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Merope

di Scipione Maffei

Letteratura italiana Einaudi

Edizione di riferimento:

in La tragedia classica cura di Giammaria , a Gasparini, Utet, Torino 1976

Letteratura italiana Einaudi

Sommario
Atto primo Atto secondo Atto terzo Atto quarto Atto quinto 2 16 34 50 66

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personaggi Polifonte Merope Egisto Adrasto Euriso Ismene Polidoro

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Scipione Maffei - Merope

ATTO PRIMO

scena prima Polifonte e Merope polifonte Merope, il lungo duol, lodio, il sospetto scaccia omai dal tuo sen; miglior destino io gi tannunzio, anzi ti reco. Altrui forse tu no l credesti; ora a me stesso credilo pur, chio mai non parlo indarno. In consorte io telessi e vo ben tosto che la nostra Messenia unaltra volta sua reina ti veggia. Il bruno ammanto, i veli e laltre vedovili spoglie deponi adunque e i lieti panni e i fregi ripiglia; e i tuoi pensier nel ben presente riconfortando omai, gli antichi affanni, come saggia che sei, spargi doblio. merope O ciel, qual nuova spezie di tormento apprestar mi veggio! Deh, Polifonte, lasciami in pace, in quella pace amara che ritrovan nel pianto glinfelici; lasciami in preda al mio dolor trilustre. polifonte Mira, sei non ver che suol la donna farsi una insana ambizion del pianto! Dunque negletta, abbandonata e quasi prigioniera restar pi tosto vuoi, che ricovrar lantico regno? merope Un regno non varrebbe il dolor desser tua moglie. Chio dovessi abbracciar colui che in seno

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il mio consorte amato (ahi rimembranza!) mi sven crudelmente? E chio dovessi colui baciar che i figli miei trafisse? Solo in pensarlo io tremo, e tutte io sento ricercarmi le vene un freddo orrore. polifonte Deh! come mai ti stanno fisse in mente cose gi consumate e antiche tanto chio men ricordo appena! Ma i ti priego, da loco a la ragion: era egli giusto che sempre sui messeni il tuo Cresfonte solo regnasse e chio, non men di lui dagli Eraclidi nato, ognor vivessi fra la turba volgar confuso e misto? Poi tu ben sai che accetto egli non era, e che non sol gli esterni aiuti e larmi, ma in campo a mio favor vennero i primi ed i miglior del regno; e finalmente ci che a regnar conduce, ognor si loda. Ch se per dominar, se per uscire di servit, lecito alluom non fosse e lingegno e l valor di porre in opra, darebbe Giove questi doni indarno. merope Barbari sensi! Lurna e le divine sorti su la Messenia al sol Cresfonte dir diritto e ragion; ma quanto ei fosse buon re, chiedilo altrui, chiedilo a questo popolo afflitto che tuttora il piange. Tanto buon re provollo esso, quantio buon consorte il provai. Chi pi felice visse di me quel primo lustro? E tale ancor vivrei, se tu non eri. Insana ambizion ti spinse, invidia cieca tinvase; e quale, o Dio, quale inaudita empiet fu la tua, quando nel primo

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scoppiar de la congiura, i due innocenti pargoletti miei figli ah figli cari! che avrian co bei sembianti e con lumile lor dimandar merc, le tenerelle lor mani e gli occhi lagrimosi alzando, avrian mosso a piet le fere e i sassi, trafiggesti tu stesso? E in tutto il tempo che pugnando per noi si tenne Itome, quanto scempio talor de nostri fidi in Messene non festi? E quando al fine ci arrendemmo, perch contra la fede al mio sposo dar morte? O tradimento! E chio da un mostro tale udir mi debba parlar di nozze e ricercar damore? A questo ancor mi riserbaste, o di? polifonte Merope, omai taccheta; tu se donna, e qual donna ragioni. I molli affetti ed i teneri sensi in te non biasmo, ma con gli alti pensier non si confanno. Or dimmi: e perch sol ci che ti spiacque vai con la mente ricercando, e ometti quantio feci per te? Ch non rammenti che il terzo figlio, in cui del padre il nome ti piacque rinnovar, tu trafugasti e chio l permisi; e che a la falsa voce, sparsa da te de la sua morte, io finsi dar fede e in grazia tua mi stetti cheto? merope Il mio picciol Cresfonte, chera ancora presso di me, non giunto anco al terzanno ne primi giorni del tumulto, in queste braccia mor pur troppo, e de la fuga al disagio non resse. Ma che parli? Cui narri tu daver per lui dimostro cor s benigno? Forse Argo e Corinto,

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Arcadia, Acaia e Pisa e Sparta, in fine e terra e mare ricercar non festi 95 pel tuo vano sospetto? E al giorno doggi forse non fai che su questempia cura da tuoi si vegli in varie parti ognora? Ah! ben si vede che incruenta morte non appaga i tiranni; ancor ti duole 100 che la natura, prevenendo il ferro, rubasse a te laspro piacer del colpo. polifonte Chei non mor, in Messene a tutti noto. E viva pur; ma tu che tutto nieghi, negherai desser viva? E negherai 105 che tu non debba a me? Non fu in mia mano la tua vita s ben, come laltrui? merope Ecco il don dei tiranni; a lor rassembra, morte non dando altrui, di dar la vita. polifonte Ma lasciam tutto ci, lasciam le amare 110 memorie al fine; io tamo e del mio amore prova tu vedi che mentir non puote. Ci chio ti tolsi, a un tratto ecco ti rendo, e sposo e regno e figli ancor, se in vano non spero. Forse nel tuo cor potranno 115 pi dammenda presente antichi errori? merope Deh dimmi, o Polifonte: e come mai questo tuo amor s tardi nacque? E come desio di me mai non ti punse allora che giovinezza mi fioria sul volto, 120 ed or ti sprona s che gi, inclinando let e lasciando i miglior giorni addietro, oltre al settimo lustro omai sen varca? polifonte Quel chora i bramo, ognor bramai; ma il duro tenor de la mia vita assai t noto. 125

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Sai che a pena fui re chesterne guerre infestr la Messenia e, luna estinta, altra saccese, e senza aver riposo or qua accorrendo or l, sudar fu forza un decennio fra larmi. In pace poi gli estranei mi lascir, ma allor lo stato cominci a perturbar questa malnata plebe, e in cure s gravi ogni altro mio desir si tacque. Or che a la fine in calma questo regno veggio, destarsi io sento tutti i dolci pensier; la mia futura vecchiezza io vo munir co figli, e voglio far pago il mio, fin qui soppresso, amore. merope Amore, eh? Sempre chi in poter prevale davanzar gli altri anche in saper presume, e daggirare a senno suo le menti altrui si crede. Pensi tu s stolta Merope, che larcano e l fin nascosto a pien non vegga? Lultimo tumulto troppo ben ti scopr che ancor sicuro nel non tuo trono tu non sei; scorgesti quanto viva pur anco e quanto cara del buon Cresfonte la memoria. I pochi, ma accorti amici tuoi sperar ti fanno che, se taccppi a me, se regnar teco mi fai, scemando lodio, in pace al fine soffriranno i Messeni il giogo. Questo lamor che per me tinfiamma, questo quel dolce pensier che in te si desta. polifonte Donna non vidi mai di te pi pronta a torcer tutto in mala parte. Io fermo son nel mio soglio s che nulla curo daltrui favor, e di chi freme in vano mi rido e ognor mi rider. Ma siasi

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tutto ci che tu sogni; egli pur certo che il tuo ben ci congiunto. Or se far uso del tuo senno tu vuoi, la sorte afferra, n darti altro pensier; molto a te giova prontamente abbracciar leffetto e nulla lindagar la cagion. merope S, se avessio il cor di Polifonte e sio volessi ad un idol di regno, a unaura vana sagrificar la f, svenar gli affetti, e se potessi, anche volendo, il giusto insuperabil odio estinguer mai. polifonte Or si tronchi il garrir. Al suo signore ripulsa non si d; per queste nozze disponti pure e ad ubbidir tappresta. Che a te piaccia o non piaccia, io cos voglio. Adrasto, e come qui? Taccosta. merope Ismene, non mi lasciar pi sola.

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scena seconda Adrasto, Ismene e detti. adrasto In questo punto, signore, i giungo. ismene (in disparte ) Io non ardia appressarmi vedendo il ragionar. Ma, mia reina, perch ti veggio s turbata?

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merope Il tutto saprai fra poco. polifonte E che ci rechi, Adrasto? adrasto Un omicida entro Messene io trassi, perch col suo supplicio ogni men fausto augurio purghi e gir non possa altrove col vanto dellaver rotte e schernite le nostre leggi. polifonte E chi costui? adrasto Di questa terra ei non , ma passagger mi sembra. polifonte E lucciso? adrasto Nol so, perch il suo corpo gettato fu dentro il Pamiso, chora gonfio e spumante corre, n presente al fatto io fui; ma il reo no l niega. Al loco dove tuttora, o re, tu con la squadra dei cavalier di soggiornar mimponi, recato fu che al ponte, indi non lunge, rubato sera pur allora e ucciso un uomo, e che il ladron la via avea presa ch lungo il fiume. Io, chera a sorte in sella, spronai con pochi e lo raggiunsi. Alcune spoglie, chei non neg daver rapite, fede mi fr chal sangue altro che vile avidit nol trasse; al rimanente non credi ci, se al suo sembiante credi: giovane dalti sensi in basso stato ed in vesti plebee di nobil volto. 180

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polifonte Fa chio l vegga.Adrasto parte ( ) merope (in disparte Costui forse delitto ) lo sparger sangue non credea, ove regna un carnefice. ismene Al certo sogni morte, sogni rapina Polifonte avesse col supplicio pagata, in questa terra fran venute meno e pietre e scuri.

