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(a cura di Fernando Rapi)

IL PROBLEMA DEL BENE E DEL MALE.

L'esistenza del male nel mondo e` un problema che tortura l'uomo da


sempre e costituisce uno degli argomenti addotti dai non credenti
contro la realta` del Divino.
Il filo del loro ragionamento appare semplice e lineare:
- Che nel mondo esista il male e` una constatazione evidente ed
incontrovertibile; come non puo` non definirsi un male la morte
precoce di un bimbo innocente? Una catastrofe tellurica che apporti
morte e distruzione? Una guerra feroce con innumerevoli vittime
umane? E tanti altri eventi che non sembrano avere una plausibile
giustificazione e che comportano il solo effetto di arrecare agli
uomini gratuite sofferenze materiali e morali?
- Un Dio, concepito come Bonta` Infinita, non puo` consentire o
addirittura volere l'esistenza del Male, che e` l'antitesi totale della Sua
bonta`.
- Ergo, Dio non esiste.
Il ragionamento è costituito dai seguenti passi logici:

1)- Se Dio è bonta infinita, allora Egli non può consentire o volere
l'esistenza del male (proposizione condizionale che è vera se sono
veri l'antecedente ed il conseguente).

2)- Nella realtà il male esiste (il conseguente del condizionale è


falso).

3)- Allora Dio non esiste (anche l'antecedente del condizionale è falso
-non potendosi concepire un Dio che non sia bontà infinita, non resta
che negare la
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esistenza di Dio). Prima di addentrarci nell'esame di questa
argomentazione, occorre pero` chiarire i concetti di "bene" e "male".
E` molto difficile, se non impossibile, dare una definizione univoca
ed universale del "bene" e del "male", trattandosi di termini che
esprimono dei giudizi di valore, i quali, come e` noto, sfuggono ad
ogni canonizzazione in assoluto e sono relativi al soggetto che li
enuncia.
Non esiste al riguardo un parametro obbiettivo di valutazione e cio`
che e` considerato un bene o un male da uno puo` non esserlo per un
altro.
Inoltre, c'e` da stabilire se la coppia "bene-male" sia formata da due
termini contraddittori oppure contrari.
Se cio` che non e` bene fosse ritenuto ipso facto un male e quello che
non e` un male dovesse stimarsi automaticamente un bene, ci
troveremmo di fronte a due concetti contraddittori e sarebbe
sufficiente definirne uno soltanto per potere ottenere l'altro in
funzione negatoria del primo.

Ma non sembra che tra i due termini della coppia sussista un rapporto
di contraddizione in quanto essi non si escludono vicendevolmente,
ma ammettono la possibilita` di un terzo termine intermedio che li
escluda entrambi.
Se, per esempio, aiutare il prossimo e` considerato un bene e
danneggiarlo un male, non ne consegue necessariamente che non
aiutarlo sia un male e non danneggiarlo sia un bene, perche` esiste
anche la posizione di chi nulla fa per dare aiuto al prossimo, ma
nemmeno nulla fa per arrecargli danno.
Allo stesso modo, le relazioni "piu` grande di A" e "meno grande di
A" non risultano contraddittorie in quanto e` pure ipotizzabile la
relazione intermedia "grande quanto A".

In altre parole la coppia "bene-male", come l'altra " piu` grande-meno


grande" e` costituita da termini non contraddittori, ma contrari ed il
rapporto di contrarieta` e` caratterizzato certamente dalla
impossibilita` che i due termini siano ambedue veri, ma anche dalla
possibilita` che essi siano ambedue falsi.

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In conseguenza, e` sempre possibile una definizione circolare del
"bene" e del "male", nel senso che, una volta definite le caratteristiche
di uno dei due, bastera` considerare le caratteristiche "contrarie" per
ottenere la definizione dell'altro.
Ho virgolettato l'aggettivo contrarie per porre in evidenza che tale
aggettivo sta a significare non la negazione di quelle caratteristiche,
ma il contrario di esse, che e` cosa ben diversa.
Cosi`, se e` un bene "amare" il prossimo, sara` un male "odiare" il
prossimo, dove il verbo "odiare" e` il contrario di "amare" e non la
sua negazione, che e` data da "non amare".

