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Rivista del Dipartimento di Scienze storiche archeologiche

e antropologiche dellantichit
Sezioni di Archeologia e Storia dellarte greca, romana e tardo-antica
e di Etruscologia e Antichit italiche
Fondatore: GIULIO Q. GIGLIOLI
Direzione Scientifica
M. PAOLA BAGLIONE, LUCIANA DRAGO,
ENZO LIPPOLIS, MARIANGELA MARINONE, LAURA MICHETTI
GLORIA OLCESE, MARIA GRAZIA PICOZZI, FRANCA TAGLIETTI
Direttore responsabile: FAUSTO ZEVI
Redazione:
FRANCA TAGLIETTI, FABRIZIO SANTI
Vol. LXI - n.s. 11
2010
Estratto
LERMA di BRETSCHNEIDER - ROMA
ArchCl LXI, 2010, pp. 429-490
COLLEZIONI NUMISMATICHE
DELL OTTOCENTO NAPOLETANO
*
gli esordi del giovane fiorelli
[Il Fiorelli] in et giovanissima fu addetto alla scuola di un certo don Benigno Tuzzi, di
Napoli. Egli abitava in un primo piano presso la piazza della Pignasecca. Don Benigno Tuzzi
era raccoglitore di monete antiche, e ne aveva una conoscenza assai profonda. La sua scuola
era assai semplice; aveva due scolari soltanto: Giuseppe Fiorelli e Raffaele Garrucci, che
erano allora due giovanetti. Quando la mattina questi giovani entravano da lui, don Beni-
gno pigliava un sacchetto di monete antiche e le distribuiva in sufficiente numero sopra un
tavolino dichiarando di ciascuna il soggetto e poi confondendole tra di loro. Poi obbligava i
giovanetti a riordinarle secondo la classificazione che ne aveva fatta. [] Don Benigno era
un uomo assai singolare: abitava in primo piano dove era una grande finestra che comuni-
cava con un grande balcone. Nella sua casa entravano soltanto i due scolari e nessunaltra
persona. Con lui viveva una donna, che potremo meglio chiamare una serva, la quale non
era libera di uscire mai di casa, neanche per andare a fare la spesa per il vitto. Dimodoch,
quando si avvicinava il mezzogiorno, don Benigno in persona apriva la finestra, passava sul
balcone e, legato ad un cordino, faceva scendere sulla piazza un panierino, dentro il quale
il carnacottaro poneva quanto era necessario per il pranzo di don Benigno e della donna.
Don Benigno Tuzzi aveva dunque una particolare predilezione per Giuseppe Fiorelli che era
divenuto giovane abbastanza vigoroso, sicch il Tuzzi pot far calcolo sopra di lui per averlo
compagno in un grande viaggio che si proponeva di fare e che fece. Egli possedeva un caval-
lo ed un trabiccolo buono per non pi che due persone, cio don Benigno e Fiorelli. Il viag-
gio che don Benigno aveva in animo di fare era lunghissimo. Si trattava di andare da Napoli
a Benevento, e poi a Foggia e poi, risalendo lungo lAdriatico, per le Marche e la Romagna,
andare fino a Modena per vedere Don Celestino Cavedoni e sentire il parere di lui sopra
certe monete. Per lo scopo del viaggio non era solo questo. Don Benigno, che aveva tante
conoscenze, profittava della strada per fare acquisto di monete e venderne anche qualcuna,
quando avesse avuto la fortuna di farlo a buon prezzo. Il viaggio insomma era un affare, che
doveva essere coronato dallincontro con don Celestino. Il Fiorelli si fermava spesso a rac-
*
Sono molti i debiti che si contraggono con un Maestro ma assai raro che a quelli scientifici se ne affianchi-
no altrettanti connessi alla sfera umana ed emotiva; questo scritto un modesto segno di riconoscenza non soltanto
per quanto dal suo insegnamento ho potuto apprendere ma, soprattutto, per quanto ha saputo dare di ci che non
possibile imparare.
430 valentino nizzo
contare con una certa compiacenza questo incontro. Don Benigno Tuzzi aveva portato una
quantit di monete della cui spiegazione non era certissimo ed aspettava intorno ad esse il
parere del Cavedoni. Era curioso, diceva il Fiorelli, il modo col quale il Cavedoni risponde-
va. Presa in mano la moneta sulla quale era nato il dubbio ed intorno alla quale don Benigno
aspettava il giudizio dellamico, questi faceva subito un segno di sorpresa che fosse nato il
dubbio, mentre al parere di lui, nessun dubbio avrebbe potuto esserci. Viceversa, se era il
Cavedoni a mostrare al Tuzzi qualche pezzo che non riusciva a classificare, don Benigno,
rispondendo in dialetto napoletano, diceva subito che cosa era quella moneta e don Celestino
faceva la faccia della meraviglia. Il Fiorelli, raccontando ci, non mancava mai di aggiunge-
re che il Cavedoni era molto brutto e che anche riguardo alla cura della sua persona lasciava
molto a desiderare.
Con questo suggestivo racconto Felice Barnabei (1842-1922) (Fig. 1) apriva lampia
sezione delle sue Memorie di un archeologo
1
dedicata allepica giovinezza del suo men-
tore, Giuseppe Fiorelli (1823-1896) (Fig. 2), al quale era stato professionalmente e uma-
namente legato sin dal 1865, allepoca del suo primo arrivo a Napoli e del suo debutto
nellarcheologia. Il carattere aneddotico e, a tratti, encomiastico (almeno limitatamente alla
versione data alle stampe) della porzione fiorelliana delle Memorie del Barnabei frutto
della rielaborazione a posteriori dei racconti e delle confidenze dello stesso Fiorelli ha
in parte contribuito ad alimentare il mito del celebre archeologo napoletano, le cui altale-
nanti fortune, fin da quando era ancora in vita, avevano finito per coincidere mirabilmente
con quelle dellepopea risorgimentale, della quale fu testimone privilegiato prima in virt
dei suoi stretti legami con il conte di Siracusa, Leopoldo di Borbone fratello del re delle
Due Sicilie Ferdinando II e, poi, per il suo ruolo da protagonista nella concezione e nella
direzione delle principali istituzioni create dal neonato Stato per la tutela e la salvaguardia
delle antichit. Larcheologia novecentesca, infatti, aveva individuato in Fiorelli il proprio
nume-fondatore, ascrivendolo in quellempireo degli eroi risorgimentali dal quale, non
senza difficolt, si sta cercando negli ultimi anni di recuperarlo per ricostruirne, scremati
i toni celebrativi, la reale personalit scientifica e ricollocarla in modo pi appropriato nel
panorama culturale contemporaneo, italiano e internazionale
2
.
1
Pubblicate postume nel 1933, sono state oggetto recentemente di una accurata riedizione critica (barnabei,
delpino 1991) che tiene conto delle diverse redazioni manoscritte dellopera. Per il passo in questione vd. ibid., p.
140 con ulteriori riferimenti bibliografici. Colgo loccasione per rivolgere un sincero ringraziamento al Prof. Filip-
po Delpino che ha sempre incoraggiato linteresse di chi scrive per la storia dellarcheologia e lo ha arricchito con
spunti critici e costanti stimoli.
2
Come ha evidenziato Stefano De Caro (de caro 1994), la riedizione delle Memorie di Barnabei, integrata
con i suoi appunti inediti, ha fornito contributi significativi per una rilettura critica e, per cos dire, demitizzata
della biografia fiorelliana. I limiti e le debolezze di Fiorelli, che affiorano a tratti dalle pagine inedite del Barnabei,
vanno tuttavia interpretati alla luce degli intenti e della prospettiva dellarcheologo di Castelli. Questultimo, infatti,
inglobando nella sua autobiografia ampi squarci della vita del suo mentore e diretto predecessore poneva, in modo
pi o meno consapevole, le basi di un confronto che se, da un lato, lo avrebbe indirettamente nobilitato, dallaltro,
collezioni numismatiche dell' ottocento napoletano 431
Le pagine relative agli esordi del
giovane Fiorelli, tuttavia, pi delle altre
ci restituiscono uno squarcio fededegno
della condizione del collezionismo numi-
smatico della prima met dellOttocento
non solo a Napoli ma, pi in generale,
nel resto della Penisola, un panorama nel
quale potevano trovarsi a interagire pro-
tagonisti nobili e notabili, quali il mode-
Fig. 1. felice barnabei (1842-1922). Ritrat-
to: Napoli 1870 ca. (da barnabei,
delpino 1991, Fig. 78).
indubitabilmente, avrebbe rischiato di oscurarlo, come poi di fatto avvenne anche dopo la loro edizione postuma,
essendo esse quasi del tutto scevre di quei toni e di quelle constatazioni che contraddistinguono gli appunti e le ver-
sioni manoscritte dellopera. Sul Fiorelli si vedano da ultimi: scatozza hricht 1987, pp. 865-880; genovese
1992; de angelis 1993; barbanera 1998, pp. 19 ss., con bibl. alle pp. 198-9, nota 101; Atti Fiorelli 1999; sul
giovane Fiorelli vd. in particolare: milanese 1995; fraschetti 1999; milanese 1999. Per la fortuna del
Fiorelli fra gli studiosi tedeschi si veda da ultimo pirson 1999, lavoro nel quale vengono messi in luce giudizi non
sempre lusinghieri sulla sua personalit scientifica (Mommsen-Henzen 16/XI/1845: Costui [Fiorelli], lInstituto
deve cercare di attirarlo a s; non diventer mai un Avellino, ma il pi capace fra i giovani studiosi di qui;
Henzen-Gerhard, 20/III/1865: Fiorelli un Associato e un appassionato, privo di erudizione ma anche di pre-
sunzione) in contrasto almeno apparente con gli onori dei quali venne insignito, legati non sempre a questioni di
merito quanto di opportunit.
Fig. 2. giuseppe fiorelli (1823-1896).
Ritratto: Napoli 1865 ca. (da barnabei,
delpino 1991, Fig. 80).
432 valentino nizzo
nese Celestino Cavedoni (1795-1865)
3

(Fig. 3), accanto a singolari e caratteristi-
ci comprimari che, come loscuro don
Benigno, risultavano non meno preparati
e influenti dei primi, tanto da travalicare
con la propria fama e il proprio operato
le soglie anguste del Regno delle Due
Sicilie
4
. Le testimonianze relative a tale
periodo raccolte dal Barnabei meritano di
essere integrate con quelle pi scarne tra-
mandate in prima persona da Fiorelli nei
suoi Appunti autobiografici. Il passo
relativo al 1843 anno in cui Fiorelli, dopo
lapprendistato con don Benigno, dava
alle stampe appena ventenne la sua prima
monografia:
I 3 anni passati nella familiarit di Benigno
Tuzii mi diedero agio di conoscere pratica-
mente, con la scorta di lui, migliaia e migliaia di monete, che egli teneva in serbo per farne
commercio, e mi porsero altres occasione di avvicinare i principali venditori e raccoglitori
di esse, che erano in quel tempo Michele Santangelo, il conte Milano, il principe di Sangior-
gio, il canonico Iorio, Michele Tafuri, Salvatore Fusco, Gennaro Riccio, Domenico Catala-
no, Carlo Bonucci, Ascherson, Gio. Battista Casanova, Onofrio Pacileo, Raffaele Gargiulo,
Raffaele Bacone, Pasquale Lambrisi, i fratelli De Crescenzo, i fratelli Mazzola, ed il siciliano
3
Su Cavedoni vd. bortolotti 1866 e f. parente, s.v., in DBI 1979, vol. XXIII, con bibl.
4
Le informazioni disponibili su Benigno Tuzii (questa sembra essere la grafia corretta del cognome, sebbene
lo stesso Fiorelli la riporti in altre varianti) sono assai limitate (barnabei-delpino 1991, p. 86 e nota 18 a pp.
97-8, p. 140 e p. 403); lavor al medagliere del Museo Borbonico nel 1840 e nel 1844 e, fra il 1838 e il 1842, fu
tra i suoi principali fornitori (fiorelli 1864, pp. 120 e 166); il legame con il Museo di Napoli far s che Cave-
doni, allepoca della visita ricordata da Barnabei (che dovette aver luogo poco dopo il 10/XII/1840), in una lettera
indirizzata allAvellino lo designasse espertissimo Sig. D. Benigno Tuzi, Ispettore del R. Medagliere Borboni-
co, inducendo Minervini a postillare: Tuzi non fu mai Ispettore del R. Medagliere, era un esperto negoziatore
di antiche monete che non aspir giammai a fama di dottrina (bortolotti 1866, p. 552; di un altro soggiorno
modenese del Tuzii, nellagosto del 1847, fa menzione Cavedoni in BullArchNap 1859, p. 34); al 1834 almeno
risalivano i suoi rapporti con il collezionista vibonese Vito Capialbi, come testimonia una lettera di questultimo al
Kellermann edita in v. capialbi, Opuscoli varii, Napoli 1849, v. III, p. 141. Sul condiscepolo di Fiorelli, Raffaele
Garrucci (1812-1885, gesuita e celebre archeologo ottocentesco, ultimo esponente della tradizione erudita storico-
antiquaria, autore, fra le altre cose, dellopera Le monete dellItalia antica, Roma 1885, apparsa postuma, alla quale
apport alcune lievi correzioni lo stesso Fiorelli: barnabei-delpino 1991, p. 140), vd. C. ferone, s.v., in DBI
1999, vol. LII, con bibl.; per un giudizio critico sulla sua opera numismatica vd. cantilena 1996, p. 72, nota 7.
Fig. 3. celestino cavedoni (1795-1865).
Ritratto, Universit di Modena, Sala
Consiglio.
collezioni numismatiche dell' ottocento napoletano 433
Giuseppe Cuoco, esimio falsificatore di ogni genere di monete. I quali sapendomi scolare del
Tuzii, che tutti reputavano il maggior conoscitore di tal sorta di antichit, ricorrevano spes-
so al mio giudizio, o mi facevano arbitro dei loro negozi, dandomi modo di vedere tutto ci
che dalle province capitava agli orefici ed agli antiquari di Napoli, e di acquistare talvolta
monete inedite e rare, poco stimate o non avvertite da altri. Diedi cos principio ad un meda-
gliere, che lottimo padre mio ingrand notevolmente, comprandomi la raccolta del Catalano,
ed alquanti sacchi di monete di bronzo, abbandonate dal Tuzii nelle mani di un suo creditore;
nel qual medagliere composto unicamente di monete urbiche, ebbi il piacere di annoverare
monete rarissime, in particolare della Magna Grecia e dellApulia, dove in quegli anni erano
pi frequenti gli scavi.
Primo frutto dei miei studi fu una memoria, intitolata Osservazioni sopra talune monete rare
di citt greche
5
, che pubblicai nellaprile del 1843, e che il Braun, nel presentare allIstituto,
chiam erudita opera in cui erano trattate con molta diligenza le medaglie di Taranto e di
Turii, raccomandando lesame di s dotto lavoro ai numismatici per eccellenza. Questopera
mi valse lonore di una recensione del Cavedoni, la nomina di corrispondente dellAccade-
mia Ercolanese, e dellIstituto archeologico di Roma. Era pi di tutto quello che potevo spe-
rare da un primo lavoro, fatto senza alcun indirizzo scientifico, essendo il Tuzii affatto ignaro
di letteratura classica, e riboccante di astruserie e simbolismi, malamente appresi dallo Spi-
cilegio
6
del Cavedoni
7
.
Lorgoglio col quale Fiorelli ricordava, quasi incredulo, i successi consegui-
ti allindomani del suo precoce debutto non destano meraviglia se si tiene conto
del carattere approssimativo e quasi dilettantesco della sua formazione
8
, legata pi
allesperienza sul campo che alla riflessione e alla rielaborazione teorica e afflitta
da quei limiti e da quelle lacune che sin da giovane egli dovette individuare nel suo
improvvisato maestro e dai quali, nonostante notevoli sforzi da autodidatta, non sem-
brerebbe essere riuscito del tutto a emanciparsi se nel vero quanto asseriva Felice
5
fiorelli 1843. La monografia era stata preceduta da due contributi pubblicati quandera appena diciotten-
ne: g. fiorelli, Medaglie inedite di Taranto, in BullInst 1841, pp. 172-174 (dedicato a un piccolo gruppo di
monete inedite comprese nella sua collezione personale); id., Scavi di Taranto, ibid., pp. 186-188. Per un elenco
delle pubblicazioni di Fiorelli vd. palumbo 1913. Per la recensione del Braun a fiorelli 1843 citata pi avanti
nel testo vd. e. braun, in BullInst 1843, p. 92; per quella di Cavedoni vd. cavedoni 1844. Nel 1846 Fiorelli
fond e cur ledizione degli Annali di Numismatica, rivista che, nonostante i propositi e legida dellInstituto di
Corrispondenza, ebbe effimera durata.
6
cavedoni 1838.
7
fiorelli 1939, pp. 23-4.
8
A 18 anni Fiorelli aveva conseguito la laurea in giurisprudenza e aveva cominciato il suo apprendistato da
avvocato per poi interromperlo a vantaggio delle sue vere passioni. Comera costume allepoca, durante tutta la sua
adolescenza aveva potuto coltivare, grazie al sostegno del padre (un militare di origini lucerine, trasferitosi a Napoli
sedicenne e, per meriti conseguiti sul campo, divenuto Maggiore del Genio), i suoi interessi antiquari e, in partico-
lar modo, numismatici, prima con insegnanti privati e, poi, alla bottega del Tuzii (fra i 17 e i 20 anni) a latere dei
suoi studi universitari. Sulla formazione di Fiorelli vd. lintroduzione del nipote a. avena in fiorelli 1939.
434 valentino nizzo
Barnabei diversi anni dopo: Il Fiorelli, per esempio, sapeva il latino fino a un certo
punto, ed era del tutto digiuno di greco
9
.
Gli onori conseguiti in patria e allestero con quel suo primo scritto mostrano, tutta-
via, come una preparazione dilettantesca non venisse percepita quale limite insormonta-
bile in unepoca in cui larcheologia stentava ancora a emanciparsi dallantiquaria erudita
di stampo settecentesco e, ben lungi dallaver individuato un proprio metodo, guardava
confusamente allepigrafia, alla numismatica e alla filologia come gli strumenti cardine
per linterpretazione e la ricostruzione del passato. Nella Napoli della prima met dellOt-
tocento luoghi privilegiati per la discussione delle problematiche archeologiche non erano
ancora la aule universitarie
10
quanto piuttosto i locali della libreria Detken in piazza del
Plebiscito (poi, dai primi del '900, rilevata dal padre di Werner Johannowsky che ci piace
ricordare in questa sede), vicino ai portici di S. Francesco di Paola, che, pi dei circoli
letterari o di Accademie come quella Ercolanese, erano divenuti il punto dincontro per
gli intellettuali di tutta la provincia che vi convergevano per conoscere e farsi conoscere
e per discutere le ultime novit editoriali italiane e straniere, giunte spesso su quei banchi
dopo aver fortunosamente aggirato i rigidi controlli della censura borbonica
11
. Altro teatro
9
barnabei-delpino 1991, p. 88. La testimonianza di Barnabei contrasta con un lusinghiero giudizio con-
seguito allet di 9 anni e cit. in palumbo 1913, p. 3: Don Giuseppe Fiorelli, di anni nove, appena iniziato nel
Metodo [Poliglotto], allapertura dellIstituto [Fuoco] (1 gennaio 1832), ora valorosissimo nellitaliano e nel
latino. Col concorso del Quadro, non solo interpreta ogni frase classica, ma ponendovi senno, potrebbe interpreta-
re ogni testo di lingua.
10
La prima cattedra di archeologia presso lUniversit di Napoli venne istituita con decreto di Ferdinando I
nel 1816 e affidata, in seguito a un concorso dagli esiti assai contestati, al giovanissimo Bernardo Quaranta (1796-
1867) neolaureato in giurisprudenza, che la detenne ininterrottamente dal 1816 al 1860 (torraca et Al. 1924,
pp. 536 s.; cerasuolo 1987, p. 23; rispoli 1987, pp. 506 ss.); la titolatura dellinsegnamento Archeologia e
Letteratura greca e, dal 1850, Lingua e Archeologia Greca - mostra tuttavia come il taglio tematico prevalente fos-
se quello umanistico e filologico, sicch possibile affermare che la prima vera e propria Cattedra di Archeologia
dellateneo partenopeo sia stata quella istituita nel 1860 a opera del Ministro della Pubblica Istruzione Francesco
De Sanctis e affidata a Giuseppe Fiorelli: vd. russo 1928, pp. 129 e ss.; adamo muscettola 1999. Sulle vicen-
de relative allistituzione delle prime cattedre di archeologia in Italia vd. catoni 1993; sullUniversit di Napoli
nell800 vd. da ultimo tessitore 1997.
11
Sul ruolo della libreria Detken (fondata nel 1836 da Albert Detken, tedesco di Brema, titolare di un
grande emporio librario in relazione commerciale con le pi insigni librerie europee e americane) nel panora-
ma intellettuale della Napoli borbonica si vedano ancora le Memorie di Barnabei: Uno dei luoghi pi repu-
tati, in cui era possibile incontrarsi con i dotti che dimoravano a Napoli era la libreria del tedesco Alberto
Detken, [] quasi un club dove convenivano giornalmente quanti si occupavano di antichit. [] Nella libre-
ria Detken [] era possibile insomma mettersi al corrente di ogni novit. Il Fiorelli non vi mancava mai e la
sua presenza era considerata una fortuna per molti di quelli che vi convenivano, specialmente se forestieri
(barnabei-delpino 1991, pp. 99 e 139 con bibl. alla nota 1 di p. 106; vd. inoltre croce 1929, pp. 264,
295-296, mascilli migliorini 1997, p. 28); a un incontro con Fiorelli nella libreria Detken dovette il suo
destino anche Giulio De Petra, divenuto nel 1875 suo successore alla guida del Museo Archeologico di Napoli
(scatozza hricht 1987, p. 881).
collezioni numismatiche dell' ottocento napoletano 435
di erudite discussioni era costituito dai salotti della nobilt napoletana di antica e recente
formazione, avida di ospitare nelle sue stanze gli studiosi pi acclamati e, spesso, di inco-
raggiarne le ricerche con atti di vero e proprio mecenatismo. A una di queste famiglie, in
particolare, il giovane Fiorelli dovette non solo la sua introduzione nellambiente aristo-
cratico napoletano ma anche la fortuna del suo brillante esordio, com possibile desumere
dalla stessa dedica del suo primo scritto: Al chiarissimo cavaliere D. Michele Santange-
lo, membro della Reale Accademia ercolanese di archeologia e di altre societ letterarie,
insigne conoscitore dogni antico monumento. Un attestato di stima, quello di Fiorelli,
che venne ben presto ricambiato con alti onori da parte del Ministro degli Interni Nicola
Santangelo, fratello di Michele, il quale, nel 1844, lo nomin prima Ispettore addetto alla
Soprintendenza Generale degli Scavi di Antichit di Napoli e, poi, nel 1847 Ispettore de
R. Scavi di Pompei; a questi incarichi si era aggiunto nel 1848 quello altrettanto prestigio-
so e impegnativo del riordino del medagliere del Real Museo Borbonico, al quale si era
dedicato fino ad allora, con scarsi frutti, Francesco Maria Avellino, il pi autorevole numi-
smatico napoletano, direttore del museo e degli scavi del regno sin dal 1839.
Passione dilettantesca per lantico e collezionismo sono, con le debite proporzioni,
le matrici che accomunano lesperienza di studiosi come Fiorelli e, prima ancora di lui,
Arditi e Avellino con quella di celebri collezionisti come i Santangelo, in unepoca in cui
le raccolte di antichit erano una consuetudine vissuta pi nel privato che nel pubblico e
il concetto di tutela muoveva allora i suoi primi timidi passi nella legislazione dellItalia
preunitaria
12
. Non un caso quindi che lopera prima di Fiorelli traesse linfa dalla sua
stessa collezione privata di monete e dalle primizie che aveva potuto osservare nelle rac-
colte dei suoi illustri protettori, amici e, talvolta, clienti.
