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La disciplina regionale dei vincoli di P.R.G. ed il T.U.

sulle
espropriazioni
Vincenzo Salamone
Consigliere del Tribunale amministrativo regionale della Sicilia, Sezione staccata di Catania

1 - Il quadro normativo vigente prima del T.U. sulle espropriazioni


L’art. 2, primo comma, L. 19 novembre 1968 n. 1187 e l’art. 1, L.R. 5 novembre 1973
n. 38 stabiliscono che le indicazioni di piano regolatore generale, nella parte in cui incido-
no su beni determinati ed assoggettano i beni stessi a vincoli preordinati all’espropriazione
o che ne comportino l’inedificabilità, perdono efficacia qualora entro un certo termine (cin-
que anni secondo la legge nazionale, dieci anni secondo la legislazione siciliana) dalla data
di approvazione del piano non siano stati approvati i relativi piani particolareggiati od auto-
rizzati i piani di lottizzazione convenzionati.
In base al combinato disposto degli artt. 2 e 3 commi 1 e 2 L.R. 30 aprile 1991 n. 15,
si è provveduto alla proroga ex lege dei vincoli di piano regolatore regionale scaduti ed a
ciò corrisponde il tassativo obbligo per i Comuni di pervenire, prima della scadenza del
nuovo termine di efficacia degli stessi, alternativamente all’adozione del nuovo piano o alla
revisione di quello esistente1.
L’art. 6, settimo comma, della L.R. n. 9 del 1993 ha disposto la proroga definitiva al 31
dicembre 1993.
La Corte costituzionale con la nota sentenza n. 82 del 29 aprile 1982 ha ritenuto infon-
data la questione di costituzionalità degli artt. 1, 2 e 5, L. 19 novembre 1968 n. 1187 e del-
l’art. 1, L. 30 novembre 1973 n. 756, in relazione agli artt. 42, terzo comma, 3 e 136 Cost.,
sollevata sotto il profilo che essi hanno stabilito un termine di cinque anni, poi prorogato,
per la validità dei vincoli urbanistici, senza prevedere alcun indennizzo, poiché il Legislatore
ha facoltà di scelta tra la previsione di un indennizzo e la predeterminazione di un termine
di durata dell’efficacia del vincolo2.
Inoltre la Corte ha affermato il principio che la Regione siciliana, avendo potestà legi-
slativa esclusiva in materia urbanistica, può stabilire limiti temporali diversi da quelli vigen-
ti nel restante territorio nazionale in materia di vincoli urbanistici temporanei, in relazione a

1 C.G.A. 21 dicembre 2000 n. 519.


2 E ciò conformemente ai principi affermati nella sentenza della Corte Costituzionale 29 maggio 1968 n. 55.
1
particolari esigenze regionali; pertanto, è stata ritenuta infondata la questione di costituzio-
nalità dell’art. 1, L.R. 5 novembre 1973 n. 38, per violazione dell’art. 3 Cost., nella parte in
cui stabilisce il limite di dieci anni per l’efficacia dei vincoli urbanistici temporanei, in relazio-
ne alle particolari condizioni dell’isola, cagionate da gravissime scosse telluriche (di pochi
anni antecedenti erano gli aventi sismici che hanno colpito la Sicilia occidentale ed in par-
ticolare la Valle del Belice)3.
Successivamente la Corte costituzionale con la sentenza n. 344 del 21 luglio 1995,
dopo aver premesso che la determinazione della durata dei vincoli urbanistici è rimessa,
salvo il controllo di ragionevolezza della Corte costituzionale (che tiene conto anche delle
esigenze della vita sociale in continua trasformazione), alla scelta del Legislatore, statale,
regionale o provinciale che esso sia, ha ritenuto non irrazionale l’art. 6, settimo comma, L.R.
12 gennaio 1993 n. 9, che ha stabilito fino al 31 dicembre 1993 un’ultima e definitiva proro-
ga (non più, infatti, successivamente riproposta) dell’efficacia dei vincoli previsti dagli stru-
menti urbanistici generali (piano comprensoriale, piano regolatore generale e programma
di fabbricazione), già in precedenza prorogati o rinnovati fino al 31 dicembre 1992, con
norma giudicata dalla Corte legittima in relazione agli obblighi imposti ai Comuni per la revi-
sione della pianificazione urbanistica, obblighi ribaditi, addirittura a pena di scioglimento
consiliare, pure nell’ultima proroga in questione4.

2 - Il T.U. sulle espropriazioni e la applicazione in Sicilia


Il problema della sopravvivenza della disposizione all’art. 1, L.R. 5 novembre 1973 n.
38, che prevede una durata generalizzata decennale dei vincoli di P.R.G. si pone alla luce
della disposizione contenuta nell’art. 9, comma 2, del T.U. 8 giugno 2001 n. 327 che fissa
in cinque anni la durata di detti vincoli.

