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Sara la prima delle madri

Premessa

Mi sembra importante porre all’inizio di questo corso una premessa a proposito della creazione dell’uomo e della donna, dal momento che siamo soliti dire che Dio crea
l’uomo a sua immagine e somiglianza (1,26). Dio creò (Adam) l’umanità (singolare) in una duplice versione: maschile e femminile. Entrambi siamo immagine e
somiglianza di Dio e lo siamo come insieme (MD,6). L’umanità, in quanto tale, è formata dalla terra (adam= creatura di terra, che viene dal suolo). Quindi adam è nome
collettivo.

<<Poi il Signore Dio disse: “Non è bene che l`uomo sia solo: gli voglio fare un aiuto che gli sia simile”.Allora il Signore Dio plasmò dal suolo ogni sorta di bestie selvatiche e
tutti gli uccelli del cielo e li condusse all`uomo, per vedere come li avrebbe chiamati… Così l`uomo impose nomi … ma l`uomo non trovò un aiuto che gli fosse simile… Il
Signore Dio plasmò con la costola, che aveva tolta all`uomo, una donna e la condusse all`uomo>> (cfr. Gen 2,18-21).

Un problema di relazionalità

Soltanto quando Dio dalla creatura di terra forma la donna, il resto della creatura di terra sa di essere maschio, acquista, cioè, la sua personale identità. Il primo nome
proprio è dato alla donna di fronte alla quale l’uomo acquista la sua personale consapevolezza. Dal momento che la ‘creatura di terra’ non può stare sola Dio vuole
creare un aiuto appropriato, che non significa subordinato. Dalla bocca della creatura di terra, che scopre la sua identità, sgorga il primo canto umano, vedendo la
donna. La donna, immagine vivente di Dio, è reciproca all’uomo, è il suo tu essenziale, l’alterità che permetta la sua identificazione:

<<Allora l`uomo disse: “Questa volta essa è carne dalla mia carne e osso dalle mie ossa. La si chiamerà donna perché dall`uomo è stata tolta”. Per questo l`uomo abbandonerà
suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una sola carne. Ora tutti e due erano nudi, l`uomo e sua moglie, ma non ne provavano vergogna>> (Gen 1,23-25).

La creatura fatta di terra dà nome agli animali ma non il nome alla donna, dinanzi alla quale usa il passivo “sarà chiamata”. L’uomo non ha posizioni di dominio sulla donna.
Adamo ed Eva sono l’essere umano totale di cui incarnano valori particolari. Il termine aiuto (ezer) non indica un aiuto limitato al lavoro o alla riproduzione, ma un aiuto
esistenziale. Nella Bibbia il termine aiuto ricorre 21 volte e indica l’aiuto che viene da Dio (Sal 121,1-2, Es 18,4, Is 30,5). E’ quel tipo d’aiuto che significa alleato, soccorso
personale. E’ l’aiuto di uno che sta di fronte, di una persona dello stesso genere. Il pericolo è sempre connesso con la morte. Senza la donna l’uomo incorre nel pericolo della
solitudine, che è una maledizione. La donna aiuto dell’uomo deve fornirgli questo appoggio personale necessario nella sua lotta per la vita. La donna per compiere questo
ruolo deve essere all’altezza del suo compagno, ‘suo omologo’.
Eva la madre dei viventi: dopo la narrazione del peccato, la donna è chiamata Eva, deriva da vivere e significa ‘madre dei viventi’. Paragonando i racconti biblici della
creazione con quelli delle culture contemporanee, solo nella Bibbia (Gen 2,21-23) la creazione giunge a pienezza soltanto con la creazione della donna, corona dell’attività
creatrice di Dio. Nei racconti mitici la donna è solo seduttrice. Attraverso la seduzione fa entrare l’uomo nella sfera della divinità. Nella Bibbia la donna è solidale con
l’uomo, è creatura non dea, è aiuto, sposa, seduttrice, ma anche madre dei viventi, quindi anche dell’uomo!
Il nome di Eva dice vita, anche se il suo peccato rende morenti. Ma il nome vita porta con sé la speranza e la scommessa che dalla morte nasce la vita.

