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Alle origini della Magna Grecia Mobilit migrazioni fondazioni

ATTI DEL CINQUANTESIMO CONVEGNO DI STUDI SULLA MAGNA GRECIA


TARANTO 1-4 OTTOBRE 2010

Istituto per la Storia e lArcheologia della Magna Grecia - Taranto MMXII

IL DIBATTITO

A. Pontrandolfo P. G. Guzzo M. Lombardo E. Greco T. Cinquantaquattro G.-J. Burgers F. DAndria I. Tirloni M. Lombardo A. De Siena S. Bianco J. de La Geniere S. Luppino F. Quondam L. Tomay

V. Nizzo E. Lippolis

orrei offrire alla discussione una riflessione e un dato positivo, spero interessante. La riflessione anticipa alcuni spunti che nascono dallascolto attento delle relazioni che si sono finora susseguite e in particolare di questultima, una riflessione che magari, se ce ne sar modo, mi piacerebbe sviluppare meglio domani. Essa scaturisce essenzialmente dallo stupore con il quale ho finora assistito al dibattito che ancora sussiste fra le discipline archeologiche e quelle storiche. Un dibattito che tuttora mi sembra assumere le forme di una netta contrapposizione che ha per oggetto due modi distinti di confrontarsi col passato che non sempre si conciliano come dovrebbero, cosa che desta in me, permettetemi di dirlo essendo ancora un giovane studioso, non poca meraviglia. Io, infatti, mi sento di condividere e sottoscrivere quanto ieri affermava il Prof. Mele riguardo il fatto che anche larcheologia, nel momento in cui diviene interpretazione dei fatti antichi, risulta inevitabilmente soggettiva, e mi sembra dimostrarlo chiaramente il caso offerto dalla necropoli preellenica di Cuma, la prima in cui, bene ricordarlo, al principio del secolo scorso vennero rinvenuti materiali greci in contesti indigeni della prima Et del Ferro, ponendo di fronte agli occhi di tutti quellorizzonte ancora oggi definito da alcuni precoloniale. I contesti editi da Gabrici nel 1913 rimasero a lungo un caposaldo per la riflessione storico-archeologica relativa ai primi contatti fra greci e indigeni1 e su di essi si imperni la fondamentale ricostruzione della sequenza crono-tipologica proposta da H. Mller Karpe per la prima Et del Ferro italiana2; ricerche recenti hanno tuttavia fornito prove della falsit di parte di quelle associazioni e, con essa, della fragilit di alcune delle ricostruzioni fondate su quei materiali, ponendo sotto gli occhi di tutti come linterpretazione soggettiva del dato archeologico possa avvalersi in modo spesso acritico anche di dati inesatti3. chiaro che il dato di insieme non risulta scosso da tale rivelazione poich esso nellultimo cinquantennio si andato arricchendo con una mole ben maggiore di evidenze, tale quasi da permettere di ignorare la documentazione del sepolcreto Osta di Cuma; resta tuttavia a mio avviso valido linsegnamento metodologico che pu scaturire da tale vicenda e che vorrei che animasse il dibattito e il confronto fra storici e archeologi, pi di quanto non si sia fatto sino ad oggi. Cos come desidererei che gli storici ponessero maggiore attenzione, anche in chiave critica, alla straordinaria documentazione offerta dalla necropoli di Pithekoussai, magistralmente scavata E. Gabrici, Cuma, in MonAnt XXII, 1913. H. Mller Karpe, Beitrge zur Chronologie der Urnenfelderzeit nrdlich und sdlich der Alpen, Berlino 1959, pp. 36-42, pp. 234-237, taf. 16-22 e passim. 3 V. Nizzo, Nuove acquisizioni sulla fase preellenica di Cuma e sugli scavi di E. Osta, in MEFRA 119/2, 2007, pp. 445-464; Id., I materiali cumani del Museo Archeologico di Firenze: nuovi dati su Cuma preellenica e sugli scavi Osta, in Gli Etruschi e la Campania settentrionale, Atti del XXVI Convegno di studi etruschi ed italici (Caserta, Santa maria Capua Vetere, Capua, Teano 2007), in corso di stampa; Id., Intervento al dibattito, in AA.VV., Cuma, Atti del XLVIII Convegno di studi sulla Magna Grecia (Taranto, 27 settembre-1 ottobre 2008), Taranto 2009, pp. 561-566.
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Valentino Nizzo

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da Giorgio Buchner ed esemplarmente edita da questultimo e da David Ridgway4. Essa, infatti, offre a mio avviso delle informazioni e degli elementi che vorrei fossero sottoposti al vaglio dagli storici, anche con lavallo di strumenti di analisi quali quelli offerti dalla demografia storica. Non vi a mia conoscenza unaltra realt nel Mediterraneo che presenti la complessit e le caratteristiche documentarie di Pithekoussai, soprattutto in rapporto ai temi oggetto di questo incontro come la mobilit, i rapporti fra greci e indigeni e quantaltro. Il dato positivo che volevo offrire alla discussione il seguente ed strettamente correlato alle tematiche sviluppate nellintervento della dott.ssa Cinquantaquattro e dei prof. Burgers e DAndria con i quali mi complimento vivamente. Nel 1881 Luigi Viola, fresco allievo della Scuola Italiana di Archeologia, dopo meno di un anno dal suo invio a Taranto come ispettore archeologo, dava alla luce sulla rivista Notizie degli Scavi un fondamentale articolo che, per opinione condivisa, rivoluzion le conoscenze sullassetto urbano e la topografia dellantica citt5. A questo brillante esordio, tuttavia, segu un lungo periodo critico nel corso del quale Viola si trov ad affrontare degli aspri contrasti con i suoi diretti superiori che lo avrebbero portato, a breve, ad abbandonare ci che di buono aveva fatto e a rassegnare le dimissioni. Alcuni di questi contrasti, oggetto di una approfondita e ben documentata analisi nel volume che Cosimo DAngela ha recentemente dedicato alla nascita del Museo di Taranto6, erano connessi al ritardo con il quale, dopo i primi anni di attivit, aveva comunicato i risultati delle ricerche effettuate nellagro tarantino e, in particolare, a una polemica su un rapporto fantasma relativo alla scoperta del cosiddetto deposito/pozzo dEredit avvenuta nel 18827. Di tale rapporto che, stando alle testimonianze dello stesso Viola8, era stato, seppure a distanza di qualche anno rispetto alla scoperta, regolarmente inviato al Ministero, si persero successivamente le tracce e si arriv addirittura a negarne lesistenza pur di nascondere le responsabilit di chi lo aveva smarrito9. Alle richieste di restituzione avanzate dal Viola si rispose con note di biasimo che, congiunte con altri accadimenti, lo avrebbero poi indotto ad abbandonare lamministrazione statale. Dopo circa 125 anni da tali accadimenti, sono lieto di annunciare in questa sede che quella relazione dispersa finalmente riemersa in uno dei tanti scavi di archivio che mi sono trovato a fare negli ultimi anni. Spero di poterla rendere disponibile con la maggiore celerit possibile poich ritengo possa essere di fondamentale importanza per una migliore comprensione delle problematiche evidenziate nel contributo di questa mattina in merito allassenza di contesti funerari a Taranto nelle fasi cosiddette prelaconiche. Viola, infatti,
4 G. Buchner, D. Ridgway, Pithekoussai I. La necropoli: tombe 1-723 scavate dal 1952 al 1961, in MonAnt LV, s.m. IV, Roma 1993. 5 L. Viola, Taranto, in Nsc 1881, pp. 376-436. 6 C. DAngela, Il Museo negato (Taranto 1878-1898), Taranto 2000; da integrare con le memorie contenute nella biografia romanzata dedicata da Cesare Giulio Viola al padre: G. C. Viola, Pater: Il romanzo del lume a petrolio, Taranto 1998, con pref. di G. Spagnoletti (Ed. Originale Milano 1958). 7 DAngela, op. cit., pp. 70 ss. con bibl. e la documentazione archivistica riportata nellappendice documentaria. Sul contesto, oggetto solo di recente di una pubblicazione integrale, cfr. F. G. Lo Porto, Il deposito prelaconico di Borgo Nuovo, in MonAnt LXII, s. misc. 9, 2004. Ringrazio vivamente il Prof. Guzzo per il proficuo confronto su queste tematiche seguito al presente intervento. 8 Cfr. i docc. 120-121 dellAppendice Documentaria edita in DAngela, op. cit., pp. 288-292. 9 Cfr. doc. 217, del 6/IX/1894, riportato nellAppendice Documentaria edita in DAngela, op. cit., pp. 377-381.