3 Nella sentenza della Corte cost. n. 85 del 1985 si legge, infatti, che “sotto un aspetto generale, è evidente
che la potestà legislativa delle regioni ha la sua ragion d’essere nella necessità di adattare la disciplina nor-
mativa alle particolari esigenze locali e quindi ben può una legge regionale dettare una disciplina diversa da
quella nazionale con i limiti, ben s’intende fissati dall’art. 117 Cost. ovvero dagli Statuti speciali, limiti che qui
non sono in discussione” per cui “....la legge censurata resiste pienamente all’impugnativa. Invero è precisa-
to dello stesso art. 1 della legge, e risulta anche dai lavori preparatori, che essa fu dettata dalle particolari con-
dizioni della Sicilia cagionate principalmente dalle gravissime scosse telluriche del 1966 e del 1968, che inve-
stirono una larga parte del suo territorio e che ebbero sensibili ripercussioni sulle varie attività produttive e sul-
l’economia in genere dell’isola. Infatti, nel suindicato art. 1, è detto testualmente: « In relazione alle particola-
ri condizioni determinatesi nella Regione siciliana di seguito all’emanazione delle leggi regionali 3 febbraio
1968 n. 1 e 31 marzo 1973 (recte: 1972) n. 19 »; e queste leggi sono state appunto emanate per la ripresa
civile ed economica dei territori colpiti dai suddetti terremoti”.
4 Si vedano le sentenze della Corte cost. 23 aprile 1993 nn. 185 e 186, 29 dicembre 1988, n. 1164, 12 maggio
1982 n. 92, in questa Rassegna 1993, II, 683 e 685; 1988, II, 2325; 1982, II, 658.
2
Il legislatore regionale con la legge regionale 2 agosto 2002 n. 7 all’articolo 36 ha ope-
rato un recepimento con rinvio dinamico al testo unico sulle espropriazioni, avendo disposto
che “le disposizioni riguardanti le espropriazioni per pubblica utilità di cui al decreto del
Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327 e successive modificazioni, si applicano
nell’ordinamento regionale contestualmente all’entrata in vigore della presente legge ovve-
ro, ove successive, con le decorrenze previste nel citato decreto. 2. Sino all’entrata in vigo-
re del decreto di cui al comma 1 continuano ad applicarsi le vigenti leggi regionali in mate-
ria di espropriazioni ed occupazioni anche se formalmente abrogate con la presente legge”.
Con riguardo alla regione siciliana è, pertanto, superata la disposizione del T.U., che
all’art. 5 con riguardo al rapporto con la normativa delle Regioni a statuto speciale, al comma
3, prevede che soltanto i principi desumibili dal testo legislativo costituiscono limite alla nor-
mativa regionale, ed al comma 4, che tutte le disposizioni del T.U. si applicano a tutte le
Regioni (anche a quelle a Statuto speciale) fino a quando non legifereranno in materia.
Una applicazione testuale delle norme del T.U. comporterebbe la abrogazione della
disposizione regionale siciliana che prevede un termini di efficacia decennale dei vincoli,
salvo a ritenere che la disposizione contenuta all’art. 9 u.c. (per cui “salvo quanto previsto
dal comma 6, nulla è innovato in ordine alla normativa statale o regionale sulla adozione e
sulla approvazione degli strumenti urbanistici) faccia salva la disposizione derogatoria
regionale siciliana sulla efficacia dei vincoli.
Quanto alla problematica relativa alla reiterazione dei vincoli di piano regolatore gene-
rale preordinati all’espropriazione anche per la regione siciliana trovano applicazione i prin-
cipi giurisprudenziali che si sono nel tempo consolidati.
In particolare è stato ritenuto che la mancata previsione di adeguato indennizzo in
favore del proprietario che ha visto reiterare i vincoli già imposti alla propria area, non deter-
mina ex se la illegittimità del provvedimento di pianificazione urbanistica adottato, ma, ai
sensi dell’art. 39 del T.U. delle disposizioni legislative in materia di espropriazione per pub-
blica utilità (D. L.vo n. 327 del 2001), determina l’obbligo, per l’autorità che ha disposto la
reiterazione del vincolo, di liquidare l’indennità entro due mesi dalla data in cui ha ricevuto
la documentata domanda di pagamento; in mancanza, l’interessato può chiedere alla Corte
d’appello di determinare l’indennità5.
Comunque, allorquando la reiterazione dei vincoli urbanistici decaduti è la risultante di
una complessa rielaborazione urbanistica dell’intero territorio comunale, come avviene nel-

5 T.A.R. Catania Sez. 1^ - 8 marzo 2004 n. 524


3
l’ipotesi di adozione di un nuovo piano regolatore, i vincoli imposti alla proprietà privata tro-
vano motivazione non solo con riferimento alla singola area, ma anche nei criteri tecnico-
urbanistici posti a base della rielaborazione stessa; pertanto, la motivazione sulle esigenze
urbanistiche è rinvenibile nella deliberazione comunale di adozione del P.R.G. e nella rela-
zione generale; la complessiva esigenza di reiterazione dei vincoli non va, pertanto, speci-
ficatamente motivata con riguardo alle singole destinazioni urbanistiche6.
