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CORTE COSTITUZIONALE

Sentenza 127/1963
Giudizio GIUDIZIO DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE IN VIA INCIDENTALE
Presidente AMBROSINI - Redattore
Udienza Pubblica del 22/05/1963 Decisione del 04/07/1963
Deposito del 13/07/1963 Pubblicazione in G. U.
Norme impugnate:
Massime: 1931 1932 1933 1934 1935
Atti decisi:

Massima n. 1931
Titolo
SENT. N. 127/63 A. TUTELA GIURISDIZIONALE - T.U. SULLE IMPOSTE DIRETTE 1958, N. 645,
ART. 209 - ESCLUSIONE DELLE OPPOSIZIONI PREVISTE DAL CODICE DI PROCEDURA CIVILE
- ILLEGITTIMITA' COSTITUZIONALE - NON SUSSISTE - QUESTIONE GIA' DECISA -
MANIFESTA INFONDATEZZA. (COSTITUZIONE, ARTT. 24 E 113).

Testo
La questione di legittimita' costituzionale dell'art. 209 del T.U. sulle imposte dirette 29 gennaio 1958, n. 645
(che esclude le opposizioni all'esecuzione previste dal Codice di procedura civile) in riferimento agli artt. 24
e 113 della Costituzione, e' nanifestamente infondata perche' gia' decisa con sentenza n. 87 del 1962 e con le
ordinanze nn. 101 e 102 del 1962.

Parametri costituzionali

Costituzione art. 24

Costituzione art. 113

Riferimenti normativi

decreto del Presidente della Repubblica 29/01/1958 n. 645 art. 209

Massima n. 1932
Titolo
SENT. N. 127/63 B. LEGGI - LEGGI DI DELEGAZIONE ANTERIORI ALLA COSTITUZIONE -
INOSSERVANZA DELLE SINGOLE NORME DELL'ART. 76 DELLA COSTITUZIONE -
ILLEGITTIMITA' COSTITUZIONALE - NON SUSSISTE. (COSTITUZIONE, ART. 76; R.D.L. 28
NOVEMBRE 1938, N. 2138, ART. UNICO, 3x E 4x COMMA).

Testo
Non puo' essere motivo di illegittimita' costituzionale di una legge di delegazione anteriore alla Costituzione
l'inosservanza delle singole norme di cui all'art. 76 della Costituzione e segnatamente di quelle che
impongono la determinazione di principi e di criteri direttivi e la fissazione di termini di tempo. Pertanto non
e' fondata la questione di legittimita' costituzionale del 3x e del 4x comma, dell'articolo unico del R.D.L. 28
novembre 1938, n. 2138, sull'accertamento e riscossione dei contributi agricoli unificati, in riferimento
all'art. 76 della Costituzione. Conforme: Sent. n. 47/62.

Parametri costituzionali

Costituzione art. 76

Riferimenti normativi

regio decreto legge 28/11/1938 n. 2138 art.unico co. 3

regio decreto legge 28/11/1938 n. 2138 art.unico co. 4

Massima n. 1933
Titolo
SENT. N. 127/63 C. CONTRIBUTI AGRICOLI UNIFICATI - SISTEMA DELL'ACCERTAMENTO
PRESUNTIVO DELLA MANO D'OPERA - ILLEGITTIMITA' COSTITUZIONALE - QUESTIONE GIA'
DECISA - MANIFESTA INFONDATEZZA.

Testo
La questione di legittimita' costituzionale degli artt. 4 e 5 del R.D. 24 settembre 1940, n. 1949, che prevede
l'accertamento presuntivo dell'impiego della mano d'opera agricola, e' manifestamente infondata, essendo
gia' cessata l'efficacia delle citate norme per effetto della sentenza n. 65 del 1962.