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scena terza Adrasto con Egisto e detti adrasto Eccoti il reo. merope Mira gentile aspetto. polifonte In cos verde et s scelerato! Chi se tu? Donde vieni? E dove i passi pensavi indirizzar? egisto Di padre servo povero i sono e oscuro figlio; i vengo dElide e verso Sparta il pi movea. ismene Che hai, regina? Oim quali improvise lagrime ti veggio sgorgar dagli occhi? merope O Ismene, nellaprir la bocca ai detti fece costui col labro un cotal atto, che l mio consorte ritornommi a mente, e me l ritrasse s comio l vedessi. 210

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polifonte Or ti pensavi tu forse che in questo suolo fosse a sicari ed a ladroni a posta lor dinfuriar permesso? E ti pensavi che poter supremo or qui non fusse e chio regnassi in vano? egisto N ci pensai, n a far ci che pur feci empia sete mi spinse o voglia avara. Anzi a chi me spogliare e uccider volle empia sete mi spinse o voglia avara. Anzi a chi me spogliare e uccider volle per mia pura difesa a tr la vita io fui costretto. In testimon ne chiamo quel Giove che in Olimpia, ha pochi giorni, venerai nel gran tempio. Il mio cammino cheto e soletto i proseguia, allor quando per quella via che in vr Laconia guida, un uom vidi venir det conforme, ma di selvaggio e truce aspetto. In mano nodosa clava avea. Fiss in me gli occhi torvi, poi riguard, se quinci o quindi gente apparia; poich appressati fummo appunto al varco del marmoreo ponte, ecco un braccio mafferra e le mie vesti e quanto ho meco altero chiede, e morte bieco minaccia. Io con sicura fronte sprigiono il braccio a forza, egli, a due mani la clava alzando, mi prepara un colpo che, se giunto mavesse, le mie sparse cervella fran or giocondo pasto ai rapaci avoltoi. Ma ratto allora, sottentrando, il prevenni ed a traverso lo strinsi e lincalzai. Cos abbracciati ci dibattemmo alquanto, indi in un fascio nandammo a terra; ed arte fosse o sorte,

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io restai sopra ed ei percosse in guisa sovra una pietra il capo che il suo volto impallid ad un tratto e, le giunture disciolte, immobil giacque. Allor mi corse tosto al pensier che, su la via restando quel funesto spettacolo, inseguito dogni parte i sarei fra poco. In core per mi venne di lanciar nel fiume il morto o semivivo; e con fatica, chinutil era per riuscire e vana, lalzai da terra. In terra rimaneva una pozza di sangue: a mezzo il ponte portailo in fretta, di vermiglia striscia sempre rigando il suol; quinci cadere col capo in gi il lasciai. Piomb, e gran tonfo sud nel profondarsi, in alto salse lo spruzzo, e londa sopra lui si chiuse. N l vidi pi, ch l rapido torrente lavr travolto e ne suoi gorghi spinto. Giacean nel suol la clava e negra pelle, che nel pugnar gli si sfibbi dal petto: queste io tolsi, non gi come rapine, ma per vano piacer, quasi trofei. E chi creder potria che spoglie tali, o di nessuno o di s poco prezzo, mavesser spinto a ricercar periglio ed a dar morte altrui? adrasto Onesta sempre la causa di colui che parla solo. polifonte Ma in van, per non aver chi parli incontra, il tutto a suo favor dipinge e adorna, chio, qual custode delle leggi offese, lavversario sar.

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merope Non correr tosto, Polifonte, al rigor. Ch non sospendi finch si cerchi alcun riscontro? Io veggo di verit non pochi indizi e parmi chegli merti piet. polifonte Nulla si nieghi in questo giorno a te; ma alle tue stanze tornar ti piaccia omai, ch al tuo decoro non ben conviensi il far pi qui dimora. ismene Non unora gi mai, non un momento abbandona il sospetto i re malvagi. polifonte Tua cura, Adrasto, fia chegli frattanto non ci sinvoli. ( olifonte parte P ) merope Adrasto, usa pietade con quel meschin; bench povero e servo, egli pur uomo al fine e assai per tempo ei comincia a provare i guai di questa misera vita. In tal povero stato (Indietro e dallaltro lato della scena ) oim chanche il mio figlio occulto vive; e credi pure, Ismene, che se il guardo giugner potesse in s lontana parte, tale appunto il vedrei, ch le sue vesti da quelle di costui poco saranno dissomiglianti. Piaccia almeno al cielo chanchei s ben complesso e di sue membra s ben disposto divenuto sia.

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scena quarta Egisto e Adrasto. egisto Dimmi, ti priego, chi colei? adrasto Reina fu gi di questa terra, e sar ancora fra poco. egisto I sommi di lesaltin sempre e della sua piet quella mercede, che dar non le possio, rendanle ognora. Donna non vidi mai, che tanta in seno riverenza ed affetto altrui movesse. Ma tu, che presso al re puoi tanto, segui cos nobile esempio e a mio favore tadropra. Deh, signor, di me tincresca che nel fior dellet, senza difesa, senza delitto alcun, per fato avverso in tal periglio son condotto. In questa s famosa citt non far che a torto sparso il mio sangue sia; lungo tormento aglinnocenti genitori afflitti, i quai la sola assenza mia son certo chor fa struggere in pianto. adrasto In tuo vantaggio io gi da prima il tutto esposi. E forse non taccorgesti ancor quanto cortese io fui vr te? Tu vedi pur chio tacqui del ricco anello, che da te rapito io ti trassi di man. Per qual cagione pensi chio l celi? Per vil brama forse di restar possessor di quella gemma,

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n darla al re? Mal credi, se ci credi, cha me non mancan gemme. Io per tuo scampo 335 e non per altro, il fo; poich, se scopro che s gran preda hai fatta, il tuo delitto troppo si fa palese, anzi saggrava di molto, perch appar chuom dalto grado fu lucciso da te. 340 egisto Tu pur se fisso in voler chinvolata io mabbia quella scolpita pietra; ma tattesto ancora che dal mio vecchio padre in dono io lebbi. Credilo e sappi chio mentir non soglio. adrasto Veggo pi tosto che mentir non sai: 345 non mi dicesti tu che il padre tuo in fortuna servil si giace? egisto Il dissi e l dico. adrasto Or dunque in tuo paese i servi han di codeste gemme? Un bel paese fia questo tuo; nel nostro una tal gemma 350 ad un dito regal non sconverrebbe. egisto A ci non so che dir, n del suo prezzo pi oltre i so; ma ben giurar possio che, non ha ancor gran tempo, il giorno in cui compiea suo giro il diciottesimanno, 355 chiamommi il padre mio dinanzi a lara de domestici di; e qui, piangendo dirottamente, laureo cerchio in dito mi pose e volle chio gli dessi fede di custodirlo ognora. Il sommo Giove 360

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oda i miei detti, e se non son veraci, vibri sue fiamme ultrici e in questo punto mincenerisca. adrasto Unarme il giuramento valida molto e chadoprata a tempo fa bellissimi colpi; ma tu ancora non sai che meco non ha forza alcuna. Or lasciam queste fole; il punto questo: chio per tuo bene al re non far motto di ci; e che tu altres, sesser vuoi salvo, altrui no l faccia mai. egisto Tanto prometto, e credi come vuoi, pur che maiti; anzi pur che a salvezza in tanto rischio tu mi conduca, io di buon cuor ti faccio di quella gemma un don. adrasto Leggiadro dono per certo questo tuo, quando mi doni quel ch gi in mio potere e ch gi mio.

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ATTO SECONDO

scena prima Euriso e Ismene. ismene No, Euriso, di veder Merope il tempo questo non ; bench tu sia quel solo che dogni arcano suo fu sempre a parte, lasciala sola ancor, finch piangendo si sfoghi alquanto. Tu non sai qual nuova sciagura il cor le opprima. euriso Io gi pur ora da serpeggiante ambigua voce ho inteso Polifonte affrettar le minacciate nozze, e per accertarmi a lei correa. ismene Questo a lei sembra atroce mal; ma questo quasi chor si disperde e in sen le tace, chaltro maggior lalma le ingombra e preme. euriso Che avvenne mai? Forse del figlio, chella bambino diede a Polidoro, il vecchio servo, perch qual suo lungi il nodrisse, novella infausta giunta? ismene Ah! tu l pensasti, Euriso: tu ben sai chaltro conforto non avea linfelice in tanti mali che l mandare in Laconia il fido Arbante ogni sei lune occulto. Al suo ritorno, di cui lore contava ed i momenti, quasi uscia di s stessa e cento cose

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volea a un fiato saper; dalla sua bocca quinci pendea per lungo tempo, il volto cangiando spesso e palpitando tutta: poi tornava e volea cento minute notizie ancora e no l lasciava in pace finch gli atti, il parlar, le membra, i panni dipinti non aveva a parte a parte il buon messo, e talor la cosa stessa dieci volte chiedea. euriso Non ti dar pena di ci ridire a me, chio la conosco troppo bene; e talvolta a me da poi tutto narrava e, sun bel detto avea da raccontarmi del suo figlio, o Dio! le scintillavan dallegrezza gli occhi nel riferirlo. Or dimmi pur qual nuova abbiasi di Cresfonte. ismene giunto Arbante, che tard questa volta oltra l costume, e porta che Cresfonte appresso il mesto vecchio pi non si trova e chei tuttora ne cerca invan, n sa di lui novella. euriso O speme tronca, o regno afflitto, o estinto sangue de nostri re! ismene Ma tu mi sembri altra Merope appunto, che di lancio negli estremi ti getti; io non ti dico che la sua morte ei rechi. euriso S, ma credi tu che a caso o da s sar svanito? Lavr scoperto Polifonte al fine, gli avr teso laguato e lavr colto.

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ismene Nulla di questo: afferma Polidoro chera preso il garzon da viva brama dandar vagando per la Grecia e alcune citt veder che del lor nome han stanca la fama. Egli or co prieghi ed or con luso di paterno poter per alcun tempo il raffren, ma al fin lardente spirto vinto dal suo desio, part di furto, e l vecchio, dopo averlo atteso invano, era gi in punto per seguirlo e girne ei stesso in traccia, investigando lorme. euriso Oh! questo un male assai minore, e forse n pure mal: ch a qual periglio esponsi col suo peregrinar, se, non che altrui, ma n pure a s stesso ei non noto? A ci pensando, avr conforto in breve la madre afflitta. ismene Oh s, ti so dir io chor ben tapponi: tutti i rischi, tutti i disagi che mai ponno dar noia a chi va errando, sodi lei, gi tutti stanno intorno al suo figlio. Il sole ardente, le fredde piogge, le montagne alpestri va rammentando, n funesto caso avvenne in viaggio mai che alla sua mente non si presenti: or nel passar dun fiume dal corso vinto ed or le par vederlo in mezzo a malandrin ferito e oppresso. Ma ricorda anche i sogni e dogni cosa fa materia di pianto; in somma, Euriso, sio debbo dirti il vero, alcuna volta parmi che il senno suo vacilli.

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euriso O figlia, tutto vuol condonarsi a un cor di madre; quello laffetto in cui del suo infinito divin poter pompa suol far natura. Quando tu l proverai, vedrai sio mento. ismene Per me non proverollo al certo, chio imparo tutto d quanta follia l girsi a procacciar s gran dolore. euriso Questo un dolor che con piacer sacquista. ismene Credimi pur che in tal pensier son fissa. euriso Ma bramata e richiesta il pensi in vano, che l tuo sembiante al tuo pensier fa guerra. ismene Ecco Merope.

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scena seconda Merope e detti. merope O Euriso, nel vederti ripiglia il lagrimar lusata via. euriso Pur or lavviso udii. merope Questo ben altro che gir pensando, or che al vigor degli anni era giunto Cresfonte, al miglior modo di palesarlo omai; questo ben altro

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che figurarsi di vederlo or ora de la plebe al favor portar feroce sul tiranno crudel la sua vendetta. euriso Ma perdona, o reina: e chi distrusse queste dolci speranze? E che rileva, se lodevol desio guida alcun tempo per le greche provincie il giovinetto di sapere e di senno a far tesoro? Tu omai nel pianto la ragion sommergi. merope Ah! tu non sai da qual timor sia vinta. euriso Dillo, reina. merope Gi due giorni, al ponte che le due strade unisce, un uom fu ucciso. euriso Il so, ch Adrasto lomicida ha colto. merope Or quellucciso io temo e piaccia al cielo che l mio timor sia vano io temo, Euriso, non sia stato Cresfonte. euriso O eterni numi! Dove mai non vai tu cercando ognora i motivi daffanno! merope Troppo forti son questa volta i miei motivi. Ascolta. Qui de Messeni alcun non manca, ondera quellinfelice un passagger; confessa il reo chera det a la sua conforme, chera povero e solo e che veniva di Laconia. Non vedi come tutto confronta? Appresso egli stringea una clava.

