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ADAMO ED EVA

Eva e Adamo sono considerati dai cattolici i progenitori di tutto il genere umano. La loro
storia ci viene raccontata fin da quando siamo bambini, ed è bella e terribile, perché
racconta dell’immenso amore di Dio, che scelse di creare queste due creature speciali per
far loro dono del mondo meraviglioso appena scaturito dalle sue mani, ma racconta anche
del peccato originale e di come il primo uomo e la prima donna delusero il loro Padre,
meritando di essere cacciati dal suo Paradiso.

Ma la storia di Adamo ed Eva nasconde in sé significati molto più profondi, che meritano
sicuramente un esame più accurato. Ci basti pensare al fatto che accettare la loro esistenza
significa riconoscere che tutta l’umanità discende dalla stessa coppia, e dunque che siamo
tutti un’unica grande famiglia. Un concetto non indifferente, soprattutto in tempi in cui
l’amore, la fratellanza e la misericordia vengono messi costantemente in discussione.

Vale dunque la pena soffermarci un momento su questa storia antica e affascinante, sui
significati che nasconde, e che sono alla base della dottrina cattolica fin dalle sue origini.
Concetti come il peccato originale e la mela del peccato hanno condizionato e regolato la
vita di innumerevoli uomini e donne nel corso dei millenni, e ancora oggi noi viviamo il
retaggio di quella colpa, di quel marchio d’infamia che ha segnato l’umanità tutta, e che
solo il sacrificio di Gesù ha potuto rimettere in discussione.

La storia della mela, il frutto proibito che avrebbe reso Adamo ed Eva uguali a
Dio, donando loro la conoscenza del bene e del male, non è solo una storia per bambini.
Anzi, essa è alla base della religione cattolica. Infatti la conseguenza del peccato originale è
stata la caduta dell’uomo, la rottura della tacita alleanza tra lui e Dio, gli effetti della quale
si ripercuotono da millenni sull’umanità tutta. È da quel singolo atto di disobbedienza che
tutti i mali dell’uomo traggono origine. Prima di esso l’uomo era perfetto, immune dalle
malattie e dalle ferite, immortale, felice.

Questo atto nasce dalla volontà dell’uomo di poter decidere da solo cosa sia il bene, cosa sia
il male, invece di affidarsi all’infinita saggezza e all’infinito amore di Dio.

Il racconto del peccato originale, dalla tentazione da parte del serpente, al gesto di Eva di
prendere la mela dall’albero e offrirla ad Adamo (albero che non va confuso con l’albero
della vita. Potete trovare maggiori informazioni nell’articolo dedicato al significato
dell’albero della vita), è impregnato di riferimenti a innumerevoli racconti sacri precedenti.
Interessante come le parole del serpente tentatore siano sufficienti a instillare nella prima
donna il seme del dubbio, la convinzione che l’ordine di Dio di non mangiare i frutti
dell’albero sia stata ingiusta. Soprattutto, fa riflettere il fatto che la promessa del serpente,
che dice a Eva che mangiando la mela proibita lei e Adamo otterranno la conoscenza del
bene e del male, diventando in pratica come Dio, risulti così irresistibile.
Dopo che la mela è stata colta e assaggiata, tuttavia, la prima e unica cosa di cui Adamo ed
Eva diventano consapevole è la propria nudità.
La vergogna è il primo sentimento negativo provato dal primo uomo e dalla prima donna,
un istante dopo la loro caduta.
Scoperta subito la disobbedienza, Dio convoca i tre colpevoli, che tentano di scagionarsi
incolpandosi l’uno con l’altro.
La punizione di Dio li colpisce tutti, per primo il serpente, che viene maledetto, poi la
donna, Eva, condannata alle sofferenze del parto e a essere sottoposta all’uomo, infine
Adamo, condannato a dover trarre con fatica e sudore i frutti dalla terra che fino ad allora
era stata prodiga e generosa con lui. Infine, e questo è certo il male peggiore derivato da
questo atto sconsiderato, Dio condanna l’uomo e la donna, e con essi tutti i loro
discendenti, alla morte fisica, laddove prima essi erano immortali. Occorrerà attendere
migliaia di anni, e l’avvento di Gesù Cristo, perché questa terribile rottura possa conoscere
la speranza di una riconciliazione. In Gesù i figli di Adamo conoscono la possibilità di
riscatto, il miraggio della vita eterna alla fine dei tempi, e solo per chi la saprà meritare.
IL MITO DI PANDORA E PROMETEO

Nei tempi dei tempi, quando agli uomini era concesso di sedersi al cospetto degli dei,
viveva Prometeo. Era un Titano giusto e pietoso ed era dotato di molta compassione per gli
uomini. Per questo motivo, un giorno, per cambiare le sorti dell’umanità, rubò il fuoco a
Zeus con l’intenzione di rendere gli uomini più coscienti ed indipendenti dagli dei.

Zeus punì Prometeo incatenandolo ad uno scoglio e gli fece divorare il fegato da un’aquila
ogni giorno. L’organo ricresceva durante la notte ricresceva e l’uomo veniva torturato di
nuovo il giorno seguente.

Per punire gli uomini invece, il Padre degli dei ordinò ad Efesto di plasmare una bellissima
donna, di nome Pandora dotata di grandi virtù.

Ermes l’aveva dotata di astuzia e curiosità, e la condusse dal fratello di Prometeo,


Epimeteo. Questi nonostante l’avvertimento del fratello di non accettare doni da Zeus,
sposò Pandora e ricevette anche un vaso (uno scrigno), con la premessa di
doverlo solo custodire e di non aprirlo per nessun motivo.

I due passarono molto tempo insieme e felici, ma in Pandora cresceva sempre più
il desiderio di sapere cosa c’era all’interno di quel misterioso vaso. Mossa dalla curiosità, la
donna disobbedì a Epimeteo e aprì il vaso, eseguendo inconsapevolmente l’astuto piano
di Zeus. Da esso uscirono gli spiriti maligni della vecchiaia, gelosia, malattia, pazzia e
il vizio.

Sul fondo del vaso rimase soltanto la speranza, che non fece in tempo ad allontanarsi
prima che il vaso venisse chiuso di nuovo. Prima di questo momento l’umanità aveva
vissuto libera da mali, fatiche o preoccupazioni e gli uomini erano, così come gli dei,
immortali. Dopo l’apertura del vaso il mondo divenne un luogo desolato ed inospitale,
simile ad un deserto, finché Pandora lo aprì nuovamente per far uscire anche la speranza,
l’ultima a morire, così il mondo riprese a vivere.

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