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era convinto, sia in quei pochi dati che pubblic su tale scoperta10 sia nella relazione integrale di quello scavo, che si trattasse di un contesto dal carattere funerario. Non sono in grado di fornire in questa sede una mia personale interpretazione dei dati, di sicuro quello che mi impegno a fare, se la lontananza geografica dovuta alla mia recente assunzione presso la Soprintendenza Archeologica dellEmilia Romagna mi permetter ancora di occuparmi di Magna Grecia, di rendere disponibile nel pi breve tempo possibile questo importante documento che ha segnato in negativo la vita di Viola come sa chi si occupato della storia di Taranto e che pu dar luce su una problematica archeologica di grande interesse. Enzo Lippolis

ono contento che sia stata presentata la relazione del Viola sul Pozzo dEredit, anche perch ci sono tanti suoi documenti andati dispersi ed, in anni passati, ho cercato di rintracciarli a Napoli e spero che ricerche future possano dare ulteriori frutti. Viola su Taranto aveva lavorato molto e, oltre alle relazioni parziali, ne aveva preparata una finale che consegn per la pubblicazione su Notizie degli Scavi, pubblicazione che gli fu rifiutata. Egli ritir il manoscritto con le planimetrie allegate, elaborate con lingegnere Tascone e tutto il materiale spar. Vorrei intervenire su tre piccole cose. Penso di costituire quasi una testimonianza storica dellinizio dello scavo di lAmastuola, degli interventi fatti al Seminario e della lungimiranza con cui Graziella Maruggi aveva perseguito tali attivit. Ella si era battuta, nonostante le grosse difficolt nelle Soprintendenze di oggi e di ieri, per far capire lutilit di alcune attivit di ricerca rispetto ad altre e, infine, per dare un minimo di respiro a ci che non avesse soltanto un significato di emergenza, di recupero e di tutela provvisoria, ma che potesse crescere come Bene Culturale da fruire. Graziella, da questo punto di vista, ha investito molto bene perch il sito ha avuto uno sviluppo straordinario, dando soddisfazione a questa scelta perch la ricerca stata fatta con una volont, con un interesse, con una partecipazione di cui la chora tarantina e Taranto stessa, non possono che avere bisogno. Ho apprezzato moltissimo la relazione di Teresa Cinquantaquattro, perch va letta necessariamente in parallelo al discorso di Burgers. La cosa rilevante, in base alledito ed ai precedenti incontri, che il periodo di sovrapposizione del materiale, riguarda prevalentemente la fascia del terzo venticinquennio del VII secolo, quando abbiamo produzioni di ceramica locale affiancate a presenze esterne. Allora le cronologie della ceramica japigia vanno verificate sulla base di contesti specifici chiusi, nelle singole aree o nei singoli abitati. In questo caso, la documentazione delle necropoli, sarebbe fondamentale per avere la certezza di determinate sequenze. La datazione, quindi, non va presa come una indicazione assoluta da cui non si pu derogare, ma come una proposta che poi deve essere verificata, nella concretezza dei dati archeologici. Ci sono altri elementi importanti, ad esempio la forma delle case con la banchina retrostante che sono il prodotto di una trasformazione, di uno sviluppo che possiamo seguire molto bene nellambito Egeo e che qui non hanno tradizione precedente - e non si tratta solo di un fatto planimetrico - ma di un modo di utilizzare e di esibire la struttura abitativa.

10 L. Viola, Nuove scoperte di antichit in Taranto, in Nsc 1883, pp. 178-189; Id., Stoviglie con ornati geometrici nellagro tarantino, in BInst 1883, pp. 106-110.

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Nelle due relazioni ascoltate oggi, abbiamo apprezzato la situazione specifica delle necropoli di lAmastuola e la tomba proveniente da Massafra, che invece stata presentata da Teresa Cinquantaquattro. In un caso abbiamo lattestazione di un comportamento, di una manifestazione di cultura materiale, ben identificata, dallaltra invece, da un certo momento in poi, c unadesione totale al modello greco. Sulle letture si possono fare varie ipotesi, onestamente credo poco ad una commistione sempre idilliaca, pacifica in cui le genti si incontrano, si scambiano le culture, creando ibridismi. Questo pu essere vero per determinati contesti, ma ci sono sicuramente delle forme conflittuali, delle forme di subalternit indotte, per cui bisogna interpretare con cautela e mettere in discussione eventuali proposte che non possono certo risolvere il quadro della situazione. Angela Pontrandolfo

e tre importanti relazioni incentrate su Taranto e larea tarantina hanno offerto una variet di approcci e strumenti metodologici che riflettono i filoni di indagini effettuate nel corso degli anni a Taranto come in tutto il Salento: survey, rilettura sia di vecchi scavi che di materiali, analisi puntuali di scavi condotti con strategie differenti. Il quadro che ne deriva piuttosto variegato e non mi sembra che i dati riconducibili a uno stesso momento cronologico possano essere interpretati in maniera omogenea. Teresa Cinquantaquattro ha mostrato un proliferare di insediamenti nel corso dellVIII secolo in tutta larea del Salento sottolineando testimoniando la corrispondenza dei materiali. Sarebbe interessante conoscere in maniera pi puntuale e articolata i dati dellarea dove nasce la polis tarantina anche per meglio definire il contesto dellAmastuola occupata nel corso del VII secolo, che tra laltro ha restituito una necropoli contraddistinta da un tipo di rituale che, confrontato con quello di Massafra, si distingue nettamente. Per interpretare questi processi mi chiedo se prima di ogni discussione, definiti gli aspetti filologici specificamente archeologici, non sia necessario esplicitare a quali modelli interpretativi antroplogico, sociologico, etc. - si fa riferimento per comprendere una realt politica complessa che quella della polis, Una societ che ha una scrittura ed un modello di rappresentazione. Allo stesso modo il mondo indigeno va analizzato in riferimento al proprio livello di articolazione. dunque possibile ragionare e discutere per esporne il grado di difformit con quella presenza stabile che noi chiamiamo polis, e che di volta in volta va vista in un rapporto di convivenza o contrasto con le realt altre, alla luce dei dati acquisiti e del modello che utilizziamo per leggerli. Pier Giovanni Guzzo

ayer, in Apulien 1914, p. 1 nt. 1, dice secondo lui quello che successo e che ricava da una conversazione col Viola. Gli operai mentre costruivano case dietro il Palazzo degli Uffici, avevano trovato tombe di diverse epoche e ne avevano accumulato vasi in quelle ritrovati: essi toccavano, secondo la legge di allora, siamo alla fine degli anni 80 del XIX secolo, al proprietario del terreno in quanto vigeva il decreto di Ferdinando II del 1822. Egli stesso ci d un caso analogo, avvenuto nella provincia di Bari: i contadini dai campi portavano i vasi che ritrovavano in un locale del Municipio, presso il quale passava regolarmente un compratore di antichit che se li comprava. E da Viola stesso siamo a conoscenza che avveniva un tale mercato di antichit che avevano istituito proprio i costruttori di case. C da sperare che qualcosa al proposito sia tra-

