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LEZIONE N^7

I SISTEMI RECETTORIALI
Nell’ultima lezione avevamo visto l’anatomia funzionale dei recettori, come sono divisi i vari
sistemi recettoriali. Abbiamo dei recettori che sono composti solo dalla fibra nervosa e quindi solo
dal neurone, e altre due categorie che invece comprendono sia la fibra nervosa, che è la fibra di
senso primaria, e poi una cellula accessoria che è quella che è responsabile della traduzione dello
stimolo vero e proprio. In questo lucido vedete diverse forme per diversi tipi di recettori proprio
perché gli stimoli sono molto diversi come natura e la loro traduzione necessita di apparati e di
cellule particolari per far sì di poter tradurre lo stimolo specifico. Questo è soltanto un esempio per
far vedere come è diversa la forma delle cellule dei vari sistemi recettoriali. Ora cominceremo a fare
alcuni sistemi recettoriali; con me vedrete il tatto, il gusto, l’olfatto e la vista. Poi con la
professoressa Negrini farete invece gli altri sensi.
Vedete che la costante è sempre la cellula di senso primaria, che è il neurone veicolare il cui posto
cellulare sta nel legame delle radici posteriori dei nervi dorsali, e poi quello che cerco di dire io può
essere o la terminazione libera di questa fibra o diverse strutture, diverse cellule accessorie.

I RECETTORI TATTILI
Cominciamo quindi a parlare dei sistemi recettoriali partendo dal sistema tattile e vediamo quali
sono i recettori tattili, le cellule di senso primarie e secondarie che danno origine alla sensazione
tattile.
In questo lucido vedete una distinzione fra quelli che sono i recettori presenti nella cute glabra e
quelli invece presenti nella cute dotata di peli, perché la funzione che svolgono questi due tipi di
cute è decisamente diversa. La maggior densità di recettori si ritrova a livello della cute glabra che è
quella dei polpastrelli, sul palmo delle mani e dei piedi, che sono le zone che ci interessano
maggiormente perché sono quelle che entrano in contatto con gli oggetti che ci circondano. Quindi
dal punto di vista evolutivo sono quelle che in tutti gli animali, quindi uomo compreso, sono
deputate ad interfacciare l’uomo con l’ambiente. Per cui noi focalizzeremo la nostra attenzione sui
tipi di recettori presenti nella cute glabra, però senza dimenticare che a livello della cute che
contiene peli abbiamo esattamente gli stessi recettori distribuiti però con una densità spaziale ben
differente molto inferiore e soprattutto dei recettori specifici, come vedete qui, che è il recettore
pilifero che è specializzato a tradurre il movimento dei peli.
Quali sono gli specifici recettori presenti nella cute glabra, che sono quelli che ci interessano più da
vicino?
Ce ne sono due grandi, che sono il corpuscolo del Pacini e quello del Ruffini, e poi altri due più
piccoli, che sono più superficiali, poi vedremo meglio le distinzioni, che sono a livello
dell’interfaccia tra derma e l’epidermide, e sono il recettore del Merkel e il corpuscolo di Maisner.

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Quindi questi sono i recettori su cui ci soffermeremo, ma non dimenticatevi che a livello della cute
dotata di peli abbiamo anche il recettore pilifero.
Come vengono distinti funzionalmente questi recettori?
Innanzi tutto, a che categoria appartengono: appartengono alla categoria dei meccano recettori,
perché lo stimolo tattile è uno stimolo di natura meccanica, quindi loro rispondono quando sulla
cute viene esercitata una pressione, che è uno stimolo meccanico. Sono dei meccano recettori a
bassa soglia. Cosa vuol dire: vuol dire che rispondono per livelli minimi di energia meccanica.
Quindi hanno una soglia bassa.
Per contro i nocicettori che traducono una sensazione dolorosa e tra questi i meccano recettori
dolorifici hanno una soglia molto alta perché la sensazione dolorosa deriva da un’intensa
stimolazione meccanica. Rispondo quindi se eccitati eccessivamente e se lo stimolo diventa troppo
intenso e quindi si dicono ad alta soglia. Questi invece che sono deputati alla traduzione di stimoli
meccanici tattili normali, quindi non dolorifici, hanno una soglia bassa che significa che non appena
una forza meccanica di pressione agisce sull’epidermide, a livello dell’epidermide, questi recettori
sono in gradi di tradurre questa forza meccanica e quindi informare l’organismo che c’è un qualcosa
che sta toccando la superficie del corpo.
Allora si distinguono in due categorie a seconda della velocità con cui si adattano allo stimolo. Se vi
ricordate un po’ di lezioni fa avevamo detto che alcuni recettori si adattano nel tempo quindi al
perdurare dello stimolo di fatto la sequenza di scarica del potenziale d’azione diminuisce o
addirittura cessa.
Ed ecco qui che abbiamo quindi la divisione in recettori FA, che sono ad adattamento veloce o
rapido, e gli SA che sono ad adattamento lento.
Ciascuna di queste due categorie si divide a sua volta in due diverse sottocategorie, a cui appartiene
un tipo dei recettori che abbiamo visto.
Ovvero alla categoria “uno”, sia per quanto riguarda i recettori ad adattamento rapido che per quello
che riguarda i recettori ad adattamento lento, è composta dai recettori che si trovano a livello più
superficiale. Mentre la categoria “due” di entrambi i tipi di recettori, ad adattamento rapido e lento,
è composta dai recettori che si trovano più in profondità nel derma.
Quindi questa è la distinzione:

Sono quattro tipi di recettori tattili che


vedremo e ciascuno di loro appartiene a una
di queste quattro categorie. Quindi ci
saranno recettori ad adattamento rapido
superficiali e profondi e recettori ad
adattamento lento superficiali e profondi.
E adesso andiamo a vedere quali sono:
allora i recettori ad adattamento rapido
sono il corpuscolo di Maisner e il
corpuscolo di Pacini. Il corpuscolo di
Maisner è superficiale e quindi appartiene
alla prima categoria, il corpuscolo di Pacini
è quello profondo e appartiene alla seconda
categoria.
Per quanto riguarda i recettori ad
adattamento lento invece, abbiamo il
corpuscolo di Merkel e il corpuscolo di
Ruffini; il corpuscolo di Merkel è quello

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superficiale, appartiene alla prima categoria, il corpuscolo di Ruffini è quello profondo e appartiene
alla seconda categoria.
Qui sotto vedete la differenza nella risposta di questi due tipi di recettori:

Qui in alto questo rettangolo sta ad indicare la durata


dello stimolo pressorio a cui viene sottoposto il
recettore e qui invece, in quest’altra traccia è indicata
la frequenza dei potenziali d’azione in funzione del
tempo.
I recettori ad adattamento rapido (FA) rispondono
con un’alta frequenza non appena viene dato lo
stimolo e poi smettono di rispondere nonostante
rimanga lo stimolo, caratteristica di adattamento e
molto veloce, e poi rispondono di nuovo quando lo stimolo viene tolto. Quindi, di fatto,
appartengono a quella più grande categoria diciamo trasversale di recettori chiamati fasici, e non
informa della presenza di uno stimolo, ma informa solo quando questo stimolo va, quindi nel
momento in cui abbiamo lo stimolo e nel momento in cui questo cessa.
I recettori ad adattamento lento (SA) invece cominciano a rispondere con una certa frequenza di
scarica e la mantengono più o meno costante, a seconda di quanto lento sia l’adattamento, durante la
durata dello stimolo. Dopodiché quando cessa lo stimolo cessa anche la scarica di potenziale
d’azione. A seconda della lentezza dell’adattamento la frequenza di scarica potrà rimanere costante,
se il recettore proprio non si adatta, oppure potrà diminuire leggermente se il recettore un pochino si
adatta durante la somministrazione dello stimolo. Quindi questi recettori sono tonici, nel senso che
informano i centri superiori della presenza dello stimolo nel mentre lo stimolo viene mantenuto.
Questa è la grossa differenza funzionale.
I Recettori ad Adattamento Rapido
Adesso andiamo a vedere più nel dettaglio allora come sono fatti i vari recettori, partendo dai due
recettori ad adattamento rapido.
Il primo di questi è il corpuscolo di Maisner.
Il corpuscolo di Maisner, vedete qui un disegnino, è composto da una fibra nervosa di senso
primaria che si avvolge attorno ad una pila di cellule epiteliali. Quindi vi sono alcune cellule
epiteliali e un avvolgimento a spirale della fibra nervosa di senso primaria attorno a queste cellule
epiteliali.