Tuttavia, per quanto detto innanzi, simili definizioni del bene e del
male lasciano in sospeso la valutazione delle posizioni intermedie:
nell'esempio di poco fa come considerare, infatti, la situazione del
"non amare e nemmeno odiare" il prossimo?
Questi stati di, per cosi` dire, "neutralita`" o vanno messi da parte ed
esclusi, quindi, da ogni giudizio etico, concludendo che essi non sono
ne` bene, ne` male; oppure vanno fatti rientrare anch'essi nell'ambito
del bene o del male e si dovra` allora decidere di volta in volta se
assegnarli all'uno o all'altro.
Ma e` possibile che cose, eventi, comportamenti umani si sottraggano
ad ogni valutazione etica e restino confinati in una specie di limbo
ingiudicato ed ingiudicabile?
Occorre a questo punto fare dei distinguo:

Le cose e gli eventi sono di per se` al di fuori della morale e possono
essere ritenuti un bene o un male soltanto per gli effetti che
producono nelle singole situazioni di fatto; un'arma, ad esempio, e` un
oggetto che puo` essere considerato un bene o un male soltanto per
l'uso che se ne fa e per l'effetto che si intende conseguire con essa: se
viene adoperata per difendersi puo` essere stimata un bene; se
semplicemente per offendere ed uccidere, un male.
Comunque, a ben guardare, non sono le cose ad essere buone o
cattive, ma soltanto i comportamenti di chi se ne serve.
Veniamo agli eventi e, tra questi, a quelli naturali: essi possono
classificarsi in positivi e negativi in base alle conseguenze cui danno
luogo; una pioggia puo` essere benefica per la campagna assetata ed
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e` considerata un bene; un'alluvione puo` risultare disastrosa per
uomini e cose ed e` ritenuta un male.
Ma anche qui, a ben vedere, il giudizio etico viene rivolto non al
fenomeno naturale in se`, ma a chi, Dio o altra entita`, si ritiene alla
fin fine responsabile del verificarsi del fenomeno.
Quanto agli eventi umani, favorevoli o sfavorevoli che siano, come
un trattato di pace od una guerra, un'operazione assistenziale o un
incidente aereo mortale, la valutazione dell'evento come un bene o un
male e` diretta sempre al comportamento degli uomini che lo hanno
causato, anche se, nel caso di eventi disastrosi, si tende a coinvolgere
nella paternita` del disastro il consenso dell'Ente Supremo.
Soltanto i comportamenti umani ricadono, quindi, sotto il segno del
bene o del male e soltanto per essi si pone il problema degli
atteggiamenti neutri.
Ma esso e` un falso problema in quanto e` generato soltanto da una
determinata formula definitoria del bene e del male; ogni
comportamento, se e` frutto della sola volonta` dell'uomo, puo` essere
giudicato moralmente; anche gli atteggiamenti cosiddetti neutri vanno
percio` ricondotti sotto tale valutazione etica e giudicati come buoni o
cattivi.
Tenteremo ora di dare alcune definizioni del "bene" e del "male" che,
proprio perche` sono concetti di valore, si prestano ad essere
considerati da differenti punti di vista.

13.1. Le defininizioni del bene e del male.

13.1.1) E` un bene il piacere, inteso come godimento fisico e/o


spirituale; e` buono ogni comportamento dell'uomo inteso a
procurargli piacere.

13.1.2) E` un male il dispiacere, inteso come una sofferenza fisica e/o


spirituale; e` cattivo ogni comportamento dell'uomo che gli procuri
dispiacere, oppure che non gli procuri ne` piacere, ne` dispiacere.

Le due definizioni rispecchiano la concezione edonistica del bene e


del male, ridotti a semplici stati di benessere o di malessere
individuali; in questa visione egoistica, il comportamento neutro che
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non comporta ne` un piacere, ne` un dispiacere, e` stato giudicato
cattivo, poiche` esso appare, quanto meno, un inutile dispendio di
energia, una manifestazione di vita del tutto superflua, sterile com'e`
di qualsiasi risultato per il soggetto che la pone in atto.

13.1.3) E` un bene il piacere procurato agli altri; E` buono ogni


comportamento umano che intenda procurare piacere agli altri.
13.1.4) E` un male il dispiacere procurato agli altri; E` cattivo il
comportamento umano che voglia procurare dispiacere agli altri,
oppure che non arrechi loro ne` piacere, ne` dispiacere.
Le 13.1.3) e 13.1.4) definiscono il bene ed il male in funzione
altruistica; i comportamenti neutri vengono giudicati anch'essi cattivi
per il solo fatto che non sono di alcuno aiuto agli altri.
13.1.5) E` buono ogni comportamento dell'uomo, con un effetto
immediato anche spiacevole, ma che costituisca il mezzo per ottenere
un piacere duraturo finale per lui e/o gli altri; e` anche buono il
comportamento neutro che sia momentaneamente privo di effetti, ma
che si riveli essere il mezzo per ottenere un piacere duraturo finale per
lui e/o gli altri.
13.1.6) E` cattivo ogni comportamento dell'uomo, con un effetto
immediato piacevole, oppure neutro e privo di effetti immediati, ma
che sia il mezzo per procurare a lui e/o agli altri uno stato duraturo di
dispiacere finale.
Le due definizioni rappresentano delle varianti alle precedenti 13.1.3)
e 13.1.4) e considerano il punto di vista per cosi` dire strumentale,
applicando alla concezione del bene il principio che il fine giustifica il
mezzo ed a quella del male il principio opposto che il mezzo non
giustifica il fine.
Inoltre, il comportamento neutro viene considerato buono, se
costituisce il mezzo per raggiungere un piacere finale duraturo; e
cattivo, se procura alla fine uno stato di dispiacere.
13.1.7) E` buono ogni comportamento umano spiacevole o anche
neutro, che possa evitare o ridurre un dispiacere piu` grande.
13.1.8) E` cattivo ogni comportamento umano piacevole o anche
neutro, che comporti una diminuzione allo stato di piacere finale.

