il 1630 e il 1660 coltivarono il genere della sonata nell’area padano-
veneta hanno contribuito al notevole ampliamento della letteratura sonatistica nonché
all’affinamento delle più svariate tecniche violinistiche. Tra i loro tratti stilistici predominanti figurano:
➢ assoli virtuosistici all’interno della composizione
➢ ritornelli omofonici e fugati
➢ imitazioni a canone
➢ effetti d’eco
➢ sezioni con ritmi di danza
➢ successione di progressioni melodiche e armoniche
➢ uso di elementi programmatici quali l’imitazione di vari strumenti e di versi di animali
➢ istruzioni particolareggiate relative all'esecuzione
La raccolta Op. 22 di Marini (diversi generi di sonate) riporta la distinzione tra i due generi di sonate
da Chiesa e da Camera. Prima dell’Op 22 l’espressione si riferiva alla possibilità che la stessa
sonata potesse essere eseguita sia in chiesa che in una ambiente privato. Più tardi nel primo
Settecento le denominazioni “da chiesa” e “da camera” si riferiscono ai tratti stilistici di un metodo
compositivo che di volta in volta può privilegiare la scrittura compositiva contrappuntistica e i tempi
fugati, oppure basarsi su ritmi di danze stilizzate.
Il lessicografo Sébastien de Brossard fu il primo a definire e a differenziare in sede teorica i diversi
generi a seconda della loro funzione. Nel suo Dictionaire de musique (1701) sottolinea il carattere
libero, fantasioso e contrappuntistico della sonata ad uso chiesastico, mentre quella da camera è
articolata in una serie di movimenti di danze stilizzate tutte nella stessa tonalità.
A partire dagli ultimi anni del Seicento la sonata solistica e d’insieme tende ad essere articolata in
quattro movimenti che si susseguono nel tipico ordine lento-veloce-lento-veloce.
Caratteristiche
➢ procedimenti imitativi non governati dal contrappunto severo e rigoroso
➢ primo movimento lento di solito breve, quasi sempre in 4/4
➢ secondo movimento veloce e in stile fugato, con frequenti progressioni armoniche e
melodiche
➢ terzo movimento lento
➢ tempo finale veloce, spesso di metro composto (12/8, 6/8) talvolta in stile fugato, di struttura
bipartita comune a molte danze

La musica da ballo

Fino a circa metà del XVI secolo le musiche da ballo servivano per accompagnare i balli di società,
molto diffusi nelle corti e nei palazzi signorili. Alcuni balli erano anche utilizzati come
accompagnamento musicale alle azioni pantomimiche danzate nell’ambito di feste e
rappresentazioni di drammi recitati. Spesso era musica per liuto o clavicembalo.
Nel secondo Cinquecento si verifica il graduale processo di stilizzazione della musica da ballo in
musica d’arte, sottratta al suo impiego funzionale. Il repertorio inizia a svolgere un ruolo preminente
nello sviluppo della musica strumentale di ogni genere e specie.
- semplicità della scrittura, prevalentemente omofonica, con accordi che accentuano la
regolarità ritmica
- simmetria dei periodi di 4,8,16 battute, ciascuna articolata con cadenze.
- predomina la melodia principale
- continuo variare di pochi elementi melodici, armonici e ritmici con pochi cambiamenti di
metro e tempo. Questo procedimento (simile all’improvvisazione nel jazz) permetteva di
allungare o accorciare la durata della danza aumentando o riducendo il numero delle
variazioni.
- accoppiamento di due diversi tipi di danze - uno di metro binario e l’altro ternario
Il termine “suite” appare per la prima volta nella raccolta di Estienne Du Tertre Septième livre de
danceries (1557) per designare l’aggruppamento di diverse varietà di una stessa danza
Tra le danze che incontrarono il maggior favore vanno segnalate le seguenti:

➢ Pavana: in metro binario, moderatamente lento, in due o tre sezioni, ognuna delle quali
ripresa in maniera variata (A-A1, B-B1,C-C1)
➢ Saltarello: in metro ternario di andamento veloce, articolata in 4 frasi con ritornello e simile
alla Gagliarda.
➢ Gagliarda: in metro ternario leggermente più lento del precedente, composta di tre sezioni
➢ Corrente: in vivace metro ternario puntato, continuo movimento tra le parti di
accompagnamento; divisa in due sezioni simmetriche ripetute (A A B B)
➢ Allemanda: in metro binario lento, due o quattro sezioni simmetriche ritornellate; scrittura in
genere riccamente imitativa.
➢ Sarabanda: in metro ternario lento o velcoe, si compone di due sezioni, pelopiù di quattro
battute, ciascuna ripetuta.
➢ Branle: metro ternario o binario lento o rapido
➢ Padovana: in metro di 6/9 o 12/8 e movimento veloce, simile alla Piva
➢ Piva: metro ternario quadro 12/8 e movimento rapido
➢ Giga: metro composto (6/8, 12/8) di andamento vivace; di norma divisa in due sezioni ripetute
➢ Passamezzo: in metro binario tagliato simele alla Pavana ma di andamente leggermente più
mosso.
L’uso di uno schema armonico-melodico ricorrente era un principio compositivo molto praticato nelle
musiche da ballo del Cinquecento, e poi in molti altri brani strumentali e vocali del secolo
successivo. Tale tipo di variazioni è detto comunemente “su basso ostinato”. Il tema ricorrente
costituisce un punto di riferimento strutturale e appare sia nella parte acuta che nella bassa o viene
semplicemente usato come schema armonico fisso.
Nella musica vocale e da ballo del Cinquecento “aria” divenne quindi l’equivalente di “melodia”, con
funzione di fornire alla composizione uno schema armonico ripetuto più volte invariato a ogni
ripresa.
Agli inizi del Seicento molte musiche da ballo perdono la loro funzione coreica e vengono composte
ad uso esclusivamente cameristico, pur obbedendo ai principi organizzativi originali.

Girolamo Frescobaldi (1583-1643)

Le sue creazioni esercitarono un influsso significativo sulle composizioni per tastiera di un numero
cospicuo di maestri d’oltralpe, fra i quali Bach e Handel.
Nei Paesi di lingua tedesca la musica di Frescobaldi fu trasmessa attraverso numerose copie
manoscritte.
La sua grandezza sta nell'instancabile ricerca di varietà tecniche compositive che pervade l’intera
sua opera.
Accomuna l’arte del contrappunto sapiente con lo stile intensamente espressivo ispirato alle nuove
consuetudini della “seconda pratica”
Nacque e visse fino a tarda giovinezza a Ferrara, dove ebbe come maestri Luzzasco Luzzaschi e
Ercole Pasquini, esponenti principali della grande tradizione tastieristica.
Nel 1604 si trasferì a Roma e prestò servizio come organista nella cappella Giulia in San Pietro oltre
che presso alcune casate romane (Aldobrandini e Barberini).
Roma offriva al tempo ampie possibilità di inserimento in ogni settore della musica ai tastieristi. Non
essendo la vita musicale romana dominata da una singola corte, i musicisti potevano più facilmente
trovare impiego stabile in un numero svariato di istituzioni religiose e presso numerose casate
nobiliari e cardinalizie.
Il virtuosismo esecutivo e le capacità improvvisative di Frescobaldi alla tastiera destarono enorme
impressione e grande interesse nell’ambiente musicale romano.
La straordinaria disposizione all’improvvisazione si riflette soprattutto nei due libri di toccate
stampati a Roma nel 1615 e nel 1627, caratterizzate da strutture formali sciolte e imprevedibili,
animate da motivi ornamentali e da passi virtuosistici molto flessibili e complessi.
Tipico è il procedimento di aprire la toccata con un inizio accordale passando poi a una fase di
maggior movimento con passaggi caratteristici basati su motivi ornamentali altamente virtuosistici.
“Non senza fatica si giunge al fine” annota l’autore alla fine della Toccata 9 del secondo libro.
Egli impiega in forma mista elementi del sistema modale tradizionale e i tipi tonali che in effetti
corrispondono alle tonalità maggiori e minori. Abbondano sperimentazioni cromatiche inconsuete di
sapore “moderno”.
Alla grande tradizione del contrappunto sapiente come elemento stilistico fondamentale
appartengono il Primo libro delle fantasie (1608), i Recercari, et canzoni franzese (1615) e Il
Primo libro di Capricci fatti sopra diversi soggetti, et arie (1624)
Le 12 Fantasie composte a 25 anni offrono una vivida testimonianza della solida perizia tecnica e
dello straordinario talento compositivo dell’artista.
➢ Struttura tripartita con una sezione centrale in ritmo ternario
➢ Piano perfettamente ordinato in quattro gruppi di tre fantasie ciascuna: le prime tre sono ad
un soggetto, le seconde tre a due, le successive tre a tre, le ultime tre a quattro.
➢ ricchezza della variazione tematica.
I 10 ricercari e le cinque canzoni della raccolta del 1615 sono governate dal principio compositivo
del rigore della maniera contrappuntistica..
Le 12 composizioni del Primo libro di Capricci sono caratterizzate da una scrittura polifonica lineare.
nella prefazione A gli studiosi dell’opera l’esecutore avverte che lo stile di queste composizioni non è
così semplice come quello dei ricercari e fornisce utili suggerimenti intorno al tempo.
Con i Fiori musicali di diverse compositioni (1635), sua ultima e più celebre opera (Bach ne
possedeva una copia manoscritta), Frescobaldi raggiunge le più alte vette della letteratura
organistica. La raccolta comprende composizioni - toccate, ricercari, canzoni e brevi versetti -
destinate ad essere eseguite durante la Messa.
- Prodigiosa padronanza tecnica
- Sperimentazioni armoniche di ogni genere
- Ricchissima varietà di artifizi contrappuntistici.
- Combinazione di un brano in forma libera collegato ad una composizione fugata che sarà in
seguito molto diffusa nella musica tedesca per organo.