Le donne della Genesi

Il libro della Genesi non presenta solo personaggi maschili, oltre ad Eva, prendono rilievo le figure delle matriarche, vero aiuto corrispondente per i patriarchi. Senza di esse
costoro non avrebbero potuto costruire la storia così come hanno fatto.
<< Israele ha tre padri: Abramo, Isacco e Giacobbe. Questa, dice Filone, è la triade più invidiabile perché ha dato origine ad una razza unica, che è definita dalle sacre
1
Scritture come, regale, sacerdotale e nazione santa (cfr. Es 19,6). Israele inoltre ha quatto madri: Sara, Rebecca, Rachele Lia, o sei se si includono Bila e Zilpa , le schiave
delle mogli di Giacobbe>>.
Come il mondo maschile si presenta con luci ed ombre (ricerca sincera di Dio, ascolto delle sua Parola, insieme a menzogne ed astuzie) così anche quello femminile.
L’attenzione alla loro storia verte su questi punti:
1
Aristide Serra, Miryam Figlia di Sion. La Donna di Nazaret e il femminile a partire dal giudaismo antico, Paoline, 1997, p.74.

1
 giovinezza
 matrimonio
 sterilità- maternità
 morte

Solitamente delle matriarche si sottolinea il ruolo di moglie e di madre dentro l'ambito familiare,
mentre sono escluse da quello pubblico. L’apparente ruolo secondario di ausiliatrici e consigliere
non deve, però, ingannare. Quando si tratta di vegliare sulla continuità della discendenza e sui beni
collegati alla benedizione, promesse agli uomini, sono proprio queste donne le principali
protagoniste. A loro confronto i mariti sembrano poco interessati al fatto che la storia debba
procedere. Queste donne sono, inoltre, belle, attive, intraprendenti (cfr. Gen12,24; Rebecca, donna
intraprendente: Gen 24,58; 27,13; Rachele bella e intraprendente: Gen 29,17).

La famiglia di Sara

Una carovana verso la morte

I primi 11 capitoli della Bibbia costituiscono una lunga introduzione alla ‘storia biblica’. Questa storia comincia con la famiglia di Abramo e Sara, entrambi originari di
Ur in Caldea (Gen 11,29). Questo primo ceppo si presenta con un dato disarmante: <<Sara era sterile e non aveva figli>> (Gen 11,30). A questa presentazione, già
problematica, si aggiunge l’intera famiglia di Terach, padre di Abramo, nel cui ambito essi vivono. E’ una famiglia segnata dalla sfida tra morte e vita. Sara è sterile e
Aran, fratello di Abramo e padre di Lot, è morto. Segnata dalla morte e senza speranza nel futuro a causa della sterilità di Sara, questa famiglia si mette in cammino verso
Carran. Sara a causa della sua sterilità sembra sigillare un futuro senza speranza a tutta la famiglia. A Carran, inoltre, muore anche Terach.
Questa presentazione è problematica. In un tempo in cui non si conoscevano altre assicurazioni per la vecchiaia se non i figli, la loro mancanza segnava un destino
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crudele e significava pericolo economico ; in un tempo in cui la fede nella risurrezione non era ancora evidente, non avere figli era come scomparire dalla storia, morire per
sempre. Quale valore si attribuisse in Israele ai figli risulta dall’Istituzione del levirato, grazie al quale veniva garantita una discendenza al defunto (cfr. Dt 25,5-10). Per
questo è tanto più sorprendente il fatto che Dio scelga una coppia sterile come capostipite di un grande popolo!

Se la storia biblica del primo padre, Adamo, e della prima madre, Eva, sembra iniziare in negativo, la coppia Abramo e Sara indicano un nuovo inizio, di segno opposto a
quello di Adamo ed Eva: l’inizio della fede nelle prove, della continua messa in questione di se stessi, l’inizio di una storia con Dio nell’ascolto ed accoglienza del cammino
che Egli vuol far loro compiere, che sarà paradigmatico per le generazioni future.

Sara, la prima delle madri

Dio invita Abramo a partire da Carran (Gen 12,1). Egli aveva 75 anni e Sara 65. Ed ecco, con il cammino indicato da Dio, anche l’inizio delle prove:

Sara, causa di vita per Abramo

La terra di Canaan che Dio promette alla discendenza di Abramo (Gen 12,7) è colpita da carestia così si recano in Egitto. Nella terra straniera giunge la prima prova per
Sara, la quale, pur essendo matura negli anni, è ancora avvenente. Abramo dice a Sara: << Vedi, io so che sei una donna di aspetto avvenente… Di’ dunque che sei mia
sorella, perché io sia trattato bene per causa tua e io viva riguardo a te>> (Gen 12,13). La sua bellezza, effettivamente, suscita ammirazione nel faraone che la fa entrare nel
suo harem, facendo ricchi doni ad Abramo, ritenuto suo fratello. Dio interviene, colpendo la casa del faraone, così questi scopre che Sarai è moglie di Abramo (Gen 12,10-
21). Questo racconto tramandato dalla tradizione J più tardi viene narrato dallo Elohista con uno scenario diverso (Gen 20,1ss), che interpreta la condotta scandalosa di
Abramo.