Peraltro, in caso di decadenza di un vincolo preordinato all’espropriazione, che deter-
mina l’attribuzione all’area della destinazione di cui all’art. 4, ult. comma, della legge n. 10
del 1977 (c.d. zona bianca), come tale necessariamente provvisoria, sino all’integrazione
dello strumento urbanistico ad opera dell’Amministrazione competente, in caso di inerzia
dell’amministrazione, il proprietario dell’area può, tra l’altro, agire in via giurisdizionale
mediante gli strumenti previsti contro il silenzio rifiuto serbato sull’istanza ad integrare il
vigente Piano Regolatore Generale mediante l’attribuzione al terreno della più confacente
destinazione urbanistica7.

6 T.A.R. Catania Sez. 1^ - 23 dicembre 2003 n. 2090; Consiglio di Stato, sez. V, 28 settembre 2000, n. 5185
in Cons. Stato, 2000, I, 2073.
7 T.A.R. Catania Sez. 1^ - 7 marzo 2003 n. 458; Consiglio di Stato IV 28 gennaio 2002 n. 456, in Cons. Stato
2002, I, 116.
4
Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana
ADUNANZA DEL 1° settembre 2005
SEZIONE CONSULTIVA
Parere N. 461/2005

OGGETTO: Quesito sull’applicazione del Testo Unico in materia di espropriazione per pub-
blica utilità di cui al D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327 e successive modificazioni.
Il Consiglio
Vista la relazione prot. n. 148 del 24 giugno 2005, con la quale l’Assessorato territo-
rio e ambiente, Dipartimento regionale urbanistica, chiede il parere sul quesito in oggetto;
Esaminati gli atti e udito il relatore, Consigliere Gerardo Mastrandrea;
Premesso:
Riferisce l’Amministrazione richiedente che l’art. 36 della l.r. 2 agosto 2002, n. 7, come
integrato dall’art. 24 della l.r. 7/03, prevede che “Le disposizioni riguardanti le espropriazio-
ni per pubblica utilità di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327,
e successive modificazioni, si applicano nell’ordinamento regionale contestualmente all’en-
trata in vigore della presente legge ovvero, ove successive, con le decorrenze previste nel
citato decreto” e che “sino all’entrata in vigore del decreto di cui al comma 1 continuano ad
applicarsi le vigenti leggi regionali in materia di espropriazioni ed occupazioni anche se for-
malmente abrogate con la presente legge”.
Con l’entrata in vigore del citato Testo Unico (30 giugno 2003), il competente
Dipartimento regionale ha dato, dunque, piena attuazione agli adempimenti amministrativi
di competenza secondo la nuova disciplina intervenuta.
In particolare: a) si è provveduto all’approvazione di progetti di opere pubbliche in
variante agli strumenti urbanistici comunali seguendo la procedura di cui all’art. 19 del T.U.,
e non più sulla base di quella descritta dall’art. 1, comma 5, della l.r. 71/78; b) si è stabilito
in cinque anni (non più i dieci anni previsti dalla Legge Urbanistica), ai sensi dell’art. 13,
comma 4, del T.U., il termine entro il quale poter emanare il decreto di esproprio relativo alle
opere previste nei piani particolareggiati sottoposti all’approvazione regionale; c) in applica-
zione dell’art. 11 del T.U., è stata denegata l’approvazione di qualsivoglia variante urbani-
stica adottata in violazione dell’obbligo a carico del Comune di comunicazione dell’avvio del
procedimento ai proprietari interessati dal relativo vincolo di esproprio; d) si è “dato esplici-
tamente atto” dell’efficacia del vincolo quinquennale (in luogo di quello decennale previsto
dall’art. 1 della l.r. 38/73) preordinato all’esproprio, relativo alle varianti urbanistiche, di cui
al combinato disposto degli artt. 10, commi 1 e 2, e 9, comma 2, del T.U.
5
Tuttavia, con nota n. 18852 del 20 dicembre 2004, l’Ufficio legislativo e legale regio-
nale, nel riscontrare una richiesta di parere in data 26 ottobre 2004 del Dipartimento urba-
nistica, riferita invero alla perdurante applicabilità, o meno, di direttive contenute in una cir-
colare assessorile del 1989 sulla possibilità di autorizzare impianti produttivi nelle aree non
più soggette a vincoli urbanistici perché divenuti inefficaci (ai sensi dell’art. 17, comma 3,
della l. 765/67), ha prospettato l’ipotesi che il legislatore regionale, con le disposizioni in ini-
zio descritte, non abbia inteso recepire tutte le prescrizioni contenute nel Testo Unico di cui
al DPR 327/01, bensì solo quelle “che attengono strettamente al procedimento di espropria-
zione” e quindi “quelle che disciplinano il procedimento espropriativo nelle sue varie fasi e
riordinano le competenze dei soggetti attivi e passivi dell’espropriazione (dichiarazione di
pubblica utilità, occupazione d’urgenza, indennità, decreto di esproprio, soggetti titolari del
potere espropriativo, soggetti beneficiari e destinatari dell’ablazione, tutela giurisdizionale).