Si trova molto in superficie, ossia a livello dello strato basale dell’epidermide, subito sotto le creste
delle impronte digitali.
Il corpuscolo di meissner ha una soglia molto bassa. Che cosa vuol dire?
Vuol dire che risponde anche per piccolissime sollecitazioni della cute e un’altra nota distintiva del
corpuscolo di Meissner è che ha un campo recettivo molto piccolo: cosa significa?
In questo grafico vedete il significato di entrambe le cosa, soglia bassa e campo recettivo piccolo:

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In ordinata avete, espressa in micro-Newton, la
forza che viene applicata in un punto della cute e
qui in ascissa avete espresso in millimetri la
distanza dal centro del punto di applicazione in
cui si può ancora avere una risposta da parte del
corpuscolo di Maisner. Vedete che la forza che fa rispondere il corpuscolo di Maisner è molto
piccola e l’ambito in cui il corpuscolo risponde è di circa 2mm a partire dal centro che sarebbe il
punto in cui è localizzato il corpuscolo. Quindi un campo recettivo molto piccolo, una soglia molto
bassa.
Qui vedete la distribuzione come densità di recettori per millimetro quadrato di superficie del corpo
nel punto più interessante del corpo, che è appunto la mano, che è l’arto con cui noi andiamo ad
esplorare il mondo che ci circonda.

La maggiore densità del corpuscolo di Maisner la troviamo ovviamente nei polpastrelli e poi via via
la densità diminuisce man mano che ci si sposta dall’estremità dei polpastrelli verso il palmo della
mano. Questo perché ovviamente avendo un campo recettivo piccolo con una soglia molto bassa i
corpuscoli di Maisner servono per andare a sentire le piccolissime asperità sulla superficie degli
oggetti e quindi visto che per questo scopo vengono utilizzati prevalentemente i polpastrelli è ovvio
che la maggior densità dei corpuscoli sia nei polpastrelli, mentre difficilmente il palmo della mano
viene utilizzato per rilevare delle asperità per cui la densità dei recettori è di molto inferiore.
L’altro recettore ad adattamento rapido è il corpuscolo di Pacini.
La differenza tra i due, oltre a quella dal punto di vista morfologico, è la localizzazione all’interno
del derma. Il corpuscolo di Pacini infatti è localizzato nel sottocute e tra le fasce muscolari del
muscolo del palmo della mano.
E’ come vedete una struttura abbastanza grande,il diametro maggiore del corpuscolo del Pacini può
anche abbondantemente superare il millimetro.

Per questo motivo e per il fatto che si trova situato in profondità ha una soglia meccanica bassa
comunque, perché anche questo deve rispondere a stimoli meccanici non nocivi, non lesivi, però
necessariamente essendo così in profondità e avendo una dimensione
così grande il suo campo recettivo non potrà essere piccolo perché già
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lui stesso come recettore occupa una superficie di un millimetro e in più trovandosi nel sottocute
risponde in maniera molto aspecifica a qualsiasi stimolazione in un’ampia zona di pelle e infatti
vedete qui che la soglia è bassa ma vedete il diametro del campo recettivo che raggiunge quasi i
7mm.

Di conseguenza per questa caratteristica di avere il campo recettivo molto elevato comunque non è
distribuito ad elevata densità spaziale, né a livello dei polpastrelli dove lo troviamo ma in densità
non paragonabile a quella del corpuscolo di Maisner, né tanto meno lungo il palmo della mano.

Quindi, Maisner e Pacini sono i due recettori tattili ad adattamento rapido e quindi fasici ed hanno
una bassa soglia, ma in generale tutti i recettori tattili normali sono a bassa soglia, la differenza
fondamentale sta nel campo recettivo:
- il corpuscolo di Maisner, situato più in superficie, ha un campo recettivo molto piccolo
- il corpuscolo del Pacini, situato in profondità, ha un campo recettivo molto grande quindi
non danno un’informazione spaziale molto accurata, mentre i corpuscoli di Maisner si,
avendo un campo recettivo così piccolo.
I Recettori ad Adattamento Lento
Gli altri due recettori sono quelli ad adattamento lento invece quindi sono i due recettori tattili che
continuano a informare i centri superiori della presenza dello stimolo pressorio.
E quali sono? Sono il corpuscolo di Merkel e il corpuscolo del Ruffini.
Anche qui, il corpuscolo di Merkel appartiene alla prima categoria ed è quella posta più in
superficie.

A differenza del corpuscolo di Maisner, il corpuscolo di Merkel è diciamo opposto a sua volta dalla
sfioccamento della terminazione nervosa distale della cellula di senso primaria e con le terminazioni
libere in realtà va ad associarsi ad una cellula epiteliale leggermente modificata. Quindi è composto
da un grappolo fatto dallo sfioccamento della terminazione nervosa periferica e ognuna di queste
terminazioni libere a sua volta prende contatto con una cellula epiteliale leggermente modificata,
quindi non simile a quelle che ci sono nell’epidermide negli strati superficiali ma un po’ più
rigonfia. Ora questo dettaglio non è significativo, ma è giusto per avere un’idea di come sono
diverse le strutture. Anche qui, cosa possiamo aspettarci dalla localizzazione di questi corpuscoli?
Ci aspettiamo sempre che la soglia, come vedete nel grafico, sia bassa e il
campo recettivo è molto piccolo.

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Quindi essendo in superficie rispondono a piccolissime stimolazioni meccaniche e con una elevata
discriminazione spaziale perché il campo recettivo è piccolo. E infatti anche qui troviamo che la
maggior densità di recettori si trova a livello dei polpastrelli e poi via via diminuisce man mano che
si va verso il palmo della mano proprio perché la funzione di questi recettori a campo recettivo
molto piccolo è quella di andare a rilevare i particolari minimi della superficie degli oggetti e quindi
a livello della palma della mano non interessa avere un’elevata densità.

Il secondo recettore ad adattamento lento è il corpuscolo del Ruffini. Anche questo, come
quello del Pacini, ha una dimensione ragguardevole, siamo intorno ad 1mmdi lunghezza, per un
diametro di circa 200 micron, quindi simile come dimensioni a quello del Pacini.

Il corpuscolo del Ruffini a differenza di tutti gli altri è dotato di una capsula che lo avvolge. Quindi
mentre il corpuscolo del Pacini è una struttura comunque altrettanto grande ma non è dotata di
capsula, è dotata di un sistema di lamelle che poi vedremo un attimino più nel dettaglio, il
corpuscolo del Ruffini è dotato di questa capsula che va ad agganciarsi poi alle fasce muscolari in
cui è immerso diciamo. Il fatto di avere questa capsula agganciata alle fasce muscolari e di
connettivo in cui è immerso di fatto fa si che il corpuscolo del Ruffini sia l’unico fra tutti e quattro i
recettori che risponde agli stiramenti della cute. Quindi risponde si alle pressioni dirette sulla cute,
però risponde anche a stiramenti della cute che invece hanno origine in punti più distanti, proprio
perché lo stiramento della cute tira con se, porta con se il derma, il connettivo e alcune fasce
muscolari ed essendo che questa capsula è attaccate alle fasce muscolari di fatto tira con se la
terminazione nervosa e quindi è in grado di condurre uno stimolo meccanico anche a molta distanza
rispetto al corpuscolo del Ruffini stesso. Per questo motivo vedete qui che il campo recettivo del
corpuscolo del Ruffini necessariamente diventa quello de corpuscolo del Pacini, quindi molto
elevato, 8-10 mm di campo recettivo.