Le radici del collezionismo napoletano, numismatico e non solo, tuttavia, posso-
no essere rintracciate in tempi ben pi lontani e possono, per certi versi, coincidere con
quella che la storia del principale medagliere partenopeo, quello del Real Museo Bor-
bonico, le cui vicende sono inestricabilmente avvinte alle stesse sorti del Regno e al cui
riordino, come si visto, Fiorelli aveva legato sin dalla prima giovinezza il suo nome.
gli studi numismatici e la riscoperta della mAgnA grAeCiA: il '500
merito di Arnaldo Momigliano prima e di Carmine Ampolo poi
13
avere evidenzia-
to come la riscoperta della Magna Graecia e della realt culturale che sottesa a questa
12
Perfettamente condivisibile a tale proposito il lucido e sintetico giudizio espresso da Guzzo su Fiorelli e sul
clima culturale dellarcheologia vesuviana del XIX secolo: La sua formazione, quasi da autodidatta, rispecchia
il clima angusto dellantiquaria napoletana: e la sua febbrile ed appassionata attivit pompeiana precostituisce
lautoreferenzialit di questa disciplina settoriale (guzzo 1997, p. 57). Sulla legislazione dei beni culturali nel
Regno delle Due Sicilie vd. dalla negra 1987, pp. 36-48 e dalconzo 1999.
13
Vd. ampolo 1985, pp. 52 ss. con bibl. precedente a p. 370 e ampolo 2005b.
436 valentino nizzo
entit topografica sia stata effettuata nella seconda met del Cinquecento in opere incen-
trate prevalentemente sulla documentazione numismatica come i Sicilia et Magna Grae-
cia. Historiae urbium et populorum Graeciae, ex antiquis numismatibus liber I (Bruges
1579) dellolandese Hubert Goltz (1526-1583)
14
, autore di diversi altri scritti di erudizio-
ne antiquaria, o i Rariora magnae Graeciae numismata (Roma 1592), editi pochi anni
dopo da Prosperus Parisius.
Sulla scia della riflessione storiografica umanistica
15
lintuizione del valore testi-
moniale delle monete risaliva infatti sino al Petrarca e alla luce delle acquisizioni dei
primi trattati di topografia storica del Biondo e dellAlberti, oggetto di ulteriori perfezio-
namenti da parte del Clverius e dello Holstenius, le monete nelle opere del Goltzius e
del Parisius, come in quelle della maggior parte degli eruditi del XVI e del XVII secolo,
venivano considerate per la loro natura incorruttibile
16
, per la ripetitivit dei tipi, per la
diffusione e per le loro stesse analogie funzionali e concettuali con la monetazione con-
temporanea, la principale base documentaria per la ricostruzione storica e sociale dellan-
tichit
17
. Lesame dei soggetti in esse ritratti fuso con linterpretazione delle legende loro
associate costituivano spesso la chiave di volta per lindividuazione delliconografia di un
determinato personaggio (A. Fulvio, F. Orsini), lidentificazione di un monumento o per
la ricostruzione di uno specifico episodio storico o leggendario fra quelli sovente raffigu-
rati nelle emissioni di et repubblicana, cos come le liste di popoli e citt che potevano
essere desunte dallesame delle monete di stile greco ponevano le basi per una ricompo-
sizione del panorama corografico del Mediterraneo antico. La decifrazione di tali codici
costituiva tuttavia, molto spesso, un mero ed effimero esercizio di erudizione, pronto a
essere costantemente scalzato in seguito a nuove acquisizioni o a pi audaci e dotte elu-
cubrazioni. La mancanza di sistematicit, la limitatezza delle sintesi e lassenza di una
puntuale riflessione critica potevano, inoltre, dar luogo a fantasiose quanto libere interpre-
tazioni in virt delle quali sembrava lecito ipotizzare una equazione diretta fra il soggetto
raffigurato su una moneta e il suo contesto di rinvenimento.
Gli anni in cui il Goltzius e il Parisius delineavano le loro sintesi sono quelli in cui
operava, al servizio del Cardinale Alessandro Farnese, come bibliotecario e consulen-
14
Opera che andava a completare i Graecia, sive historiae urbium et populorum Graeciae ex antiquis numi-
smatibus restitutae libri quatuor (Bruges 1576) dando nel complesso lidea di una grecit dOccidente contrapposta
a quella della madrepatria; instancabile viaggiatore, raccoglitore e compilatore il Goltzius, dopo le aspre critiche
di Eckhel che aveva evidenziato lelevatissimo numero di falsi contenuti nei suoi scritti, stato riabilitato e corret-
tamente inquadrato nella temperie coeva solo a partire dai primi del 900. Sul Goltzius vd. babelon 1901, coll.
102-105.
15
Sugli albori degli studi numismatici si vedano babelon 1901, coll. 89-135; panvini rosati 1980;
giard 1980; la guardia 1984. Sul Petrarca numismatico: magnaguti 1907; panvini rosati 1970, p. 254.
16
e. spanheim, Dissertatio de praestantia et usu numismatum antiquorum, Roma 1664; schnapp 1994, pp.
162-164.
17
cantilena 2001, p. 13 ss.
collezioni numismatiche dell' ottocento napoletano 437
te di antichit, uno dei pi celebri e influenti antiquari e numismatici del XVI secolo,
Fulvio Orsini (1529-1600)
18
, artefice per conto dellillustre prelato di uno dei pi ricchi
medaglieri dEuropa, espressione del gusto e delle tendenze del tempo e oggetto di pro-
gressivi accrescimenti nel corso del secolo seguente allepoca del suo trasferimento nella
Galleria Ducale di Parma e fino alla sua confluenza, per lascito testamentario, fra i beni
della dinastia dei Borbone, erede, tramite Elisabetta Farnese (1692-1766), dei possedi-
menti e dei titoli farnesiani
19
.
dai farnese ai borbone: la rinascita dellantico nella napoli di carlo iii
Ultima discendente dei duchi di Parma e Piacenza, Elisabetta Farnese, allindomani
dei trattati di Utrecht e Rastadt (1713-14) che, fra le altre cose, avevano stabilito lan-
nessione allAustria del Regno di Napoli dopo secoli di dominazione iberica, era andata
in moglie al re di Spagna Filippo V di Borbone (1683-1746), appena divenuto vedovo,
al quale, nel 1716, avrebbe dato un discendente, Carlo (1716-88), destinato a ereditare,
in quanto figlio di secondo letto, i soli titoli materni. Nota per la sua determinazione
20
,
Elisabetta seppe con paziente astuzia orientare la politica spagnola verso lItalia e costru-
ire in tal modo il destino del figlio, divenuto, sotto la sua tutela e guida, prima duca di
Parma e Piacenza (1731-34 col nome di Carlo I), poi re di Napoli (1734-59 col nome di
Carlo VII) e, infine, coronando le aspirazioni materne, re di Spagna (1759-88) col nome
di Carlo III (Fig. 4).
Una volta strappato il Regno di Napoli agli Austriaci nel 1734, Elisabetta dispose
il trasferimento nella capitale partenopea di una parte delle ricche collezioni farnesia-
18
Autore nel 1570 delle Imagines et elogia virorum illustrium et eruditorum ex antiquis lapidibus et numi-
smatibus expressa e nel 1577 delle Familiae Romanae quae reperiuntur in antiquis numismatibus ab Urbe condita
ad tempore divi Augusti, per i suoi interessi nellidentificazione fisiognomica dei personaggi del passato veniva
ritenuto da Ennio Quirino Visconti il padre delliconografia antica e uno dei pochi numismatici meritevole di
essere preso in considerazione, secondo lillustre giudizio di Bartolomeo Borghesi (nella dedica allAldini che apre
la prima centuria delle sue Decadi: borghesi 1862-1897, vol. I, p. 136: Ondio mi protesto che di proposito non
imprendo ad esaminare se non le opinioni dei cinque principali scrittori di questa serie, dellOrsino cio, del Pati-
no, del Vaillant, dellAvercampo e dellEckhel). SullOrsini vd. da ultimi cellini 2004, carbonell manils,
barreda pascual 2005 e la bibl. citata alla nota 15.
19
Sul Medagliere Farnesiano e il suo ruolo nello sviluppo degli studi numismatici vd., da ultima, cantilena
1995 e cantilena 2001, con bibl. prec.
20
celeberrimo quanto ebbe ad affermare su di lei Federico II di Prussia detto il Grande: Il cuore di un
romano, la fierezza di uno spartano, la costanza di un inglese, lastuzia di un italiano, la vivacit di un francese,
formarono questa donna singolare. Ella cammina audacemente al compimento dei suoi disegni; non vi cosa che
sappia stupirla, niente che sappia fermarla. Su Elisabetta e, in generale, sui Farnese vd. drei 1954, nasalli
rocca 1969 e Farnese 1995.
438 valentino nizzo
ne conservate a Parma
21
, le quali vennero
accolte provvisoriamente e in gran disor-
dine nelle stanze del Palazzo Reale fino al
loro trasferimento nella villa fatta costru-
ire appositamente fra il 1738 e il 1759
sulla collina di Capodimonte
22
. Il Meda-
gliere Farnesiano, oggetto prima del suo
trasferimento a Napoli di innumerevoli
studi e di una edizione parziale in dieci
tomi
23
, segu le stesse sorti del resto del-
la collezione sebbene, per la sua fama e il
suo interesse, fra il 1736 e il 1738, fosse
oggetto di una risistemazione e provviso-
ria esposizione a cura di Marcello Venuti
e Bernardino Lolli
24
, per essere poi trasfe-
Fig. 4. carlo iii borbone (1716-1788).
Dipinto di Anton Raphael Mengs, 1761
(Museo del Prado, Madrid).
21
Lo statuario farnesiano, invece, venne trasferito da Roma solo a opera del successore di Carlo III, Ferdi-
nando I, a partire dal 1786, a cura del pittore Filippo Hackert e dellantiquario Domenico Venuti: de franciscis
1963, pp. 36-39 e, da ultimo, gasparri 2007.
22
Sullo stato di disordine delle raccolte farnesiane al loro arrivo a Napoli vd. fittipaldi 1995, pp. 7 ss. Sul
Palazzo Reale di Capodimonte: molaJoli 1961.
23
Dellopera (intitolata I Cesari in oro [] raccolti nel Farnese Museo colle loro congrue interpretazioni),
rimasta largamente incompleta ma da considerare senzaltro uno degli esempi pi importanti di catalogo di una col-
lezione numismatica fra quelli editi fra il XVII e il XVIII secolo, apparvero fra il 1694 e il 1721 i primi otto volumi
a cura del gesuita Paolo Pedrusi, e, fra il 1724 e il 1727, i restanti due a cura di Pietro Piovene il quale, dedican-
do il nono al Duca Francesco Farnese, scriveva significativamente: Linclito genitore di V.A. Ranuccio Secondo
fu quello che col Museo Farnese e col Mondo fecesi un merito nuovo [] facendo pubblico un Tesoro che per
tantanni tenuto sera racchiuso: elf in primo col disporlo alla veduta di tutti in bella serie, e poi rendendolo
ancora pi pubblico per via delle stampe.
24
Il Venuti (1700-1755), erudito e antiquario cortonese di chiara fama, aveva seguito a Napoli nel 1734 Carlo
III il quale gli aveva affidato lincarico di Soprintendente della Libreria Reale e del Museo Farnesiano, per poi
rientrare in patria nel 1740 (sullattivit del Venuti a Napoli e su quella di suo figlio Domenico 1745-1817; diret-
tore della manifattura di porcellane di Capodimonte dal 1779 e Soprintendente Generale agli Scavi di Antichit del
Regno dal 1784 al 1799 vd. guerrieri 1979; d. gallo in barocchi, gallo 1985, pp. 53 ss.; strazzullo
1991; milanese 1996-97, pp. 349 ss. con bibl. alla nota 10; castorina 1996-97, pp. 311 ss. e, su Domenico, 315
ss.; dalconzo 1999, p. 80, nota 25); il Lolli era stato soprintendente alla Galleria farnesiana e, dopo il suo tra-
collezioni numismatiche dell' ottocento napoletano 439
rito a Capodimonte sin dal 1758, anno in cui ebbe modo di esaminarlo e apprezzarlo
Winckelmann
25
.
I venticinque anni di regno trascorsi a Napoli da Carlo III furono contraddistinti da
una straordinaria messe di successi culturali oltre che militari. Particolarmente signifi-
cativi furono quelli conseguiti in campo archeologico, in virt dei quali, nellarco di
pochi decenni, cambi radicalmente la percezione stessa dellantichit e, conseguente-
mente, quella dei processi interpretativi e cognitivi che ne caratterizzavano fino ad allora
lo studio, come mostrano le prime teorizzazioni storico-artistiche di Winckelmann (che,
gi nel 1757, scriveva: Mi studio di offrire un lavoro originale [la Geschichte der Kunst
des Alterthums, pubblicata poi nel 1764], che tratti precipuamente dello stile delle opere
degli antichi scultori egizii, etruschi, e greci [] Ho anche unintenzione secondaria,
che quella di dare scacco matto allo studio dei meschinelli antiquarii di Roma []
sferimento, dal 1738 conservatore delle preziosit del Regio Guardaroba (fittipaldi 1995, pp. 7 ss.). Sul primo
allestimento del medagliere nelle sale del Palazzo Reale si veda la testimonianza di Charles de Brosses, presidente
del Parlamento di Borgogna, che, dopo aver criticato i ritardi nella risistemazione delle collezioni, il 24/XI/1739,
scriveva: Il tutto rimasto finora nel pi completo disordine, e solo da poco comincia a trovare una sistemazione,
a cura del signor Venuti, sovrintendente alle gallerie; un gentiluomo fiorentino, molto esperto, soprattutto per
quanto concerne le medaglie [] La raccolta della famiglia Farnese una delle pi belle e delle pi complete che
esistano in Europa. Mi ha affascinato specialmente il modo indovinato e razionale nel quale esse sono disposte, in
grandi vetrine poco profonde, munite di inferriato e distese orizzontalmente su cavalletti. Le medaglie sono alline-
ate in file orizzontali; sono infilate, o sembrano esserlo, in bacchette di rame, come pesciolini allo spiedo. Le due
estremit degli spiedini terminano ai lati della vetrina entro fessure nelle quali possibile farle girare; in questo
modo agevole, pur senza poter n toccare n rimuovere le medaglie, vederle con tutta comodit, da diritto e da
rovescio, e anche tutti i rovesci di una stessa fila (de brosses 1973, p. 248). Le filze di rame viste da de Bros-
ses e descritte anche dai visitatori successivi costituiranno poi, durante il riordino curato dallAvellino nell800,
lindizio per distinguere le monete della raccolta farnesiana da quelle acquisite successivamente: milanese 1995,
pp. 179 ss.
25
Le medaglie sono disposte in venti gran tavoloni coperti di una stiaccia e sottil rete di rame. Tutte sono
incastrate in bacchette di bronzo, le quali si voltano in modo che si pu vedere il diritto e il rovescio. Le ho esami-
nate, levatane la stiaccia, giornate intere (J.J. wincKelmann, Lettera al consiglier Bianconi cit. in cantilena
1989, p. 72, nota 1 con bibl.; sulla visita a Capodimonte del Winckelmann vd. inoltre molaJoli 1961, p. 22 e
cantilena 1995, pp. 147-148; su Winckelmann a Napoli vd. scatozza hricht 1987, pp. 815 ss., con bibl.
alla nota 1). Nel 1708, come documenta un importante inventario (cantilena 1995, loc. cit.), il medagliere farne-
siano contava pi di 9000 esemplari ai quali, in seguito allacquisto della collezione di N.J. Foucault nel 1724, se ne
sarebbero aggiunti altri 8000, per un totale stimabile in oltre 17000 monete al momento del trasferimento a Napoli.
Il trasloco dal Palazzo Reale e la loro risistemazione a Capodimonte vennero affidati al padre somasco Giovanni
Maria Della Torre (1710-1782) cultore delle scienze fisiche e mattematiche piuttosto che antiquario ma prediletto
dal re perch le sue particolari competenze avrebbero potuto contribuire alla comprensione dei fenomeni vulcanici
che avevano causato la distruzione delle citt vesuviane il quale diresse il Museo e la Quadreria farnesiana sino
alla morte, coadiuvato negli ultimi anni dal padre Eustachio dAfflitto che gli sarebbe poi succeduto rimanendo in
carica fino al 1784. Su Della Torre vd. i cenni biografici contenuti nellopera del Castaldi sullAccademia Ercola-
nese, della quale era accademico sin dallanno della fondazione nel 1755: castaldi 1840, pp. 240-245.
440 valentino nizzo
Di monete e di cose che non gettano molta luce sul progetto, che ho incominciato, non
mi curo n punto n poco []
26
) e, fra la fine del XVIII e il principio del XIX secolo,
lesplosione del neoclassicismo come fenomeno culturale, artistico e di gusto
27
. Scoperte
quali quelle di Ercolano, nota gi dal 1710 ma oggetto di scavi regolari solo a partire dal
1738 per volont del re, di Pompei nel 1748, di Stabia nel 1749 e della Villa dei Papiri
indagata fra il 1750 e il 1761, avevano restituito di colpo vitalit allantico e avevano
posto con sorprendente efficacia laccento sulle potenzialit dellarcheologia intesa
anche come attivit di raccolta e registrazione dei dati sul campo
28
per la risoluzio-
ne delle pi disparate questioni interpretative legate alla ricostruzione storica e sociale
dellantichit, integrate criticamente con i dati delle discipline cardine dellantiquaria:
la filologia, la numismatica e lepigrafia. I semi per lo sviluppo di una sensibilit che
potremmo oggi definire contestuale erano stati piantati, ma i primi frutti avrebbero
cominciato a essere colti solo nel secolo seguente; come rilevava Fausto Zevi nel 1980,
quella degli scavi di Ercolano e Pompei una vicenda che, pur nelle molte occasioni
perdute resta sempre la massima operazione dellantiquaria del secolo, e, comunque la
si riguardi, una delle tappe fondamentali dellarcheologia di ogni tempo
29
.
La testimonianza del sorgere di una maggiore consapevolezza dellimportanza del
dato contestuale lato sensu pu tuttavia essere gi colta dallemanazione, nel 1755, del-
le note prammatiche con le quali Carlo III forn uno dei primi strumenti legislativi per
la tutela delle antichit nellItalia preunitaria. Attraverso queste, infatti, ponendo signi-
ficative limitazioni al diritto di propriet, si affermava il principio della conservazione
nel luogo (o, per lo meno, nello Stato) di origine dei monumenti antichi
30
, un princi-
pio che lo stesso re, con un gesto dal profondo significato simbolico, volle onorare, al
momento della sua partenza per Madrid il 6 ottobre del 1759, sfilandosi dal dito lanello
pompeiano che era sempre solito portare per destinarlo alle raccolte di antichit chegli
lasciava in Napoli, presso il Palazzo di Capodimonte e il Museo di Portici
31
. Come ha
26
J.J. wincKelmann, Lettera al sig. Genzmar a Stargard del 20/IX/1757, trad. di C. Fea in Opere, vol. IX,
Prato 1832, pp. 227 s.
27
praz 1959; Knight 1995.
28
Ne sono prova, ad esempio, le planimetrie realizzate dagli ingegneri Bardet e Weber, questultimo, in par-
ticolare, noto per la sua sensibilit archeologica, spesso osteggiata da Gioacchino DAlcubierre, direttore degli
scavi.
29
zevi 1980, p. 58; su queste problematiche vd. inoltre zevi 1988, Ercolano 1993 e pagano 2005.
30
Nota prammatica LVII: Nessuna persona di qualunque stato, grado o condizione che sia, ardisca dora
in avanti di estrarre o fare estrarre, o per mare, o per terra, dalle Province del Regno per Paesi Esteri qualunque
monumento antico [] senza che preceda lespressa licenza di S. M., e ci sotto la pena della perdita della roba che
sestrae e di tre anni di galea per glIgnobili, e danni tre di relegazione per li Nobili [..]. Sulle prammatiche del
1755, ispirate alleditto Valenti emanato nel 1750 nello Stato Pontificio, vd. fittipaldi 1995, pp. 25 ss.; dalcon-
zo 1995; dalconzo 1999. Sul quadro legislativo preunitario vd. pi in generale speroni 1988 e emiliani 1996.
31
Lanello in questione linv. 25181 edito in breglia 1941, p. 75, n. 599 e p. 133, nota 26; siviero 1954,
n. 436; Pompei 1976, cat. 49. Sulla vicenda e sullanello vd. guzzo 1995 e dalconzo 1995, pp. 75-76 con bibl.
collezioni numismatiche dell' ottocento napoletano 441
ben evidenziato Paola DAlconzo e come rivela la stessa politica borbonica degli anni
seguenti segnata da uno stridente contrasto fra aspirazioni illuministe e pretese assoluti-
ste, quellatto non era dettato da alcun fine pubblicistico, se non nel senso di una totale
identificazione fra Stato e Monarchia che avrebbe permesso al suo successore di gestire
le raccolte museali come una propriet personale, assimilando allasse ereditario di origi-
ne farnesiana anche i nuclei aggregatisi a esso successivamente ed esercitandone il pos-
sesso con modalit che, paradossalmente, ne avrebbero poi garantito, almeno in parte, la
tutela e la salvaguardia
32
.
da carlo iii a ferdinando i: la riscoperta della mAgnA grAeCiA nel secolo dei lumi
Circondatosi di illustri eruditi e letterati provenienti dalle province del Regno e dal
resto dItalia e dEuropa, Carlo III, prima di lasciare Napoli nelle mani del piccolo Ferdi-
nando IV (poi divenuto Ferdinando I; 1751-1825) che avrebbe proseguito la politica pater-
na sotto la guida illuminata del ministro Bernardo Tanucci (1698-1783; toscano, discepo-
lo di L.A. Muratori e maestro a sua volta dei fratelli Venuti, giunto a Napoli col re nel
1734 al momento del suo insediamento), aveva posto le basi per una rinascita intellettuale,
artistica e architettonica della citt ispirata a quei presupposti culturali e razionalisti propri
dellincipiente illuminismo. A tal fine, la riscoperta dellantico doveva essere accompa-
gnata da adeguate pubblicazioni che, attraverso sontuosi apparati iconografici espressio-
ne del gusto e dellestro del tempo, sulla scorta di opere come Lantiquit explique del
Montfaucon pubblicata nel 1722
33
ne illustrassero i risultati per maggior gloria del re,
piuttosto che per il semplice compiacimento degli appassionati e degli antiquari, dato che
volumi come Le antichit di Ercolano esposte (apparse fra il 1757 e il 1792) erano stati
concepiti per essere offerti quale dono esclusivo ai principali sovrani e dignitari dEuropa,
venendo meno a qualsivoglia intento divulgativo
34
. Le stesse contraddizioni connotavano,
32
dalconzo 1999, passim e, in particolare, pp. 135-136; sul carattere allodiale (e, quindi, privato) delle
collezioni borboniche, sancito dal Decreto con il quale, allepoca della seconda Restaurazione il 22/II/1816, veniva
istituito il Reale Museo Borbonico, vd. la chiara sintesi di milanese 1995.
33
schnapp 1994, pp. 208 ss.
