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Si trovano con il testo italiano a fronte, alcuni brani del libro De officiis di Cicerone che sono molto rilevanti rispetto al modo di essere caratteristico dei Romani.
Si trovano con il testo italiano a fronte, alcuni brani del libro De officiis di Cicerone che sono molto rilevanti rispetto al modo di essere caratteristico dei Romani.
Si trovano con il testo italiano a fronte, alcuni brani del libro De officiis di Cicerone che sono molto rilevanti rispetto al modo di essere caratteristico dei Romani.
DE ROMANORUM INDOLE: DEQUE SOCIETATIS ET HUMANITATIS PRAESTANTIA
QUID HOMINES INTER SESE CONIUNGAT
COSA RADUNA GLI UOMINI TRA DI LORO
I [50] Optime autem societas hominum coniunctioque
servabitur, si, ut quisque erit coniunctissimus, ita in eum benignitatis plurimum conferetur. Sed quae naturae principia sint communitatis et societatis humanae, repetendum videtur altius. Est enim primum quod cernitur in universi generis humani societate. Eius autem vinculum est ratio et oratio, quae docendo, discendo, communicando, disceptando, iudicando conciliat inter se homines coniungitque naturali quadam societate, neque ulla re longius absumus a natura ferarum, in quibus inesse fortitudinem saepe dicimus, ut in equis, in leonibus, iustitiam, aequitatem, bonitatem non dicimus; sunt enim rationis et orationis expertes.
[51] Ac latissime quidem patens hominibus inter ipsos,
omnibus inter omnes societas haec est. In qua omnium rerum, quas ad communem hominum usum natura genuit, est servanda communitas, ut quae discripta sunt legibus et iure civili, haec ita teneantur, ut sit constitutum e quibus ipsis, cetera sic observentur, ut in Graecorum proverbio est, amicorum esse communia omnia. Omnium autem communia hominum videntur ea, quae sunt generis eius, quod ab Ennio positum in una re transferri in permultas potest: Homo, qui erranti comiter monstrat viam, Quasi lumen de suo lumine accendat, facit. Nihilo minus ipsi lucet, cum illi accenderit.
UTRUM SCIENTIA SIT IUSTITIAE
ANTEPONENDA
I, 50 Manterremo pi saldi i legami sociali se saremo
soprattutto generosi verso chi ci pi strettamente legato. Ma bisogna rifarsi pi da lontano, per esaminare quali sono i principi naturali della comunit umana. Il primo quello te appare nella stessa universale famiglia degli uomini collegati dalla ragione a dal linguaggio, the con 1'insegnare avvicinano fra loro gli uomini tutti riunendoli in un'associazione naturale. N per altro ci differenziamo maggiormente dalle bestie, nelle quali spesso diciamo di trovare il coraggio, come nei cavalli a nei leoni, ma non troviamo la giustizia, 1'equit a la bont, poich sono privi di ragione a di linguaggio. 51 Questa, dunque, la pi ampia forma di societ che esista, in quanto comprende e unisce tutti gli uomini con tutti gli uomini: in essa, quei beni che le leggi e il diritto civile assegnano ai privati, siano dai privati tenuti e goduti come appunto le leggi dispongono; ma tutti quegli altri beni che la natura pro duce per il comune vantaggio degli uomini siano tenuti e goduti dagli uomini come patrimonio di tutti e di ciascuno, cos come raccomanda il proverbio greco: Gli amici hanno tutto in comune con gli amici. E comuni a tutti gli uomini sono evidentemente quei beni che appartengono a quel genere che, simboleggiato da Ennio in un singolo esempio, pu facilmente estendersi a moltissimi altri casi: L'uomo che mostra cortesemente la via a un viandante smarrito, fa come se dal suo lume accendesse un altro lume. La sua fiaccola non gli risplende meno, dopo che ha acceso quella dell'altro. SI DEVE ANTEPONERE GIUSTIZIA?