Arcangelo Corelli (1653-1713)

➢ La musica per archi conobbe per molto tempo nell’opera di Corelli il modello ideale, assoluto
e ineguagliabile.
➢ Il suo influsso si avvertì specialmente in Italia, a Roma in particolare, dove operò per
praticamente tutta la sua carriera
➢ Fama senza precedenti se si considera che coltivò esclusivamente la musica strumentale e
non si limitò a produrre più di un paio di sonate o concerti l’anno (75 opere in totale, tutte
date alle stampe e con un conseguente successo editoriale che garantì numerose riedizioni
a stampa e copie manoscritte)
➢ Furono molti i musicisti accorsi a Roma da molte regioni d’Italia e d’Europa per studiare sotto
la sua guida.
➢ Nacque a Fusignano, si formò a Bologna e si trasferì a Roma nel 1675.
➢ L’arte di Corelli si presenta come momento di sintesi e stilizzazione dei generi e dei modi di
scrittura violinistica.
➢ Precisa è la volontà di offrire forme compositive pervenute ad uno stadio tale di perfezione
➢ Equilibrio, razionalità e perfezione formale, come il modello di esemplare funzionalità
didattica e tecnica.
➢ Coincidenza di arte e di preparazione dell’arte, di omologazione tra modello e prodotto
artistico.
➢ Razionale semplicità della sua arte, alla portata del suonatore medio e in grado di
soddisfare ambienti culturali differenti (didatti, compositori, violinisti dilettanti e professionisti)
➢ Ricerca continua e consapevole di controllo, di pulitura, di equilibrio stilistico, di simmetria
delle frasi melodiche, di grande perfezione formale.
➢ Rinuncia alle estrose trovate virtuosistiche
➢ Legame con la tradizione polifonica rinascimentale di ascendenza palestriniana, ritenuta al
tempo di importanza indiscussa.
➢ Equilibrati rapporti tra polifonia, omofonia e senso della tonalità. Nell'intento di elaborare dei
procedimenti moderni che guardassero all’avvenire, egli è tra i primi ad avviare il processo di
purificazione e semplificazione della scrittura polifonica rigorosa di ascendenza
cinquecentesca.
➢ Espedienti tecnici
○ succedersi di punti fermi che stazionano su cadenze perfette
○ ripercussione ravvicinata di accordi di tonica allo stato fondamentale
○ catene di progressioni armoniche i cui suoni fondamentali procedono nel circolo delle
quinte in una direzione
○ castigatezza nell’uso di cromatismi e modulazioni
○ sequenze di scale e arpeggi triadici
➢ Fraseggio simmetrico e lunghe serie di progressioni melodiche.
➢ Non appaiono quasi mai temi contrastanti in uno stesso movimento: il tema di norma viene
sviluppato mediante una serie di variazioni motiviche che non si distaccano mai dal tema
originale.
➢ Nei Concerti grossi dell’Op 6 Corelli tende a stabilire equilibrati rapporti tra due livelli sonori
contrastanti: un piccolo complesso di strumenti solistici denominato “concertino” che
mantiene l’organico tipico della sonata a tre in contrapposizione all'intera orchestra d’archi.
➢ Al concertino non vengono assegnati materiali tematici indipendenti: il contrasto è di natura
prevalentemente sonora. Egli ricorre a tutti gli amalgami possibili in modo da ottenere effetti
sonori inattesi. I motivi passano spesso in imitazione da uno strumento all’altro.
➢ Numero variabile di movimenti - da 4 a 6 - che obbediscono al principio del contrasto e
dell’alternanza di tempi veloci e lenti.
➢ Si mantiene la stessa tonalità salvo qualche movimento centrale posto al relativo minore.
➢ Il concerto grosso corelliano è da considerare come un precursore del concerto solistico.

