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NOTA INTRODUTTIVA

JEAN BAPTISTE RACINE, il più giovane contemporaneo di Corneille e suo rivale per la
supremazia nella tragedia classica francese, nacque a Ferté-Milon il 21 dicembre 1639. Fu educato
al collegio di Beauvais, nella grande scuola giansenista di Port Royal, e al College
d'Harcourt. Attirò l'attenzione con un'ode scritta per il matrimonio di Luigi XIV nel 1660 e ottenne
il suo primo vero grande successo drammatico con il suo "Andromaque". I suoi capolavori tragici
includono "Britannicus", "Berenice", "Bajazet", "Mithridate", "Iphigenie" e "Phaedre", tutti scritti
tra il 1669 e il 1677. Poi per alcuni anni abbandonò la composizione drammatica, disgustato dagli
intrighi di nemici che cercavano di ferire la sua carriera esaltando sopra di lui un indegno rivale. Nel
1689 riprese il suo lavoro sotto la persuasione di Mme. de Maintenon, e produsse "Esther" e
"Athalie", quest'ultima classificata tra le sue migliori produzioni, sebbene non ricevette il
riconoscimento pubblico fino a qualche tempo dopo la sua morte nel 1699. Oltre alle sue tragedie,
Racine scrisse una commedia, "Les Plaideurs, "quattro inni di grande bellezza e una storia di Port
Royal.

Racine non tentò di modificare le convenzioni esterne della tragedia classica stabilite da
Corneille. Lo studio dei tragici greci e il suo gusto lo portarono a sottomettersi volentieri al rigore e
alla semplicità della forma che erano i segni fondamentali dell'ideale classico. Era nel modo in cui
trattava il carattere che differiva maggiormente dal suo predecessore; infatti, mentre, come abbiamo
visto, Corneille rappresentava i suoi personaggi principali come coloro che domavano eroicamente
la passione con la forza della volontà, Racine rappresenta i suoi personaggi guidati da una passione
quasi incontrollabile. Pertanto le sue creazioni si rivolgono al lettore moderno in quanto più
calorosamente umane; il loro discorso, se meno esaltato, è più semplice e naturale; e gli riesce più
brillantemente nei ritratti di donne che in quelli di uomini.

Tutte queste caratteristiche sono esemplificate nella Fedra, la tragedia di Racine che ha affascinato
il più vasto pubblico. Alla leggenda trattata da Euripide, Racine aggiunse l'amore di Ippolito per
Aricia, fornendo così un motivo alla gelosia di Fedra, e allo stesso tempo fece della nutrice invece
di Fedra la calunniatrice di suo figlio presso Teseo.

FEDRA

PERSONAGGI

TESEO, figlio di Egeo e re di Atene.

FEDRA, moglie di Teseo e figlia di Minosse e Pasifae.

IPPOLITO, figlio di Teseo e Antiope, regina delle Amazzoni.

ARICIA, Principessa del Sangue Reale di Atene.


ENONE, nutrice di Fedra.

TERAMENE, precettore di Ippolito.

ISMENE, amica del cuore di Aricia.

PANOPE, cameriera di Fedra.

GUARDIE ✔.

La scena è ambientata a Troezen, città del Peloponneso.

ATTO I

SCENA I

IPPOLITO, TERAMENI

IPPOLITO:

La mia mente è calma, caro Teramene,

e non posso più restare nella bella Troezen.

Nel dubbio che mi tormenta l'anima con angoscia mortale,

mi vergogno di un ozio così lungo.

Mio padre se n'è andato da sei mesi e più,

e cosa possa essere accaduto a uno così caro

non lo so, né quale angolo della terra

lo nasconda.

TERAMENE

E dove lo cercherai, principe?

Per placare il tuo giusto allarme,

non ho già attraversato i mari su entrambi i lati

di Corinto, chiedendo se si sapesse qualcosa di Teseo

, dove Acheronte è perduto tra le ombre, non


ho visitato Elide, ho doppiato Toenaro,

e ho navigato verso il mare che vide la caduta

di Icaro? Ispirato da quale nuova speranza,

sotto quali cieli favorevoli credi di seguire

le Sue orme? Chissà se il Re, vostro padre,

desidera che si conosca il segreto della sua assenza?

Può darsi che, mentre tremiamo per la sua vita,

l'eroe trama con calma qualche nuovo intrigo,

e aspetta solo finché la bella illusa...

IPPOLITO.

Smettila, caro Teramene, di rispettare il nome

di Teseo. Gli errori giovanili sono stati lasciati

indietro e nessun ostacolo indegno

lo trattiene. Fedra da tempo ha fissato un cuore

incostante una volta, né ha bisogno di temere un rivale.

Nel cercarlo non farò altro che compiere il mio dovere,

e lasciare un luogo che non oso più vedere.

TERAMENI

Già! Quando, principe, hai cominciato a temere

questi luoghi pacifici, così cari all'infanzia felice,

dove ti ho visto spesso preferire restare,

piuttosto che incontrare il tumulto e lo sfarzo

di Atene e della corte? Quale pericolo ti fugge,

o dovrei dire quale dolore?

IPPOLITO
Quel tempo felice

è passato, e tutto è cambiato, da quando

gli dei mandarono Fedra a queste rive.

TERAMENE

Capisco la causa

della tua angoscia. È la regina la cui vista

ti offende. Con disprezzo da matrigna ha tramato

il tuo esilio non appena ti ha visto.

Ma se il suo odio non è del tutto svanito,

ha almeno assunto un aspetto più mite.

D'altronde, quale pericolo può portare sul tuo capo una donna che muore,

una che desidera anche la morte?

Può Fedra, malata di una terribile malattia

di cui non parla, stanca della vita

e di se stessa, ordire qualche complotto contro di te?

IPPOLITO

Non è la sua vana inimicizia che temo,

un altro nemico allarma Ippolito.

Fuggo, bisogna ammetterlo, dalla giovane Aricia,

unica sopravvissuta di una razza empia.

TERAMENI

Cosa! Diventi anche tu il suo persecutore!

La gentile sorella dei crudeli figli

di Pallade non partecipò alla loro perfidia;

Perché dovresti odiare un'innocenza così affascinante?


IPPOLITO

Non avrei bisogno di volare, se fosse odio.

TERAMENE

Posso dunque sapere il significato della tua fuga?

È questo l'orgoglioso Ippolito che vedo,

di cui non alitò nemico più feroce da amare

e da quel giogo che Teseo ha così spesso

sopportato? E può darsi che Venere, disprezzata

così a lungo, giustificherà finalmente tuo padre?

Dunque, mettendoti insieme ad altri mortali,

ha costretto anche Ippolito a offrire incenso

davanti a lei? Puoi amare?

IPPOLITO

Amico, non chiedermelo.

Tu, che hai conosciuto il mio cuore fin dall'infanzia

e tutti i suoi sentimenti di sdegnoso orgoglio,

risparmiami la vergogna di rinnegare tutto

ciò che ho professato. Nato da un'Amazzonia, ho

succhiato la natura selvaggia che ti meraviglia

con il latte materno. Giunta all'età più matura,

la Ragione approvò ciò che la Natura aveva impiantato.

Sinceramente legato a me da zelante servizio,

mi raccontasti allora la storia di mio padre,

e sai quante volte, attento alla tua voce,

mi infiammai quando udii le sue nobili azioni,


come tu lo descrivevi recante consolazione

ai mortali per l'assenza di Alcide ,

Le strade liberate dai mostri e dai ladri,

Procuste, Cercione, Scirone, Sinnis uccisi,

Le ossa del gigante epidauriano disperse,

Creta puzza del sangue del Minotauro.

Ma quando mi parlavi di imprese meno gloriose,

Troth operava qua e là e dovunque,

la giovane Elena rapita dalla sua casa a Sparta,

e le lacrime di Peribea a Salamina,

con molti altri cuori fiduciosi ingannati

i cui stessi nomi sono sfuggiti alla sua memoria,

Arianna abbandonata alle rocce

lamentandosi, ultima questa Fedra, legata a lui

da legami migliori, - sai con quale rammarico

ho sentito e ti ho esortato a abbreviare il racconto,

Felice se avessi potuto cancellare

dalla mia memoria quella parte indegna

di un così splendido ricordo. Io, a mia volta,

sono anch'io reso schiavo dell'amore, e portato

ad abbassarmi così in basso? Tanto più spregevole

è che non ho fama tale da esaltare

il nome di Teseo, che nessun mostro

mi ha dato il diritto di condividere la sua debolezza.

E se il mio orgoglio del cuore avesse bisogno di essere umiliato,

Aricia avrebbe dovuto essere l'ultima a domarlo.

Ero fuori di me per aver dimenticato

le eterne barriere di separazione


tra noi? Per severo comando di mio padre,

il sangue dei suoi fratelli non dovrà mai essere rafforzato

dai suoi figli; teme un solo germoglio

da un ceppo così colpevole, e vorrebbe con lei

seppellire il loro nome, affinché, anche nella tomba,

contento di essere la sua tutela, per lei nessuna torcia

di imene possa essere accesa. Devo sposare

i suoi diritti contro mio padre, provocare avventatamente

la sua ira e lanciarmi in una folle carriera?

TERAMENE

Gli dei, caro principe, se una volta giunta la tua ora,

poco si preoccuperanno delle ragioni che dovrebbero guidarci.

Volendo chiuderti gli occhi, Teseo te li apre;

Il suo odio, suscitando una fiamma ribelle

dentro di te, conferisce al suo nemico nuovo fascino.

E, dopo tutto, perché una passione incolpevole dovrebbe

allarmarti? Non osi provarne la dolcezza,

ma seguire uno scrupolo piuttosto meticoloso?

Hai paura di vagare dove Ercole ha vagato?

Quale cuore così forte che Venere non abbia vinto?

Dove saresti tu, sua a lungo nemica,

se tua madre, costante nel suo disprezzo

dell'amore, non avesse mai avuto tenerezza per Teseo?

Cosa ti spinge a influenzare un orgoglio che non provi?

Confessalo, tutto è cambiato; da qualche tempo

sei stato visto raramente con sfrenato piacere

mentre spingevi il veloce carro lungo la spiaggia,


o, abile nell'arte insegnata da Nettuno,

facendo obbedire al morso il destriero intatto;

Meno spesso i boschi hanno risposto alle nostre grida;

Un peso segreto gettato sul tuo animo

ti ha offuscato gli occhi. Come posso dubitare del tuo amore?

Invano nasconderesti la ferita mortale.

La bella Aricia non ti ha toccato il cuore?

IPPOLITO

Teramene, vado a cercare mio padre.

TERAMENE

Non vuoi vedere la regina prima di partire,

mio principe?

IPPOLITO

Questo è il mio scopo: potrai dirglielo.

Sì, la vedrò; il dovere mi ordina di farlo.

Ma quale nuovo male tormenta il suo caro Enone?

SCENA II

IPPOLITO, ENONE, TERAMENI

ENONE

Ahimè, mio signore, quale dolore fu mai simile al mio?

La regina ha quasi varcato le porte della morte.

Invano tengo la guardia giorno e notte,

anche tra le mie braccia una malattia segreta

la uccide, e tutti i suoi sensi sono turbati.

Stanca ma irrequieta si alza dal suo divano,


ansima per prendere l'aria esterna, ma mi ordina di vedere

Che nessuno si intrometta nella sua miseria.

Lei viene.

IPPOLITO

Basta. Non sarà disturbata,

né dovrà confrontarsi con un volto che odia.

SCENA III

FEDRA, ENONE

FEDRA

Siamo andati abbastanza lontano. Resta, caro Enone;

Le forze mi mancano e ho bisogno di riposarmi un po'.

I miei occhi sono abbagliati da questa luce abbagliante

Così a lungo invisibile, le mie ginocchia tremanti rifiutano

il sostegno. Ah io!

ENONE

Volesse il cielo che le nostre lacrime

portassero sollievo!

FEDRA

Ah, come mi opprimono questi veli ingombranti,

questi veli! Quale mano diligente

ha legato questi nodi e raccolto sulla mia fronte

queste spire ammassate? Come tutto cospira per accrescere

la mia angoscia!