LA
SCIENZA
ALLA
I, 153 Ora appunto io credo che siano pi conformi alla
natura quei doveri che derivano dalla socievolezza che non quelli che derivano dalla sapienza; e lo si pu comprovare con quest'argomento, che, se il sapiente avesse in sorte una I [153] Placet igitur aptiora esse naturae ea officia, tal vita che, affluendogli in grande abbondanza ogni bene, quae ex communitate, quam ea, quae ex cognitione potesse meditare e contemplare tra s in santa pace le pi alte ducantur, idque hoc argumento confirmari potest, e nobili verit, tuttavia, se la solitudine fosse cosi grande da quod, si contigerit ea vita sapienti, ut omnium rerum non veder mai faccia d'uomo, finirebbe col rinunziare alla affluentibus copiis [quamvis] omnia, quae cognitione vita. Poi, quella sapienza, signora di tutte le virt, che i Greci digna sint, summo otio secum ipse consideret et chiamano sophian (da non confondersi con la prudenza, che i contempletur, tamen si solitudo tanta sit, ut hominem Greci chiamano phronesin e che io definirei la conoscenza di videre non possit, excedat e vita. Princepsque omnium ci che si deve cercare o f uggire); quella sapienza, dunque, virtutum illa sapientia, quam sophian Graeci vocant-- che ho chiamato signora, altro non che la scienza delle cose prudentiam enim, quam Graeci phronesin dicunt, divine e umane e in se comprende gli scambievoli rapporti tra aliam quandam intellegimus, quae est rerum gli dei e gli uomini e le relazioni degli uomini tra di loro. expetendarum fugiendarumque scientia; illa autem Ora, se questa virt , com' senza dubbio, la maggiore fra sapientia, quam principem dixi, rerum est divinarum et tutte, ne viene di necessit che il dovere, che dall'umana 1
humanarum scientia, in qua continetur deorum et
hominum communitas et societas inter ipsos; ea si maxima est, ut est, certe necesse est, quod a communitate ducatur officium, id esse maximum. Etenim cognitio contemplatioque [naturae] manca quodam modo atque inchoata sit, si nulla actio rerum consequatur. Ea autem actio in hominum commodis tuendis maxime cernitur; pertinet igitur ad societatem generis humani; ergo haec cognitioni anteponenda est.
convivenza deriva, fra tutti il maggiore. E invero la
conoscenza e la contemplazione dell'universo , in certo qual modo, manchevole e imperfetta se nessun'azione praticala segue. Ma l'azione pratica si esplica soprattutto nella difesa dei beni comuni a tutti gli uomini; riguarda, dunque, la convivenza del genere umano. L'azione, pertanto, da anteporre alla scelta. 154 Ogni uomo perbene pensa cos dimostra col fatto. Chi infatti cosi innamorato dello studio della natura che, annunziandogli, mentre intento a studiare cose importantissime, che un gravissimo pericolo minaccia la [154] Atque id optimus quisque re ipsa ostendit et patria, alla quale egli pu portare soccorso, non trascuri a iudicat. Quis enim est tam cupidus in perspicienda abbandoni ogni cosa, anche se pensi di poter numerare tutte cognoscendaque rerum natura, ut, si ei tractanti le stelle a misurare la grandezza della terra? Ed altrettanto contemplantique res cognitione dignissimas subito sit sarebbe, trattandosi del1'interesse o del pericolo del padre allatum periculum discrimenque patriae, cui subvenire suo, o di un amico. opitularique possit, non illa omnia relinquat atque 155 Da tutto ci si comprende che agli studi e ai doveri della abiciat, etiamsi dinumerare se stellas aut metiri mundi scienza si devono anteporre i doveri della giustizia, i quali magnitudinem posse arbitretur? atque hoc idem in hanno per fine la fratellanza umana, che dev'essere il parentis, in amici re aut periculo fecerit. supremo ideale dell'uomo. Nemmeno coloro the dedicarono [155] Quibus rebus