34
Su queste problematiche vd. diffusamente zevi 1980, id. 1981, id. 1988, dalconzo 1999, pp. 33-34,
nota 8, e i vari contributi editi in Vesuvio 1998 (vd. in particolare gli articoli di a. castorina e f. zevi, e. chiosi
e A. diorio, h. eristov). Scriveva a tale proposito labate Galiani al ministro Tanucci lamentando le modalit
selettive di distribuzione dellopera: A dirla schietta, giacch questo libro non si vende, a me pare che meglio si
darebbe a chi ci ha reso servigio, pu rendercene molti altri e che lo intende, che non a tanti Celti, Vandali, Breto-
ni ignoranti, che non ci hanno reso servizio alcuno (cit. in Knight 1995, p. 154, con rif.). Su Ferdinando Galiani
(1728-1787) vd. s. de maJo, s.v., in DBI 1998, vol. LI e foraboschi 1990, con bibl.; membro dellAccademia
dal 1755 e ambasciatore del Regno di Napoli a Parigi fra il 1759 e il 1769, economista ante litteram, fu tra i primi
a occuparsi della moneta antica in una prospettiva storico-economica, dandone prova in una dissertazione giovanile
rimasta a lungo inedita Sullo stato della moneta ai tempi della guerra Trojana per quanto ritraesi dal Poema di
442 valentino nizzo
almeno in parte, le raccolte museali fatte allestire nel Museo Ercolanense
35
realizzato,
a partire dal 1750, in unala del Palazzo Reale di Portici al fine di accogliere le antichit
delle citt vesuviane e rimasto in uso fino al 1799, anno in cui i materiali che ornavano le
sue 18 sale vennero provvisoriamente trasferiti a Palermo e nel palazzo di Capodimonte,
alle quali si poteva accedere con modalit molto restrittive che, oltre a calmierare il numero
dei visitatori, prevedevano limitazioni anche alla possibilit di prendere appunti o trarre
schizzi degli oggetti esposti
36
, cosa che dest non poca indignazione fra gli antiquari e gli
appassionati del tempo, vista la sostanziale inaccessibilit delle pubblicazioni finanziate dal
re, la snervante lentezza della loro stampa e la crescente curiosit dellopinione pubblica.
Per far fronte alle critiche e accelerare lopera di edizione che, nel 1747, era stata affidata
per simpatie politiche a Ottavio Antonio Bayardi
37
Carlo III istitu, nel 1755, lo stesso
anno delle prammatiche, la Regale Accademia Ercolanese
38
, chiamando a farne parte quin-
dici fra i pi noti e apprezzati studiosi nel campo delle scienze antiquarie e non solo, desti-
nati a essere sostituiti solo dopo la loro morte. Fra questi, oltre a personaggi come il Padre
somasco Della Torre, responsabile delle raccolte farnesiane di Capodimonte, o lo Zarrillo,
suo successore, figuravano eruditi del livello di Alessio Simmaco Mazzocchi (1684-1771)
(Fig. 5), prelato capuano, principale artefice, attraverso gli scritti e le riflessioni teoriche
che avevano seguito il ritrovamento nel 1732 delle Tabulae Heracleenses
39
, della risco-
perta della grecit dOccidente, nonch responsabile, per quel che concerneva qualunque
monumento di antichit (eccetto i dipinti e le sculture affidate, rispettivamente, a G. Bonito
e J. Canart, non a caso un pittore e uno scultore), del rilascio della licenza per lestrazio-
ne, come stabilito nella prammatica LVIII che lo definiva uomo dotato non solamente di
somma perizia in s fatte cose, ma anche di una gran probit, ed onoratezza
40
. Grazie ai
Commentarii del Mazzocchi, infatti, ai tesori della romanit delle citt vesuviane venivano
Omero, letta nellAccademia degli Emuli nel 1748 e poi parzialmente confluita, nel 1750-51, nel suo celebre tratta-
to Della moneta.
35
Sul Museo di Portici vd. allroggen-bedel, Kammerer-grothaus 1983; fittipaldi 1995, pp. 18
ss.; cantilena 2008; per loriginario allestimento del Museo vd. le testimonianze dei viaggiatori francesi raccolte
in grell 1982, pp. 123-167 e quella del toscano Puccini del 1783, in ferri missano 1995.
36
scatozza hricht 1987, pp. 819-820.
37
maiuri 1937, p. 42.
38
Sulle origini e i limiti dellAccademia vd. dalconzo 1995, pp. 38 e ss., con rif. alle note 10 e 13 e la
bibl. supra cit. alle note 25 e 34.
39
Sulla loro scoperta e il significato culturale delledizione curata dal Mazzocchi (Commentarii in Regii
Hercolanensis Musei Aeneas Tabulas Heracleenses, Neapoli 1754-55, ma diffusa solo a partire dal 1758) vd.
ampolo 1985, pp. 58 e ss. e, da ultimo, id. 2005a, con bibl. prec. Sul Mazzocchi, in generale, borraro 1979
e ceserani 2007; come molti altri eruditi e notabili contemporanei Mazzocchi possedeva un pregevol museo
numismatico che don al re Ferdinando I e che dovette confluire nelle raccolte del Real Museo (giustiniani
1797-1816, vol. 6, p. 356).
40
dalconzo 1999, p. 146, app. 4.
collezioni numismatiche dell' ottocento napoletano 443
ad affiancarsi i fasti di quella Megale Hellas che, agli occhi degli intellettuali napoletani
del Settecento, pi di Roma, costituiva il modello culturale e artistico del quale il neonato
Regno di Napoli retto da Carlo III (al quale, nello stesso 1734, era andata ricongiungendosi
anche la Sicilia) poteva e doveva sentirsi erede, non solo intellettuale, ma anche politico.
Lampia Diatriba de Magnae Graeciae contenuta nel I volume dei Commentarii
costituiva, in tal senso, il primo esempio moderno di trattazione sistematica delle pro-
blematiche storico-antiquarie della Magna Grecia. Esse, infatti, venivano approfondite
mediante il confronto di tutte le fonti disponibili, letterarie, numismatiche, epigrafiche
e, pi latamente, archeologiche, e sottoposte a un approfondito vaglio critico, secondo i
migliori dettami della storiografia e dellantiquaria contemporanee discipline affinate
e traghettate nellilluminismo grazie allopera di studiosi come G.B. Vico (1668-1744),
L.A. Muratori (1672-1750) e S. Maffei (1675-1755) sul quale, tuttavia, pesava ancora
lingombrante fardello delle ricostruzioni storiche veterotestamentarie che, riconducendo
Fig. 5. alessio simmaco mazzocchi (1684-1771). Monumento funebre, Cappella di Santa
Restituta, Duomo di Napoli (foto v. nizzo).
444 valentino nizzo
lesperienza umana a una fittizia unit postdiluviana, rendevano legittime le pi astruse e
velleitarie comparazioni linguistiche.
Le tesi del Mazzocchi proponevano una nuova interpretazione in chiave pitagorica
del concetto stesso di Magna Grecia, le cui origini venivano fatte risalire non alla vastit
dei territori ma alla doctrinarum magnitudine che avrebbe contraddistinto quelle terre
prima dellarrivo dei Romani, una teorizzazione, questultima, che, sottintendendo piut-
tosto esplicitamente un parallelismo con la fioritura intellettuale della Napoli contempo-
ranea, poneva i presupposti letterari e concettuali che sono alle fondamenta del Platone
in Italia di Vincenzo Cuoco (1770-1823), pubblicato nel 1804, quando, fra le alterne
vicende delle conquiste napoleoniche assimilate a quelle dei Romani, venivano gettati i
primi semi dei futuri sentimenti risorgimentali e si diffondeva la coscienza di quella pre-
sunta superiorit culturale dellItalia pre-romana sostenuta gi da Vico quasi un secolo
prima (de antiquissima Italorum sapientia)
41
.
La riscoperta letteraria e filosofica della Magna Grecia era accompagnata da quella
dei suoi straordinari monumenti che, per la prima volta, venivano inclusi negli itinerari
del Grand Tour
42
, come avvenne nel caso dei templi di Paestum
43
, visitati da Winckel-
mann nel 1758 e oggetto di illustrazione nei pi celebri resoconti di viaggio dellepoca
come il Voyage pittoresque del Saint-Non (Paris 1781-1786) o nelle stampe dei Piranesi
e del Guattani.
alle radici del collezionismo antiquario napoletano del '700: dalla raccolta del
duca di noJa alla nascita del reAl museo
Il fervore culturale della Napoli carolina, nonostante le pretese accentratrici dei Bor-
bone e le ricordate prammatiche, da un lato aveva dato notevole impulso alla fioritura di
collezioni private fra gli aristocratici del Regno, bramosi di emulare il loro re, e, dallaltro,
aveva ravvivato il mercato antiquario partenopeo, facendo convergere a Napoli commer-
cianti e collezionisti di tutta Europa bramosi di intraprendere scavi per proprio conto e di
formare raccolte di antichit da esibire in patria, cosa che fece lievitare notevolmente il
loro prezzo, come lamentava, fra gli altri, Goethe nel 1787
44
. Fra i pi celebri collezionisti
41
cerasuolo 1987a; tessitore 1997, p. 60.
42
Grand Tour 1997.
43
Sulla riscoperta di Paestum vd. pontrandolfo 1996, cipriani, avagliano 2005.
44
Si pagano adesso grandi somme per i vasi etruschi e certamente vi sono fra questi dei belli e magnifici
esemplari. Non c forestiero, che non ami possederne qualcuno: dal Viaggio in Italia di J. W. Goethe, 9/III/1787,
cit. in porzio, causa picone 1983, p. 76; vd. inoltre ibid. gli schizzi autografi del Goethe raffiguranti i dettagli
di alcune monete riprodotti a p. 75 (n. 54) e a p. 77 (nn. 58-59), a riprova degli interessi antiquari e numismatici del
letterato di Weimar di cui vi sono molte testimonianze anche nella sua corrispondenza: [] oggi siamo stati []
a Capodimonte dov una grande collezione di quadri, di medaglie, ecc.; non ben disposta, ma vi sono oggetti
collezioni numismatiche dell' ottocento napoletano 445
del tempo figura notoriamente W. Hamilton (1731-1803) (Fig. 6) che, nei circa quarantan-
ni in cui fu ambasciatore di sua maest britannica a Napoli (dal 1764), fu in grado di rac-
cogliere due distinte collezioni, la prima, oggetto sul modello delle Antichit di Ercolano
di una prestigiosa edizione in 4 volumi illustrati da dHancarville fra il 1766-67
45
, vendu-
ta nel 1772 al British Museum e, la seconda, messa insieme fra il 1789 e il 1791, anches-
sa documentata in una prestigiosa, sebbene graficamente pi modesta, edizione (1791-95)
con le tavole di Wilhelm Tischbein (1751-1829), rivelatasi poi particolarmente preziosa in
seguito al naufragio della raccolta durante il suo trasporto in Inghilterra nel 1798
46
.
Una descrizione interessante delle condizioni del collezionismo napoletano nei pri-
mi anni di regno di Carlo III ci offerta da un testimone esterno ma, grazie alla sua
fervida attivit epistolare
47
, molto ben informato sui fatti, il fiorentino Anton Francesco
di valore [] Tutto ci che ci arriva nel Nord alla spicciolata, monete, gemme, vasi, come anche i mezzi alberi
di limone, fanno in massa ben altro effetto qui, ove cotesti tesori sono indigeni: presso di noi la rarit dei lavori
darte fa loro acquistare maggior pregio; qui invece non simpara a stimare se non lottimo (goethe 1987, p.
33). Laumento della richiesta di vasi etruschi e, conseguentemente, anche quello del loro prezzo, risaliva gi
alla met del secolo, come testimonia la corrispondenza del Gori (masci 2003, p. 137). Una vivida testimonian-
za dei meccanismi e delle insidie del mercato antiquario partenopeo (e, in particolare, di quello numismatico)
dellultimo quarto del XVIII secolo offerta dal carteggio di Alberto Fortis (1741-1803), naturalista e geologo
patavino attivo a Napoli per circa un ventennio sino al 1793, recentemente valorizzato in toscano 2004 ed ead.
2006, pp. 134 ss., dal quale si desume come anche il celebre Melchiorre Delfico (1744-1835; autore, fra le altre
cose, dellopera Dellantica Numismatica della citt di Atri nel Piceno, Teramo 1824) possedesse la pi bella e
scelta collezione durbiche che si possa vedere a Napoli (lettera di Fortis a Tommaso degli Obizzi collezionista
patavino, per conto del quale effettuava acquisti di antichit e, in particolare, di monete Napoli 6/VII/1790, cit.
in toscano 2006, p. 154), raccolta che, in seguito agli eventi che ne causarono la fuga da Napoli dopo i fatti del
1799, gli venne derubata al momento dellimbarco da Pescara (sul Delfico collezionista vd. da ultimo marino
2005). A riprova della diffusione anche nelle parti pi remote del Regno dei rudimenti della cultura antiquaria
significativo quanto scriveva Fortis allObizzi il 6/XI/1790 da Molfetta, durante una delle sue escursioni mone-
tarie, asserendo che non v pi un angolo del Regno dove si possa pescare coglioni in fatto danticaglie! Tutti
mandano a Napoli, e mandano anche le bazzecole (ibid., p. 162); il 22/XI da Terlizzi aggiungeva: Non potete
immaginarvi quale furore nummario sia entrato per tutte le province (ibid., p. 163), un furore che, a suo dire,
era stato alimentato per le matte deglInglesi, e Furlocchi (Fortis allObizzi, 11/XII da Terlizzi, ibid., p. 164).
45
dhancarville 2004.
46
Sullattivit collezionistica di Hamilton, spesso segnata da episodi incresciosi quali, nel 1787, la ricetta-
zione di reperti trafugati dal Reale Museo di Portici (dalconzo 1999, pp. 65-67, p. 80, nota 28), vd. da ultimi:
Knight 1990, JenKins, sloan 1996, castorina 1996-97; s. schutze in dhancarville 2004 e milanese,
de caro 2005. Fra i materiali della prima collezione Hamilton figuravano ca. 6000 monete antiche: babelon
1901, col. 186. Fra le raccolte acquisite da Hamilton vi era anche quella del Conte Grassi di Pianura (vd. avanti alla
nota 50).
47
I carteggi e i manoscritti goriani, conservati nella biblioteca Marucelliana di Firenze, sono stati oggetto
negli ultimi anni di studi monografici e accurate (sebbene ancora parziali) edizioni, che hanno messo in luce la fitta
trama di contatti costruita da Gori nei suoi lunghi anni di attivit, restituendo uno spaccato dellantiquaria settecen-
tesca di straordinaria importanza: masci 2003; de benedictis, marzi 2004; gambaro 2008.
446 valentino nizzo
Gori (1691-1757), autore di alcune delle
pi celebri opere dellantiquaria dellepo-
ca (fra le quali merita di essere ricordato il
Museum Florentinum, Firenze 1740-1742,
uno dei pi importanti scritti catalogici
dellerudizione settecentesca italiana, il
cui primo volume era dedicato alle raccol-
te numismatiche medicee
48
), il quale, nel
1742, scriveva:
Facendo ora passaggio ad accennare le
Gallerie Napolitane, merita il primo onore di
essere rammentata con la pi singolar lode, la
Regia. Pieno di Vasi Etruschi
49
di ogni gene-
re il museo del Sig. Don Felice Mastrilli,
assai ben fornito dIdoli scavati nel Sannio.
N dissomigliante quello del signor Con-
sigliero Porcinaro, che il pi compito di
quanti ne siano in quella Metropoli. Succede
a questi quello del Sig. Francesco Enrigo de
Grassi, conte di Pianura, e del dottissimo Sig.
Matteo Egizio, Bibliotecario di Sua Maest;
e del nobile Sig. Del Tufo. La Biblioteca dei
PP. Teatini a SS. Apostoli, ornata intorno
di moltissimi Vasi Etruschi, in questa passati
per eredit del celebre Valletta []. Non vi
poi Palazzo in Napoli di alcun gran Signore,
in cui per ornamento delle stanze, degli appartamenti non si vedano Vasi Dipinti, e di ottima
simmetria e lucentezza
50
.
Fig. 6. william hamilton (1731-1803).
Dipinto di Pompeo Batoni, 1778
(Museo del Prado, Madrid).
48
Sul Gori numismatico vd. babelon 1901, col. 167; panvini rosati 1970, p. 257; panvini rosati
1980, p. 288.
49
Sullorigine dei vasi figurati Gori intrattenne una vivace polemica con gli antiquari napoletani in parti-
colare con Matteo Egizio (1674-1745; sul quale vd. m. ceresa, s.v., in DBI 1993, vol. XLII, con bibl.) che, il 29/
III/1739, gli scriveva: vengo a vasi, che chiamansi Etruschi [] in un di essi leggeasi di quadrato e legittimo
carattere Greco [] argomento che gli artefici fussero stati Greci, e non Etruschi. Dalla gran copia, che se ne
ritruova in varie parti della campagna Felice di qui conghiettavamo che i nostri antichi ne mandavano in Toscana,
e non pi lo contrario i quali da tempo sostenevano una loro origine greca a scapito di quella etrusca per la qua-
le parteggiavano, con evidenti intenti campanilistici, gli studiosi dalla scuola toscana. Su queste problematiche
vd. diffusamente masci 2003, pp. 53-63; gambaro 2008, pp. 21-22.
50
gori 1742, p. CCXLV s. Per una rassegna delle principali collezioni di antichit napoletane del XVII e
XVIII sec. vd. inoltre giustiniani 1797-1816, vol. 6 (1803), pp. 353-357 (con menzione delle raccolte del duca di
Sora, dei marchesi di Grottole e Montorio, di G.B. Manso marchese di Villa, di G.B. della Porta, di F. Imperato e F.
Picchiatti, del card. F. Buoncompagno, dei principi di Monetemiletta, della Rocca e di Conca, di Francesco Errico
collezioni numismatiche dell' ottocento napoletano 447
Fra i protagonisti della vita culturale della Napoli carolina omesso dal Gori poich
si dedic allantiquaria e al collezionismo solo dopo il 1744 va senza dubbio incluso
Giovanni Carafa Duca di Noja (1715-1768), le cui raccolte, ancora oggi malnote, ven-
nero inglobate fra quelle borboniche pochi anni dopo la sua morte, nel gennaio del 1771,
grazie allinteressamento di Camillo Paderni e del Ministro Tanucci
51
. Originario di una
delle pi illustri famiglie della Terra di Bari, Giovanni Carafa si distinse in occasione
della guerra di Velletri (1744) guidando, col grado di colonnello, un reggimento di fan-
teria reclutato nelle sue terre dorigine; per tali meriti venne incluso (1747) fra i Genti-
luomini di Camera di Carlo III, ossia nella cerchia di aristocratici pi vicina al re, cosa
che gli permise di tornare a coltivare i suoi interessi eruditi che, come per altri studiosi
dellepoca
52
, spaziavano dalle scienze naturali e matematiche dal 1738 era lettore dot-
Crasso [scil. Grassi], di A.S. Mazzocchi, del barone Ronchi, dei PP. Domenicani di S. Caterina a Formello andata
dispersa in seguito agli eventi del 1799 e di M. Egizio). Sul collezionismo settecentesco napoletano vd. hasKell
1980, castorina 1996-97, masci 2003, pp. 11-14 e pp. 129 ss. con ampia bibl., rao 2007 e, in generale, cese-
rani, milanese 2007; sul Museo Mastrilli vd. lyons 1992; sulla collezione Valletta, formatasi a partire dalla
fine del '600, vd. masci 1999; sulla collezione di Francesco Grassi (1685-1762; accademico Ercolanese dal 1755),
conte di Pianura, costituita in particolare da un ricco medagliere assai lodato dal Mazzocchi, vd. castaldi 1840,
pp. 166-168: form una speciosa biblioteca ed un pregevole museo numismatico ricco benanche di altre antica-
glie [] Nel suo palazzo baronale di Pianura raccolse anche delle inscrizioni antiche in marmo []. [Dopo la sua
morte] del suo museo fece acquisto il cavaliere Hamilton. Per la collezione Picchiatti, dispersa gi alla fine del
'600, vd. la nota 91. Prima del XVII secolo non sono note a Napoli significative raccolte di antichit e, in partico-
lare, numismatiche a eccezione di quella messa insieme da Alfonso dAragona durante il suo regno (1442-1458),
nella quale erano comprese monete greche e romane (babelon 1901, coll. 86-87) e di quella raccolta dal suo
consigliere, Diomede Carafa (1406 ca.-1487) nel palazzo che porta oggi il suo nome e che, nel 1813, pass ai San-
tangelo (vd. avanti), nella quale, tuttavia, non sembra figurasse un medagliere (persico 1899, pp. 88 s.; milanese
1996, p. 171 e p. 178, nota 6 con bibl.).
51
Lettera di B. Tanucci a Carlo III dell8/I/1771 cit. in dalconzo 1999, p. 57, nota 58: [] Finalmente
dopo tante difficolt sullapprezzo del Museo del Duca di Noja suscitate da quellAncarville Lorenese mercante
dAntichit [P.-F. H. dHancarville, 1719-1805, sul quale vd. la bibl. cit. alla nota 46], e avventuriere sfrattato da
molti Stati, che Kaunitz introdusse con G. Duca, Cavalcanti, e Canisio Deputati del Re han riferito il consenso
di Noja allapprezzo antico con qualche piccola mutazione, per la quale il prezzo non passa molto li 12mila duc.
[]. Sul Carafa vd. u. baldini, s.v., in DBI 1976, vol. XIX, con bibl. prec. cui adde villarosa 1834, vol. II,
pp. 56-62, bevilacqua 1995, sforza 2005. La biografia del Carafa, secondo limpostazione data ai suoi Ritratti
da C.A. da Rosa (Marchese di Villarosa), era introdotta da un sonetto che merita di essere riportato: Ne degni
studj del felice ingegno \ spieg costui il ben temprato acume; \ del ver nel calle al desiato segno \ Lui scorse di
Matesi il chiaro lume.\ Indi allinvito del guerriero Nume \ altro volse nel cor nobil disegno \ e seguendo degli Avi
il bel costume \ di armati od armi al minacciato Regno. \ Alfin nellalta antichit simmerse, \ e ogni raro Cimelio
appien pregiato \ prodigo allocchio indagatore offerse. \ E vi sar chi pi maligno o folle \ dica che in nobil cuna
un uom gi nato \ in ozio viva neghittoso e molle?.
52
Si veda, ad esempio, il caso del padre Della Torre cit. supra alla nota 25 o quelli del Capecelatro e del
Minervino cit. avanti alla nota 92; lo stesso Hamilton, come noto, costituisce un luminoso esempio di tale comunio-
ne di interessi; su queste problematiche vd. da ultima toscano 2007.
448 valentino nizzo
tica e matematica nellUniversit di Napoli allantiquaria. Assecondando il suo estro
enciclopedico, il Carafa mise insieme una raccolta che, a imitazione delle wunderkam-
mern seicentesche, coniugava le cose naturali con le antichit, per raccogliere le quali
aveva girato tutta Europa ed era entrato in contatto con i maggiori intellettuali del tempo,
come ricordava il Marchese di Villarosa:
Finita la guerra [] si invogli di mettere in ordine un museo di produzioni terrestri e
marittime. Ma qual ne fosse la cagione, abbandonato il pensier delle cose naturali, si vol-
se ad ordinare un museo di antichit riguardanti specialmente il nostro Regno. [] Ebbe il
contento di vedere appena nato, assai presto cresciuto un museo pieno di cose singolarissime
contenente una raccolta di pi migliaia di medaglie le quali recarono molta luce a parecchie
cose state fino a quei d oscure qual fu la scoperta di esservi state 25 altre citt nel Regno
oltre le conosciute nella Storia antica che avevano il dritto di batter moneta. Ed eran degne
di attenzione in questo museo alcune pitture etrusche fatte a fresco conservate meraviglio-
samente
53
, rarissimi mosaici di grandissimo valore, molti bronzi ed infinite gemme
54
delle
quali 900 annulari, quantit di vasi italo greci delle pi belle forme, molti originali marmi
ed inscrizioni Greche e Latine
55
, lucerne moltissime, statue e bassi rilievi tutte cose degne di
ammirazione e di studio agli amatori dellarcheologia. Oltre di tutto ci, si ammirava quivi
uno strabocchevole numero di stampe de pi valenti incisori Italiani e dOltremonti, gran
quantit di disegni originali di famosi professori ed una bellissima raccolta di quadri di insi-
gni dipintori []. Da per tutto ricev quelle significazioni di onore dovute alla sua celebrit
e ci non solo da letterati che conobbe fra quali si contano il Buffon, il Conte di Chailus, il
Prevosto Gori, il Marchese Maffei, il Voltaire, M. Pellerein, il Prevosto Venuti, il Dr. Lami,
M. Preslein, Pietro Musckembroech []. Fu cosi grande la fama del di lui sapere e del suo
dovizioso museo che i colti stranieri che qua venivano eran solleciti di visitarlo e nel partirne
eran costretti dire che niuna pi singolar gemma o pi preziosa poteva ivi essere osservata,
di quel che fosse il padrone medesimo lauto, mostravasi cortese ed affettuoso con tutti.