ENONE
Ciò che un momento si desidera,

quello dopo è fastidioso. Non sei stato proprio adesso,

stufo dell'inazione, a invitarci a vestirti

e, con la tua antica energia richiamata,

a desiderare di andare all'estero e vedere

ancora una volta la luce del giorno? Lo vedi, e vorresti

essere nascosto dal sole che cercavi.

FEDRA

Tu glorioso autore di una razza sventurata,

di cui mia madre si vantava di essere figlia,

che potresti arrossire nel vedermi in tale situazione,

per l'ultima volta vengo a guardarti,

o Sole!

ENONE

Che! Sei ancora innamorato della morte?

Non ti vedrò mai, riconciliato con la vita,

rinunciare a questi crudeli accenti di disperazione?

FEDRA

Se fossi seduta all'ombra della foresta!

Quando potrò seguire con occhio deliziato,

attraverso la gloriosa polvere che vola in piena carriera,

un carro

... ENONE

Signora?
FEDRA

Ho perso i sensi?

Cosa ho detto? e dove sono? Dove vaga

Vain desidera? Ah! Gli dei mi hanno fatto impazzire.

Arrossisco, Enone, e la confusione copre

il mio volto, perché ti ho lasciato vedere troppo chiaramente

la vergogna del dolore che, mio malgrado,

trabocca questi miei occhi.

ENONE

Se devi arrossire,

arrossisci d'un silenzio che infiamma le tue sventure.

Resistendo a tutte le mie cure, sordo alla mia voce,

non avrai compassione di te stesso,

ma lascerai che la tua vita finisca a metà strada?

Quale malefico incantesimo ha prosciugato la sua fontana?

Tre volte le ombre della notte hanno oscurato il cielo

Da quando il sonno è entrato nei tuoi occhi, e per tre volte

l'alba ha cacciato di là l'oscurità, da quando il cibo

è passato sulle tue labbra pallide, e tu sei debole e languido.

A quale terribile scopo è incline il tuo cuore?

Come osi attentare alla tua vita,

e così offendere gli dei che te l'hanno data,

dimostrarti falso a Teseo e ai tuoi voti matrimoniali,

sì, e tradire i tuoi figli più infelici,

piegando tu stesso il loro collo sotto il giogo?

Quel giorno, certo, che li priverà della madre,


restituirà grandi speranze al figlio dello straniero,

a quell'orgoglioso nemico tuo e dei tuoi,

a cui un'Amazzone diede i natali, voglio dire

Ippolito

... FEDRA

O dei!

ENONE

Ah, questo rimprovero

ti commuove!

FEDRA

Infelice, a quale nome

hai dato la tua bocca?

ENONE

La tua ira è giusta.

È un bene che quel nome di malaugurio possa suscitare

una tale rabbia. Allora vivi. Lasciamo che l'amore e il dovere sollecitino

le Loro pretese. Vivi, non tollerare questo figlio di Scizia,

che schiaccia i tuoi figli sotto il suo odioso dominio,

per governare la nobile stirpe degli dei,

il sangue più puro della Grecia. Non ritardare;

Ogni momento minaccia la morte; ripristina rapidamente

la tua forza infranta, mentre ancora la fiaccola della vita

resiste e può essere alimentata in una fiamma.


FEDRA

Troppo a lungo ne ho sopportato la colpa e la vergogna!

ENONE

Perché? Quale rimorso ti rode il cuore? Quale crimine

può averti turbato così? Le tue mani non sono

contaminate dal sangue dell'innocenza?

FEDRA

Grazie al cielo, le mie mani sono libere da macchie.

Vorrei che la mia anima fosse innocente come loro!

ENONE

Quale terribile progetto hai allora concepito,

di cui la tua coscienza dovrebbe essere ancora allarmata?

FEDRA

Non ho detto abbastanza? Risparmiami il resto.

Muoio per risparmiarmi una confessione completa.

ENONE

Muori dunque, e mantieni un silenzio così inumano;

la mia anima ti precederà nelle ombre.

Ma cerca qualche altra mano per chiudere gli occhi.

Anche se dentro di te rimane solo una scintilla di vita,

Mille strade sono sempre aperte là;

Addolorato per la tua mancanza di fiducia, sceglierò

il più breve. Crudele, quando


ti ha ingannato la mia fede? Pensa come giacevi tra le mie braccia,

appena nato. Per te

ho abbandonato la mia patria e i miei figli. Ripaghi così

il Mio fedele servizio?

FEDRA

Che aspetti

da parole sì amare? Se rompessi il silenzio,

l'orrore ti gelerebbe il sangue.

ENONE

Che puoi dire

per farmi più orrore che vederti

morire davanti ai miei occhi?

FEDRA

Quando conoscerai

il mio delitto, la mia morte seguirà nondimeno,

ma con in più la macchia della colpa.

ENONE

Cara Signora,

per tutte le lacrime che ho versato per te,

per queste deboli ginocchia che stringo, solleva la mia mente

dal torturante dubbio.

FEDRA

È il tuo desiderio. Quindi alzati.


ENONE

Ti ascolto. Parlare.

FEDRA

Santo cielo! Come posso iniziare?

ENONE

Respingi vani timori, mi ferisci di sfiducia.

FEDRA

O fatale animosità di Venere!

In quali folli distrazioni ha gettato

Mia madre!

ENONE

Siano cancellati dalla memoria,

e vengano sepolti nel silenzio per sempre.

FEDRA

Sorella mia Arianna, per quale amore

fosti tradita a morte, su lidi solitari

Abbandonata!

ENONE

Signora, qual profondo dolore

muove questi rimproveri a tutta la tua stirpe?


FEDRA

È la volontà di Venere, e io muoio,

ultima, la più infelice di una famiglia

dove tutti erano miserabili.

ENONE

Ami?

FEDRA

Sento

tutta la sua folle febbre.

ENONE

Ah! Per chi?

FEDRA

Ascolta ora

il coronamento dell'orrore. Sì, l'amo, le mie labbra

tremano nel pronunciare il suo nome.

ENONE

Chi?

FEDRA

Lo conosci,

Figlio dell'Amazzone, che ho oppresso

così a lungo?
ENONE

Ippolito? Grandi dei!

FEDRA

: Sei tu

a dargli un nome.

ENONE

Tutto il sangue che ho nelle vene

sembra congelato. Oh disperazione! O razza maledetta!

Viaggio di cattivo auspicio! Terra di miseria!

Perché mai abbiamo raggiunto le tue sponde pericolose?

FEDRA

La mia ferita non è così recente. Ero appena

stato legato a Teseo dal giogo nuziale,

e la felicità e la pace sembravano ben assicurate,

quando Atene mi mostrò il mio fiero nemico.

Lo guardavo, alternativamente impallidito e arrossito

nel vederlo, e la mia anima divenne tutta sconvolta;

Una nebbia oscurava la mia vista, e la mia voce

vacillava, il mio sangue scorreva freddo, poi bruciava come il fuoco;

Venere mi sentivo in tutto il mio corpo febbrile,

la cui furia aveva perseguitato tanti della mia razza

. Con fervidi voti cercai di sfuggire

ai suoi tormenti, costruii e adornai per lei un santuario,

e lì, tra innumerevoli vittime, cercai

la ragione che avevo perduto; ma tutto inutilmente,


nessun rimedio potrebbe curare le ferite dell'amore!

Invano ho offerto incenso sui suoi altari;

Quando invocavo il suo nome il mio cuore adorava

Ippolito, sempre davanti a me;

E quando feci fumare i suoi altari di vittime,

fu per un dio di cui non osavo pronunciare il nome.

Ho evitato la sua presenza ovunque, ma l'ho trovato -

oh orrore supremo! - nelle sembianze di suo padre.

Contro me stesso, alla fine, mi sono ribellato,

e ho suscitato il mio coraggio per perseguitare

il nemico che amavo. Per bandirlo

ho compiuto un passo – il portamento duro e geloso di una dama,

con grida incessanti ho chiesto a gran voce il suo esilio,

finché non l'ho strappato dalle braccia di suo padre.

Ho respirato ancora una volta, Enone; in sua assenza

i miei giorni scorrevano meno turbati di prima,

e innocenti. Sottomessa a mio marito,

ho nascosto il mio dolore, e del nostro fatale matrimonio

ho custodito i frutti. Inutile cautela! Destino crudele!

Portato qui dal mio sposo in persona, ho rivisto

il nemico che avevo bandito,

Non è più l'amore nascosto nel mio cuore,

ma Venere in lei potrebbe afferrare la sua preda.

Ho concepito solo il terrore per il mio crimine;

Odio la mia vita e tengo in orrore il mio amore.

Morendo vorrei mantenere immacolata la mia fama,

e seppellire nella tomba una passione colpevole;

Ma non ho potuto resistere


alle lacrime e alle suppliche, tutto vi ho detto;

Contento, se solo, mentre la mia fine si avvicina,

non mi tormenti con ingiusti rimproveri,

né con vani sforzi cerchi di strappare alla morte

le ultime deboli e persistenti scintille del soffio vitale.

SCENA IV

FEDRA, ENONE, PANOPE

PANOPE

Vorrei nascondervi notizie così tristi,

ma è mio dovere, signora, rivelarle.

La mano della morte ha afferrato il tuo impareggiabile marito,

e tu sei l'ultima a sapere di questo disastro.

ENONE

Che dici, Panope?

PANOPE

La regina, ingannata

da una vana fiducia nel cielo, implora un ritorno sano e salvo

per Teseo, mentre suo figlio Ippolito

apprende della sua morte dalle navi che ora sono

in porto.

FEDRA

Oh dei!

PANOPE

I consigli divisi influenzano


la scelta di Atene; alcuni vorrebbero

per padrone il principe, tuo figlio; altri, noncuranti

delle leggi, osano sostenere il figlio dello straniero.

Si dice addirittura che una fazione presuntuosa

incoronerebbe Aricia e la casa di Pallade.

Ho ritenuto giusto avvisarvi di questo pericolo.

Ippolito è già pronto

a partire, e se dovesse presentarsi ad Atene,

c'è da temere che la folla volubile segua tutta

la sua guida.

ENONE

Basta. La regina, che ti ascolta,

non trascurerà in alcun modo questo tempestivo avvertimento.

SCENA V

FEDRA, ENONE

ENONE

Cara signora, avevo quasi cessato di sollecitare

il desiderio che tu vivessi, pensando di seguire

la mia padrona alla tomba, dalla quale la mia voce

non era riuscita a distoglierti; ma questa nuova disgrazia

altera l'aspetto delle cose e induce

nuove misure. Signora, Teseo non c'è più,

dovete sostituirlo voi. Lascia un figlio,

uno schiavo, se dovessi morire, ma, se vivi,

un re. Su chi può appoggiarsi se non su te?

Nessuna mano tranne la tua asciugherà le sue lacrime. Allora vivi

per lui, altrimenti le lacrime dell'innocenza


spingeranno all'ira gli dei, suoi antenati,

contro sua madre. Vivi, la tua colpa se n'è andata,

nessuna colpa è attribuita alla tua passione ora.

La morte del Re ti ha liberato dai vincoli

che crearono il delitto e l'orrore del tuo amore.

Non c'è più bisogno di temere Ippolito:

d'ora in poi potrai vederlo senza rimprovero.

Può darsi che, convinto della tua avversione,

intenda mettersi alla testa dei ribelli. Disingannalo,

ammorbidisci il suo cuore insensibile e piega il suo orgoglio.

Re di questa fertile terra, a Trezen qui

giace la sua porzione; ma come sa, le leggi

danno a tuo figlio i bastioni che Minerva

costruì e protegge. Un nemico comune

vi minaccia entrambi, uniteli per opporvi

ad Aricia.

FEDRA

Al tuo consiglio acconsento.

Sì, vivrò, se la vita può essere ripristinata,

se il mio affetto per un figlio ha il potere

di risvegliare il mio cuore che vacilla in un'ora così pericolosa.

ATTO II

SCENA I

ARICIA, ISMENE
ARICIA

Ippolito chiede di vedermi qui!

Ippolito desidera dire addio!