Così ho la possibilità di sentire degli stiramenti che possono avvenire a


distanze ancora maggiori come punto di origine rispetto alla posizione del
corpuscolo del Ruffini.
Un’altra peculiarità del corpuscolo del Ruffini proprio per questa sua
differenza nel tipo di stimolazione meccanica che traduce è che è distribuito generalmente ad alta

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densità, però come vedete i rapporti, è l’unico la cui densità aumenta passando dai polpastrelli verso
il palmo della mano.

Quindi mentre per tutti gli altri la densità diminuisce


passando dall’estremità dei polpastrelli verso il palmo
della mano, il corpuscolo del Ruffini per la sua
peculiarità di tradurre gli stimoli anche di stiramento
della cute di fatto è molto più utile a livello del palmo
della mano che non dei polpastrelli. Perché? perchè la
regione del palmo della mano è quella che è a contatto
con gli oggetti che vengono afferrati. Quindi se un
oggetto viene afferrato e tirato, il corpuscolo del Ruffini molto facilmente a questo livello potrà
tradurre l’entità dello spostamento della cute.
Ecco perché pur avendo una densità spaziale molto bassa, di fatto il gradiente è invertito rispetto a
tutti gli altri. Quindi ce n’è di meno a livello dei polpastrelli e di più a livello del palmo della mano.

IL CORPUSCOLO DEL PACINI

Allora guardiamo un pochino più nel dettaglio il corpuscolo del Pacini.

Perché? Perché serve a spiegare molti fenomeni dei sistemi recettoriali. Quindi il corpuscolo del
Pacini è formato da una terminazione nervosa libera e poi da una serie concentrica di stram cellulari
a lamelle che vanno a racchiudere la porzione libera di terminazione nervosa libera. Di fatto, come
dicevo quando parlavamo dell’anatomia funzionale dei recettori, il corpuscolo del Pacini pur
avendo questa struttura accessoria, non è un sistema recettoriale che utilizza una cellula di senso
secondaria, perché non c’è nessun accoppiamento ne chimico ne elettrico tra le cellule che
costituiscono questa capsula e la cellula di senso primaria. Quindi di fatto il corpuscolo del Pacini
pur avendo questa struttura intorno, è una terminazione nervosa libera e di fatti, siccome date le sue
dimensioni è possibile togliere questa capsula senza intaccare la fibra nervosa, la fibra nervosa
risponde alle stimolazioni pressorie con o senza capsula. Quindi pur avendo questa struttura, il fatto
che determina l’appartenenza alle due categorie di sistemi recettoriali con cellule di senso
secondarie è il fatto che la cellula di senso secondaria o per sinapsi elettrica o per sinapsi chimica
comunica con la cellula di senso primaria che è il neurone stesso. In questo caso queste cellule che
formano le lamelle non comunicano in nessuno dei due modi. Pur essendo attaccate, in vicinanza
della cellula di senso primaria, di fatto non comunicano con lei. Allora cosa succede se andiamo a
rimuovere la capsula e andiamo a stimolare il corpuscolo del Pacini?
Noi abbiamo detto che il corpuscolo del Pacini è un recettore ad adattamento rapido, e questo è il
suo profilo:

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Quindi noi abbiamo lo stimolo e questa è la frequenza del potenziale d’azione o potenziale del
recettore; vedete che ha un massimo di attivazione quando viene dato lo stimolo, poi cessa e poi di
nuovo, quando o stimolo viene tolto, abbiamo una stimolazione.
Se andiamo a rimuovere la capsula attorno alla stimolazione nervosa e ripetiamo la stessa
stimolazione, le cose cambiano in maniera molto profonda perché adesso abbiamo un picco iniziale
di eccitazione della fibra nervosa e poi vedete che l’eccitazione non scompare; diminuisce un po’ la
frequenza del potenziale d’azione, però il recettore non si adatta più velocemente, si adatta ma
molto molto molto lentamente. Dopodiché viene rimosso lo stimolo e il recettore smette di essere
stimolato completamente.
Quindi di fatto l’adattamento rapido del corpuscolo del Pacini non è una proprietà della fibra di
senso primaria. Noi abbiamo visto, parlando dei canali ionici, quali sono i canali ionici responsabili
dell’adattamento dei neuroni: sono dei canali al potassio calcio dipendenti e quindi quando aumenta
la concentrazione di calcio all’interno della cellula, perché la cellula spara una serie di potenziali
d’azione, il calcio tutte le volte entra in cellula, si accumula e più si accumula più vengono attivati
questi canali potassio che tendono invece a far depolarizzare la cellula e questo determina la
diminuzione della frequenza di scarica.
In questo caso l’adattamento della fibra non dipende da alcun meccanismo, ma l’adattamento rapido
del corpuscolo del pacini dipende dalle proprietà meccaniche di questa serie di lamelle. Perché?
Perché se noi andiamo a rimuovere le lamelle e agiamo direttamente sulla fibra nervosa di fatto
questa fibra nervosa non si adatta o si adatta molto ma molto lentamente quindi il meccanismo di
adattamento rapido non dipende da nessun meccanismo ionico a livello della fibra nervosa.
E infatti la proprietà sta qui, i tutta questa serie di lamelle. Queste lamelle sono elastiche, per cui
quando arriva lo stimolo, che può essere una trazione, questo deforma inizialmente le lamelle,
questa deformazione viene trasmessa alla fibra nervosa e la fibra nervosa si eccita. Ma durante il
perdurare dello stimolo le lamelle tornano nella loro forma iniziale, perché si rimodellano e questo
fa cessare la trazione a livello della fibra di senso primaria e quindi cessa anche l’eccitazione della
fibra di senso primaria. Quando lo stimolo viene rimosso, le lamelle si deformano nuovamente,
questa deformazione viene trasmessa alla fibra primaria e quindi abbiamo di nuovo un’eccitazione
della fibra di senso primaria. Dopodiché le lamelle tornano al loro stato di riposo normale, quindi
non schiacciano più la terminazione nervosa libera e quindi la terminazione nervosa libera non

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viene più stimolata e non viene più eccitata. Quindi in questo caso l’adattamento rapido è un puro
effetto meccanico e deriva dalle proprietà meccaniche delle lamelle che circondano la terminazione
nervosa libera, non è una proprietà dei canali ionici della membrana della cellula nervosa libera.
Quindi è un caso particolare!
Vediamo quindi i due corpuscoli più importanti del sistema tattile recettoriale, che sono quello di
Maisner e quello del Pacini. Perché? Perché sono gli unici due che rispondono agli stimoli vibratori.
Il corpuscolo del Ruffini, che ha dimensioni analoghe ed è situato in una posizione analoga al
corpuscolo del Pacini è però ancorato molto saldamente per via della sua capsula ai fasci
connettivali e muscolari in cui è inserito. Il corpuscolo del Pacini invece no. E’ inserito anche lui nel
derma profondo e fra i fasci muscolari ma non ha ancoraggio con quello che lo circonda quindi è
abbastanza lasso come legame, come inserimento; e il corpuscolo del Maisner era quello con la
terminazione nervosa che si avvolgeva attorno alle arterie di cellule epiteliali, le quali sono
lassamente unite fra loro. Questo fa si che questi due corpuscoli rispondano molto bene alle
oscillazioni endoteliali percepite a livello della cute e soprattutto i corpuscoli del Pacini sono quelli
che rispondono immediatamente per frequenze di stimolazione attorno i 200hz. Su questo si basa un
test diagnostico che vedrete negli anni prossimi e che si tratta semplicemente di stimolare la cute
con un diapason, appoggiando un diapason sulla cute, un diapason accordato a 200 oscillazioni al
secondo. E’ un sistema molto rapido ed efficace per capire se a livello dei tronchi nervosi periferici
ci sia qualcosa che non va oppure no, perché questa frequenza è quella che ha la soglia più bassa di
tutte per l’eccitazione dei corpuscoli del Pacini, quindi semplicemente appoggiando il diapason
sull’epidermide e chiedendo alla persona se sente l’oscillazione o no, si è in grado di capire che il
tronco nervoso periferico che comprende sia la fibra afferente del corpuscolo del pacini ma anche
quella di tutti gli altri recettori di quella regione dell’epidermide, è a posto oppure no. Se il paziente
rileva la vibrazione vuol dire che va tutto bene, altrimenti se non riceve la vibrazione evidentemente
c’è qualcosa che non va.
QuestO semplice test diagnostico neurologico si basa su questa curva di accordamento del
corpuscolo del Pacini.