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scritto anche nella relazione del Viola, della scoperta della quale nellArchivio Centrale dello Stato il dottor Nizzo porta il merito. C anche da segnalare che il termine in lingua tedesca Gruben, usato dal Mayer per indicare la cavit nella quale erano i recipienti iapigi ha significato in lingua italiana sia di pozzo sia di fossa. Per quanto riguarda la relazione di Burgers, Angela Pontrandolfo ed Enzo Lippolis hanno gi detto tutto quello che volevo dire io, posso soltanto aggiungere molto pi banalmente di quanto hanno detto loro, che il segno archeologico un segno ambiguo, si interpreta a seconda del modello che linterprete ha in testa, in maniera pre-giudiziale. Un tale modello pu essere coerente e logico, ma sicuramente rimane pre-giudiziale e il confronto tra tutti quanti si dedicano allo studio, ci dovrebbe portare a un superamento dellambiguit del segno archeologico: in una direzione che rimane comunque anchessa sempre segnata dalla cultura diffusa dal momento storico nel quale linterpretazione stessa viene elaborata. Oggi siamo in una fase di ibridismo generale, segnata da grandi movimenti di popoli e dal rifiuto del colonialismo, ma rimangono posizioni contrastanti: ci vogliamo bene fra tutti quanti oppure ci odiamo: sono modi di rapportarsi che sono le due facce della stessa medaglia. E cos, pi o meno inconsciamente, trasferiamo le tensioni attuali allinterpretazione del mondo antico. Mario Lombardo

olevo porre una domanda a Teresa Cinquantaquattro per capire bene come i dati che ci ha cos brillantemente illustrato possono essere interpretati in sede di ricostruzione dei fenomeni storici. Lei ha fatto un riferimento molto sintetico allinterpretazione fornita a suo tempo da Felice Gino Lo Porto sulla stratigrafia dellacropoli di Saturo, in cui egli leggeva una cesura, un salto, tra la fase delle capanne iapigie di VIII sec. a.C. e quella delle prime presenze (santuariali) greche di fine VIII, che ne avrebbe comportato la distruzione e lobliterazione sotto uno strato di bruciato. Come tutti sappiamo, tale lettura stata energicamente contestata, nel suo ormai celebre lavoro sul BABesch del 2000, da Douwe Yntema, che, pur senza apportare nuove evidenze stratigrafiche, ha fatto valere la cronologia, a suo giudizio posteriore al 700 a.C., di parte dei materiali presenti nello strato collegato da Lo Porto alle capanne iapigie distrutte dai coloni, per avanzare lipotesi di una fase di convivenza tra questi ultimi e gli indigeni protrattasi nellarco del VII secolo. Volevo domandare alla Relatrice di esplicitare ulteriormente in che modo la lettura delle evidenze archeologiche da lei presentate sulla citt vecchia di Taranto si collochi rispetto alle due prospettive interpretative di Lo Porto e di Yntema su Saturo. Mi pare, in effetti, che questi dati che ci ha fornito non si lascino leggere in unottica di convivenza e integrazione, ma suggeriscano piuttosto una lettura delle dinamiche storiche dellinsediamento dei coloni greci come una sovrapposizione violenta, radicale e relativamente ben collocabile nel tempo, di un nuovo orizzonte coloniale, rispetto ad un precedente orizzonte indigeno, Per quanto riguarda, comunque, lAmastuola, il discorso diverso in quanto, a differenza dellarea urbana di Taranto, e in parte anche di quella dellacropoli di Saturo, qui non siamo certamente sul (presunto) sito di insediamento dei coloni (e dunque di eventuale fondazione della colonia), ma in un sito collocabile verosimilmente in unorizzonte di eschati coloniale, o almeno in unarea di frontiera, e a tale riguardo volevo soffermarmi su quanto detto prima da Piero Guzzo sui modelli interpretativi. In effetti, come ci hanno insegnato maestri come Moses Finley ed Ettore Lepore, in un contesto di frontiera come questo di LAmastuola, si possono sviluppare forme di interazione e di interrelazione assai diverse, suscettibili di dar luogo a facies documenta-

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rie che possono anche apparire ambigue e prestarsi a differenti interpretazioni. Ma proprio perch nella frontiera nulla scontato, occorre chiedersi ogni volta quale sia il significato specifico delle testimonianze archeologiche. Il che vale anche per quelle restituite dal sito di LAmastuola. E a tale riguardo sono daccordo con Enzo Lippolis quando afferma che il dato pi forte al quale fare riferimento sul piano interpretativo quello delle necropoli, perch esse esprimono in maniera pi diretta una forma di rappresentazione identitaria e culturale forte. Se riguardo alla sostituzione delle capanne con le case in muratura si pu anche pensare a forme di recezione da parte degli ambienti indigeni, come sappiamo essere avvenuto in alcuni centri messapici durante il VI sec. a.C., la necropoli di LAmastuola, che sembra presentare una facies esclusivamente greca anche alla luce delle differenze rispetto a quella del centro indigeno di Massafra, poco significativo mi sembra il rinvenimento nellarea necropolica, ma non in connessione con una tomba, di ununica stele indigena depone fortemente a favore dellipotesi di unampia componente greca, tale da aver caratterizzato in maniera predominante lespressione di questa comunit sul terreno delle pratiche funerarie. Che poi allinterno di tale comunit si fossero conservate significative presenze indigene non pu certo stupirci, trattandosi di una comunit per lappunto di frontiera, dove linterazione poteva assumere, come si detto, le forme pi diverse. Quanto alla bella relazione di Francesco DAndria, volevo soffermarmi soltanto su un punto che riguarda la necropoli della seconda met del VII sec. a.C. di Tor Pisana a Brindisi, che difficilmente pu esser letta come espressione dellinsediamento di un piccolo nucleo di Greci allinterno di una comunit indigena, secondo quel modello che avrebbe caratterizzato gli inizi labili di gran parte delle future colonie greche, secondo Robin Osborne e Douwe Yntema. Senonch qui leventuale integrazione di tale nucleo nella comunit indigena non avrebbe sortito alcun effetto, lasciando Brindisi al suo destino di centro messapico. A suo tempo, addirittura, Lo Porto aveva collegato tale necropoli con le notizie conservate dalle fonti sul trasferimento (e morte) a Brindisi di Falanto, lecista spartano di Taranto. Se questultima suggestione difficilmente accettabile, non fosse altro per ragioni cronologiche, anche laltra ipotesi sopra evocata incontra qualche difficolt nel fatto che, nel suo orizzonte cronologico, la necropoli greca di Tor Pisana del tutto isolata, mentre le tombe indigene sul sito si datano solo a partire dal V secolo a.C. Essa sembrerebbe dunque espressione di un piccolo nucleo insediativo esclusivamente greco, che dura solo per pochi decenni, e i cui rapporti con lelemento locale, cos come la sua sorte (integrazione o estinzione?), non facile cogliere con qualche sicurezza. Emanuele Greco

o assolutamente, no, caro Piero, noi stiamo proprio cercando di andare al di l di queste logiche, lascia stare i tuoi comprensori o i recapiti che ti sono cari, ma che non sono strumenti operativi. Ha ragione Teresa, con cui mi complimento per il modo esemplare con cui ha presentato i dati. Ma vorrei capire cosa significa lorizzonte coloniale comincia dal punto di vista archeologico, se facciamo astrazione dalle fonti e teniamo da parte, come corretto che si faccia, la guerra messenica o i racconti di fondazione di Antioco ed Eforo. Cosa ci dice larcheologia? Che abbiamo Greci in citt, mentre in campagna le cose starebbero diversamente; secondo quella logica di contrapposizione manichea che non possiamo condividere avremmo indigeni e dunque un avanzamento progressivo della polis nel territorio. Anche io concordo con Mario nel definire esemplare ed onesta la presentazione di Gert e come Mario invoco le dinamiche della frontiera, perch quando vedo le case scavate allAmastuola dalla compianta Grazia Maruggi non