Tale interpretazione, avvalorata peraltro da alcuni commenti dottrinali, consentirebbe di
salvaguardare l’applicazione di quel corpo sostanzialmente organico di disposizioni urbanisti-
che ed edilizie (si ricordi che la Regione Siciliana non ha recepito il testo unico dell’edilizia di
cui al DPR 380/01, e perciò ha mantenuto il regime concessorio dell’attività edilizia) di cui la
Regione si è dotata nell’esercizio della propria autonomia legislativa esclusiva e che, diver-
samente, subirebbe modificazioni incoerenti col quadro di norme complessivo.
Il Dipartimento riferente non si mostra d’accordo con tale opzione interpretativa, peral-
tro in contrasto con l’azione amministrativa finora portata a termine e, non da ultimo, con
l’attività consultiva prestata nei confronti dei comuni, che ha portato, ad esempio, a ritene-
re applicabile nella Regione Siciliana, in tema di decadenza del vincolo preordinato all’e-
sproprio a causa dell’intempestiva dichiarazione di pubblica utilità dell’opera, l’art. 9 del T.U.
(edilizia) di cui al DPR 380/01, stante il rinvio dinamico operato dall’art. 9 del T.U. (espro-
priazione) di cui al DPR 327/01, e non già l’art. 4, ultimo comma, della l. 10/78.
La tesi del Dipartimento fa riferimento a dati testuali ed alla ratio della norma regiona-
le di recepimento del T.U. sulle espropriazioni, nonché alla necessità, alla luce anche delle
recenti pronunzie della Corte Costituzionale, di evitare per alcuni profili particolarmente deli-
cati, come quello delle indennità, inammissibili disparità di trattamento tra i cittadini delle
varie regioni. Tale tesi, poi, non vulnererebbe affatto la coerenza, anche interna, del quadro
di norme complessivo vigente nella Regione in materia di urbanistica ed edilizia.
Il Dipartimento prospetta poi, in via subordinata, un’altra tesi interpretativa, che vede
l’applicazione totale del T.U. sulle espropriazioni fatta eccezione per la durata quinquenna-
le del vincolo di cui all’art. 9 del medesimo T.U. Ciò nella semplice considerazione che, sep-
pur la ratio ed il dato testuale della legge di recepimento (art. 36 l.r. 7/02) depongono chia-
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ramente nel senso della sua integrale applicazione nella Regione Siciliana, si debba conti-
nuare ad applicare l’art. 2 della l.r. 38/73, in quanto non esplicitamente abrogato. A ciò con-
seguirebbe, pertanto, la perdurante durata del vincolo decennale, sia per l’emanazione del
provvedimento che comporti la dichiarazione di pubblica utilità delle opere pubbliche o di
pubblica utilità previste dal p.r.g., sia per i vincoli di inedificabilità “sostanzialmente espro-
priativi” o di “qualsiasi natura” non preordinati all’esproprio, previsti dallo stesso strumento
urbanistico generale.
In conclusione, traendo diretto spunto dal quesito fondamentale, che involge, all’evi-
denza, l’applicabilità o meno in toto del T.U. di cui al DPR 327/01, ai sensi dell’art. 36 della
l.r. 7/02, come integrato dall’art. 24 della l.r. 7/03, vengono formulati i seguenti ulteriori e
derivati quesiti specifici:
1. Nell’ipotesi di totale applicazione del T.U.: a) si chiede conferma o meno circa la dura-
ta quinquennale sia dei vincoli di inedificabilità non preordinati all’esproprio del p.r.g., sia dei
vincoli per l’espropriazione e assegnazione delle aree relative ai programmi costruttivi ex artt.
2 e 4 della l.r. 86/81, e ciò anche nel caso in cui i relativi provvedimenti approvativi abbiano
espressamente fissato in due anni il termine massimo per l’esproprio ai sensi dell’ultimo
comma dello stesso art. 4; b) si chiede se nelle varianti urbanistiche di cui all’art. 10 e 19 del
T.U., la mancata esplicitazione dell’apposizione del vincolo di esproprio (il legislatore ha usato
la locuzione “dandone espressamente atto”) possa costituire motivo di illegittimità dei provve-
dimenti finali, e in caso affermativo se possano ex post integrarsi i relativi provvedimenti
approvativi in sanatoria, dando atto in maniera espressa del vincolo di esproprio.