Il corpuscolo del Maisner poiché poco ancorato al tessuto che lo circonda è libero di oscillare e
quindi anche lui risponde alle oscillazioni, però con una soglia un po’ più elevata rispetto a quella
del corpuscolo del Pacini. La somma di queste due curve, che qui non è disegnata, da la sensibilità
complessiva della pelle umana relativamente alle vibrazioni a cui la cute è sottoposta.
Una cosa che vi può interessare come futuri medIci è che le persone non vedenti che utilizzano la
scrittura brail di fatto sfruttano le proprietà dei corpuscoli situati in superficie;quindi la possibilità di
leggere la scrittura brail è dovuta ai corpuscoli superficiali, non ovviamente a quelli di Pacini e del
Ruffini, perché avendo una soglia comunque un pochino più alta e un campo recettivo elevato non
consentono di fatto di rilevare i puntini che sono posti molto fittamente all’interno della scrittura
brail. Detto per inciso, ma potrebbe interessarvi poi in un futuro da medici.

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Allora, abbiamo visto quali sono i recettori tattili e come trasmettono un’informazione
relativamente all’intensità con cui viene stimolata la cute. Quindi sono il modo più semplice per
spiegare questa parte di fisiologia sensoriale che è quella che associa l’intensità di stimolazione
percepita con l’intensità oggettiva dello stimolo. E’ la psicofisica dei sistemi recettoriali
sostanzialmente. Il modo più semplice, avendo visto il sistema tattile, che è un sistema molto
semplice, è fare poi degli esempi per rendere un pochettino più comprensibile la parte che viene
adesso che è una trattazione un po’ più matematica rispetto a quello che abbiamo fatto fino ad
adesso.

LA TRASDUZIONE DELLO STIMOLO


Quindi come viene trasdotto lo stimolo e poi come nasce la sensazione soggettiva dell’intensità di
questo stimolo?
Allora primo passo è la traduzione dello stimolo. L’abbiamo già visto un pochino, ora vediamo un
riassunto di tutto quanto.
Innanzi tutto,vi ripeto, ogni recettore risponde a quello che viene chiamato lo stimolo specifico. Lo
abbiamo già visto, lo ripeto perché è un punto fondamentale della fisiologia dei sistemi recettriali
Lo stimolo specifico è quello per cui il recettore possiede la più bassa soglia di attivazione. Quindi è
quella modalità di somministrazione di energia che consente di utilizzare la minore quantità di
energia per eccitare il recettore. Vi ricordate che avevamo fatto l’esempio che i fotorecettori del
corpo umano rispondono anche a un cazzotto nell’occhio, perché uno vede dei lampi di luce però
non è lo stimolo specifico! Vengono eccitati da un’energia che è meccanica ma molte volte
superiore a quella dell’energia luminosa che invece li eccita come stimolo specifico.
Per raccogliere in maniera efficace l’energia dello stimolo specifico vengono utilizzate delle
strutture accessorie o di membrana, da qui la necessità di avere cellule di senso secondarie oppure
particolari canali ionici a livello della membrana cellulare. Servono quindi a rendere minima
l’energia necessaria ad eccitare quel recettore per quel tipo di stimolo. Quindi vediamo un po’ qual è
il percorso delle informazioni dallo stimolo verso i centri superiori

Noi abbiamo uno stimolo che agisce a livello della membrana del recettore e determina una
variazione del potenziale di membrana del recettore perché va a modificare la permeabilità dei
canali ionici presenti su quella membrana. Questa variazione del potenziale di membrana si chiama
potenziale del recettore. Il potenziale del recettore è un fenomeno attivo, quindi ha bisogno della
stimolazione, è un fenomeno graduato, quindi avrà un certo valore, non sarà tutto o nulla ma avrà
un valore che dipende da quanto è l’intensità dello stimolo, e può essere soggetto anche ad
amplificazione, a seconda di qual è di tutto il meccanismo proteico che serve a tradurre lo stimolo.

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Dopodiché il potenziale di recettore deve propagarsi verso il primo punto utile che è in grado di
dare origine ad un potenziale d’azione. Allora a seconda del tipo di sistema recettoriale avremo una
propagazione elettro tonica, o attraverso una sinapsi elettrica o perché la stessa cellula ha una
porzione recettoriale e un’altra che può dare origine ad un potenziale d’azione, oppure attraverso
una sinapsi chimica. Quindi il potenziale del recettore, che è la variazione del potenziale di
membrana dovuta alla presenza dello stimolo, si propaga con diverse modalità a seconda di come è
organizzata la via recettoriale, e arriva al primo punto utile per dare origine al potenziale d’azione
che può essere sulla stessa cellula, può essere sulla cellula di senso primaria. A questo punto, ciò
che rimane del potenziale del recettore dopo la propagazione si chiama potenziale generatore. Se il
potenziale generatore è tale per cui il primo punto utile di membrana che può dare origine al
potenziale d’azione viene portato sopra la soglia, avremo la risposta come potenziale d’azione. Se
invece il potenziale generatore, attenuato dalla propagazione, non riesce a portare a soglia il primo
punto utile di membrana per dare origine al potenziale d’azione, non avremo potenziale d’azione.
Quindi avremo avuto il potenziale del recettore, abbiamo il potenziale generatore sotto?, non
abbiamo alcuna scarica del potenziale d’azione, in questo caso. Se però il potenziale generatore è
sopra soglia, quindi può portare a soglia il punto di membrana, allora avremo la partenza di un treno
di potenziale d’azione e quindi avremo la codifica del nostro stimolo e da qui l’informazione parte
e viaggia verso i centri superiori.
Per come è arrangiato lo schema, abbiamo che l’intensità di stimolo percepita che è ciò che arriva ai
centri superiori, è funzione dell’intensità dello stimolo che ha agito sul sistema recettoriale. E in
particolar modo noi possiamo dire che la presenza dei potenziali d’azione che possiamo registrare
su una via afferente, che va verso i centri superiori, è proporzionale al logaritmo dell’intensità dello
stimolo.

Allora, perché esiste questa proporzionalità ed è logaritmica e non diretta?


Noi sappiamo che il potenziale del recettore è funzione dello stimolo. Lo stimolo che cosa fa, lo
stimolo fa variare la permeabilità ionica dei canali che ci sono sulla membrana. Quindi il potenziale
del recettore è proporzionale al logaritmo dell’intensità dello stimolo, perché al logaritmo
dell’intensità dello timolo?
Allora lo stimolo fa variare la permeabilità ionica dei canali sulla regione cellulare, come varia il
potenziale di membrana in funzione della permeabilità ionica? Abbiamo visto qual è la legge che
associa permeabilità e potenziale di membrana, che è la GHK, e la permeabilità di membrana è
l’argomento del logaritmo.
Se vi ricordate la legge di Goldman dice che il potenziale di
membrana di riposo (Vm) è uguale a RT/F per il logaritmo
della somma delle permeabilità di membrana moltiplicata
per la concentrazione degli ioni.