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posso fare a meno di attribuirle a Greci e con poche esitazioni. Io credo che dovremmo guardare di pi alla Sicilia nella quale troviamo modelli straordinari da sottoporre a comparazione: ho provato qualche anno fa nel Convegno in memoria di G. Vallet a riflettere su molte analogie ma anche sulle differenze tra Siculi ed Enotri. Di recente M. Melfi, che sta studiando la stipe del santuario di Afrodite a Casmene, dopo che le armi avevano ovviamente suggerito la frontiera armata tipo Far West, ci ha spiegato che le armi trovate nel santuario sono di tipo indigeno (sic!) ecco perch insisto sulla necessit di evitare le interpretazioni immediate occorre sempre il medium che la filologia innanzitutto, e contestualmente la denuncia del modello interpretativo. In Sicilia, poi, lepigrafia, suggerendo un altro argomento fondamentale - i matrimoni tra Greci e donne locali rivelato dallonomastica - ci apre altri orizzonti impensabili qui, ma che dobbiamo conoscere e tenere sempre ben presenti, perch sono di grande utilit. Teresa Cinquantaquattro

olevo rispondere alla domanda che mi stata rivolta da Angela Pontrandolfo e che si ricollega a quanto detto sia da Mario Lombardo sia Emanuele Greco, cio come leggiamo a Taranto la cesura tra le fasi di occupazione indigena e greca, e se c una cesura. Intanto, certamente una semplificazione parlare di prime fasi coloniali, ma strumentale, nel discorso, a definire un prima e un dopo, e la documentazione mostra una certa coerenza. Rispetto a tale definizione di comodo, quelli che sono i parametri concettuali, ampiamente analizzati e discussi proprio nel corso dei convegni di Taranto, possono oggi essere dati per scontati. Per i contesti che ho presentato della citt vecchia, come evidenziato, si registra alla fine dellVIII secolo un brusco cambiamento dal punto di vista della cultura materiale; e accanto ai frammenti provenienti dalla citt vecchia, c la testimonianza della necropoli che sorge nel Borgo Nuovo. Dellabitato di et greca, purtroppo, esistono pochissime evidenze e nella citt vecchia non sono state rinvenute tracce di strutture, ma solo livelli di occupazione; abbiamo testimonianza di un nucleo di abitato in via Capacelatro, legato ad unarea di necropoli, piccolissimo lembo di unarea insediativa forse pi vasta della quale per, ancora una volta, sappiamo poco. Se dunque per la citt di Taranto la cesura confermata, un p pi complesso quanto trapela dal territorio. Riguardo a Saturo, difficile aggiungere altro al dibattito cui ha fatto cenno M. Lombardo, soprattutto in mancanza di nuove ricerche. Rispetto alla necropoli di Tor Pisana a Brindisi, volevo sottolineare, come segnalatami dalla dott.ssa Cocchiaro, che in un punto topografico diverso dalla citt, in loc. Santa Maria della Scala, uno scavo ha messo in luce strati pertinenti ad un abitato, con presenza materiali di tipo greco. Per quanto riguarda il Pozzo d Eredit a Taranto, se ci sono - come annunciato - dati nuovi sui contesti di rinvenimento desumibili dagli archivi storici, mi auguro che siano doverosamente resi noti al pi presto. Gert-Jan Burgers

ingrazio tutti per gli interventi, vorrei sottolineare il fatto che sono contentissimo che si stia sviluppando un dialogo a proposito delle problematiche che abbiamo evidenziato stamattina. Per onest intellettuale, auspicavo di avere questo dialogo, puntualizzando che le nostre proposte sono da percepire in termini di teorie. Mi rifaccio per esempio al commento di Enzo Lippolis a proposito della cronologia del matt painted del VII secolo; sappiamo che non vi nulla di

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certo adesso che abbiamo vari contesti che ci spingono a discutere sulla cronologia e spero che, con i nostri scavi, si riesca a contribuire a alla definizione del problema. Credo che sia nostro compito cercare di formulare delle ipotesi, delle proposte, dei modelli, delle teorie in base alle conoscenze di questo momento perch, come ho detto in apertura, il dialogo essenziale. Per quanto concerne invece largomentazione di Enzo Lippolis, condivido quando parla di un accento molto forte sulla convivenza, per non approvo quando vedo i rapporti greci-indigeni in un modello unico di coesistenza pacifica. Ho realizzato diverse pubblicazioni su queste tematiche, ritenendo che analizzando i siti archeologici nel Salento riguardanti il mondo indigeno di fine VIII inizi VII secolo, si pu pensare a dei conflitti inter-tribali proprio nel mondo indigeno, perch stiamo parlando di espansioni territoriali, di nuove terre che, quasi sicuramente, hanno portato a conflitti interni nel mondo indigeno stesso, nel quale, in seguito, si inseriscono i greci che, indubbiamente, presero parte alle guerre inter-tribali. Francesco DAndria

odelli, cesure, documentazione archeologica. Vorrei ricordare a questo proposito linterpretazione del contesto di Saturo nella pubblicazione di Felice Gino Lo Porto (N.Scavi 18, 1964, 177-279). Qui il modello si basa sulla netta cesura tra greci e indigeni; nella sua lettura della stratigrafia i livelli iapigi pi antichi sembrano nettamente separati da quelli greci e tra questi si riconosce uno strato Di poco pi di m 0,05 di spessore, si presentava di natura arenosa, quasi che, in rapporto al nuovo insediamento, si sia voluto sovrapporre allo strato japigio sabbia marina purificatrice, in vista anche della destinazione della sommit dellacropoli a luogo di culto. Sono lieto che, nel dibattito attuale, questo approccio troppo rigido sia stato sostituito dallesigenza di applicare modelli interpretativi dinamici come quello della frontier history in cui emerge il tema della interazione tra culture in una dimensione territoriale. In questo quadro ritengo che sarebbe opportuno tornare ad interrogarsi sullinsediamento di Saturo, con la ripresa delle ricerche sul terreno. Lapplicazione di modelli importante, ma solo quando la documentazione archeologica sufficiente per applicarli. Teresa Cinquantaquattro ci ha mostrato ci che si poteva fare a Taranto, presentandoci una situazione molto contradittoria; la documentazione proveniente dalla citt vecchia, da lei meritoriamente presentata, riguarda essenzialmente la successione verticale degli strati a cui si riferiscono le ceramiche greche e indigene dellVIII sec. a.C. Purtroppo le caratteristiche degli scavi urbani a Taranto ci impediscono di riconoscere i livelli funzionali relativi ai materiali e di ragionare sui contesti. La stessa situazione troviamo a Massafra ed a Masseria Vicentino, nellAgro di Grottaglie, dove abbiamo un abitato indigeno chiaramente attestato dalla cultura materiale rinvenuta. Penso che il rapporto tra modelli interpretativi e qualit della documentazione dovr essere incrementato e auspico che un pi ampio programma di ricerca in Puglia nei contesti della prima Et del Ferro potr farci meglio comprendere le dinamiche di sviluppo territoriale che abbiamo verificato nellarea salentina. Ilaria Tirloni uongiorno. Nellintento di riprendere il tema principale della riunione, quello della continuit o della rottura con cui si era chiusa la sessione precedente del dibattito, mi premeva ricordare come, alla luce degli scavi dellUniversit di Rennes 2 Haute-