2. Nell’ipotesi di applicazione del T.U. alle sole disposizioni riguardanti le varie fasi del
procedimento espropriativo: se possa adottarsi un provvedimento modificativo e ampliativo
dell’efficacia quinquennale dei vincoli preordinati all’espropriazione, già disposta sulla base
di piani particolareggiati approvati dopo l’entrata in vigore del T.U., e quale debba essere,
in concreto, la procedura da adottarsi in relazione all’approvazione delle varianti ordinaria-
mente adottate e trasmesse dai comuni, ai sensi dell’art. 19 del T.U.
Considerato:
Il quesito fondamentale sottoposto all’attenzione del Consiglio di Giustizia
Amministrativa inerisce alla generale applicabilità, o meno, del Testo Unico statale sulle
espropriazioni, di cui al DPR 327/01 e successive modificazioni.
La Sezione ritiene che a tale domanda primaria si debba rispondere positivamente,
per diversi ordini di ragioni.
Occorre prendere necessariamente le mosse da considerazioni di carattere testuale,
riferite in particolare alla previsione normativa fondamentale.
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In effetti l’art. 36 della l.r. 2 agosto 2002, n. 7, come integrato dall’art. 24 della l.r. 7/03,
prevede, senza alcuna ulteriore specificazione o limitazione, che “le disposizioni riguardan-
ti le espropriazioni per pubblica utilità di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8
giugno 2001, n. 327 e successive modificazioni, si applicano nell’ordinamento regionale
contestualmente all’entrata in vigore della presente legge ovvero, ove successive, con le
decorrenze previste nel citato decreto” e che “sino all’entrata in vigore del decreto di cui al
comma 1 continuano ad applicarsi le vigenti leggi regionali in materia di espropriazioni ed
occupazioni anche se formalmente abrogate con la presente legge”.
La dizione legislativa regionale non limita in alcun modo, dunque, il recepimento nel-
l’ordinamento regionale del Testo Unico in questione alle sole disposizioni di disciplina del
procedimento di espropriazione, facendo essa riferimento, invece, a qualsivoglia disposizio-
ne in esso contenuta “riguardante le espropriazioni per pubblica utilità”.
Una locuzione di portata così generale, che sembra manifestare una volontà inequi-
voca del legislatore di non voler limitare il recepimento alle sole disposizioni procedurali
(come sarebbe stato se si fosse parlato, ad esempio, di “disposizioni riguardanti le proce-
dure di espropriazione”), non può non comportare, a tacer d’altro, l’abrogazione per incom-
patibilità (in attuazione del dettato dell’art. 42, comma 2, della l.r. 7/02 per cui, oltre quelle
abrogate esplicitamente, sono altresì abrogate tutte le altre disposizioni normative e rego-
lamentari regionali, generali e speciali, in contrasto o, comunque, incompatibili con la detta
legge) dell’art. 1 della l.r. 38/73, recante norme concernenti la durata (nella specie decen-
nale) dei vincoli preordinati all’esproprio derivanti dagli strumenti urbanistici vigenti nel ter-
ritorio della Regione Siciliana.
Cosicché, concordandosi con quanto osservato dal Dipartimento regionale preposto
all’urbanistica, il recepimento in questione, oltre che riguardare procedure speciali come
quella delineata dall’art. 19 del T.U. in tema di approvazione del progetto, non può trascu-
rare disposizioni cardine quali quella dell’art. 9, comma 2, del T.U., sul limite temporale quin-
quennale di durata del vincolo preordinato all’esproprio derivante dall’approvazione dello
strumento urbanistico generale o di una sua variante (nel cui ambito di tempo può essere
emanato il provvedimento che comporta la dichiarazione di pubblica utilità), o ancora quel-
la dell’art. 13, comma 4, del T.U., che fissa il termine quinquennale, decorrente dalla data
in cui diventa efficace l’atto che dichiara la pubblica utilità dell’opera, per emanare il decre-
to di esproprio quando nel provvedimento stesso che comporta la dichiarazione di pubbli-
ca utilità esso non sia stato specificato.
La “materia” delle espropriazioni per pubblica utilità (se di “materia”, seppur in senso
lato, può parlarsi, visto che trattasi di istituti indispensabili per l’attuazione delle previsioni
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degli strumenti urbanistici, al fine di assicurare, quindi, un ordinato assetto urbanistico, e
quindi di strumenti di “governo del territorio” anche ai sensi dell’art. 117 Cost.), afferma il
Dipartimento regionale, non può che comprendere sia i procedimenti amministrativi per il
suo esercizio, sia le “condizioni” necessarie per l’espletamento degli stessi procedimenti;
quegli antecedenti, cioè, necessari affinché possano compiersi successivamente i procedi-
menti espropriativi.
In tale ottica, osserva la Sezione, non può prescindersi dalla natura e dalla collocazio-
ne nell’ambito della procedura del vincolo espropriativo.
