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RIFLESSIONI

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NANDO CANTORE SCAGLIONE

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RIFLESSIONI

BRIGAN"AGGIO CALABRESE
FERDINANDO CANTORE SCAGLIONE

Profess0r Direttore
DELLA SCUOLA NORMALE MASCHILE
PRESIDENTE DELL'ACCADEMIA CoseNTINA

(Estratte dal vol. 9. degli Atti dell'Accad: Cosentina)

C O S E N Z A

TIPOGRAFIA DI GIUSEPPE MIGLIACCIO


1865.

Il vero fine della politica si quello di rendere


la vita comoda ed i popoli felici.
BossUET.

0ccasione dell'0pera.

Dopo che la feroce reazione del 1848 ebbe strozzato, nelle pro
vincie napolitane, le libert politiche, e rialzato novellamente il
trono dell'assolutismo, quantunque insanguinato dall'eccidio de'cit
tadini; dopo che il brigantaggio, armato di tutta la sua ferocia,
apport nelle nostre contrade la desolazione, la miseria ed il lutto,
il Governo d' allora infingendo di volere apportare un qualche ri
medio a questo vecchio flagello della nostra Calabria, per mezzo
del suo Ministro, interrogava l'illustre Arcivescovo di Cosenza,

qual' espediente egli stimasse pi acconcio e spedito ad eliminare


il flagello in parola. E l'illustre Prelato di rimando insisteva sulla

necessit di aprirsi, in Cosenza e nei pi popolosi Casali, delle


Case di Patri Missionari i quali, merc la continua predicazione,
richiamassero in vigore la morale religiosa, gi di molto venuta
in languore nelle nostre masse casalesi.

Del rimedio suggerito dall'illustre Prelato non si tenne conto,


coni era solito. Tuttavolta a me porse l'occasione di riflettere al

quanto seriamente su questa piaga sociale, la quale travagliato


precipuamente la Calabria dal 99 in qua, con pi o meno recru
descenza.

Le riflessioni che, in quell' occasione, mi vennero suggerite sul


proposito, sarebbero state ancor dimenticate, se l'importante que
sito, or son due anni, proposto dalla nostra Accademia, e che
pure grandissima attinenza col mio argomento, non le avesse no
vellamente ridestate nella mia mente.

Adunque, nel modo stesso che furon da me consegnate sulla car


t

ta, io le riprendo al presente, per sottoporle al giudizio della no


stra Accademia, colla fiducia che non avranno, quando non altro,
a riuscirle sgradite.
Eccole adunque scritte in ogni modo che sia, non trasandando
di avvertire che queste mie riflessioni riguardano precipuamente i
nostri Casali, ove sede il brigantaggio, quantunque il suo con

tagio si fosse al presente grandemente esteso benanco altrove.


CAPO

Origine e localit dei Calabresi propriamente detti.

Immanzi tutto, io non credo che abbia a riuscir discaro a quanti

leggeranno queste pagine, il trovar qu descritto, in pochi tratti,


come ebbero origine i popoli, i quali ora abitano la regione della
nostra Calabria, che appellansi propriamente i Casali di Cosenza,
lor capitale. Imperocch, ci servir in certo modo a chiarire l'in
dole ed il carattere di questi popoli.
Niuno ignora che i popoli, i quali al presente ritengono la de
nominazione di Cosenza e Casali, son derivazione e parte degli an

tichi Bruzi, i quali comprendevano il paese oggi detto Calabria


ulteriore e citeriore, ossia la parte pi meridionale della Magna
Grecia. Essi furon tutti oriundi dai Lucani, mandriani ribellatisi

contro i loro padroni, i quali vennero qu a stabilire la loro di

mora, invitati sicuramente dalle comodit dei ricchi pascoli, di che


abbondano le nostre sterminate selve e boscaglie. Vuolsi infatti,

che il lor nome di Bruzi non altro significasse che schiavi fuggi
tivi; cio uomini, i quali aspiravano ai dritti dell'umanit, a scuo

tersi da dosso il giogo dei padroni divenuto intollerabile, a stac


carsi dalla gleba alla quale erano stati sin allora attaccati, in
somma a tornar liberi della persona, degli averi, della volont.
Qualsiasi stata nondimeno la loro primitiva origine, la certa

cosa che, dopo lungo andar di secoli, essi n conservato, come


conservano tuttod, la loro indole originaria; quale si quella di

gente agreste, robusta di membra, belligera, indomita, pronta al


l'ira, amante della vendetta. Quali descrivono gli antichi Bruzi
Diodoro Siculo, Strabone, Barrio, tal' presso a poco anche al

presente il carattere in generale dei nostri Calabresi, ed in spe


cialt degli abitanti dei nostri Casali.
Rozzi quali erano da principio, e dediti alla pastorizia, paven
tando al tempo stesso gli assalti e le incursioni delle altre genti,

- ---

essi furon costretti dal naturale istinto di stabilire la loro dimora

sulle alture pi impervie dei nostri monti, a poco distanza tra loro,
come in luoghi di fortezza e di sicurt. Perch poi di robuste mem
bra e laboriosi, divennero man mano padroni del fertili e svariati

campi, che sono non solo al di qua del versante dei nostri appen
nini orientali, ma benanco dell' estesissimo agro Silano, ricco in
ogni et di pascoli per qualsivoglia maniera di bestiami e di ar
menti, non che di eccellenti legnami e di materie resinose prov

venienti da questi. Un suolo ubertosissimo per tutt' i lati e ricco


di quanto addomandano i primitivi bisogni, dov nel miglior modo

immaginabile contribuire all'ingrandimento dei primitivi abitatori,


i quali di poi vennero maggiormente ad accrescersi, nei lagrime
voli tempi saracineschi, merc le genti fuggitive dalle pacifiche con
trade del Jonio, allora di continuo infeste dall'orde dei barbari Sa
raceni.

Se questa fu l'origine e l'indole dei nostri calabri Casalesi, la


facil cosa a comprendersi, come eglino si tennero, in tutt'i tem

pi, immuni d'ogni giogo feudale, ma invece liberi, e divisi in Co

muni indipendenti l'uno dall' altro in quanto ad interna ammini


strazione, consultavano poi e deliberavano insieme su quanto era
di lor comune interesse. Per, ci che facea precipuamente il lor
comune interesse, e per cui erano potentemente collegati ed uniti,
era per l' appunto il tanto celebrato agro Silano, antica e cara
abitazione dei loro antenati, ed al tempo stesso fonte inesauribile
di ricchezze, e per cui Cosenza e Casali aveano insieme la cura di

coltivarlo e difenderlo d'ogni straniera usurpazione o sopruso.


Cosenza era per conseguenza il centro di quelle specie consul
tazioni pubbliche, o diete generali che dir si potrebbero, come pure
era il centro del commercio e del traffico annuale e giornaliero.

Per le anzi dette ragioni, Cosenza ed i Casali furon in tutt' i


tempi paesi regi e da Re governati, dai quali si ebbero, in diverse
epoche, di molti privilegi, a fine d'ingraziarseli da una parte con
tro la potenza de Baroni, la quale si era, in quei tempi, assai grande
e temuta dagli stessi monarchi del napolitano; e dall' altra, per
ch essendo la calabra gente per se stessa gente indomita, fiera
ed amante d'indipendenza, e quindi capace cos di secondare che
di attraversare le mire ambiziose dei regnanti, bisognava conse

guentemente tenersela divota e benevola.


E' fuori del mio disegno il descrivere in questo luogo quali e
quanti e da chi furon accordati cotesti privilegi alla citt di Co
Senza 0

suoi Casali. A

me basta averne accennato il concetto. E

tanto pi, in quanto che se in altri tempi cotesti privilegi furon


spesso ridotti a vanit ed ingannevoli parole, ormai non sono pi
che pura lettera morta, e da non farsene conto.
GAPO II.

Cagioni che favoriscono il Brigantaggio.

Il tipo originario dei popoli si abbandona con difficolt, anche


dopo il girar di molti secoli. L'educazione soprattutto religiosa,
il commercio, il contatto con altri popoli potr, in certa guisa,
modificare e correggere quel tipo; tuttavolta, sotto quelle nuove

tinte e colori in prontati, si avr sempre l'originalit del tipo. In


altri termini, la pianta selvatica la quale, a forza d'innesti, a

subito dei cangiamenti. Tali sono i popoli dei nostri Casali cala
bresi. Dopo lunghi secoli, sono tuttora i discendenti degli antichi
Bruzi, o servi fuggitivi della Lucania: gli uomini di vantaggiosa
statura, di erculea robustezza, spernanti d'ogni giogo, maneschi,
e non sofferenti dell'ingiuria, per menoma che sia. Gente la quale

vive dispersa, in piccoli gruppi, nelle alture pi alpestri delle no


stre montagne; e come che addetta a vita agricola e pastorale,

costretta a passare i mesi e gli anni od in mezzo alle boscaglie


della nostra Sila, o nelle lontane contrade del Jonio, esercitandovi

il lor mestiere. N solo questi luoghi, quantunque ricchi di sva


riati prodotti, ma per se stessi inospitali, sono la dimora giorna
liera dei nostri Casalesi, ma pur si recano spesso in grosse bande,
in cerco
lavoro, quando
nella vicinaagro.
Sicilia,
quando
Pu- .i
glie,
neglidi Abruzzi,
o nel Salernitano
La elor
vita nelle
insomma
una vita, direi, nomada ed errante.

Per queste ragioni (salve sempre l'eccezioni, e non son poche)


eglino provano tutto il manco di civilt; son privi d' ogni istru
zione-educativa; non conoscono la forza della legge, e se anno una

religione, la lor religione niente altro che superstizione e fana


tismo paganol In altri tempi, visitando parecchi dei nostri Casali,
ebbi l'occasione di ritrovare in mezzo di ognuno di essi gli avanzi

di qualche soppresso Convento, pria abitato da religiosi. E tra me


stesso io dissi, almeno in altri tempi, questi infelici del popolo tro
vavano, in questi romiti altituri della carit, chi sollevava la loro
miseria, o li confortava a ben fare, o l'istruiva circa i loro do

veri, pi che ora non fanno quei che son detti sale e luce dei
popoli.

Ma ci che contribuito precipuamente a formare il genio del


brigantaggio nei nostri Casali, stato senza dubbio il mal governo
che i Re Borboni n fatto generalmente di questa gente, cos della
Calabria che di altre provincie, nei tempi soprattutto procellosi, con
renderla cieco e feroce istrumento delle loro passioni e della loro
insaziabile sete di vendetta. Incominciando dall'epoca di tristissima
-

memoria del 99 del passato secolo, allorch i Napolitani aderendo


alle parti dei repubblicani Francesi, istallarono la partenopea, ma
troppo insanguinata repubblica, e tirando innanzi per la lunga se
rie degli anni del presente secolo sino a nostri giorni, voi vedrete
da una parte, sempre porsi in campo gli stessi tranelli, la stessa

parola d'ordine, le stesse promesse, cio sacco e fuoco; e dall'al


tra, uscire in scena gli stessi campioni, cui le anzi dette promesse
fanno troppo grata sensazione, per forza d'indole naturale, o di

inveterata abitudine; e tanto pi, in quanto che a regia promessa


segue necessariamente regia impunit degli atti pi iniqui.