Non è vero, Ismene? Non sei ingannato?

ISMENE

Questo è il primo risultato della morte di Teseo.

Preparati a vedere da ogni lato.

A te si rivolgono i cuori che furono tenuti lontani

da Teseo. Finalmente padrona della sua sorte,

Aricia presto troverà tutta la Grecia in ginocchio,

per renderle omaggio.

ARICIA

Non è dunque, Ismene,

una favola? Non sono più uno schiavo?

Non ho nemici?

ISMENE

Gli dei

non si oppongono più alla tua pace, e l'anima di Teseo

è con i tuoi fratelli.

ARICIA

La voce della fama

racconta come è morto?

ISMENE
Si sparsero

voci incredibili . Alcuni dicono che, afferrando una nuova sposa,

il marito infedele fu inghiottito dalle onde.

Altri affermano, e questa notizia prevale,

che con Piritoo andò nel mondo di sotto

, e vide le rive dell'oscuro Cocito,

mostrandosi vivo ai pallidi fantasmi;

Ma non poteva lasciare quei regni tenebrosi,

che chiunque vi entra rimane per sempre.

ARICIA

Dovrò credere che prima dell'ora destinata

un mortale possa discendere nel golfo

dell'Ade? Quale attrazione potrebbe superare

i suoi terrori?

ISMENE

È morto, e tu sola

ne dubiti. Gli uomini di Atene piangono la sua perdita.

Troezen acclama già Ippolito

come re. E Fedra, temendo per suo figlio,

chiede consiglio agli amici che condividono i suoi problemi,

qui in questo palazzo.

ARICIA Credi

che Ippolito

si dimostrerà più gentile di suo padre, alleggerirà

le mie catene e avrà pietà delle mie sventure?


ISMENE

Sì,

credo di sì, signora.

ARICIA

Ah, tu non lo conosci

, altrimenti non riterresti mai che un cuore così duro

possa provare pietà, o me solo, se non

per il disprezzo con cui considera il nostro sesso.

Non ha evitato a lungo ogni punto

Dove ricorriamo?

ISMENE

So quali storie si raccontano

dell'orgoglioso Ippolito, ma

l'ho visto vicino a te, e ho osservato con occhio curioso

come si comporterebbe uno stimato così freddo.

Il suo comportamento poco corrispondeva

a ciò che cercavo; Nel suo volto la confusione

appariva al tuo primo sguardo, non riusciva a distogliere

i suoi occhi languidi, ma ti fissava.

Amore è una parola che può offendere il suo orgoglio,

ma ciò che la lingua rinnega, lo sguardo può tradire.

ARICIA

Con quanta avidità il mio cuore ascolta ciò che dici,

anche se può essere un'illusione, caro Ismene!


Sembrava possibile a te, che mi conosci,

che io, triste gioco di un destino implacabile,

nutrito di lacrime amare notte e giorno,

potessi mai assaporare l'esasperante sorso d'amore?

Ultimo fragile discendente di una razza reale,

Figli della Terra, sono sopravvissuto solo

alla furia della Guerra. Respinti nel fiore della giovinezza,

falciati dalla spada, ho perso sei fratelli,

la speranza di una casa illustre, il cui sangue

la Terra bevve con dolore, quasi simile a quello

che lei stessa generò. Da allora, sai

che in tutta la Grecia a nessun cuore è stato permesso

di sospirare per me, affinché la fiamma di una sorella

non ravvivi forse le ceneri dei fratelli.

Sapete inoltre con quale disprezzo guardavo

i sospetti e le precauzioni del mio vincitore,

e come, contrario come sono sempre stato

all'amore, ho spesso ringraziato l'ingiustizia del re

che ha felicemente confermato la mia inclinazione.

Ma del resto non avevo mai visto suo figlio.

Non che, attratto semplicemente dallo sguardo,

lo ami per la sua bellezza e la sua grazia,

doti che deve alla generosità della Natura,

fascino che sembra non conoscere o disprezzare.

Amo e apprezzo in lui le ricchezze più rare,

le virtù di suo padre, senza i suoi difetti.

Amo, come devo ammettere, quel generoso orgoglio

che mai si è piegato sotto il giogo amoroso.


Fedra raccoglie poca gloria da un amante

così prodigo di sospiri; Sono troppo orgoglioso

per condividere la devozione con mille altri,

o per entrare dove la porta è sempre aperta.

Ma creare uno che non si è mai chinato prima

pieghi il suo collo orgoglioso,

di legare un prigioniero stupito dalle sue catene,

che invano si ribella contro un giogo piacevole,

questo stimola il mio ardore, e lo desidero.

Era più facile disarmare il dio della forza

che questo Ippolito, poiché Ercole

si arrese così spesso agli occhi della bellezza,

da rendere a buon mercato il trionfo. Ma, caro Ismene,

prendo troppo poca attenzione all'opposizione

oltre il mio potere di reprimerla, e potresti sentirmi,

umiliato dalla dolorosa sconfitta, rimproverare l'orgoglio

che ora ammiro. Che cosa! Può amare? e ho

avuto la gioia di piegarmi...

ISMENE

Verrà

tu stesso a sentirlo.

SCENA II

IPPOLITO, ARICIA, ISMENE

IPPOLITO

Signora, prima di andare

il mio dovere mi impone di raccontarvi del vostro cambiamento

di fortuna. Le mie peggiori paure si realizzano;


Mio padre è morto. Sì, la sua prolungata assenza

è stata causata da ciò che avevo previsto. Solo la morte,

ponendo fine alle sue fatiche, potrebbe tenerlo lontano dal mondo

nascosto così a lungo. Gli dei hanno finalmente condannato

l'amico, compagno e successore di Alcide.

Penso che il tuo odio, tenero per le sue virtù,

possa ascoltare tali termini di lode senza risentimento,

sapendo che sono dovuti. Ho una speranza che lenisce

il mio dolore: posso liberarti da ogni costrizione.

Ecco, revoco le leggi il cui rigore mosse

la mia pietà; sei a tua disposizione,

cuore e mano; qui, nella mia eredità,

a Troezen, dove un tempo regnò mio nonno Pitteo

e ora sono riconosciuto re,

ti lascio libero, libero come me, e anche di più.

ARICIA

La tua gentilezza è troppo grande, è travolgente.

Tale generosità, che ripaga la disgrazia

con l'onore, conferisce più forza di quanto tu possa pensare

A quelle dure leggi dalle quali vorresti liberarmi.

IPPOLITO

Atene, incerta su come occupare il trono

di Teseo, parla di te, poi di me,

e poi del figlio di Fedra.

ARCIA
Di me, mio signore?

IPPOLITO

Mi sento escluso da una legge severa:

la Grecia volge al mio rimprovero una madre straniera.

Ma se mio fratello fosse il mio unico rivale,

i miei diritti prevarrebbero sui suoi abbastanza chiaramente

da rendermi incurante dei capricci della legge.

La mia audacia è frenata da pretese più giuste:

a te cedo il mio posto, o, piuttosto, riconosco

che è tuo di diritto, e tuo lo scettro,

come tramandato dal grande figlio della Terra, Eretteo.

L'adozione lo pose nelle mani di Egeo:

Atene, da lui protetta e accresciuta,

accolse un re generoso come il mio sire,

e lasciò nell'oblio i tuoi sventurati fratelli.

Ora ti invita di nuovo tra le sue mura;

La lotta prolungata le è costata abbastanza gemiti,

i suoi campi sono saturi del sangue dei tuoi parenti

che ingrassa i solchi da cui è scaturito

All'inizio. Io governo questo Troezen; mentre il figlio

di Fedra ha a Creta un ricco dominio.

Atene è tua. Farò tutto il possibile

per unire per te i voti ora divisi

tra noi.

ARICIA:

Per quanto sento, mio signore,


temo, quasi temo che un sogno mi inganni.

Sono davvero sveglio? Posso credere

a tanta generosità? Quale Dio te lo ha messo

nel cuore? Ebbene è meritata la fama

che ti piace! Quella fama è inferiore alla verità!

Ti dimostreresti traditore di te stesso per me?

Non è stato un vantaggio sufficiente non odiarmi mai,

astenermi così a lungo dal nutrire

l'inimicizia...

IPPOLITO

Odiarti? Io, per odiarti?

Per quanto cupamente fosse dipinto il mio feroce orgoglio,

credi che un mostro mi abbia partorito?

Quale temperamento selvaggio, quale odio avvelenato

non si placherebbe alla tua vista?

Potrei resistere all'incantesimo che ammalia l'anima...

ARICIA

Perché, che cos'è questo, signore?

IPPOLITO

Ho detto troppo

per non dire altro. La prudenza invano resiste

alla violenza della passione. Alla fine ho rotto

il silenzio, e ora devo dirti

il segreto che il mio cuore non può più trattenere.

Vedete davanti a voi un infelice esempio


di frettoloso orgoglio, un principe che pretende compassione

, io che, per tanto tempo nemico dell'Amore,

schernivo le sue catene e disprezzavo i suoi prigionieri,

che, compatendo i poveri mortali che erano naufraghi,

in apparentemente in salvo viste le tempeste dalla terra,

ora mi ritrovo esposto allo stesso destino,

sballottato avanti e indietro in un mare di guai!

La mia audacia è stata vinta in un attimo,

e umiliato è l'orgoglio di cui mi vantavo.

Per quasi sei mesi, vergognoso e disperato,

portando ovunque vada la freccia che

mi strazia il cuore, lotto invano per liberarmi

da te e da me stesso; Ti evito, presente;

Assente, ti trovo vicino; Vedo la tua forma

nelle profondità della foresta oscura; le ombre della notte,

né meno la piena luce del giorno, riportano alla mia vista

gli incanti che evito; tutte le cose cospirano

a fare di Ippolito il tuo schiavo. Il frutto

di tutti i miei inutili sospiri non riesco a trovarlo

il mio io precedente. Il mio arco e i miei giavellotti

non mi piacciono più, il mio carro è dimenticato,

con tutte le lezioni del Dio del mare; e i boschi

riecheggiano i miei gemiti invece di grida gioiose

Incitando i miei destrieri focosi.

Ascoltando questa storia

di passione così rozza, forse arrossisci

per il tuo stesso lavoro. Con quali parole selvagge


ti offro il mio cuore, strano prigioniero tenuto

da Jess di seta! Ma più cara ai tuoi occhi

dovrebbe essere l'offerta, che questa lingua giunga

strana alle mie labbra; Non respingere i voti espressi

così male, che senza di te non sarebbero mai stati formati.

SCENA III

IPPOLITO, ARICIA, TERAMENI, ISMENE

TERAMENE

Principe, arriva la Regina. Annuncio il suo approccio.

Sei tu che cerca.

IPPOLITO

Io?

TERAMENE

Quale possa essere il suo pensiero,

non lo so. Ma parlo a nome suo.

Lei converserebbe con te prima che tu vada di qui.

IPPOLITO

Che le dirò? Può lei aspettarsi...

ARICIA

Non puoi, nobile principe, rifiutarti di ascoltarla,

per quanto convinto che sia tua nemica,

un po' di pietà è dovuta alle sue lacrime.

IPPOLITO
Vogliamo separarci così? e mi lascerai andare,

senza sapere se la mia audacia ha offeso

la dea che adoro? Sia che questo cuore,

lasciato nelle tue mani...

ARICIA

Va', principe, persegui i progetti che

la tua anima generosa ti detta, fai possedere ad Atene

il mio scettro.

Accetterò tutti i doni che mi offri , ma questo alto trono dell'impero

non è quello più prezioso ai miei occhi.

SCENA IV

IPPOLITO, TERAMENI

IPPOLITO

Amico, è tutto pronto?

Ma la Regina si avvicina.

Vai a vedere la nave in assetto adatto per navigare.

Sbrigati, ordina all'equipaggio di salire a bordo e issa il segnale:

poi torna presto, e liberami così

dall'intervista più fastidiosa.

SCENA V

FEDRA, IPPOLITO, ENONE

FEDRA (a ENONE)

Eccolo lo vedo!

Il mio sangue dimentica di scorrere, la mia lingua di dire

ciò che sono venuto a dire.