Orbene la dottrina specializzata non manca di osservare come, ai sensi dell’art. 8 del
T.U., l’apposizione di un vincolo preordinato all’esproprio sul bene da espropriare, sulla
base della previsione di realizzazione di un’opera pubblica, costituisca, insieme alla dichia-
razione di pubblica utilità ed alla determinazione dell’indennità di esproprio, una “fase del
procedimento espropriativo”, culminante poi nell’emanazione del decreto di esproprio.
Anche se, al riguardo, va più correttamente specificato che quelle indicate appaiono non
fasi di un unico procedimento quanto distinti (sub)procedimenti, ciascuno costituendo un
insieme di atti e attività diretto a produrre un effetto giuridico, e quindi in quanto tale auto-
nomamente impugnabile.
Una complessiva unità procedimentale può rinvenirsi in una prospettiva funzionale,
nella quale quelli indicati dall’art. 8 T.U. appaiono atti connessi, ciascuno presupposto per
l’emanazione dell’atto successivo. Con una duplice conseguenza: una volta proposto ricor-
so contro un atto, i successivi, e dunque anche quello di esproprio, vanno impugnati, volen-
dosi censurare vizi propri del provvedimento e non solo la sua invalidità derivata, con la pro-
posizione di motivi aggiunti, ai sensi dell’art. 21 della l. 1034/71 come modificato dalla l.
205/00; inoltre, e non da ultimo, l’annullamento di uno degli atti presupposti, stante l’univo-
ca connessione funzionale, comporta l’automatica caducazione dell’atto successivo.
E’, altresì, evidente che ribadendo la necessità dell’apposizione del vincolo, come atto
presupposto della dichiarazione di pubblica utilità e quindi dell’esproprio, e per il quale gra-
zie anche alla Corte Costituzionale si è approdati, dopo varie vicissitudini, al principio della
temporaneità salvo indennizzo, il legislatore ha voluto rimarcare l’interdipendenza funziona-
le e la stretta connessione esistente tra la materia dell’urbanistica e dell’espropriazione, con
riaffermazione della centralità della pianificazione urbanistica rispetto al procedimento
espropriativo.
Del resto la dottrina più avveduta è molto accorta nell’affermare che è naturale che l’e-
spropriazione, o meglio la decisione di realizzare una determinata opera pubblica in un
determinato luogo - l’ablazione coattiva della proprietà né è, in fondo, la conseguenza - e la
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pianificazione urbanistica debbano essere in correlazione, in quanto, a tacer considerazioni
più ovvie (ad esempio l’urbanistica disciplina gli usi del territorio e sul territorio necessaria-
mente le opere pubbliche sono localizzate), la pianificazione urbanistica è governo della tra-
sformazione del territorio secondo una priorità di realizzazione degli interessi del corpo
sociale e le opere pubbliche costituiscono mezzi per il soddisfacimento di interessi della col-
lettività: in quanto strumenti concorrenti devono quindi essere necessariamente coordinati.
Tanto premesso, ciò che più preme rilevare in questa sede è che la materia dei vinco-
li espropriativi, sulla base di quanto osservato, è dunque tutt’altro che aliena rispetto al con-
testo anche procedurale delle espropriazioni per pubblica utilità (ed in questo senso potreb-
be essere, dunque, oggetto di recepimento regionale anche qualora si accettasse l’opzio-
ne interpretativa più restrittiva fatta propria dall’Ufficio legislativo e legale regionale).
Quanto alla necessità, su cui insiste più volte l’Ufficio legislativo e legale regionale con il
citato avviso, di garantire la coerenza interna del sistema normativo siciliano, nel cui ambito,
come è noto, in mancanza di analoga norma di recepimento, non trova applicazione il Testo
Unico sull’edilizia di cui al DPR 380/01 e successive modificazioni ed integrazioni, e quindi di
salvaguardare quel corpus sostanzialmente organico di disposizioni urbanistiche ed edilizie di
cui la Regione si è dotata nell’esercizio della propria autonomia legislativa esclusiva (il quale,
diversamente, subirebbe modificazioni ritenute incoerenti col quadro di norme complessivo),
può riscontrarsi come lo stesso Testo Unico in argomento contenga in sé la soluzione, essen-
dosi tenuto evidentemente conto delle connessioni tra l’urbanistica e l’espropriazione, con la
conseguenza di una serie di ricadute sul piano sostanziale e procedurale. In particolare, si è
perimetrato l’ambito oggettivo del T.U. alle sole espropriazioni immobiliari, seguendo fonda-
mentalmente l’esempio risalente alla l. 2359/1865, e, soprattutto, sono state inserite norme di
indubbia natura anche urbanistica proprio perché di diretta rilevanza sul procedimento espro-
priativo (ad esempio il già richiamato art. 9 e l’art. 39, in tema, rispettivamente, di durata dei
vincoli preordinati all’esproprio e di indennizzabilità nel caso di loro reiterazione). E, anche in
questo caso come già accennato, si è precisato inequivocabilmente che il vincolo preordinato
all’esproprio rappresenta il presupposto fondamentale per l’atto ablativo (art. 8).