Diversi aspetti possiamo focalizzare, per esempio l’atteggiamento di Abramo, che espone la moglie al pericolo, ma ci soffermiamo su quanto riguardo Sara. Proverbiale
per la sua bellezza, a causa di essa poteva mettere in pericolo la vita di Abramo. Di fatto, contrariamente ad Eva, invece che essere causa di morte, gli è causa di vita,

2
Paul Mailberger, Le grandi figure dell’Antico Testamento, Queriniana, 1995, pp.187ss.

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accettando il rischio personale . Sebbene la progenitrice d’Israele fosse in pericolo e la promessa di una grande discendenza sembrasse fallire, Dio trova vie di uscita,
impensabili alle persone umane. Sara dovrà sperimentare nella sua persona che Dio ha le sue vie, vi rimane fedele, e, nel seguirle, non ha fretta.

Donna intraprendente e gelosa

Dopo diversi anni di vita a Canaan, nonostante la solenne promessa del Signore, il figlio non arriva. Sarai, più preoccupata di Abramo della discendenza cui è collegata la
benedizione ed il dono della terra, cerca di risolvere il problema come a lei è possibile. E’ una donna intraprendente, di forte personalità, non si rassegna alla morte. Dio ha
promesso e dinanzi a questa promessa non si blocca. Ne vuole la realizzazione, agisce attivamente, impegnando Abramo nelle sue decisioni. Sara adotta una situazione di
ripiego, ricorrendo alle soluzioni legittime per quel tempo. Offre la propria schiava, Agar, come concubina ad Abramo per avere un figlio da questa. <<Ecco il Signore mi
ha impedito di avere prole; unisciti alla mia schiava: forse da lei potrò avere figli. Abramo ascoltò la voce di Sara>> (Gen 16, 2). Questo “Ecco” esprime il dolore e
l’amarezza che la conduce a tale decisione. Dio ha chiuso il seno di Sara. E’ Dio, infatti, che rende sterili o feconde, ricorderà la storia di Rachele! (cfr. Gen 30,2).

L’esortazione di Sara a sua marito è dura perché domanda ad Abramo di passare parte del suo tempo con la sua serva; deve dividere il marito con un’altra donna. Sara
accetta questa prova perché ha una speranza: <<Forse da lei potrò avere figli>> vale a dire: forse potrò essere elevata per mezzo suo (cfr. Gen 16,2). Sara, ben presto, si
accorge che non era questa la via voluta da Dio, anzi conseguenza della sua iniziativa è la rottura dei rapporti con la sua schiava.

 All’orgogliosa ostentazione di questa per la sua maternità, che le fa guardare Sara ‘dall’alto in basso’, risponde come padrona, opprimendola, e costringendola a
fuggire nel deserto da dove poi ritorna. La vergogna della sua sterilità cui soffriva da tutta la vita era tornata ad essere una ferita lancinante.
 Quando il figlio Ismaele più grande di Isacco scherza con questi, caccia Agar via da casa, dopo aver presentato le sue ragioni ad Abramo che le dà libertà d’azione.

Le pagine più imbarazzanti su Sara riguardano la sua gelosia per Agar e il suo figlio Ismaele. Per Sara, come per le altre grandi donne, <<… vale ciò che è detto per i loro
mariti circa la distanza tra la santità della loro elezione divina e l’insufficienza o la deficienza della loro condotta morale. Sara non ha certamente un carattere leale, docile e
generoso, ma piuttosto incline alla possessività egoistica e alla litigiosità…Tutto ciò però, non impedisce che siano donne elette, insieme ai loro mariti, per testimoniare la
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trascendenza della grazia del Dio dell’alleanza >>.

La gelosia di Sara nel piano di Dio serve a mantenere la linea dell’elezione. La voce di Sara va ascoltata. In pratica Ella gestisce i fatti di famiglia (Gen 21,12). Quando
Dio sceglie, a causa di questa scelta, separa. Abramo deve separarsi dalla sua gente, Isacco da Ismaele, Giacobbe da Esaù… la Chiesa dal mondo.