La storia c'insegna, che la banda pi numerosa, pi fiera e


spaventevole per atti i pi barbari, la quale ingrossava la gran
massa capitanata dal tanto famoso Cardinal Ruffo, la era certa

mente la banda calabrese. La quale era da per tutto accompagnata


dal terrore e dallo spavento; che lasci tanto infamato nome di se

in Altamura ed altrove; che si batt infine da disperata nell' as


salto della citt di Napoli e nei d'intorni di essa.
Questa stessa gente calabrese, illusa ed ammaliata del pari con
larghi doni ed onori dalla Corte di Napoli, rifuggitasi per la se
conda volta nella vicina Sicilia, fu quella che travagli le armi

francesi, e durante tutta l'epoca del decennio, strazi orribilmente


questa bella parte dell'Italia colla strage dei cittadini, col saccheg
gio e col fuoco di villaggi e paesi, pi per sete di vendetta e di
sangue, che per amore al regio nome. E siccome agli strani fe
rocissimi casi del brigantaggio seguirono i casi non men feroci del
Mahns, persecutore implacabile dei briganti, cos pu dirsi, che
la nostra Calabria ebbe a patire, per questa cagione, il massacro
di molte migliaia di cittadini, tolti all'agricoltura, alla pastorizia,
alle arti, al commercio, e la rovina di propriet e di animali senza
numero. Cinquanta anni di riposo, di pace e di ubertose ricolte
non sarebbero stati bastevoli a risarcire tanti danni cagionati dalla

feroce guerra civile del decennio. Ma tra tutti, il peggior male che
vi arrec, si fu il germe del brigantaggio che lasci nella nostra
gente casalese, ed una certa tendenza a riprodursi con maggiore
o minore recrudescenza, a seconda de tempi diversi, come vien

confermato dalla nostra storia patria, ma sempre con cambiamento


di fortuna nei pi accorti, e colla ruina dei malconsigliati.
Adunque, il brigantaggio, come idea di guadagno e di lucro, pi
che idea politica, cos incarnato nelle nostre masse casalesi, che
basta un segreto invito d'ogni banda che venisse, una promessa
di lucro, un'aria qualunque di cangiamento politico, una speranza
d'impunit per delitti commessi, per tosto risorgere, o in piccole

bande sperperate, od in sciami spaventevoli, onde rinnovare le so


lite scene di sangue e di distruzione. Non passa, per quanto a
mio ricordo, un triennio od un quinquennio, senza andar segna

lato per orde e fatti briganteschi, or pi or men distinti da cru

delt inaudite. A somiglianza di sostanza infiammabile, onde pren


der fuoco e divampare, basta l'avvicinarsi d'un p di esca; e l'e
sca del brigantaggio si la vendetta ed il furto. Or scoppiato in
ogni modo che sia, si arma di spie per essere a giorno d'ogni di
sposizione governativa, di protettori che per avidit di guadagno
o di spavalderia gli prestano ogni sorta aiuti, di ricettatori per
nasconderlo agli occhi della forza persecutrice, e di altri aderenti

d'ogni specie, che formano codazzo al brigantaggio. Avvegnacch,


il male pi che il bene trov sempre sulla terra seguaci e confi
denti in gran copia, dal covaccio della Sila sino, per cos dire, al
palazzo di giustizia. Per la qual ragione, riusc al Governo sem

pre mai ardua e difficile impresa, quella di perseguitare e distrug


gere l'idra del brigantaggio, ogni qual volta rialzato la testa
nelle nostre contrade.

Io non posso tuttavolta abbandonare questo ginepraio cos intri


gato, nel quale mi sono aggirato sinora col mio pensiero, qual'
il brigantaggio, senza toccar rapidamente la famosa quistione circa
la selva Bruzia: focolare sempre vivo di odii e di turbolenze, or
sopite e nascoste, or divampanti e nanifeste tra proprietari e po
polani di questa Calabria; intorno a che dir francamente quanto
mi credo necessario a far chiara la verit. Prender intanto le mosse

un p dall'alto.

Cosenza, dal lato orientale, alla distanza di poche miglia, tutta


recinta dall'imponente catena dei monti silani, distendimento degli

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appennini, e che formano, per cos dire, un ridosso alla vasta ed

ubertosa regione silana, del perimetro di 84 miglia, e della super


ficie di 299,511 moggia, ett: 2998, 70 are. Un tempo, luogo or
rido per boscaglie impenetrabili, covacciolo di animali feroci e di
belve divoratrici; ma per la forza dell'uomo, alla quale par che
ceda la stessa natura, divenuto man mano un campo ubertosissi

mo, sorgente d'immense ricchezze, ove delle greggie e bestiami

d'ogni sorta rinvengono il lor pascolo nell'estiva stagione, ove la


segala fornisce in abbondanza il vitto giornaliero ai Casalesi, ed
il lino somministra al paese le pi delicate tele, senza parlare del
legname d'ogni genere, altra ricchezza della Calabria. Un tal va

stissimo agro era ripartito ab antiquo in Comuni e in Difese; cio


in tenute nelle quali i Comuni casalesi potean esercitare dei dritti
civici, ed in tenute pi o men vaste che, per dritto di primitiva
occupazione, appartenevano a privati, o pure, dietro deliberazione

dei parlamenti, erano state assegnate a distinti personaggi, od in


dotazione delle loro Chiese.

Per le anzi dette ragioni, fin da rimotissimi tempi, i Calabresi


si mostrarono ognora sommamente gelosi per l'indipendenza dell'a
gro silano, talch ebbero a sostenere fieri combattimenti con altri

popoli invasori della lor selva bruzia, riguardandola qual propriet


della Calabria, in virt di quel dritto originario accordato dalla
natura, e che gli uomini n sempre rispettato a favore di colui che

occupa il primo il suolo deserto, e che l' asperge continuanente


dei suoi sudori. Cos and la cosa sin ai tempi dei Normanni, n
mai parlossi di regalie sin a quel tempo.
Intanto, sotto Guiscardo divenuto duca di Puglia e di Calabria,

si cominci a parlare, per la prima volta, di regalie, le quali d'al


tronde non consistevano, se non nel jus plateatico, jugatico, fida,
fandaggio e dritto di pece, rispettando per i pubblici demani i qua
li, d' antichi tempi, formavano il patrimonio dei Bruzi e di Cosenza

lor capitale. La qual movit forse ebbe luogo per ragione di quel
dominio eminente che si vuole annesso alla sovranit. Per, sotto

le seguenti dinastie, le quali signoreggiarono l'Italia meridionale,


le regalie andaron man mano prendendo nuove forme, sin'a dive

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mir quasi feudali, ora vietando la formazione di nuove difese, ri

serbando per se de luoghi per proprio divertimento, o per uso delle


regie razze, ora ordinando infine ai cittadini di Cosenza e Casali,

con grave lor danno e con offesa della giustizia, di dimettere le


difese gi costituite. E pi tardi, sotto il Governo viceregnale au
striaco e spagnuolo, vi furon ordinanze che vietavano benanco il
taglio del legname, salve alcune eccezioni a pro degli abitanti di
Cosenza e Casali, le quali non furono n tampoco rispettate. Anzi,
sotto tal sorta di governo il quale, contro ogni legge ed ogni giu
stizia, era uso metter tutto in vendita, uomini e terre, Cosenza coi
suoi Casali non altrimenti sfugg l'onta di cadere sotto la signo
ria feudale, se non merc lo sborso di 40,000 ducati. Cotesto scan

dalo sotto il viceregnato Olivarez. Per, altro pi grave ebbe luo


go sotto il governo di Filippo IV, quando minacciati Cosenza e
Casali per nuova vendita, non ottennero l'affrancamento, se non

sborsando altri 50,000 ducati, a patto di poter difendere colle ar


mi l' ottenuta franchigia. Ma patto illusorio.

Tuttavolta, a che valsero delle somme cos ingenti? A che, tanti


secoli di possesso? A che, tanti sudori sparsi dai Calabresi per
rendere a coltura la selva bruzia? Dal 1570 in poi, tanto i pro
prietari delle difese, quanto i Comuni usuari del demanio incomin

ciarono ad essere il bersaglio d'inquisizioni e di procedimenti cri


minali; s che da quell'epoca non sono stati sicuri, n i pro
prietari delle loro difese, n i Comuni del loro diritti. E perch
spesso minacciati da procedimenti criminali, fu creduto salutar con
siglio d'ambe le parti contendenti di venire, diverse fate, a tran

sazione, merc lo sborso di somme a pro del Governo. La mi


maccia da parte di esso pi solenne ed ardita fu sotto il regno del
IV Ferdinando, in sul cadere del passato secolo, quando fatto dallo
Zurlo il riparto delle difese e del demanio, corsero grave pericolo
i proprietari silani. E quantunque la robusta eloquenza dell'infe
lice Domenico Bisceglia fosse stata adibita in sostegno dei loro di
ritti, nondimeno non saprei qual risultato avrebbe ottenuto, se gli
imbarazzi della Corte di Napoli, a cagione delle turbolenze della
Francia, non avessero rimandato cotesta faccenda a tempi migliori.

- 12

Cos procedettero le cose sin ai giorni nostri, quando Ferdinan


do lI. volendo por fine, a suo dire, ad un labirinto di controver
sie, e conciliare al tempo stesso gl'interessi dei suoi soggetti con
quelli del Fisco, pubblic due decreti, l'uno del 5 ottobre 1838,
l'altro del 31 marzo 1843, coi quali, mentre dichiarava l' agro
silano per antico demanio dello Stato, nominava un Commissario
civile, il Procurator Generale Paragallo, munito di pieni poteri, per
definire tutte le quistioni cos dei possessori delle difese, che dei
Comuni col Fisco.

Intanto, dopo cinque anni, non si era che a semplici lavori pre

paratori, i quali avean suscitato nei proprietari, non altro che di


sgusto ed avversione al governo, e nei Casalesi una qualche spe
ranza d'impossessarsi dei Comuni. Gli uni temeano di venir spo
gliati delle loro belle difese sempre pi ingrandite e ridotte a mi
glior coltura, ovvero obbligati ad erogar nuove somme per nuove
transazioni; gli altri credevano venuto il tempo di porsi in pos
sesso, da un giorno all'altro, dei loro tante volte reclamati diritti.
E quindi, se non manifesti, gli uni e gli altri alcerto cupi e se
gieti nemici tra loro. La qual cosa, in momenti di politiche oscil
lazioni, dovea guardare di buon occhio il Governo d' allora, te
nendo, per cos dire, in aspettativa e proprietari e casalesi, e non

far paghi n gli uni n gli altri.


A me pare, che l'agro silano assimilar potrebbesi al pomo della
discordia, sempre pronto, in altri tempi, a buttarsi sul tavolo, a
fin d'inimicare proprietari e casalesi; e cos dare appicco, secondo
bisogno, al brigantaggio ed alla guerra civile. Io non credo di dir
cose a vanvera, ma narro dei fatti incontrastabili e che sono a co

noscenza dei presenti, perch di recente data.