53
Da identificare con quelle a lungo considerate pestane ma di provenienza nolana oggi conservate nel
Museo Archeologico di Napoli: JenKins 1996 e la scheda di v. sampaolo, in Napoli 1996, pp. 252-254, cat.
17.1-4.
54
Alcune delle quali poi cedute allHamilton: JenKins, sloan 1996, pp. 203-206, nn. 93-106.
55
Sulla raccolta di iscrizioni, anchessa entrata nelle collezioni borboniche, vd. gervasio 1856, pp. 11-12:
Non saprei dire con accerto quando e come passarono nel Real museo i marmi letterati che aveva nel suo palagio
raccolti il Duca di Noja D. Giovanni Carafa signore napoletano, nel quale non saprebbesi che pi ammirare se
lardore per lo studio delle antichit e specialmente della numismatica, ovvero lamore per riunire a buon dato
antichi monumenti, e farne generosamente copia a letterati che frequentavano la sua dotta conversazione, servendo
in tal modo al progresso della scienza. Dopo limmatura sua morte [] la sua raccolta di anticaglie dogni genere,
nella quale distinguevasi quella de marmi letterati, dovette esser acquistata pel Real museo, ove sono i detti mar-
mi, e ve nha qualcuno ch ancor segnato col nome dellantico possessore. Questi marmi del Duca di Noja sono i
ruderi di quei chesistevano una volta ne palagi e nelle ville di alcune famiglie magnatizie e doviziose di Napoli, e
ve nha taluno che appartenne gi alla raccolta di Adriano Guglielmo Spatafora, e molti ancor ve ne hanno di quei
che avevano riuniti i signori Maza nobili Salernitani nellamena villa di loro propriet a Mergellina.
collezioni numismatiche dell' ottocento napoletano 449
Come mostra il brano citato, Carafa affianc sempre allattivit di raccolta unat-
tenta riflessione teorica dandone prova in diversi scritti, fra i quali ne vennero editi solo
alcuni incentrati su tematiche scientifiche. La morte prematura e limpegno e le spese
profuse per la realizzazione della Carta Topografica della citt di Napoli (Fig. 7)
lopera pi importante alla quale legato il suo nome, apparsa postuma nel 1775, dopo
la cessione della collezione di antichit ai Borbone compiuta dal figlio Pompeo per estin-
guere i debiti contratti dal padre nellimpresa gli impedirono di dare alle stampe alcuni
suoi scritti antiquari andati dispersi dopo la sua morte, fra i quali figurava un Libro delle
monete del Regno
56
contenente il catalogo della sua collezione numismatica, nel quale,
secondo quanto testimoniano diversi autori, avrebbe identificato 25 nuove zecche di citt
della Magna Grecia, oltre quelle gi note
57
.
Lintuito del Duca di Noja non si manifest soltanto nella ricerca scientifica e anti-
quaria ma traspare con chiarezza anche in un brano della sua Lettera ad un amico,
pubblicata anonimamente nel 1750, nel quale, elencando ci che mancava a Napoli per
farne una citt europea, sembra anticipare sulla carta le linee guida della politica cultura-
le perseguita e, in parte realizzata, da Carlo III e, poi, da Ferdinando I:
Ma la nostra citt [], ha presentemente pi dalcuna citt grande dEuropa necessit
dessere riordinata ed a un migliore stato ridotta. Mancano in essa [] le abitazioni de
principi reali, colle loro corti distinte e separate, edifizj ove possa riporsi il nobilissimo
Museo Farnese, colle singolari meravigliose pitture, ed antichit dissotterrate, altri in cui
siano le macchine Fisiche, ed Astronomiche, lOsservatorio Celeste, lOrto de Semplici, il
56
Lopera viene menzionata con questo titolo da Origlia nel 1754 (g. origlia, Istoria dello studio di Napoli,
vol. 2, p. 295), anno in cui, stando a questultimo, doveva gi trovarsi sotto torchio. Qualche dato in pi lo si pu
dedurre da A. Gervasio (gervasio 1856, p. 11, nota 1) che, nel 1856, affermava che conservasi ancora presso
legregio mio amico D. Scipione Volpicella il Catalogo del medagliere posseduto dal Carafa in 4 volumi fol. dallo
stesso compilato, opera da identificare plausibilmente con quella menzionata da Origlia e nota anche ad altri auto-
ri. Gervasio (loc. cit.) menziona inoltre un altro scritto del Carafa Sullarte figulina degli antichi che incominciossi
a pubblicare nella Stamperia Reale colla stessa magnificenza che i volumi delle Antichit di Ercolano. Presso il
cav. Francesco Carelli gi Segretario perpetuo della Reale Accademia Ercolanese io vidi anni sono alcuni fogli di
detta opera che giungevano fino al 4 Capitolo. Lunica opera edita sulla collezione Carafa (f. daniele, Spiegazio-
ne di alcuni monumenti del Museo Carafa, Napoli 1778) risultava di difficile reperimento gi per Fiorelli che scri-
veva (fiorelli 1864, p. 118, nota 1): Mancano affatto le notizie riguardanti il medagliere posseduto dal Duca di
Noia [] quantunque siavi una descrizione di quella raccolta scritta dal Daniele [] tirata a soli dodici [tredici
in gervasio 1856] esemplari []. Mi noto peraltro che quel libro, consistente di sole 8 pagine numerate e 40
tavole, oltre una grande maschera scenica impressa sul titolo, ed il ritratto in rame del Carafa inciso dallAloja,
non contiene alcuna descrizione di monete, ma bens la dichiarazione dei monumenti espressi nelle tavole, cio pi
figurine, amuleti, mattoni con bolli, frutta e fiori di terracotta, vasi greci dipinti, otto gemme, due bassirilievi mar-
morei, due statuette, un vaso ed una mano pantea di bronzo, ed un musaico esprimente Teseo ed il Minotauro.
57
Vd. quanto scriveva al riguardo giustiniani 1797-1816, vol. 6, pp. 354-5 riportando il testo di una lettera
del Carafa (la porzione di seguito sottolineata): Il nostro Gio. Caraffa Duca di Noia raccolse pure un ricco museo
450 valentino nizzo
Teatro Anatomico, il Museo delle rarit naturali, il Serraglio degli animali, edifizj, che niuna
delle Citt, anche mezzanamente ricche, purch culte siano, non mancano, in Napoli restano
ancora da fare []
58
.
di pregevolissime medaglie. In una lettera da lui diretta a Gio. Bernardino Tafuri colla data di Napoli 10 Aprile
1756 leggesi che avea lidea di formare il medagliere del solo nostro Regno di Napoli, rapportando qualunque sorta
di moneta, o medaglia, che avessero nominate i nostri primi Padri abitatori di questo Regno, loro colonie, citt, e
Repubbliche, cominciando dallEtrusche, Greche, Latine, ed infino al nostro tempo, e con tanto fervore, che sono
ormai nellincetta giunto ad averne acquistato sino al numero di tredici in quattordici mila, delle quali quasi due
terzi sono di argento. Col carteggio, chio mi lusingo impetrare da V.S. Illustriss., le dar conto dellordine, che io
terr nellopera; per ora solo le dico che ne ho incominciata ledizione collimpressione di moltissimi rami, che se
laggraderanno in risposta ce linvier, e cos continuer nella progressione dellopera; e dopo di aver pregato il
Tafuri, che avendone esso, gliele vendesse, gli soggiunge, che se ci non volesse fare gliele favorisse in baratto con
altrettante dImperiali Consolari, di Famiglie, o di citt greche, ed oltramontane rarissime, che ne ho una grandis-
sima quantit in tutti i metalli, o barattarle con gemme antiche, come camei, corniole, sardoniche, diaspri, ed altre
pietre orientali incise, delle quali ho formata una collezione di circa tremila.
58
[g. carafa], Lettera ad un amico contenente alcune considerazioni sullutilit e gloria che si trarrebbe
Fig. 7. g. carafa duca di noJa: carta topografica di
napoli (1775). Particolare della dedica.
collezioni numismatiche dell' ottocento napoletano 451
Le istanze di Carafa, almeno per quel che concerneva le raccolte di antichit, ver-
ranno soddisfatte sin dal 1759, prima con linaugurazione del Palazzo di Capodimonte,
e poi, nel 1777, con la trasformazione del vecchio Palazzo degli Studi nel Real Museo
(laggettivo Borbonico, infatti, subentrer per decreto solo dal febbraio del 1816), luogo
destinato ad accogliere, negli anni seguenti, non solo le collezioni antiquarie esistenti a
Capodimonte, ma anche lo statuario Farnese, trasferito da Roma a partire dal 1786, e, tra
il 1805 e il 1822, le raccolte dellHerculanense Museum di Portici, venendo a costituire
il principale polo culturale e artistico partenopeo per la presenza, nei suoi locali, anche di
laboratori, scuole di pittura, scultura e restauro, dellAccademia di Belle Arti erede del-
la Reale Accademia del Disegno creata da Carlo III e della Biblioteca Reale
59
.
Se leredit materiale del Carafa venne raccolta nel 1771 con lannessione della sua
collezione fra le antichit farnesiane conservate a Capodimonte
60
, quella intellettuale
venne quasi del tutto trascurata in seguito alla dispersione dei suoi principali manoscritti
antiquari. Perch venisse tracciata una sintesi sulle antiche zecche della Magna Grecia
da una esatta carta topografica della citt di Napoli e del suo contado, Napoli 1750, pp. 20-21. Sul significato e
limportanza culturale della Carta topografica del Carafa vd. de seta 1969, vol. I, pp. 217-223 e vol. III, p. 17.
Sulla politica culturale borbonica nei primi anni del regno di Ferdinando IV vd. dalconzo 1999, pp. 62 ss. Sui
musei e le istituzioni scientifiche nella Napoli ottocentesca vd. fratta 1997.
59
de franciscis 1963, pozzi paolini 1977 e, in generale, Napoli 1977; de caro 1997. Sul trasferimento
e i primi allestimenti del Real Museo e, in particolare, dello Statuario Farnese vd. dalconzo 1999, pp. 73-74 e la
bibl. cit. a p. 82, nota 46, milanese 2000 e i vari contributi editi in gasparri 2007. Stando a una testimonianza
del Giustiniani sembra che nel 1803 il medagliere fosse ancora conservato a Capodimonte da dove poi, nel 1806,
sarebbe stato trasferito a Palermo (giustiniani 1797-1816, vol. 6, p. 358). Sul Museo di Portici vd. la bibl. cit.
alla nota 35. Fra i testimoni del trasferimento da Roma a Napoli della scultura pi rappresentativa dello statuario,
lErcole farnese, vi fu Goethe che registr le sue impressioni in alcune lettere del 1787 per le quali vd.: porzio,
causa picone 1983, p. 126.
60
Vd. supra la bibl. cit. alla nota 51. La collezione Carafa venne inglobata nelle raccolte di antichit preesi-
stenti senza alcuna distinzione (la testimonianza del Gervasio sopra citata mostra, tuttavia, come almeno su alcune
delle iscrizioni fosse riportato, ancora alla met dell800, il nome del loro primo proprietario) e senza che, a quanto
pare, se ne redigesse un apposito inventario. La cosa particolarmente problematica per la parte pi cospicua della
raccolta, il medagliere, di cui non nota neppure lesatta consistenza (pi migliaia di medaglie, stando al Villa-
rosa; fra le 13000 e le 14000 stando a quanto scriveva Carafa a Tafuri nel 1756, loc. cit. alla nota 57) ma che, per
certo, doveva contenere moltissime monete delle zecche della Magna Grecia, che andavano a integrare il campione
farnesiano, ricco prevalentemente di esemplari romani, repubblicani e imperiali. Poco prima dellacquisto della
collezione Carafa erano entrati a far parte del medagliere borbonico altri nuclei monetali fra i quali, nel 1736, la
raccolta di Vincenzo Marchese (erede del Presidente Antonio Maria di Palermo) composta da 1325 medaglie
e monete antiche, doro, argento e bronzo, acquistate dopo esame di Marcello Venuti (schipa 1902, p. 727;
barocchi, gallo 1985, p. 53 con bibl. alla nota 12), dopo il 1738 alcune monete romane imperiali doro appar-
tenute ad Alessandro Albani (cantilena 1995, p. 148) e, infine, un gruppo di monete romane doro e dargento
acquistate dal Marchese Grimaldi nel 1754 (Documenti inediti 1878-80, vol. 2, pp. XII-XIV e 225-227). Fra le
acquisizioni minori effettuate verso la fine del secolo pu essere ricordata quella del ripostiglio di Tiriolo del 1788,
oggetto desame in cantilena 1996, pp. 68-69.
452 valentino nizzo
si dovette infatti aspettare la monumentale opera di sistematizzazione delle conoscenze
numismatiche fino ad allora acquisite realizzata da Joseph Hilarius Eckhel (1737-1798)
(Fig. 8) alla fine del secolo (Doctrina numorum veterum, Vienna 1792-98, 8 voll.), nel
redigere la quale il gesuita austriaco pot avvalersi, in particolare per la parte greca, della
straordinaria mole di materiali riversati da Joseph Pellerin (1684-1782; ricordato fra i
contatti illustri del Carafa col nome Pellerein) nei 10 volumi del Recueil de mdailles
(Paris 1762-1778) (Fig. 9), nei quali aveva catalogato limponente collezione di 33.500
monete che, grazie al suo ruolo di intendente generale delle forze armate navali francesi,
aveva rastrellato in tutto il Mediterraneo e che poi, nel 1776, vendette a Luigi XVI
61
.
La Dottrina delle monete antiche dellEckhel, com universalmente condiviso, apr
una nuova pagina nella storia degli studi numismatici i quali, attingendo dalle discipline
fisiche e naturali quei principi della classificazione tassonomica sviluppati pochi decenni
prima dal Linnaeus, vennero acquisendo un grado di scientificit e di maturazione critica
che erano mancati allantiquaria settecentesca e che, in Italia, dettero i loro primi frutti
nel secolo seguente nellopera di studiosi del calibro di Sestini, Carelli, Avellino, Bor-
ghesi, Cavedoni e, infine, Fiorelli.
le vicende del medagliere borbonico dallistituzione della repubblica napoleta-
na alla fine del decennio francese
Gli anni finali del XVIII secolo furono determinanti per le sorti delle collezioni bor-
boniche e, in particolare, per quelle del medagliere. I lavori di trasferimento, accorpa-
mento e riordino delle raccolte avevano infatti creato una grande confusione di cui vi
memoria fra molti testimoni contemporanei. Ad avvantaggiarsi di tale stato di cose furo-
no in tanti, talvolta anche grazie alla complicit di coloro i quali erano stati preposti alla
tutela, come rivelano le accuse di ricettazione mosse a carico di Hamilton e come sem-
brerebbe essere accaduto nel caso di Mattia Zarrillo dal 1784 curatore delle raccolte di
Capodimonte che Fiorelli considerava responsabile del depauperamento di una parte
consistente del medagliere
62
.
61
Su Eckhel e Pellerin, oltre alla bibl. cit. alla nota 15, vd., rispettivamente, Nicolet-Pierre 1987 e dembsKi
1987, per Pellerin, sarmant 1994, ad indicem.
62
Su Hamilton vd. supra la bibl. cit. alla nota 46. LAbate Mattia Zarrillo (1729-1804, conosciuto anche
come Zarrilli) rinomato antiquario, incluso fra i primi quindici accademici ercolanesi, era noto per la sua vis
polemica di cui dette prova prima criticando alcune sviste di Winckelmann sugli scavi di Ercolano e poi discutendo
con Arditi in merito allinterpretazione di una iscrizione su un vaso di Locri nel 1784 era subentrato a DAfflitto
nella direzione del Museo di Capodimonte (vd. supra nota 25); sebbene al momento di entrare in carica avesse
chiesto di redigere un inventario delle collezioni ritenendo che molte di esse fossero state furtivamente aliena-
te (dalconzo 1999, pp. 63-64) venne in seguito bollato da Fiorelli (fiorelli 1864, p. 119) come uomo di
dubbia fama, creduto autore della dispersione di molte monete vendute a stranieri, e segnatamente al dEnnery.
collezioni numismatiche dell' ottocento napoletano 453
Fig. 8. J.h. ecKhel (1737-1798). A sx. frontespizio del I vol. della Doctrina numorum veterum
(Vienna 1792).
Fig. 9. J. pellerin (1684-1782). A sx. frontespizio del I vol. del Recueil de mdailles (Paris
1762).
454 valentino nizzo
Le perdite pi cospicue, tuttavia, ebbero luogo in occasione delle vicende che por-
tarono allistituzione della Repubblica Napoletana nel 1798 e al trasferimento a Palermo
di Ferdinando I, protrattosi, nonostante la riconquista di Napoli nel 1799, sino al 1801
63
.
In seguito a tali eventi, infatti, 1250 monete vennero derubate dal medagliere di Capodi-
monte e poi vendute al Benkowitz che le port con s allestero dove vennero individua-
te e studiate da Sestini
64
.
Furti ancor pi consistenti dovettero avvenire fra il 1806 e il 1808, in seguito al tra-
sferimento del medagliere a Palermo conseguente alla riconquista francese del Regno
Simpatizzante dei Francesi durante il breve episodio della Repubblica Partenopea, nel 1799 fu costretto a trasfe-
rirsi a Parigi dove venne impiegato presso il cabinet des mdailles. Su Zarrillo vd. castaldi 1840, pp. 251-254
(Zarrilli); dalconzo 1999 s.v. e, in part., p. 56, nota 27 e p. 79, note 9-10. Su Michelet dEnnery (1709-1786)
tesoriere della citt di Metz e consigliere del re, appassionato numismatico, definito dal Blanchet: coriphe des
nummophiles, ou plutt des numismanes e la sua raccolta di monete, che contava circa 22000 esemplari, vd.
[campion de tersan, f.-p. gosselin], Catalogue des mdailles antiques et modernes du Cabinet de M. dEn-
nery, Paris 1788; babelon 1901, col. 181; a. blanchet, in Revue numismatique 1902, pp. XXI-XXIX; giard
1980, p. 242; sarmant 1994, pp. 140 s.
63
de franciscis 1963, pp. 39-40. Domenico Venuti (sul quale vd. alla nota 24), che allepoca ricopriva il
delicato incarico di Soprintendente agli Scavi, fu accusato di non aver ben curato limballaggio dei beni trasferiti
a Palermo dal Re e, per presunte simpatie giacobine, nel 1799 venne destituito dai suoi compiti (che negli anni
seguenti verranno progressivamente assunti dal suo successore, Felice Nicolas) e allontanato dalla corte (castori-
na 1996-97, pp. 315 ss. con bibl.; milanese 1996-97, p. 351 e ss., con bibl. alla nota 12).
64
Le fonti relative a tale accaduto sono limitate e non sembra esservene traccia nella documentazione ufficia-
le e in quella archivistica nota. La notizia riportata in d. sestini, Descrizione delle Medaglie Greche e Romane
del fu Benkowitz, Berlin 1809 e ripresa in fiorelli 1864, p. 119, nota 2. Un cenno anche in c.p. landon,
Nouvelles des arts, peinture, sculpture, architecture et gravure, Vol. 5, Paris 1805, pp. 365-366: M. Benkowitz
vient dexposer Berlin une collection prcieuse dantiquit, quil rapporte dItalie. Cette collection consiste prin-
cipalement en monnayes rares, bronze et vases trusques. Presque tous les vases sont parfaitement bien conservs;
les peintures dont ils sont dcors mritent surtout une attention particulire. On remarque parmi les bronzes la
tte dun Jupiter Ammon et un caduce surmont dune tte de blier. Les mdailles sont au nombre de 1200. On
ne sera pas fch de lire le jugement que labb Sestini, connu par ses recherches numismatiques, en a port. Ces
mdailles, dit-il, faisaient autrefois partie du Muse Farnse; plusieurs dentre elles nous sont dja connues par
la description que Prdussi [scil. Pedrusi] en a faite. On sait que ce Muse a t transfr Naples, et joint aux
mdaillers de Foucault et de Drom. Jy ai revu avec plaisir la petite mdaille de Domitien dont parle Vaillan; mais
surtout celle dAdrien, cite par le mme auteur, que les habitans de Pergame firent frapper []. Comme jai cette
mdaille sous les yeux, je puis observer que Vaillant a sans doute oubli de parler dun cavalier cheval qui se
trouve au revers. Je prsume que ce Jupiter assis est Jupiter Delios, et cette femme sabine pouse dAdrien. Cette
collection contient encore plusieurs mdailles gyptiennes trs-intressantes. Karl Friedrich Benkowitz (1764-
1807) fu un drammaturgo e poeta tedesco; lasci memoria dei suoi viaggi in Italia in diversi scritti che testimoniano
anche i suoi interessi collezionistici (K f. benKowitz, Helios der Titan, oder, Rom und Neapel: eine Zeitschrift
aus Italien, Leipzig 1803; id., Das italienische Kabinet, Leipzig 1804; id., Reise von Neapel in die umliegenden
Gegenden, Berlin 1806). Fu a Napoli nel 1802 (garca y garca 1998, vol. 1, p. 186) ed forse in tale occasio-
ne che pot accedere alle monete farnesiane.
collezioni numismatiche dell' ottocento napoletano 455
di Napoli e alla nuova fuga di Ferdinando I in Sicilia. Stando ai documenti raccolti da
Fiorelli e, prima ancora, oggetto di esame da parte di Avellino
65
, infatti, le monete del
medagliere borbonico inviate in Sicilia ascendevano a 28927 frutto della fusione fra
quanto era sopravvissuto delle raccolte conservate a Capodimonte e di quelle del Museo
Ercolanese di Portici (che, da solo, ne contava ben 16245 nel 1787) delle quali, in base
a un elenco compilato a Palermo l8 marzo del 1808, ne sopravvivevano soltanto 20939,
meno della met del totale presumibile prima dei furti e delle depauperazioni citate
66
.
Nei dieci anni di reggenza francese nel corso dei quali il Regno di Napoli venne
guidato da Giuseppe Bonaparte prima (1806-08) e da Gioacchino Murat poi (1808-15),
la politica culturale partenopea ebbe un grande momento di fervore con esiti che, para-
dossalmente, si ponevano in continuit rispetto a quanto era stato realizzato o, sempli-
cemente, ideato dai Borbone
67
. I Francesi, infatti, portarono avanti i progetti di risi-
stemazione e di incremento delle raccolte del Real Museo al fine di colmare le lacune
conseguenti al trasferimento a Palermo della parte pi significativa delle collezioni. Sul
piano legislativo vennero approntati dei provvedimenti che ricalcavano e, sul modello
del Chirografo di Pio VII del 1802 (emanato per reagire alle depredazioni napoleoni-
che degli anni precedenti)
68
, accentuavano quanto previsto dalle prammatiche del 1755,
fornendo degli strumenti normativi che, da un lato, avrebbero dovuto porre freno alle
possibilit di estraregnazione degli oggetti antichi e, dallaltro, sottoporre a una ade-
guata regolamentazione lesecuzione di scavi per la ricerca di antichit, in modo tale da
assicurare al Real Museo i materiali di maggior pregio fra quelli rinvenuti e favorire al
contempo listituzione di una organica rete di musei provinciali che diffondesse anche
in periferia il gusto e la sensibilit per le cose antiche, evitandone la distruzione e la
65
Scriveva Avellino nel 1841 in un articolo rimasto inedito cit. in milanese 1995, p. 189, nota 33: Le sven-
ture, le invasioni straniere, e le rapine degli ultimi anni del secolo scorso, e de primi del corrente, e (dobbiamo
dirlo con dolore) anche non poche dilapidazioni annullarono quasi integralmente questo immenso tesoro: e quasi
tavole del naufragio se ne salvarono solamente alcune monete trasportate in Palermo [] novellamente in Napoli
ricondotte nel massimo disordine e confusione.