Sara, come Abramo, è benedetta da Dio

Quando Abram aveva 99 anni di nuovo Dio rinnova la promessa aggiungendo che si sarebbe chiamato Abramo, cioè padre di una moltitudine. In questa narrazione è
Abramo a ridere: << Io ho 100 anni e Sara 90!>>. Dio gli conferma che proprio Sara gli darà un figlio. Anche Sarai in questa occasione riceve un nome nuovo, quello di
Sara perché entrata nella promessa di Dio e nella sua storia di salvezza. Al pari di Abramo è benedetta: <<Io la benedirò e anche lei ti darà un figlio; la benedirò e diventerà
nazioni e re e popoli nasceranno da lei>> (Gen 17,16). La risposta di Dio (vv.19-22) ripete la promessa di un figlio a Sara e stabilisce quale debba essere il suo nome: << lo
chiamerai Isacco>> (Gen 17,19)

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Francesco Rossi de Gasperis, Prendo il libro e mangia. 1. Dalla creazione alla terra promessa, EDB 1997,pp.74 -75

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Donna concreta e reale

Con il capitolo 18 inizia un complesso narrativo che comprende i capp. 18-19. Sotto le querce di Marme qualcosa accade (Gen 18,13). Il capitolo 18 (J) inizia con l’inattesa
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visita di tre misteriosi personaggi e dall’accoglienza premurosa di Abramo che coinvolge Sara .

Nella storia della spiritualità la visita di questi personaggi è vista come dono di Dio, Uno e Trino, che, essendo amore, accorcia le distanze e nell’umiltà si fa ospite discreto,
che arricchisce. Scopo della visita è la promessa del figlio. Dal momento che la promessa è fatta ad Abramo, Sara ascolta il dialogo origliando dietro la porta e ride pensando
in cuor suo: <<Avvizzita come sono, dovrei provare il piacere nell’amore? E anche mio marito è vecchio ormai!>> (Gen 18,12).

Nella prima presentazione, Sara non aveva figli perché sterile, in questa alla sterilità si aggiunge la vecchiaia. E’ una donna intelligente per credere che dal suo seno morto
possa nascere la vita: sterile ed anche vecchia! Non è più il tempo delle illusioni. Il suo è un sorriso amaro che significa un pianto. Una domanda da parte dei tre misteriosi
personaggi, pone in dubbio la lucida certezza di Sara: <<C’è forse qualcosa di impossibile a Dio? >> (Gen 18,14). Questa risposta indica che il messaggero rappresenta colui
che lo ha mandato e del quale riferisce la promessa. La promessa viene da colui al quale nulla è impossibile. Sara ne rimane talmente scossa, che il suo riso incredulo si
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tramuta in paura. Allora Sara negò: <<Non ho riso!>>. Dio le ricorda. << Sì, hai proprio riso>>, facendole capire che dovrà ricredersi .

In questo incontro, dicono gli autori di spiritualità, Tre sono la Vita, due (Abram e Sarai), sono la sterilità. L’impotenza umana di dare la vita, presso Abramo e Sara, era
giunta ad un punto senza speranza. Dio facendosi ospite, fa uscire Abramo e Sara dal guscio oscuro nel quale si erano rinchiusi. Abramo e Sara troveranno la loro fecondità
in quella dei Tre che sono venuti a visitarli.

Dalla sua incredulità allo stupore che loda Dio

Allo scadere del termine indicato dai tre ospiti <<Sara partorì e rise di nuovo>>. Questa volta è un riso di gioia per un dono così insperato. Dio pone il sorriso sulle labbra di
Abramo e Sara perché vedano che nulla a Lui è impossibile. Le generazioni future dovranno vedere in essi i testimoni di fede in Dio che fa scaturire la vita da un seno
morto. Paolo ricorda:

<< Egli (Abramo) non vacillò nella fede, pur vedendo già come morto il proprio corpo - aveva circa cento anni - e morto il seno di Sara>>.

La fede di Sara supera l'incredulità e si manifesta come stupore dinanzi a Dio che visita e sorprende. La logica umana è rovesciata: nasce una nuova vita nel luogo
sigillato dalla morte. Sara ne prende atto e, pensando al suo sorriso incredulo e amaro, ride di se stessa e vede un sorriso collettivo che esprime la meraviglia di tanti dinanzi
all’opera che Dio ha compiuto in lei, rendendo il suo seno morto un giardino fecondo di vita. Esultante, proclama il primo magnificat della storia a Dio che rende feconde le
sterili, proclamandone la Signoria sulla vita:

<< Motivo di lieto riso mi ha dato Dio: chiunque lo saprà sorriderà di me! Chi avrebbe mai detto ad Abramo: Sara deve allattare figli? Eppure gli ho partorito un figlio nella
sua vecchiaia>> (Gen 21,6-7).