intellegitur, studiis officiisque la vita a gli studi alla scienza si disinteressarono della utilit a scientiae praeponenda esse officia iustitiae, quae della felicit degli uomini; poich insegnarono a molti a pertinent ad hominum utilitatem, qua nihil homini esse divenire cittadini migliori a pi utili alla patria, come il debet antiquius. Atque illi ipsi, quorum studia vitaque pitagorico Liside al tebano Epaminonda, Platone a Dione di omnis in rerum cognitione versata est, tamen ab Siracusa e cos molti altri; quanto a me, tutto il contributo the augendis hominum utilitatibus et commodis non io ho recato allo stato, qualunque esso sia, dovuto all'essere recesserunt. Nam et erudierunt multos, quo meliores io entrato nella vita politica, indirizzato a preparato da dei cives utilioresque rebus suis publicis essent, ut maestri a dal loro insegnamento. Thebanum Epaminondam Lysis Pythagoreus, 156 E questi uomini, non solo finch son vivi e presenti, Syracosium Dionem Plato multique multos, nosque istruiscono e ammaestrano gli spiriti avidi di sapere, ma ipsi, quicquid ad rem publicam attulimus, si modo anche dopo morti ottengono il medesimo effetto con le loro aliquid attulimus, a doctoribus atque doctrina instructi immortali scritture. E invero essi non tralasciarono nessuna questione che riguardasse le leggi, la morale, il buon governo ad eam et ornati accessimus. dello Stato, s che pu dirsi che consacrarono i loro studi [156] Neque solum vivi atque praesentes studiosos privati al bene della nostra vita pubblica. Cos anche quei discendi erudiunt atque docent, sed hoc idem etiam sapienti, dediti agli studi scientifici e filosofici, arrecano post mortem monumentis litterarum assequuntur. Nec principalmente al bene comune il contributo del loro ingegno enim locus ullus est praetermissus ab iis, qui ad leges, e della loro saggezza. E per la stessa ragione, anche qui ad mores, qui ad disciplinam rei publicae l'eloquenza, purch illuminata dal pensiero, val pi di una pertineret, ut otium suum ad nostrum negotium speculazione quanto mai acuta, ma che non sa esprimersi; contulisse videantur. Ita illi ipsi doctrinae studiis et perch la speculazione si chiude in se stessa, mentre sapientiae dediti ad hominum utilitatem suam l'eloquenza abbraccia tutti coloro che un comune vincolo intelligentiam prudentiamque potissimum conferunt; unisce e affratella. ob eamque etiam causam eloqui copiose, modo 157 E come gli sciami delle api non si uniscono fra loro per prudenter, melius est quam vel acutissime sine formare favi, ma li costruiscono perch sono per natura eloquentia cogitare, quod cogitatio in se ipsa vertitur, portati a radunarsi, cos gli uomini, e a maggior ragione, eloquentia complectitur eos, quibuscum communitate riuniti per natura con vincoli socievoli, impiegano la loro iuncti sumus. ingegnosit di pensiero a di azione. La conoscenza quindi, se virt costituita dall'obbligo di [157] Atque ut apium examina non fingendorum non congiunta alla favorum causa congregantur, sed cum congregabilia proteggere gli uomini, cio da quella the risulta dalla socialit natura sint, fingunt favos, sic homines, ac multo etiam del genere umano, sar cosa povera a fine a se stessa; allo magis, natura congregati adhibent agendi cogitandique stesso modo che la grandezza d'animo, che non si proponga il sollertiam. Itaque, nisi ea virtus, quae constat ex bene dell'umanit, sembra quasi bestialit a mostruosit. Cos 2
hominibus tuendis, id est ex societate generis humani,
attingat cognitionem rerum, solivaga cognitio et ieiuna videatur, itemque magnitudo animi remota communitate coniunctioneque humana feritas sit quaedam et immanitas. Ita fit, ut vincat cognitionis studium consociatio hominum atque communitas.