Parametri costituzionali

Costituzione art. 23

Costituzione art. 76

Costituzione art. 77

Riferimenti normativi

regio decreto 24/09/1940 n. 1949 art. 4

regio decreto 24/09/1940 n. 1949 art. 5

Massima n. 1934
Titolo
SENT. N. 127/63 D. CONTRIBUTI AGRICOLI UNIFICATI - COMPILAZIONE DEI RUOLI DEI
CONTRIBUTI - RISERVA DI LEGGE - VIOLAZIONE - NON SUSSISTE. CONTRIBUTI AGRICOLI
UNIFICATI - SPESE PER L'ACCERTAMENTO DEI CONTRIBUTI AGRICOLI - DETERMINAZIONE
MINISTERIALE - RISERVA DI LEGGE - VIOLAZIONE - NON SUSSISTE. (COSTITUZIONE, ART.
23; R.D. 24 SETTEMBRE 1940, N. 1949, ART. 9).

Testo
L'art. 9 del R.D. 24 settembre 1940, n. 1949, nei commi 1x, 2x, 3x, 4x, 5x e 7x, disciplina la compilazione
dei ruoli dei contributi agricoli unificati e le loro variazioni. In cio' non vi e' nulla di diverso dai normali
sistemi di formazione e di variazione dei ruoli tributari; e pertanto non c'e' alcuna attribuzione agli organi
amministrativi ne' di poteri normativi ne' di poteri che eccedano quelli che spettano di consueto agli uffici
preposti alla formazione dei ruoli. Pertanto, non sussiste contrasto tra i citati commi dell'art. 9 del R.D. 1940,
n. 1949, e l'art. 23 della Costituzione. Non sussiste contrasto neanche tra il 6x comma dell'art. 9 citato e l'art.
23 della Costituzione, in quanto il potere attribuito al Ministro (allora delle corporazioni, oggi del lavoro e
della previdenza sociale) di determinare annualmente le spese dovute per l'accertamento dei contributi
agricoli unificati, non costituisce esplicazione di attivita' legislativa, ma pone in essere un atto
amministrativo, consistente essenzialmente in un accertamento. Tale atto non comporta esercizio di poteri
arbitrari. Il Ministro e' tenuto ad accertare le spese nel loro effettivo contenuto e non potrebbe apportare
aumenti o diminuzioni al risultato di tale accertamento. Gli interessati possono impugnare dinanzi all'organo
giurisdizionale competente il decreto ministeriale e se anche in pratica il ricorrente puo' trovare difficolta'
nel provare l'errore e l'esorbitanza dell'esercizio del potere ministeriale, cio' non significa impossibilita' di
sindacato o di insindacabilita' dell'atto ministeriale. In definitiva, poiche' l'accertamento ministeriale ha dei
precisi limiti, rappresentati dall'effettivita' delle spese, e tali limiti sono identicabili, non sussiste contrasto
tra l'art. 9 in oggetto e l'art. 23 della Costituzione.

Parametri costituzionali

Costituzione art. 23

Riferimenti normativi

regio decreto 24/09/1940 n. 1949 art. 9 co. 1

regio decreto 24/09/1940 n. 1949 art. 9 co. 2

regio decreto 24/09/1940 n. 1949 art. 9 co. 3

regio decreto 24/09/1940 n. 1949 art. 9 co. 4

regio decreto 24/09/1940 n. 1949 art. 9 co. 5

regio decreto 24/09/1940 n. 1949 art. 9 co. 6

regio decreto 24/09/1940 n. 1949 art. 9 co. 7

Massima n. 1935
Titolo
SENT. N. 127/63 E. CONTRIBUTI AGRICOLI UNIFICATI - COMMISSIONI PROVINCIALI DI
ACCERTAMENTO E RUOLI DEI CONTRIBUTI - REVISIONE DELLE DELIBERAZIONI E DEI
RUOLI DA PARTE DEL MINISTRO - VIOLAZIONE DELL'ART. 23 DELLA COSTITUZIONE.
(COSTITUZIONE, ART. 23; R.D. 24 SETTEMBRE 1940, N. 1949, ART. 15, 1x COMMA).
CONTRIBUTI AGRICOLI UNIFICATI - POTERE MINISTERIALE DI SOSPENDERE LA
RISCOSSIONE DEI RUOLI - ILLEGITTIMITA' COSTITUZIONALE - NON SUSSISTE.
(COSTITUZIONE, ART. 77, 2x COMMA, CITATO ART. 15 R.D. 1940, N. 1949).