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Forse il vecchio scoperta al fin gli avea lerculea schiatta, ondei de larme avita giovanilmente facea pompa e certo qua sen veniva per tentar sua sorte. euriso Piccioli indizi per s gran sospetto. merope Io penso ancor chAdrasto, del tiranno lintimo amico, il reo condusse. Or dimmi: perch venne egli stesso? Egli senzaltro potea mandarlo. E perch mai nel fiume far che il corpo si occulti e si disperda, n alcuno il vegga? euriso Deh! quanto ingegnosa tu sei per tormentarti! merope Ah! chio ne miei divisamenti errar non soglio mai. E notasti tu, Ismene, qual cura ebbe Polifonte in partir chio, rimanendo, col reo non ragionassi? E ti sovviene quanto pronto e giulivo ei mi concesse ci che richiesi in suo favore? ismene In fatti molto cortese fu, molto clemente egli allor si mostr; non pu negarsi che diverso pur troppo il suo costume. euriso Ma gioverebbe in questo caso a lui pi l divulgar che loccultare il fatto per troncare a chi lodia ogni speranza. merope Non gi, ch troppo il popol questa nuova atrocit commoverebbe a sdegno.

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euriso Ma come vuoi chegli abbia or di repente scoperto il figlio tuo? merope Chi de tiranni pu penetrar le occulte vie? Forsanco sol per spogliarlo il rio ladron luccise, e dipoi s scoperto. euriso Or io di questo labirinto, che tu a te stessa ordisci, spero di trarti in breve. Avr fra poco Adrasto assai mestier dellopra mia; non fia per che a compiacermi io l trovi restio: lascia che seco i parli e trarne, mia reina, ben tosto io ti prometto quanto basti a chiarirci. merope Ottimo in vero tal consiglio; fallo dunque, Euriso; ma fallo tosto, non frappor dimora. euriso Non dubitar, ma in tanto ne tuoi danni non congiurar tu ancor con la tua sorte e non crearti con la mente i mali. merope O caro Euriso, i veggio ben che questo nulla pi che un sospetto; ma se ancora fosse falso sospetto, or ti par egli che il sol peregrinar del mio Cresfonte mi dia cagion di dover esser lieta? Rozzo garzon, solo, inesperto, ignaro de le vie, de costumi e dei perigli, chappoggio alcun non ha, povero e privo dospiti, qual di vitto e qual dalbergo non patir disagio? Quante volte

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allaltrui mense accosterassi, un pane chiedendo umle? E ne sar forsanche scacciato, egli, il cui padre a ricca mensa tanta gente accogliea. Ma poi se infermo cade, com pur troppo agevol cosa, chi navr cura? Ei giacerassi in terra languente, afflitto, abbandonato, e un sorso dacqua non vi sar chi pur gli porga. O di! che sio potessi almeno ir seco, parmi che tutto soffrirei con pace. ismene Regina, odi romor; qua Polifonte sen viene. merope Io mi sottraggo; Euriso, a core ti sia cercar Adrasto. euriso Egli senzaltro sar col re: tosto che il lasci, io pronto lafferro e il tutto esploro e a te ritorno. scena terza Polifonte e Adrasto. polifonte Or dimmi: prti che deponga omai gli empi pensier la fluttuante ognora citt superba e l procelloso volgo? adrasto La turba vil, che peggiorar non puote, odia sempre il presente e cangiar brama, e l re che pi non ha, stima il migliore. polifonte Troppo vero; e qualor le vie trascorro, io veggo i volti di livor dipinti e leggo il tradimento in ogni fronte.

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adrasto Affretta, o re, queste tue nozze; affretta di soddisfar con questimmagin vana di giustizia e di pace il popol pazzo. polifonte Meglio saria far di costoro scempio. adrasto Tu stesso a te torresti allora il regno. polifonte In voto regno almen sarei sicuro. adrasto Ma ci bramar, non gi sperar ti lice. polifonte E credi tu che sia per poter tanto nel sentimento popolare il solo veder del regio onor Merope cinta? adrasto Sol lincerto romor che di ci corre molti gi ti concilia, e ci ha chi spera che di Cresfonte la consorte debba risvegliar di Cresfonte in te i costumi. polifonte Sciocco pensier. Ma se costei ricusa? adrasto La donna, come sai, ricusa e brama. polifonte Mal da luso comun questa misuri. adrasto Di raddolcir la disdegnosa mente con alcun atto a lei gradito forza por cura; arduo non fia che il primo passo. Fatto questo e ridotta anche ritrosa e ripugnante a sofferire il nome di tua sposa, espugnar tutto il suo core fia lieve impresa; ch a placar la donna e a far ben tosto del tuo affetto acquisto,

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somma han virtude i maritali amplessi. Forsanco allora con lusinghe e vezzi (per alma femminil forte tortura) giugner potresti il gran segreto a trarle di bocca: dove quel suo figlio occulti, qual fin che ha vita, aver tu non puoi pace. polifonte Questa la spina che nel cor sta fissa. adrasto Ci potrebbe avvenir; ma se persiste contumace e superba anche in suo danno e piegar non si vuol, conviensi allora forza e minacce usar; ch a tutto prezzo vuolsi ottener di coronar nel tempio agli occhi dei Messeni, in fra la pompa di festoso imeneo, costei, vr cui tanta la piet, tanto laffetto, pace dando ed onore a questo avanzo de la famiglia a lor cotanto cara. polifonte Adrasto, vaglia il ver, tu ben ragioni. Fa che si chiami Ismene. Al mio pensiero il tuo conforme; or pi non stiasi a bada: ci ch ben fare, differire male. Vanne tu al sacerdote, e di che appresti pel nuovo giorno pubblico e giulivo sacrificio solenne. Il vulgo sciocco vuol sempre a parte dogni cosa i di. Pe trivi poi taggira e la novella spargi con arte e in mio favor ladorna. adrasto Saggiamente risolvi; ad ubbidirti maffretto.

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scena quarta Ismene e Polifonte. ismene Che mimponi, o re? polifonte Dirai a Merope che amor non soffre indugio e chio non vo moltiplicare il danno di tanta et perduta. Al nuovo sole per nandremo al tempio, ove del mio sincero cor, di mia perpetua fede tutti far mallevadori i di. Quinci di cento trombe al suon festivo fra l giubilo comun, fra i lieti gridi sposa uscir e regina. Un tanto dono dee far grata, qual sia, la man che il porge. ismene Come, signor? Il fermo tuo volere oggi, dopo l meriggio, esponi e vuoi che a cos strano cangiamento... polifonte E voglio che tutto ci diman, pria del meriggio, sia eseguito: lode protrar le pene, ma non gi i benefici. Or perch veggia Merope quanto sul mio cor gi regni, dille che, avendo scorto il suo disio intorno allomicida, io le do fede che in danno suo non sorger funesto decreto alcuno; e in avvenir si accerti che sempre grideran le leggi in vano contra chi fia dal suo favore assolto. Or vanne e fa che in cos lieto giorno piacciale illuminar di gioia il mesto volto e le membra circondar di pompa.

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ismene Sappi, o re, chella da alcun tempo, in quelle ore tranquille ch al riposo e al sonno per noi si dn, dissimulato in vano soffre di febre assalto: alquanti giorni donare forza a rinfrancar suoi spirti. polifonte Il comando intendesti; or tuo dovere lubbidir, non il gracchiare al vento.

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scena quinta Ismene, poi Merope ismene Sventurata reina! A tanti affanni questo mancava ancor, e questo appunto per linfelice il tempo era opportuno da vedersi condurre a nozze, e nozze con Polifonte. O misero destino! merope Da te che volle Polifonte, Ismene? ismene Oim, sposa ti vuole al sol novello. merope Di Cresfonte il pensier tanto mi strinse che questaltro dolore io quasi avea posto in oblio. Ma che? Morte da questo a mio piacer trar mi sapr, sol chio potessi pria del figlio e di sua vita contezza aver. ismene Aggiunse che quel reo, sol perch in suo favor piegar ti vide, ei da morte assicura.

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merope Or vedi, Ismene, socculto arcano qui? Qual nuova cura di secondar con animo s pronto un lampo di desir che in me tralusse? ismene Ecco Euriso che torna e con sereno sembiante; ei ti previen di gi col riso, qual uom che porta in sen liete novelle.

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scena sesta Euriso e detti. euriso Lodato il ciel, regina; io questa volta ti trarr pur daffanno. O se dognaltro trar ti potessi in questo modo un giorno! merope Tu mi rallegri, Euriso; e che mi rechi di cos certo? euriso Io con Adrasto appena a parlar cominciai che venni in chiaro come lucciso dal ladrone al ponte il tuo figlio non fu. merope Grazie agli di, da morte a vita tu mi torni; e pure cresceva in me il sospetto. Or quai di questo aver potesti tu s chiare prove? euriso Io ten dir una sola: il tuo Cresfonte, nodrito in umil tetto e qual di servo figlio tenuto, in basso arnese forza che vada errando.

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merope ver purtroppo. euriso Or sappi che quel misero avea superbe spoglie e ricchi arredi. merope Se quest, Cresfonte ei per certo non fu; tu ben ragioni. Ma quali furon queste spoglie e dove sono? euriso Io di esse questa sola gemma vo che tu vegga: con fatica Adrasto a le mie mani laffid; rimira se un tesoro non vale. merope O quanto, Euriso, io tenuta ti sono! Oim, traveggo? Aita, o di, s chio non mora in questo punto. ismene Che sar mai? euriso Pensar nol posso. merope Ah chio non erro! dessa. Questa gemma avea dunque colui che fu trafitto? euriso Aveala; or che ti turba? merope Avete vinto, perverse stelle; or sarai sazia, o sorte: vibrato hai pur lultimo colpo; o di! euriso Io son confuso.

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ismene Il cor palpita e trema. merope Questo lanel che col bambino io diedi a Polidoro e chio di dar glimposi al figlio mio, se mai giungesse a ferma etade; egli vi giunse, oim, ma in vano. euriso Deh che mai sento! ismene O maraviglia! merope Io madre gi pi non sono; ogni speranza a terra. ismene Deh che forse tu sbagli! E come vuoi dopo s lungo tempo aver s fissa dun anello lidea? Ma inoltre forse non si pn dar due somiglianti gemme? merope Che somigliar? che sbagli? Un lustro intero portata ho in dito questa gemma; questo fu il primo dono del mio sposo, e vuoi che riconoscere or nol sappia? Pensi tu chio sia fuor di senno? Ecco la volpe chegregio mastro vi scolp; con essa spesso improntare il re solea. euriso Ma forse smarrilla il vecchio in s lunghanni, e forse involata gli fu. merope Non gi, ch Arbante custodita appo lui sempre la vide.360 euriso O forza di destino!