ENONE
Pensa a tuo figlio,

come tutte le sue speranze dipendono da te.

FEDRA

Ho sentito

che ci lasci, e in fretta. Vengo ad aggiungere

le mie lacrime alla tua angoscia, e per un figlio

supplica il mio allarme. Non ha più un padre,

e in un giorno non lontano mio figlio dovrà assistere

alla mia morte. Già mille nemici

minacciano la sua giovinezza. Solo tu puoi difenderlo

, ma nel segreto del mio cuore si risveglia il rimorso,

e la paura di averti tappato le orecchie alle

sue grida. Temo che la tua giusta ira

non gli colpisca presto l'odio guadagnato

da me, sua madre.

IPPOLITO

Non ho un risentimento così vile,

signora.

FEDRA

Non potrei biasimarti, principe,

se mi odiassi. Ti ho ferito:

sai tanto, ma non sei riuscito a leggere il mio cuore.

Incorrere nella tua inimicizia era il mio scopo.

Gli stessi confini non potrebbero trattenerci entrambi;

In pubblico e in privato mi dichiarai


tuo nemico, e non trovai pace finché i mari non

ci separarono gli uni dagli altri. Ho proibito

che il tuo stesso nome fosse pronunciato davanti a me.

Eppure, se la punizione dovesse essere proporzionata

all'offesa, se solo l'odio attira

il tuo odio, mai donna meriterebbe

più pietà, meno meriterebbe la tua inimicizia.

IPPOLITO

Una madre gelosa dei diritti dei suoi figli

perdona raramente la prole di una moglie

che regnò prima di lei. Sospetti molesti

sono conseguenze comuni di un secondo matrimonio.

Di me qualunque altro sarebbe stato geloso

Non meno di te, forse più violento.

FEDRA

Ah, principe, come il cielo mi ha esentata dalla legge generale

, sii il cielo mio testimone!

Ben diversa è la fatica che mi divora!

IPPOLITO

Non è il momento di rimproverarsi, signora.

Può darsi che tuo marito veda ancora

la luce, e il Cielo gli conceda un ritorno sano e salvo,

In risposta alle nostre preghiere. Il suo dio custode

è Nettuno, mai da lui invocato invano.


FEDRA

Colui che ha visto le dimore dei morti,

non ritorna di là. Poiché Teseo se n'è andato per quelle tetre rive

, è vano sperare che il cielo

lo rimanderà indietro. Principe, non c'è via d'uscita

dalle avide fauci di Acheronte. Eppure, mi sembra,

Egli vive e respira in te. Lo vedo ancora

davanti a me, e a lui mi sembra di parlare;

Il mio cuore...

Oh! Io sono pazza; fai quello che voglio,

non posso nascondere la mia passione.

IPPOLITO

Sì, vedo

gli strani effetti dell'amore. Teseo, sebbene morto,

sembra presente ai tuoi occhi, poiché nella tua anima

arde una fiamma costante.

FEDRA

Ah, sì, per Teseo

languisco e desidero, non come

lo hanno visto le Ombre, di mille forme diverse

L'amante volubile, e la sposa di Plutone

L'aspirante rapitore, ma fedele, orgoglioso

Anche con un leggero disprezzo , con incanti giovanili

che attirano ogni cuore, come sono dipinti gli dei,

o come te. Aveva il tuo aspetto, i tuoi occhi,

parlava e poteva arrossire come te, quando raggiunse l'isola


di Creta, la casa della mia infanzia, attraversò le onde,

degno di conquistare l'amore delle figlie di Minosse.

Cosa stavi facendo allora? Perché ha raccolto

il fiore della Grecia e ha lasciato Ippolito?

Oh, perché eri troppo giovane per imbarcarti

a bordo della nave che portò tuo padre a Creta?

Per mano tua il mostro sarebbe morto,

malgrado i tortuosi della sua vasta ritirata.

Per guidare i tuoi passi incerti nel labirinto,

mia sorella ti avrebbe armato dell'indizio.

Ma no, in questo Fedra l'avrebbe prevenuta,

l'Amore mi avrebbe ispirato per primo il pensiero;

E sarei stato io il cui tempestivo aiuto

ti avrebbe insegnato tutte le vie tortuose del labirinto.

Quante cure angosciose mi era costata una vita così cara!

Nessun filo aveva soddisfatto i timori del tuo amante:

avrei voluto io stesso aprire la strada

e condividere il pericolo che eri destinato ad affrontare;

Fedra con te avrebbe esplorato il labirinto,

Con te sei emerso sano e salvo o sei morto.

IPPOLITO

Di Dio! Cos'è questo che sento? Hai dimenticato

che Teseo è mio padre e tuo marito?

FEDRA:

Perché credi che io ne abbia perduto il ricordo

e che non tenga conto del mio onore?


IPPOLITO

Perdonatemi, signora. Con un rossore ammetto

di aver frainteso parole di innocenza.

Per la vergogna non posso sopportare la tua vista

più a lungo. Vado...

FEDRA

Ah! Principe crudele, troppo bene

mi hai capito. Ho detto abbastanza

per salvarti dall'errore. Io amo. Ma non credere

che nel momento in cui più ti amo

non senta la mia colpa; nessuna debole condiscendenza

ha alimentato il veleno che infetta il mio cervello.

Lo sfortunato oggetto della vendetta celeste,

non sono tanto detestabile per te

quanto per me stesso. Mi saranno testimoni gli dei,

che hanno acceso questo fuoco nelle mie vene,

gli dei, che provano un barbaro piacere

nel sviare il cuore di un povero mortale.

Ricorda tu stesso il passato:

Non mi bastava volare, ti cacciai

fuori dal paese, volendo apparire

disumano, odioso; per resisterti meglio,

ho cercato di farmi odiare. Tutto invano!

Odiandomi di più, ti ho amato nondimeno:

nuove grazie ti hanno prestato le tue sventure.

Sono stato affogato nelle lacrime e bruciato dal fuoco;


I tuoi stessi occhi potrebbero convincerti della verità,

se per un momento potessi guardarmi.

Cosa non dico? Credi che questa vile confessione

che ho fatto sia ciò che intendevo pronunciare?

Non osando tradire un figlio per il quale

tremavo, sono venuto per supplicarti di non odiarlo

. Debole proposito di un cuore troppo pieno

d'amore perché tu possa parlare d'altro!

Vendicati, punisci la mia odiosa passione;

Dimostrati degno del tuo valoroso sire

e libera il mondo da un mostro offensivo!

La vedova di Teseo osa amare suo figlio?

Il mostro spaventoso! Lascia che non ti sfugga!

Ecco il mio cuore. Questo è il posto giusto per colpire.

Già pronto a espiare la sua colpa,

Lo sento sobbalzare con impazienza all'idea di

il tuo braccio. Colpisci a casa. O se ti disonorerebbe

Intingere la tua mano in un sangue così inquinato,

se questa fosse una punizione troppo lieve per placare

il tuo odio, prestami allora la tua spada, se non

il tuo braccio. Presto, dai.

ENONE

Che farete, signora?

Solo dei! Ma qualcuno arriva. Va', fuggi dalla vergogna,

non puoi scappare se visto da qualcuno così.

SCENA VI

IPPOLITO, TERAMENI
TERAMENE

È questa la forma di Fedra che vedo

fuggire in fretta? Cosa significano questi segni di dolore?

Dov'è la tua spada? Perché sei pallido, confuso?

IPPOLITO

Amico, voliamo. Sono davvero confuso

da un orrore e da uno stupore estremi.

Fedra... ma no; dei, lascia che questo terribile segreto

rimanga per sempre sepolto nell'oblio.

TERAMENI

La nave è pronta se vuoi salpare.

Ma Atene ha già dato il suo voto;

I loro capi hanno consultato tutte le sue tribù;

Tuo fratello viene eletto, Fedra vince.

IPPOLITO

Fedra?

TERAMENE

Un araldo, incaricato di un incarico

da Atene, è arrivato per metterle

nelle mani le redini del potere. Suo figlio è re.

IPPOLITO

Voi dei, che la conoscete, ricompensate così

la sua virtù?
TERAMENE

Intanto una debole voce sussurra

che Teseo non è morto, ma

si è mostrato in Epiro. Ma, dopo tutta la mia ricerca,

lo so fin troppo bene...

IPPOLITO

Non trascuriamo nulla.

Questa voce deve essere fatta risalire alla sua fonte.

Se sarà ritenuto indegno di fede,

salperemo, a qualunque costo,

affidando a mani degne di fiducia il dominio dello scettro.

ATTO III

Scena I

FEDRA ED ENONE

FEDRA

Ah! Portino altrove gli inutili onori

che mi portano. Perché dovrei vederli con tanta urgenza?

Quale balsamo lusinghiero può lenire il mio cuore ferito?

Piuttosto nascondetemi: ho detto troppo.

La mia follia è esplosa come ruscelli in piena,

e ho pronunciato ciò che non avrebbe mai dovuto raggiungere

il suo orecchio. Di Dio! Come mi ha sentito! Quanto sono riluttante

a cogliere ciò che intendo, noioso e freddo come il marmo,


e desideroso solo di una rapida ritirata!

Quante volte il suo rossore ha reso ancora più profonda la mia vergogna!

Perché mi hai allontanato dalla morte che cercavo?

Ah! Quando la sua spada fu puntata al mio petto,

impallidì o cercò di strapparmela?

Che io l'avessi toccato gli bastò

a renderlo per sempre orribile,

lasciando macchia sulla mano che lo tiene.

ENONE

Così rimuginando sulla tua amara delusione,

non fai altro che alimentare un fuoco che deve essere soffocato.

Non sarebbe più degno del sangue

di Minosse trovare pace in preoccupazioni più nobili,

e, a dispetto di un disgraziato che fugge

da ciò che odia, regnare, salire sul trono offerto?

FEDRA

Io regno! Dovrò oscillare la verga dell'impero,

quando la ragione non regnerà più su di me?

Quando ho perso il controllo di tutti i miei sensi?

Quando sotto un giogo vergognoso riesco a malapena a respirare?

Quando sto morendo?

ENONE

Vola.

FEDRA
Non posso lasciarlo.

ENONE

Non osi fuggire da colui che hai osato scacciare?

FEDRA

Il tempo per questo è passato. Conosce la mia frenesia.

Ho oltrepassato i limiti della modestia,

e ho blasonato la mia vergogna davanti ai suoi occhi.

La speranza si è insinuata nel mio cuore contro la mia volontà.

Non hai radunato i miei poteri in declino?

Non sei stato tu stesso a richiamare la mia anima

mentre palpitava sulle mie labbra, e con il tuo consiglio,

mi hai prestato nuova vita, e mi hai detto che avrei potuto amarlo?

ENONE

Incolpami o non incolparmi delle tue sventure,

Di che cosa fui incapace, di salvarti?

Ma se la tua indignazione è mai stata suscitata

da un insulto, puoi perdonare il suo disprezzo?

Con quanta crudeltà i suoi occhi, severamente fissi,

ti osservavano quasi prostrarti ai suoi piedi!

Quanto odioso appariva allora il suo selvaggio orgoglio!

Perché Fedra non lo vide allora come lo

vidi io?

FEDRA

Questo stato d'animo orgoglioso di cui ti risenti


può cedere al tempo. La rudezza delle foreste

dove è stato allevato, abituato a leggi rigorose,

si aggrappa ancora a lui; amore è una parola che non aveva mai

sentito prima. Può darsi che la sua sorpresa

lo abbia sbalordito, e che sia stata mostrata troppa veemenza

in tutto ciò che ho detto.

ENONE

Ricordati che sua madre

era barbara.

FEDRA

Scita, benché fosse,

imparò ad amare.

ENONE

Ha per tutto il sesso

un odio intenso.

FEDRA

Allora nel suo cuore nessun rivale

regnerà mai. Il tuo consiglio arriva troppo tardi.

Enone, servi la mia follia, non la mia ragione.

Il suo cuore è inaccessibile all'amore.

Attacchiamolo dove ha più sentimento.