Ed invero, proclamata la Costituzione a 29 gennaio 1848, i no

stri Casalesi, quasi presaghi dell'avvenire, in occasione del politico


avvenimento di allora, mostraronsi freddi spettatori; ma invece in
pubblico ed in privato andavan borbottando: a noi altri di nulla
ci cale, purch abbiamo i nostri Comuni; venga presto il tempo
della semina, e ci vedranno colle armi in mano nella Sila. Noi

vogliamo ci ch' nostro, e che ci an tolto i galantuomini, e

13

- -

che il Governo ci sempre promesso, ma invano. Come dis


sero, cos fecero. E per dare una certa aria di legalit al loro
perato, eccoli in grosse bande, d' un paese o d'un altro, armati
in parte di fucili, in parte di scure e di pali, con tamburo bat
tente e con tricolore bandiera, presentarsi in Cosenza, chiedendo

all'autorit amministrativa i Comuni della Sila. I quali esempi mimacciosi ripeteansi ancora d'altri paesi, e per tutti beni demaniali
d'ogni sorta. Intanto era il tempo di gettare il pomo, ed il pomo
fu gettato, s che l'incendio non tard a scoppiare in questa tra
vagliata provincia.
Una ministeriale fu lanciata in quel tempo, la quale ordinava la
verifica delle usurpazioni dei beni demaniali. L'autorit ammini
strativa, in vista di ci, rilasciava delle ordinanze, non saprei con

quanto senno, alle chiedenti deputazioni popolari. Il Procuratore


Generale Pasquale Barletta, mandato in Cosenza qual regio Com
missario ripartitore della Sila, in luogo del Paragallo, recavasi nei
Casali, e per via di semplici appuntamenti e senza designazione di
confinazioni, rilasciava a pro dei Casalesi il possesso delle terre
silane.

-- - -

-- - - - -

--

Or io domando, in tanta agitazione degli animi, in tanto tra


mestio di passioni, era questo il momento di denire una quistione

cos intrigata? Perch, per cinque anni si era tenuto mano dal
primo Commissario? Era giusto ripartire le terre silane, non in
tesi i proprietari delle difese? Tenendo tal via sonmaria, si ponea

cos un rimedio al male, che travagliava da lungo tempo la Ca


labria, od invece non si accendevano vienaggiormente gli animi
all'ira? La storia risponder a tali domande; ma la sana logica
dovr pure riconoscervi delle mezze misure, delle misure impro

vide, le quali non servirono che a mettere in uggia proprietari e


popolani, ed a far scoppiare il feroce brigantaggio del 48 e 49 il
quale, sotto il velo di fede al Re, fu cagione di tante ruine e di
tante straggi di uomini e di animali. E tale flagello scoppiava,

appena arrivava in Cosenza la colonna regia, malgrado i bei pro- ,


clami promettitori di pace e di garentie dei Generali Lanza e Bu
sacca, conduttori della colonna.

14

Spetta alla storia patria di narrare il brigantaggio di quest'e


poca di spietata reazione contro le libert giurate. A me basta ri
cordare che, se altre simili epoche furono segnalate dai Fra-Dia
volo, Ronca, Guerriglia ed altri famigerati briganti, la presente
epoca ricorda con orrore i nomi di Rende, Cava, Lise, Blefari,
De Cicco, Barracchella, Arnone, Falco, Greco che appellavasi il
capitano del Re; come ricorda del pari gli assassini, gl' incendi,
le devastazioni, e le straggi di uomini e di animali perpetrati in
tutta la Calabria.

Dopo tante ruine, di che fu spettatrice la Calabria, il Barletta


ritornava nella Sila, facea provvisoriamente il riparto dei Comuni,
imponeva ai proprietari gli antichi balzelli feudali a pro del Go
verno, e per soprassello anche gli arretrati, salvo il benefizio della
legge.

Di tanto fu sempre capace il tramestio delle masse casalesi, ap


pena desto e soffiato dalle passioni! Ma di chi mai la colpa, se
non di colui che, potendo allontanare il male, non si curato di
allontanarlo, ma invece lo mantenuto ed alimentato?

Noi l'abbiam veduta, nei presenti tempi, questa idra divoratrice,

alzare novellamente la testa, per questa stessa cagione, ma molto


pi per amor di guadagno e di vendetta; e vi stato mestieri di
tutta la forza governativa per strozzarla. Impertanto giusto far
voti che il Governo risolva una volta per sempre, con equit e con
senno una quistione di tanta importanza, la quale stata, e sar

una fucina sempre accesa di odii, di rancori e di guerre civili, as


segnando ai proprietari ed ai Casali il jus suum.
Dalle cose discorse sinora chiaro apparisce non essere il brigan
taggio, il quale infestato ed infesta continuamente la Calabria,
un particolar castigo dei Calabresi, non saprei per qual colpa ori
ginaria, od un male ingenito nei loro visceri, a somiglianza della
-

febbre terzana, pronto a scoppiare in certe stagioni. Dir in pro

sieguo cosa io me penso, e qual modo dovrebbe tenersi per allon


tanare un male, sorgente di tante calamit per la nostra calabra
provincia.

15

CAPO III.
-

Vera origine del Brigantaggio.

lo farei torto alla verit, se descrivessi la nostra Calabria e pre


cipuamente i nostri Casali, come tanti covacci di gente selvaggia
e brutale e, sarei per dire, cannibale, come piace ad alcuni di spac
ciare, senza mica conoscere n abitanti n luoghi. Lo vero, che
i nostri casalesi an dimesso, in gran parte, i loro antichi costumi
patriarcali, e che non poche delle moderne brutture n pure cor

rotta e guasta la loro prisca rigidezza di vivere; nondimeno la


tal gente che distinguesi per molte buone qualit: laboriosa, sve
gliata d'ingegno, generosa, tenace nella fede data, per insoffe
rente dell'ingiuria o del sopruso che le vien fatto, e vendicativa
anche dopo lungo passar di anni.

--- -

Or volendo rimontare alla vera sorgente del male che infesta la


nostra Calabria, dir voglio il brigantaggio, sar necessario scan
dagliare, con mente riposata, quali sono i bisogni dai quali tra
vagliata potentemente la nostra gente casalese. Avvegnacch, io
tengo per verit assiomatica, che tutt'i mali, che tormentano le

societ, derivano da bisogni imperiosi non mai appagati a tempo,


anzi fatti pi gravi ed urgenti per pigrizia e non curanza di co
loro che son chiamati a cicurarli.

Adunque, due sono, a mio credere, i pi gravi bisogni, che si


fanno sentire a preferenza nei nostri Casali; il primo, intellettuale
morale, il secondo, fisico e materiale: cio, bisogno d'istruzione
educativa e civile, bisogno di mezzi di sussistenza. Dir qualche
cosa dell'uno e dell' altro.

Se vi bisogno pi imperioso nell' uomo, dopo quello di sus


sistenza, il bisogno dell'istruzione, detta perci il pane dell'in

telligenza. La quale istruzione limitar non si deve, come si frain


tesa sinora, a semplice lettura, scrittura e far di conti, ed altre
cose simili, e che pu dirsi a rigore istruzione istrumentale; ma
invece esser deve educativa, ed abbracciar tutto l'uomo nell'am

16

pia sfera delle sue facolt affettive, intellettuali, morali e religiose.


In altri termini, deve aver per iscopo essenzialmente la disciplina
delle passioni, o sia la formazione dei sentimenti, ed in cima di
essi l'amore al bene, val dire all' onesto ed al giusto. L'uomo
insomma dirassi veramente istruito, allorch avr acquistato la co
noscenza dei suoi diritti e dei suoi doveri verso Dio, verso se stesso

e verso i suoi prossimi, e sapr ridurli alla pratica. Senza di ci,

non pu esservi vera societ, o sar una societ o meglio aggre


gazione di briganti. Per questa ragione, un Governo, che non pren
dasi nessun pensiero dell'istruzione dei suoi popoli, falla certamente
la sua missione. Egli non far un popolo savio, civile e felice; ma
far invece un popolo di gufi amanti delle tenebre, o di belve di
voratrici. L'istruzione-educativa adunque la cosa di tanta im

portanza, ch' stata giudicata una quistione di vita o di morte.


Tanto vero, che il senso comune fatto sinonimi della parola
educare le altre di nutrire e di allevare. Per lo che, se nell'edu

cazione consiste la vita dell'anima, nella negazione di essa, non


avrete che la morte intellettuale.

- --

Ora qual stata sinora l'istruzione che si data a questa po


vera gente? Nessuna in verit; beninteso per che io parlo dei figli
del popolo, e non pi che popolo presso a poco la gente dispersa
nei nostri Casali. Sembra che eglino non fossero i figli di Dio, e

che il dono dell'intelligenza non avesse altro scopo per essi, se


non quello di provvedere ai loro pi grossolani bisogni. La loro
vita agricola e pastorale, alla quale si abbandonano sin dai primi
anni, e che li costringe a passare i mesi e gli anni nella nostra
Sila, od in altre lontane contrade in cerca del lavoro, contribuisce
viemaggiormente al manco dell'istruzione. Insomma, il lor genere
di vita tale, che li tiene di rado raccolti nei propri lari.

Vi fosse almeno nei nostri Casali (son costretto pur manifestarlo


con mio dolore) vi fosse almeno l'autorit dell'esempio da parte
della classe pi elevata, ch sarebbe ancor questa una scuola pi
parlante ed istruttiva. Imperocch la pubblica morale, principal car
dine d' ogni societ, pur ivi generalmente inievolita e snervata,
per cui il pravo esempio di questa classe, soprattutto se fosse quella

17

destinata per sua missione ad essere luce sul moggio, e sale dei
popoli, trae seco nel male le masse, le quali vivono pi di esem
pio che di ragione, e tanto pi potentemente per quanto ella siede
pi alta. S, troppo vero che l'autorit dell'esempio pi forza
sul cuore dell'uomo d' ogni qualunque dettato, e vieppi se par
lasi di popoli poco ragionanti; per cui vedesi l'inferiore modellarsi
sul superiore, il povero imitare il ricco, il laico l' ecclesiastico,
tal che la moralit od immoralit delle classi superiori si trasfonde
inevitabilmente nelle classi inferiori.

. -

0r, chi non sa che uomini ignari di ci che sono e di ci che


son destinati ad essere, quali sono i nostri casalesi (si parla sem
pre delle masse), che non conoscono patria, perch non n dei
dritti da esercitarvi, la cui religione, se pure ne nno alcuna, non
che superstizione o fanatismo, la cui conversazione abituale non
sono che gli animali in mezzo alle foreste, chi non sa, ripeto,
che tali uomini possono assai agevolmente abbandonarsi ad ogni

sorta delitti, dietro -il soffio della propria passione, o dell'altrui


-

--

maligna suggestione? Lo dicea S. Giovanni: ogni peccato igno


ranza, ed mantenuto dall'ignoranza. Oh! la brava gente, che
sarebbe la gente calabrese, se si avesse la cura d'istruirla ed edu
carla! Quanti delitti vi sarebbero di meno nella societ, e quante
spese sarebbero guadagnate, le quali si erogano a malincuore alla
distruzione del brigantaggio? La saggezza dei Governi consiste nel
prevenire pi che nel perseguire il delitto; per la migliore arte
di prevenirlo sar senza dubbio l'istruzione-educativa.
Ma vi un altro bisogno, che travaglia non meno le nostre masse
-

casalesi: bisogno fisico e materiale, il quale consiste nel manco

di mezzi di sussistenza, e del quale mi rimane a dire poche pa


role.