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ismene Il cor gliel disse. euriso Presentimento hanno le madri ignoto. merope Or che pi bado? E in questa vita amara che pi trattienmi? Per tantanni tutto il nodrimento mio fu una speranza; 365 or questa al vento; altro non resta: il figlio mio non vedr mai pi. Or Polifonte regner sempre e regner tranquillo. O ingiusti numi! Il perfido, liniquo, il traditor, lusurpator, colui 370 che in crudelt, che in empiet, che in frode qual si fu mai pi scelerato avanza, questo voi proteggete, in questo il vostro favor tutto versate e contra il sangue del buon Cresfonte, contra glinfelici 375 germi innocenti di scoccar v a grado gli strali, e duolvi forse ora che, omai estinti tutti, ove scoccar non resta. euriso Il funesto, impensato, orribil caso mha trafitto cos, cos mha oppresso 380 che assai pi duopo io stesso ho di conforto chatto or mi sia per dar conforto altrui. Non pertanto, o reina, il buon desio e l sommo duol che del tuo duolo io sento fan chio pur ti dir che il tempo questo 385 in cui tu devi richiamare al cuore tutto il valor di tua virt; e siccome sovra il corso mortale ed oltre alluso del tuo sesso in tuttaltro ognaltro hai vinto, cos in durar contra questaspro colpo 390 ugual ti mostra e fa arrossir gli di. Oscure, imperscrutabili, profonde

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Scipione Maffei - Merope

son quelle vie per cui, reggendo i fati, guidar ci suol lalto consiglio eterno. Tu ben sai che il gran re per cui fu tratta la Grecia in armi a Troia, in Auli ei stesso la cara figlia a cruda morte offerse; e sai che l comandr gli stessi di. merope O Euriso, non avrian gi mai gli di ci comandato ad una madre. Un uomo intendere non pu, non pu sentire qual divario ci corra; e poi colei per la salute universale a morte nand come in trionfo, e al figlio mio sotto il braccio plebeo spirar fu forza dun malandrino. Empio ladron crudele, con che astuto parlar, con quai menzogne il fatto dipingea! Chi non gli avrebbe prestata fede? Or odi, Euriso; io in vita non vo pi rimaner; da questi affanni410 ben so la via duscir, ma convien prima sbramar lavido cor con la vendetta. Quel scelerato in mio poter vorrei per trarne prima sebbe parte in questo assassinio il tiranno; io voglio poi con una scure spalancargli il petto, voglio strappargli il cor, voglio co denti lacerarlo e sbranarlo. In ci maita, o fido amico, in ci massisti e dopo ci ti conforma al tempo. La tua fede non avr pi per cui servarsi; omai, segui i felici e quel partito abbraccia per cui son tutti dichiarati i di. euriso S stretto ho l cor che in vece di parole non mi tramanda che singulti e pianto.

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ATTO TERZO

scena prima Polifonte e Adrasto. 1 polifonte Con s gran fretta io ti richiesi, Adrasto, perch felici, alte novelle io sono impaziente di versarti in seno. Cresfonte morto; ei fu colui che al ponte trucidato rest. Dirmi or ben posso re di Messenia, or posso dir che al fine incomincio a regnar. adrasto Veduto ho sempre creder luom di leggr ci che desia. E chi rec s gran novella? polifonte Un servo di Merope, che quanto a lui riesce10 di penetrar mi svela, a ragguagliarmi corso pur or comella su tal morte smania, e il segreto, che per lunga etade tacque s cauta, or forsennata il grida, cruciandosi daver con tanti inganni e con tanto sudor sol conseguito di fabricarsi una maggior sventura. adrasto E tu a lei presti fede? E perch mai chi mentito ha ventanni or dir il vero? polifonte Tu sospetti a ragion; ma io non l credo ai detti suoi, al suo dolore il credo. Videla il servo lacerata il crine, di pianto il sen, piena di morte il volto,

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videla sorger furibonda e a un ferro dar di piglio, impedita a viva forza dallaprirsi nel seno ampia ferita. Or freme ed urla, or duna in altra stanza sen va gemendo e chiama il figlio a nome; qual rondine talor, che ritornando non vede i parti e trova rotto il nido, chalto stridendo gli saggira intorno e parte e riede e di querele assorda. adrasto Ma come mai ci rilev? polifonte Ben chiaro ci non comprese il servo, ma assicura che a dubitar loco non resta. adrasto Or dunque felice te, per cui tutto combatte e in cui favor s armato il caso ancora. Non sol di trre il tuo rival dal mondo, ma s presa anche cura la fortuna di risparmiare a te il delitto. polifonte Ho imposto che si disciolga luccisor, sol chegli del palagio non esca; or vo pensando se il gi prefisso a me troppo noioso imeneo tralasciar si possa. Il volgo non ha pi che sperar, n ci ha in Messene chi regger voglia temerarie imprese. Daltra parte non sprezzabil rischio lavvicinarsi quella furia; imbelle domestico nimico assai pi temo che armato in campo, e tu ben sai che offesa femmina non perdona.

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adrasto Anzi ora il tempo di dare omai con ci lultimo impulso ai voler vacillanti e per tal morte resi dal disperar vr te pi miti. Certo esser di che acquister pi lode questapparenza di piet, che biasmo cento oscuri misfatti. Dellaltera Merope dopo ci fanne a tuo senno. Quanto datroce sen spargesse, allora perder fede presso il volgo, e tutto maldicenza parr. Vuolsi non meno ben tosto ampia inalzar funerea pompa e con lugubre onor, con finto pianto del tuo nemico celebrar la morte, s per mostrar daver cangiato il core, come per publicar ci che ti giova. polifonte Tutto si faccia, e poich vuol Messene esser delusa, si deluda. Quando saran da poi sopiti alquanto e quieti gli animi, larte del regnar mi giovi. Per mute, oblique vie nandranno a Stige lalme pi audaci e generose. Ai vizi, per cui vigor si abbatte, ardir si toglie, il freno allargher. Lunga clemenza con pompa di piet far che splenda sui delinquenti, ai gran delitti invito, onde restino i buoni esposti e paghi renda gliniqui la licenza, ed onde poi fra s distruggendosi, in crudeli gare private, il lor furor si stempri. Udrai sovente risonar gli editti e raddoppiar le leggi che al sovrano giovan servate e trasgredite. Udrai correr minaccia ognor di guerra esterna,

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ondio nandr su latterrita plebe sempre crescendo i pesi e peregrine milizie introdurr. Che pi? Son giunto dovaltro omai non fa mestier che tempo. Anche da s ferma i domni il tempo. adrasto Certo negar non si potr che nato a regnar tu non sia. Quanto col grado, con la mente altrettanto altrui sovrasti.

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scena seconda Egisto e detti. egisto Eccelso re che i miseri difendi e che i decreti di clemenza adorni, sovra di te versi sempre il cielo letizia e pace e ogni desir tadempia. polifonte Il tuo delitto se pur de delitto dirsi il purgar duomini rei la terra poich tanto valore in te palesa, grazia seppe acquistar nel mio pensiero. egisto Qual si fosse il vigor che in quellincontro a mia difesa usai, finchio respiri, sar pronto ad usarlo in tua difesa. polifonte Qual il tuo nome? egisto Egisto il nome mio. polifonte Or io vorrei che di colui che oppresso cadde sotto i tuoi colpi, ancor mi dssi pi precisa contezza.

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egisto Io gi ne dissi quanto ne seppi, e a ci che gi narrai nulla aggiunger potrei. polifonte E pur si trova chi nha notizie assai migliori. Il fatto gi vedi che per me si approva e loda. Nulla hai pi da temer, svelare or puoi francamente ogni cosa: assai mimporta quel chor ti chiedo. De lucciso il corpo, che forse del torrente altri gi trasse, ho spedito a indagar; ma dimmi intanto ci chegli disse e ci che seco avea, ci che togliesti tu, ci che rimase. adrasto Signore, i veggio Ismene, indizio certo che Merope sappressa. Un s noioso incontro sfuggi e l primo impeto schiva del suo dolor; lascia che a suo piacere con luccisor favelli, onde scorgendo che innocente pur sei di questo sangue, nuovo motivo dabborrir tue nozze non le si desti in cor. polifonte Ben pensi, Adrasto, n fia che tempo a investigar ci manchi.

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scenza terza Merope, Egistoe Ismene. ismene Egli qui solo.

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merope Iniquo, orribil ceffo! Or fa chEuriso accorra, e fa che indugio non ci frammetta. egisto O regal donna, o esempio di virtute e donor, lascia chio stempri su le tue vesti in umil bacio il cuore. Quella piet, che a rea prigion mi tolse e che nellombre di mortal periglio balen a mio favor, certo son io che da te il moto e da te preso ha il lume. Gli eterni di pivanti ognora in seno tutti i lor doni, e se cader gi mai dovessi in caso avverso, essi la mano porgano a te, qual tu la porgi altrui. Io per pi non poter, dentro il mio core terger un tempio, in cui, finch lo spirto regger queste membra, in qual mi porti strania terra il destin, la tua memoria e l beneficio tuo per me sonori. Ma tu torbida e in te raccolta ascolti, se pur mascolti, n dun guardo pure mi degni: ingombran forse alti pensieri il regio seno e intempestivo io parlo. Deh perdona il mio fallo e soffri ancora chio di compir lopra ti prieghi: intera la libert sospiro, i patrii amati lari tu sola puoi far chio riveggia ed in te sola ogni mia speme posta.

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scena quarta Euriso, Ismene e detti. euriso Eccomi a cenni tuoi. merope Tosto di lui tassicura. euriso Son pronto; or pi non fugge, se questo braccio non ci lascia. egisto Come! e perch mai fuggir dovrei? Regina, non basta dunque un sol tuo cenno? Imponi, spiegami il tuo voler; che far possio? Vuoi chimmobil mi renda? immobil sono. Chio pieghi le ginocchia? ecco le piego. Chio toffra inerme il petto? eccoti il petto. ismene Chi crederia che sotto un tanto umle sembiante tanta iniquit sasconda? merope Spiega la fascia, e ad un di questi marmi lannoda in guisa che fuggir non possa. egisto O ciel, che stravaganza! euriso Or qua spediamci, e per tuo ben non far n pur sembiante di repugnare o di far forza. egisto E credi tu che qui fermo tuo valor mi tenga? E chuom tu fossi da atterrirmi e trarmi

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in questo modo? Non se tre tuoi pari stessermi intorno; gli orsi a la foresta non ho temuto daffrontare io solo. euriso Ciancia a tuo senno, pur chio qui ti leghi. egisto Mira, colei mi lega, ella mi toglie il mio vigor, il suo real volere venero e temo; fuor di ci, gi cinto tavrei con queste braccia e sollevato tavrei percosso al suol. merope Non tacerai temerario? Affrettar cerchi il tuo fato? egisto Regina, io cedo, io tubbidisco, io stesso qual ti piace madatto; ha pochi istanti chio fui per te tratto dai ceppi ed ecco chio ti rendo il tuo don; vieni tu stessa, stringimi a tuo piacer, tu disciogliesti queste misere membra e tu le annoda. ismene Or non credio che dar potesse un crollo. merope Or va, rcami unasta. egisto Unasta! O sorte! Qual di me gioco oggi ti prendi? E quale commesso ho mai nuovo delitto? Dimmi a qual fine son io qui avvinto e stretto? merope China quegli occhi, traditore, a terra. ismene Eccoti il ferro. euriso Io l prendo e, se t in grado, gliel presento a la gola.