66
fiorelli 1864, p. 119, nota 3, ripreso senza sostanziali modifiche o integrazioni da tutti gli autori che si
sono occupati successivamente delle vicende del medagliere borbonico. Vd. in particolare: breglia 1955 (si noti,
tuttavia, come parte dei totali riportati dalla studiosa non coincidano con quelli menzionati da Fiorelli); cantilena
1995, p. 148 e note 66-67 a p. 151 con bibl. Stando ai dati discussi precedentemente (vd. supra alle note 25 e 60)
il medagliere conservato a Capodimonte, prima dei depauperamenti subiti, doveva aggirarsi intorno ai 32-33000
esemplari, frutto della fusione fra le circa 17000 monete farnesiane e quelle acquisite a Napoli a partire dal 1736 fra
le quali spiccava, senza dubbio, la raccolta Carafa, che 15 anni prima della sua cessione, nel 1756, ascendeva gi a
13-14000 esemplari (vd. nota 57). A queste monete andavano aggiunte quelle del Museo Ercolanese di Portici che,
stando a un elenco del 1787 accuratamente rielaborato da Fiorelli (loc. cit., pp. 113-118), ammontavano a 16245
esemplari, 4317 dei quali disposti in serie e i restanti 11928 tenuti in disparte perch duplicati, per un totale com-
plessivo, accorpate le due collezioni, vicino alle 49000-50000 unit.
67
milanese 1996a; milanese 1996-1997; dalconzo 1999, pp. 85-120.
68
dalconzo 1999, pp. 87-90.
456 valentino nizzo
dispersione e inibendone la decontestualizzazione. La responsabilit dellattuazione di
un disegno di cos vasta portata venne affidata a uno dei principali esponenti dellari-
stocrazia di provincia, il marchese Michele Arditi (1746-1838) (Fig. 10), nominato,
il 18 marzo del 1807, Direttore generale del Museo di Napoli e Soprintendente degli
Scavi dAntichit
69
. Giureconsulto di formazione e professione e archeologo per pas-
sione
70
, prima della nomina lArditi originario di Presicce, piccolo paese del Capo
di Leuca dove ancora oggi si conserva lantico palazzo di famiglia si era distinto in
entrambe le discipline, dando prova delle sue vaste competenze in una serie di scritti
che ebbero una certa risonanza fra gli eruditi del tempo e che gli valsero linclusio-
ne, nel 1787, fra i membri dellAccademia Ercolanese
71
e, nel 1790, la convocazione
allinterno di un organismo deputato alla stima delle antichit acquistate per conto del
re
72
. Abile organizzatore e pragmatico esecutore, Michele Arditi, con una sensibilit
archeologica che precorreva i tempi e che negli ultimi anni gli stata correttamente
riconosciuta
73
, fu in grado di concretizzare con notevole rapidit gran parte degli inca-
richi che gli erano stati affidati, gettando le linee guida che sono alla base del Decreto
promulgato da Giuseppe Bonaparte il 16/II/1808 e che verranno poi, in parte, riprese
nei Decreti ferdinandei del 1822
74
, riorganizzando gli scavi di Pompei sia dal punto di
vista logistico che metodologico
75
, assecondando gli interessi antiquari e collezionisti-
69
milanese 1996a, p. 275; dalconzo 1999, p. 105.
70
Illustre archeologo e giureconsulto lo definiva il pronipote, Giacomo Arditi, in un breve ma interessante
ritratto dellillustre parente (trascurato da quasi tutti i suoi successivi biografi), contenuto nella sua principale opera:
arditi 1994, s.v. Presicce, pp. 492-496. Per ulteriori cenni biografici vd., in particolare, castaldi 1840, pp.
74-78; gabrieli 1938, con riferimenti al vastissimo epistolario ancora oggi mal noto; a. pironti, s.v., in DBI
1962, vol. IV; taglialatela 1995; nizzo 2004, pp. 481-483.
71
Ripristinata e dotata per la prima volta di uno statuto nel 1787 per volont di Ferdinando I, dopo un periodo
di inattivit, il 17/III/1807, venne sostituita dal Bonaparte con la Reale Accademia di storia ed antichit a sua volta
rimpiazzata da quella di Storia e belle lettere il 20/V/1808: castaldi 1840, pp. 38 ss.; dalconzo 1999, p. 104
e p. 117, nota 77.
72
Fra le sue prime pubblicazioni antiquarie figurano le seguenti: m. arditi, La epifania degli Dei appo gli
antichi, Napoli 1788 (ristampata nel 1819); id., Illustrazione di un antico vaso trovato nelle ruine di Locri, Napoli
1791 (opera che fu oggetto di aspre discussioni con Zarrillo vd. supra nota 62 nella quale Arditi dava ampio
spazio alla documentazione numismatica traendo spunto da essa per risolvere questioni topografiche come lidenti-
ficazione di una citt di OPPA nella Locride, documentata da una delle monete della collezione del Duca di Noja);
id., Le lucerne ed i candelabri di Ercolano e contorni incisi con qualche spiegazione, VIII tomo delle Antichit di
Ercolano, Napoli 1792 (volume al quale contribuirono in parte anche altri autori); id., Il porto di Miseno, Napoli
1808. Per linclusione nellAccademia Ercolanese vd. castaldi 1840, p. 75. Per la nomina del 1790 vd. dal-
conzo 1999, pp. 80-81, nota 31 con bibl.; del comitato, presieduto da Domenico Venuti, facevano parte anche
Ignarra, La Vega e Minervino.
73
Vd., in particolare, milanese 1996a, de caro 1998, milanese 2001.
74
dalla negra 1987, pp. 38-39 e 83-84; guzzo 1993, pp. 47 s.; milanese 1996a.
75
dalconzo 1999, pp. 108-109 con riferimenti bibliografici.
collezioni numismatiche dell' ottocento napoletano 457
ci di Carolina Bonaparte (1782-1839)
76
, curando il primo allestimento organico del-
le sale del Real Museo, riformandone lamministrazione
77
e favorendone lincremento
con acquisti come quello della Collezione Borgia
78
e, infine, assicurando continuit,
per quel che concerneva la tutela e la valorizzazione delle antichit, fra la prima
e la seconda Restaurazione e facendosi garante dei delicati processi di transizione dal
governo francese a quello borbonico che ne conferm gli incarichi anche dopo la desti-
tuzione di Murat nel 1815.
76
Sorella di Giuseppe e regina di Napoli dal 1808 per il matrimonio con Murat, Carolina rimase affascinata
dagli scavi di Pompei ed Ercolano, ai quali spesso presiedeva personalmente (mascoli et Al. 1981, pp. 28 ss.);
fra il 1808 e il 1815 fece allestire nei suoi appartamenti privati una raccolta di antichit nota come Museo Pala-
tino, nella quale erano confluiti non solo reperti delle citt vesuviane ma anche i materiali di un sepolcreto greco
affiorato negli scavi per lampliamento del Museo nel 1810 (giustiniani 1814) e il corredo dellipogeo Monte-
risi-Rossignoli rinvenuto nel 1813 a Canosa. Nel 1816 il Museo Palatino venne inglobato nelle raccolte del Reale
Museo Borbonico salvo una parte trasferita allestero dalla regina; l8/III/1826 ci che sopravviveva di questultima
porzione venne acquisito da Ludwig di Baviera e oggi si conserva nella Staatliche Antikensammlungen di Monaco.
Su Carolina e il Museo Palatino vd. de franciscis 1963, p. 44; pozzi paolini 1977, p. 10; mazzei 1991; de
caro 1998; pouzadoux 2005. Nella parte della raccolta espatriata da Carolina e successivamente dispersa figu-
rava anche un cospicuo nucleo di monete preromane un tempo appartenute alla collezione di Giuseppe Capecelatro
(valente 1965, p. 245, nota 1; un altro nucleo di questa collezione verr acquistato nel 1821 dal re di Danimarca,
esso constava di [] dugentotre vasi, cos detti etruschi, cento cinquanta pezzi di bronzo antichi, settantadue
terre-cotte, sei pezzi di vetri antichi e diversi frammenti di terre-cotte ed i seguenti quattordici pezzi di marmo, cio
unara, un tripode, con logoratissime figure a bassorilievo, dieci teste al naturale (due delle quali forse moderne)
un torso con testa di putto anche al naturale, un vaso moderno a due manichi con bassorilievo di figure che rap-
presentano forse un Baccanale, diversi frammenti []: fardella 2000, p. 213 e la bibl. cit. avanti alla nota 82),
e a quella di Francesco Carelli (sul quale vd. alle note 83 e 86) che la vendette alla regina nel 1811: E dobbiamo
altres condolerci che il suo bel Medagliere venduto da lui perch fosse collocato nel pubblico Museo, ed a quella
vece ritenuto nelle sue private stanze da Carolina Murat, al partir chella fece da Napoli nel 1815 pat grave disa-
stro. Poich lasciati da lei intatti gli armadi allorch simbarc, ed essendo paruto ad alcun del suo seguito che
non dovessero cosi abbandonarsi quepreziosi cimelii, forzati gli scrigni, furono le medaglie parte insaccate alla
rinfusa e portate via, parte obliate: queste da altri prese caddero in mano de rivenduglioli di Napoli; quelle anda-
rono ad arricchire colle altre del Museo Capecelatro il gran Medagliere imperiale di Vienna ([R.L.], Francesco
Carelli, in Annali civili del regno delle Due Sicilie, 1, 1833, pp. 85-86); Il cav. Francesco Carelli [], fin da gio-
vine [], prese a farsi una scelta collezione di Monete antiche della Magna Grecia e daltre regioni dellItalia e
la venne poscia grandemente arricchendo nel decorso di quaranta e pi anni. Quella insigne collezione fu da Giu-
seppe Bonaparte acquistata per la pubblica Biblioteca di Napoli; ma madama Murat se la volle assolutamente in
casa sua, donde poi se la rec seco quando part da quel Regno; ed grandemente a dolere che non se ne sappia il
successivo destino (cavedoni 1851, pp. 46-47).
77
Come dichiarer con orgoglio Arditi in una relazione anonima risalente alla met del 1812: Il locale del
Real Museo di Napoli, edificio forse unico in tutta lEuropa, a me fu consegnato dalle mani dei miei predecessori
quasi come un magazzino informe, anzi quasi come una sudicia stalla (cit. in pozzi paolini 1977, p. 9; mila-
nese 1996-97, pp. 381 ss. e nota 83). Sui primi allestimenti del Real Museo vd. milanese 1996-97; id. 2000; id.
2001a.
78
pantuliano 2001; milanese 2001; ciccotti 2001; germano, nocca 2001; nocca 2001.
458 valentino nizzo
arditi, carelli, avellino: collezionismo e scienze numismatiche nella napoli
del principio del xix secolo
Michele Arditi nel dar compimento alla politica culturale dei napoleonidi non tra-
scur le sue passioni intellettuali ma, al contrario, trasse vantaggio dalle occasioni che
scaturivano dai suoi molteplici incarichi per incrementare la sua personale raccolta di
antichit e di monete (che avrebbe poi donato al Real Museo Borbonico)
79
, per tessere
una fitta trama di contatti e per riversare le sue conoscenze in una vasta serie di lavori
antiquari la maggior parte dei quali, purtroppo, destinata a rimanere inedita
80
. Fra tali
79
arditi 1994, p. 492: Fondatore ed organizzatore del Museo nazionale di Napoli [], Direttore dello
stesso Museo finch visse, e cui don largamente monete, medaglie, vasi italo-greci, marmi, ed altre anticaglie,
come alla Biblioteca annessa, pergamene, codici membranacei, libri di antichissime edizioni, autografi e scritti di
gran pregio e valore. La composizione della collezione di Arditi allatto della sua immissione nel medagliere del
Museo (lesatta data di acquisizione incognita ma, di sicuro, almeno una parte della raccolta dovette pervenire
prima del 1833, anno in cui Avellino ne fa menzione trattando del deposito di medaglie paleografiche: avel-
lino 1833, pp. 99 e 119) nota attraverso una sommaria descrizione di Fiorelli (fiorelli 1864, pp. 158-165)
che ne rimarcava la consistenza e limportanza. Va sottolineata, tuttavia, una contraddizione almeno apparente nei
dati riportati da Fiorelli in merito alla consistenza numerica della donazione. Egli infatti specifica che essa fu di
7350 monete scelte tra le pi rare della collezione, ma dandone lelenco (che attinge dai notamenti che se ne
serbano) riporta un totale di ben 7746 esemplari, 3326 antichi e 4420 medievali e moderni, che non chiaro se
corrisponda a quelle effettivamente immesse nel museo oppure alla totalit della collezione prima che ne fossero
selezionati i pezzi pi rari.
80
Lelenco delle pubblicazioni edite e inedite di Arditi conservate fra le carte di famiglia in arditi 1994,
pp. 493-496, dove vengono riportate 116 voci relative ad altrettanti scritti, solo 19 dei quali pubblicati. Fra gli scritti
a carattere numismatico, oltre a La Iapigia numismatica citata nel testo, figura anche una Illustrazione delle monete
dei mezzi tempi e una [Illustrazione] della moneta Fidelitas Brundusina; di particolare interesse anche lo scritto
Primi tentativi per una raccolta Generale delle iscrizioni del Regno che sembra prefigurare le Inscriptiones Regni
Neapolitani edite da Mommsen nel 1852 (sulle prime raccolte di iscrizioni nel regno di Napoli vd. maiuri 1937,
pp. 47 ss.). Qualche divergenza nei titoli e nel numero dei manoscritti pu essere constatata nellelenco redatto da
Gabrieli nel settembre del 1937 (gabrieli 1938, pp. 295-297), nel quale venivano enumerati soltanto 53 mano-
scritti contro i 90 citati nel secolo precedente da Giacomo Arditi, circostanza che potrebbe essere imputata sia a
perdite e/o rimescolamenti, che al poco tempo a disposizione per la consultazione. Nellelenco Gabrieli spicca lo
scritto 12. Monete del Regno di Napoli: carteggio, che nel titolo ricorda il Libro delle monete del Regno del
Carafa (vd. supra nota 56) ma che, dalla notazione del Gabrieli, sembrerebbe consistere piuttosto in una raccolta
epistolare su tematiche numismatiche; al n. 42 figura il lavoro Moneta di Brindisi, con liscrizione Fidelitas
Brundusina gi riscontrato e, al n. 45, le Monete napoletane, per Pietro La Sena, che non compare nellelen-
co del pronipote; manca invece allappello la Iapigia numismatica che potrebbe essere stata successivamente accor-
pata ad altri opuscoli o che, invece, potrebbe essere riconosciuta nelle citate Monete del Regno. Di un saggio auto-
grafo di Arditi dal titolo Numismata cum bove, dedicato alle monete col motivo del toro androprosopo, vi infine
menzione nellelenco dei manoscritti di Camillo Minieri Riccio: minieri riccio 1868, Vol. 2, p. 262, n. 280 (si
noti come sul medesimo tema sera cimentato anche Avellino nel 1809, in uno scritto Osservazioni sul toro a
volto umano tipo di talune medaglie della Italia e della Sicilia poi ristampato nel primo volume degli Opuscoli:
avellino 1826, pp. 81-153).
collezioni numismatiche dell' ottocento napoletano 459
scritti ne figurava uno dal titolo particolarmente interessante, La Iapigia numismatica,
opera sul cui contenuto non noto nulla ma dalla cui intestazione sembra lecito supporre
che potesse trattarsi di un catalogo commentato delle monete attribuite alle zecche della
sua terra di origine, il Salento, gran parte delle quali dovevano essere incluse nella colle-
zione privata che Arditi and formando almeno sin dal principio del secolo
81
, acquistan-
do esemplari nel ricco mercato partenopeo e contribuendo in prima persona, attraverso
scambi e compravendite, alla loro diffusione fra le principali raccolte italiane ed estere
82
.
Il taglio dato da Arditi al suo scritto sembrerebbe trovare un plausibile riflesso nella
sezione Messapia dellopera Nummorum veterum Italiae del Carelli che nella sua pri-
ma redazione risaliva al 1812
83
nella quale venivano discusse distintamente le monete
81
La raccolta numismatica dellArditi, per quanto a nostra conoscenza, viene nominata per la prima volta
nel 1803 da Giustiniani (giustiniani 1797-1816, vol. 6, p. 359 cit. avanti alla nota 95) e poi, nel 1805, da Caron-
ni (caronni 1805, pp. 187-188; sul padre barnabita Felice Caronni vd. n. parise, s.v., in DBI 1977, vol. XX;
parise 1993, pp. 245-246; cagni 1996), che acquis direttamente dal marchese salentino tre monete della zecca
di Ugento. Fra gli acquisti pi importanti effettuati da Arditi figura il noto deposito di medaglie paleografiche
entrato a far parte della sua collezione prima del 1825-26 (parise 1982, pp. 103-104; cantilena 1996). Su Arditi
numismatico si vedano maggiulli 1871, pp. 118 s., pp. 137 ss., tondo 1979, p. 72, n. 19 e, da ultimo, nizzo
2004, con cenni specifici al suo ruolo nella diffusione fra i principali medaglieri italiani ed europei delle monete
ugentine e, pi in generale, di quelle delle zecche della Messapia (vd. quanto scriveva nel 1818 a tale proposito
romanelli 1815-18, vol. 2, p. 43: Si aspetta di giorno in giorno, che il signor cavaliere Arditi colla solita sua
erudizione, e diligenza, dia in luce i suoi schiarimenti sopra queste monete [quelle di Ugento], che in gran numero
ha raccolte, per rendere la dovuta gloria a questa regione, e per soddisfare alla giusta curiosit degli antiquarj
eruditi). probabile che Arditi abbia dato un significativo incremento alla sua raccolta nel lungo periodo in cui,
in seguito alle sfortunate vicende della Repubblica Napoletana, si ritir nella sua terra natale, fra il 1799 e il 1801;
certo tuttavia che i suoi interessi numismatici risalissero almeno al decennio precedente, come si desume dal conte-
nuto delle sue prime opere a stampa di carattere antiquario (vd. supra nota 72).
82
Unattivit di scambio e/o compravendita certamente documentata con F. Caronni (cit. alla nota prece-
dente), con Christian Frederik, il futuro re Cristiano VIII di Danimarca (nizzo 2004, p. 482, nota 29; 1786-1848,
re dal 1839, appassionato collezionista, noto, fra le altre cose, per lacquisto della collezione dellex arcivescovo di
Taranto Giuseppe Capecelatro nel 1821 che aveva supplito a quello non riuscito della collezione Borgia, tentato
dal suo predecessore Federico VI nel 1805: babelon 1901, col. 310; milanese 2001, p. 55; ciccotti 2001, pp.
156-157; milanese 2005, p. 113), con C.T. Falde (cantilena 1996, p. 74, nota 47, la cui collezione venne poi
immessa nelle raccolte reali di Danimarca) e, forse, con il duca de Luynes (ibid.); dopo il 1827 testimoniato, infi-
ne, linvio da parte di Arditi di 600 monete, fra le quali 300 magno greche, per il medagliere di Berlino (AA.VV.,
Zur Geschichte der Kniglichen Museen in Berlin: Festschrift zur Feier ihres fnfzigjhrigen, Berlin 1880, p. 135;
babelon 1901, col. 204). La trama di rapporti (e, quindi, forse anche di scambi) intessuta da Arditi dovette essere
tuttavia ben pi ampia, come dimostra la vastit del suo epistolario, noto solo attraverso i cenni di gabrieli 1938.
83
Lopera, dispendiosissima a causa dellalto numero di tavole, venne stampata senza lapparato grafico sin
dal 1812 e pubblicata postuma dal figlio nel 1833 col titolo Equitis Francisci Carelii nummorum veterum Italiae
quos ipse collegit et ordine geographico disposuit descriptio; nel 1834 Avellino pubblic dedicandolo al mini-
stro e collezionista Nicola Santangelo un opuscolo Adnotationes in Francisci Carellii Numorum veterum Italiae
descriptionem anchesso privo di illustrazioni e, pertanto, di scarsa utilit essendo peraltro edito in soli cento
460 valentino nizzo
delle citt di origine messapica laddove invece, in altre trattazioni aderenti allimpianto
eckheliano divenuto sin da subito predominante, queste ultime risultavano incluse con le
tarantine nella regione numismatica della Calabria
84
.
La rielaborazione del modello eckheliano riflessa negli scritti citati testimonia tut-
tavia come, per merito di sintesi monumentali quale quella del gesuita austriaco, si fos-
sero rinnovati gli stimoli per una pi compiuta riflessione sulle emissioni monetali delle
zecche dellItalia preromana; gli antiquari napoletani, infatti, erano perfettamente con-
sapevoli che per la ricostruzione della storia monetaria di tali zecche fossero necessari
ulteriori approfondimenti critici anche alla luce dellimmenso materiale inedito conser-
vato nelle raccolte pubbliche e, soprattutto, private del Regno, da integrare, necessaria-
mente, con una rilettura aggiornata e approfondita di quello che fino ad allora era stato
pubblicato e che, molto spesso, era noto attraverso riproduzioni alquanto approssimative
fra le quali andavano peraltro espunte innumerevoli falsificazioni.
In questa impresa si era andata cimentando una nuova generazione di studiosi italiani
come il celebre Domenico Sestini (1750-1832), curatore del riordino del medagliere medi-
ceo di Firenze
85
, e, a Napoli, oltre ad Arditi (le cui opere numismatiche, rimaste inedite,
non lasciarono tracce significative nella storia degli studi), il citato Carelli (1758-1832)
86

esemplari. Nel 1843 E. Braun per conto dellInstituto di Corrispondenza acquist dagli eredi del Carelli dugento
tavole incise in rame con la prova in carta di altro rame smarrito, di cui affid ledizione e lo studio a Celestino
Cavedoni. Questultimo dopo aver riscontrato i disegni delle 2.482 Medaglie delineate nelle 200 Tavole e aver-
ne distinto quelli che furono ritratti dalle Monete originali da non pochi altri che manifestamente mostrami rico-
piati sopra i disegni non sempre fedeli di opere numismatiche anteriormente pubblicate e da alcuni altres ricavati
dal Golzio e da altri numografi di fede dubbia e discreditata superate con laiuto di Braun e Mommsen ulteriori
traversie, nel 1850 port al termine limpresa pubblicando a Lipsia il volume Francisci Carellii numorum Italiae
veteris tabulas CCII, edidit Caelestinius Cavedonius. Accesserunt Francisci Carellii descriptio F.M. Avellinii in
eam adnotationes che resta ancora oggi ledizione di riferimento per lopera di Carelli. Su queste vicende, oltre alla
bibl. riportata alla nota 86, vd. diffusamente cavedoni 1851, da cui sono tratte le citazioni sopra riportate.
84
nizzo 2004, p. 479.
85
Sul Sestini vd. da ultimo tondo 1990.