Il fascino della sovranità sembrava toccarlo;

Non poteva nascondere di essere attratto da Atene;

Le prue delle sue navi erano già rivolte verso quella parte,
tutte le vele erano disposte a correre al vento.

Va' tu per mio conto, al suo

appello ambizioso, e lascia che la prospettiva della corona

abbagli i suoi occhi. Il sacro diadema

adornerà la sua fronte, non c'è onore più grande per me

di quello che lo cinge. Suo sarà il potere

che non posso trattenere; e insegnerà a mio figlio

come governare gli uomini. Può darsi che si degnerà

di essergli padre. Figlio e madre

Egli controllerà. Prova ogni mezzo per commuoverlo;

Le tue parole troveranno più favore delle mie.

Sollecitatelo con gemiti e lacrime; mostra Fedra che muore.

Né arrossire nell'usare la voce della supplica.

In te è la mia ultima speranza; Sanzionerò tutto

ciò che dici; e da questo dipende il mio destino.

Scena II

FEDRA (sola)

Venere implacabile, che mi vedi vergognosa

e profondamente confusa, non sono

stata abbastanza umiliata? Come si può estendere

ulteriormente la crudeltà? Le tue frecce sono tutte andate a segno e tu

hai trionfato. Otterresti una nuova fama?

Attacca un nemico più contumace:

Ippolito ti trascura, sfida la tua ira,

né mai davanti ai tuoi altari si è inginocchiato.

Il tuo nome offende le sue orecchie orgogliose e sdegnose.

I nostri interessi sono simili: vendicati,

costringilo ad amare...
Ma che cos'è questo? Enone

è già tornato? Allora mi detesta

e non ti ascolterà.

SCENA III

FEDRA, ENONE

ENONE

Signora, dovete soffocare

Un amore infruttuoso. Ricorda la tua antica virtù:

Il re che si credeva morto presto apparirà

davanti ai tuoi occhi, Teseo è appena arrivato,

Teseo è qui. La gente accorre a vederlo

con impazienza. Al tuo comando andai

a trovare il principe, quando con mille grida

l'aria si squarciò...

FEDRA

Mio marito è vivo,

questo basta, Enone. Ho avuto

una passione che lo disonora. Egli vive:

non chiedo di saperne di più.

ENONE

Cosa?

FEDRA

L'avevo predetto,

ma tu non hai voluto ascoltarlo. Le tue lacrime hanno prevalso

sul mio giusto rimorso. Morendo questa mattina,


avevo meritato compassione; ho seguito il tuo consiglio

e sono morto disonorato.

ENONE

Morire?

FEDRA

Solo il cielo!

Cosa ho fatto oggi? Mio marito viene,

con lui suo figlio: e vedrò il testimone

della mia fiamma adultera guardare con quale volto

saluto suo padre, mentre il mio cuore è grande

Con sospiri disprezzati, e lacrime che non potevano commuoverlo

Inumidire i miei occhi . Credi tu che il suo rispetto

per Teseo lo indurrà a nascondere

la mia follia, né a disonorare il suo padre e re?

Riuscirà a trattenere l'orrore

che prova per me? Il suo silenzio sarebbe vano.

Conosco il mio tradimento, e mi manca l'audacia

di quelle donne abbandonate che sanno assaporare

la tranquillità nel crimine, e mostrano una fronte

tutta imperturbabile. Riconosco la mia follia,

ricordo tutto. Questi tetti a volta, credo,

queste mura possono parlare, e, pronte ad accusarmi,

aspettano solo la presenza di mio marito per rivelare

la mia perfidia. Solo la morte può rimuovere

questo peso di orrore. È una tale disgrazia

cessare di vivere? La morte non dà allarme


alla miseria. Temo solo il nome

che lascerò dietro di me. Per i miei figli

Che triste eredità! Il sangue di Giove

potrebbe giustamente gonfiare l'orgoglio che vanta la discendenza

dal cielo, ma pesante pesa la colpa di una madre

sulla sua prole. Sì, temo il disprezzo

che sarà gettata su di loro, con troppa verità,

Per la mia disgrazia. Tremo quando penso

che, schiacciati sotto quella maledizione, non oseranno mai

alzare gli occhi.

ENONE

Non dubito che io compatisca entrambi;

La paura non è mai stata più giusta della tua. Perché, allora,

esporli a questa ignominia? Perché

ti accuserai? Distruggi così

l'unica speranza rimasta; si dirà

che Fedra, consapevole della sua perfidia,

fuggì dalla vista del marito. Ippolito

Si rallegrerà che tu, morente, presti

il suo sostegno alla carica. Cosa posso rispondergli?

Troverà facile confutare la mia storia,

e lo ascolterò con aria di trionfo

ripetere la tua vergogna a ogni orecchio aperto.

Prima di ciò il fuoco dal cielo potrebbe consumarmi!

Non ingannarmi. Dimmi, lo ami ancora?

Come consideri adesso questo principe sprezzante?


FEDRA

Come su un mostro spaventoso ai miei occhi.

ENONE

Perché dunque concedergli una vittoria facile?

Lo temi? Osate accusarlo per primo,

come colpevole dell'accusa che potrebbe muovere

oggi contro di voi. Chi può dire che è falso?

Tutto dice contro di lui: nelle tue mani la sua spada

felicemente lasciata indietro, i tuoi problemi presenti,

le tue angosce passate, i tuoi avvertimenti a suo padre,

il suo esilio che le tue preghiere sincere hanno ottenuto.

FEDRA

Cosa! Vorresti che diffamassi l'innocenza?

ENONE

Il mio zelo non ha bisogno da te altro che del silenzio.

Come te tremo e sono riluttante a farlo;

Più volentieri affronterei mille morti,

ma poiché senza questo amaro rimedio

ti perdo, e per me la tua vita supera

ogni altra cosa, parlerò. Teseo, per quanto infuriato,

non farà altro che bandirlo di nuovo.

Un padre, quando punisce, resta

padre, e la sua ira si placa

con una sentenza lieve. Ma se

scorresse sangue innocente, il vostro onore non sarebbe più importante?


Un tesoro troppo prezioso per essere messo a rischio?

Devi sottometterti, qualunque cosa imponga;

FEDRA

Perché, quando è in gioco la nostra reputazione,

Tutto deve essere sacrificato, la coscienza stessa.

Ma qualcuno arriva. E' Teseo.

E vedo

Ippolito, la mia rovina chiaramente scritta

nei suoi occhi severi. Fai quello che vuoi; Affido

a te il mio destino. Non posso aiutarmi.

SCENA IV

TESEO, IPPOLITO, FEDRA, ENONE, TERAMENI

TESEO

La fortuna non si oppone più ai miei desideri,

signora, e alle tue braccia restituisce...

FEDRA

Resta, Teseo!

Non profanare tenerezze che una volta erano

così dolci, ma che ora sono indegno

di assaggiare. Ti è stato fatto un torto. La fortuna si è rivelata

dispettosa, né durante la tua assenza ha risparmiato tua moglie.

Non sono degno di incontrare le tue affettuose carezze,

come posso sopportare la mia vergogna, la mia unica preoccupazione

d'ora in poi.

Scena V

TESEO, IPPOLITO, TERAMENI


TESEO

Strano benvenuto per tuo padre, questo!

Cosa significa, figlio mio?

IPPOLITO

Solo Fedra

può risolvere questo mistero. Ma se il mio desiderio

può commuoverti, lasciami non vederla mai più;

Consenti a Ippolito di scomparire

per sempre dalla casa che ospita tua moglie.

TESEO

Tu, figlio mio! Lasciami?

IPPOLITO

Non sono stato io a cercarla:

sei stato tu a condurre i suoi passi a queste rive.

Alla vostra partenza avete creduto opportuno, mio signore,

di affidare Aricia e la regina a questa

terra di Trezenia, e io stesso sono stato incaricato

della loro protezione. Ma che importa d'ora in poi

? Hai bisogno di tenermi qui? La mia giovinezza oziosa

ha dimostrato abbastanza la sua abilità contro i miseri nemici

che vagano per i boschi. Non posso abbandonare una vita

così ingloriosa e agiata, e immergere la mia lancia

in sangue più nobile? Prima che tu raggiungessi la mia età,

più di un tiranno, più di un mostro,

avevano sentito il peso del tuo braccio robusto. Già,


riuscendo ad attaccare l'insolenza,

avevi allontanato tutti i pericoli che infestavano

le Nostre coste ad est e ad ovest. Il viaggiatore

non temeva più l'indignazione. Saputo delle tue gesta,

già Ercole confidava in te,

e si riposava dalle sue fatiche. Mentre io,

figlio sconosciuto di un padre così coraggioso, sono molto indietro

anche rispetto alle orme di mia madre. Lascia che il mio coraggio

abbia spazio per agire, e se qualche mostro

ti è ancora sfuggito, lascia che io deponga le gloriose spoglie

ai tuoi piedi; o lascia che il ricordo

della morte affrontata mantenga nobilmente vivo il mio nome,

e dimostri a tutto il mondo che ero tuo figlio.

TESEO:

Perché, che cos'è questo? Quale terrore ha posseduto

la mia famiglia da farla volare davanti a me?

Se torno e mi trovo così temuto,

così poco accolto, perché il Cielo mi ha liberato

dalla prigione? Il mio unico amico, ingannato dalla passione,

era deciso a derubare sua moglie il tiranno

che governava l'Epiro. Con rammarico prestai

aiuto all'amante, ma il Fato ci aveva resi ciechi,

io e lui. Il tiranno mi afferrò,

indifeso e disarmato. Piritoso

Ho visto le lacrime versate per essere divorate

da bestie selvagge che lappavano il sangue degli uomini.

Lui stesso rinchiuse in cupe caverne,


nelle viscere della terra, e vicino

ai regni di Plutone. Giacevo per sei mesi prima che il cielo

avesse pietà, e scappai agli occhi vigili

che mi proteggevano. Allora ho purificato il mondo

da un nemico immondo, e lui stesso ha nutrito

i suoi mostri. Ma quando con gioia in attesa

mi avvicino a ciò che è più prezioso

di ciò che gli dei mi hanno lasciato, quando l'anima mia

cerca piena soddisfazione in uno spettacolo

così caro, il mio unico benvenuto è un brivido,

un abbraccio respinto e un volo frettoloso.

Ispirando, come è chiaro, tanto terrore,

fossi ancora prigioniero in Epiro!

Fedra si lamenta perché ho subito un oltraggio.

Chi mi ha tradito? Parlare. Perché non sono stato

vendicato? La Grecia, alla quale il mio braccio tante volte

ha recato utile aiuto, ha forse dato rifugio al criminale?

Non rispondi. Mio figlio, il mio caro

figlio, è alleato dei miei nemici?

Entro. Questa suspense è travolgente.

Scoprirò subito il colpevole e il delitto,

e Fedra dovrà spiegare il suo stato turbato.

Scena VI

IPPOLITO, TERAMENI

IPPOLITO

Che cosa presagiscono queste parole, che sembravano gelarmi il

sangue? Fedra, nella sua frenesia

, accuserà se stessa e suggellerà la propria distruzione?


Cosa dirà il Re? Di Dio! Quale veleno mortale

ha sparso l'amore su tutta la sua casa! Me stesso,

pieno di fuoco che il suo odio disapprova,

quanto mi trova cambiato rispetto al figlio che conosceva!

Con oscuri presentimenti nella mia mente allarmata,

ma l'innocenza sicuramente non ha nulla da temere.

Venite, andiamo, e in qualche altro luogo

riflettete su come posso muovere al meglio mio padre

alla tenerezza, e raccontategli di una fiamma

irritata ma non vinta dal biasimo di un padre.

ATTO IV

Scena I

TESEO ENONE

TESEO

Ah! Cos'è questo che sento? Traditore presuntuoso!

E avrebbe disonorato l'onore di suo padre?

Con quali passi implacabili il Fato mi perseguita!

Dove vado non lo so, né dove so

che sono. O gentile affetto mal ripagato!

Schema audace! Pensiero abominevole!

Per raggiungere l'oggetto del suo disgustoso desiderio

il disgraziato disdegnava di non usare la violenza.

Conosco questa spada che lo servì nella sua furia,

La spada che gli diedi per un uso più nobile.

