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Io, io e non più io; sogno un ritorno a condizione di membrana, comunicante, interpersonale. Luogo
d’una inderogabile ossidazione che nel torace si celebra. Contenitore che si empie e si vuota
mangiando, defecando. Dalla terra, alla terra così il contenuto, così il contenitore. Ed, in altri,
periodicamente riversar sperma; due che nella magia del contemporaneo amplesso si credon una
osservando l’incastro, immaginando la fusione.
Tralascio la consapevolezza, concetto di persona e, con lei, le sue ansie, la sua insensata natura
problematica. Stanco della sua danza pluriorpellata, del suo preoccuparsi d’immeritevoli contingenze,
del suo anti-vitale ripiegarsi su se stessa in sempiterna auto-fellazione, infinita e dolorosa che decresce
per orgasmare, poi, nella morte.
a.ritroso