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Anche queste sono ulteriori varianti delle 13.1.3) e 13.1.4); esse
considerano l'intensita` dell' effetto finale per stabilire la bonta` o
meno del comportamento umano che lo ha provocato.
In definitiva, messe da parte le varianti, possiamo dire che il bene e il
male dei comportamenti umani viene concepito fondamentalmente
secondo i due punti di vista dell'egoismo e dell'altruismo.
Se poi consideriamo l'altruismo non altro che la forma piu` elevata
dell'egoismo, ossia il provare piacere che gli altri abbiano piacere,
possiamo unificare le due concezioni ed affermare che il
comportamento dell'uomo: e` buono quando provoca piacere agli altri
e tramite il piacere degli altri provoca piacere a lui stesso; e` cattivo
quando arreca dispiacere agli altri e quindi a lui stesso.
Riportiamoci ora alla condizione posta con la precedente 12.1), che,
per agire bene, l'uomo deve saper discernere il bene ed il male.

E` sufficiente l'avere stabilito quale sia la definizione del bene in


generale perche` l'uomo, in ogni situazione particolare della sua
esistenza, sappia come agire bene, evitando comportamenti cattivi?
Non sarebbe sempre facile scegliere la strada giusta se il senso di cio`
che e` buono e cattivo non fosse cosi` profondamente radicato nella
natura dell' uomo, tanto da far parte, come il raziocinio, della sua
intima essenza.

In altre parole, il senso morale e` connaturato nell'uomo come la


facolta` di ragionare ed e` questa coscienza innata in noi di cio` che e`
bene e di cio` che e` male, che e` sempre in grado di guidarci in tutte
le vicissitudini della vita.

Il Creatore ha fatto dono alla sua creatura umana di due lumi preziosi:
il lume della ragione, frazione infinitesima della Sua somma
Intelligenza ed il lume della coscienza morale, microscopica ma
sempre vivida scintilla della Sua immensa Bonta`; essi sono doni
tratti dalla Sua stessa Essenza; doni che di questa Essenza Divina
fanno partecipe anche l'uomo; doni che gli sono indispensabili per
vivere la sua esistenza di essere privilegiato dell'universo, destinato a
ricongiungersi con il Dio Padre.

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Queste due facolta` di origine divina, l'intelletto e la coscienza del
bene e del male, danno all'uomo la possibilita` di intendere e
conoscere quale sia la strada giusta da seguire per ritornare a Dio;
purche`, pero`, egli voglia seguirla.

Ma della questione del libero arbitrio parleremo in appresso.


Ritornando, infine, al problema del male nel mondo, la conclusione di
quanto detto finora e` che il male, inteso come uno stato di dispiacere,
ossia di sofferenza fisica e spirituale, e` causato, da una parte, da
eventi come malattie, epidemie, terremoti, eruzioni vulcaniche,
alluvioni, tempeste ed altre calamita` naturali; dall'altra, dai
comportamenti cattivi degli uomini.
Orbene, abbiamo detto che in una concezione teista dell'universo
ricorre da sempre l'angoscioso interrogativo del perche` Dio consenta
che la natura e l'uomo arrechino tanto male.
Rispondiamo prima alla seconda parte della domanda: il male fatto
dall'uomo trova la sua logica nella necessita` che egli sia libero di
comportarsi bene o male affinche` Dio possa riconoscergli il merito
oppure il demerito delle sue azioni su quella strada che sempre piu`
deve avvicinarlo a Lui, fino alla sua completa fusione finale con il
Divino.
Consideriamo, inoltre, il bene ed il male dalla parte di chi li riceve:
Il beneficiario di una buona azione puo` essere indotto da cio` stesso
ad agire a sua volta bene, ricambiando il bene ricevuto; ma il suo
merito sara` certamente maggiore se, essendo stato vittima del male
arrecatogli da altri, egli, invece di vendicarsi e di restituire il male
ricevuto, si rifiuti di applicare l'antica regola di giustizia umana
"occhio per occhio, dente per dente", e risponda al male con il bene.
Anche da questo punto di vista, dunque, il male puo` servire ad
accrescere i meriti di chi lo ricambi con il bene.
Quanto ai disastri ed alle sofferenze provocate dalla natura, sembra
apparentemente che non abbiano alcuna giustificazione; se Dio non
evita all'uomo tante sofferenze, che spesso appaiono gratuite e senza
ragione, due possono essere le risposte:
1) Dio non puo` evitare il male perche` esso e` causato da una
Potenza malefica, un Dio del male con il quale Egli e` in eterna lotta.