Anzi, con riguardo agli elementi da ultimo menzionati, può dirsi che il rapporto tra
disciplina del territorio ed espropriazione, che nella l. 2359/1865, era vissuto in termini di
accidentalità (con riguardo alla disciplina dei piani regolatori edilizi e dei piani di ampliamen-
to), è divenuto ora dato costante e caratterizzante.
Ciò non contraddice, ma anzi rafforza, la considerazione che una Regione autonoma
quale quella Siciliana, il cui Statuto ha stabilito una competenza primaria di tipo esclusivo
in materia di espropriazione, ha evidentemente voluto esercitare la propria autonoma pote-
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stà legislativa (riconosciuta anche dall’art. 5, comma 2, del T.U.) recependo in toto il Testo
Unico citato, comprensivamente di quelle norme di matrice anche urbanistica ma che in
virtù di espresso rinvio sono entrate a far parte a pieno titolo del sistema normativo vigen-
te nella materia delle espropriazioni. Il tutto senza che, a questo punto, debba ritenersi vul-
nerata la parimenti autonoma capacità legislativa primaria ed esclusiva in materia di urba-
nistica ed edilizia, nel caso di specie (regione Siciliana) non esercitata mediante il mero
recepimento della normativa unificatrice statale.
Le riportate considerazioni sono, a loro volta, tutt’altro che contraddette se si volge lo
sguardo alla ratio della norma regionale fondamentale di recepimento e, in connessione,
alla natura e alla finalità del Testo Unico n. 327/01, entrato in vigore il 30 giugno 2003.
Appare chiaro, infatti, che il legislatore regionale non possa che essersi posto la fina-
lità di introdurre, nell’ordinamento regionale, tutte le statuizioni che regolano in maniera det-
tagliata e precisa ogni aspetto della materia delle espropriazioni per pubblica utilità, al fine
di perseguire, analogamente a quanto ha fatto lo Stato, la finalità di raccogliere in un unico
testo tutta la normativa concernente tale materia, nel rispetto degli scopi tipici dei “testi unici”.
Difficilmente, del resto, sarebbe accettabile, anche sotto il profilo costituzionale (e
quindi della tutela del principio di eguaglianza dei cittadini) un diverso trattamento nell’am-
bito del territorio nazionale in relazione a profili particolarmente delicati e sensibili per gli
amministrati (anche alla luce della pronunzia della Corte Costituzionale n. 179/99), quali
quelli della durata del vincolo e della corresponsione di una indennità, commisurata all’en-
tità del danno effettivamente prodotto, in caso di reiterazione di un vincolo preordinato all’e-
sproprio o di un vincolo “sostanzialmente espropriativo” (artt. 9 e 39 del T.U.).
Ulteriore motivo di conforto per l’opzione interpretativa sposata dal Dipartimento, e con-
divisa dal Consiglio di Giustizia, relativa all’integrale applicabilità del T.U. nella Regione
Siciliana è la stessa natura del Testo Unico di cui si discute, appartenente alla discussa cate-
goria dei testi unici c.d. misti (ovvero contenenti, al contempo, disposizioni di grado legislati-
vo e regolamentare), ma che non modifica la disciplina degli aspetti sostanziali dell’espropria-
zione, concentrando il proprio apporto innovativo proprio sui profili procedurali, che vengono
riordinati in maniera incisiva, con la previsione, tra l’altro, di un solo tipo di procedimento
espropriativo e quindi la reductio ad unitatem dei vari procedimenti prima di allora previsti.
Questo ad ulteriore conferma che non vi è convenienza alcuna, bensì gravi rischi di
disomogeneità sostanziale, a limitare il recepimento del T.U. nell’ambito dell’ordinamento
regionale alle sole disposizioni procedurali, e, di conseguenza, a continuare ad applicare
normative regionali nate con impronta tipicamente settoriale, con riferimento anche alla
durata (decennale) dei vincoli preordinati all’espropriazione, come nel caso dell’art. 1 della
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l.r. 38/73, il quale - come ben rileva il Dipartimento - si connaturava, più di trenta anni fa,
per la natura contingente e transitoria in relazione agli eventi tellurici verificatisi in Sicilia nel
biennio 1967-1968.