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Bretagne diretti da Mario Denti, con cui collaboro, diventa oggi difficile conservare il termine convenzionale di Incoronata greca, dal momento che conosciamo ormai la portata delle fasi enotrie dellVIII secolo a.C. Queste fasi, caratterizzate dalla presenza di due pavimenti in eccellente stato di conservazione, permettono oggi di riqualificare loccupazione enotria della collina come lelemento primario per la comprensione della sua storia, venendosi finalmente a saldare con la cronologia della facies indigena dei villaggi e delle necropoli circostanti (Incoronata indigena e San Teodoro). In questo senso, la tradizionale descrizione del sito con laggettivo greco rischia di appiattire sulla sola fase di seconda met VII a.C. la complessit e la ricchezza della sua vicenda storico-archeologica. In particolare, dal pavimento mostrato dal dott. De Siena nella relazione sulla Basilicata, il pi antico (US 70), databile nella prima met dellVIII secolo, proviene significativamente un frammento di protokotyle del Medio Geometrico II con decorazione a chevrons, che trova un confronto preciso con i frammenti rinvenuti nel saggio A1 da Orlandini11. Propongo quindi una riflessione alla platea, alla quale personalmente non so dare ancora una risposta: esiste una continuit spaziale, dellIncoronata, stratigraficamente documentata, in successione cronologica, ma non detto che essa sia anche una continuit culturale. Registriamo la continuit fisica, di piani duso di questo spazio, ma non siamo ancora in grado di dare un nome alle cause del passaggio da una fase allaltra. Probabilmente una risposta verr dal ritrovamento dei limiti del piano pavimentale databile nella seconda met dellVIII secolo (US 38), verosimilmente lelemento-chiave delloccupazione dellarea occidentale della collina, in grado di dare un nome alledificio a cui esso apparteneva. Unaltra annotazione riguarda il piano del forno (dei forni?) che stato mostrato nella relazione: la ceramica e gli scarti di fornace associati al piano ipercotto US 130 sono qui esclusivamente enotri (ceramica acroma o monocroma). Si tratta di quanto resta della pulizia del forno, i cui elementi sono stati ritrovati rigettati a sud del pavimento US 38, mescolati a resti della griglia e delle pareti dei forni, a numerosissimi frammenti di ceramica enotria, ma anche a cospicui esemplari di ceramica greca, di produzione locale e di importazione. Tale ritrovamento viene a completare il quadro delle testimonianze relative allo spazio artigianale che abbiamo portato alla luce a Incoronata, comprendente i bacini per la decantazione e lo stoccaggio dellargilla, i cospicui resti dellelevato dei forni associati agli scarti di fornace, buchi di palo e una cava di argilla ipogea12. Ritornando allimmagine mostrata della coppia della ierogamia, rinvenuta nel territorio a valle dellIncoronata, ritengo che essa sia una placchetta ierogamica, pi che parte di un perirrhanterion. Penso in particolare alle placchette fittili ritrovate copiose nel santuario urbano di Apollo, precisamente dal tempio C. Infine, per quanto riguarda le fosse e la loro interpretazione, rinvio ai lavori gi pubblicati M. Denti, La septime campagne de fouille lIncoronata: confirmations et nouveauts, in MEFRA 122-1, 2010, pp. 310-320: p. 311, fig. 99. 12 M. Denti, Un contesto produttivo enotrio della prima met del VII secolo a.C. allIncoronata, in M. Bettelli, C. De Faveri, M. Osanna (edd.), Prima delle colonie. Organizzazione territoriale e produzioni ceramiche specializzate in Basilicata e in Calabria settentrionale ionica nella prima Et del Ferro (Atti delle Giornate di Studio, Matera 20-21 novembre 2007), Venosa 2008, pp. 111-138; M. Denti, Potiers ntres et grecs dans un espace artisanal du VIIe sicle avant J.-C. lIncoronata, dans A. Esposito, G. Sanidas (sous la direction de), La concentration spatiale des activits et la question des quartiers spcialiss, Symposium international, Lille, dcembre 2009 (sous presse).
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sullargomento13, ma vorrei sottolineare che si sempre parlato e scritto di rituale e non di votivo. Senza tornare alla logica dei nominali e degli universali, rito e sacro sono due campi semantici che solo parzialmente si sovrappongono. Grazie allanalisi approfondita del contesto di scavo (un tema tornato alla ribalta pi volte in questi giorni, e a mio avviso sempre pi fondamentale) e della modalit di deposizione della ceramica, stato possibile identificare le tracce inequivocabili della presenza di gesti a carattere rituale. Mario Lombardo

olevo sottolineare un aspetto importante del ruolo che il contesto regionale compreso fra il Bradano e il Sinni ha giocato nella definizione di quel modello revisionista discusso nei giorni scorsi. In effetti, nel mettere a fuoco la sua proposta interpretativa, Robin Osborne faceva un preciso e forte riferimento a questo orizzonte di esperienze coloniali, ponendo laccento su alcuni aspetti che le connotano in termini particolari - e in primo luogo sulle forme di convivenza assai complesse tra elementi di provenienza egea ed elementi epicori che, com emerso dalle relazioni De Siena e Bianco-Giardino, si lasciano cogliere chiaramente nella documentazione archeologica di livello cronologico pi alto, sia sul sito dellIncoronata (e della futura Metaponto) che su quello di Policoro -, e facendone il paradigma nei cui termini leggere anche tutte le altre coeve esperienze di insediamento dei Greci nelle aree e nei siti coloniali. A Taranto, per, come si visto nella bella relazione di Teresa Cinquantaquattro, emerge unesperienza di insediamento dei coloni greci assai diversa, che non sembra affatto caratterizzata da analoghe forme di convivenza e integrazione. Allora diventa molto importante qualificare correttamente la prospettiva in cui si collocano le esperienze sviluppatesi nella regione tra Bradano e Sinni tra lo scorcio finale dellVIII secolo e la seconda met del VII, e cio nel periodo in cui sarebbero state fondate, secondo la tradizione antica e quasi tutta la storiografia moderna, la gran parte delle colonie greche in Sicilia e Magna Grecia. Il punto fondamentale che, sia nel caso dellIncoronata e di Metaponto sia in quello di Policoro, tali esperienze sembrano collocarsi in una prospettiva anteriore - se non addirittura estranea, come sembra suggerire per il sito di Policoro la relazione Bianco-Giardino rispetto alla fondazione delle due colonie greche attestate nelle due aree sub-regionali interessate, la ionica Siri e lachea Metaponto. Lasciamo da parte, anche per brevit, il caso, assai intricato e controverso, dellarea compresa tra il Sinni e lAgri, quella Siritide nella quale la fondazione di Siri appare difficile da datare, e M. Denti, Ph. Lanos, Rouges, non rougis. Les briques de lIncoronata et le problme de linterprtation des dpts de cramique, in MEFRA 119/2, 2007 pp. 445-481; M. Denti, Les dpts de cramique grecque du VIIe sicle avant J.-C. lIncoronata. De la modalit des dpositions la reconstitution des gestes rituels, dans Du matriel au spirituel. Ralits archologiques et historiques des dpts de la Prhistoire nos jours, (XXIXe Rencontre internationale dArchologie et dHistoire dAntibes, Antibes Juan-les-Pins 2008), Paris 2009, pp. 339-352; M. Denti, Pratiche rituali allIncoronata nel VII secolo a.C. I grandi depositi di ceramica orientalizzante, in H. di Giuseppe, M. Serlorenzi (edd.), I riti del costruire nelle acque violate, (Atti del convegno internazionale, Roma giugno 2008), Roma 2010, pp. 1-17; G. Bron, Les amphores du dpt du Secteur 4 de lIncoronata. Essai typo-chronologique et contextuel dune classe cramique du VIIe sicle av. J.-C., dans MEFRA 2011 (sous presse).
13