Il pauperismo quistione del tempo, la quale occupato ed oc


cupa i grandi pensatori e quanti altri s'interessano della miseria

del popolo. Ed in verit, non si pu visitare i nostri Casali e per


netrare nell'interno delle case del popolo, senza provare un fre
mito di compassione per la loro miserabile condizione. Le masse
de'nostri casalesi sono generalmente condannate alla pi grande
2

18

miseria. Vivono nel maggior numero del pane della giornata, co


me braccianti. Moltissimi prendono a semina le altrui terre, ma

dopo le molte fatiche, spesso anno il dispiacere di non raccogliere


n anco il frutto dei loro sudori, perch tutto il raccolto, nelle
stagioni ingrate, non sorpassa il quantitativo della semenza e del

terratico da consegnarsi nel magazzino dei proprietari delle terre.


Saranno fortunati se, nella buona stagione, ritrarranno tanta se
gala, quanto basta per assicurare, in tutto l'anno, il pane del
nutrimento. Parecchi infine sono addetti alla custodia dei bestiami

e dei greggi, o ad altri mestieri affini, e la vita di costoro molto


pi comoda. Si arroge che, vivendo i nostri Casali di contribu

zioni, di bocche o di tasse (sia qualunque il nome che si adopra),


il balzello che si addomanda al povero casalese, e che pure pa
gar deve a malincuore, soprattutto avuto riguardo ai modi inu

mani che talvolta usano gli Esattori, non pu riguardarsi da lui,


se non come il sangue che si pretende cavare da un corpo morto.
La qual cosa non pu non irritarlo fieramente, e forse gli fa be
stemmiare il giorno della sua nascita.
0r chi non sa, quanto potente consigliera al brigantaggio mai
la povert, soprattutto se concitata ? E concitata al certo la po
vert del nostro casalese, allorch richiama al suo pensiero le an

garie e le oppressioni che forse avr provato da parte dei ricchi


del suo paese, od a causa d' immoralissime contrattazioni, o di

durezza di cuore nei suoi bisogni; o pure ricorda le privazioni alle


quali condannato colla sua famiglia, od i rimproveri d'una mo
glie scapata, perch non , come la moglie del suo vicino, i suoi
ciondoli e gioielli. Allora dal detto al fatto un passo. Eccolo,
tosto cacciarsi nella Sila, e farsi brigante. Quindi armato sin'alle

unghie, spoglia, saccheggia, impone taglie, fa de'ricatti, divenendo


di giorno in giorno pi audace e temerario nelle sue imprese. Si
arrolla infine del compagni, trovando sempre il male pi che il bene
de' seguaci, ed eccolo capo-banda, spargendo nei vicini e nei lon

tani paesi il terrore e lo spavento. In tal guisa, il miserabile si


lusinga di uscire dalla sua miseria e di farsi ricco.
Oh! quanti giovini sconsigliati casalesi sarebbero risparmiati a

19

perire sotto la forza persecutrice, od a languire fra le catene per

lunga serie di anni, se la preveggenza del Governo, e la carit cit


tadina sapessero provvedere a tempo alla miseria ed alle sofferenze

di questa povera gente. Ah! se il robusto calabrese abitante dei


nostri Casali avesse un moggio di terra di proprio, e se invece di

lavorare pel ricco, lavorasse per se, egli sarebbe al certo il pi


pacifico e tranquillo cittadino. In tal guisa, la nostra societ fa
rebbe un doppio guadagno: cio guadagno di braccia per l'agri
coltura e per gli altri mestieri campestri, e diminuzione di delitti,
i quali sono il vero flagello della societ.
0r, siccome cotesti due bisogni, del quali si discorso sinora,
-

pesano non solo sui nostri Casali, ma dove pi, dove meno anche
sugli altri paesi e villaggi di questa vasta provincia, come dove
pi dove meno regnano ancor generalmente le oppressioni ed i so
prusi da parte di coloro ch' esser dovrebbero modelli di giustizia
e di carit cittadina; cos non dee recar maraviglia, se la peste

del brigantaggio gi invaso tutta quanta la provincia, tal che


risorge, da quando a quando, minacciosa per straziare or questa,
or quella contrada.
Io non credo di dover ricercare altrove la cagione del nostro

brigantaggio, quantunque molte altre esser vi possono cagioni in


fluenti, delle quali si tenuto discorso di sopra; per queste istes
se, se ben si rifletta, n pure la loro radice non pi che nelle due
anzidette cagioni. Infatti, il mal governo che si fatto sinora della
nostra gente casalese, l'impunit altre volte conseguita, anzi pre
miata del brigantaggio, la voglia di arricchire che invaso be

manco il basso ceto, sia pure per vie inique, le prepotenze e le


oppressioni da parte dei grandi, o dei loro subalterni, le cattive

suggestioni dei tristi, ed altre simili, non sono esse stesse una
pruova della prevalenza de due grandi bisogni, che travagliano le
nostre masse casalesi: cio bisogno d'istruzione-educativa, e bi
sogno di mezzi di sussistenza?
--Dopo tutto ci, io domando, vi modo d'allontanare in tutto,

od in parte, questo flagello dalle nostre contrade?


Ecco la ricerca, della quale intendo occuparmi d'ora innanzi,
senza spacciare delle utopie od altri sogni dorati.

al

20

CAPO IV.
Mezzi morali.

Suol dirsi che, conosciuta l'origine del male, facil cosa in


dovinare il rimedio capace ad allontanarlo, o distruggerlo. Cos,
dopo le ricerche gi fatte, essendosi da me discoperta, a quanto
pare, la vera origine del brigantaggio e le cagioni che lo favori
scono e l'accendono, riuscir agevol cosa l'andare additando i mezzi
pi acconci e pi valevoli ad estirpare, almeno dopo il giro di pa
recchi anni, cotesto flagello che travagliato e travaglia la nostra
Calabria.

Parler in primo luogo dei mezzi morali, come che di maggior


rilevanza; dir in seguito dei mezzi materiali, con quella franchezza
che richiedesi in cosa di tanto momento.

S. 1. Scuole popolari o primarie.


Io non mi o a tessere l'elogio dell'istruzione in generale, ed
in particolare di quella cos detta popolare. Il solo Gian Giacomo
Rousseau, colla sua bizzarra eloquenza, si prov a dir male di
essa, e fe l'elogio dell'ignoranza. N cadde mai nel mio pensiero
la massima del Gabinetto, che gli uomini divengono infrenabili,
quando sono istruiti. Imperocch, l'istruzione presa nel suo pro
prio significato la cosa di tanta eccellenza e di tanta necessit
all'uomo, per quanto la luce preferibile alle tenebre, il sapere
all'ignoranza. E se ci vale per l'uomo individuo il quale, senza
istruzione, diverrebbe simile ad una pianta selvatica, che vive dei

soli sensi, molto pi deve dirsi delle masse popolari, ove l'attrito
degl'istinti e delle passioni maggiore; per cui, senza di essa,
non si avrebbe mica una societ regolata, ma bens una truppa

di selvaggi, senza altra legge, se non quella, se piace, lice. Per


questa ragione, i fondatori di nuovi regni, i grandi riformatori dei
popoli, tutti n dato mano a questa opera interessante, coll'istal

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lare delle scuole popolari, per diffondere, col mezzo di esse, il sa


pere e la civilt, e cos procurar loro la prosperit desiata. In tal
guisa, essi si son resi alcerto i veri benefattori de popoli, e si n
meritato le universali benedizioni.

Il Governo italiano, memore di tal verit, rivolto innanzi tutto

il suo pensiero a questo importantissimo compito, e per cui si


meritato il plauso universale. suo fermo volere, che delle scuole

popolari s dell'uno che dell'altro sesso, siano istallate tanto nelle


citt, che nei paesi e villaggi pi piccoli.
Nondimeno, sul presente argomento, io propongo a me stesso
i seguenti dubbi:
1. L' istruzione considerata in se stessa ed in astratto, la

veramente apportatrice di tutto quel bene che si aspetta da essa,


in modo da poter dire, che siavi civilt, dove vi istruzione, ed

in egual grado?
2. Se lo scopo dell'istruzione popolare lo quello d' inci
vilire e di moralizzare gli uomini, si potr mai attingere cotesto

scopo, senza ben altro appoggio di diversa natura, che non quello
dell' umana politica?

3. Le scuole popolari, quali sono organate nei nostri paesi,


potranno produrre tutto quel bene, che si attende da esse?
lo risponder ai precedenti dubbi secondo il mio modo di vede
re, ma con lealt e franchezza.

1. In quanto al primo, non fa mestieri, a mio credere, di molte


parole, per intendere che la societ non avr molto da guadagnare
dall'istruzione considerata in se stessa, e senza lo scopo speciale,
qual' quello d'immegliare gli uomini. Anzi, senza tal scopo, dir
si potrebbe per l'opposto un flagello per le masse e per gl'indi
vidui: per le masse, nelle quali s'insinuerebbe la corruzione e il
disordine; per gl'individui, i quali abbandonerebbero il positivo di
una vita laboriosa, trascinati dal diletto d'una futile istruzione.

Di fatti, assai spesso si veggono dei giovini delle classi popo


lari, appena usciti dalle scuole primarie, andar in cerco con avi

dit dei libri pi grossolani ed osceni di che, per sventura, ab


bonda di troppo il nostro secolo, non che de' piccoli libri di ro

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manzi i quali, dipingendo gli uomini dalle passioni pi esaltate e

pi abbominevoli, racchiudono le pi assurde empiet e le massime


pi antisociali. In tal guisa, la purit dei costumi, che poneva l'a
bitante del villaggio assai al di sopra dell'abitante della citt, sva

nisce a poco a poco, merc la propagazione d'una istruzione, la


quale avrebbe per scopo tutto altro che l'immegliamento del cuore
umano. Allora, non pi buona fede, non pi spirito di giustizia,

non pi amore del lavoro, rispetto per la propriet; ma si vedr


invece surrogata l'astuzia, lo spirito del raggiro, l'affetto alla pi
grizia, l'ardore del saccheggio e del comunismo, dopo di che ver
ranno fuori, come conseguenza necessaria, dei delitti che faranno
il disonore dell' umanit.

La cosa risaputa, che il semplice sapere, sopra tutto se monco,


tarpato, e mal digerito, corrompe l'uomo, anzi che lo migliora.
La storia dei popoli pagani ne fa testimonianza. La loro educazione

non potendo esser morale, a cagione dell'immoralit del loro dom


mi, essi divennero atei e dissoluti, appena l'istruzione prese ra
dice fra loro.

Adunque, acci l'istruzione sia veramente, come debb essere,


un benefizio dell'umanit, piuttosto che un elemento corruttore,
deve non solo mirare ad essere civilizzatrice e morale sotto l'in

fluenza del Cristianesimo, ma usare benanco un'assidua vigilanza,

acci i giovinetti si mantenessero nella buona via, dopo abbando


nata la scuola. Imperocch, la cosa assai ordinaria, trattandosi
di giovini delle classi popolari che, appena abbandonata la scuola,
si opera in essi una pericolosa reazione, risultante dal lor nuovo
affrancamento. In quell'epoca critica, in verit, si veggono pi che
mai inclinevoli a mettere da banda i primi consigli della saggezza,

per seguire le prime suggestioni delle passioni. La qual cosa non


accade al certo nei giovini bennati, ed in quelli ne quali non si
limita la loro istruzione ai semplici corsi primari.
L'istruzione (e la primaria innanzi tutto) sar pertanto un vero
benefizio dell' umanit, allorch diverr eminentemente educativa e

civilizzatrice dell' uomo, con ingrandire la sua indole, con rettifi


eare le sue idee, con innalzare e purificare la sua anima e nobi

23

litare i suoi sentimenti. In una parola, deve mirare a crear dei


buoni cittadini, con ispirar loro l'amore dell'ordine basato sul ri
spetto per la civilt, con inculcargli la morale derivante dalle grandi
verit religiose, che ne sono in vero la fonte e la garentigia, con
eccitarli al lavoro, come il pi atto elemento del benessere, ed in

fine temperare l'amore e l'ingordigia omai divenuta troppo ecces


siva delle ricchezze.