86
Nato a Conversano (Bari) da una famiglia di giureconsulti, venne avviato dal padre Bernardo alla carriera
legale; giovanissimo cominci a coltivare gli studi numismatici grazie allinteressamento di Francesco Acquaviva
dAragona conte di Conversano, proprietario di una ricca collezione di monete greche e romane; nel 1786 diven-
ne segretario del principe di Caramanico, vicer di Sicilia, al cui seguito si trasfer a Palermo. In Sicilia Carel-
li conobbe Gabriello Lancellotto Castello principe di Torremuzza (1727-1794), erudito e celebre collezionista di
monete (autore, fra le altre cose, di una Siciliae populorum et urbium regum quoque et tyrannorum veteres nummi
saracenorum epocham antecedentes, Palermo 1781, che costitu la base documentaria della sezione siciliana della
Descriptio del Carelli), grazie al quale ebbe modo di continuare a coltivare la sua passione. Nel 1795, alla morte
del Caramanico, perduto limpiego, Carelli rientr a Napoli e si dedic per alcuni anni alle sole attivit di studio
e ricerca. Nel 1802, in seguito agli accordi stipulati con la pace di Firenze, venne inviato da Ferdinando I a Parigi
per consegnare a Napoleone alcuni reperti ercolanesi spettanti alla Francia; ivi rimase per tre anni rientrando in
patria nel 1805 dopo un lungo viaggio di studio in Europa e in Italia che lo port a visitare molte collezioni e a
collezioni numismatiche dell' ottocento napoletano 461
e, soprattutto, Francesco Maria Avellino (1788-1850)
87
(Fig. 11), precocissimo autore di
monografie e saggi sul tema, quali il celeberrimo Italiae veteris numismata (Napoli 1808-
14), il cui primo volume apparve quandegli era appena ventenne e aveva contemporanea-
stringere contatti con illustri eruditi quali Marini, Lanzi, Stefano Borgia, Cattaneo, Visconti e altri. Fra il 1806 e
il 1815, grazie ai buoni rapporti con i regnanti, ricopr importanti incarichi ministeriali e, dal 1807, venne accolto
nella Accademia di storia, erede della ercolanese (vd. supra nota 71), di cui divenne segretario perpetuo dal 1817
e fino alla morte. Nel 1814, insieme allArditi e al Rosini, fece parte di una commissione preposta alla valutazione
della collezione borgiana entrata poi nelle raccolte del Reale Museo (milanese 2001, p. 55, nota 6 e la bibl. cit.
alla nota 78). La sua attivit di erudito e antiquario rimase quasi integralmente inedita, salvo un elogio funebre del
Torremuzza e una Dissertazione esegetica intorno alle origini e al sistema della sacra architettura presso i Greci,
pubblicata nel 1831 nel X volume delle Antichit Ercolanesi. Nel 1811 vendette a Carolina Murat la sua celebre
collezione di monete dellItalia antica (vd. nota 76), principale oggetto di studio della sua Descriptio nummorum
veterum (vd. nota 83), mentre un cospicuo nucleo di monete romane (558 ess.) e post-antiche (210 ess.), cedute al
governo, entrarono prima del 1815 nella Biblioteca del Monastero di Monteoliveto per poi passare, il 18/X/1827, al
Real Museo Borbonico (romanelli 1815, parte III, p. 23; fiorelli 1864, pp. 136 e 145-148). Sul Carelli vd. in
generale castaldi 1840, pp. 106-112; s. rinaldi tufi, s.v., in DBI 1977, vol. XX, con bibl.
87
Figlio dellarchitetto e ingegnere Gioacchino, F.M. Avellino, parallelamente a una regolare formazione
giuridica (che, dopo un breve praticantato da avvocato, lavrebbe portato a ricoprire nel 1806 lincarico di uffi-
ziale del ministero di giustizia), venne avviato agli studi classici dal precettore Onofrio Gargiulli (1748-1816; sul
Gargiulli vd. gigante 1987) da cui poi, nel 1815, avrebbe ereditato la cattedra di lettere greche presso lateneo
napoletano. Sin dallet di nove anni cominci a interessarsi di numismatica, dandone una prima prova nel 1801 in
unopera rimasta inedita (Numismata aurea, argentea, aenea impp. Romanorum a Pompeo Magno ad Heraclium
usque in Francisci M. Avellini Museo extantia, cit. in scatozza hricht 1987, p. 829) nella quale discuteva di
alcune monete comprese nella sua gi ricca collezione (minervini 1850, p. 4: Studiati appena gli elementi del
latino idioma il fanciullo [] mostrava grande inclinazione a possedere antiche medaglie; sicch sovente ne facea
ricerca, e ne formava oggetto delle sue puerili investigazioni; la collezione Avellino, secondo babelon 1901,
col. 300, sarebbe confluita nel medagliere di Ludwig di Baviera dopo il 1821; tuttavia, nel 1850, il nipote Minervini
loc. cit., p. 29 lascia intendere che essa o un nucleo costituito dopo la vendita fosse ancora conservata fra i
beni di famiglia, come testimonia la pubblicazione in minervini 1856, p. 159, tav. I, 12-15 di 4 monete della rac-
colta e come conferma una lettera del figlio, Teodoro Avellino, conservata fra le Carte Fiorelli della Bibl. Naz. di
Napoli del 25/III/1851 Mss. S. Martino 779 ter, busta 8 nella quale si prega Fiorelli di volere col vostro como-
do dare unultima occhiata ad alcune monete rimanenti della classe delle Urbiche, sulle quali il Signor Minervini
desidera sentire il vostro parere, onde poterne chiudere linventario legale, che rimane tuttora sospeso); a questo
manoscritto segu nel 1804 la prima opera a stampa, anchessa a carattere numismatico, con la quale ebbe inizio
una prolifica attivit erudita, i cui frutti migliori vennero poi riediti nei suoi celebri tre volumi di Opuscoli (avel-
lino 1826, 1833, 1836). La fama riscossa con tali lavori gli valse linclusione nelle pi illustri accademie (fra le
quali, nel 1814, quella di Storia e Belle Lettere di cui divenne Segretario perpetuo nel 1832, succedendo al Carelli,
vd. supra nota 86) e, nel 1808, la nomina a precettore dei figli di Murat, cui segu, nel 1810, quella a conservatore
del medagliere donato da Capecelatro a Carolina Bonaparte (prima affiancando Gaetano Gagliardi e, poi, dal 1811,
in modo autonomo; sulla collezione Capecelatro vd. supra nota 76); nel 1819 gli venne affidato il compito del
riordino del Medagliere borbonico al quale si sarebbe dedicato ininterrottamente fin quasi alla morte (milanese
1995, pp. 176 ss.); nel 1823 divenne membro della commissione dei restauri di Pompei e, infine, nel 1839, suc-
cesse allArditi quale Direttore del Reale Museo Borbonico e Sovrintendente degli scavi del Regno. SullAvellino
462 valentino nizzo
vd. castaldi 1840, pp. 79-82; minervini 1850; p. treves, s.v., in DBI 1962, vol. IV, con toni critici sulla sua
coscienza storiografica che vanno tuttavia mitigati alla luce di quanto emerso negli studi successivi alla voce del
Treves e in quelli citati avanti alla nota 88; scatozza hricht 1987, pp. 825-845 con bibl. prec.; cantilena
1996, p. 72, nota 7; milanese 1996-97, p. 403.
88
Sul ruolo degli Annalen e delle pubblicazioni dellAvellino nella storia degli studi numismatici vd. parise
1993, cantilena 1996, p. 67.
Fig. 10. michele arditi (1746-1838). Ritratto (da milanese
1996-1997, Fig. 6).
mente gi avviato la pubblicazione del Giornale Numismatico (1808-12), rivista periodica
che aveva lo scopo di ravvivare in Italia (e, soprattutto, nel napoletano) un dibattito che, a
livello europeo, era stato da poco rilanciato dagli Annalen der Numismatik dello Schlicher-
groll (Lipsia 1804)
88
.
Ad Avellino, in particolare, si deve una lucidissima definizione dellarcheologia che,
seppur datata al 1832, riflette compiutamente quelli che sin dallinizio del secolo furono
i principi teorici che lavrebbero poi emancipata rispetto alla tradizione antiquaria sette-
centesca avendo essa, alla pari delle scienze naturali, lesigenza precipua di conosce-
re, ordinare e porre sotto gli occhi altrui le accurate serie de fatti, in una prospettiva
collezioni numismatiche dell' ottocento napoletano 463
mutuata dallempirismo illuminista che faceva s che la nuova disciplina potesse essere
considerata una statistica de fatti antichi [] fondata sulle massime della sola osser-
vazione, e della rigorosa deduzione
89
.
Gli apparati grafici delle opere numismatiche di Avellino e Carelli, seppure anches-
si gravati da sviste ed errori che vanno almeno in parte imputati a limiti tecnici ed eco-
nomici perfettamente comprensibili, sembrano appunto adeguarsi ai presupposti meto-
Fig. 11. francesco maria avellino (1788-1850). Ritratto (da minervini
1850).
89
avellino 1832, pp. 119 s., 125. Tale concetto verr poi ribadito dal nipote, Giulio Minervini, nellelogio
funebre di Avellino: Larcheologia non altrimenti che le scienze naturali, tutta sperimentale, e tien la sua base
ed il suo fondamento sullaccurata osservazione de fatti. Larcheologo, siccome il naturalista, dallesame di dif-
ferenti fatti diligentemente osservati, risale alla ricerca di verit ignote ed ascose: e 1uno e laltro sono dedicati a
ritrovare non gi ad inventare. In tal modo considerata larcheologia una scienza che ha principii certi, e fondati
nellumano raziocinio. Quindi va senza alcun dubbio distinto 1archeologo positivo da chi disperde i voli del suo
ingegno in fantastiche conghietture (minervini 1850, p. 15). Sullaffinit fra la numismatica e le scienze naturali
vd. anche le considerazioni espresse da F. Lenormant nella prefazione al suo celebre corso: lenormant 1878, pp.
XVI ss.
464 valentino nizzo
dologici e scientifici precedentemente delineati; essi, infatti, offrivano al pubblico una
documentazione piuttosto accurata, frutto, in molti casi, di un riscontro autoptico degli
autori, i quali, il pi delle volte, riproducevano esemplari inclusi nelle loro raccolte o
ai quali avevano potuto avere diretto accesso, accompagnandone spesso la descrizione
con notazioni relative al loro peso e misura in modo analogo a quanto veniva fatto nei
trattati aventi per oggetto le scienze fisiche e naturali. Non quindi un caso che molte
delle collezioni numismatiche napoletane formatesi tra il XVIII e il XIX secolo fossero
di propriet non solo di archeologi ma anche di medici e naturalisti come Minervino,
Capecelatro (Fig. 12), Poli, Cotugno, che nelle loro raccolte amavano associare artifi-
cialia, come le monete o, anche, reperti paletnologici ed etnografici, ai naturalia, quali
conchiglie, fossili, minerali, ecc.
La formazione di un medagliere privato trova riscontro fra molti esponenti dellaristo-
crazia e della borghesia partenopea, continuatori di una tradizione collezionistica che, come
si visto, affondava le sue radici nella prima met del Settecento e che a Napoli era garan-
tita da una affluenza costante e qualitativamente elevata di monete e altre antichit, propor-
zionata allaltissima richiesta del mercato locale e internazionale. I continui rivolgimenti
politici intercorsi fra le due Restaurazioni resero tali traffici ancora pi floridi grazie allaf-
flusso dei beni sottratti agli ordini religiosi e al declino delle famiglie aristocratiche legate
alluno o allaltro dei regimi succedutisi al governo, le quali finivano spesso con lessere
fagocitate dagli esponenti di una disinvolta borghesia capace di destreggiarsi e trarre van-
taggio dal generale clima di incertezza per prendere poi il posto, reinsediati i Borbone, dei
nobili che aveva contribuito a destituire, come avvenne nel caso dei Santangelo
90
.
Testimoni dellepoca, Arditi, Carelli e Avellino ebbero modo anchessi di formare delle
cospicue raccolte, frutto non tanto delle loro disponibilit economiche quanto piuttosto delle
competenze acquisite sul campo, coltivando con lausilio di precettori e in forme talvolta
dilettantesche quella passione per gli studi antiquari che costituiva spesso il corollario priva-
to di una carriera che poi, pubblicamente, secondo il costume allora diffuso fra i laici bene-
stanti, dopo una adeguata quanto precoce formazione giuridica, poteva espletarsi nelleser-
cizio pi o meno attivo della pratica forense. Nei casi citati la passione privata fin, anche
in virt delle loro indiscusse capacit, col prevalere sulla professione pubblica che, tuttavia,
non venne mai del tutto abbandonata, come accadde nel caso di Avellino che, oltre ad essere
investito delle pi alte responsabilit archeologiche del Regno, per la sua attivit forense
seppe meritarsi un busto nel tribunale di Napoli, dando al contempo prova della sua ver-
satilit intellettuale in campo universitario, nel quale pass con disinvoltura dalla cattedra
di letteratura greca (1815), a quelle di economia politica (1821), di istituzioni giustinianee
(1824) e di pandette (1844) per poi divenire, nel 1830, anche rettore; una poliedricit che era
tuttaltro che isolata trovandosene riscontro, fra gli altri, anche in Arditi, capace di alternare
allantiquaria e alla giurisprudenza interessi musicali, letterari, filologici e darne prova al
medesimo livello nello studio di un vaso greco come in quello di un documento svevo.
90
milanese 1996.
collezioni numismatiche dell' ottocento napoletano 465
La sintesi degli aspetti menzionati, seppure con diverse gradazioni, pu essere con-
siderata il minimo comune denominatore dellantiquaria partenopea almeno sino al terzo
quarto del XIX secolo, come testimonia lesperienza di Fiorelli che ne , forse, lultima e
pi alta incarnazione.
La guida del Romanelli, apparsa nel 1815, mostra con chiarezza quale fosse la situa-
zione del collezionismo numismatico napoletano allalba della definitiva restaurazione
borbonica, prima che facesse ritorno da Palermo (nel 1817) il medagliere inviatovi nel
1806 da Ferdinando I:
Noi avevamo una volta un nobil museo numismatico acquistato dal re Carlo III dalla sua ere-
dit Farnesiana. La prima serie conteneva le monete romane consolari, o familiari e la seconda
abbracciava la serie delle monete imperiali, che diedero origine allopera del p. Pedrusi gesui-
ta. Altre monete appartenevano a diversi antichi regni. Era stato accresciuto dal nostro re colla
famosa raccolta della monete urbiche e specialmente osche, etrusche e greche delle nostre anti-
chissime citt, dal gabinetto del duca di Noja. Pe passati disastri questo gabinetto si disperso.
Si cerca ora di ripristinarlo non essendo difficile in un regno feracissimo di questi oggetti, e che
Fig. 12. giuseppe capecelatro (1744-1836). Ritratto (da LOmnibus
Pittoresco, n. 9 del 17 maggio 1838).
466 valentino nizzo
si chiama la terra classica di antichit. Nella biblioteca di Monteoliveto abbiamo una scelta serie
numismatica di tutti i nostri re, da Ruggiero sino al presente tempo. [] Appartenne al peritissimo
numismatico cav. D. Francesco Carelli ed al medico Notaroberti da quali fu venduta al governo.
Dopo de musei regj non dobbiamo omettere di fare un cenno de musei particolari, che si serbano
da nostri eruditi. Ne passati tempi la nostra citt fioriva per varj rispettabili musei. Si distingueva
[] quello di antichit di Giuseppe Valletta, il rinomato di Francesco Picchiatti, in cui si conta-
vano 20 mila monete antiche, sei mila pietre incise, cento trenta anelli doro, trecento statuette di
bronzo e moltissimi vasi da sacrificj: [] il miscellaneo di s. Catterina a Formello e finalmente
del conte Egizio, del duca di Noja, del Mazzocchi, del barone Ronchi, dellIgnarra e di altri non
pochi
91
. A nostri tempi abbiam veduto i tre bellissimi musei numismatici di monsig. Capecelatro,
dellab. Minervino e del cav. Carelli, che non esistono pi
92
. Ora ci resta il museo del cav. Arditi
ricchissimo di monete greche, che riguardano specialmente il nostro regno, come anche di fami-
liari e dimperiali in gran numero e cospicuo per una serie de nostri re: il museo del cav. Avellino
91
Per le collezioni Valletta, Egizio e le altre menzionate fra quelle del '600 e del '700 vd. la bibl. cit. alla nota
50. Per Francesco Antonio Picchiatti (1617-1694; architetto di origini ferraresi, antiquario e collezionista per conto
proprio e per quello del vicer Gaspar Mndez de Haro, marchese del Carpio; De Dominici scrisse di lui: fu caro
al marchese del Carpio [] e per lui viaggi per lItalia facendo raccolta di medaglie antiche, statuette, disegni di
mano di valentuomini, ed ebbe egli ancora maraviglioso studio di antichit, e buoni libri, e disegni, che rimasero
appresso di lui per la morte di quel signore, oltre quelle cose che per proprio diletto ei possedeva. Ma dopo la
sua morte and a male ogni cosa pel poco giudizio de suoi eredi che a poco a poco disuniron s bel museo; alla
cui fama molti forestieri venivano apposta a vederlo, e per conoscere il Picchiatti il quale era stimato un perfetto
antiquario) e la sua importante collezione vd. de dominici 1742 (ed. 1846), vol. 4, pp. 123-124, cacciotti
1994 (per gli interessi numismatici del vicer de Haro vd. in particolare p. 174, nota 20), marias 1997 e iasiello
2003. Alcuni materiali della collezione Picchiatti confluirono in quella della famiglia dei Grassi, conti di Pianura
(giustiniani 1814, pp. 31-32) mentre un nucleo di antichit egizie sarebbe entrato nelle raccolte del Museo
Borbonico (celano, chiarini 1856-60, vol. 5, p. 34); per quel che concerne il medagliere noto che [Picchiatti]
lasci erede [] del suo famosissimo museo dantichit, di medaglie e marmi, che teneva in grandissima quantit
e pregiatissime, e particolarmente doro e dargento, che si valuta pi di 50.000 scudi [] una sua sorella ancor
lei vecchia det (nicolini 1907, p. 25, nota 1).
92
Sulle collezioni Capecelatro e Carelli vd. supra alle note 76, 82 e 86. Su Giuseppe Capecelatro (1744-
1836, noto anche come Capece-Latro), arcivescovo di Taranto e celeberrimo erudito e collezionista, presidente
dellAccademia di storia dal 1807, ministro degli interni fra il 1808 e il 1809, vd. candia 1837, castaldi
1840, pp. 99-103 e p. stella, s.v., in DBI 1975, vol. XVIII. Labate Ciro Saverio Minervino (1734-1805),
originario di Molfetta, coltiv al contempo le scienze naturali e lantiquaria, formando una raccolta di antichit
e naturalia; nel 1778 pubblic a Napoli, insieme a Domenico Tata, lopera Delletimologia del Monte Vulture
nella quale, facendo sfoggio di vasta erudizione e scarso senso critico, per dimostrare lorigine vulcanica della
valle dellOfanto, ricorreva ad alcune raffigurazioni impresse sulle monete della sua stessa collezione, delle
quali forniva nelle tavole finali una illustrazione (cenni biografici in [L. V.], s.v., in de tipaldo 1834-45, vol.
6, pp. 406-409 e villani 1904, pp. 624-626). Dopo la morte i suoi numerosi manoscritti (fra i quali figurava
un Indice delle monete e delle medaglie fuse ovvero battute nelle regioni che ora formano il Regno di Napoli)
e la sua collezione andarono dispersi; questultima veniva cos descritta in gatti 1825, p. 62, nota 1: Incli-
natissimo allo studio della storia naturale, raccolse un gran numero di oggetti riguardanti principalmente il
ramo mineralogico, sopra tutto di concrezioni e petrificazioni di varie specie. Applicatosi poi allantiquaria,
un al suo museo dei prodotti della natura una preziosa raccolta di vasi etruschi, di medaglie greche, latine,
collezioni numismatiche dell' ottocento napoletano 467
che ne ha puranche delle rare, e delle aneddote: del cav. Cotugno, che ha cercato di raccogliere
molte monete greche della sua Daunia
93
: e finalmente del principe di s. Giorgio, del sig. Santan-
gelo, e del canonico Jorio
94
, le cui collezioni abbracciano monete osche, greche e romane
95
.
longobarde e gotiche, di antiche monete urbiche, tra le quali vedeansene delle molte rare; de tipaldo 1834-
45, loc. cit., p. 407: Form egli un pregiatissimo museo di storia naturale e di antichit, nel quale ammira-
vasi una bellissima raccolta di oggetti petrificati, ed un altra di monete urbiche. Questo in tanta considera-
zione era tenuto per la scelta e rarit degli oggetti di cui era formato, che tutti coloro che hanno discorso del
Minervino [] lo hanno sempre ricordato. [] Aveva egli in mente di donarlo alla citt di Molfetta sua patria
insieme colla numerosa sua libreria, ma per la morte sopraggiunta egli non pot compiere siffatto generoso
pensiero []. Essendogli succeduto un nipote affatto degenerato da lui, la sua libreria, il suo museo e gli stes-
si manoscritti nel breve giro di pochi mesi furono tutti dissipati e dispersi. Se non che parecchi di questi ultimi
ed alcuni oggetti di quel museo vennero sottratti dalluniversale distruzione che li minacciava dal suo dotto e
chiarissimo concittadino cav. Vincenzo Volpicella. Sul frequente connubio fra antiquaria e scienze naturali
nella Napoli della fine del XVIII e linizio del XIX sec. che accomuna personalit come Capecelatro (racco-
glitore e studioso, oltre che di monete, anche di conchiglie e testacei), Minervino, Poli e che trova riscontro in
umanisti della generazione precedente quali Della Torre e Di Noja, vd. toscano 2006 e toscano 2007.
93
Per le collezioni Arditi e Avellino vd. supra alle note 81, 82 e 87. Non noto il destino della collezione
numismatica del celebre naturalista e medico rubastino Domenico Cotugno (1736-1822), morto senza discenden-
za lasciando erede usufruttuaria la moglie Ippolita Ruffo, alcuni parenti e lOspedale degli Incurabili (de tipal-
do 1834-45, vol. 1, pp. 290-295). Stando alle poche fonti disponibili essa doveva essere ricca di monete daunie,
raccolte dal Cotugno nella sua terra natale anche con laiuto di Francesco Jatta (scotti 1823, pp. 64-65, nota 2:
Fin dalla prima et egli am di acquistare preziosi oggetti che meritar potessero la considerazione delle per-
sone istruite. Da Ruvo port nella Capitale una buona raccolta di antiche monete: ma un giovane ospite gliele
invol. Posteriormente avendo fatto sapere agli Orefici, chegli amava di comperarne, moltissime nebbe non solo
appartenenti alle antiche citt della Magna Grecia, ma eziandio Familiari, ed Imperiali. I suoi discepoli, ed amici
sparsi pel nostro Regno accrebbero sempre pi il suo Museo: e parecchi infermi da lui guariti con siffatti doni gli
mostravano la loro gratitudine; sui rapporti con gli Jatta di Ruvo e, in particolare con Giovanni, suo pronipote, vd.
Jatta 1844, p. 33).