Quindi lo stimolo fa variare la permeabilità di membrana, la permeabilità di membrana che varia è


legata in maniera logaritmica al potenziale di membrana: ecco perché il potenziale del recettore, che
altro non è che un potenziale di membrana, è legato in maniera logaritmica all’intensità dello
stimolo.

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Allora lo stimolo apre o chiude dei canali ionici. Questo, a livello dei flussi ionici, vuol dire che
viene modificata la permeabilità della membrana per quello ione.
Allora, il nostro stimolo S che agisce sulla membrana fa variare ad esempio la permeabilità per il
sodio perché apre un canale ionico che lascia passare il sodio. Il sodio entra in cellula, perché il suo
gradiente elettrochimico è favorevole all’ingresso del sodio a potenziale di riposo normale della
cellula, e quindi tende a depolarizzare la cellula. Come facciamo a capire come varia il potenziale di
membrana quando varia la permeabilità ad esempio per il sodio? Dobbiamo ricordarci qual è la
legge che lega potenziale di membrana e permeabilità ionica. Fra le varie leggi che abbiamo visto,
quella che ci interessa è l’equazione di ghk e dice che il potenziale di membrana in condizioni di
riposo è uguale a RT su F per il logaritmo della somma delle permeabilità ioniche per la
concentrazione degli ioni all’esterno sulla somma delle permeabilità ioniche per la concentrazione
degli ioni all’interno. Questa è la forma compatta. Quello che ci interessa è la presenza della
permeabilità ionica! Se lo stimolo direttamente va a modificare la permeabilità, la permeabilità che
si modifica è legata al potenziale di membrana attraverso un logaritmo perché è l’argomento del
logaritmo. quindi il potenziale di membrana varierà in funzione del logaritmo della permeabilità.
Ecco perché abbiamo questa relazione, che se volete è uno svantaggio dal punto di vista matematico
perché ci sono da fare dei passaggi complicati, però di fatto è un enorme vantaggio per i sistemi
recettoriali e adesso vedremo come mai.
Quindi siamo al primo punto: il potenziale del recettore (P.R.) è proporzionale all’intensità dello
stimolo, per questo motivo, cioè perché lo stimolo fa cambiare la permeabilità e la permeabilità è
legata al potenziale di membrana con una legge logaritmica.

La frequenza del potenziale d’azione è direttamente proporzionale al potenziale del recettore:


maggiore è il potenziale del recettore, per maggior tempo la cellula sarà depolarizzata e quindi
maggiore sarà il numero dei potenziali d’azione che possono essere prodotti.
Quindi la frequenza del potenziale d’azione è direttamente correlata con l’intensità del potenziale
del recettore. Mettendo insieme queste due equazioni, si ottiene la nostra legge, per cui la frequenza
del potenziale d’azione è proporzionale al logaritmo dell’intensità dello stimolo.

LEGGE DI WEBER E FECHNER


Allora, riprendiamo la trattazione della codifica dello stimolo. Abbiamo detto che la frequenza dei
potenziale d’azione che possono essere registrati in una via afferente è proporzionale al logaritmo
dell’intensità dello stimolo. Quindi da qui capiamo subito come viene codificata l’intensità dello
stimolo: viene codificata in termini di frequenza di potenziali d’azione. Quindi il messaggio che
indica lungo la via afferente l’intensità dello stimolo è la frequenza del potenziale d’azione. Basse
intensità di stimolazione daranno origine a basse frequenze di potenziale d’azione, alte invece
intensità di stimolazione daranno origine a alte frequenze di potenziale d’azione. La legge che le
unisce non è però lineare ma è logaritmica. Quindi il sistema nervoso codifica le intensità di
stimolazione in frequenze di potenziale d’azione. Questo però è un’acquisizione recente, intorno
agli anni 50-60. però questa associazione fra intensità dello stimolo e frequenza di potenziale
d’azione era già stata in parte dedotta e trovata più di un secolo prima da due fisiologi che sono
Weber e Fechner e ovviamente a metà dell’ottocento non c’era la possibilità tecnica di andare a
registrare la frequenza del potenziale d’azione, quindi ciò che loro hanno trovato e che è una legge
valida tutt’ora, è una legge empirica che si basava sulla sensazione dell’intensità di stimolo
percepita dal soggetto. Allora, come avevano fatto i loro esperimenti e cosa dice questa che è la
legge di Weber e Fechner?

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Il loro interesse, più che altro quello di weber inizialmente, era quello di andare a definire quella
che viene chiamata soglia differenziale, ovvero capire qual è la minima intensità di stimolazione
che dà origine a una differente sensazione soggettiva.
Allora, come si svolgevano gli esperimenti?
Ad un soggetto veniva richiesto di sollevare diversi pesi che differivano fra loro per certe quantità
note e doveva dire quando sentiva che il peso di prova era differente rispetto a un peso scelto.
Questo era l’esperimento che quindi discriminava qual era la soglia differenziale, ossia la minima
differenza di peso in questo caso che dava origine ad una sensazione soggettiva di pesi differenti e
quello che trovavano è quello che dice questa legge qui

che dice che la variazione di R , che è la variazione della


risposta o soglia differenziale percepita è uguale a A che è
un coefficiente di proporzionalità e quindi è proporzionale
a questo rapporto che è la variazione dello stimolo rispetto
all’intensità assoluta dello stimolo, ossia la variazione
percentuale dello stimolo. Questa è la legge. Quindi la
soglia differenziale è funzione della differenza percentuale
dello stimolo. Cosa vuol dire questo in termini pratici? E’
esperienza comune che se noi solleviamo un peso di 1kg o
un peso di 2kg capiamo subito qual è il più leggero dei due
e qual è il più pesante dei due. La differenza tra i due è 1kg
però se noi solleviamo un peso di 50 kg e un peso di 51kg difficilmente riusciamo a capire quale dei
due pesa di più, ammesso che si riesca a sollevare 50kg di peso ma difficilmente potremo dire
quello di 51kg pesa di più. Però la differenza tra i due pesi è ancora di 1kg. Questa l’idea della
soglia differenziale: ∆S/S quando i pesi sono di 1kg, ∆S è un chilo, S è 2kg quindi e del 50%. 51kg
e 50kg, ∆S è sempre 1kg ma S è 50kg quindi la soglia differenziale varia perché è variato questo
rapporto. La differenza è in entrambi i casi di 1kg, ma la differenza percentuale è ben diversa, ok?
Quindi quello che vuole dire questa legge è questo. Adesso ci sembra una banalità, ma per allora è
stata una scoperta epocale. Riuscire in qualche modo a trovare una legge che legava l’intensità di
stimolazione percepita con un parametro che si riferisce all’intensità dello stimolo. E’ stata una cosa
che ha aperto un mondo per tutta una serie di nuove scoperte per quel che riguarda la fisiologia dei
sistemi sensoriali. E questa è la legge di Weber, quella scritta qui in forma differenziale che parla
quindi di intensità differenziale, di soglia differenziale.
Fechner, che è un allievo di Weber che l’ha succeduto nei suoi studi,ha voluto estendere la
trattazione, non più per studiare la soglia differenziale ma per studiare l’intensità soggettiva
percepita. Quindi non più la differenza d’intensità ma proprio l’intensità soggettiva percepita.