Adunque, lungi di riprovare l'istruzione popolare, vorremmo per


l' opposto che le nostre scuole primarie prendessero uno slancio
tale da divenire vere scuole di morale e di civilt; e che si com

prendesse una volta per sempre, che la lettura, la scrittura, il far


dei conti ed altre cose simili, nel che si aggirata sinora e si
aggira ancora l'istruzione primaria tra noi, mezzo e non fine

dell'istruzione, e quindi l'abilit in siffatte cose non mica una


garentia di migliorazione individuale e di ordine generale. Ed in
vero non sono alcerto un argomento di sociale progresso n le sta
tistiche delle scuole, n quelle dei fanciulli che le frequentano; ma
invece sono vero termometro di progresso e di civilt le statisti

che sempre decrescenti dei delitti e dei disordini, che deturpano


la societ.

Per conseguenza, allorch l'istruzione primaria diverr, giusta


le savie vedute del Pestalozzi, un mezzo per rendere atti i figli
del popolo all'amministrazione della persona e del beni cos della
famiglia che del comune; un mezzo per farli divenire preveggenti
ed economi per via del calcolo; istruiti dei doveri di cristiano, di
cittadino e di elettore colla lettura; ed infine istruiti dell'agricol

tura, e non pi scontenti della lor propria condizione, se parlasi


delle scuole rurali; allora l'istruzione primaria sar un vero be

nefizio della umanit, i cui frutti di saggezza e di virt non man


cheranno di germogliare copiosamente nel seno dei nostri popoli.
Sia lode al nostro Governo il quale, penetrato di queste grandi

verit, si occupato innanzi tutto di dare alle nostre scuole pri


marie un novello indirizzo, un indirizzo sociale e civilizzatore.

2. Ma la societ pu mai, coi suoi propri mezzi, attingere que


sto nobilissimo scopo, qual' l'immegliamento morale e civile dei

24

nostri popoli? Tal' la seconda ricerca che, a m di dubbio, io


proponeva a me stesso. Intorno a che io rispondo coll'autorit di
uno de pi grandi pensatori moderni ancor vivente, il sig. Guizot,
il quale per moltissimi anni regolato gli affari d'una grande na
zione: La politica, egli dice, la pi giusta e la pi forte non
si lusinghi di poter compiere, senza la religione, una tale o
pera.

Dietro una tanta autorit, la quale certamente non si deve pren


dere a beffe, io tengo i miei dubbi, che de giovini maestri, sian
pure forniti di tutte le conoscenze necessarie, siano atti ad incul
care ai figli del popolo delle massime, le quali siano proficue alla
societ, e quindi moralizzarla ed ingentilirla. Giovini quali sono
(la legge permette che si pu essere istitutore primario all'et
di 18 anni), rimasti soli in un piccolo paese o villaggio, esenti
d'ogni freno, evvi tutto il timore che non tardano ad abusare della
loro libert, e per conseguenza divenir pietra di scandalo ai pu

silli. Oltre a ci, per servirmi delle parole d'un gravissimo pen
satore francese, appartinenti ad un secolo di movimento e di agi
tazione, in cui le professioni son considerate qual mezzo e non qual
fine, non allettati da ricco stipendio (la cosa rarissima nei no

stri paesi, anzi nelle nostre citt lo stipendio per altro meschino
di 500 lire), accade sovente che, in poco tempo, si disgustano
della loro professione, per cui abbandonano l'impresa carriera, e
si danno ad una vita di pigrizia e di dissipazione, come vien com
provato dall' esperienza.
L'istruzione-educativa, tendente a moralizzare ed incivilire i po
poli, pu dirsi in verit una sorta di apostolato, e per cui addo
manda una vita di sacrifizi. Laonde, oltre la ricca proviggione di
conoscenze di che dee far tesoro preventivamente l'istitutore, ri
chiedesi in lui ben altro impulso che quello d'un meschino inte
resse; ben altro timore, che quello d'un ispettore in giro, o d'una

commissione di vigilanza (). La sola religione, debbo dirlo fran


camente, potr consecrare degli uomini a quest'alta e difficile mis
(*) Il lungo esercizio della carica d'Ispettore delle scuole, in questo Cir
condario, mi d il diritto di giudicare, forse senza errore, in questo modo.

Zo

sione, sottoporli ad una regolare disciplina s da lontano, che da


vicino, e spingerli all'adempimento del loro doveri, in nome ed in
vista dell'Eterno. Dominati da tal principio, si vedranno all'intel
ligenza accoppiar pure la volont, ed alla volont la virt di farla
conoscere, amare e praticare dai loro allievi, andando da Dio al

l'uomo, e dall'uomo a Dio, per render l'uno intelligibile all'al


tro; come benanco perseverare con piacere nella lor vita di sacri

fizi, malgrado le fatiche e le stesse ingratitudini, alle quali sono


talvolta esposti.

Per queste ragioni, il sig. Guizot, quando in tempo del suo mi


mistero cerc di rialzare l'istruzione primaria in Francia, malgrado

lo schiamazzo della stampa provinciale, egli accord apertamente


la sua protezione ai Fratelli delle scuole cristiane, come che pe
metrato della missione di questi modesti istitutori. N fall l'occhio

sagace del gran pensatore. Imperocch ad essi accordata ancora


in Francia, meglio che ad altri, la superiorit, in fatto d'istru
zione primaria; la qual superiorit si godono benanche nel vecchio
Piemonte. E qualora mi si domanda la ragione di questa incon
trastabile lor superiorit, io non avr difficolt di rispondere: la
lor fede e la carit della quale sono animati.
Lo stesso dir potrebbesi di tante altre nobili associazioni, costi
tuite in nome ed in vista dell'Eterno, la cui divozione tanto di

sinteressata non potrebbe giammai mettersi a paragone con qual


sivoglia organizzazione politica o sociale. Valgano per tutte altre,

le figlie dette per eccellenza le Suore ospitaliere, perch consecrate


al servizio degl'infermi, le quali cos in Francia che ovunque sono
accolte, la vincono per zelo e per eroismo sopra tutte le persone
pi caritatevoli del mondo. E poich mi tocc parlar di esse di
passaggio, mi piace di riferire le nobili parole che usa, parlando
di loro, uno scrittore francese: Non solo esse sopportano con

angelica rassegnazione le fatiche derivanti dalla loro condizione,


non solo sanno esporsi alla morte senza ostentazione, ma sem

brano tenere da un invisibile potere un provvido tatto per cu


, rare i sofferenti.

Io non istimo dilungarmi di vantaggio sopra questo argomento.


3

26

Imper il detto fin qui basta per conchiudere, che l'istruzione po


polare, per rispondere al gran scopo vivificante e moralizzatore dei
popoli, pi che l'interesse del salario, aver deve per principale
molla la carit predicata dal Cristo.
3. Or vengo al terzo ed ultimo de' miei dubbi. Le nostre scuole

popolari, giusta il lor ordinamento, malgrado tutte le cure gover


native, potranno mai attingere lo scopo al quale son destinate? Io
tengo le mie difficolt. Difatti, la legge impone ai Municipi l'ob
bligo di provvedere, a lor carico, alla nomina di uno e pi isti
tutori primari, incominciando dai villaggi sino ai Comuni di prima
classe, con stanziare a pro di essi uno stipendio non minore di 500

lire per le scuole rurali, e non maggiore di lire 1200 per le scuole
urbane di grado superiore. Or, questa legge, la quale mira a rial
zare in parte la condizione dell'istitutore, rimasta presso di noi,
da quattro anni, infruttuosa, mentre presso di noi precipuamente

sentivasi il bisogno di rialzare cos la condizione dell'istitutore, che


l'istruzione primaria. Dove per reali od affettate ristrette finanze,
dove per insensate brighe municipali, dove per malintesa avversione

a questo nobile mezzo d'istruire ed incivilire il popolo, pu dirsi


in verit, che la nomina degl'istitutori primari rare volte riu

scita assennata, e lo stipendio sempre al di sotto del minimo le


gale, come se si trattasse dell'ultimo servitorame (). Dal che se

gue, che l'istruzione primaria, lungi di aver fatto alcun reale pro
gresso nella nostra provincia, per le cennate ragioni giace tuttora
in condizione non troppo felice, malgrado gl'incoraggiamenti ed i
sussidi, di che largo il nostro Governo a pro degl'istitutori.
Quanto detto di sopra non deve far maraviglia. Quando il mi

nistero Guizot, colla legge del 23 giugno 1833, deliberava a pro


dell'istitutore, ma a carico de Comuni, un albergo ed una pen
sione fissa al minimo di 200 franchi, questa legge, lungi di essere

accolta come un benefizio, suscit sin da principio grandi antipatie


e resistenze, non solo nei piccoli Comuni, ma benanco nei Comuni
(*) Posso ancora aggiungere, che gl'istitutori son costretti talvolta di
usare delle pitoccherie presso chi si conviene, ed anche dar delle mance,
per realizzare dopo lungo tempo il lor meschino stipendio.

27

popolosi, a causa dell'impiantamento delle scuole superiori che pre


scrivea la stessa legge. E sebbene il signor Emilio de Girardin

protestasse altamente contro la modicit dello stipendio dell'isti


tutore, e del potere lasciato alla discrezione dei Consigli munici
pali sull' onorario, la sua voce nondimeno non ebbe alcun segui
to, e l' assegnamento de 200 franchi fu riguardato come un fa

vore accordato agl'istitutori primari. Questo fatto storico prova


a chiare rote, che l'istruzione primaria tenuta da per tutto in

poco conto, e l'uffizio d'istitutore degno di venir retribuito come


l' ultimo del servitorame del Comune.

Dopo tutto ci, io mi credo nel dritto di avanzare, che fino a


che non verr assicurato agl'istitutori primari un decente sosten
tamento, e non diventer il lor uffizio un oggetto di ambizione,

l'istruzione primaria non attinger mai il suo scopo sociale. S,


senza l'appoggio d'una dotazione, malgrado tutti gl'incoraggiamenti,
l'istitutore non arriver mai all'altezza di quella missione avvenire,

di quella potenza morale, che facea prorompere Lord Brougham


in questa frase profonda o non pi il cannone, ma l'istitutore quinci
innanzi l'arbitro de'destini del mondo. o Ma, invece sprovveduto
del suo materiale benessere, egli sar costretto per vivere a fare

industria di tutto, abdicando la sua propria dignit, rinunciando


alla sua indipendenza ed alla pubblica stima. Allora, in verit la
messe sar nulla nei figli del popolo, e l'istruzione sar ridotta
ad un vano cinguettio di parole. La sola carit, giova ricordarlo,
od un equo stipendio potr far durare in questo malagevole apo
stolato. 0r, dove non ferve la carit, egli d'uopo supplire con
un competente stipendio, che assicuri il benessere materiale dello
istitutore.

Io non ignoro qual vasta materia di discussione () abbia pre


stato ai grandi pensatori di tutte le nazioni l'argomento dell'istru
zione primaria, e quanto diverso sia il lor opinare; se la pure
un debito dello Stato, ovvero dei privati. Di fatti, si vuole comu
(*) Le opere che tuttod mandano alla luce la Francia, l'Italia, il Belgio

e la Germania sull'istruzione primaria sono un chiaro argomento, che la


quistione dell'istruzione primaria ancora sub judice.