94
La raccolta De Jorio (1768-1851; canonico della cattedrale di Napoli dal 1805, dov sepolto accanto a
Mazzocchi, fu conservatore della galleria de vasi etruschi nel musco borbonico e socio dellAccademia Ercolane-
se dal 1811, soprantendente agli scavi pompeiani ed ercolanesi e commessario delle antichit e belle arti; sul De
Jorio vd. il necrologio anonimo edito in Annali delle Scienze Religiose s. 2, vol. IX, 1851, pp. 461-470, navarro
1855, pp. 121-157, milanese 1996-97, p. 403) menzionata da Fiorelli nel 1843 (vd. supra nota 7), ma non ne
nota la destinazione dopo questa data (rochette 1840, p. 187, testimonia il passaggio di almeno un es. della col-
lezione De Jorio in quella del duc de Luynes). Il medagliere del Principe di San Giorgio, Domenico Maria Odoardo
Spinelli (1788-1862; socio onorario dellAccademia Ercolanese dal 1822 e ordinario dal 1833, fu il predecessore
di Fiorelli nel ruolo di Direttore generale del Museo Reale Borbonico e Sopraintendente agli scavi dopo la morte
dellAvellino e sino al 1862; su di lui vd. castaldi 1840, pp. 237-239 e ricca 1869, vol. IV, pp. 122-131 con
riferimenti alla sua vasta produzione scientifica che comprende, oltre a studi su monete greche, romane, cufiche
e medievali, anche la Descrizione di alcune monete Urbiche inedite del Museo del Principe di S. Giorgio e della
collezione del Canonico de Jorio, Napoli 1821), ricordato anchesso da Fiorelli, figura ancora nel 1856 fra quelli
studiati dal Minervini per il suo Saggio (minervini 1856, prefazione). Per il Museo Santangelo vd. avanti.
95
romanelli 1815, parte III, pp. 22-24. Nel 1803 L. Giustiniani (1761-1824), nella voce Napoli del suo
Dizionario menzionava, fra quelle esistenti, le seguenti collezioni: Il ch. D. Domenico Cotugno si ha formato
468 valentino nizzo
il medagliere borbonico fra la restaurazione e lunit ditalia: dallacquisto
della collezione borgia a quello della collezione santangelo
Nel 1819, dando inizio al lavoro di riordino affidatogli da Ferdinando I, Don
Francesco M. Avellino, incaricato della classificazione del medagliere Reale trov
le medaglie di esso in parte custodite in talune spranghe di ferro, ed in parte disor-
dinatamente messe insieme in talune casse senza alcuna distinzione
96
. Le ingenti
spoliazioni sofferte dal medagliere nellultimo ventennio ne avevano ridotto la con-
sistenza a poco meno di 21000 esemplari, un nucleo assai modesto per numero e qua-
lit rispetto a quella che doveva esserne lentit originaria (vicina probabilmente alle
50000 unit), ulteriormente svilito dalla mancata annessione delle collezioni Capece-
latro e Carelli che, seppur destinate originariamente alle raccolte statali, migrarono
allestero al seguito di Carolina Murat. Lingresso nel 1815 dei 416 nummi onciali
della collezione Borgia (il cui acquisto, avviato sotto Murat, venne saldato dopo il
ritorno dei Borbone) costitu uno dei primi passi compiuti da Ferdinando I per ripri-
stinare non solo il volume ma anche la fama di quello che era stato uno dei medaglieri
pi celebri dEuropa
97
.
La storia del medagliere borbonico negli anni seguenti costellata da una serie quasi
costante di incrementi, frutto di ponderati acquisti, di doni o di accessioni conseguen-
ti alle attivit di scavo pubbliche o private che si susseguivano in tutte le province del
un niente spregevole museo numismatico, e tiene delle nostre monete urbiche veramente rarissime. Il ch. D. Ciro
Saverio Minervino ha formato ancora un pregevole museo di antiche monete urbiche, tralle quali sonovi delle
rare, oltre di una buona raccolta di cose petrifcate. D. Francesco Carelli aveasi formato un museo numismatico
che avea del pregio, ed avea in pensiere di stampare la serie delle monete Tarantine colle sue spiegazioni. Il Cav.
D. Michele Ardito ha similmente raccolte delle monete urbiche (giustiniani 1797-1816, vol. 6, pp. 358-359;
veniva inoltre citata la collezione di Giuseppe Saverio Poli menzionata, tuttavia, limitatamente alla parte naturali-
stica ed etnografica). Le descrizioni di Giustiniani e Romanelli possono essere confrontate con quella pi sintetica
edita dopo il ritorno dei Borbone in de Jorio 1819, pp. 28-32: Non sono pochi gli amatori delle antichit nella
nostra capitale, come ancora nel regno. Ne indicher alcuni, i quali posseggono non ispregevoli raccolte di meda-
glie, vasi ed altri oggetti antichi. In Napoli. Vasi, medaglie, bronzi, pietre incise ec.: Monsignor Capecelatro arci-
vescovo di Taranto, Cavaliere Carelli, D. Domenico Cotugno, Canonico de Jorio, Duca di Miranda, D. Francesco
Santangelo, Principe di S. Giorgio Spinelli, Principe di Torella. Raccolte numismatiche: Cavalier Arditi, Cavalier
Avellino, D. Nicola Cangemi, Giudice Diodati, D. Salvatore Fusco. Questi tre ultimi sono principalmente per le
monete del nostro Regno da Ruggiero I, re normanno. [in nota:] Non mancano in Napoli delle collezioni di oggetti
antichi per gli amatori che desiderano farne acquisto. D. Pietro Luigi Moschini ne possiede una ben ricca.
96
Dalla relazione del Rosini del 19/VIII/1823, cit. in milanese 1995, p. 179, nota 9. Fiorelli riferisce che
lincarico gli sarebbe stato affidato il 13/V/1820 e che avrebbe dovuto coadiuvarlo nel riordino Gabr. Rossetti
che dopo pochi mesi fu costretto ad esulare dalla patria (fiorelli 1864, p. 119); la documentazione archivistica
discussa da Milanese testimonia tuttavia che il lavoro venne intrapreso a partire dal 1819 e che, in tale data, il volu-
me della raccolta doveva aggirarsi intorno ai 30000 esemplari.
97
Sulla probabile consistenza originaria del medagliere vd. sopra alla nota 66; sulla collezione di Carolina
Murat vd. la nota 76. Sullacquisto della collezione Borgia vd. sopra la bibl. cit. alla nota 78.
collezioni numismatiche dell' ottocento napoletano 469
regno. Nel 1864 Giuseppe Fiorelli deline una rapida sintesi dello sviluppo della colle-
zione numismatica del Museo di Napoli nel primo cinquantennio del XIX secolo, ancora
oggi la principale fonte sullargomento
98
; ad essa si rinvia per un maggiore approfondi-
mento di tali tematiche che, in questa sede, sono riassunte nella forma di un grafico (Fig.
13) nel quale si cercato di tracciare, a grandi linee, quanto noto sullevoluzione del
medagliere borbonico tra il 1734 e il 1865
99
.
98
fiorelli 1864. Fra le tappe principali dellincremento delle raccolte borboniche meritano di essere ricor-
date le seguenti: il 18/X/1827 venne annesso il medagliere della Regia Universit degli Studi (appartenuto un tem-
po alla Biblioteca del Monastero di Monteoliveto), composto da 2657 esemplari (558 antichi e 2099 medievali
o moderni), parte dei quali provenivano dalle raccolte Carelli (vd. nota 86) e Notaroberto (676 post-antichi); in
momenti diversi degli anni '20 vennero selezionate e comprate 190 monete della collezione del marchese Enrico
Carlo Forcella (nobile palermitano, amministratore generale della Real Casa e de Siti Reali in Sicilia sotto Fer-
dinando II, fu autore dei Numismata aliquot Sicula, nunc primum a March. Henrico Forcella edita, Napoli 1825,
incentrati sugli esemplari inediti della sua raccolta che andavano a integrare le monete pubblicate dal Torremuzza,
sul quale vd. sopra alla nota 86), tutte antiche; nel 1831 venne acquisito il medagliere del Re Francesco I, composto
da 2000 esemplari (185 antichi e 1815 moderni); fra il 1826 e il 1837 Arditi don 7746 monete del suo medagliere
(vd. nota 79); il 12/XII/1833 venne acquisita una selezione di 241 monete della raccolta del Barone Luigi Genova;
nel 1836 fu la volta del medagliere del naturalista pugliese Giuseppe Saverio Poli (1746-1825; allievo a Molfetta
del conterraneo Minervino, sul quale vd. sopra alla nota 92, fu precettore del principe ereditario Francesco I di
Borbone e primo direttore del gabinetto di fisica dellUniversit di Napoli; si occup di meteorologia, fisica e zoo-
logia, pubblicando, fra le altre cose, una descrizione dei molluschi del Regno delle Due Sicilie con tavole illustrate
raffiguranti molti degli esemplari inclusi nella sua collezione; questultima comprendeva anche reperti etnografici,
fossili, minerali e macchine dastronomia e di fisica che andarono in parte dispersi negli anni convulsi della lati-
tanza borbonica; al suo ritorno dalla Sicilia, nel 1800, decise di dedicarsi alla raccolta di monete progettando anche
di scrivere un trattato, che titolar volea la Filosofia ovvero la Storia ragionata della Numismatica che non vide
per mai la luce; la sua collezione veniva cos descritta dal nipote Olivier Poli: lasci limmenso suo museo numi-
smatico a Sua Maest il Re. Questa preziosa collezione contiene, oltre alle monete di tutti i tempi e di quasi tutte le
culte nazioni, la serie delle medaglie de romani Pontefici, tranne assai poche; altre di quelle varie reali Dinastie
che hanno imperato nel nostro paese; la riunione de magnifici medaglioni battuti in Russia fin dal regno di Pietro
il Grande, e tutte le monete e medaglie coniate dai Napoleonici nelle varie epoche del loro passeggero esaltamen-
to. Si ha il motivo di sperare che il nostro munificente Monarca far unire siffatte alle altre di storia naturale gi
cedute alla corte da questo scienziato e che sotto il nome di Museo Poliano, sono state da parecchi anni rendute
di pubblico uso; sul Poli vd. gatti 1825, olivier poli 1825, toscano 2006, pp. 59-70), composto da 17809
esemplari di cui 8645 antichi e 9164 post-antichi al cui riordino si dedic nel 1844 il neoassunto ispettore Fiorelli
(milanese 1995, pp. 186-187); fra il 1838 e il 1842 documentato lacquisto di 613 monete antiche da Benigno
Tuzii (vd. sopra alla nota 4); nel 1858, infine, vennero cedute dal conte Francesco Del Balzo (1805-1882) 523
monete antiche che, insieme ad altri oggetti, facevano parte della collezione della Regina Maria Isabella Borbone-
Spagna (1789-1848; seconda moglie del Re Francesco I e madre di Ferdinando II, raccolse nella villa di Capodi-
monte che porta il suo nome una raccolta composta sia da curiosit naturali ed etnografiche che da antichit che poi
lasci al suo secondo consorte F. Del Balzo, fra le quali S. DAloe, nel 1845, ricordava una collezione di antiche
monete autonome, familiari, imperiali in oro, in argento ed in bronzo, disposte ad ordine alfabetico, fra le quali
la pi gran parte di rarissimo pregio, e di perfetta conservazione (s. daloe in aJello et Al. 1845, v. II, pp.
344-345; unaltra descrizione del Museo in navarro 1855, p. 131 e, con poche varianti, nelle principali guide
dellepoca).
470 valentino nizzo
Studi recenti condotti da A. Milanese e R. Cantilena hanno messo in evidenza la
cura con la quale Avellino procedette nellopera di riordino, cercando di registrare negli
inventari che andava man mano compilando tutte le informazioni disponibili riguardo
la possibile origine di ciascun esemplare e mantenendo distinti i nuclei monetali in base
a esse
100
. Come ha rimarcato Milanese, tale metodo, pur corrispondendo perfettamen-
te ai migliori principi della moderna museologia, non era probabilmente dettato da una
sensibilit premonitrice dellAvellino quanto piuttosto dalla necessit di individuare e
ricostruire i diversi nuclei della raccolta in modo tale da rendere riconoscibile, a fronte
di eventuali contestazioni, quanto effettivamente rientrava nelle propriet allodiali della
casa regnante, in ossequio alle prescrizioni dettate dal regio decreto del 22/II/1816
101
.
Si deve tener conto, tuttavia, che almeno per quel che concerneva le acquisizioni di data
recenziore Avellino poteva essere mosso da stimoli metodologici di altra natura, quali la
consapevolezza dellimportanza dei dati contestuali e associativi che talora accompagna-
vano i singoli nuclei monetali. Come infatti aveva gi evidenziato Bartolomeo Borghesi
(1781-1860) e come successivamente sanciranno gli studi del suo discepolo Celestino
Cavedoni e quelli di Theodor Mommsen, si cominciava proprio allora a intuire che dati
di questo tipo potevano fornire fondamentali informazioni per un migliore inquadramen-
to delle emissioni monetali non solo da un punto di vista meramente topografico (con-
statazione che, come si visto, era gi nota ai numismatici del XVII e XVIII secolo) ma
soprattutto in una prospettiva storico-economica
102
.
Tale modo di procedere, tuttavia, comport un notevole rallentamento nellopera di
riordino, ulteriormente aggravato dal progressivo accumulo di incarichi lavorativi che,
nel 1839, erano culminati con la sua nomina a successore dellArditi nella direzione del
99
Data la lacunosit e lapprossimazione delle informazioni disponibili il grafico, nel quale si cercato di for-
nire una seppur generica distinzione fra le monete antiche e quelle moderne, puramente indicativo. In particolare
si deve tener conto che non noto quante monete fossero presenti nelle raccolte del Museo nel 1817, al momento
del rientro delle casse trasferite in Sicilia. Se corretto il dato relativo alla presenza di 30000 esemplari al momento
dellavvio del riordino del medagliere (testimoniato da una relazione congiunta Avellino-Rosini risalente al 1822:
milanese 1995, pp. 178-179 e nota 9) bisogna supporre che a Napoli fossero rimaste fra le 8000 e le 9000 monete
che si sarebbero poi aggiunte a quelle rientrate da Palermo e di cui, nellincertezza, si deciso di non tener conto
nel grafico. Negli elenchi redatti da Fiorelli, inoltre, non si fa quasi mai menzione delle monete rinvenute negli sca-
vi delle citt vesuviane che dovettero contribuire in modo significativo allincremento del medagliere.
100
cantilena 1995, eAd. 1996, cantilena, giove 2001, milanese 1995, id. 1999 con bibl. prec.; vd.
inoltre quanto accennato al riguardo alla nota 24.
101
Dichiariamo che tutto quello che contiensi attualmente nel Real Museo Borbonico e tutto quello che
di nostro ordine vi sar in avvenire depositato, di nostra libera propriet allodiale, indipendente dai beni della
Corona. Riserbiamo a Noi la facolt di disporne []: milanese 1995, passim e la bibl. sopra cit. alla nota 32.
102
Come ha chiaramente evidenziato parise 1993, p. 246: [] Le Decadi di Bartolomeo Borghesi (1821-
40) [], secondo lespressione di Mommsen, avrebbero segnato unepoca nuova per gli studi sulla moneta roma-
na. Lo studio delle vicende dei monetieri, la spiegazione delle diverse tipologie, cos come la datazione e la valu-
tazione dei ripostigli conoscevano con Borghesi il primo consapevole tentativo di analisi scientifica. Gli spunti
Fig. 13. il medagliere del museo archeologico nazionale di napoli. Evoluzione
cronologica della raccolta: 1734-1865 (Elaborazione v. nizzo).
472 valentino nizzo
Museo e degli scavi del Regno. Il progredire delle scienze numismatiche aveva frattan-
to reso non pi procrastinabile lopera di edizione del ricchissimo medagliere borbonico
che, salvo la pubblicazione pi o meno episodica di singoli esemplari in innumerevoli
studi di dettaglio, era rimasto sostanzialmente sconosciuto ai pi non essendo regolar-
mente accessibile sin dalla fine del secolo precedente e non essendo stato oggetto di
alcuna trattazione sistematica dopo il trasferimento delle monete farnesiane da Parma
a Napoli. Fu probabilmente per fornire una risposta agli eruditi che deprecavano tale
situazione che il Ministro degli Interni Nicola Santangelo, nel 1838, interrog Avelli-
no sullo stato dei lavori e il tempo necessario per portarli a compimento, ottenendo da
questi un immediato resoconto dal quale si poteva evincere che le monete fino ad allora
classificate ed annotate nel Catalogo in cinque distinte Collezioni (greca, romana,
moderna e due di duplicate) assommavano a 38012 fra le quali figurava anche una parte
significativa delle pi recenti accessioni che, comportando un costante incremento del
medagliere, facevano s che il lavoro di riordino fosse inevitabilmente perenne e, con
esso, la stampa del catalogo
103
. Nel 1840, in seguito a un grave furto che aveva privato
la raccolta di molte rare medaglie di oro e di argento
104
, si decise di affidare a Stani-
slao DAloe il compito di conservatore del medagliere per far fronte ai crescenti impe-
gni del Direttore e rendere al contempo possibile, dal 28/VI/1841, una apertura al pub-
blico della collezione, con modalit che, tuttavia, risultavano ancora assai restrittive.
Nel 1844 lulteriore procrastinarsi dei lavori di sistemazione e di edizione nonch alcu-
ne significative divergenze sui metodi e le modalit dazione aggravarono ulteriormen-
te lattrito fra Avellino e Nicola Santangelo il quale, anche in vista del VII Congresso
degli scienziati italiani che si sarebbe svolto a Napoli nel settembre del 1845 e del quale
era stato nominato Presidente Generale, decise di prendere in mano la situazione sol-
lecitando Avellino a completare il riordino, a procedere alle consegne della raccolta e
a fornire il numero esatto delle monete in essa conservate, cosa che, inoltre, avrebbe
dovuto fugare le dicerie di quanti sospettavano che la sua celebre collezione di famiglia
si fosse arricchita con monete e oggetti illecitamente sottratti al Museo Borbonico
105
.
metodologici elaborati da Borghesi e di cui si trovano tracce anche nel secolo precedente (Kinns 1990) avrebbero
avuto poi compiuta formulazione a opera di Mommsen che, nel 1860, con la Geschichte des rmischen Mnzwe-
sens apr una nuova fondamentale pagina nella storia degli studi numismatici. In Italia le suggestioni dellerudito
sanmarinese vennero raccolte, in particolare, da Cavedoni che, nel 1854, con Il Ragguaglio storico archeologico
dei precipui ripostigli antichi di medaglie consolari e di famiglie romane, produsse la prima monografia scientifica
integralmente incentrata sullo studio dei ripostigli monetali. Su Borghesi vd. fraschetti 1982, panvini rosati
1982, crawford 1990; su Cavedoni vd. la bibl. sopra cit. alla nota 3. Fra le prove di una sensibilit contestuale
dellAvellino spicca quella relativa al ripostiglio di monete paleografiche per il quale vd. la bibl. cit. alla nota 81.
103
Rapporto Avellino del 9/V/1838 cit. in milanese 1995, pp. 179-181 e note 9, 14-15. Nel 1845 il meda-
gliere sarebbe asceso a quarantamila e pi esemplari secondo gli informati compilatori di aJello et Al. 1845,
v. II, p. 178.
104
fiorelli 1864, p. 160.
105
Per tali sospetti e accuse vd. milanese 1995, p. 184, nota 22, id. 1996, p. 174 e giove 1996, p. 194.
collezioni numismatiche dell' ottocento napoletano 473
Per accelerare lopera, il Ministro affianc allanziano Direttore il giovane Giuseppe
Fiorelli che, il 29/V/1844, fresco reduce dallapprendistato del Tuzii e assai stimato per
le sue prime pubblicazioni, venne nominato Ispettore con incarichi specifici relativi al
medagliere
106
.
Limpatto di Fiorelli con Avellino non fu dei migliori, sebbene questultimo avesse
manifestato apprezzamento per le pubblicazioni del suo giovane collega; a dividerli non
era soltanto il consistente gap generazionale quanto piuttosto una profonda divergenza
metodologica nellimpostazione da dare al riordino del medagliere. Galvanizzato dal
nuovo incarico e forte della fiducia dei Santangelo che, probabilmente, contavano sulle
sue capacit per una velocizzazione dei lavori, Fiorelli sin da subito propose un rinnova-
mento delle procedure che, a suo dire, avrebbe dovuto permettere di completare la risi-
stemazione della raccolta e la sua edizione nei tempi previsti. Le sue proposte, tuttavia,
incontrarono la netta ostilit di Avellino il quale si rifiut di adottare un metodo che, pre-
vedendo laccorpamento dei diversi nuclei monetali secondo lordine cronologico e tipo-
logico prima della redazione dei loro inventari descrittivi (e non dopo, come egli aveva
sempre fatto), avrebbe comportato inevitabilmente (in mancanza di accurate descrizio-
ni e di adeguate annotazioni metriche) la loro decontestualizzazione, come di fatto poi
sarebbe avvenuto. Non essendo possibile pervenire a un compromesso, nellestate del
1846, Fiorelli fu costretto ad abbandonare provvisoriamente il suo incarico per assume-
re poi, nel maggio del 1847, quello di Ispettore degli scavi di Pompei. Nonostante, nel
1848, egli tornasse con Giovanni Vincenzo Fusco
107
a occuparsi del medagliere impri-
mendo al riordino quellimpostazione rigettata dallAvellino le vicende personali che
lo coinvolsero negli anni seguenti impedirono che lopera venisse portata a termine, sic-
ch, nel 1864, poco tempo dopo essere succeduto al Principe di San Giorgio nel ruolo di
Direttore del Museo Nazionale, Fiorelli amaramente ancora constatava:
noto [] che lAvellino rimasto solo al lavoro lo condusse innanzi per 30 anni accingen-
dosi pi volte a stampare il catalogo del medagliere che per circostanze inesplicabili non
vide mai la luce, sebbene non mancassero sussidi e collaboratori in epoche diverse, onde pi
speditamente procedere alla pubblicazione di quel libro, che dovea porre fine alle incertezze
surte sulla identit ed il numero delle antiche monete serbate nel Museo []. Onde per com-
pensi straordinari allautore, ed a coloro che lo avevano in alcun modo coadiuvato, furono
106
milanese 1995, pp. 182 e ss.; a questo scritto si rinvia per una ricostruzione attenta e dettagliata delle
vicende del riordino del medagliere di seguito sintetizzate.
107
Sullopera di Giovanni Vincenzo Fusco (1819-1849) e del padre di questi Salvatore (1772-1849), grandi
raccoglitori di carte antiche e di monete medievali (questultimo ricordato gi nel 1819 da De Jorio fra i principali
collezionisti napoletani: vd. sopra alla nota 95), vd. diffusamente davella 1850, sulla loro collezione numisma-
tica vd. S. daloe in aJello et Al. 1845, v. II, p. 320:Il giudice di gran corte criminale Salvatore Fusco pos-
siede una importante e ricca collezione di monete, la quale prende cominciamento dalla caduta dellimpero sino a
nostri giorni.
474 valentino nizzo
spese oltre Lire 50 mila, senza che fosse perci pi noto il medagliere di quello che lo era nel
1820, quando ne venne ordinata per la prima volta la stampa
108
.
Dallalto del suo nuovo incarico Fiorelli cerc di rimediare a quellinutile dispendio
di mezzi e di persone, di cui sentiva il peso non solo rispetto allIstituto che rappresen-
tava ma, soprattutto, di fronte alla comunit scientifica internazionale, nei riguardi della
quale mostr sempre una particolare sensibilit
109
. Dedicando tutto se stesso allopera
di riordino del medagliere e di una parte delle raccolte minori, fu in grado fra il 1866
e il 1871 di dare finalmente alla luce i primi sei volumi del Catalogo delle collezio-
ni numismatiche
110
, i quali vennero accolti con entusiasmo dai cultori della materia per
lamplissima mole del materiale esaminato (oltre 53000 esemplari), sebbene ledizione
si limitasse a fornire descrizioni molto spesso insufficienti rispetto alle esigenze scienti-
fiche dellepoca e fosse del tutto sprovvista di tavole illustrative e di adeguati riferimen-
ti metrici che consentissero non solo un puntuale inquadramento ma anche il semplice
riconoscimento delle singole monete e delle loro varianti e dalla quale, peraltro, risultava
espunto un numero imprecisabile, ma cospicuo, di esemplari duplicati e/o mal conserva-
ti, destinati a giacere dimentichi e senza collocazione per i decenni seguenti
111
. Lopera
tanto attesa nasceva quindi con gravi limitazioni che ne pregiudicavano un proficuo uti-
lizzo in mancanza di quei necessari approfondimenti che Fiorelli stesso aveva auspica-
to e che, ancora oggi, sono lungi dallessere compiuti. Tale arretramento, tuttavia, non
108
fiorelli 1864, p. 120.