Dal punto di vista matematico semplicemente possiamo integrare, come di fatto ha fatto, questa
relazione e quella che otteniamo è la cosiddetta legge di Weber e Fechner, che è quella che trovate
sui testi più comunemente che non la legge di Weber stessa, e che dice che l’intensità percepita, R,

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che l’intensità di stimolo percepita soggettiva, è proporzionale al logaritmo dell’intensità dello
stimolo rispetto a questo S0 che è lo stimolo soglia. Questa legge, che assomiglia molto a quella che
abbiamo visto sopra, è stata trovata circa un secolo prima di questa, però è perfettamente d’accordo
con quello che si è rivelata essere la dipendenza della frequenza di potenziale d’azione rispetto
all’intensità dello stimolo. Quindi che cosa vuol dire questo rapporto? Se vi ricordate noi per avere
una codifica in termini di potenziale d’azione che è poi il messaggio che viene mandato ai centri
superiori, dobbiamo far si che il potenziale generatore superi un certo valore che è il valore soglia.
Quindi tutti quegli stimoli d’intensità tale che non fanno si che il potenziale generatore raggiunga il
potenziale soglia non vengono trasdotti. Allora ecco perché esiste questo S0, il valore soglia. S0 è il
valore soglia dello stimolo che da origine a un treno di potenziale d’azione che viene percepito.
Tutte le intensità di stimolazione sotto S0 non vengono percepite perché non danno origine a un
treno di potenziale d’azione. Quindi l’intensità soggettiva è proporzionale al logaritmo di questo
rapporto, cioè di quante volte è più grande lo stimolo che noi stiamo fornendo rispetto al valore
soglia. Questa legge,che è la legge di Weber e Fechner, può essere messa in grafico come una retta
se sulle ascisse consideriamo il logaritmo di questo rapporto: la legge è questa: R= A*log S/S0,
quindi per il logaritmo di quante volte ricevo lo stimolo che stiamo fornendo rispetto allo stimolo
soglia. R è la nostra risposta soggettiva o intensità soggettiva percepita, A è un coefficiente di
proporzionalità fra i due. Possiamo metterla in grafico in questo modo: considerando che la nostra x
sia il logaritmo del rapporto fra l’intensità dello stimolo e lo stimolo soglia, la y è R, che è
l’intensità percepita, e A è il coefficiente angolare. Diventa l’equazione di una retta ed è questa retta
nera che vediamo qui:

Che non parte dallo zero perché esiste un’intensità di stimolo soglia e da qui in poi è una retta con
una certa pendenza. In ordinata abbiamo R che è l’intensità percepita dello stimolo. Se
sovrapponiamo questa legge, che è la legge di Weber e Fechner che è una legge empirica che si
basa su quello che il soggetto dice di sentire, con la curva reale della frequenza dei potenziale
d’azione in funzione dello stesso rapporto, ed è questa curva verde, noterete che per un’ampia
gamma d’intensità di stimolo le due curve sono identiche. Quindi di fatto il grande pregio di questa
legge di Weber e Fechner che ripeto è stata formulata intorno alla metà del 1800, è quello di aver
anticipato di oltre 100 anni quello che poi è stato visto con le registrazioni dirette dalle vie
sensoriali afferenti: che l’intensità percepita dello stimolo è dovuta alla frequenza dei potenziali
d’azione che giungono ai centri superiori. E questo ne è la prova: il parallelismo perfetto fra la legge
di Weber e Fechner del 1860 circa e la registrazione sperimentale sempre delle frequenze del
potenziale d’azione del 1970. quindi tutte le intensità di stimolazione che noi percepiamo sono
dovuta al fatto che le vie afferenti sono percorse da scariche di potenziale d’azione ad una certa
frequenza. Questo è valido per un certo ambito di intensità di stimolazione. Sotto e sopra invece le
cose non vanno più così. Allora sopra perché ad un certo punto le due curve divergono? La legge di

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weber e Fechner per come è scritta non ammette limiti all’intensità percepita, quindi per come è
scritta la legge io posso aumentare l’’intensità di stimolazione finchè voglio e la legge mi dice che
continuerò a sentire un’intensità di stimolazione sempre maggiore. Di fatto noi sappiamo che la
frequenza di potenziale d’azione non può aumentare all’infinito, l’avevamo visto per quanto
riguardava il potenziale generatore, e a un certo punto avremo una massima frequenza di potenziale
d’azione oltre non potremo andare perché due potenziali d’azione non possono essere più vicini
come tempo che un millisecondo, che è la durata minima del periodo di refrattarietà assoluta,
periodo nel quale anche se stimolate la fibra nervosa non potete ottenere un nuovo potenziale
d’azione. Quindi necessariamente per alti valori d’intensità di stimolazione la frequenza di
potenziale d’azione raggiunge un suo massimo e da lì non può più aumentare anche se io aumento
l’intensità di stimolazione e anche soggettivamente oltre un certo limite di intensità di stimolazione
noi non percepiamo più alcun incremento. Quindi questo è il motivo dell’esistenza di questa
discrepanza. Questa discrepanza qui sotto invece è un pochino più difficile da analizzare, però
avviene in un ambito attorno al valore soglia che è molto importante se un domani vorrete fare i
neurofisiologi, perché determinare con precisione il valore soglia per una modalità sensoriale in un
paziente significa capire se quella modalità sensoriale funziona bene oppure no, perché è attorno al
valore soglia che si va a vedere se ci sono delle disfunzioni del sistema sensoriale e quindi la legge
di Weber e Fechner di fatto non corrisponde più a quello che si ottiene nella realtà. Perché? Perché
il presupposto perché questa retta sia effettivamente così è che questo rapporto S/S0 abbia un valore
costante. Questo si chiama rapporto di weber(dS/S) e deve avere valore costante, cioè l’incremento
di sensazione che io sento sia dovuto sempre allo stesso aumento percentuale dello stimolo che sto
sottoponendo. Diciamo che la legge di Weber e Fechner per quel che riguarda la soglia, il valore di
stimolazione intorno alla soglia non è di validità perché quello che si chiama rapporto di weber, che
è quello dS/S non è più costante. E qui lo vediamo nel grafico:

Questi due grafici vi mostrano il rapporto di weber, chiamato anche frazione di weber che è dS/s in
funzione dell’intensità dello stimolo. Per stimoli da una certa intensità in poi il valore del rapporto
di weber rimane costante, vedete che non varia di molto pur variando di molto l’intensità dello
stimolo, però più lo stimolo è basso come intensità ad un certo punto il valore del rapporto di weber
varia e quindi non è più vero che la nostra percezione della differenza fra due stimoli è funzione
sempre della stessa differenza percentuale dell’intensità dello stimolo. E questo fa si che le curva di
weber e Fechner e quella reale sulla frequenza di potenziale d’azione e anche come intensità
percepita siano diverse. Quindi non si adatta bene a quell’ambito di intensità di stimolazione che

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invece è molto utile per un neurofisilogo per andare a valutare la soglia sensoriale di un sistema
sensoriale.

LEGGE DI STEVENS
Per migliorare le cose, successivamente un altro fisiologo Stevens si è applicato al problema per
cercare di risolvere questa differenza di comportamento tra la legge di Weber e Fechner e quello
che effettivamente avviene nella realtà proprio perché di grande interesse dal punto di vista
neurologico e ha elaborato in maniera del tutto empirica una legge, che si chiama legge di Stevens e
che rapporta l’intensità percepita, quindi soggettiva, dello stimolo non più al logaritmo
dell’intensità dello stimolo ma a questa funzione:

quindi l’intensità percepita R è


uguale a K, che è ancora una
costante di proporzionalità, per
questa volta la differenza fra
intensità dello stimolo e stimolo
soglia elevata ad un esponente n.
Questa legge è assolutamente
empirica, vuol dire che non
deriva da nessuna teoria. E’
semplicemente la miglior
approssimazione matematica possibile a dei dati sperimentali. Questo è il significato di empirico, la
ghk non è una legge empirica, è un’equazione derivata da una teoria ben precisa sui flussi ionici che
descrive un fenomeno biologico con cui noi tutti sopravviviamo. La legge di Stevens non è altro che
la formula matematica che adatta nel miglior modo possibile una funzione a dei dati sperimentali
ottenuti. La legge di Stevens ha il pregio, effettivamente, di rispecchiare molto fedelmente tutta la
cura sperimentale della frequenza dei potenziali d’azione in funzione dell’intensità di stimolazione.
Quindi elimina quella discrepanza a bassi valori di intensità di stimolazione, verso la soglia, che
invece aveva la legge di Weber e Fechner e quindi al momento è diciamo l’approssimazione
migliore che noi possiamo avere per legare l’intensità dello stimolo con la risposta soggettiva.
Perché dobbiamo trovare questo legame con la risposta soggettiva? Perché noi non possiamo andare
a registrare direttamente la frequenza dei potenziale d’azione nelle fibre afferenti? Ci toglieremmo
di mezzo tutti questi problemi! Il problema è che si, lo potete fare sperimentalmente in un
laboratorio, non lo potete fare su un paziente ovviamente. Da qui la necessità di avere una legge
empirica che leghi molto fedelmente l’intensità percepita che vi dirà rispetto all’intensità dello
stimolo che voi state somministrando, non potete andare a registrare la frequenza dei potenziale
d’azione delle vie afferenti, è abbastanza invasivo e doloroso come metodo.
Questo esponente n non ha un valore fisso ma varia a seconda della modalità sensoriale che si sta
studiando, quindi la relazione che lega, in questo caso, la differenza tra l’intensità di stimolazione e
lo stimolo soglia all’intensità percepita ha un esponente che è diverso a seconda della modalità
sensoriale che stiamo studiando. Anche qui la legge di Stevens può essere espressa su un grafico in
forma lineare.

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E in questo grafico troviamo in ascissa l’intensità di stimolazione, la nostra S, in ordinata l’intensità
percepita, R, e tutte queste rette sono tutte rette con pendenza diversa, in questo grafico la pendenza
ci da l’idea di qual è l’esponente, vedete qui n uguale a 1 è questa pendenza qui, pendenze diverse
che sono proprie di sistemi sensoriali diversi. Quindi i punti sono i punti sperimentali, le rette sono
l’approssimazione di Stevens a questi punti. Vedete che c’è una coincidenza pressoché per tutti i
punti sperimentali. In realtà c’è una buona coincidenza con i dati sperimentali, l’ottimo non esiste
mai. Allora questo ci da delle informazioni a riguardo della funzione con cui sono stati costruiti i
sistemi sensoriali. Perché? Perché ci dice di quanto varia l’intensità percepita in funzione della
variazione dell’intensità dello stimolo. Prendiamo ad esempio i due estremi: prendiamo il
caldo,quindi la risposta soggettiva ad una stimolazione termica, e la risposta soggettiva alla luce
bianca. Vedete che le pendenze sono ben diverse, nel senso che per quanto riguarda il caldo si passa
da un minimo di intensità percepita ad un massimo di intensità percepita in un ambito molto
ristretto di variazione d’intensità di stimolazione. Questo vuol dire che basta aumentare di poco la
temperatura che la sensazione percepita di intensità di temperatura aumenta notevolmente. Questo
sistema sensoriale non consente di tradurre un’ampia gamma di intensità di temperature, in questo
caso. Però dal momento che la variazione di intensità percepita è molto elevata rispetto a quanto è la
variazione effettiva di temperatura, avverte immediatamente della variazione della temperatura. Per
piccole variazioni di temperatura, qui sull’ascissa, io ho grandi variazioni di intensità percepita.
Quindi non appena la temperatura aumenta un pochino, io immediatamente percepisco un aumento
di temperatura in maniera molto evidente. Allora in un sistema sensoriale che ha questa forte
pendenza, come quello del caldo, è fatto per avvertire immediatamente se il parametro controllato
esce da un range normale. Se la temperatura aumenta troppo comincia a diventare dannosa per i
tessuti, perché nello stesso modo in cui cuoce una bistecca cuoce anche la carne umana,
quindi,senza arrivare a questi eccessi, una temperatura troppo elevata anche di pochi gradi sopra i
37 normali diventa molto pericoloso per l’uomo. Quindi è bene che il sistema che rileva la
temperatura e quindi il calore non traduca un’ampia gamma di temperature, tanto non ci interessa,
noi già a 43 gradi difficilmente, se qualcuno non interviene, possiamo rimanere in vita e idem se
scendiamo troppo di temperatura, non ci interessa sapere quanti sono i gradi perché abbiamo ben
altri problemi da risolvere, quindi l’interesse del sistema è quello di avvertire immediatamente che
la temperatura sta variando per far si che l’organismo controbatta questa variazione quindi
mantenga la temperatura al suo valore standard. Ed ecco perché per piccole variazioni di
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temperatura abbiamo una grande variazione dell’intensità percepita; è un sistema di difesa. Tutti i
sistemi sensoriali con una forte pendenza sono sistemi di difesa che tendono a controllare il
parametro in modo tale che non appena questo varia subito vengano adottate delle misure per far si
che la variazione venga annullata.
Per contro la luce bianca ha un altro scopo. Noi dobbiamo essere in grado, vedremo meglio
parlando della retina, di vedere la luce di una stella e riusciamo a guardare il sole. Da fastidio, però
con un paio di occhiali da sole riusciamo a vederlo. Quindi per, diciamo, aumentare la nostra
possibilità di relazione con il mondo esterno è necessario che il nostro sistema visivo possa vedere
la luce della stella polare, che è un po’ fioca…non è tra le stelle più splendenti, e la luce del sole.
Per fare questo il sistema non deve saturare e deve poter trasdurre da 103 a 107 che effettivamente è
un range dinamico di 104-105 anche grandezze diverse, quindi luci che differiscono fra di loro, dalla
più luminosa alla meno luminosa, 100000 volte! Allora per fare questo noi abbiamo bisogno di un
sistema che per grandi variazioni di intensità luminosa risponda con piccole variazioni di intensità
percepita. In modo tale che è possibile aumentare enormemente la gamma d’intensità di
stimolazione,in questo caso luminosa, che noi possiamo percepire. se avessimo una pendenza come
quella del sistema per il caldo, noi satureremmo subito e non potremmo vedere la vasta gamma
d’intensità luminosa che invece dobbiamo vedere.
Allora sistemi costruiti come quello della luce bianca o come questo che si riferisce al tono di
1000Hz e quindi all’udito, non hanno un significato protettivo, ma sono sistemi sensoriali che
servono per metterci in relazione con l’ambiente. Allora visto che dall’ambiente possono provenire
stimoli d’intensità molto variabile, molto estesa questi sistemi sensoriali sono costruiti in modo tale
che diano una piccola variazione di intensità percepita per una grande variazione del parametro.
Così noi possiamo trasdurre e percepire un’ampia gamma di luce o di suoni e non saturiamo mai il
sistema di traduzione. Quindi le funzioni dei sistemi sensoriali possono essere di difesa o di
relazione con il mondo esterno; a seconda di come sono stati strutturati e come l’evoluzione li ha
modellati, rispondono in maniera differente.
La legge di Stevens ha questo grande pregio di farci vedere semplicemente con il numero
dell’esponente qual è la caratteristica di quel sistema sensoriale. Maggiore è la pendenza, maggiore
è l’attitudine al sistema a saturarsi quindi maggiore è l’attitudine al sistema ad essere un sistema di
controllo e di protezione. Minore è la pendenza, minore è l’attitudine del sistema a saturarsi e quindi
maggiore è il suo significato in termini di relazione con il mondo esterno.