Inoltre, a ribadire che l’opzione esegetica seguita dal Dipartimento non compromette
affatto la “coerenza del vigente quadro di norme complessivo in materia urbanistica”, della
cui salvaguardia, argomentando in via generale, appare preoccuparsi non poco l’Ufficio
legislativo regionale, va richiamato altresì l’art. 9, comma 6, del Testo Unico, secondo il
quale nulla è innovato, salvo quanto previsto dal comma 5 (circa la realizzazione sul bene
vincolato, nel corso dei cinque anni di durata del vincolo preordinato all’esproprio, di opere
pubbliche o di pubblica utilità diverse da quelle originariamente previste nel piano urbanisti-
co generale), in ordine alla normativa regionale sull’adozione e sull’approvazione degli stru-
menti urbanistici, siano essi comunali o meno, e siano essi a carattere generale, attuativi o
di settore. E resta poi la considerazione finale, ed assorbente, che se il legislatore regiona-
le avesse voluto ben avrebbe potuto provvedere al riguardo, esercitando la propria potestà
legislativa esclusiva in materia di urbanistica.
Ciò posto, e venendo ai quesiti di carattere specifico formulati dal Dipartimento, ritie-
ne la Sezione che, alla luce del complesso delle considerazioni sopra riportate, la mera cir-
costanza che, in effetti, l’art. 39 del T.U. faccia riferimento a non meglio definiti “vincoli
sostanzialmente espropriativi” non possa valere a sostenere che la durata quinquennale
dell’efficacia dei vincoli preordinati all’esproprio, di cui al più volte menzionato art. 9 del T.U.,
trovi automaticamente applicazione, per quanto concerne il recepimento nell’ordinamento
regionale, anche ad altri vincoli di inedificabilità assoluta previsti dal piano ma non preordi-
nati all’espropriazione.
Il vincolo preordinato all’esproprio, infatti, gode infatti di una natura peculiare, nel senso
che trattasi di localizzazioni che comportano vincoli di inedificabilità non per la particolare
natura del bene ed il connesso regime proprietario, ma per la scelta operata dalla pubblica
amministrazione di utilizzare proprio quel bene, e non altri, in sé non aventi diversa natura
da quello considerato, per la realizzazione di un’opera pubblica. Cosicché nell’ambito del più
vasto genere dei vincoli di inedificabilità esso costituisce specie caratterizzata proprio dalla
previsione di esproprio. Non si tratta di una generica riserva dell’area a fini pubblici, presup-
ponendo il vincolo la destinazione ad una specifica opera pubblica o di pubblica utilità.
Così delineata la peculiare natura del vincolo preordinato all’esproprio, presupposto
integrante del procedimento espropriativo ad efficacia limitata nel tempo, se l’estensione
della durata quinquennale, per effetto del recepimento complessivo nell’ordinamento regio-
nale siciliano delle norme contenute nel Testo Unico, può giustificarsi in ordine ai vincoli per
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l’espropriazione e l’assegnazione delle aree relative a programmi costruttivi, non altrettan-
to può dirsi, in conclusione, per vincoli di piano non preordinati all’esproprio, tenuto conto
dell’ampiezza ma anche dei limiti di pertinenza della materia oggetto del recepimento in
questione (anche in questa sede va rimarcata la rilevanza della scelta del legislatore regio-
nale di non recepire le norme unificate statali in materia di urbanistica, fatte salve le norme
a cui fa espresso rinvio lo stesso Testo Unico sulle espropriazioni).
Quanto al secondo quesito specifico, con il quale si chiede se nelle varianti semplifi-
cate ai piani urbanistici di cui agli artt. 10 e 19 del T.U. la mancata esplicitazione dell’appo-
sizione del vincolo di esproprio (il legislatore adopera la locuzione “dandone espressamen-
te atto”) possa costituire motivo di illegittimità dei provvedimenti finali, nonostante dagli atti
ed elaborati di variante possa rilevarsi agevolmente ed inequivocabilmente la necessità di
espropriare le aree interessate dalle stesse varianti, ed in caso affermativo, se possano
integrarsi ex post i relativi provvedimenti approvativi in sanatoria, dando atto in maniera
espressa del vincolo di esproprio, può contribuire a fornire una soluzione la norma transito-
ria recata dal comma 3 dello stesso art. 10 del T.U.
Il fatto che la norma, seppur in via transeunte, dispone che il vincolo può intendersi
apposto anche qualora non ne sia stato dato esplicitamente atto solo per le opere per le
quali sia già intervenuto, in conformità alla normativa vigente, uno dei provvedimenti di cui
ai commi 1 e 2 (conferenza di servizi, accordo di programma, intesa, variante ecc.) prima
dell’entrata in vigore del testo unico, depone chiaramente nel senso, infatti, che, fatte salve
tali fattispecie, per il resto delle ipotesi non può prescindersi dall’espressa menzione e
presa d’atto dell’avvenuta imposizione del vincolo (anche in relazione agli evidenti diritti dei
soggetti privati pregiudicati dal vincolo stesso), con tutte le conseguenze del caso, tra cui,
evidentemente, l’impossibilità di provvedervi ex post in via di mera sanatoria.
P. Q. M.
nei sensi esposti è il parere della Sezione.
IL PRESIDENTE
Andrea Camera
IL SEGRETARIO
Giuseppe Chiofalo

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