avviene che i doveri verso la societ umana sono superiori
all'amore del sapere. 158 E non vero quel che dicono certi filosofi: La societ umana ha avuto origine dalle necessit della vita, perch noi, senza l'aiuto degli altri, non potremmo n ottenere n provvedere quel che la natura richiede. E se, come suol dirsi, una bacchetta magica ci procurasse tutte quelle cose che servono ai bisogni e agli agi della vita, ogni uomo di pi [158] Nec verum est quod dicitur a quibusdam propter felice ingegno lascerebbe da parte ogni altro affare per necessitatem vitae, quod ea, quae natura desideraret, dedicarsi tutto alla speculazione e alla scienza. Ma no, non consequi sine aliis atque efficere non possemus, cos: costui fuggirebbe la solitudine e si cercherebbe un idcirco initam esse cum hominibus communitatem et compagno di studio; vorrebbe insegnare e imparare, vorrebbe societatem; quodsi omnia nobis, quae ad victum ascoltare e parlare. Ogni dovere, adunque, che valga a cultumque pertinent, quasi virgula divina, ut aiunt, preservare la societ e la fratellanza degli uomini da suppeditarentur, tum optimo quisque ingenio negotiis anteporsi a quel dovere che inerente all'attivit del pensiero. omnibus omissis totum se in cognitione et scientia collocaret. Non est ita. Nam et solitudinem fugeret et SULLUTILITA DELLE COSTRUZIONI socium studii quaereret, tum docere, tum discere vellet, tum audire, tum dicere. Ergo omne officium, II, 60 Ma ci sono ancora altre spese assai pi degne: quelle quod ad coniunctionem hominum et ad societatem appunto che si sostengono per opere di pubblica utilit, come tuendam valet, anteponendum est illi officio, quod le mura, gli arsenali, i porti, gli acquedotti. E' ben vero che cognitione et scientia continetur. quello che si d l per l, e quasi alla mano, riesce pi gradito; ma queste opere pubbliche ci acquistano maggior favore per l'avvenire. Quanto ai teatri, ai portici, ai templi nuovi, io, per DE AEDIFICIORUM UTILITATE un riguardo a Pompeo, li biasimo con una certa riluttanza; ma sicuro che i pi illustri filosofi non li approvano, come non li approva n il nostro Panezio, che io, in questi libri, ho II [60] Atque etiam illae impensae meliores, muri, seguito da vicino, senza per tradurlo, n Demetrio Falreo,` navalia, portus, aquarum ductus omniaque, quae ad il quale biasima perfino Pericle, il pi grande dei Greci, per usum rei publicae pertinent, quamquam, quod praesens aver profuso tanto denaro in quei magnifici Propili. tamquam in manum datur, iucundius est, tamen haec in posterum gratiora. Theatra, porticus, nova templa LIMPORTANZA DELLA PATRIA verecundius reprehendo propter Pompeium, sed doctissimi non probant, ut et hic ipse Panaetius, quem I, 22 Ma egregiamente Platone ha scritto the noi non siamo multum in his libris secutus sum non interpretatus, et nati soltanto per noi soli, ma the della nostra esistenza una Phalereus Demetrius, qui Periclem, principem parte richiede la patria, una parte gli amici; ed egregiamente Graeciae vituperat, quod tantam pecuniam in praeclara ritengono gli stoici the i prodotti della terra sono stati tutti illa propylaea coniecerit. creati ad uso degli uomini, a questi sono stati generati per gli uomini, perch possano giovarsi 1'un 1'altro. Dobbiamo seguire come guida la natura, mettere a beneficio comune ci DE PATRIAE PRAESTANTIA che utile a tutti con lo scambio dei servigi, col dare a col ricevere, stringere fra gli uomini i legami sociali con i I [22] Sed quoniam, ut praeclare scriptum est a prodotti delle arti, la nostra attivit e le nostre risorse. Platone, non nobis solum nati sumus ortusque nostri partem patria vindicat, partem amici, atque, ut placet LIMPORTANZA DELLUMANITA (UMANESIMO) E Stoicis, quae in terris gignantur, ad usum hominum DELLA SOCIETA UMANA omnia creari, homines autem hominum causa esse generatos, ut ipsi inter se aliis alii prodesse possent, in hoc naturam debemus ducem sequi, communes 27 Ancora. Se la legge naturale prescrive che l'uomo utilitates in medium adferre, mutatione officiorum, provveda volenterosamente al bene d'un altro uomo, dando accipiendo, tum artibus, tum opera, tum chiunque egli sia, per la sola ragione che un uomo, ne viene facultatibus devincire hominum inter homines di necessit, secondo la stessa legge naturale, che l'utilit dei singoli nell'utilit di tutti. Ora, se questo vero, siamo tutti societatem. 3