Testo
Il 1x comma dell'art. 15 del R.D. 24 settembre 1940, n. 1949, in materia di contributi agricoli unificati,
secondo il quale il Ministro, quando particolari circostanze lo rendano necessario ed opportuno, puo'
rivedere sia le deliberazioni delle Commissioni provinciali di cui all'art. 5 del citato decreto, sia gli elenchi
ed i ruoli dei contributi unificati sia gli elenchi dei lavoratori, e' in contrasto con l'art. 23 della Costituzione.
Tale potere, infatti, (che e' eccezionale rispetto a quello legittimamente attribuito allo stesso Ministro in sede
di ricorso), viola l'art. 23 della Costituzione, perche', e' esente da ogni limite, giacche' l'accertamento delle
"particolari circostanze", che rendono "necessario ed opportuno" il provvedimento, affidato, senza alcun
vincolo, al soggettivo apprezzamento dell'organo ministeriale, resta in un campo che puo' sconfinare in
quello dell'arbitrio e che si sottrae, di fatto, anche al sindacato del giudice della legittimita' degli atti
amministrativi. Non e' invece censurabile sotto il profilo costituzionale il 2x comma dello stesso art. 15 del
R.D. 1940, n. 1949, che consente al Ministro, quando eccezionali circostanze lo rendano necessario ed
opportuno, sospendere la riscossione dei ruoli dei contributi agricoli unificati, giacche' tale potere non
rappresenta una figura abnorme del nostro sistema legislativo. Trattasi nella specie di un potere di ordinanza
che riveste i caratteri dell'atto amministrativo, e pertanto non sussiste contrasto con l'art. 77 della
C o s t i t u z i o n e .

Parametri costituzionali

Costituzione art. 23

Costituzione art. 77

Riferimenti normativi

regio decreto 24/09/1940 n. 1949 art. 15 co. 1

regio decreto 24/09/1940 n. 1949 art. 15 co. 2

Pronuncia

N. 127

SENTENZA 4 LUGLIO 1963

Deposito in cancelleria: 13 luglio 1963.

Pubblicazione in "Gazzetta Ufficiale" n. 194 del 20 luglio 1963.

Pres. AMBROSINI - Rel. PAPALDO


LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori: Prof. GASPARE AMBROSINI, Presidente - Prof. GIUSEPPE CASTELLI AVOLIO -
Prof. ANTONINO PAPALDO - Prof. NICOLA JAEGER - Prof. GIOVANNI CASSANDRO - Prof.
BIAGIO PETROCELLI - Dott. ANTONIO MANCA - Prof. ALDO SANDULLI - Prof. GIUSEPPE
BRANCA - Prof. MICHELE FRAGALI - Prof. COSTANTINO MORTATI - Prof. GIUSEPPE
CHIARELLI - Dott. GIUSEPPE VERZÌ, Giudici,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 209 del D.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, contenente il
T.U. sulle imposte dirette, dei commi terzo e quarto dell'articolo unico del R.D. L. 28 novembre 1938, n.
2138, e degli artt. 4, 5, 9 e 15 del R.D. 24 settembre 1940, n. 1949, promosso con ordinanza emessa il 13
febbraio 1962 dal Pretore di Catania nel procedimento civile vertente tra Nicolosi Francesco e l'Esattoria
delle imposte dirette di Catania, iscritta al n. 52 del Registro ordinanze 1962 e pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 99 del 14 aprile 1962.

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Nicolosi Francesco;

udita nell'udienza pubblica del 22 maggio 1963 la relazione del Giudice Antonino Papaldo.