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perfino da ubicare con sicurezza, nel complesso rapporto tra documentazione archeologica e fonti scritte e tra zona alla foce del Sinni lantico Siris - e area di Policoro vicina allAgri. Quello di Metaponto e del Metapontino mi sembra tuttavia assai chiaro nel mostrare come la fondazione coloniale achea sia chiaramente riconoscibile, anche nel record archeologico, come un momento, e un elemento, di radicale discontinuit rispetto a quellorizzonte di convivenza e interazione tra Greci e indigeni. E voglio ringraziare Antonio De Siena per aver messo in rilievo, accanto agli indizi documentari che testimoniano la fase di convivenza e di integrazione, anche quelli che attestano i radicali cambiamenti intervenuti con la fondazione coloniale verso il 630 ca. a.C., quando, pi o meno contemporaneamente, sul sito di Metaponto si esauriscono le testimonianze di compresenza e integrazione greco-indigena (c.da Andrisani) mentre compaiono le prime evidenze archeologiche greche nellarea che ospiter i complessi santuariali e pubblici della colonia achea, e nellarea sul basso corso del Basento si registra da un lato la distruzione dellinsediamento misto sulla collina della cd. Incoronata greca (ma anche di quello di S. Teodoro), mentre sulla sponda opposta viene fondato il santuario di confine di San Biagio alla Venella, probabilmente da identificare con quello di Artemide sul fiume Kasas a cui fa riferimento Bacchilide nellepinicio XI. vero che Metaponto presentata da una parte della tradizione (Antioch., F 15 Jacoby) come una fondazione secondaria in qualche modo promossa dai Sibariti. E tuttavia, anche a voler insistere nel valorizzare tale testimonianza letteraria, risalente come la maggior parte delle altre solo al V sec. a.C., questo non sminuisce affatto il significato del caso metapontino, sia in positivo la fondazione di almeno una colonia, questa di Metaponto, si lascia riconoscere come un evento peculiare che, come tale, viene a incidere in forma ben distinguibile nel record archeologico dellarea interessata -, sia in negativo: almeno in tale caso, in effetti, non dalle esperienze di compresenza e integrazione tra Greci e indigeni che trae origine la polis coloniale greca, ma da un intervento insediativo che addirittura mette fine traumaticamente a quel tipo di esperienze. Antonio De Siena

ispondo rapidamente alla dottoressa Tirloni. La placchetta che ho presentato con scena di hieros gamos proviene dal riempimento di ciottoli di un canale di bonifica riconosciuto in localit San Teodoro, nella stessa area della necropoli dellEt del Ferro. Essa richiama indubbiamente quelle provenienti dal santuario urbano di Metaponto e dal santuario extraurbano di Artemis a San Biagio della Venella. Lo stato lacunoso e lo studio ancora in fase iniziale non consentono al momento di fare ipotesi sulla pertinenza del frammento e sulla sua forma definitiva. Per il contesto di rinvenimento ritengo molto probabile una sua provenienza funeraria, ma consigliabile aspettare lanalisi anche degli altri materiali per sciogliere ogni riserva sullargomento. La seconda domanda riguarda linterpretazione delle fosse individuate sulla collina dellIncoronata come risultato di possibili rituali di abbandono. Personalmente ho qualche perplessit a considerare tutti i depositi sparsi sullintera collina come il risultato di unazione rituale, quasi collettiva, consumata al momento di lasciare in maniera definitiva labitato. Sono comunque in attesa della pubblicazione dei dati di scavo e dei materiali rinvenuti. In proposito, colgo loccasione per ricordare il professor Piero Orlandini, che ha svolto unattivit pluriennale sul sito dellIncoronata e che con il suo gruppo di ricercatori dellUniversit di Milano ha sempre realizzato edizioni esemplari degli scavi e dei materiali. Questanno, purtroppo, anche lui venuto meno e io lo voglio ricordare con molto affetto, per la sua particolare signorilit e per la sua grande riservatezza. Egli aveva una fraterna frequentazione con Adamesteanu, sviluppata nella comune esperienza siciliana, e questa profonda amicizia ha avuto una intensa continuit

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operativa anche in Basilicata. Il suo impegno nello scavo dellIncoronata stato continuo e non ha mai lesinato suggerimenti e aiuti. Tornando alle numerose fosse riconosciute sui pianori dellIncoronata, ma anche a Metaponto, sotto i livelli dellabitato det classica, rimango al momento ancora convinto che siano da interpretare come le parti residuali di un abitato che si caratterizza per la presenza di cavit strettamente funzionali allunit abitativa, ricavate nel banco sterile di base e credibilmente destinate alla conservazione di derrate alimentari, allalloggiamento di pithoi ecc. Non si deve trascurare il fatto, molto importante per comprendere la documentazione archeologica attualmente disponibile, che tutta la superficie dei pianori stata nel tempo, completamente erosa dagli agenti atmosferici, per cui mancano moltissime informazioni. Non c alcuna stratigrafia che documenti i vari livelli di frequentazioni. Quando si osservano le immagini dello scavo condotto da Orlandini, si notano spesso vani di forma quadrangolare leggermente infossati e fosse con consistenti strati di crollo e con unabbondante quantit di materiali allinterno. Quando in un ambiente di pochi metri - ad esempio tre per tre o tre per quattro - si rinvengono sedici anfore commerciali di tipo corinzio, samio o attico con lassociazione di coppe, contenitori da dispensa e duso quotidiano, in un contesto che palesemente ha tracce di distruzione e dincendio, credo si possa continuare a parlare di abbandono violento e improvviso. Non escludo comunque che ci siano stati anche rituali particolari, in parte confermati dalla continuit di frequentazione documentata dalle strutture sacre arcaiche individuate nel settore meridionale della stessa collina da Carter. Ripeto, aspetto di vedere ledizione dei nuovi scavi per conoscere gli argomenti che sono alla base dellipotesi che individua nei numerosi depositi infossati le tracce dei rituali di abbandono. Sicuramente un momento traumatico da riconoscersi nei decenni finali del VII sec. a.C., quando si determina labbandono dellabitato esistente sulla collina dellIncoronata e sulle sue pendici settentrionali. molto significativo il fatto che anche gli ambienti a pianta quadrangolare riconosciuti a ridosso della strada provinciale Destra Basento, siano stati violentemente distrutti e rapidamente abbandonati; i frammenti ceramici, tutti ricomponibili, erano distribuiti sul pavimento e le oinochoai proto-corinzie di produzione locale, presentano chiaramente i segni di combustione dovuti alla violenza dellincendio. Nella propriet Andrisani, a Metaponto, ben visibile nelle immagini che ho mostrato, vi un fornello che conserva ancora al suo interno, l hydria e la chytra. La stessa situazione si riconosce nelle due capanne, al cui interno i materiali sono stati sicuramente abbandonati. Per quanto riguarda larea pubblica, cio il santuario e lekklesiasterion, segnalo due singolarit. Larea del tempio C, al momento presenta sicuramente i materiali pi antichi in assoluto. Nei livelli dimpianto si trovano le coppe di tipo Thapsos, anche con pannello. Lo stesso contesto, lunico scavato per intero ed in profondit, ospita tra la fine VII e linizio del VI secolo il pi antico edificio di culto del santuario. Un medesimo ambito cronologico riferibile al complesso architettonico dellekklesiasterion. La struttura iniziale e pi antica, credibilmente in legno a giudicare dallesteso e spesso strato carbonioso individuato, occupa gli stessi spazi degli edifici monumentali successivi e si data nella seconda met del VII secolo a. C. Larea urbana di Metaponto alla fine del VII sec. ha gi una precisa organizzazione topografica, ha articolato chiaramente allinterno del suo perimetro spazi sacri e civili. Finora, per, non si conoscevano i tempi e le forme della principale viabilit in estensione verso le vallate dei fiume Bradano e Basento o verso sud, lungo la costa ionica. Le scoperte recenti nella necropoli sulla via per Matera ed il nucleo di sepolture monumentali di localit Crucinia hanno offerto le prime indicazioni per disegnare la rete della viabilit extraurbana. La cronologia dei corredi rinvenuti in queste prime sepolture si fissa fra il corinzio antico ed il corinzio medio, momento in cui la citt comincia a occupare stabilmente ed a strutturare il suo territorio.