I sacri vincoli del sangue non potevano trattenerlo?


E Fedra era restia a vederlo punito?

Lei tenne a freno la lingua. Era per risparmiare il colpevole?

ENONE

No, ma per risparmiare un padre molto infelice.

Sopraffatta dalla vergogna che i suoi occhi avessero acceso

una fiamma così infame e lo avessero spinto

a un crimine così atroce, Fedra sarebbe morta.

L'ho vista alzare il braccio e sono corso a salvarla.

A me solo lo devi se vive;

E nella mia pietà sia per lei che per te,

ho contro la mia volontà interpretato

le sue lacrime.

TESEO

Il traditore! Potrebbe benissimo impallidire.

È stata la paura a farlo tremare quando mi ha visto.

Ero stupito che non mostrasse alcun piacere;

Il suo saluto gelido gelò la mia tenerezza.

Ma questa passione colpevole che lo divora era

già stata dichiarata prima che lo bandissi

da Atene?

ENONE

Sire, ricordati come

ti esortò la Regina. L'amore illecito ha causato tutto il suo odio.

TESEO
E poi questo incendio è scoppiato di nuovo a Troezen?

ENONE

Sire, vi ho detto tutto. Per troppo tempo

è stato permesso alla Regina di sopportare da sola il suo dolore.

Permettimi ora di lasciarti e di occuparmi di lei.

Scena II

TESEO E IPPOLITO

TESEO

Ah! Eccolo. Grandi Dei! Quell'aspetto nobile

potrebbe ingannare un occhio meno affettuoso del mio!

Perché dovrebbe brillare il sacro marchio della virtù

sulla fronte di un empio miserabile?

L'oscurità del cuore di un traditore non dovrebbe

mostrarsi con segni sicuri e certi?

IPPOLITO

Padre mio, posso chiederti quale nube fatale

ha turbato il tuo sembiante maestoso?

Non osi confidare questo segreto a tuo figlio?

TESEO

Traditore, come osi mostrarti davanti a me?

Mostro, che i dardi del Cielo hanno risparmiato troppo a lungo!

Sopravvissuto di quella banda di predoni da cui

ho ripulito la terra. Dopo che la tua brutale lussuria

ha disprezzato perfino il rispetto del mio letto matrimoniale,

ti azzardi, tu, mio odiato nemico, a venire


alla mia presenza, qui, dove tutto è pieno

della tua ripugnante infamia, invece di cercare

qualche terra sconosciuta che non ha mai udito il mio nome.

Vola, traditore, vola! Non restare per tentare l'ira

che riesco a malapena a trattenere, né a sfidare il mio odio.

Già abbastanza disgrazia sono incorso per sempre

nell'essere padre di un figlio così vile,

senza che la tua morte macchi indelebilmente

il glorioso ricordo delle mie nobili azioni.

Vola, e a meno che tu non desideri una punizione rapida

per aggiungerti ai criminali tagliati fuori

da me, fai attenzione a questo sole che ci illumina ora,

non ti vede più mettere piede su questo suolo.

Te lo dico ancora una volta: vola, affrettati, non tornare,

libera tutti i miei regni dalla tua atroce presenza.

A te, a te, grande Nettuno, mi rivolgo.

Se prima avessi ripulito le tue coste dai malvagi assassini,

ricorda la tua promessa di premiare quegli sforzi,

coronati dal successo, esaudendo la mia prima preghiera.

Confinato a lungo in stretta prigionia,

non ho ancora invocato il tuo potente aiuto,

risparmiando di usare il prezioso privilegio

fino al mio estremo bisogno. È giunto il momento,

te lo chiedo adesso. Vendica un miserabile padre!

Lascio questo traditore alla tua ira; nel sangue

spegni i suoi fuochi oltraggiosi, e con la tua furia

Teseo valuterà il tuo favore nei suoi confronti.


IPPOLITO

Fedra mi accusa di passione senza legge!

Questo orrore supremo confonde tutta la mia anima;

questo cuore non ha disdegnato una fiamma sacra.

Tali colpi inattesi, cadendo all'istante,

mi travolgono, soffocano le mie parole, mi rendono muto.

TESEO

Traditore, credevi che

Fedra, nel timido silenzio, avrebbe seppellito la tua brutalità.

Non avresti dovuto abbandonare nella fuga

la spada che nelle sue mani contribuisce a condannarti;

O meglio, per completare la tua perfidia,

avresti dovuto privarla sia della parola che della vita.

IPPOLITO

Giustamente indignato per una bugia così nera

che potrei essere perdonato se dicessi la verità;

Ma tocca al vostro onore nasconderlo.

Approva la riverenza che mi chiude la bocca;

E senza voler accrescere le tue sventure,

esamina attentamente quale è stata la mia vita.

I grandi crimini non sono mai isolati, sono legati

a colpe precedenti. Colui che ha trasgredito una volta

può alla fine violare tutto ciò che gli uomini ritengono

più sacro; il vizio, come la virtù, ha gradi

di progresso; Non si è mai vista l'innocenza

sprofondare subito negli abissi più bassi


della colpa. Nessun uomo virtuoso può

trasformarsi in un giorno traditore, assassino, disgraziato incestuoso.

Figlio di una madre casta ed eroica,

non mi sono dimostrato indegno della mia nascita.

Pitteo, la cui saggezza è stimata da tutti,

si degnò di istruirmi quando lasciai le sue mani.

Non è mio desiderio vantare i miei meriti,

ma, se posso rivendicare una qualche virtù,

penso che più di ogni altra cosa ho mostrato

orrore per quei peccati di cui sono accusato.

Per questo Ippolito è conosciuto in Grecia,

così continente da essere ritenuto austero.

Tutti conoscono la mia inflessibile astinenza:

la luce del giorno non è più pura del mio cuore.

Come potrei dunque io, bruciando di fuoco profano...

TESEO

Sì, vigliacco, è proprio questo orgoglio a condannarti.

Vedo l'odiosa ragione della tua freddezza.

Solo Fedra ha stregato i tuoi occhi spudorati;

La tua anima, indifferente al fascino degli altri,

disdegnava i fuochi irreprensibili dell'amore legittimo.

IPPOLITO

No, padre, l'ho nascosto troppo a lungo,

qui ai tuoi piedi confesso la mia vera colpa:

amo, e amo in verità dove tu me lo proibisci;

Legato ad Aricia dalla devozione del mio cuore,


il figlio di Pallade ha sottomesso tuo figlio.

Ribelle alle tue leggi, io adoro lei,

e solo per lei emetto ardenti sospiri.

TESEO

La ami? Cielo!

Ma no, vedo il trucco.

Fingi un crimine per giustificarti.

IPPOLITO

Signore, l'ho evitata per sei mesi, e

la amo ancora. A te stesso sono venuto a raccontarlo,

tremando. Niente può schiarirti la mente

dal tuo errore? Quale giuramento può rassicurarti?

Per il cielo, la terra e tutte le forze della natura...

TESEO

I malvagi non rifuggono mai dallo spergiuro.

Cessa, cessa, e risparmiami fastidiose proteste,

se la tua falsa virtù non ha altro aiuto.

IPPOLITO

Anche se ti sembra falso e insincero,

Fedra ha segreti motivi per sapere che è vero.

TESEO

Ah! come la tua sfacciataggine eccita la mia ira!


IPPOLITO

Qual è il termine e il luogo del mio esilio?

TESEO

Se tu fossi oltre le Colonne di Alcide,

la tua presenza spergiura sarebbe ancora troppo vicina a me.

IPPOLITO:

Quali amici avranno pietà di me, quando mi abbandonerai

e mi riterrai colpevole di un crimine così vile?

TESEO

Va', cerca gli amici che onorano

l'adulterio e battono le mani davanti all'incesto,

traditori meschini e senza legge, immersi nell'infamia,

idonei protettori di un furfante come te.

IPPOLITO

Sono forse incesto e adulterio le parole

che mi rivolgi? Tengo a freno la lingua. Eppure pensa

a ciò che ebbe madre Fedra; sai troppo bene che

il suo sangue, non il mio, è contaminato da quegli orrori.

TESEO

Cosa! La tua rabbia davanti ai miei occhi perde ogni

controllo? Per l'ultima volta, lontano dalla mia vista!

Quindi traditore! Non aspettare che l'ira di un padre

ti spinga via in mezzo all'esecrazione generale.


Scena III

TESEO (solo)

Disgraziato! Dovrai andare incontro all'inevitabile rovina.

Nettuno ha prestato giuramento sullo Stige, agli dei stessi

, un giuramento terribile, e manterrà

la sua promessa. Non puoi sfuggire alla sua vendetta.

ti amavo; e, nonostante la tua offesa,

il mio cuore è turbato dall'attesa

di te. Ma ti sei guadagnato troppo bene la tua condanna.

Mio padre aveva mai più motivo di arrabbiarsi?

Dei giusti, che vedono il dolore che mi travolge,

perché sono stato maledetto con un figlio così malvagio?

SCENA IV

FEDRA, TESEO

FEDRA

Mio signore, vengo da te piena di terrore.

La tua voce alta, alta con rabbia, è giunta alle mie orecchie,

e temo molto che alle minacce siano seguite le azioni.

Oh, se c'è ancora tempo, risparmia la tua prole.

Rispetta la tua razza e il tuo sangue, ti imploro.

Che non senta quel sangue piangere dalla terra;

Risparmiami l'orrore e il dolore perpetuo

di aver fatto perdere la mano a suo padre.

TESEO

No, signora, da quella macchia la mia mano è libera.

Ma nonostante tutto questo disgraziato non mi è sfuggito.

La mano di un immortale ora è incaricata


della sua distruzione. È un debito che Nettuno

ha con me e tu sarai vendicato.

FEDRA

Un debito

che avevi? Preghiere fatte con rabbia.

TESEO

Non temere mai

che falliranno. Piuttosto unisci i tuoi ai miei,

in tutta la loro oscurità, dipingi per me i suoi crimini,

e alimenta la mia tardiva passione fino al bianco calore.

Ma tuttavia non conosci tutta la sua infamia;

Il suo furore contro di te trabocca di calunnie;

La tua bocca, dice, è piena di ogni inganno,

Dice che Aricia ha il suo cuore e la sua anima,

Che solo lei ama.

FEDRA

Aricia?

TESEO

Sì,

me lo ha detto in faccia! un vano pretesto!

Un trucco che non mi inganna! Speriamo che Nettuno

gli renda presto giustizia.

Vado ai suoi altari per sollecitare l'adempimento dei suoi giuramenti.

SCENA V
FEDRA (sola)

Ah, se n'è andato! Quali notizie hanno colpito le mie orecchie?

Quale fuoco, mezzo soffocato, ravviva nel mio cuore?

Quale colpo fatale cade come un fulmine?

Colpito da un rimorso che non mi lasciava riposare,

mi strappai dalle braccia di Enone,

e corsi ad aiutare Ippolito con tutta

l'anima e la forza. Chissà se quel pentimento

non mi avrebbe spinto ad accusarmi?

E se la mia voce non fosse stata soffocata dalla vergogna,

forse avrei confessato la spaventosa verità.

Ippolito può sentire, ma non per me!

Aricia ha il suo cuore, la sua fedeltà.

Oh dei, quando, sordo a tutti i miei sospiri e alle mie lacrime,

armò i suoi occhi di disprezzo, la sua fronte di minacce,

ritenni che il suo cuore, inespugnabile all'amore,

fosse fortificato contro tutto il mio sesso allo stesso modo.

E ancora un altro è riuscito a domare

il suo orgoglio, un altro si è assicurato il suo favore.

Forse ha un cuore che si scioglie facilmente;

Sono l'unico che non può sopportare!

E mi farò carico della sua difesa?

SCENA VI

FEDRA, ENONE

FEDRA

Conosci, cara nutrice, quello che ho appena saputo?

ENONE
No; ma in verità vengo con le membra tremanti.

Temevo con quale scopo fossi andato avanti,

la paura della follia fatale mi ha fatto impallidire.

FEDRA

Chi l'avrebbe mai detto, Nutrice? Avevo un rivale.