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merope A me quel ferro. egisto Cos dunque morir deggio, qual fiera nei lacci avviluppata e senza almeno saperne la cagion? merope Non la sai eh? Perfido mostro! Or odi: la tua morte fia il minor de tuoi mali; a brano a brano qui lacerar ti vo, se in un momento tutto non sveli o se mentisci. Parla: come scoprillo Polifonte? e come riconoscestil tu? egisto Che mai favelli? merope Non tinfinger, ladron, ch tutto in vano. egisto Regina, in qualche error tua mente corsa; frena lira, ti priego; io ci che chiedi n pur intendo. merope Empio assassin, tuo scempio dal trarti gli occhi io gi comincio. Ancra non mi rispondi? egisto O giusti numi, e come risponder posso a ci che non intendo? merope Che non intendo? Polifonte adunque tu non conosci? egisto Oggi il conobbi, oggi due volte gli parlai; sio mai pi il vidi, sio di lui seppi mai, lonnipotente Giove da le tue mani or non mi salvi.

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ismene Hanno il lor Giove i malandrini ancora? euriso Ma quel sangue innocente e chi tindusse a sparger dunque? egisto Di colui che uccisi parli tu forse? E chi vuoi tu che indotto mabbia? La mia difesa, il naturale amor della mia vita, il caso, il fato, questi fr che mindussero. merope O fortuna, cos dunque perir dovea Cresfonte? egisto Ma comesser pu mai che tanto importi dun vil ladron la morte? merope Audacia estrema! Tu vile, tu ladron, tu scelerato! egisto Eterni di, chio venerai mai sempre, soccorretemi or voi; voi riguardate con occhi di piet la mia innocenza. merope Dimmi: pria di spirar, quellinfelice che disse? Non ti fe preghiera alcuna? Quai nomi profer? Non chiam mai Merope? egisto Io non udii da lui parola. Ma il re pur anco di costui chiedea: che mai sasconde qui? euriso Donna, tu perdi il tempo e la vendetta in questo loco di leggr pu arrivar chi ti frastorni.

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merope Mra dunque il crudele. egisto O cara madre, se in questo punto mi vedessi! merope Hai madre? egisto Che gran dolor fia l tuo! merope Barbaro, madre fui ben anchio e sol per tua cagione or nol son pi; quest ci che ti perde. Morrai, fiero ladrone. egisto Ah padre mio, tu mel dicesti un d chio mi guardassi dal por gi mai nella Messenia il piede. merope Nella Messenia? E perch mai? egisto Bisogna credere ai vecchi. merope Un vecchio il padre tuo? dal capo ai pi m corso un gelo, Euriso, che instupidita mha. Dimmi, garzone: (le cade lasta di mano ) che nome ha... ismene Ecco servi, ecco il tiranno. merope O stelle avverse! Fuggi, Euriso, fuggi tu ancora, Ismene, io nulla curo.

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scena quinta Polifonte, Merope ed Egisto. egisto Accorri, o re, mira qual trattansi in tua corte color che assolvi tu; qui strettamente legato mhanno, a trucidarmi accinti per quella colpa che non pi colpa, poich lapprovi tu che regni e grazia poich appo te seppe acquistare e lode. merope Egli lapprova e loda? E mostr prima dinfuriarne tanto. Ah fui delusa! polifonte Colui si sciolga. egisto O giusto re, la vita dolce mi fia spender per te ad ognora; s gran periglio a giorni miei non corsi. Ma se vivo mi vuoi, tuo regio manto dal furor di costei mi faccia schermo. polifonte Vanne e nulla temer; mortal delitto dor innanzi sar recarti offesa. Premio attendi e non pena, hai fatto un colpo che fra gli eroi tinalza, e l tuo misfatto le imprese altrui pi celebrate avanza. merope Che dubitar? Misera, ed io da un nulla trattener mi lasciai. egisto Or de lavversa sorte ringrazio i colpi, se il mio petto io sol per essi assicurar dovea de la grazia real col forte usbergo. 255

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scena sesta Polifonte e Merope. polifonte Merope, omai troppo tarroghi. Adunque, sa me lavviso non correa veloce, cader vedeasi trucidato a terra chi fu per me fatto sicuro? Adunque veder doveasi in questa reggia avvinto per altrui man chi per la mia fu sciolto? Quel nome, chio di sposa mia ti diedi, troppo ti d baldanza e troppo a torto in mia offesa s tosto armi i miei doni. merope A te che regni e che prestar pur dei sempre ad Astrea vendicatrice il braccio, spiacer gi non dovria che dira armata sovra un empio ladron scenda la pena. polifonte Quanto instabil tu sei! Non se tu quella che poco fa salvo lo volle? Or come in un momento se cangiata? Forse sol dimpugnare il mio piacer taggrada? Se vedi chio l condanni, e tu lassolvi; se vedi chio lassolva, e tu l condanni. merope Io non sapeva allor quantegli reo. polifonte Ed io seppi ora sol quant innocente. merope Pria mi donasti la sua vita, adesso donami la sua morte. polifonte Iniquo fra grazia annullar a Merope concessa.

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Ma perch in ci taffanni s? Qual parte vi prendi tu? Di vendicar quel sangue che mai saspetta a te? Del tuo Cresfonte esso al certo non fu, chei gi bambino mor nelle tue braccia e de la fuga al disagio non resse. merope Ah! scelerato, tu mi dileggi ancora. Or pi non fingi, ti scopri al fin; forse il piacer tu speri di vedermi ora qui morir di duolo. Ma non lavrai; vinto il dolor da lira; s che vivr per vendicarmi. Omai nulla ho pi da temer, correr le vie sapr, le vesti lacerando e l crine, e co gridi e col pianto il popol tutto infiammare a furor, spingere allarmi. Chi vi sar che non mi segua? A lempia tua magion mi vedrai con mille faci; arder, spianter le mura, i tetti, svener i tuoi pi cari, entro il tuo sangue sazier il mio furor. Quanto contenta, quanto lieta sar nel rimirarti sbranato e sparso! Ahi che dichio! che penso! Io sar allor contenta? io sar lieta? Misera, tutto questo il figlio mio riviver non far. Tutto ci allora far si dovea che per cui farlo vera. Or che pi giova? Oim, chi prov mai s fatte angosce? Io l mio consorte amato, io due teneri figli a viva forza strappar mi vidi e trucidare. Un solo rimaso mera appena; io per camparlo mel divelsi dal sen mandandol lungi, lassa! e l piacer non ebbi di vederlo andar crescendo e i fanciulleschi giuochi

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di rimirarne. Vissi ognora in pianto, sempre avendolo innanzi in quel vezzoso sembiante chegli avea, quando al mio servo il porsi. Quante lagrimate notti! quanti amari sospir! quanto disio! Pur cresciuto era al fine e gi si ordiva di porlo in trono e gi pareami ognora dirgli insegnando qual regnar solea il suo buon genitor; ma nel mio core, misera, io destinata infin gli avea la sposa, ed ecco un improviso colpo di sanguinosa inesorabil morte me linvola per sempre e senza chio pur una volta il vegga e senza almeno poterne aver le ceneri, trafitto, lacerato, insepolto ai pesci in preda, qual vil bifolco da torrente oppresso... polifonte Non cetre o lire mi fr mai s grate ( disparte in ) quantora il flebil suon di questi lai, che del spento rival fan certa fede. merope Ma perch dunque, o di, salvarlo allora? Perch finora conservarlo? Ahi lassa, perch tanto nodrir la mia speranza? Ch non farlo perir ne d fatali della nostra ruina, allora quando il dolor della sua misto al dolore di tante morti si saria confuso? Ma voi studiate crudelt; pur ora sul traditor stetti con lasta e voi mi confondeste i sensi, ondio rimasi quasi fanciulla; mi si niega ancora linfelice piacer duna vendetta. Cieli, che mai fecio? Ma tu che tutto mi togliesti, la vita ancor mi lasci?

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Perch se godi s del sangue, il mio ricusi ancor? Per mio tormento adunque vedremti infino diventar pietoso? Tal gi non fosti col mio figlio. O stelle, se del soglio temevi, in monti e in selve a menar tra pastori oscuri giorni chi ti vietava condannarlo? Io paga abastanza sarei, sol chei vivesse. Che mimportava del regnar? Crudele, tienti il tuo regno e l figlio mio mi rendi. polifonte Il pianto femminil non ha misura. Cessa, Merope, omai; le nostre nozze ristoreran la perdita e in brevora tutti i tuoi mali copriran doblio. merope Nel sempiterno oblio sapr ben tosto portargli io stessa; ma una grazia sola donami, o Giove: fa chio non vi giunga ombra affatto derisa e invendicata.

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ATTO QUARTO

scena prima Adrasto e Ismene. adrasto In somma tutto si restringe in questo che, se diman non canger pensiero, e se pronta a seguir la regia voglia non mostrerassi, tutti i suoi pi cari, tutti gli antichi amici, a me ben noti, saranle a forza strascinati innanzi e ad uno ad uno sotto gli occhi suoi saran svenati. Quest ci che imposto ha il re chio a te e che tu poscia a lei senzaltro rechi. ismene O ferit inaudita! o non pi intesi di barbarie esempi! adrasto Non si dolga del mal chi l ben ricusa. ismene Ah questo un ben che tutti i mali avanza. adrasto Il vano immaginar fa inganno ai sensi e dognaltro gioir sa far dolore. ismene Gioir ti sembra il soffrir nozze in tempo che tutto ci che vede e ci che ascolta non le desta nel seno altro che pianto? adrasto Di lei cos han disposto il cielo e l fato. ismene Il ciel lha abbandonata e l fato oppressa. adrasto Quanto pass taccia una volta e oblii.

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ismene Pu ben tacere, ma obliar non puote; ch l silenzio in sua man, ma non loblio. adrasto Di s si dolga chi al peggior sappiglia. ismene Nulla peggio per lei del re crudele. adrasto Crudel chi le offre onor, gioia e diletto? ismene Diletto amaro a chi col cor ripugna. adrasto Perch ripugna a ci chognaltra brama? ismene Ella brama pi tosto e strazio e morte. adrasto S, se non fosse morte altro che un nome. ismene La virt di costei tu non conosci. adrasto Dunque se di virt cotanto abbonda, facciasi una virt conforme al tempo. Gi per disporsi ella non ha che questa omai distesa notte; se tu lami, qual mostri, fa che il suo miglior discerna e che i suoi fidi non esponga a morte. Pazzo l nocchier che non seconda il vento.

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scena seconda Ismene, poi Egisto. ismene Deh qual fine avr mai lamaro giuoco, che di quellinfelice la fortuna si va prendendo? Di veder gi parmi

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che siam giunti a quel punto ovella omai contro s stessa sue minacce adempia, funestandoci or or col proprio sangue e gli occhi e l core. O lagrimevol sorte! egisto Deh, se tarrida il ciel, leggiadra figlia, dimmi, ti priego: chiude ancor s atroce Merope contra me nel cor lo sdegno? Lungo esser suole in regio cor lo sdegno, ed io ne temo s chogni momento mi par daverla con quellasta al fianco e questora notturna, in cui riposo penso che prenda, massicura appena. ismene Sgombra il timor, vano timor che troppo fa torto a lui che regna e a te fa scudo. egisto Ci mi rincora, s; ma per mia pace impetrami da lei, figlia cortese, di qual error non so, ma pur perdono. ismene Uopo di ci non hai, perch il furore, contra di te dentro il suo cor gi acceso, per s si dilegu. egisto Grazie agli di. Ma di tanto furor, di tanto affanno qual ebbe mai cagion? Dai tronchi accenti io raccoglier non seppi il suo sospetto. Certo ingombrolla error e per un vile ladron selvaggio in van si cruccia. ismene Il tutto scoprirti io non ricuso, ma egli duopo che qui tarresti per brevora: urgente cura or mi chiama altrove.