DE HUMANITATIS ET HOMINUM SOCIETATIS
PRAESTANTIA
III [27] Atque etiam si hoc natura praescribit, ut homo
homini, quicumque sit, ob eam ipsam causam, quod is homo sit, consultum velit, necesse est secundum eandem naturam omnium utilitatem esse communem. Quod si ita est, una continemur omnes et eadem lege naturae, idque ipsum si ita est, certe violare alterum naturae lege prohibemur. Verum autem primum, verum igitur extremum. [28] Nam illud quidem absurdum est, quod quidam dicunt, parenti se aut fratri nihil detracturos sui commodi causa, aliam rationem esse civium reliquorum. Hi sibi nihil iuris, nullam societatem communis utilitatis causa statuunt esse cum civibus quae sententia omnem societatem distrahit civitatis. Qui autem civium rationem dicunt habendam, externorum negant, ii dirimunt communem humani generis societatem; qua sublata beneficentia, liberalitas, bonitas, iustitia funditus tollitur; quae qui tollunt, etiam adversus deos immortales impii iudicandi sunt. Ab iis enim constitutam inter homines societatem evertunt, cuius societatis artissimum vinculum est magis arbitrari esse contra naturam hominem homini detrahere sui commodi causa quam omnia incommoda subire vel externa vel corporis vel etiam ipsius animi. Iustitia enim una virtus omnium est domina et regina virtutum. [29] Forsitan quispiam dixerit: Nonne igitur sapiens, si fame ipse conficiatur, abstulerit cibum alteri homini ad nullam rem utili? Minime vero: non enim mihi est vita mea utilior quam animi talis affectio, neminem ut violem commodi mei gratia. Quid? si Phalarim, crudelem tyrannum et immanem, vir bonus, ne ipse frigore conficiatur, vestitu spoliare possit, nonne faciat? [30] Haec ad iudicandum sunt facillima. Nam si quid ab homine ad nullam partem utili utilitatis tuae causa detraxeris, inhumane feceris contraque naturae legem, sin autem is tu sis, qui multam utilitatem rei publicae atque hominum societati, si in vita remaneas, adferre possis si quid ob eam causam alteri detraxeris, non sit reprehendendum. Sin autem id non sit eiusmodi, suum cuique incommodum ferendum est potius quam de alterius commodis detrahendum. Non igitur magis est contra naturam morbus aut egestas aut quid eiusmodi quam detractio atque appetitio alieni, sed communis utilitatis derelictio contra naturam est; est enim iniusta. [31] Itaque lex ipsa naturae, quae utilitatem hominum 4
sottoposti a una sola e identica legge; e se anche questo
vero, certamente la legge naturale ci vieta di far violenza agli altri: vera la premessa, vera la conseguenza. 28 E' veramente assurdo ci che affermano alcuni: Ai miei genitori o a mio fratello, io non toglierei mai nulla per il mio proprio vantaggio; ma, quanto agli altri concittadini, oh, questa tutt'altra cosa. Costoro presumono di non avere nessun legame giuridico, nessun rapporto sociale con gli altri concittadini per promuovere il bene comune; principio che disgrega ogni convivenza civile. Quelli, poi, che dicono: Bisogna aver riguardo dei concittadini, ma non dei forestieri, costoro dissolvono l'universale convivenza umana; e, distrutta questa, anche la beneficenza, la liberalit, la bont e la giustizia van distrutte sin dalle fondamenta; e chi distrugge queste virt dev'essere giudicato empio anche verso gli dei immortali. Perch appunto gli dei hanno costituito fra gli uomini quella societ che essi abbattono; societ il cui pi saldo vincolo in questo