28

nemente che l'istruzione, lungi di esser gratuita, fosse invece un


debito del padre verso i suoi figli, come l'imposta un debito del
cittadino verso la societ; per cui, a proprie spese, egli tenuto
provvedere i suoi figli di questo primo cibo intellettuale, come di

quello materiale del corpo, tranne il caso di riconosciuta povert,


nel qual caso deve darsi gratuitamente dallo Stato. Ma trattandosi
d'un Governo fondato sui lumi generali e che risiede nella potenza
elettiva, altri son di avviso ancor ragionevolmente, che l'istruzione
primaria sia non meno che un debito dello Stato; val quanto dire,
che non n dono, n liberalit, ma un sacro dovere verso tutti,

avendo tutti de dritti da esercitare, e doveri d'adempire. In caso


contrario, l'istruzione sarebbe il privileggio d'una casta, ed il pa
trimonio di pochi, e quindi non vi sarebbe Consiglio municipale
capace. In ogni modo che sia la cosa, io porto opinione (stante
le nostre condizioni poco favorevoli) che, per veder diffusa in tutta

Italia, e soprattutto in questa provincia, una istruzione acconcia


a rigenerare ed incivilire il nostro popolo, non debbesi seminare
coi parcissimi e discreti assegnanenti dei Consigli municipali, n
rilasciare all'arbitrio di essi la nomina degl'istitutori; ma che un
bilancio invariabilmente fissato dalla Camera pagar deve questo de
bito annuale, riserbandosi il Governo la nomina dei medesimi. Ci

sia pure una utopia, secondo il pensare di alcuni; ma nondimeno


io credo di grande necessit, che sia messa in onore tra noi la

carica dell'istitutore; che sia posta a livello del magistrato, o di


altra autorit simigliante. E perch no? Se il magistrato reprime
i delitti col punirli, l'istitutore coll'educazione che istilla nel cuore
dei suoi allievi, non fa egli di pi col prevenirli e sbarbicarli dalle
radici? Per, non sar mai messa in onore la carica anzidetta, se

non si procuri innanzi tutto il benessere materiale dell'istitutore.


In questo caso soltanto si potranno avere degli abili istitutori, i
quali rispondano ai bisogni sociali. In questo caso, le ambizioni
secondarie si vedranno lasciar da parte ogni altra professione, per
abbracciar quella di cui parola. Quindi, la stima, l'indipendenza,
la dignit di se stesso, la fiducia degli altri saranno i morali ri
sultamenti di tal sistema, ed una messe abbondante di saggezza e

29

di virt avr luogo inevitabilmente nei popoli. Lo diceva in altri


tempi l'illustre Rosely De Lorgues, ed ora lo ripeto anche io: un
Sindaco, un parroco ed un istitutore fanno la fortuna e la pro
sperit d'un Comune; ma il Sindaco, che non sia cieco istrumento
del potere amministrativo ; il parroco, che non sia l'eletto della
simpatia o della sorte; l'istitutore infine, che non sia il vile pe
dagogo degli antichi tempi, ma un uomo che, per il suo sapere
e per la sua autorit, si goda la pubblica stima.
Adunque, riassumendo le cose dette sinora, conchiuder in po
-

che parole. Che, per allontanare da noi il flagello del brigantag

gio, mestieri di promuovere e diffondere nei nostri Casali l'istru


zione primaria, mirando che sia a preferenza un mezzo eminente
mente morale e civilizzatore. Che la voce della ragione e dell'utilt
pubblica impone ai nostri Municipi l'obbligo di provvedere in modo
conveniente a tal pressante bisogno. Che ove la voce della ragione
e della pubblica utilt non sia ascoltata, il Governo dovr interes

sarsi di suo proprio conto della sorte dell' istruzione prinaria e


degli apostoli dell'incivilimento.

---

Io non fatto che cennar di volo gl'inconvenienti, per cui ri


stagnano tra noi (forse perch i nostri Municipi non nno ancora
compreso tutta l'altezza della loro missione) i benefici frutti della
popolare istruzione. Spetta per ai moderatori della cosa pubblica
di prenderli in seria considerazione, acci sia cambiata in meglio
la sorte dell'istruzione primaria. Trattasi d'un grave bisogno, che
travaglia le nostre masse, qual il difetto d'istruzione; tratta
si di allontanare dal nostro seno un gran male, qual' il bri
gantaggio col suo treno di delitti d'ogni sorta. Ragion vuole per
tanto, che la si prenda in seria considerazione. Qual tristo inganno
non sar per coloro, che si mostrano indifferenti, e peggio se o
steggiano in ogni modo che sia, l'istruzione del popolo, perch
forse n paura della luce, se mai si troveranno un giorno disar
mati in faccia d'un popolo ignorante e corrotto? 0r, senza altro

aggiungere, mi volgo a ben altro argomento.

30

S. 2. Morale Pubblica.

Un altro bisogno non men urgente, che si fa sentire nei nostri


Casali, lo senza dubbio quello della pubblica morale, la quale
dir si pu il principal cemento d'ogni civile edifizio. Io son lungi
dall'adottare la sconsolante dottrina che il mondo peggiorando in
vecchi; lungi dal seguire le orme dei perpetui laudatores temporis
acti; ma ritengo nondimeno, senza per far torto all' umana fa
miglia, cui non verr mai meno l'istinto del bene e della virt,

che nel tempo che viviamo, la pubblica morale piuttosto che no


corrotta, guasta e snervata. Imperocch, vero termometro della mo
ralit od immoralit d'un paese sono senza dubbio le statistiche
varianti dei prigionieri, dei galeotti, dei trovatelli, ec., e queste

statistiche gi sventuratamente depongono contro l'immoralit e la


corruzione dei nostri tempi.

Della qual cosa (lo dir francamente) la pi potente cagione,


fra le altre, il decadimento delle nostre credenze religiose, e la
scoraggiante negazione d' ogni verit, in cui ci versiamo; ond'
che, le nostre genti casalesi che, in altri tempi, si tennero im
muni dalle corruzioni delle citt, si veggono ora non men conta
minate da vizi e da delitti detestevoli.

Son veramente privi d' ogni buon senso coloro i quali, predi
cando una morale per la societ, le vorrebbero far dono d'una mo

rale priva al tempo stesso d'ogni appoggio, e d'ogni sanzione su


periore, al par di quella di Saint-Simon, di Fourier e di quanti
altri son dichiarati nemici del Sovrannaturale e del Divino. Una mo

rale di tal fatta mera follia. Essa non migliora, ma consacra

invece tutte le passioni pi detestevoli dell'uomo. Per contrario,


la sola morale basata sulle grandi verit della Religione, quella
appunto del Cristianesimo, la sola capace di migliorare la con
dizione intellettuale e materiale dei popoli; come infatti, dal suo
nascimento, fesorgere dalle ruine della vecchia societ, basata sulla
legge del pi potente, una societ tutta nuova di amore e di fra
tellanza.

31

Or se ci vero, sar sommamente importante di rialzare, presso


le nostre masse casalesi, abbandonate all'ignoranza ed alla super
stizione, le nostre credenze religiose, e quindi il salutar freno della

coscienza, il timor di Dio e delle sue leggi. S, allorquando co


teste verit diverranno, presso i nostri popoli, argomento non solo
di ammirazione poetica o specolativa, ma benanco di fervide con
vinzioni, allora saranno senza dubbio la regola dei loro costumi,

e la pratica della lor vita s privata che pubblica.


Ad ottenere il quale intento, giover innanzi tutto, com' chia

ro, l'autorit dell'esempio delle classi pi eminenti per nascita,


per intelligenza e per carica, soprattutto se ecclesiastica. Chi non

sa, che i popoli vivono di esempio, e si modellano sopra quei che


seggono pi alti, e che son riputati duci e maestri nella virt e
nel bene? Or, se i modelli son falsi, se le lucerne, invece di dar

splendore, son spente o falsamente luminose, allora a che parlare


ai popoli di temperanza e di purezza di costumi, quando costoro
veggono che niuno men puro e temperato degli uomini felici del
secolo? Come persuaderli, che il massimo bene consiste nell' os
servanza della virt, quando vedono questa pubblicamente spreg
giata dagli uomini pi eminenti? Dinnanzi ad esempi venuti dal
sommo della societ, la morale viene man mano indebolendosi, sic

ch i popoli abbandonandosi agl'istinti dei sensi, alle voci delle


passioni, alle insinuazioni dei tristi, di che non si mai penuria,

giungono a non sentir pi rispetto delle leggi e dei diritti. Allo


ra, il brigantaggio diverr sistematico, e durer in eterno col treno
spaventevole di saccheggi e di stragi.
Quindi giover senza dubbio al nostro intento, primamente la
scelta di buoni e zelanti parroci nei nostri Casali i quali, colla
loro carica, esercitando sulle masse la pi grande influenza mo
rale, possono impedire de' grandi mali, e promuovere al tempo
stesso ogni sorta di beni. Sol che spiegano loro la Bibbia, quel
libro divino, tanto per alusato ed alterato dagl'ignoranti, vi tro
veranno nondimeno i popoli di che istruirsi cos circa i loro diritti
e libert individuali, quanto circa i loro doveri e pratiche virt.

Ond', che la loro scelta la cosa da prendersi in seria consi

32

derazione da quanti amano la tranquillit ed il benessere di que


sta provincia, or pi or meno, ma sempre infestata dal brigan
taggio. Ma sar pur necessario, per dirla di passaggio, che la
loro persona sia indipendente, sia libera, e non costretta, come

vedesi spesso, ad accattare il pane dal suo popolo.


In secondo luogo, giover pure al nostro scopo il promuovere,
merc la persuasione, le regole del culto esteriore. Intorno al che,
piacemi di trascrivere le parole istesse d'un gran pensatore fran
cese, qual' Gustavo Rambot. Ordunque, la pratica del culto
per lo meno un atto di umilt e di eguaglianza, e quando an
a che non avesse che questo doppio carattere, gli amici dell'uma
nit non dovrebbero allontanarsene, e sarebbe loro dovere con

siderarlo come un avviamento alla fusione delle classi, nulla po


tendo ravvicinare gli uomini quanto la pratica dei medesimi usi .
La classe numerosa, egli continua, ha il gusto e l'istinto del
culto; se essa n' allontanata in alcuni luoghi, ci dipeso
dalle cattive dottrine, dai cattivi libri, dalla mancanza d'inse

gnamento religioso . . . Parole profonde, che dovrebbero ben


ponderare coloro, che giudicano troppo leggiermente delle cose.
Da ci si vede, che l'esercizio del culto esteriore, oltre il suo

scopo religioso, benanco uno scopo morale e civilizzatore, e


solo saranno capaci di disprezzarlo degli spiriti mediocri o superbi.
Se mi sono alquanto disteso sul presente argomento, si per
ch la cosa sommamente necessaria al benessere sociale la pub
blica morale, per non lamentarne il decadimento presso le nostre
masse casalesi, e per non reclamare tutt i mezzi che sono in po
tere dell' autorit, onde rialzarla al pi possibile. Dopo di che, ec
comi ad altro argomento.
S. 3. Vagabondi e Forzati.