ENONE

Un rivale?

FEDRA

Sì, ama. Non posso dubitarne.

Questo selvaggio e indomabile Ippolito,

che disprezzava essere ammirato,

stancato dai sospiri degli amanti, questa tigre, che temevo di risvegliare,

adesca una mano che ha domato il suo orgoglio:

Aricia ha trovato l'ingresso nel suo cuore.

ENONE

Aricia?

FEDRA

Ah! angoscia non ancora provata!

A quali nuove torture sono ancora riservato?

Tutto ciò che ho sopportato, trasporti di passione,

desideri e paure, gli orrori del rimorso,

la vergogna di essere stato respinto con contumelia,

sono stati deboli anticipazioni dei miei attuali tormenti.


Si amano! Con quale fascino segreto

mi hanno ingannato? Dove, quando e come

si sono incontrati? Sapevi tutto. Perché sono stato ingannato?

Non mi hai mai raccontato di quelle ore rubate

Di conversazione amorosa. Sono stati visti spesso

parlare insieme? Cercavano le ombre

dei boschi più fitti? Ahimè! avevano piena libertà

di vedersi. Il cielo ha approvato i loro sospiri;

Amavano senza coscienza di colpa;

E ogni mattina per loro il sole splendeva limpido,

mentre io, un reietto dalla faccia della Natura,

evitavo il giorno luminoso e cercavo di nascondermi.

La morte era l'unico dio al quale osavo

chiedere aiuto: aspettavo la liberazione della tomba.

Innaffiato di lacrime, nutrito di fiele, il mio dolore

era fin troppo attentamente osservato; Non ho osato

piangere senza ritegno. Nel terrore mortale

, assaporando questo pericoloso conforto, mascherai

il mio terrore sotto un'espressione tranquilla,

e spesso dovevo trattenere le mie lacrime e sorridere.

ENONE

Che frutto godranno del loro vano amor?

Non si vedranno più.

FEDRA

Quell'amore

Durerà per sempre. Anche mentre parlo,


Ah, pensiero fatale, ridono per disprezzare la follia

Del mio cuore distratto. Nonostante l'esilio

che presto li separerà, con mille giuramenti

suggellano un'unione ancora più stretta. Posso sopportare

una felicità, Enone, che mi insulta?

Desidero la tua pietà. Deve essere distrutta.

L'ira di mio marito contro una stirpe odiosa

sarà ravvivata, né la punizione dovrà

essere lieve: la colpa della sorella supera quella dei fratelli.

Lo supplicherò nella mia rabbia gelosa.

Cosa sto dicendo? Ho perso i sensi?

Fedra è gelosa e implorerà

l'aiuto di Teseo? Mio marito vive, eppure

brucio. Per chi? Di chi è il cuore che rivendico

come mio? Ad ogni parola che dico, i miei capelli

si rizzano con orrore. La colpa ormai ha oltrepassato

ogni limite. Ipocrisia e incesto respirano

insieme in tutto. Le mie mani assassine sono pronte

a versare il sangue dell'innocenza innocente.

Vivo ancora, miserabile che sono, e oso

affrontare questo santo Sole da cui provengo?

Il padre di mio padre era il re di tutti gli dei;

I miei antenati riempiono tutto l'universo.

Dove posso nascondermi? Negli oscuri regni di Plutone?

Ma lì mio padre tiene l'urna fatale;

La sua mano assegna la condanna irrevocabile:

Minosse è giudice di tutti i fantasmi dell'inferno.

Ah! come sussulterà e tremerà la sua terribile ombra


quando vedrà sua figlia portata davanti a lui,

costretta a confessare peccati di così vario colore,

crimini che potrebbero essere sconosciuti allo stesso inferno!

Che dirai, padre mio, a uno spettacolo

così terribile? Penso di vederti lasciar cadere l'urna

e, cercando una punizione inaudita,

diventare tu stesso il mio carnefice.

Risparmiami! Una dea crudele ha distrutto

la tua razza; e nella mia follia riconosco

la sua ira. Ahimè! Il mio cuore dolente non ha raccolto

alcun frutto di piacere dallo spaventoso crimine,

la cui vergogna mi perseguita fino alla tomba,

e finisce nel tormento e nell'infelicità di tutta la vita.

ENONE

Ah, signora, scacciate un timore infondato:

guardate meno severamente un errore veniale.

Tu ami. Non possiamo conquistare il destino.

Sei stato attratto come da un incantesimo fatale.

È una meraviglia senza precedenti?

Tra di noi? L'amore ha trionfato su di te

e su nessun altro? La debolezza è naturale

per l'uomo. Un mortale, alla sorte dei mortali

Sottomettiti. Ti irriti contro un giogo che altri

hanno sopportato da tempo. Gli abitanti dell'Olimpo,

gli dei stessi, che terrorizzano con le minacce

i peccati degli uomini, sono bruciati con fuochi senza legge.


FEDRA

Che parole sono queste che sento? Quale consiglio

osi darmi questo? Verserai

del veleno nelle mie orecchie fino alla fine? Mi hai distrutto.

Mi hai riportato indietro quando altrimenti avrei dovuto lasciare

la luce del giorno, mi hai fatto dimenticare il mio dovere

e vedere Ippolito, fino ad allora evitato.

Che cosa hai fatto? Perché la tua bocca malvagia

con le bugie più nere calunnia la sua vita irreprensibile?

Forse lo hai ucciso, e l'empia preghiera

di un padre insensibile è stata esaudita.

No, non un'altra parola! Va', mostro odioso;

Via, e lasciami al mio pietoso destino.

Possa il cielo con giustizia ricompensarti per ciò che meriti!

E possa la tua punizione per sempre essere

un terrore per tutti coloro che vorrebbero, come te,

nutrire con astute astuzie le debolezze

dei principi, spingerli sull'orlo della rovina

a cui tende il loro cuore, e spianare la strada

alla colpa. Tali adulatori fanno sì che l'ira del Cielo

conceda ai re il suo dono più fatale.

ENONE (solo)

O dei! per servirla cosa non ho fatto?

Questa è la dovuta ricompensa che ho vinto.


ATTO V

SCENA I

IPPOLITO, ARICIA

ARICIA

Puoi tacere in questo pericolo mortale?

Tuo padre ti ama. Lo lascerai così

ingannato? Se nel tuo cuore crudele disprezzi

le mie lacrime, contento di non vedermi mai più,

va', separati dalla povera Aricia; ma almeno,

andando, assicurati la sicurezza della tua vita.

Difendi il tuo onore da una macchia vergognosa,

e costringi tuo padre a ricordare le sue preghiere.

C'è ancora tempo. Perché per puro capriccio

lasciare il campo libero alle calunnie di Fedra?

Fai sapere a Teseo la verità.

IPPOLITO

Potrei dire di più,

senza esporlo a una terribile disgrazia?

Come potrei avventurarmi, rivelando tutto,

a far arrossare di vergogna la fronte di un padre?

L'odioso mistero

è noto solo a te. Il mio cuore non è stato confidato a nessuno

tranne te e il cielo. Non potrei nascondermi da te

(giudica se ti amo), tutto ciò che vorrei nascondere

è anche a me stesso. Ma pensa sotto quale sigillo

ho parlato. Dimentica le mie parole, se è possibile;

E non permettere mai che una bocca così pura riveli


questo terribile segreto. Affidiamo al cielo

la mia vendetta, perché gli dei sono giusti;

Per il loro onore scagioneranno gli innocenti;

Prima o poi punita per il suo crimine,

Fedra non sfuggirà alla vergogna che merita.

Non chiedo altro favore che il tuo silenzio;

In tutto il resto do libero sfogo alla mia ira.

Fuggi da questa prigionia,

abbi il coraggio di accompagnarmi nella fuga;

Non indugiare qui, su questa terra maledetta,

dove la virtù respira un'aria pestilenziale.

Per coprire la tua partenza approfitta

di questa confusione, causata dalla mia disgrazia.

I mezzi di volo sono pronti, statene certi;

Per ora non hai altre guardie oltre alle mie.

Potenti difensori sosterranno la nostra disputa;

Argo allarga le braccia e Sparta ci chiama.

Invochiamo giustizia ai nostri amici,

né permettiamo che Fedra, che si unisce a noi entrambi nella comune rovina

, ci cacci dal trono

e ingrandisca suo figlio derubandoci.

Abbraccia questa felice opportunità:

quale paura trattiene? Sembri esitare.

Solo il tuo interesse mi spinge a sollecitare

l'audacia. Quando sono tutto in fiamme, come mai

tu sei di ghiaccio? Hai paura allora di seguire

un uomo esiliato?
ARICIA

Ah, mi sarebbe caro

Tale esilio! Con quale gioia, il mio destino al tuo

Unito, potrei vivere,

Dimenticato da tutto il mondo! ma quel dolce legame non

ci ha ancora uniti. Come posso allora rubare

via con te? So che l'onore più severo non mi proibisce

di liberarmi

dalle mani di tuo padre ; questa non è la casa dei genitori,

e la fuga è lecita quando si fugge dai tiranni.

Ma tu, Signore, mi ami; e la mia virtù diminuisce...

IPPOLITO

No, no, la tua reputazione mi è

cara quanto te. Uno scopo più nobile

mi porta a te. Fuggi dai tuoi nemici e segui

un marito. Il cielo, che ci manda queste disgrazie,

libera dagli strumenti umani il pegno

tra noi. Non sempre le torce illuminano

il volto d'Imene.

Alle porte di Troezen,

tra le antiche tombe dove giacciono sepolti i principi della mia razza

, si erge un tempio, mai avvicinato

dagli spergiuri, dove i mortali non osano fare

giuramenti falsi, poiché la punizione immediata cade

sui colpevoli. La menzogna non conosce controllo più forte

di ciò che è presente lì: la paura della morte

che non può essere evitata. Là dunque


andremo, se acconsenti e giuri di amare

per sempre, prendi il dio custode come testimone

dei nostri voti solenni e della sua

supplica di cure paterne. Invocherò il nome di tutti

i più santi poteri; il casto Diana e la Regina

del Cielo, sì, tutti gli dei che conoscono il mio cuore

garantiranno le mie sacre promesse.

ARCIA

Il Re si avvicina. Parti, non tardare.

Per mascherare la mia fuga indugio ancora un attimo.

Vai tu; e lasciami una guida fidata,

che conduca i miei timidi passi al tuo fianco.

SCENA II

TESEO, ARICIA, ISMENE

TESEO:

Dei, fate luce sulla mia mente turbata,

mostratemi la verità che qui cerco.

ARICIA (a parte a ISMENE)

Preparati, cara Ismene, per la nostra fuga.

SCENA III

TESEO, ARICIA

TESEO

Il tuo colore va e viene, sembri confusa,

signora! Che affari aveva mio figlio con te?

ARICIA
Sire, mi diceva addio per sempre.

TESEO

I tuoi occhi, a quanto pare, possono domare quell'orgoglio ostinato;

E i primi sospiri che esala sono pagati a te.

ARICIA

Non posso negare la verità; non ha, Sire,

ereditato il vostro odio e la vostra ingiustizia;

Non mi ha trattato come un criminale.

TESEO

Cioè giurò amore eterno.

Non fare affidamento su quel cuore incostante;

Ad altri lo ha già giurato.

ARICIA

Eh, Sire?

TESEO

Dovresti controllare il suo gusto errante.

Come hai potuto sopportare una partnership così vile?

ARICIA

E come potrai sopportare che le più vili calunnie

rendano una vita così pura e nera come la pece?

Conosci così poco il suo cuore?

Fai così male a distinguere tra colpa


e innocenza? Quale nebbia davanti ai tuoi occhi

li acceca verso una virtù così evidente?

Ah! è troppo lasciare che lingue false lo diffamino.

Pentirsi; richiama i tuoi desideri omicidi, Sire;

Paura, paura che il Cielo nella sua severità

ti odi abbastanza da ascoltare ed esaudire le tue preghiere.

Spesso nella loro ira gli dei accettano le nostre vittime,

e spesso ci castigano con i loro doni.

TESEO

No, invano nasconderesti la sua colpa.