principio: quando un uomo reca danno a un altro uomo per il proprio vantaggio, egli va contro natura assai pi che quando patisce ogni sorta di malanni esteriori o corporei o anche morali, che siano intrinsecamente ingiusti, cio immeritati. In verit, la giustizia signora e regina di tutte le virt. 29 Dir forse qualcuno: Non potr dunque un vero sapiente, che si senta morir di fame, togliere il cibo a un altro uomo perfettamente inutile? [No davvero: perch la mia vita non a me pi utile di quel che sia una tale disposizione dell'animo che mi vieti di recar danno ad alcuno per mio vantaggio.] E se un uomo dabbene, per non morir di freddo, potesse spogliar delle vesti un crudele e mostruoso tiranno come Falaride,' non dovrebbe egli farlo?. 30 A queste domande molto facile rispondere. Ecco: se tu, per il tuo particolar vantaggio, togli qualche cosa a un uomo, sia pure perfettamente inutile, tu commetti un'azione inumana e contraria alla legge di natura; ma se, invece, tu sei uno che, rimanendo in vita, pu recare gran giovamento alla sua patria e alla societ umana, non meriti alcun biasimo se, appunto per quello scopo, togli un po' di cibo a un altro. Ma, se non c' questa giustificazione ideale, oh, allora ciascuno sopporti in pace i suoi propri disagi piuttosto che toglier qualcosa all'agiatezza di un altro. Non pertanto le malattie, la povert e gli altri malanni di tal genere non sono pi contrari alla natura che l'usurpare o anche solo il desiderare la roba degli altri; ma il trascurare la pubblica utilit, questo, s, contrario alla natura, perch offende la giustizia. 31 Ecco perch anche la legge naturale, che conserva e assicura il benessere comune, ordina in modo categorico che le cose necessarie alla vita passino da un uomo dappoco e inutile a un uomo sapiente, buono e valoroso, la cui morte potrebbe recar grave danno all'utilit comune; ma con questa riserva, che egli non tragga motivo a commettere atti ingiusti dalla troppa stima e dal troppo amor di se stesso. Entro questi limiti, egli adempir sempre il suo dovere, provvedendo alla
conservat et continet, decernet profecto, ut ab homine
inerti atque inutili ad sapientem, bonum, fortem virum transferantur res ad vivendum necessariae, qui si occiderit, multum de communi utilitate detraxerit, modo hoc ita faciat, ut ne ipse de se bene existimans seseque diligens hanc causam habeat ad iniuriam. Ita semper officio fungetur utilitati consulens hominum et ei, quam saepe commemoro, humanae societati. [32] Nam quod ad Phalarim attinet, perfacile iudicium est. Nulla est enim societas nobis cum tyrannis et potius summa distractio est, neque est contra naturam spoliare eum, si possis, quem est honestum necare, atque hoc omne genus pestiferum atque impium ex hominum communitate exterminandum est. Etenim, ut membra quaedam amputantur, si et ipsa sanguine et tamquam spiritu carere coeperunt et nocent reliquis partibus corporis, sic ista in figura hominis feritas et immanitas beluae a communi tamquam humanitate corporis segreganda est. Huius generis quaestiones sunt omnes eae, in quibus ex tempore officium exquiritur.
felicit degli uomini e a quella societ umana, che io vado
cos spesso ricordando. 32 Per ci che riguarda Falaride, la risposta molto facile. Fra noi e i tiranni non c' nessun rapporto sociale, ma piuttosto un incolmabile abisso; e non contro natura spogliare, se possibile, colui che sarebbe onesto uccidere; anzi, tutta questa scellerata ed empia genia dovrebbe esse re sterminata dal consorzio umano. In verit, come si amputano certe membra, quando esse cominciano a mancar di sangue e quasi di vita e nuocciono alle altre parti del corpo, cos codesta mostruosa crudelt di belva in sembianza d'uomo dev'essere estirpata dalla pura e schietta umanit del consorzio civile. Di tal genere sono tutte quelle questioni nelle quali si studia il comportamento del dovere nelle varie circostanze.