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ome illustrato nella relazione, non sembra esistere una cesura di vita nellarea di Policoro. Dopo una lunga fase pre-protocoloniale troviamo in continuit i segni di una trasformazione solo verso gli anni finali del VII secolo a. C. In tali segni rientrano la definizione di spazi per il culto lungo la stretta valle del Varatizzo segnata delle note risorgive dacqua e dalla deposizione delle note statuette di tipo sub-dedalico e la nascita delle prime case realizzate alla maniera greca. Altra trasformazione si evidenzia nel corso del secolo successivo, in una fase di influenza achea, attraverso i fregi fittili dei primi semplici edifici di culto ed attraverso il famoso muro arcaico in mattoni crudi. Questo da interpretare, ormai, non come muro difensivo lungo il perimetro dellacropoli, ma semplicemente come struttura di sostruzione, di protezione del bordo dellacropoli, che presuppone un ingente sforzo collettivo volto alla definizione, trasformazione e protezione degli spazi importanti dellabitato posto sulla sommit del pianoro. Juliette de La Genire

Salvatore Bianco

olevo soffermarmi su ci che ha presentato Silvana Luppino in riferimento al confronto fra la necropoli di Francavilla Marittima e quella di Amendolara Uomo Morto-Paladino. Innanzitutto, ammiro Silvana, la quale ha sistemato il catalogo delle tombe di Amendolara in meno di tre settimane presentandoci dei risultati seri, mentre io - dopo pi di trentanni - ho ancora dei dubbi, delle incertezze su chi era e da dove veniva questo gruppo di persone, una quarantina di adulti, insediatisi sulla collina di San Nicola. La risposta pi plausibile che, cronologicamente, questa gente si collocasse nel mezzo dellEt del Ferro, abitando il villaggio poi abbandonato negli sconvolgimenti avvenuti allindomani della fondazione di Sibari. Questo sembra perfettamente evidente perch il materiale delle poche tombe della primissima incinerazione riconosciuto a San Nicola e a Paladino (ad ovest), contempla e mi riferisco alle tombe femminili - dei bronzi che sono identici a quelli raccolti sporadicamente nella necropoli distrutta di Agliastroso. Essi sono in parte distrutti ed in parte restaurati, dando limpressione che questa popolazione veniva direttamente dal centro abitato dellEt del Ferro che si trovava sotto il rione vecchio di Amendolara. Il problema sorge quando queste evidenze non vengono accettate perch, nellinsediamento dellEt del Ferro, si realizzava una ceramica di tipo geometrico a tenda o con dei motivi contemporanei e si utilizzavano, per bere, dei grandi scodelloni di ascrivibili allEt del Ferro. Sulla collina di San Nicola, a meno di due chilometri dallinsediamento dellEt del Ferro, notiamo che la ceramica prodotta ha acquistato un secondo colore, il rosso, ed i vasi potori sono vasi di forma greca, o coloniale, e quindi mi chiedo quanto tempo occorra per fare due chilometri? Questa la mia domanda. Silvana Luppino

olevo ringraziare madame de La Genire per averci anticipato il suo catalogo, per non abbiamo potuto utilizzare n la planimetria completa della necropoli, n le immagini e i disegni dei materiali, ma solo lelenco dei corredi che ci ha generosamente anticipato e che ci stato estremamente utile.

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Sono consapevole di quanto sia difficile comprendere il lungo lasso di tempo impiegato per fare due chilometri da Agliastroso di cui abbiamo solo il materiale attribuibile alla necropoli. Per quanto riguarda il problema relativo alla comparsa del colore rosso su forme di imitazione greca o di produzione greca, in ogni caso coloniali, sono stati effettuati degli studi dal gruppo di colleghi che hanno lavorato col professor Peroni. La comparsa di questa classe ceramica posteriore alla data accettata della fondazione di Sibari e, su questo, faccio intervenire Francesco Quondam che si occupato del problema specifico. Francesco Quondam

a domanda molto interessante ed importante, perch inserisce il tema dei tempi della colonizzazione. Quanto tempo ci vuole, in quanto tempo si verificano i cambiamenti allinterno della Sibaritide? Per quanto ci riguarda, sulla base dei materiali di Broglio e di Trebisacce - che uno dei siti abbandonati in connessione alla fondazione di Sibari - possibile distinguere una produzione di ceramica bicroma pi antica, anteriore alla fondazione stessa e corrispondente a quella che noi chiamiamo fase del Tardo Geometrico II enotrio (proposto anche da Malnati per alcune tombe di Santa Maria dAnglona). Sono dei bicromi molto semplici con decori come quelli riconosciuti a Broglio. Ad Amendolara, vi una fase decorativa pi evoluta, molto simile a quella dei materiali di Francavilla Marittima che erano stati pubblicati da Yntema. Se proviamo a leggere la distribuzione di questa ceramica bicroma nel territorio, nonostante ci possano essere dei fattori, non solo cronologici, legati alla distribuzione di questi materiali, si pu leggere un lieve scarto nei tempi della risistemazione del territorio. A Torre Mordillo, nella parte centrale della piana, sono stati trovati solo due frammenti di questa ceramica bicroma: uno dagli scavi Trucco e una dai vecchi scavi degli americani. A Broglio, invece, ne stata identificata una presenza abbondante, con motivi decorativi geometrici pi evoluti rispetto a quelli che riscontriamo a Torre Mordillo. Tuttavia per voler dare una risposta esaustiva, potremmo dire che ad Amendolara, Broglio e nella parte settentrionale della piana, ci potrebbe essere un lieve scarto nella cronologia della dislocazione degli insediamenti che comunque rientra nei tempi della strutturazione del territorio. Probabilmente siamo stati troppo schematici, ma quello che volevamo evidenziare, sono gli eventi che si ricollegano a Sibari, a partire dalla fine di quello che era il ciclo insediativo precedente. Luigina Tomay

orrei fare brevemente qualche osservazione. Recenti ritrovamenti da parte dellUniversit di Groningen a Francavilla Marittima ampliano il quadro delle attestazioni presenti nellarea sede, fin dalla deduzione della colonia, di uno dei pi importanti santuari di Sibari. Proprio limportanza di questi nuovi dati, stimola una serie di domande che servono per approfondire il discorso e per tentare di sgombrare il campo da equivoci, che possono generarsi nella loro interpretazione. La denominazione dei colleghi olandesi di Eubean Enotria Pottery lascerebbe intendere, per lappunto, una produzione realizzata da artigiani euboici in area enotria. In merito a questo punto, vorrei chiedere a Jacobsen se dai dati recuperati dallo scavo sul Timpone Motta sono emerse evidenze certe in merito alla produzione di questa ceramica; vale a