109
Si veda a tal proposito una lettera inviata da Fiorelli a Henzen l11/IV/1864 conservata presso larchivio
dellIstituto Archeologico Germanico (Sachgruppe II; su carta intestata Soprintendenza G.le e Direzione del Museo
Nazionale e degli scavi di antichit): Cariss.o Amico / Vi ringrazio della gentile profferta per la stampa del volu-
me del Gerhard, e certamente vorrei anche io mostrargli laltissima stima che in Italia si fa della sua dottrina.
Solo desidero che mi accordiate un poco di tempo, trovandomi ora sommerso in molti lavori assai faticosi, e di
poca reputazione, ma che non di meno sento lobbligo di compiere, trovandomi a capo del Museo. Intendo dire del
Catalogo generale, al quale lavoro indefessamente senza aiuti n consigli. Sono ora a collocare le iscrizioni, divi-
dendole per citt e regioni; stampo contemporaneamente il catalogo delle monete che si attendeva dal 1820, quello
degli oggetti preziosi e laltro della raccolta pornografica. Ho riveduto il terzo volume della nuova serie dei papiri,
confrontando le incisioni con gli originali, eseguite quelle gi da molti anni, e ora si va stampando il vol. quarto.
Aggiungete le cure quotidiane richieste dagli scavi di Pompei e per lamministrazione di un numeroso personale, e
vedrete che il vostro amico non molto indiscreto, se vi chiede di sapere quale sia lultimo termine assegnato per
la presentazione degli articoli []. Colgo loccasione per ringraziare vivamente il Dott. Th. Frhlich per avermi
permesso di accedere ai preziosi archivi del DAI.
110
fiorelli 1866a, id. 1866b, id. 1867, id. 1870a, id. 1870b, id. 1871.
111
breglia 1955, pp. 154-155: Purtroppo nonostante tale mirabile sforzo [] il riordinamento del Meda-
gliere napoletano restava incompiuto. Da un lato, infatti, erano da riordinare le numerose medaglie della raccolta
del Museo Nazionale e le monete romane (repubblicane e imperiali), della collezione Santangelo, cui si aggiunge-
vano monete moderne e medaglie italiane ed estere della stessa raccolta, dallaltro, ogni gruppo di quelli catalo-
gati dal Fiorelli aveva lasciata una serie, talora considerevole di relitti, costituiti non solo dagli esemplari falsi o
collezioni numismatiche dell' ottocento napoletano 475
va imputato integralmente ai limiti scientifici del Fiorelli numismatico di cui si fatto
cenno al principio di questa trattazione, ma alla mole stessa del lavoro che con le sue
sole forze dovette compiere e che, proprio nel 1865, era stato pesantemente aggravato
dallacquisto della celeberrima collezione Santangelo, per conseguire il quale Fiorelli si
era strenuamente e incisivamente battuto.
La collezione Santangelo era lultima sopravvissuta delle grandi raccolte familiari
formatesi nei decenni convulsi compresi fra le due Restaurazioni e, sin dal 1815, una
delle pi note e apprezzate del Regno di Napoli. Iniziata a opera del marchese Francesco
(1754-1836), giureconsulto e uomo politico dai vastissimi interessi letterari e collezio-
nistici e dalla spiccata propensione per gli affari, essa crebbe considerevolmente grazie
alla passione e allabilit dei suoi due figli, Nicola (1786-1851), Intendente dal 1812 in
gran parte delle province del Regno e, dal 1831, Ministro degli Affari Interni, e Michele
(1796-1876), cultore di numismatica e artefice principale del medagliere
112
(Fig. 14).
Ospitata dal 1813 nel palazzo che era appartenuto a una delle pi antiche e importanti
famiglie dellaristocrazia napoletana (i Carafa di Maddaloni, poi Colubrano, noti sin dal
'400 per la loro passione collezionistica e inesorabilmente decaduti durante il decennio
sospetti, bens anche da altro materiale che per essere costituito da doppi o da pezzi consunti, e comunque sciupa-
ti, non erano stati inclusi dal Fiorelli nella raccolta []. Il disordine, pertanto, lamentato dal Fiorelli agli inizi del
suo lavoro si era ridotto ma non cancellato definitivamente []; i suoi successori [] trovavano ormai costituito
il medagliere napoletano ma ne trovavano compromesse le sorti. Da un lato infatti i nuclei in disordine lasciati dal
Fiorelli erano destinati a germinare e moltiplicarsi, per sopravvenire di nuovi minori incrementi [], dallaltro lo
stesso riordinamento Fiorelli [] aveva irrimediabilmente pregiudicate infinite possibilit scientifiche del mate-
riale, col distruggerne, per la parte proveniente da scavo, tutti i dati di provenienza. Perdita determinata dal cri-
terio collezionistico ottocentesco, inteso a valorizzare unicamente gli esemplari migliori, e pertanto inevitabile in
quel periodo, ma che non sar mai deplorato abbastanza oggi che il patrimonio delle nostre raccolte vale, non pi
e non soltanto per la bellezza o la rarit del singolo pezzo, ma soprattutto per quel che essi rappresentano come
documento di storia. Le condivisibili parole di biasimo della Breglia vanno integrate con le considerazioni di
Milanese (milanese 1995), che permettono di calare pi compiutamente loperato di Fiorelli nel suo tempo. Egli,
infatti, pur perseguendo i migliori criteri espositivi in auge nei principali medaglieri della sua epoca, trascur quella
che era la peculiarit delle raccolte napoletane il cui incremento, diversamente dai consueti meccanismi collezioni-
stici, era spesso direttamente legato alle attivit di scavo e di ricerca sul territorio che facevano s che, talvolta, fosse
conservato il nesso fra le monete e il loro contesto di provenienza; tale omissione, tuttavia, comport probabilmente
un vantaggio pratico di ben pi vasta portata che non dovette sfuggire allo stesso Fiorelli, poich lunificazione
delle raccolte imped agli eredi dei Borbone di reclamare quella parte delle collezioni che loro apparteneva, essendo
essa di propriet allodiale. Per quanto attiene alla forma data ai suoi Cataloghi si deve tener conto che lobbiettivo
perseguito dallarcheologo napoletano era unicamente quello di dare una sommaria cognizione delle raccolte, non
essendo possibile, per questioni di tempo e di disponibilit economiche, produrre una edizione corredata di tavole
e visto anche che i mezzi tecnici allora disponibili non permettevano una puntuale misurazione del peso dei singoli
esemplari che tenesse conto di discrimini, in molti casi, infinitesimali.
112
Sui Santangelo e la loro collezione vd. milanese 1996, id. 2005, lista 1996; sul medagliere vd. fio-
relli 1866, id. 1867, giove 1996, ead. 2001, ead. 2007. Formata da Francesco che rilev con abili mosse
finanziarie i patrimoni mobiliari di alcune delle pi celebri famiglie aristocratiche napoletane come i Carafa di
476 valentino nizzo
Fig. 14. la famiglia santangelo (1840 ca.). Collezione privata: seduto a sx. Nicola (1786-
1851), in piedi a dx. Michele (1796-1876), alle spalle del busto del padre, Francesco
(1754-1836) (da milanese 2005, Fig. 1).
collezioni numismatiche dell' ottocento napoletano 477
francese)
113
, la collezione fu per molti anni meta di viaggiatori ed eruditi che spesso si
contendevano il privilegio di pubblicarne qualche inedito tesoro grazie alla liberalit e
a una consapevole dose di esibizionismo dei suoi munifici possessori, i quali, inoltre,
come nel caso di Fiorelli, ne incoraggiavano lo studio con opere di vero e proprio mece-
natismo. Nel 1845 il palazzo dei fratelli Santangelo fu il teatro del sontuoso ricevimento
offerto dal Ministro Nicola agli scienziati italiani convenuti a Napoli per celebrarvi il
loro VII Congresso; le guide dellepoca testimoniano quale fosse lordine delle colle-
zioni, degno di competere con gli allestimenti delle raccolte pubbliche delle principali
corti europee, compresa quella del Museo Borbonico. Il medagliere, in particolare, era
ospitato in una delle stanze del palazzo compresa fra la quadreria e il gabinetto delle
stampe; le monete, accuratamente distribuite secondo lordine cronologico e i miglio-
ri requisiti museografici del tempo, erano disposte per serie in appositi armadi uno dei
quali, peraltro, appartenuto al celebre Carelli
114
. Tale ordinamento sembra fosse curato
personalmente da Michele Santangelo il quale, come altri suoi illustri predecessori quali
Carafa e Arditi, ne stava approntando il catalogo per la pubblicazione. Tale opera, tutta-
via, come nei casi citati, rimase manoscritta e and poi irrimediabilmente dispersa nono-
Colubrano e i Caracciolo di Torchiarolo, la collezione venne poi accresciuta dal figlio Nicola che seppe far fruttare
lincarico da Intendente (preposto, fra le altre cose, al controllo degli scavi privati) per soddisfare i suoi personali
interessi collezionistici, piegando a suo vantaggio quello che oggi propriamente definiremmo un conflitto di inte-
ressi. Divenuto ministro la sua passione per le antichit e una certa consapevolezza diffusa del suo agire spregiudi-
cato dettero agio non solo a semplici critiche ma a vere e proprie accuse, per difendersi dalle quali, come si accen-
nato (vd. sopra con bibl. alla nota 105), Nicola cerc di mettere in atto una politica di trasparenza nella gestione
delle raccolte del Museo Borbonico la quale, tuttavia, non fu sufficiente a por freno a quegli attacchi (mossigli, fra
gli altri, dal Settembrini) che nel 1847 lo costrinsero a dimettersi, nello stesso anno in cui aveva dovuto cedere la
sua parte della raccolta al fratello Michele. Come ha rilevato Milanese, possibile che in questultimo atto vada
ravvisata lorigine dei dissesti familiari dei Santangelo che, nellarco di appena 15 anni, li avrebbero indotti a pri-
varsi del loro celebre museo privato.
113
Vd. sopra alla nota 50.
114
Una accurata descrizione del palazzo Santangelo e, in particolare, della disposizione della collezione
numismatica venne pubblicata proprio in occasione del citato congresso degli Scienziati Italiani a cura dellallora
conservatore del medagliere borbonico, Stanislao DAloe (in aJello et Al. 1845, v. II, pp. 326-327); da essa
dipendono, pi o meno letteralmente, quasi tutte le altre descrizioni dellepoca citate in milanese 1996, p. 178,
nota 5. Il brano di DAloe merita di essere trascritto perch costituisce una delle poche testimonianze disponibili
dellallestimento di un medagliere privato nella Napoli della prima met dell800: [] Dopo le stanze della qua-
dreria apresi quella delle medaglie e monete di oro, di argento e di bronzo. Di questa ricchissima e ben ordinata
raccolta senza alcun dubbio la classe delle monete autonome delle citt e dei popoli dItalia la pi variata di
quante si conoscano, noverando essa molte monete inedite, moltissime della pi grande rarit, e tutte di conser-
vazione perfetta. A questa fan seguito le monete ponderarli (aes grave), assegnate o portanti il nome di varie citt
italiane. Le monete degli antichi popoli di Europa, oltre lItalia, e quelle delle citt, de popoli e de re dellAfrica
e dellAsia, e tutte le coloniali son raccolte in armadio separato. Larmadio delle monete delle famiglie romane
comprende ancora gli assi di Roma, tanto fusi che coniati, con le diverse frazioni di essi, non pure che tutte quelle
monete coniate col nome di Roma in varie citt dItalia, una volta attribuite generalmente alla Campania. Lar-
478 valentino nizzo
stante questi vi avesse posto mano diversi anni prima del 1838
115
e, nel 1856, avesse gi
fatto approntare numerosi disegni dei quali, con la consueta prodigalit, concesse luso
al Minervini per il suo Saggio, oltre il permesso di far disegnare alcune altre mone-
te, cosa che lo studioso contraccambi menzionando la Collezione Santangelo al primo
posto fra le raccolte napoletane di cui si era avvalso per le sue ricerche, quali quelle di
Luigi Sambon, dellavvocato Giuseppe Lauria, del Principe di San Giorgio, del padre
Luigi Tortora, del signor Domenico dei Baroni Oliva e di Francesco Mongelli
116
. Al pro-
getto di edizione del suo medagliere Michele Santangelo lavorava ancora nel giugno del
1865
117
, pochi giorni dopo (31/V) aver formalizzato il contratto con il quale, indotto
madio delle monete imperiali contiene la serie degli imperatori occidentali ed orientali, e termina con la cadu-
ta dellultimo impero. Alla serie imperiale fa seguito, in altro armadio, quella delle monete battute ne ducati di
Napoli, di Benevento, di Amalfi e di Gaeta, ne principati di Salerno e di Capua, nella contea di Teano, e quindi
venendo a quelle del ducato di Puglia e della gran contea di Sicilia, si aggiunge a Ruggeri, e da costui a nostri
giorni. Formano le branche di questultima classe di monete quelle battute in molte citt dItalia nel medio-evo,
e son riposte in apposito armadio, in cui sono pure collocate le altre delle citt straniere. In altri piccioli armadi,
fuori de gi indicati, si contengono medaglie e monete di re, di papi e di uomini illustri in ogni ramo di umano
sapere. Il catalogo di questo rinomato medagliere si sta dottamente elaborando dal cavalier Michele Santangelo
per vedere a suo tempo la pubblica luce, ad utilit della scienza. La disposizione descritta ricorre anche nelle
relazioni redatte in occasione dellacquisto e si protrarr, in parte, nei cataloghi editi da Fiorelli; sugli armadi della
collezione Santangelo, oggi custoditi con essa nel Museo di Napoli, vd. giove 1996, p. 191 e figg. a p. 192.
115
Come testimonia una lettera del 27/VII/1838 inviata da Millingen a Emil Braun e parzialmente riportata in
milanese 2005, p. 114: [] Ho veduto la collezione dei vasi di Santangelo che molto ricca in soggetti e forme.
[] Esso pensa di farli disegnare e pubblicare, ma il male che in questo paese non si finisce niente. Il catalogo
del medagliere cominciato da tanti anni non ancora finito.
116
minervini 1856, prefazione. Salvo quelle Santangelo, San Giorgio (cit. sopra alla nota 94) e di L.
Sambon (antiquario e numismatico parigino trasferitosi a Napoli intorno alla met del secolo, fu autore, nel
1863, delle Recherches sur les anciennes monnaies de lItalie mridionale e padre di Giulio e Arthur, 1867-
1947, il quale, nel 1903, ne proseguir lopera pubblicando Les monnaies antiques de lItalie: cantilena
1996, p. 72, nota 7), tutte le altre raccolte dovettero formarsi nel secondo quarto del XIX secolo non essen-
dovene specifica menzione in altri scritti. Fra le collezioni numismatiche di questo periodo pu essere ricor-
data anche quella del Castaldi cit. da s. daloe in aJello et Al. 1845, v. II, pp. 333-334: Il consigliere di
suprema corte di giustizia Giuseppe Castaldi tiene una scelta collezione di monete autonome, spettanti per la
maggior parte alla Magna Grecia, ed una raccolta di monete dei nostri re, con molti medaglioni, alla quale fa
seguito una compiuta serie di medaglie di uomini illustri.
117
Tale circostanza documentata in una lettera sinora inedita conservata fra le Carte Fiorelli della Biblio-
teca Nazionale di Napoli (Mss. S. Martino 780 bis, Carte Fiorelli, busta 108, foglio 3): Napoli li 28 Giugno 1865
/ Gentilissimo Signor Commendatore / Prima di restituire il bozzo [sic!] del contratto allAvvocato del Municipio
desidero di parlarvi onde assodare e consacrare nel contratto medesimo una qualche frase riguardante la sicurez-
za ed il decoro di entrambi, come vi spiegher, le quali toccano un poco il mio amor proprio, e solamente con un
accordo fra noi possono modificarsi. / Desidero ancora prima di dare la consegna del medagliere dare un colpo di
occhio ad una ventina di monete di cotesto Museo Nazionale, e ci perch per mia particolare memoria sto pren-
dendo delle note per qualche moneta della mia collezione che passer al Municipio. / Per queste ragioni vi prego
collezioni numismatiche dell' ottocento napoletano 479
da pi che imperiose circostanze
118
, cedeva per 215000 lire al Municipio di Napoli per
destinarla al Museo Archeologico (dove sar allestita e inaugurata il 27/I/1867) lintera
collezione sventando il rischio che venisse venduta allestero in virt di un contratto pre-
cedentemente stipulato con gli antiquari Rollin e Feuardent. Lacquisto della collezione
Santangelo (il cui medagliere, forte di oltre 42000 esemplari, avrebbe sostanzialmente
raddoppiato quello del Museo Nazionale) costitu uno dei pi limpidi successi conseguiti
da Fiorelli negli anni della sua direzione. Grazie al suo impegno, al suo intuito e alle sue
conoscenze, infatti, gli fu possibile evitare un deprecabile espatrio che avrebbe privato
la Nazione di una delle pi celebri raccolte private esistenti in Italia, come era accaduto
nel 1862 con la collezione del marchese Campana passata al Louvre. Il medagliere del
Museo di Napoli veniva in tal modo risarcito delle pesanti sottrazioni subite al principio
del secolo e poteva tornare nuovamente a vantare una posizione di prestigio fra le altre
raccolte dEuropa
119
.
di darmi un appuntamento, onde possa recarmi in cotesto Museo, nel giorno e nellora nella quale posso trovarvi
alquanto disoccupato, tanto pi che nel momento i miei mali fisici mi danno un poco di tregua. / Ardisco pregarvi
ancora di darne una prevenzione alla porta giacch io non posso dare un solo passo senza poggiarmi. / Attendo un
sollecito grato riscontro, e mi segno / Vostro servo ed antico amico / Michele Santangelo.
118
M. Santangelo, Napoli 18/VI/1865, cit. in milanese 1996, p. 177 e giove 1996, p. 191.
119
Nel 1866, seguendo lesempio di Michele Santangelo, anche Gennaro Riccio (noto antiquario, fornitore
in pi occasioni del Museo Borbonico e autore di opere numismatiche molto apprezzate al suo tempo ma giudicate
assai modeste dalla critica moderna; fiorelli 1864, p. 177, babelon 1901, col. 245, parise 1993, p. 248, can-
tilena 1996, p. 72, nota 7) propose in vendita al Municipio la sua celebre collezione, come testimonia una lettera
inedita inviata in tale data a Fiorelli e conservata fra le sue Carte nella Bibl. Naz. di Napoli (Mss. S. Martino 780
bis, busta 98): Onorevolissimo Sig. Commendatore / Giusta il Dilei saggio consiglio lavantieri mi recai imman-
tinente dallegregio Signor Barone Nolli. Si ricord benissimo delle trattative antecedenti per lo acquisto del mio
medagliere consolaro=romane. Mi assicur che sarebbesene occupato sollecitamente nominando alluopo la
Commissione, da Lei, Sig.r Commendatore, presieduta, e mostrando piacere di vederle schierate le monete in due
camere piene. Mi onoro manifestarle quanto occorso in questa facenda, onde esserle di norma, senza distrarla
dalle Sue gravi e molteplici cure con altra mia visita. Mi rimetto al Dilei cuore, dignit, ed alta giustizia perch
non sia defraudato ne miei interessi. Lanno passato mentre stava al casino a S. Giorgio a Cremano mi pervenne
dal Signor Birch Conservatore aggiunto al Museo Britannico proposta di cedere la mia collezione numismatica
al Museo medesimo per Cinque mila sterline, corrispondenti a docati trentamila della nostra vecchia moneta. Ma
siccome avrei perduto bastantemente sul prezzo effettivo costatomi, mi denegai. Non so chi indusse mio genero
Sig.r Ghirelli, dopo la vendita del Museo Santangelo, a far acquistare anche il mio medagliere al Municipio. Io
allora mi mostrai aderente, ed anche al prezzo del Museo inglese, per lonore di lasciare al paese questa rara col-
lezione, costatami immense cure e fatiche per 36 anni. Il cholera e la dimissione del Nolli interruppe la trattativa.
Spero che ora si riattacchi con migliori auspizj, e si venga a conclusione. Io son contento di Seimila docati nellat-
to del contratto, ed il resto in due o tre rate annuali, con linteresse del 5 per cento a scalare, siccome dichiarai
allonorevole Sig. Sindaco, stipulando la scrittura in tai sensi. / Perdoni per carit questa filastrocca perch mi
occorreva farle conoscere gli antecedenti, ed i dati dello affare, che costituisce la piccola mia fortuna e delle mie
figlie. / Sommamente grato e tenutissimo ad ogni atto di Sua scrupolosa giustizia, con pi profondo rispetto mi
onoro dichiarare immutabilmente. / Di Lei Signor Commendatore / D.mo Aff.mo Servitor Vero / Gennaro Riccio /
480 valentino nizzo
Quando il giovane Barnabei cominci a frequentare Fiorelli nel 1865 lo trov total-
mente assorto nel lavoro di riordino e di edizione del medagliere. Con le sue impressioni
e i suoi ricordi vogliamo chiudere questo contributo:
Giuseppe Fiorelli era dedito allora totalmente a catalogare le monete. Posava sul suo tavo-
lino un sacchetto dal quale traeva fuori un pezzo alla volta che strofinava con uno scopetti-
no per levare la polvere e leggervi la leggenda che infine pazientemente trascriveva sopra
fogli, che venivano a costituire il manoscritto del grande catalogo. [] Occuparsi di monete
era per Fiorelli una manifestazione di vita e non gli costava alcuna pena, anzi era quasi un
riposo tanto vero che egli mentre ripassava le monete, ripulendole col suo scopettino e tra-
scrivendo le leggende, dava contemporaneamente udienza alle persone che quasi di continuo
venivano al Museo per parlare con lui spinte perlopi da interessi
120
.
valentino nizzo
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Casa 22 maggio 1866 / 36. Via Alabardieri. Come sappiamo dalla Guida Gnecchi la trattativa non and in porto
e la collezione Riccio (1542 monete romane consolari) fu venduta allasta a Parigi nel 1868, dove una parte venne
acquistata per le raccolte numismatiche del Regio Museo di Torino (gnecchi 1903, p. 364; per una rassegna delle
collezioni numismatiche esistenti a Napoli agli inizi del XX secolo vd. inoltre ibid., pp. 333-337; si noti come non
vi figuri nessuna delle collezioni esistenti intorno al 1850).
120
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SUMMARY
In 1734, Elisabetta Farnese transferred the celebrated Farnese medal and coin collection
from Parma to Naples together with other collections of art and antiquities, which subse-
quently formed the first nucleus of the Bourbon Royal Collections. In a short time, it rapidly
grew thanks to an extraordinary series of discoveries that occurred during the enlightened
Caroline season. Thereafter the history of the Royal Collections merged with that of the
490 valentino nizzo
Kingdom of the Two Sicilies with serious consequences, particularly in the period between
the two Restorations. Seriously depleted, the collection was increased partly by the progres-
sive acquisition through purchases and donations of some of the most important private
coin collections in the Kingdom of the Two Sicilies, such as that of the Duke of Noja, of
Arditi, of Poli, of Santangelo to name but a few. At that time, many collectors and anti-
quarians such as Carelli, Arditi, Avellino and Fiorelli were involved in the study and/or
reorganization of the Bourbon medal and coin collection. This contribution is dedicated to
their stories as human beings and collectors, and to the history of the Medal Collection of
the National Archaeological Museum of Naples between 1734 and 1865.

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