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egisto Io volentieri tattendo quanto vuoi. ismene Ma non partire e non far poi chio qua ritorni indarno. egisto Mia f do in pegno, e dove gir dovrei? Per consumar la notte e alcun ristoro per dar col sonno al travagliato fianco e agli afflitti pensier io miglior loco di questatrio non ho; dove adagiarmi cercher in alcun modo e dove almeno dal freddo della luna umido raggio sar difeso. ismene Io dunque a te fra poco far ritorno. 70

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scena terza Egisto. O di perigli piene, o di cure e daffanni ingombre e cinte case dei re! Mio pastoral ricetto, mio paterno tugurio, e dove sei? Che viver dolce in solitaria parte, godendo in pace il puro aperto cielo, e della terra le natie ricchezze! Che dolci sonni al sussurrar del vento, e qual piacer sorger col giorno e tutte con lieta caccia affaticar le selve, poi ritornando nel partir del sole, ai genitor che ti si fanno incontra,

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mostrar la preda e raccontare i casi e descrivere i colpi! Ivi non sdegno, non timor, non invidia; ivi non giunge daffannosi pensier tormento o brama di dominio e donor. Folle consiglio fu ben il mio, ch tanto ben lasciai per gir vagando. O pastoral ricetto, o paterno tugurio, e dove sei? Ma in questo acerbo d fu tanta e tale la fatica del pi, del cor laffanno, che da stanchezza estrema omai son vinto. Ben opportuni son, se ben di marmo, questi sedili. O quanto or caro il mio letticiuol mi saria! Che lungo sonno vi prenderei! Quanto soave il sonno!

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scena quarta Euriso e Polidoro. euriso Eccoti, o peregrin, qual tu chiedesti nel palagio real; per queste porte alle stanze si passa, ove chi regge suol far dimora; penetrar pi oltre a te non lice. Ma perch dagli occhi cader ti veggo in su le guance il pianto? polidoro O figlio, se sapessi quante dolci memorie in seno risvegliar mi sento! Io vidi un tempo, io vidi questa corte e riconosco il loco: anche in quel tempo cos soleasi illuminar la notte. Ma allor non era io gi qual or mi vedi: fioria la guancia e per vigore, o fosse nel corso o in aspra lotta, al pi robusto,

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al pi legger non la cedea. Ma il tempo passa e non torna. Or io della benigna scorta che fatta mhai, quante pi posso grazie ti rendo. euriso Assai pi volentieri nelle mie case io taverei condotto, perch quivi le membra tue, cui rende let pi del cammino afflitte e lasse, ristorar si potessero. polidoro Io ti priego di qui lasciarmi. E non vuoi tu chio sappia di chi mi fu cos cortese il nome? euriso Euriso di Nicandro. polidoro Di Nicandro chabitava sul colle e che s caro era al buon re Cresfonte? euriso Per lappunto. polidoro Vivegli ancora? euriso Ei chiuse il giorno estremo. polidoro O quanto me ne duole! Egli era umano e liberal; quando appariva, tutti faceagli onor. Io mi ricordo ancora di quando ei festeggi con bella pompa le sue nozze con Silvia, chera figlia dOlimpia e di Glicon, fratel dIpparco. Tu dunque sei quel fanciullin che in corte Silvia condur solea quasi per pompa; parmi laltrieri. O quanto siete presti,

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quanto mai vaffrettate, o giovinetti, a farvi adulti ed a gridar tacendo che noi diam loco! euriso La contezza, amico, che tu mostri de miei, maggior desio risveglia in me desserti grato. Io dunque ti priego ancor che tu dogni mia cosa per mio piacere a tuo piacer ti vaglia. polidoro Altro per or da te non bramo, Euriso, se non che tu mi lasci occulto e nulla con chi che sia di me ragioni. euriso In questo agevol cosa il compiacerti. Addio.

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scena quinta Polidoro ed Egisto che dorme. polidoro Ben mia ventura fu lessermi in questo uom cortese avvenuto, il qual disdetto non mha di qua condurmi anche in tal ora; poich da quel chesser solea mi sembra questa citt cangiata s che quasi io non mi rinveniva. Ottimo ancora consiglio fu, credio, lentrar notturno e inosservato; ch in men nobil parte pria celerommi e bench a pochi noto ed a niun forse sospetto, pure pi cauto fia nelle regali stanze entrar poi di nascosto. Or qui ben posso prender fra tanto alcun riposo. I veggio 155

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un servo l che dorme. Quella veste strano risalto mha destato al core; desio mi viene di vedergli il volto chei si cuopre col braccio. Ma udir parmi gente chappressa; questa porta sapre: convien chio mi nasconda.

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scena sesta Ismene, poi Merope. ismene Or se ti piace, qui dunque attendi. A f chio pi nol veggo! Ben in vano sperai che tener fede 175 ei mi dovesse e forse ancor pi in vano mi lusingava che s sciocco ei fusse di lasciarsi condur l entro. Or dove cercar si possa, i non saprei. Ma taci, Ismene: eccol sepolto in alto sonno. 180 Esci, regina, esci senzaltro; ei dorme profondamente. merope Ed in qual parte? ismene Mira, vedi, se in miglior guisa e pi a tuo senno il ti poteva presentar fortuna. merope vero, i giusti di lhan tratto al varco. 185 Ombra cara, infelice e fino ad ora invendicata del mio figlio ucciso, questolocausto accetta e questo sangue prendi che per placarti a terra io spargo.

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scena settima Polidoro e detti. polidoro Ferma, reina; oim ferma, ti dico. merope Qual temerario! egisto O di, o di, soccorso! Pur ancor questa furia! merope S, s, fuggi. polidoro Tarresta oim, taccheta. merope Fuggi pure per questa volta ancor; da queste mani non sempre fuggirai, non se credessi di trucidarti a Polifonte in braccio. polidoro O di, ch non mascolti? merope Ma tu, pazzo, tu pagherai... la tua canizie il colpo marresta. E qual delirio? e quale ardire? polidoro Dunque pi non conosci Polidoro? merope Che? polidoro S, taccheta, ecco il tuo servo antico; quegli son io, e quei che uccider vuoi, quegli Cresfonte, l figlio tuo. merope Che? vive?

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polidoro Se vive! Nol vedesti? Non vivrebbe gi pi, sio qui non era. 205 merope Oim! polidoro Sostienla, sostienla, o figlia; lallegrezza estrema e limproviso cangiamento al core gli spirti invola: tosto usa, se lhai, alcun sugo vitale; or ben tadopri. Quanto ringrazio i di che a s granduopo 210 trassermi e fr chio differir non volli pur un momento a entrar qua dentro. O quale, sio qui non era, empio inaudito atroce spettacolo! ismene Son io tanto confusa fra lallegrezza e lo stupor, che quasi215 non so quel chio mi faccia. O mia reina, torna, fa core; ora di viver tempo. polidoro Vedi che gi si muove, or si riscuote. merope Dove, dove son io? sogno? vaneggio? ismene N sogni, n vaneggi. Eccoti innanzi 220 il fedel Polidor, che tassicura del figlio tuo, non vivo sol, ma sano, leggiadro, forte e, posso dir, presente. merope Mi deludete voi? Se veramente tu Polidoro? 225 polidoro Guarda pur, rimira; possibile che ancor non mi ravvisi,

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se ben di queste faci al dubbio lume? A te venuto erio, perch in pi parti a cercar di Cresfonte e perch insieme... merope S che se desso; s chio ti ravviso, bench invecchiato di molto. polidoro Ma il tempo non perdona. merope E maccerti ch mio figlio quel giovinetto? E non tinganni? polidoro Come ingannarmi? Pur or l addietro stando, del suo sembiante che da quella parte tutto io scopria, saziati ho gli occhi. Or quale impeto sfortunato e qual destino taccecava la mente? merope O caro servo, empia faceami la piet, del figlio il figlio stesso io luccisor credea. Saccoppir cento cose ad ingannarmi, e lanel, chio ti diedi, ad un garzone da lui trafitto altri asser per certo chei rapito lavesse. polidoro Ei da me lebbe, bench con ordin doccultarlo. merope O stelle, e sar ver che il sospirato tanto, che il s bramato mio Cresfonte al fine sia in Messene? E chio sia la pi felice donna del mondo?

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polidoro Tu di tenerezza fai lagrimar me ancora. O sacri nodi del sangue e di natura! Quanto forti voi siete e quanto il nostro core frale! merope O cielo, ed io strinsi due volte il ferro ed il colpo librai! Viscere mie! Due volte, Polidor, son oggi stata in questo rischio. Nel pensarlo tutta mi raccapriccio e mi si strugge il core. ismene Con cos strani avvenimenti uom forse non vide mai favoleggiar le scene. merope Lode ai pietosi, eterni di che tanta atrocit non consentiro, e lode, Cintia triforme, a te che tutto or miri, dal bel carro spargendo argenteo lume. Ma dov l figlio mio? Da questa parte fuggendo corse; ove si sia, trovarlo sapr ben io. Mia cara Ismene, i credo che morr di dolcezza in abbracciarlo, in stringerlo, in baciarlo. polidoro Ove ten corri? merope Perch marresti? polidoro Sta. merope Lascia. polidoro Vaneggi. Non ti sovvieni tu chentro la reggia di Polifonte or sei? Che sei fra mezzo 250

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a suoi custodi ed a suoi servi? Un solo che col garzon ti veggia in tenerezza, dimmi, non siam perduti? In maggior rischio ei non fu mai, n ci fu mai mestieri di pi cautela. Dominar conviene i propri affetti; e chi non sa por freno a quei desir che quasi venti ognora van dibattendo il nostro cor, non speri dincontrar finch vive altro che pianto. Non sol dabbracciarlo, ma guardati con gran cura tu di dal sol vederlo; perch il materno amor, largin rompendo, non tradisca il segreto ed in un punto di tantanni il lavor non getti a terra. Ma perchei sappia contenersi, io tosto lesser suo scoprirogli e dogni cosa farollo instrutto. Co tuoi fidi poi terrem consiglio e con maturo ingegno si studier di far scoccare il colpo. Tutto sottien, quando prudenza guida. Per altro assai sovente i gravi affari, con gran sudor per lunga et condotti, veggiam precipitar sul fine; e sai, non si lodan le imprese che dal fine; e se ben molto e molto avesse fatto, nulla ha mai fatto chi non compie lopra. merope O fido servo mio, tu se pur sempre quel saggio Polidor. polidoro Non tutti i mali vecchiezza ha seco, ch restando in calma dalle procelle degli affetti il core, se gli occhi foschi son, chiara la mente, e se vacilla il pi, fermo l consiglio. merope Or dimmi: il mio Cresfonte vigoroso?