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dire, ad esempio, scarti di fornace o qualche altra osservazione desunta dagli strati archeologici indagati, che ci possa indicare con certezza una produzione in loco di queste ceramiche. Questa osservazione assume una certa importanza, se consideriamo i confronti puntuali e precisi che possono instaurarsi tra le ceramiche che ci ha mostrato Jacobsen, cio produzioni che uniscono a forme indigene, tradizioni e sintassi decorative proprie della ceramica euboica. Puntuali confronti anche con aree del versante tirrenico - come le aree etrusche di Pontecagnano - e di Pitecusa, caratterizzate da forme ceramiche peculiari indigene, tipo le scodelle, decorate con motivi decorativi euboici. Mi chiedo se questi spunti non debbano inquadrarsi in una trasmissione di questi modelli tra Pitecusa e la Calabria settentrionale come appunto larea di Sibari, attraverso i recenti ritrovamenti di Francavilla Marittima. Un altro elemento sul quale volevo sollecitare Jacobsen, lapprofondimento in merito alle modalit di ritrovamento di questi materiali di ceramica euboico-enotria, specificando meglio i dati percentuali di attestazione di questi materiali allinterno dei depositi votivi di Francavilla, rispetto alle altre classi ceramiche attestate. Questo, tanto per i materiali recuperati nei livelli precedenti allultimo quarto dellVIII secolo, quanto per quelli recuperati nei livelli che restituiscono, ceramiche tipo Thapsos cio ceramiche di fine VIII - inizio VII secolo. Questo mi sembra importante, perch conosciamo benissimo la complessit dei giacimenti archeologici di Francavilla Marittima, allinterno dei quali vi una serie di articolazioni e quantit di classi di materiali, che soltanto nei discorsi quantitativi possono effettivamente riflettere limportanza del dato. Infine, quale effettiva valenza danno i colleghi olandesi alla presenza di questa ceramiche enotrio-euboiche, rispetto al tema generale del Convegno? Ormai noto come a Francavilla - e lo dimostrano anche i materiali recuperati dagli scavi Zancani-Stoop degli anni 60 nei depositi votivi della Motta se si prosegue oltre lultimo quarto dellVIII secolo, si registrano ancora presenze di materiali indigeni che indicano una continuit di frequentazione, sulle cui forme non abbiamo, a mio avviso, dati sufficienti per individuarne appieno la qualit e la tipologia in modo da definirne completamente gli aspetti.

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Sommario
Premessa Introduzione 5 7

Per una storia del problema Gli storici del XIX e XX secolo di fronte alla colonizzazione greca in Occidente (C. Ampolo) La
colonizzazione dibattito attuale

11 35 61

(E. Greco, M. Lombardo)

greca:

modelli

interpretativi

nel

Il dibattito (G. Maddoli, A. Mele, F. Frisone, A. Pontrandolfo, F. DAndria, C. Ampolo)

Larea egea agli inizi del I Millennio (1000-750 a.C.) The form and structure of Euboean society in the Early Iron Age based on some recent research (A. Mazarakis Ainian) Culti e cultura nella Grecia di et geometrica (1000-750 a.C.) (A. Duplouy) Hygra keleutha. Maritime matters and the ideology of seafaring in the Greek epic tradition (J. P. Crielaard) Lorizzonte euboico nellEgeo ed i primi rapporti con lOccidente (N. Kourou) Achaia: one or two? (M. Petropoulos) 71

101 133 159 189

1515

Pottery production of Achaea in the Northern Peloponnese during the time of colonization (A. Gadolou) Il dibattito (E. Greco, A. Mele, M. Giangiulio, M. Lombardo, A. Duplouy, E. Greco, A. Pontrandolfo, E. Arena)

221 247

Tra Oriente e Occidente Mobilit mediterranea: traffici e presenze egee e orientali in Occidente tra IX e VIII sec. a.C. (D. Ridgway ) Le isole ionie sulle rotte per lOccidente (B. dAgostino) Le
origini della lirici

257 277 305 387 397 421 471

(A. Mele)

Magna Grecia:

i poemi omerici,

Esiodo

e i

Le origini coloniali tra memoria e tradizione (M.Giangiulio) Pratiche culturali e rapporti tra colonia e metropoli (M. Lombardo) La
ricerca archeologica e le manifestazioni rituali tra metropoli e apoikiai

(E. Lippolis, V. Parisi)

Il dibattito (M. Lombardo, P. Poccetti, M. Giangiulio, M. Lombardo)

LOccidente:

forme

processi

di

urbanizzazione

territorializzazione

Processi di strutturazione territoriale: il caso di Taranto (T. E. Cinquantaquattro) Mobilit, migrazioni e fondazioni nel Tarantino arcaico: il caso di LAmastuola (G.-J. Burgers, J. P. Crielaard)

485 523

1516

Il Salento nella prima Et del Ferro (IX - VII sec. a.C.): insediamenti e contesti (F. DAndria) Forme e processi di urbanizzazione e territorializzazione: larea ionica tra Bradano e Cavone ( A. De Siena) Forme e processi di urbanizzazione e di territorializzazione nella fascia costiera ionica tra i fiumi Sinni e Basento (S. Bianco, L. Giardino) Sibaritide: riletture di alcuni contesti funerari tra VIII e VII sec. a.C. (S. Luppino, F. Quondam, M. T. Granese, A. Vanzetti) A Greek enclave at the Iron Age settlement della Motta (J. K. Jacobsen, S. Handberg)
of

549 593 609

643

Timpone

683 719 741

Crotone e Crotoniatide: primi documenti archeologici (fine VIII - inizio VII secolo a.C.) (R. Spadea) Materiali greci e coloniali della prima fase dellantica Kroton. Scavo 2009 nel quartiere settentrionale (D. Marino, M. Corrado, G. P. Mittica, F. Cristiano) Il dibattito (V. Nizzo, E. Lippolis, A. Pontrandolfo, P. G. Guzzo, M. Lombardo, E. Greco, T. Cinquantaquattro, G.-J. Burgers, F. DAndria, I. Tirloni, M. Lombardo, A. De Siena, S. Bianco, J. de La Geniere, S. Luppino, F. Quondam, L. Tomay) Locri Epizefiri: bione)
segni di una citt in formazione

803

(C. Sab-

821 847 855

Locri Epizefiri. Nuovi scavi dellUniversit di Torino (D. Elia, V. Meirano) Hipponion, Medma e Caulonia: nuove evidenze archeologiche a proposito della fondazione ( M. T. Iannelli, B. Minniti, F. A. Cuteri, G. Hyeraci)

1517

Nota sulla ceramica di viii e vii secolo a.C. dallo scavo S. Marco nord-est a Caulonia (M. R. Luberto)

913 927 947 969 985 1015 1077 1103 1131 1149 1171

Larea sacra dellisolato Z a Messina e la ktisis di Zancle (M. Bacci, G. Tigano, M. Ravesi, G. Zavettieri) Rhegion tra porthms e Sila silva (R. Agostino) Calabria e area euboica (L. Mercuri) Mobilit e dinamiche insediative nel golfo di Salerno (M. Cipriani, A. Pontrandolfo) Elea: dalla Greco)
fondazione alla formazione della citt

(G.

La fascia altotirrenica calabrese tra comunit indigene e sub-colonie ( G. Aversa) Forme e processi C. Carter) Mgara Hyblaea: Trziny)
di territorializzazione a

Metaponto (J. (M. Gras, H.

le domande e le risposte

Selinunte: leredit aperte (D. Mertens)

di

Megara Hyblaea

e tante domande

Il dibattito (M. Lombardo, F. Frisone, E. Greco, A. Mele, E. Greco, M. Lombardo, E. Casavola, J. de La Genire, P. Poccetti, C. Ampolo, V. Nizzo, M. Gras, H. Trziny, M. Gras, D. Mertens) Tavola rotonda (E. Greco, A. Pontrandolfo, M. Lombardo, F. Frisone, M. Lombardo, C. Ampolo, E. Lippolis, A. Pontrandolfo, M. Gras, V. Nizzo) Le rassegne archeologiche La Puglia (T. E. Cinquantaquattro)

1183

1207

1518

La Basilicata (A. De Siena) Napoli e Pompei (V. Sampaolo) Le Province di Salerno, Avellino, Benevento e Caserta (L. Rota) La Calabria (S. Bonomi) The Greek excavations in Sibari (M. Petropoulos) La cronaca (L. Pierri, G. Florido, A. Cervellera, C. Petrocelli, E. Greco, A. Siciliano, G. Maddoli, C. Pagano) Elenco contributi borse di studio anno 2010 Lista degli iscritti e dei partecipanti al convegno Indici Indice dei nomi e delle localit notevoli Sommario

1259 1307 1355 1405 1451 1477 1489 1491

1499 1515

1519

FINITO DI STAMPARE NEL MESE DI dicemBRE 2012 DA STAMPA SUD S.P.A. - MOTTOLA (TA)

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