Ritenuto in fatto:

Nel corso di un procedimento civile vertente tra Nicolosi Francesco e l'Esattoria delle imposte dirette di
Catania in materia di contributi agricoli unificati, il Pretore di Catania, con ordinanza del 13 febbraio 1962,
notificata e comunicata, rispettivamente, il 28 e il 19 febbraio 1962, e pubblicata come in epigrafe, ha
sollevato la questione di legittimità costituzionale:

a) dell'art. 209 del decreto del Presidente della Repubblica 29 gennaio 1958, n. 645, contenente il T.U.
sulle imposte dirette, in riferimento agli artt. 24 e 113 della Costituzione;

b) dei commi terzo e quarto dell'articolo unico del R.D. L. 28 novembre 1938, n. 2138, e degli artt. 4, 5,
9 e 15 del R.D. 24 settembre 1940, n. 1949, in riferimento agli artt. 23, 76 e 77 della Costituzione.

Sul primo punto, nell'ordinanza di rinvio, si osserva: premesso che gli artt. 24 e 113 della Costituzione
affermano il principio che tutti i cittadini possono chiedere la tutela giurisdizionale dei loro diritti sia nei
confronti di altri privati che nei confronti dello Stato e degli altri enti pubblici minori, l'art. 209 del T.U.
sulle imposte dirette, non ammettendo le opposizioni previste dal Codice di procedura civile, limiterebbe il
diritto sancito negli artt. 24 e 113 della Costituzione.

Sul secondo punto si afferma che i commi terzo e quarto dell'articolo unico del decreto-legge 28
novembre 1938, n. 2138, relativo agli accertamenti ed alle riscossioni dei contributi agricoli unificati e gli
artt. 4, 5, 9 e 15 del R.D. 24 settembre 1940, n. 1949, concernenti le modalità di accertamento di tali
contributi, sarebbero costituzionalmente illegittimi:

a) perché in contrasto con l'art. 23 della Costituzione, secondo il quale tutti gli elementi costitutivi della
imposizione tributaria devono essere determinati per legge e non possono essere lasciati alla discrezionalità
o all'arbitrio del potere esecutivo;
b) perché i commi terzo e quarto dell'articolo unico del R.D. L. n. 2138 del 1938 non determinano i
"principi ed i criteri" da osservarsi dal potere esecutivo nella emanazione di norme ad esso delegate, come
prescrive l'art. 76 della Costituzione;

c) perché le Commissioni provinciali di cui all'art. 5 del R.D. n. 1949 del 1940 ed il Ministro, di cui è
cenno nell'articolo 15 dello stesso decreto, eserciterebbero una potestà normativa non prevista dalla legge di
delega del 1938, e che oggi sarebbe illegittima perché sopravviverebbe ed opererebbe in violazione dell'art.
77 della Costituzione.

La parte privata - la sola che si è costituita nel presente giudizio - aderisce, nelle sue deduzioni
depositate il 2 maggio 1962, ai motivi dell'ordinanza di rinvio e li sviluppa.

Quanto all'art. 209 del T.U. sulle imposte dirette, sostiene la sua illegittimità perché in contrasto con gli
artt. 24 e 113 della Costituzione. Vero è che il precedente art. 208 consente al debitore di ricorrere
all'Intendente di finanza, ma questo ricorso non può considerarsi giurisdizionale, sia perché in questo caso
non si instaura un vero e proprio contraddittorio, sia perché l'Intendente di finanza non è un organo
giurisdizionale.

Dalla eventuale declaratoria di illegittimità dei commi secondo e terzo dell'art. 209, discenderebbe,
come conseguenza, l'illegittimità anche del primo comma, nella parte in cui consente di sospendere
l'esecuzione nella sola ipotesi della opposizione di terzo.