Il tuo amore è cieco davanti alla sua depravazione.

Ma ho una testimonianza irreprensibile:

ho visto lacrime, lacrime vere, di cui ci si può fidare.

ARICIA

Bada, mio signore. Le tue mani invincibili

hanno liberato il mondo da innumerevoli mostri;

Ma non tutti sono stati distrutti, uno solo hai lasciato

in vita: tuo figlio mi proibisce di dire di più.

Sapendo con quale rispetto ti considera ancora,

lo angosciarei troppo se osassi

completare la mia frase. Imiterò

la sua riverenza e, per tacere, ti lascerò.

SCENA IV

TESEO (solo)

Che c'è nella sua mente? Quale significato si nasconde

in un discorso iniziato ma poi interrotto?


Entrambi mi ingannerebbero con una vana finzione?

Hanno cospirato per sottopormi alla tortura?

Eppure, nonostante la mia severa severità,

quale voce lamentosa grida nel profondo del mio cuore?

Una pietà segreta mi turba e mi allarma.

Enone sarà interrogato ancora una volta,

devo avere più luce su questo delitto.

Guardie, dite a Enone di venire, e venite da soli.

SCENA V

TESEO, PANOPE

PANOPE

Non so cosa intenda fare la Regina,

ma dalla sua agitazione temo il peggio.

La disperazione fatale è dipinta sui suoi lineamenti;

Il pallore della morte è già sul suo volto.

Enone, svergognata e allontanata dalla sua vista,

si è gettata negli abissi dell'oceano.

Nessuno sa cosa l'abbia spinta a un atto così avventato;

E ora le onde ce la nascondono per sempre.

TESEO

Che dici?

PANOPE

La sua triste sorte sembra aver aggiunto

nuovi guai all'animo tempestoso della Regina.

Talvolta, per lenire il suo dolore segreto, stringe a sé

i suoi figli e li bagna con le sue lacrime;


Poi all'improvviso, dimenticato l'amore della madre,

li respinge con uno sguardo di orrore,

vaga avanti e indietro con passi incerti;

Il suo occhio vuoto non ci conosce più. Tre volte

scrisse, e tre volte lo fece, cambiando idea,

distruggendo la lettera prima che fosse ben cominciata.

Degnati di vederla, Sire: degnati di aiutarla.

TESEO

Cielo! Enone è morto, e

anche Fedra ha deciso di morire? Oh, richiamami, figlio mio!

Lascialo difendere e io sono pronto

ad ascoltarlo. Non affrettarti a concedere

la tua fatale generosità, Nettuno; lascia che le mie preghiere

rimangano sempre inascoltate. Troppo presto

ho alzato mani crudeli, credendo a labbra

che avrebbero potuto mentire! Ah! Quale disperazione può seguire!

SCENA VI

TESEO, TERAMENI

TESEO

Teramene, non è vero? Dov'è mio figlio?

L'ho affidato a te fin dalla più tenera infanzia.

Ma donde queste lacrime che traboccano dai tuoi occhi?

Come va con mio figlio?

TERAMENI

Preoccupazione troppo tardi!

Affetto vano! Ippolito è morto.


TESEO

Dei!

TERAMENE

Ho visto il flusso di tutta l'umanità

interrotto, e posso affermare audacemente che nessuno

lo meritava di meno.

TESEO

Cosa! Mio figlio è morto! Quando

gli tendevo le braccia, il cielo ha

accelerato la sua fine? Cos'è stato questo ictus improvviso?

TERAMENE

Avevamo appena varcato le porte di Troezen,

lui silenzioso sul suo carro, e le sue guardie

abbattute e mute anch'esse, si schieravano intorno a lui;

Girò i suoi destrieri verso la strada micenea,

poi, perso nei suoi pensieri, lasciò che le redini giacessero

sciolte sul dorso. I suoi nobili cavalieri, un tempo

così pieni di ardore da obbedire alla sua voce,

con la testa abbassata e gli occhi malinconici

sembravano ora sottolineare la sua tristezza e condividerla.

Un grido spaventoso, che esce dal profondo,

con improvvisa discordanza squarcia l'aria turbata;

E dal seno della terra

si ode un gemito in risposta a quella voce di terrore.


Il nostro sangue è congelato nei nostri stessi cuori;

Con le criniere irte i destrieri che ascoltano stanno immobili.

Intanto sulla pianura acquosa si leva

un'ondata montuosa con una possente cresta

di schiuma, che rotola verso la riva, e, quando si infrange

davanti ai nostri occhi vomita un mostro furioso.

La sua fronte è armata di corna formidabili,

e tutto il suo corpo è rivestito di scaglie gialle,

davanti un toro selvaggio, dietro un drago

che si gira e si contorce con rabbia impaziente.

I suoi muggiti lunghi e continui fanno

tremare la riva; il cielo sembra inorridito nel vederlo;

La terra trema di terrore; il suo alito velenoso

infetta l'aria. L'onda che l'ha portata rifluisce

nella paura. Tutti fuggono, dimentichi del coraggio

che non può aiutare, e in un tempio vicino

si rifugiano, tutti tranne il coraggioso Ippolito.

il degno figlio di un eroe, mantiene i suoi destrieri,

Afferra i suoi dardi e, precipitandosi in avanti, scaglia

un missile con mira sicura che ferisce il mostro

in profondità nel fianco. Con rabbia e dolore balza

ai piedi dei cavalli e, ruggendo, cade,

si contorce nella polvere e mostra una gola infuocata

che li copre di fiamme, sangue e fumo.

La paura dà loro le ali; sordi alla sua voce per una volta,

e incuranti del marciapiede, volano avanti.

Il loro padrone spreca le sue forze in sforzi vani;

Di schiuma e di sangue il morso di ogni corsiero è rosso.


Alcuni dicono che un dio, in mezzo a questo selvaggio disordine,

fu visto con pungoli che pungevano i loro fianchi polverosi.

Sopra rocce frastagliate si precipitano spinti dal terrore;

Incidente! va l'asse. L'intrepido giovane

vede la sua macchina rotta, che vola in pezzi;

Lui stesso cade impigliato nelle redini.

Perdona il mio dolore. Quello spettacolo crudele

sarà per me fonte di lacrime infinite.

Ho visto il tuo sfortunato figlio, l'ho visto, Sire,

trascinato dai cavalli che le sue mani avevano nutrito,

incapace di frenare la loro feroce carriera, la sua voce

ma aggiungendo alla loro paura, il suo corpo presto

una massa di ferite. Le nostre grida di angoscia riempiono

la pianura. Alla fine rallentano il loro passo veloce,

poi si fermano, non lontano da quelle antiche tombe che segnano

dove giacciono le ceneri dei suoi reali padri.

Ansante corro là, e dietro di me

la sua guardia, lungo il sentiero macchiato di sangue fresco

che arrossa tutte le rocce; intrappolato nei rovi

Le ciocche dei suoi capelli cadono gocciolanti, spoglie cruente!

Vengo, lo chiamo. Stendendo la mano,

apre gli occhi morenti, presto richiusi.

"Gli dei mi hanno privato di una vita innocente",

lo sento dire: "Abbi cura della triste Aricia

quando sarò morto. Caro amico, se mai mio padre

piange, non ingannato, l'infelice destino di suo figlio

falsamente accusato; per dare pace al mio spirito,

digli di trattare teneramente il suo prigioniero,


e di restituirgli..." Con questo il respiro dell'eroe

viene meno, e un cadavere straziato giace tra le mie braccia,

un oggetto pietoso, trofeo dell'ira

del Cielo - così cambiato , suo padre non lo avrebbe riconosciuto.

TESEO

Ahimè, figlio mio! Cara speranza perduta per sempre!

Gli dei spietati mi hanno servito ma troppo bene.

A quale vita di angoscia e rimorso

sono riservato!

TERAMENE

Aricia in quell'istante,

fuggendo da te, timidamente viene a prenderlo

per marito, lì, al cospetto degli dei.

Così avvicinandosi, vede l'erba tutta rossa

e puzzolente, vede (triste spettacolo per gli occhi dell'amante!)

Ippolito lì disteso, pallido e sfigurato.

Ma, per un momento dubitando della sua disgrazia,

non riconoscendo l'eroe che adora,

guarda e chiede: "Dov'è Ippolito?"

Fin troppo sicura che lui giace lì

davanti a lei, con gli occhi tristi che silenziosamente

rimproverano gli dei, lei trema, geme e cade

svenuta e quasi senza vita, ai suoi piedi.

Ismene, tutta in lacrime, s'inginocchia accanto a lei,

E la richiama alla vita, vita che non è altro

che senso di dolore. E io, per il quale questa luce


è ora oscurità, vengo a compiere il dovere che

l'eroe mi ha imposto, per dirti

la sua ultima richiesta: un compito malinconico.

Ma ecco che arriva il suo nemico mortale.

SCENA VII

TESEO, FEDRA, TERAMENI, PANOPE, GUARDIE

TESEO

Signora, avete trionfato e mio figlio è stato ucciso!

Ah, ma che spazio ho per la paura! Come giustamente

mi tormenta il sospetto di aver commesso un

errore nel biasimarlo! Ma è morto; accetta la tua vittima;

Ucciso giustamente o ingiustamente, lascia che il tuo cuore sussulti

di gioia. I miei occhi saranno ciechi per sempre:

poiché lo accusi, lo crederò colpevole.

La sua morte mi offre abbastanza motivo per piangere,

senza una folle ricerca di ulteriore luce

che, incapace di riportarlo al mio dolore,

potrebbe solo servire a rendermi più infelice.

Lontano da questa riva e lontano da te volerò,

Perché qui l'immagine di mio figlio straziato

perseguiterebbe la mia memoria e mi farebbe impazzire.

Vorrei bandirmi dal mondo intero,

perché tutto il mondo sembra insorgere in giudizio

contro di me; e la mia stessa gloria pesa

sulla Mia punizione; perché, se il mio nome fosse meno conosciuto

, sarebbe più facile nascondermi. Tutti i favori

che gli dei mi hanno concesso li piango e li odio,

né li importunerò con vane preghiere


d'ora in poi per sempre. Dammi quello che possono,

quello che hanno preso supererà tutto il resto.

FEDRA

Teseo, non posso sentirti e taccio:

devo riparare il torto che ha subito.

Tuo figlio era innocente.

TESEO

Padre infelice!

Ed è stato sulla tua parola che l'ho condannato!

Credi che una tale crudeltà possa essere scusata...

FEDRA

I momenti per me sono preziosi; ascoltami, Teseo.

Fui io a gettare lo sguardo con passione senza legge

sul casto e devoto Ippolito.

Il cielo nel mio seno ha acceso un fuoco funesto,

e l'astuzia del vile Enone ha fatto il resto.

Temeva che Ippolito, conoscendo la mia follia,

avrebbe fatto conoscere quella passione che considerava

con orrore; Lei approfittò così della mia debolezza

e si affrettò ad accusarlo per prima.

Per questo è stata punita, anche se troppo mitemente;

Cercando di sfuggire alla mia ira si gettò

sotto le onde. La spada prima aveva tagliato

il filo della mia vita, ma l'innocenza calunniata

fece udire il suo grido, e decisi di morire


in un modo più duraturo,

La mia penitenza per te. Un veleno, portato

Ad Atene da Medea, scorre nelle mie vene.

Già nel mio cuore opera il veleno,

infondendovi un brivido strano e fatale;

Già come attraverso le nebbie che si addensano vedo

la sposa per la quale la mia presenza è un oltraggio;

La morte, che vela ai miei occhi la luce del cielo,

ripristina la purezza che avevano contaminato.

PANOPE

Muore, mio signore!

TESEO

Vorrei che il ricordo

del suo atto vergognoso potesse perire con lei!

Ah, disilluso troppo tardi! Venite, andiamo,

e mescolate le nostre lacrime al sangue del mio infelice figlio

, stringendo le sue care spoglie,

in profondo pentimento per una preghiera detestata.

Lascialo onorare come merita;

E, per placare il suo fantasma offeso,

qualunque sia la colpa dei suoi parenti più stretti,

Aricia sarà considerata mia figlia da oggi.

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