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Tale spiegazione rispecchia l'ipotesi manichea del Divino, gia`
considerata in precedenza (4.2.2), e porrebbe nuovi e piu` inquietanti
interrogativi, circa i rapporti tra le due Divinita` ed i Loro poteri
sull'universo e sull'uomo; interrogativi ai quali non sarebbe mai
possibile dare una risposta.

Inoltre, noi abbiamo gia` espresso la nostra piena adesione all'ipotesi


9.5), che prospetta l'universo, l'uomo e la sua anima creati da un solo
Dio, come la visione piu` gratificante per le speranze dell'umanita`;
dobbiamo quindi scartare la possibilita` di un secondo Dio, signore
del male.
2) Dio stesso vuole quelle sofferenze, che sono comunemente ritenute
un male, e che rientrano in qualche modo nei Suoi disegni divini.
Quali possono essere allora i disegni di Dio?

A quale scopo l'Ente Supremo, concepito come Bonta` Infinita,


semina nel mondo il male e la sofferenza, agendo apparentemente in
totale contrasto con la propria essenza?

Riportiamoci alle precedenti definizioni del bene enunciate con le


14.5) e 14.7); applicandole questa volta al comportamento di Dio,
potremmo avere una prima risposta all'angoscioso interrogativo: Dio
semina nel mondo un male momentaneo per raccogliere un bene
finale duraturo, oppure consente che si verifichi un male minore per
evitare o ridurre un male molto maggiore.

Senonche`, le due motivazioni appaiono giuste se sono applicate al


comportamento dell'uomo, ma suscitano dubbi e perplessita` se
vengono adottate per l'operato della Somma Bonta`: non si
concepisce, infatti, come Egli possa utilizzare il male, anche se a fin
di bene, mentre potrebbe ottenere lo stesso scopo benefico servendosi
dei tanti mezzi a disposizione della Sua Onnipotenza, che evitino del
tutto il male.

L'altra spiegazione che viene solitamente addotta e` che il male voluto


da Dio sia una punizione; una punizione inflitta all'uomo che ha fatto

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il male, per fargli capire che il male si paga e stimolarlo quindi ad
agire bene.

Tuttavia, anche se tale pena non deve essere vista nella logica della
legge del taglione, cioe`, del rendere male per male, ma nell'ottica
dell'emendamento, ossia, del recupero di chi ha deviato dalla strada
giusta, questa concezione del male come punizione a fin di bene,
sembra prestare il fianco alla medesima osservazione precedente: Dio
userebbe il male per ottenere il bene, quando potrebbe evitare di
servirsene affatto.

Ma possiamo pensare che il ricorso al male-castigo sia l'estrema ratio


di cui Dio si avvale nei confronti di quegli uomini che si sono
dimostrati recalcitranti ad agire bene, restando del tutto insensibili ad
ogni altra forma di persuasione; per alcuni, infatti, soltanto lo shock
traumatico di un'intensa sofferenza puo` costituire la spinta decisiva
per cambiar vita e dedicarsi al bene; e tutti, nei disegni del Signore,
prima o poi, con le buone o con le cattive, dovranno rimettersi su
quella via della degnificazione che li riportera` alla fine a Lui.

Quanto a coloro i quali sembra siano periti ingiustamente a causa di


eventi calamitosi, dobbiamo osservare che la morte fisica non e` la
morte totale dell'uomo, dato che l'anima continua ad esistere dopo la
morte; possiamo dunque ritenere che essi siano stati scelti per il
sacrificio o perche`, come nel caso dei bambini, sono ancora mondi di
ogni colpa e percio` gia` degni di riunirsi al Padre; ed in tal caso la
loro morte deve servire alla riabilitazione di altri; oppure perche` la
morte fisica dell'interessato e` l'unico mezzo traumatico capace di
sospingere la sua anima sulla via del bene durante la vita ultraterrena.

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