Circa la violazione degli artt. 76 e 77 della Costituzione, la parte dichiara di non ignorare che con la
sentenza n. 53 del 1961, in tema di norme sull'assegno bancario, la Corte ha, tra l'altro, affermato il principio
secondo il quale non può essere motivo di illegittimità di una legge di delegazione anteriore alla
Costituzione l'inosservanza di questa o quella norma dell'art. 76 della Costituzione. Dal quale principio può
dedursi che prima dell'entrata in vigore della Costituzione, una legge di delegazione poteva anche non avere
quei requisiti che oggi la Costituzione richiede. E quindi, qualora la delega conferita al Governo fosse stata
"consumata" con decreto definitivo prima dell'attuale Costituzione, quel provvedimento legislativo delegato
va considerato costituzionalmente ineccepibile anche oggi, se ineccepibile era, quanto alla sua formazione,
nel momento in cui fu emanato.

Ma dopo l'entrata in vigore della Costituzione, il Governo non può più emettere decreti aventi valore di
legge, valendosi "ancora" di una legge di delegazione che, anche se ineccepibile allorché venne emanata,
sarebbe da considerare costituzionalmente illegittima, oggi, perché carente dei requisiti di cui all'art. 76 della
Costituzione. Diversamente opinando, si verrebbe ad ammettere una sopravvivenza di validità del vecchio
ordinamento.

Ora, la misura dei contributi per cui è sorto il presente giudizio è stata fissata con decreto del Presidente
della Repubblica 13 maggio 1957, n. 853, sulla base della delega contenuta nel decreto-legge n. 2138 del
1938, la quale delega, essendo carente dei requisiti di cui all'art. 76 della Costituzione, è da considerarsi,
oggi, costituzionalmente illegittima.

Considerato in diritto:

1. - Con sentenza 3 luglio 1962, n. 87, la Corte ha dichiarato non fondata la questione di legittimità
costituzionale dell'art. 209, secondo e terzo comma, del T.U. delle leggi sulle imposte dirette, in riferimento
agli artt. 3 e 113 della Costituzione; con successive ordinanze del 15 novembre 1962, nn. 101 e 102, ha
dichiarato la manifesta infondatezza della questione in riferimento anche allo art. 24, primo comma, ed
all'art. 76 della Costituzione; dichiarazioni confermate con successive ordinanze.
Poiché nell'ordinanza in oggetto, che denunzia l'intero testo dell'art. 209, non sono stati esposti
argomenti nuovi che meritino un riesame, le precedenti decisioni della Corte devono essere confermate, con
la conseguente dichiarazione di manifesta infondatezza della questione.

2. - Secondo l'ordinanza, il terzo ed il quarto comma dell'articolo unico del R.D. L. 28 novembre 1938,
n. 2138, sarebbero in contrasto con l'art. 76 della Costituzione, per non essere stati determinati i principi ed i
criteri da adottarsi nell'emanazione delle norme delegate.

Per dimostrare l'infondatezza della questione, basterà richiamare quanto da ultimo ha deciso la Corte
con la sentenza n. 47 del 29 maggio 1962, con la quale è stato riaffermato che non può essere motivo di
illegittimità di una legge di delegazione anteriore alla Costituzione la inosservanza delle norme di cui all'art.
76 della Costituzione e segnatamente di quelle che impongono la determinazione di principi e di criteri
direttivi e la fissazione di termini di tempo.

La parte privata vorrebbe che fosse incluso nell'esame della questione sollevata dal Pretore anche quello
della legittimità del D.P.R. 13 maggio 1957, n. 853, che sarebbe stato emesso, dopo l'entrata in vigore della
Costituzione, sulla base di una delega (quella contenuta nel decreto-legge del 1938) ormai decaduta, perché
carente dei requisiti prescritti dall'art. 76. Ma è da osservare che tale questione non trova alcun riscontro
nell'ordinanza di rimessione, né vi si può ritenere più o meno implicitamente compresa, giacché il predetto
decreto non fu emanato in base alla delega contenuta nel decreto-legge del 1938, al quale hanno fatto
seguito altre due leggi di delegazione in questa materia: leggi 22 novembre 1949, n. 861, e 14 aprile 1956, n.
307.