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polidoro Quanto altri mai. merope Ha egli cor? polidoro Se ha core! Miser colui che farne prova ardisse. Era suo scherzo travagliar le selve e l guerreggiar le pi superbe fere; in cento incontri e cento io mai non vidi orma in lui di timor. merope Ma sar forse indocile e feroce. polidoro Nulla meno. Vr noi, chegli credea suoi genitori, pi mansueto non si vide. O quante e quante volte in ubbidir s pronto scorgendolo e s umil, meco pensando chegli era pure il mio signor, il pianto mi vena fino a gli occhi e mera forza appartarmi ben tosto ed in segreto sfogare a pieno il cor, lasciando aperto a le lagrime il corso. merope O me beata! Non cape entro il mio core il mio contento. E ben di tutto ci veduto ho segni; ch s umil favellar, s dolci modi meco egli us che nulla pi; ma quando altri afferrar lo volle, oh se veduto lavessi! Ei si rivolse qual leone e se ben cesse al mio comando, ei cesse quasi mastin, cui minacciando sopra con dura verga il suo signor, che i denti

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mostra e raffrena e in ubbidir feroce sabbassa e ringhia e in un sumilia e freme. O destino cortese, io ti perdono quanti mai fr tutti i miei guai; sol forse perdonar non ti so chor io non possa stringerlo a mio piacer, mirarlo, udirlo. Ma quale, o mio fedel, qual potr io darti gi mai merc che i merti agguagli? polidoro Il mio stesso servir fu premio, ed ora m il vederti contenta ampia mercede; che vuoi tu darmi? Io nulla bramo; caro sol mi saria ci chaltri dar non puote; che scemato mi fosse il grave incarco degli anni che mi sta sul capo e a terra il curva e preme s che parmi un monte. Tutto loro del mondo e tutti i regni darei per giovinezza. merope Giovinezza per certo un sommo ben. polidoro Ma questo bene chi lha nol tien, che, mentre lha, lo perde. merope Or vien, ch sarai lasso e di riposo sommo bisogno avrai. polidoro M intervenuto qual suole al cacciator che al fin del giorno si regge appena e appena oltre si spinge; ma se a sorte sbucar vede una fera, donde meno il credeva, agile e pronto lo scorgi ancra e de suoi lunghi errori non sente i danni e la stanchezza oblia.

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Pur tubbidisco e seguo. Qusta scure qui lasciar non si vuol. merope Bench in balia del suo fatal nimico or sia Cresfonte, attristarmi non so, temer non posso, ch preservato non lavrebbe in tanti e s strani perigli il sommo Giove, se custodir poi nol volesse ancora in avvenir. polidoro Facciam, facciam noi pure quanto per noi si de, ch lavvenire caligin densa e impenetrabil notte sempre circonda e lhanno in mano i di.

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ATTO QUINTO

scena prima Polidoro e Egisto. egisto Padre, non pi, non pi; ch se creduto avessi io mai di tal recarti affanno, morto sarei prima che por gi mai fuor de la soglia il pi. Fra pochi giorni io ritornar pensai; ma strani tanto, come pur ora i ti narrava, e tanto acerbi casi sono in che mavvenni, chebbi a bastanza nellerror la pena. polidoro Ma cos va chi a senno suo si regge. egisto Tu mai pi declinar da tuoi voleri non mi vedrai; e poich fatto ha l cielo che qui mi trovi, io ti prometto ognarte ben tosto usar, perch mi sia concesso partirmi e tornar teco al suol natio. polidoro Sami il tuo suol natio, partir non di. egisto Vuoi che lasci in dolor la madre antica? polidoro La madre tua qui ti desia. egisto Qui? forse perchora ho il padre appresso? polidoro Anzi la madre hai presso e il padre troppo lungi.

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egisto Come? Che di tu mai? Qui tra le fauci a morte sempre sar; vuol Merope il mio sangue. polidoro Anzi ella il sangue suo per te darebbe. egisto Se gi due volte trucidar mi volle! polidoro Odio pareva, ed era estremo amore. egisto Me naccorgeva io ben, se il re non era. polidoro Ma non taccorgi ancor chei vuolti estinto. egisto Se dallaltrui furore ei mi difese! polidoro Amor pareva, ed odio era mortale. egisto Padre, che parli? Quai viluppi e quali nuovi enigmi son questi? polidoro O figlio mio, o non pi figlio, giunto il tempo omai che lenigma si scioglia, il ver si sveli; gi tha condotto il fato ove non puoi senza tuo rischio ignorar pi te stesso. Perci nel primo biancheggiar del giorno a ricercarti io venni; alto segreto scoprir ti deggio alfin. egisto Tu mi sospendi lanimo, s che il cor mi balza in petto. polidoro Sappi che tu non se chi credi; sappi chio tuo padre non son, tuo servo i sono; n tu dun servo, ma di re sei figlio. 20

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egisto Padre, mi beffi tu? scherzi, o ti prendi gioco? polidoro Non scherzo no, ch non questa materia o tempo da scherzar; richiama tutti i tuoi spirti e ascolta. Il nome tuo non Egisto, Cresfonte. Udisti mai che Cresfonte, gi re di questa terra, ebbe tre figli? egisto Udilo, e come uccisi fur pargoletti. polidoro Non gi tutti uccisi fur pargoletti, poich il terzo dessi se tu. egisto Deh che mai narri! polidoro Il ver ti narro: tu di quel re sei figlio; allempie mani di Polifonte Merope tua madre ti sottrasse ed a me suo fido servo ti di, perchio l ti nodrissi occulto e a la vendetta ti serbassi e al regno. egisto Son fuor di me per meraviglia e in forse mi sto sio creda o no. polidoro Creder mi di, ch quanto dico, il giuro, e quella gemma gemma regal Merope a me gi diede; e spento or ti volea, perchaltri a torto le asser che rapita altrui lavevi, e lomicida in te di te cercava.

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egisto Ora intendo, o gran Giove. Ed pur vero che mi trasformo in un momento e chio pi non son io? Dun re son figlio? dunque mio questo regno, io son lerede. polidoro vero, saspetta il regno a te, se tu lerede. Ma quanto e quanto... egisto In queste vene adunque scorre il sangue dAlcide. O come io sento farmi di me maggior! Ah! se tu questo, se questo sol tu mi scoprivi, io gli anni gi non lasciavo in ozio vil sommersi; grideria forse gi fama il mio nome; e ravvisando omai lerculee prove, forse i Messeni avrianmi accolto e infranto avriano gi del rio tiranno il giogo. I mi sentia ben io dentro il mio petto un non so qual non ben inteso ardore, che spronava i pensier, n sapea dove. polidoro E perci appunto a te celar te stesso doveasi; il tuo valor scopriati, e allarmi di Polifonte e tesponea allinique sue varie frodi. egisto In questo suolo adunque fu di mio padre il sangue sparso? In questo glinnocenti fratelli... E quel ribaldo pur anco regna? e va superbo ancora del non suo scettro? Ah! fia per poco; io corro a procacciarmi un ferro; immerger tutto gliel vo nel petto, qui fra mezzo a tutti i suoi custodi; io vo che ci senzaltro segua; del resto avranne cura il cielo.

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polidoro Ferma. egisto Che vuoi? polidoro Dove ne vai? egisto Mi lascia. polidoro O cieca giovent! Dove ti guida sconsigliato furor? egisto Perch taffanni? polidoro La morte... egisto Altrui la porto. polidoro A te laffretti. egisto Lasciami al fin. polidoro Deh, figlio mio ch figlio sempre ti chiamer vedimi a terra: per questo bianco crin, per queste braccia con cui ti strinsi tante volte al petto, se nulla appresso te lamor, se nulla pnno impetrar le lagrime, raffrena cotesto insano ardir; piet ti muova de la madre, del regno e di te stesso. egisto Padre, ch padre ben mi fosti, sorgi; sorgi, ti prego, e taci; io vo che sempre tal mi veggia vr te, qual mi vedesti. Ma non vuoi tu chomai marmi a vendetta?

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polidoro S voglio; a questo fin tutto sinora s fatto; ma le grandi ed ardue imprese 110 non precipizio, non furor, le guida solo a buon fin saper, senno, consiglio, dissimulare, antiveder, soffrire. I giovani non sanno; io mostrerotti come tabbi a condur; ma creder dei, 115 ch mi credea tuo padre ancora, e i saggi suoi consiglier non disprezzaron mai il mio parere. E pur quali uomin fro! Non ci son pi di quelle menti. egisto E credi tu che se questo popolo scorgesse 120 lodiato usurpator morder la terra, e che sio mi scoprissi, entro ogni core non pugnasse per me lantica fede? polidoro Qual fede? O figlio, or non son pi que tempi. A tempo mio ben si vedea, ma ora 125 troppo intristito l mondo e troppo iniqui gli uomini son fatti. Io mi ricordo e voglio narrarlo: erasi... egisto Taci, esce il tiranno. polidoro Fuggiam, ci occulteremo dietro quelle colonne. 130

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scena seconda Polifonte e Adrasto. polifonte Tu maffretti assai per tempo, ben sollecito sei. adrasto Gi tutto in punto. Coronati di fior, le corna aurati stannosi i tori al tempio; arabi fumi di peregrino odor, di lieto suono musici bossi empiono laria; immensa turba raccolta e gi festeggia e applaude. polifonte Or Merope si chiami. Io di condurla a te lascio il pensier. Precorrer voglio ed ostentarmi al volgo, esso schernendo che non ha mente, ed i suoi sordi di, che non ebbero mai mente n senso. Qual uom, qual dio trmi di man lo scettro potrebbe or pi, poich son ombra e polve tutti color che gi potean sul regno vantar diritto? Il mio valore, Adrasto, il senno mio fro i miei di. Con questi di privato destin scossi loltraggio, e fra larmi e fra l sangue e fra i perigli a un soglio alfin mapersi via; con questi io fermo ci terr per sempre il piede. Fremano pur invan la terra e l cielo. Parmi Merope udir; di lei tu prendi cura, e sancor contrasta, un ferro in seno vibrale al fine; e se con me non vuole, a far sue nozze con Pluton sen vada.

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scena terza Merope, Ismene e Adrasto. merope O qual supplizio, Ismene, o qual tormento! ismene Fa core al fin. merope Mai non mi diero i di senza un ugual disastro una ventura. ismene Vinci te stessa e ai lieti d ti serba. merope Cresfonte mio, per te soffrir m forza. adrasto Reina, io pur tattendo: or che pi badi? merope Di malvagio signor servo peggiore. adrasto Ad opra cos lieta in mesto ammanto? merope Del sommo interno affanno esso fa fede. adrasto Offende questaffanno il tuo consorte. merope Che d tu? Non per anco mio consorte. adrasto O questo, o de tuoi cari un fiero scempio. merope Pensamento maligno, empio, infernale! ismene (in disparte ) Cedi, cedi al destin; non far che guasto resti il gran colpo gi a scoccar vicino. merope Questo il solo pensier che pur mi frena dal trapassarmi il sen; questa la speme

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per cui ceder vorrei, per cui mi sforzo far violenza al mio cor. Ma oim rifugge lanimo e si disdegna e inorridisce. adrasto Se di strage novella or or non vuoi carco vedere il suol, tronca ognindugio; condur per me si dee la sposa al tempio. merope Di pi tosto la vittima. adrasto E che? Forse nuovo parr, qualora pur si veggia regal donna esser vittima di stato? merope Ma si vada: sul fatto i di forsanco nuovo nel cor maccenderan consiglio. Andianne, Ismene, omai.