La musica per clavicembalo in Francia e in Germania


Tra gli autori francesi di suites per clavicembalo che operarono a Parigi e alla corte di Versailles il
più noto fu Jacques Champion Chambonnières.
- pubblicò due libri di Pièces de clavecin (1670)
- nei movimenti di danza abbondano i segni di abbellimento e gli effetti dello style brisé,
espressione che denota una scrittura tipica del repertorio liutistico francese, caratterizzata da
figurazioni arpeggiate e da note in rapida successione.
Lo stile dei primi clavicembalisti francesi influenzò notevolmente le musiche tastieristiche dei
compositori tedeschi.
Johann Jacob Froberger occupò una posizione eminente nel repertorio della musica tedesca.
- studiò a roma con Frescobaldi e operò principalmente alla corte imperiale di Vienna
- diede alla suite l’assetto fondamentale che sarà mantenuto in futuro
- le sue 30 suites per clavicembalo ci sono pervenute in due volumi autografi, una manoscritta
e una stampata trent’anni dopo la sua morte.
- predomina lo stile brisé, con veloci movimenti di crome, talvolta con sviluppi anche fugati di
temi diversi
Tendenza all’espressione di elementi descrittivi nel vasto repertorio francese di fine Seicento e
primo Settecento
- raffinato gusto armonico
- duttilità delle figurazioni melodiche e ritmiche
- uso frequenti di abbellimenti
- sfruttamento delle risorse sonore dello strumento

Francois Couperin “le Grand” (1668-1733)

- Nato a Parigi,discendente di una rinomata famiglia di musicisti


- Organista nella cappella reale di Luigi XIV e maestro di clavicembalo e compositore dei figli
del re.
- Frequentatore dei più importanti salotti e ambienti aristocratici della capitale, noto come
virtuoso del clavicembalo più che come compositore.
- Quattro libri dei Pièces de Clavecin comprendenti 223 brani raggruppati in 27 “ordres”
- Spesso utilizza lo schema bipartito tipico delle danze francesi nello stile di corte come
Allemande e Sarabande
- Ricchezza della scrittura imitativa con lo sfruttamento delle varie regioni della tastiera
- Fitta trama di abbellimenti, tutti segnalati sulle rispettive note (raccomanda di eseguire
esattamente come l’autore ha scritto)
- Particolare esplorazione armonica. Predilezione per le tonalità minori
- Raffinato senso ritmico: scansione regolare e costante ma mosso dal sapiente gioco di
sincopi, variazioni e alterazioni
- Varietà delle indicazioni metriche, alcune del tutto inusuali come ½, 8/4, 6/16.

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