3. - Per quel che attiene agli artt. 4, 5, 9 e 15 del R.D. 24 settembre 1940, n. 1949, è da ricordare che gli
artt. 4 e 5 sono stati dichiarati illegittimi con la sentenza n. 65 del 7 giugno 1962.

Rispetto a queste due disposizioni la questione deve essere dichiarata manifestamente infondata,
essendo già cessata l'efficacia delle due norme.

Quanto all'art. 9 dello stesso decreto, è da notare che non sussiste un contrasto tra tale disposizione e le
norme costituzionali indicate nell'ordinanza.

Ciò appare manifesto nei riguardi di tutti i commi dell'articolo, eccezion fatta per il penultimo comma,
rispetto al quale occorrerà esporre qualche particolare considerazione. I primi cinque ed il settimo ed ultimo
comma dell'articolo disciplinano la compilazione dei ruoli e le loro variazioni. Non c'è nulla di diverso dai
normali sistemi di formazione e di variazione dei ruoli tributari; e pertanto non c'è alcuna attribuzione agli
organi amministrativi né di poteri normativi né di poteri che eccedano quelli che spettano di consueto agli
uffici preposti alla formazione dei ruoli.

Maggiore attenzione merita la questione relativa al penultimo comma dell'articolo - il sesto - il quale
attribuisce al Ministro il potere di determinare annualmente, con decreto, le spese dovute per l'accertamento:
spese che, insieme con quelle per la riscossione, vengono iscritte in aumento all'importo dei contributi.

La questione è delicata anche se la soluzione potrebbe apparire oggi meno impegnativa dopo
l'abrogazione di questa norma per effetto dell'art. 4 della legge 5 marzo 1963, n. 322, giacché, in tal modo, i
dubbi che si potrebbero nutrire circa l'eccessiva larghezza dei poteri attribuiti al Ministro sono stati, per
l'avvenire, opportunamente eliminati.

Tuttavia, la disposizione esaminata sotto lo stretto profilo della legittimità costituzionale, non può essere
censurata, pur essendo auspicabile che, nel futuro assetto della materia, resti fermo il sistema derivante dalla
già disposta abrogazione.
Il Ministro, fissando l'ammontare delle spese di accertamento, non compie opera legislativa, ma pone in
essere un atto amministrativo che consiste essenzialmente in un accertamento,

Questo atto non comporta esercizio di poteri arbitrari. Il Ministro è tenuto ad accertare le spese nel loro
effettivo contenuto e non potrebbe apportare aumenti o diminuzioni al risultato di tale accertamento. Gli
interessati possono sicuramente impugnare davanti all'organo giurisdizionale competente il decreto del
Ministro.

Vero è che si presenterebbe al ricorrente la grave difficoltà di procurarsi e di addurre prove idonee a
dimostrare che il Ministro abbia errato o abbia esorbitato; ma questa difficoltà non significa impossibilità e
soprattutto non significa insindacabilità. Data la natura di quest'atto del Ministro, esso dovrebbe essere
preceduto da adeguata istruttoria e accompagnato da congrua motivazione.

In conclusione, l'accertamento del Ministro ha dei precisi limiti, rappresentati dall'effettività delle spese:
limiti che, anche nello stretto ambito del sindacato di legittimità dell'atto amministrativo, sono identificabili.

4. - È palese l'illegittimità del primo comma dell'art. 15 del R.D. n. 1949, secondo cui il Ministro può,
quando particolari circostanze lo rendano necessario ed opportuno, rivedere sia le deliberazioni delle
commissioni di cui all'art. 5, sia gli elenchi ed i ruoli dei contributi come gli elenchi dei lavoratori.

Questa norma che conferisce al Ministro un potere, che è eccezionale rispetto a quello legittimamente
attribuito allo stesso Ministro in sede di ricorso, contrasta con l'art. 23 della Costituzione, in quanto
l'esercizio di quel potere - a parte la nessuna sua giustificazione - è esente da ogni limite, giacché
l'accertamento delle "particolari circostanze", che rendono "necessario ed opportuno" il provvedimento,
affidato, senza alcun vincolo, al soggettivo apprezzamento dell'organo ministeriale, resta in un campo che
può sconfinare in quello dell'arbitrio e che si sottrae, di fatto, anche al sindacato del giudice della legittimità
degli atti amministrativi.