Io riunisco sotto la stessa categoria gli uni e gli altri, perch


ambedue son degli esseri pericolosi alla societ. I primi, non a
vendo domicilio fisso, non legati da relazioni sociali, senza proprio

mestiere, sono i veri nomadi degli antichi tempi, i quali vivono

33

dell' altrui, o d' un modo o di un altro. I secondi addimesticati,

durante la loro carcerazione, con tutt i delitti, diventano, dopo


la loro liberazione o la fuga, il flagello ed il terrore delle citt.
Per sventura, i nostri Casali debbono sovente sperimentare tanto
gli uni che gli altri esseri malefici, i quali servono a raggranel
lare il brigantaggio. 0r, qual'espediente saravvi, per troncare sul
bel principio coteste fila della tela brigantesca? Qual mezzo, per
ridurre cotesti uomini dalle passioni disordinate all' impotenza di
riprendere novellamente il lor mestiere da briganti?
Io so, che i nostri filantropi si studiano, da qualche tempo, a
trovar modo da moralizzare quegli esseri disgraziati, che i loro
delitti n condannato a passare, fra le catene, il meglio della loro
vita. Quindi, alle antiche prigioni, ove i miserabili stanno stivati
a truppe, si sono sostituite, a spese di milioni, delle prigioni cel
lulari, nelle quali son eglino condannati ad un disperato isolamen
to; tuttavolta, come osserva l'illustre Gustavo Rambot, la con

versione dei condannati tuttora il romanzo della filantropia.

Non si pu comprendere, prosegue egli stesso, che degli scrit


tori i quali debbono aver studiato l'uomo pria di far i loro si

stemi, abbiano tanta dabbenaggine da credere che un carcerie


re, un soprastante, un prete e una lettura edificante possano
trasformare in onesto uomo uno scellerato il quale da pi te
neri anni stato irresistibilmente trascinato al furto o all'omi

cidio, malgrado la vigilanza dei genitori, malgrado i mille mezzi


impiegati per mantenerlo nella buona via .
Difatti, come osserva lo stesso illustre pensatore, la riunione
nelle nostre consuete prigioni pervertisce la gente che vi si trova
condannata; ma l'isolamento nelle cellulari compie la sua demoraliz
zazione. Col, l' ozio prolungato la condanna all'ozio eterno; qua,
il lavoro forzato ed obbligatorio le incute piuttosto orrore alla fa
tica; ed infine il perpetuo silenzio, al quale condannata nelle
cellulari per lei cos mortale e crudele, quanto nelle altre pri
gioni, la conversazione continua e le catene ai piedi non fanno che
irritarla ed inferocirla. Adunque, invano si ricercano i mezzi di
migliorare la morale dei condannati nel recinto d' una prigione,
4

34
Il lavoro soltanto foriero di ricompensa, conchiude l'illustre Ram
bot, pu emendare una morale perversa. Per la quale cosa, egli
propone alla Francia: Io non potrei proporre la stessa cosa all'Italia:
Che si dispongano delle manifatture nelle quali il condannato possa
lavorare, non come si lavora in una cella, in cui l'opera manca
di mezzi e d'incitamento, ma come lavorasi nelle officine in cui

un mutuo concetto produce gli utili; si stabiliscano in lontane


contrade delle imprese agricole, e tosto che il condannato avr

ro

la prospettiva di redimersi merc il lavoro, e di avere una pic


cola pensione di ritiro, egli prender la risoluzione di non pi
trasgredire le leggi.
lo fo plauso a questo umanitario progetto, il solo capace di mo
ralizzare questa classe disgraziata di uomini la quale mentre costa
molti milioni alle nostre finanze, o muore stentata sotto il peso

delle catene e delle fatiche, o ritorna in libert, ma pi perver


tita ed incrudelita di prima.
Tuttavolta, ci non che un semplice proggetto, un desiderio,
il quale chi sa quando potr venir appagato e messo in atto. Per
ora, il mezzo pi spedito da prevenire il disordine, del quale si
discorso al presente, sarebbe quello, a mio credere, di prescrivere
che i forzati non potessero rientrare nel propri paesi, od in altri

che siano, se non dopo data mallevaria da un proprietario circa la


loro esatta conformit alle leggi, e che i Sindaci rispondano cos
di essi, che dei vagabondi in generale.
S. 4. Delle Casse di risparmio.
Questo bel ritrovato dei nostri tempi, il quale gi vedesi in tutta
Europa sparso e favorito, oltre il suo scopo economico e lucrati
vo, va pure distinto pel suo scopo morale; qual quello di edu

care man mano la gente del popolo (la quale vive pi d'ogni al
tra alla spensierata) al risparmio ed all'economia, merc la pro
spettiva d' un futuro guadagno. Adunque, non dir nulla de van
taggi economici i quali si attingono dall'individuo e dalla Societ
in massa da questo nobile ritrovato, perch son troppo manifesti

35

per se stessi, in modo ch' esso gode da per tutto del pi grande
favoritismo; ma dir solo, che nissuna cosa potr meglio educar

l'animo abituato alla impreveggenza a vivere con parsimonia e con


delle privazioni, quanto la prospettiva d'un sicuro guadagno, che
trover nella sua vecchiezza, quando vien meno la forza ed il la

voro, o nei giorni de' suoi pi pressanti bisogni. Laonde, trovan


dosi gi fondata in Cosenza una Cassa di risparmio, giover senza
dubbio fare intendere ai nostri popolani casalesi, quanto loro torni
vantaggiosa una s grande istituzione, cos dal lato dell' utile per
cuniario, che della privata morale.

Si dir dai nemici d'ogni buona istituzione, solo perch nuova,


ch' essa punto non giova a coloro che vivono alla giornata. Ma io
rispondo che, a profitto della gente del popolo precipuamente, sono
state fondate le casse di risparmio.
CAPO V.
Mezzi materiali.

Il migliore di tutt'i soccorsi si


il travaglio che uccide l' oziosit.
UN EcoNoMIsTA.

Ad allontanare dalla nostra provincia il flagello del brigantag


gio, giover non solo l'istruzione educativa e civilizzatrice, la pub
blica morale rialzata, il vagabondaggio eliminato, l'immegliamento
delle nostre case di condanna; ma necessario ancora, che le no
stre genti casalesi potessero ritrovare, senza molto stentare, dei

mezzi di sussistenza, di che sentono difetto nei propri paesi. Per


la qual ragione, esse son costrette ad emigrare in grandi carova
ne, in ogni anno, in cerco di lavoro, per fino nelle rimote pro

vincie della Sicilia, delle Puglie, degli Abruzzi ed altrove ,

forse

cn danno benanche della morale. Chi non sa che la povert, la


vita stentata, le difficolt a trovar i mezzi di sussistenza furono

36

sempre e saranno pravi consiglieri al male? Laonde, aggevolare


i mezzi da vivere ai nostri popolani casalesi, sarebbe non solo 0

pera umanitaria, ma ancor patriottica, in quanto che varrebbe a


preservare la nostra provincia dalla peste del brigantaggio. Av
vegnacch, io tengo per certo, che se ogni uomo, salve le poche

eccezioni che disonorano l'umana natura, avesse per se un mog


gio di terra da coltivare, preferirebbe certamente la vita pacifica,
laboriosa ed onorata a quella per l' opposto errante dei delitti e
dell'ignominia.

Ma in qual modo provvedere a tal difetto? Quali sarebbero i


mezzi pi aggevoli da immegliare la condizione materiale dei no

stri popoli casalesi? Ecco, di che vado ad occuparmi al presente.


S. 1. Ripartizione delle Terre Silane.
Assai diversa della presente la era certamente la condizione dei
nostri casali, quando il vastissimo agro silano dell' estensione di

299511 moggia, pari ad ettari 100785, are 45 e metri quadrati


15, era diviso in comuni e difese, appartenendo i comuni alla citt
di Cosenza e suoi casali, e le difese a privati personaggi, sia per
diritto di occupazione, sia per parlamentaria concssione. Allora,
i casalesi, come padroni, poteano ivi comodamente seminar la se
gala, pascolare i loro animali, tagliar le legna per ardere senza
ostacolo di sorta, avendo cos di che vivere nel proprio territorio,
e senza esser costretti a chiedere di qua e di la il pane della sus
sistenza. Per, col passar dei secoli, e per le politiche vicende,
si mut la loro condizione. I loro diritti originari andaron perdu

ti, il lor vivere si rese stentato e miserabile; quindi, da parte lo


ro, un continuo lamentarsi dei proprietari silani, cui non rispar
miano il titolo di usurpatori e prepotenti; un reclamare incessante
i loro comuni; infine cupi rancori, e vendette or sopite e ma

scoste, or furenti e manifeste. questa la cagione, per cui so


venti volte, come ricorda la nostra storia contemporanea, la nostra
Calabria stata lacerata dal pi feroce brigantaggio. E quel che

pi addolora ogni animo che sente amor di patria, si che tal

37

vertenza di grave importanza, pi volte messa sul banco per es


ser definita, dopo molti secoli tuttora sub judice.
La nostra gente casalese, non gi come quella dell'antica Roma
sempre chiedente panem et circenses, ma invece per natura intel
ligente, laboriosa, spernante d'ogni giogo e soverchieria, ed amante

di libert, chiede lavoro per vivere; ed il suo lavoro, lungi di ri


cercarlo altrove, l' offerto dall'agro silano, il quale era un tempo
sua propriet e retaggio dei suoi maggiori, e che pur nondimeno

le vien ora contrastato. La qual cosa deve disporlo ragionevolmente


alla collera ed all' ira coi vicini e coi lontani.

Sarebbe adunque di sommo interesse per la pubblica quiete, che


cotesta vertenza, gi ognor fomite di brigantaggio, abbia in fine
il suo termine; che la giustizia trionfi pur una volta, dando a
ciascuno il jus suum; che venga cos il proprietario garentito del
possesso delle sue difese, come il casalese messo in possesso dei
suoi comuni. Allora, questa gente, la quale tiene fama di gente

brigantesca, si vedr pacifica aspergere de' suoi sudori quella terra


che riguarder come propria. Terr il lavoro come cosa sacra ed
onorata, e per l'opposto la vita da brigante, come cosa iniqua

ed ignominiosa. In tal guisa, questo flagello, che desolato si spesso


la nostra Calabria, ed cosparso di lordure la nostra storia pa
tria, sar (lo spero) eliminato per sempre dai nostri recinti.
S. 2. Bonificazione del Crati.