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scena quarta Egisto e Polidoro. egisto Quella mia madre, chor strascinata l? polidoro Ben duro passo quello a cui lastringe il fier tiranno. Ma che sha a far? Forse da questo male alcun ben nuscir: la sofferenza e ladattarsi al tempo non di rado han cangiato in antidoto il veleno. egisto Io men vo gire al tempio e la solenne pompa veder. 185

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polidoro Vanne; curiosa brama punge i cor giovinetti: vanne, figlio, chio seguir non ti posso; a quella calca reggere i non potrei. Se tal mi fossi qual era allor che i lunghi interi giorni seguiva in caccia il padre tuo, ben franco accompagnare i ti vorrei; ma ora, se il desio mi sospinge, il pi vien manco. Vanne, ma avverti ognor che di tua madre locchio sopra di te cader non possa. egisto Vano che tu di ci pensier ti prenda.

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scena quinta Polidoro e poi Euriso. polidoro Ben ebbe avverse al nascer suo le stelle quella misera donna. O quanto egli erra chiunque da laltezza de lo stato felicit misura! E quanto insano l vulgo che si crede ne superbi palagi albergo aver sempre allegrezza! Chi presso a grandi vive a pien conosce che, quant pi sublime la fortuna, tanto i disastri son pi gravi, e tanto pi atroci i casi, pi le cure acerbe. euriso Ospite, ancor se qui? Molto m caro di rivederti; ma tu fermo hai l piede in reggia scelerata, in suol crudele. polidoro Amico, il mondo tutto pien di guai; terra facil cangiar, ma non ventura.

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Piacque cos agli di. Miser chi crede e pur chi non lo crede? i giorni suoi menar lieti e tranquilli. questa vita tutta un inganno, e trapassar si suole sperando il bene e sostenendo il male. euriso Ma perch tu, che forastier qui sei, non vai nel tempio a rimirar la pompa del ricco sagrificio? polidoro Oh! curioso punto i non son; pass stagione, assai veduti ho sagrifici. Io mi ricordo di quello ancora, quando il re Cresfonte incominci a regnar. Quella fu pompa! Ora pi non si fanno a questi tempi di cotai sagrifici. Pi di cento fr le bestie svenate; i sacerdoti risplendean tutti, e dove ti volgessi, altro non si vedea che argento ed oro. Ma ben parmi che a te caler dovrebbe limeneo de tuoi re. euriso Deh, se sapessi in che dee terminar tanto apparato di gioia! Io non ho cor per ritrovarmi presente a s funesto, orribil caso. polidoro Qual caso avvenir pu? euriso Shai gi contezza di questa casa, tu ignorar non puoi quanto a Merope amare e quanto infauste sien queste nozze. Or sappi chella in core gi si ferm, dove a s duro passo costretta fosse, in mezzo al tempio, a vista

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del popol tutto, trapassarsi il core. Cos sottrarsi elegge, e si lusinga che a spettacol s atroce alfin si scuota il popol neghittoso e sul tiranno si scagli e l faccia in pezzi. Ella purtroppo donna da ci; senzaltro il fa. Su lalba mand per me con somma fretta; il cielo fe chio non giunsi a tempo; ella per certo darmi volea lultimo addio. Infelice, sventurata reina! polidoro Oh come il core trafitto or mhai! ben la vidio partire trasfigurata e di pallor mortale gi tinta. O acerbo, o lagrimevol fine duna tanta reina! euriso Ma non odi dal vicin tempio alto romor? polidoro Ben parmi dudire alcuna cosa. euriso Al certo fatto il colpo, e se perci sorse tumulto, la sorte dei miglior correr vo anchio.

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scena sesta Polidoro, poi Ismene. polidoro O me infelice! E che giovaron mai tanti rischi e sudor! Senza costei che pi far si potr?

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ismene Pietosi numi, non ci abbandoni in questo d la vostra aita. polidoro Oim, figlia, ove vai? Deh ascolta. ismene Vecchio, che fai tu qui? Non sai tu nulla? Sagrificio inaudito, umano sangue, vittima regia... polidoro O destino! In qual punto mi traesti tu qua! ismene Che hai? Tu dunque, tu piangi Polifonte? polidoro Polifonte? ismene S, Polifonte; entro il suo sangue ei giace. polidoro Ma chi luccise? ismene Il figlio tuo luccise. polidoro Col, nel tempio? O smisurato ardire! ismene Taci chei fece un colpo, onde il suo nome cinto di gloria ad ogni et sen vada; gli eroi gi vinse e la sua prima impresa forse le tante del grandavo oscura. Era gi in punto il sagrificio, e i peli del capo il sacerdote avea gi tronchi al toro per gittargli entro la fiamma; stava da un lato il re, dallaltro in atto di chi a morir sen va Merope; intorno

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la varia turba rimirando, immota e taciturna. Io, chera alquanto in alto, vidi Cresfonte aprir la folla e innanzi farsi a gran pena, acceso in volto e tutto da quel di pria diverso; a sboccar venne poco lungi dallara e ritrovossi dietro appunto al tiranno. Allora stette alquanto, altero e fosco, e locchio bieco gir dintorno. Qui il narrar vien manco; poich la sacra preparata scure, che fra patere e vasi aveva innanzi, lafferrare a due mani e orribilmente calarla e allempio re fenderne il collo fu un sol momento; e fu in un punto solo chio vidi il ferro lampeggiare in aria e che il misero a terra stramazz. Del sacerdote in su la bianca veste lo spruzzo rosseggi; pi gridi alzrsi, ma in terra i colpi ei replicava. Adrasto, chera vicin, ben si avvent; ma il fiero giovane, qual cignal, si volse e in seno gli piant la bipenne. Or chi la madre pinger potrebbe? Si scagli qual tigre, si pose innanzi al figlio ed a chi incontra veniagli, opponea il petto. Alto gridava in tronche voci: figlio mio, Cresfonte; questi l re vostro; ma il romor, la calca tutto opprimea: chi vuol fuggir, chi innanzi vuol farsi; or spinta or risospinta ondeggia, qual messe al vento, la confusa turba e lo perch non sa; correr, ritrarsi, urtare, interrogar, fremer, dolersi, urli, stridi, terror, fanciulli oppressi, donne sossopra. Oh fiera scena! Il toro, lasciato in sua bala, spavento accresce, e salta e mugge: echeggia dalto il tempio;

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chi saffanna duscir preme e singorga e per troppo affrettar ritarda. In vano le guardie l, che custodian le porte, si sforzaro dentrar, ch la corrente le svolse e seco alfin le trasse. Intanto erasi intorno a noi drappel ridotto dantichi amici; sfavillavan gli occhi dellardito Cresfonte, e altero e franco savvi per uscir fra i suoi ristretto. Io che disgiunta ne rimasi, al fosco adito angusto che al palagio guida, mi corsi, e gli occhi rivolgendo vidi sfigurato e convolto orribil vista! spaccato il capo e l fianco, in mar di sangue Polifonte giacer; proteso Adrasto ingombrava la terra, e semivivo contorcendosi ancor, mi fe spavento, gli occhi appannati nel singhiozzo aprendo. Rovesciata era lara e sparsa e infranti canestri e vasi e tripodi e coltelli. Ma che bado io pi qui? Dar larmi ai servi, assicurar le porte e far ripari tosto si converr, chaspro fra poco senzalcun dubbio soffriremo assalto.

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scena settima Polidoro, poi Merope, Egisto, Euriso. con sguito daltri . polidoro Senza del vostro alto, immortal consiglio gi non veggiam s fatti casi, o di. Voi dal cielo assistete. O membra mie, perch non ste or voi quai foste un tempo? Come pronto e feroce or io... Ma ecco...

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merope S s, o messeni, il giuro ancora: questi, questi il mio terzo figlio; io l trafugai, io loccultai finor; questi lerede, questi del vostro buon Cresfonte il sangue: di quel Cresfonte che non ben sapeste se fosse padre o re; di quel Cresfonte che s a lungo piangeste. Or vi sovvenga quanto ei fu giusto e liberale e mite. Colui che l dentro il suo sangue involto quel tiranno, quel ladron, quellempio ribelle, usurpator, che a tradimento del legittimo re, de figli imbelli trafisse il sen, sparse le membra; quegli chogni dritto viol, che prese a scherno le leggi e i di; che non fu sazio mai n doro, n di sangue, che per vani sospetti trucid tanti infelici ed il cener ne sparse, e fin le mura arse, spiant, distrusse. A qual di voi padre o fratel, figlio, congiunto o amico non avr tolto? E dubitate ancora? Forse non vaccertate ancor che questi sia il figlio mio? sia di Cresfonte il figlio? Se alle parole mie non lo credete, credetelo al mio cor; credete a questo furor daffetto, che mha invasa e tutta magita e avvampa: eccovi il vecchio, il cielo mel manda innanzi, il vecchio che nodrillo. polidoro Io, io... merope Ma che? che testimon? che prove? Questo colpo lo prova: in fresca etate non satterran tiranni in mezzo a un tempio da chi discende altronde e nelle vene

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non ha il sangue dAlcide. E qual speranza or pi contra di noi nodrir potranno Elide e Sparta, se dellarmi vostre sia conduttor s fatto eroe? euriso Reina, nasce il nostro tacer sol da profonda meraviglia che il petto ancor cingombra, e pi dogni altro a me; ma non pertanto certa sii pur chognun, che qui tu vedi, correr vuol teco una medesma sorte. Sparso nel popol gi che di Cresfonte questi il figlio; se lantico affetto, o se pi in esso stupidezza e oblio potran, vedremo or or; ma in ogni evento contra i seguaci del tiranno e larmi il nostro re che nostro re pur sia avr nel nostro petto argine e scudo. egisto Timor si sgombri; ch se meco amici voi siete, io darmi e di furor mi rido.

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scena ultima Ismene e detti. ismene Che fai, regina? Che pi badi? merope Oim, che porti? ismene Il gran cortil... non odi i gridi? Corri e conduci il figlio.

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egisto Io, io vaccorro. Resta, reina. ismene Il gran cortile pieno dimmensa turba, uomini e donne; ognuno chiede leroe che l fier tiranno uccise, veder vorrebbe ognuno il re novello. Chi rammenta Cresfonte e chi descrive il giovinetto: altri dimanda ed altri narra la cosa in cento modi. I viva fendono laria; infino i fanciulletti batton le man per allegrezza; forza, credi, egli forza lagrimar di gioia. merope O lodato sia tu che tutto reggi e che tutto disponi. Andiamo, o caro figlio, tu sei gi re; troppo felice oggi son io; senza dimora andianne, finch bolle nei cor s bel desio. egisto Credete, amici, che s cara madre m assai pi caro dacquistar che il regno. polidoro Giove, or quando ti piace, ai giorni miei imponi pur il fin: de miei desiri veduta gi la mta; altro non chieggio. egisto Reina, a questo vecchio io render mai ci che gli debbo non potrei; permetti che a tenerlo per padre io segua ognora. merope Io pi di te gli debbo, e assai mi piace di scorgerti s grato e che il tuo primo atto e pensier di re virt governi.

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