L’INIBIZIONE LATERALE
Adesso un altro punto che è più facile da spiegare per quanto riguarda il sistema tattile ma non è
una struttura del sistema tattile che abbiamo appena visto ed è l’inibizione laterale.
L’inibizione laterale è un fondamentale meccanismo su cui sono basati il sistema tattile, il sistema
visivo e il sistema uditivo, ma probabilmente anche altri sistemi, e serve a migliorare la percezione
dello stimolo. Quindi la spiegazione dell’inibizione laterale è molto facile parlando di sistema
tattile, molto più difficile per quello che riguarda la retina e un po’ più difficile per quanto riguarda
il suono, quindi diciamo che viene fatta adesso, cioè dopo aver fatto i recettori tattili, perché è più
immediata la sua comprensione.
Quindi che cos’è l’inibizione laterale?
Allora guardiamo questo primo schema:

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Abbiamo una serie di recettori tattili
qualsiasi di quelli che abbiamo visto e noi
andiamo a stimolare la cute in un certo
punto al di sopra del recettore centrale.
Questi recettori andranno a far partire una
scarica di potenziali d’azione la cui
intensità è proporzionale all’intensità
dello stimolo percepito.
Ovviamente il recettore centrale, che è
quello immediatamente sotto al luogo
che viene stimolato è quello che
percepisce l’intensità maggiore e quindi è
quello che scarica la frequenza più alta. I due laterali percepiscono un’intensità di stimolazione che
è inferiore rispetto a quello centrale e scaricano a loro volta con una frequenza di scarica
leggermente inferiore. Questo grafico ci dice esattamente questo.

Qui abbiamo la frequenza del potenziale d’azione in ordinata, e


qui abbiamo la distribuzione spaziale dei recettori. Quindi
abbiamo un picco di frequenza di potenziale d’azione
localizzato dove viene applicato lo stimolo.
La via tattile ha diverse stazioni di relais nel loro percorso dalla
periferia ai centri superiori. Quindi la fibra afferente che entra
nel midollo spinale non prosegue ininterrotta fino ai centri
superiori, si ferma lungo la via in certe stazioni chiamate di
relais dove prende contatto sinaptico con altri neuroni di
ritrasmissione e poi questi a loro volta continuano il percorso e
si giungerà infine eventualmente alla corteccia. Quindi questi
neuroni che vedete qui sono quelli dei nuclei di ritrasmissione di
questa via. Queste sono le frequenze dei potenziale d’azione dei corpuscoli del Meissner, diciamo, e
questi invece sono i neuroni dei nuclei di proiezione.
Allora che cosa ne è delle frequenze di potenziale d’azione di questi nuclei di proiezione? Vedete
che ogni fibra afferente primaria prende contatto con tre neuroni di proiezione.
Allora questo neurone di proiezione, che è quello centrale, riceve una forte eccitazione da parte di
questo una eccitazione più debole da parte dei due laterali e quindi avrà una certa frequenza di
scarica. I due neuroni laterali riceveranno anche loro una forte eccitazione da quello centrale, una
eccitazione da quello laterale, ma solamente da uno dei due, non più da entrambi, e quindi avranno
una frequenza di scarica leggermente inferiore perché manca una componente che invece quello
centrale possiede. Questo qui in fondo, il più laterale, riceve un’eccitazione solamente da uno di
questi qui ed ha una frequenza di scarica ancora più bassa. Stessa cosa dall’altra parte. Il secondo a
destra riceve due eccitazioni (da quello centrale e da uno dei laterali) e quindi scarica come il
secondo a sinistra, il terzo ne riceve una sola e quindi scarica la stessa frequenza molto bassa che
scaricava il terzo a sinistra. Se andiamo a vedere la distribuzione delle frequenze di potenziale
d’azione di questi neuroni che devono ritrasmettere l’informazione ai centri superiori vediamo che
questo picco iniziale è diventato molto più largo.
Quindi che cosa è successo? E’ successo che la distribuzione spaziale per capire esattamente dove è
avvenuto il picco di stimolazione è andata degradando. Perché poi lo vedrete esiste una mappa
somato topica del corpo umano a livello della corteccia cerebrale dove ogni neurone proietta da un
punto specifico del corpo umano. E’ chiaro che questa eccitazione poichè è così dispersa sarà un po’
difficile capire dov’è il punto che è stato stimolato. Quindi nel processo di ritrasmissione
dell’informazione è stata persa un po’ della definizione spaziale che avevamo in origine. Questo
picco di eccitazione che era molto stretto qui, è diventato più largo qui nel nucleo di ritrasmissione.

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Questo senza l’inibizione laterale.
Con l’inibizione laterale invece avviene una cosa diversa, ed ecco perché l’inibizione laterale è un
fenomeno così importante di molte vie del sistema sensoriale: di quella tattile, di quella visiva, di
quella uditiva.

Allora con l’inibizione laterale


abbiamo un circuito un po’ più
complesso in cui abbiamo la
presenza di questi interneuroni neri,
che vedete qui, che sono
interneuroni inibitori.
Quindi la loro azione non è quella di
eccitare i neuroni con cui prendono
contatti sinaptici ma di inibirli.
Cosa succede: qui di nuovo
abbiamo i nostri tre neuroni, i nostri
tre recettori tattili. Stimoliamo
sempre il primo, la frequenza di
potenziale d’azione che otteniamo
è come quella che abbiamo visto
in precedenza.

Quindi questo di nuovo è il


grafico che ci da l’idea di qual è il
livello di eccitazione dei recettori
tattili e del luogo in cui è stato
stimolato. Quindi abbiamo
esattamente la stessa situazione a
questo livello. La differenza si ha
nel nucleo di ritrasmissione
laddove ci sono invece gli
interneuroni inibitori. Allora che cosa succede: l’interneurone inibitorio centrale riceve tre
eccitazioni e quindi avrà una certa frequenza di scarica. Però a sua volta ecciterà in maniera
massimale questo interneurone inibitorio che andrà quindi ad inibire molto fortemente il neurone
che gli sta accanto, sia di qui che di qua. Allora in questo caso estremo addirittura queste due
eccitazioni che provengono dai due recettori tattili non sono sufficienti a superare la forte inibizione
che gli arriva da questo neurone e di fatto questo interneurone non sparerà nessun potenziale
d’azione. Idem dall’altra parte. E a maggior ragione se questo con due eccitazioni non riesce a
vincere l’inibizione, questo con una sola non riesce a vincere un’inibizione che è un po’ minore da
parte dell’interneurone.
Questa situazione è drastica, è all’eccesso, ma serve per farvi capire che, di fatto, l’introduzione
dell’inibizione laterale fa sì che partendo da questo punto che è la nostra distribuzione spaziale delle
eccitazioni, non si ha più, come in precedenza, un peggioramento della conduzione, ma anzi un
netto miglioramento perché non solo è stata conservata l’ampiezza del picco di eccitazione, ma
addirittura ai lati di questo picco c’è una zona di inibizione profonda. Quindi, di fatto, il contrasto è
aumentato qui. Il contrasto è dato dalla distanza fra questo livello e questo livello immediatamente
adiacente. E’ stato aumentato di molto il contrasto fra la regione eccitata, che è quella che subisce
direttamente lo stimolo, e le regioni circostanti che non subiscono direttamente lo stimolo grazie
all’inibizione laterale. Questo significa migliorare notevolmente la percezione spaziale e quindi
consente all’informazione che sta viaggiando verso i centri superiori addirittura di raffinare
l’informazione spaziale iniziale dei recettori tattili e quindi consente una localizzazione molto più

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precisa del luogo che è stato stimolato. A livello della retina, lo vedremo, la struttura è molto più
complessa ma l’inibizione laterale avrà lo stesso significato che è quello di accentuare i contrasti tra
le diverse regioni del campo visivo. A livello della troclea serve a definire con maggior precisione
di quali frequenze è composto il suono che viene recepito.
Quindi questo è il fenomeno dell’inibizione laterale dovuto alla presenza di interneuroni inibitori
che ovviamente inibiscono i neuroni adiacenti in maniera maggiore o minore a seconda di qual è
l’eccitazione che viene fornita loro.

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