Qualche dubbio potrebbe suscitare il secondo comma dello stesso art. 15, il quale dispone che il
Ministro può, quando eccezionali circostanze lo rendano necessario ed opportuno, sospendere la riscossione
dei ruoli.

La norma, tuttavia, non può dirsi illegittima, giacché il potere di sospendere la riscossione dei ruoli,
quando casi gravi lo impongano, non rappresenta una figura abnorme nel nostro sistema legislativo.

Trattasi di un potere di ordinanza, che, come la Corte ha avuto occasione di chiarire rispetto ad altri tipi
di ordinanza, riveste i caratteri dell'atto amministrativo: non sussiste, pertanto, il denunziato contrasto con
l'art. 77 della Costituzione. Il dubbio sulla legittimità della norma che prevede questa ordinanza è dato
unicamente dal fatto che la norma stessa non pone adeguati limiti all'esercizio del potere. Il dubbio, però,
può essere superato considerando che l'atto non può essere arbitrario e non può non trovare limiti analoghi a
quelli posti dalle disposizioni che regolano, i casi di sospensione della riscossione delle entrate fiscali.

La norma (a parte la sua manifesta opportunità in vista dei casi purtroppo frequenti di disastri naturali e
di altri eventi perturbatori nel campo agricolo) meriterebbe di essere conservata, pur essendo augurabile che
in occasione di una revisione legislativa della materia, l'esercizio di questo potere di ordinanza sia
circondato da idonee garanzie, atte a stabilire adeguate remore alla possibilità di arbitri.

PER QUESTI MOTIVI


LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara:

a) la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità dell'art. 209 del T.U. delle leggi sulle imposte
dirette, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 29 gennaio 1958, n. 645, e degli artt. 4 e 5 del
R.D. 24 settembre 1940, n. 1949;

b) non fondata la questione dell'articolo unico del R.D. L. 28 novembre 1938, n. 2138, in riferimento
all'art. 76 della Costituzione, e la questione dell'art. 9, primo, secondo, terzo, quarto, quinto e settimo
comma, del detto R.D. 24 settembre 1940, n. 1949, in riferimento all'art. 23 della Costituzione;

c) non fondate, nei sensi della motivazione, le questioni degli artt. 9, sesto comma, e 15, secondo
comma, dello stesso R.D. 24 settembre 1940, n. 1949;

d) l'illegittimità costituzionale del primo comma dell'art. 15 del R.D. 24 settembre 1940, n. 1949, in
riferimento all'art. 23 della Costituzione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 luglio 1963.
GASPARE AMBROSINI - GIUSEPPE CASTELLI AVOLIO - ANTONINO PAPALDO - NICOLA
JAEGER - GIOVANNI CASSANDRO - BIAGIO PETROCELLI - ANTONIO MANCA - ALDO
SANDULLI - GIUSEPPE BRANCA - MICHELE FRAGALI - COSTANTINO MORTATI -
GIUSEPPE CHIARELLI - GIUSEPPE VERZÌ.

Le sentenze e le ordinanze della Corte costituzionale sono pubblicate nella prima serie speciale della Gazzetta Ufficiale della
Repubblica Italiana (a norma degli artt. 3 della legge 11 dicembre 1984, n. 839 e 21 del decreto del Presidente della Repubblica 28
dicembre 1985, n. 1092) e nella Raccolta Ufficiale delle sentenze e ordinanze della Corte costituzionale (a norma dell'art. 29 delle
Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, approvate dalla Corte costituzionale il 16 marzo 1956).

Il testo pubblicato nella Gazzetta Ufficiale fa interamente fede e prevale in caso di divergenza.

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