E poich trattasi qu di trovar modo da immegliar la condizione


materiale dei nostri casali, io non v dimenticare di discorrere bre

vemente sulla prosperit che verrebbe alla nostra provincia dalla


bonificazione dei vasti terreni, che il sovrano de' nostri fiumi, il
Crati, da moltissimi anni, tolto all' agricoltura. Avvegnacch, io
tengo per certo che ove si avessero per un popolo eminentemente
agricolo, qual' il calabrese, dei terreni in abbondanza da colti

vare, la prosperit regnerebbe certamente nel suo seno, e non gi


il brigantaggio.
0r, percorrete col vostro occhio il Crati da Cosenza sin alla

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sua imboccatura nel mar Ionio, voi lo troverete, nella sua dritta

sponda, inondare tutte le adiacenti pianure del Vallo, alle quali


sovrastano Castiglione, Rose, Luzzi, Bisignano, in sino che giunge
allo stretto sotto Tarsia. E facendovi a riguardarlo nella sua sponda

sinistra, dopo la confluenza del fiume Mavigliano, lo vedrete insi


gnorirsi delle belle pianure sottoposte ai paesi Montalto, Lattari
co, Torano, San Marco e Tarsia sin allo stretto sovrindicato. Per
lo che, tutte le contrade, dopo la confluenza del fiume Finita, de
nominate Fontana del fico, Macchia della Tavola, Taverna del Gelso,

Frassia, Cortopasso, Conicella e Terramoni di Tarsia, sono in tutto


sommerse dalle inondazioni del Crati, e quindi tolte all'agricoltura
ed all'industria. 0r, le sopra dette contrade annualmente inondate
e sommerse dalle sue acque, giusta le misure praticate da persona
intelligente dell' arte, ammontano a moggia di antica misura na
politana 13665 28, le quali corrispondano a moggia legali 66150:
estensione molto considerevole per una provincia, la quale conta
quattro a cinque cento mila abitanti, tutti laboriosi, non pochi dei
quali son costretti ad emigrare in lontani paesi, per procacciarsi
il pane del sudore.
Dopo ci, seguite ancora il corso del Crati, dopo che si apre
il passaggio per la valla di Terranova, e si slarga maestosamente
per le vaste pianure, le quali appartengono a Terranova, Santaso
fia, San Demetrio, Corigliano, sin alla sua foce nel Ionio, lo ve
drete del pari sommergere, colle sue copiose acque, le contrade
dette Galatrella, S. Basile, Gabelluccia, Sonzo, Paturso, Carlocur

to, Torella e Foggia, per la lunghezza di miglia 16 e per la lar


ghezza media di 4,5 di miglio; s che si avr un'altra estensione
di miglia quadre 12 45, pari a moggia napolitane 12958 48, o
moggia legali 62716, 72 tutte soggette alla devastatrice inondazione
di questo fiume. E addizionando queste colle precedenti moggia, ec
covi una estensione di moggia legali 128866, 72 la quale va per
duta per l'agricoltura e per tante migliaia di laboriosi calabresi,
ai quali neg fortuna un palmo di terra da coltivare.
lo tenni altra fiata discorso sul presente argomento in una mia
Memoria, pubblicata nel 1855, ed inserita negli Atti della Societ

30

Economica di Cosenza, discorrendo intorno ai mezzi tanto per im


pedire gli ulteriori sversamenti del Crati, quanto per restituire
novellamente all'agricoltura i terreni gi devastati dalle sue an
nuali inondazioni. Adesso mi dato di ritornare sullo stesso ar

gomento in tempi migliori, nei quali la parola del cittadino non


pi un semplice suono che passa, ma invece un concetto che il

lumina la mente dei Governanti; in tempi, ne' quali lo stesso Go


verno dichiara di volere in realt l'immegliamento de' suoi popo
li, e mette mano al tempo stesso ad opre veramente gigantesche;
in tempi, in cui un nuovo genio pare che agiti tutt'i popoli e li
spinga ad uscire dal lor cadaverico latargo, ed in cui delle Societ
di uomini arditi offrono i loro talenti e le loro ricchezze, per
mandare in atto delle opere generose, le quali invano potrebbero
eseguirsi dai privati. In questi tempi che corrono a bene del
l'Italia, io alzo di bel nuovo la mia voce, per volgere una cal
da parola di preghiera alla saggezza del Consiglio provinciale
amministrativo, all'Autorit del Governo, con dir loro: solle

citate al pi presto possibile questa opera eminentemente salu


tare, qual' la bonificazione del Crati, ch farete la prosperit non
mai peritura di questa provincia. Che s' invitino, quando non si
possa altrimenti, delle Compagnie d'intraprenditori, d'ogni luogo
che siano, per assumere sopra di se questo compito, ch sar sem
pre grande l'utile che tornerebbe alla nostra Calabria. E tanto pi
sarebbe necessit di sollecitare l'attuazione di questa opera, in quanto
che, per difetto di terreni seminatori, si giunto tra noi all'in
sensata abitudine di distruggere i boschi d'ogni genere, per ad

dirli momentaneamente a semina; e ci con grave danno dell'agri


coltura, della salute pubblica, e colla rovina degli altri terreni sot
toposti, a causa delle continue escrescenze dei fiumi e dei torren
ti. Gravissimo male, cui non ponendosi riparo, finir con ingoiare
e distruggere tutte le nostre ricchezze agricole.

40

S. 3. Quotizzazione delle terre demaniali

ed altri provvedimenti.

Allorquando nell'antichit e nel medio-evo la carit cristiana re


gnava da regina nei cuori degli uomini, e spingeva i grandi pos
sidenti a fare un santo uso delle loro ricchezze, alleviando paesi
saccheggiati, edificando tempi consecrati al culto dell'Onnipossente,
ospizi per raccogliere le vittime del bisogno e della persecuzione,
o dei ricoveri per ricevere ogni maniera d'indigenti, lo spirito di
propriet esser dovea nelle masse men prepotente e tormentoso.
Avvegnacch, in tutt' i lor bisogni, trovavano elle di che esser
provvedute prontamente ed a sufficienza. Ma dopo che, col passar
dei secoli, la carit cristiana cadde generalmente in languore, ed
in suo luogo sottentr l'egoismo e l'avidit, si fatto per con
seguenza pi sentito nei popoli lo spirito di propriet; e l'eterna
quistione e perch vi debba essere chi debba possedere due milioni
di reddito, per occuparsi a trovar modo da spenderli, ed altri che
debba vivere nelle tane e lavorar nella putredine per trovar mezzo
di sussistenza risorta nei nostri tempi a tormentare pi viva

mente gli spiriti. Quistione d'altronde antichissima la quale, ora


sotto un nome, ora sotto un altro, si affacciata incessantemente

all'umano pensiero, e che dato luogo talvolta a grandi rivolgi


menti sociali, come pure a grandi riforme legislative. Su questo

proposito scrive l'illustre pensatore Gustavo Rambot: incon


trastabile che gli ordini superiori sono in oggi pi morali di

quello ch'erano negli ultimi secoli; ma hanno nondimeno a fare


molti progressi. Lasciate in balia del lor proprio buon senso
le masse non si sdegnano pi per diritti politici, ma tendono
ad odiare i ricchi, a meno che l'utile impiego della riccchezza
non ne faccia perdonare il possesso .
Laonde, per far cessare questo lungo lamento dei popoli e que
st odio per altro ingiusto contro le classi elevate, per conciliare
tra loro una stima ed un rispetto maggiori, io proporr due co
se, non muove in verit, anzi ridette d'altri, le quali non costano
5

mica n eroismo, n sacrifizi.

41

La prima: che trattandosi di vastissime tenute, le quali talvolta


i proprietari lasciano incolte per mancanza di braccia, o per altre
ragioni, gioverebbe dividerle in porzioni mediocri, e cederle a li
vello, a censo, ad enfiteusi, con discreto peso, a quei casalesi che

le possono lavorare, e che mancano d'un palmo di terra per vi


vere. Sarebbe questa un'opera patriottica ed utile al tempo stesso
all'agricoltura.
La seconda: sarebbe ancora opera vantaggiosa di dividersi in

piccole quote le terre demaniali provvenienti dagli Enti morali sop


pressi, de quali si gi determinata la vendita ad asta, acci lo
acquisto di esse non fosse ristretto ai soli ricchi, ma favorisse be
manco coloro, ai quali l'industria o l'economia avr accordato un
piccolo capitale.
lo so, che degli Economisti si dichiarano avversi al sistema dei

piccoli fondi, ed invece favoriscono quello dei latifondi, in quanto


che in questi pu meglio attuarsi ogni maniera di agricoltura ed
ogni ramo d'industria; ma so pure che ogni bella teoria debbe
cedere il suo posto al pubblico bene.
Nell' un modo e nell'altro, i nostri casalesi, i quali infine non
son tutti quanti dei pitocchi o mendici, troveranno da immegliare
la loro condizione materiale, e per conseguenza da rinunziare be

manco alla folle tentazione di abbracciare il mestiere da brigante.


Io qu non parlo delle casse agrarie e del monti frumentari, o

pere utili in verit, quando non fossero circondate da soverchie le


galit, perch dispenserebbero il popolo casalese di cadere, nei suoi
bisogni, nelle mani degl'ingordi usurai; per inutili, quando i po
poli avranno per se delle terre per lavorare e per vivere como
damente.

Ai mezzi cos morali che materiali gi esposti di sopra, io non


voglio preterire di aggiungere che, fin a quando non avr luogo
questa nuova palingenesia del popolo calabrese, d'uopo che il
brigantaggio sia prontamente e severamente punito. Il nostro po
polo, qual' ora educato, bisogno di pene che scuotano la sua
fantasia, qual il patibolo Ogni altra pena riesce forse men
dura ad uomini condannati, sin dall'infanzia, ad una vita piena di
5

42

disaggi e di miserie, quali sono per ordinario i nostri popolani ca


labresi. Ove il male grave e potente, d'uopo di rimedi ener

gici per estirparlo. Adunque, mentre l'istruzione e l'educazione


lavorano nella mente e nel cuore delle nostre masse, il timore della

morte lavorando al tempo stesso sulla loro fantasia, sar possibile,


che alla fin fine questa cancrena desolatrice sia estirpata fin dalle
sue radici dal nostro calabro suolo (").

Io non nego infine, che queste mie riflessioni sul brigantaggio ca


labro non contengano per ora che dei semplici voti o desideri per
l'immegliamento morale e materiale del mio paese. Ma se verr
tempo, che tutti o parte di essi avr il suo pieno accompimento,
allora grider, se pure avr voce, beato il popolo calabrese. Tut
tavolta, son costretto conchiudere, che la piaga del brigantaggio
che infetta i nostri casali, o meglio la calabra provincia, pi
profonda radice di quella che vuolsi credere da taluni; che per con
seguenza, vivendo noi in tempi, in cui l'idee camminano con gram
de velocit, fa d'uopo provvedervi prontamente per via di miglio
ramenti; che infine il pi grande miglioramento lo quello di e

stendere la ricchezza individuale al maggior numero d'individui,


nei modi accennati di sopra. In somma, istruire e moralizzare le
nostre masse casalesi, immegliare la loro materiale condizione,
d' onde segue il lor amore al bene ed all' ordine, la finale con

clusione delle mie sovra esposte riflessioni.


Agosto 1864.

F IN E

(*) Contro la pena di morte oggid un gridar di moda. Per le mode


passano, ed i principi saranno eterni e rispettati universalmente. Uno di
cotesti principi si che cum grassantur delicta, il Dritto pubblico della

societ richiede delle pene, che presto e con apparato scuotano la fantasia.
Togliete questa ed altre fucine di scelleragini, e la pena di morte cadr da s.

I N D| C E

PAG,
Occasione dell' opera . . .
1. Origine e localit dei Calabresi propriamente detti
Cagioni che favoriscono il Brigantaggio. .
. Vera origine del Brigantaggio .
. Mezzi morali per estirparlo . .

Capo
Capo
Capo
Capo

bo

3
4
6
15
20

20

Morale pubblica . . . . . .
. Vagabondi e forzati . . . .
. Delle Casse di risparmio . . .

30

. Scuole popolari o primarie .

Mezzi materiali .

32
34

35

. Ripartizione delle terre silane .

36
M)

Bonificazione del Crati .

37

. Quotizzazione delle terre demaniali ed altri prov


vedimenti .

40

) i 22

\
-

21

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