E’ Dio che dà la vita; è lui che rende madri feconde di vita.

Un midrash

<<Disse Sara: il Signore mi ha resa causa di sorriso; chiunque verrà a sapere (della nascita di Isacco), sorriderà per causa mia>> (Gen 21,6).
Dissero in nome di Rabbi Shemuel berabbi Ischaq: se Tizio gioisce, che gliene importa a Caio? Così, se Sara è stata ricordata da Dio, cosa ne importa agli altri?

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La visita di questi personaggi misteriosi è stata ed è oggetto di profonde meditazioni; di realizzazioni di Icone che alludono alla Trinità, come quella di A. Rublev. I Padri vi leggono l’apparizione di Dio Uno
e Trino (cfr. Cipriano, Cirillo di Alessandria, Agostino).
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Una domanda che percorrendo la storia di salvezza si trasforma in certezza: << Nulla è impossibile a Dio>> assicura l’arcangelo Gabriele a Maria. La domanda rivolta a Sara è diretta a farle scoprire e

riconoscere la capacità di Dio di operare oltre l’evidenza, per pura gratuità; la risposta di Maria all’affermazione dell’angelo è certezza di fede contro l’evidenza. Maria nel pronunciare il suo sì non avrà
ricordato queste parole di Dio a Sara?

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Ciò si deve intendere così: nello stesso tempo in cui fu ricordata Sara, molte altre donne sterili furono ricordate con lei, molti malati furono risanati, molti sordi furono guariti, molti ciechi
riacquistarono la vista e molti dementi tornarono in lucidità mentale: insomma una grande amnistia fu concessa al mondo.

Rabbi Levi disse: Il Santo, benedetto Egli sia, accrebbe la luce degli astri. Quando nacque Isacco, tutto era in festa: cielo, terra, sole, luna, stelle e pianeti, << perciò Abramo chiamò il
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nome di suo figlio “Izchaq”, cioè “Iaza -choq”: “è uscita una legge” per il mondo, è stata concessa amnistia al mondo!>> (Ber. R. 53).

Una domanda senza risposta

Le pagine del libro della Genesi, dopo la nascita del figlio della promessa, ne narrano il sacrificio. E’ curioso che Sara sia assente quando Abramo porta Isacco sul monte
Moria, per offrirlo in sacrificio a Dio. L’assenza della madre in una decisione così sofferta ed importante non si spiega sapendo che Ella ha voluto e desiderato e amato quel
figlio non meno di Abramo. Lei si era sacrificata per il marito accettando di finire prima nell’harem del faraone e di Abimèlech, rinunciando al proprio orgoglio e prestigio.

I rabbini hanno percepito questo silenzio intorno a Sara come un affronto e notando che il capitolo 23 di Genesi narra la morte di Sara spiegano che Ella è morta per il
dolore, per l’amore deluso, offeso, annientato. Anche se Abramo riporta il figlio, la ferita causata dalla loro inspiegabile scomparsa, provocano un dolore tale da portarla alla
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morte .

Certo questa interpretazione va troppo lontano nella interpretazione biblica, rimane che Sara è davvero un personaggio grande e misterioso, degna compagna di Abramo,
padre dei credenti, solidale con lui in tutto e forse più coraggiosa di lui nell’osare dinanzi a Dio, più determinata di lui ad avere un figlio, garanzia del futuro e segno della
fedeltà divina, e esemplare per ogni credente la sua capacità di ragionare davanti a Dio e poi di lasciarsi disarmare nelle sue ragioni.

6
Riccardo pacifici, Midrashim, Marietti 1986, pp.28-29.
7
Patrizio Rota Scalabrini, Un Dio per amico. Leggere e pregare il libro di Genesi, Paoline 1998 , pp.70-71.

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Conclusione

Sara compie un cammino personalizzato di fede: dal suo ostinato darsi da fare per realizzare la promessa secondo le logiche e gli usi umani del tempo al sorriso ironico e
amaro di Mambre (Gen 18,13) per giungere al sorriso della sorpresa per la nascita di Isacco (Gen 21,6). Il suo primo riso esprime la difficoltà di conciliare fede e ragione,
dimostrando che nella parabola della fede, fede e incredulità sembrano confondersi. E’ difficile, a volte, demarcare dove finisce la fede e dove inizia l’incredulità; dove
quella che appare incredulità è solo un atto di fede incoativo o non espresso. Sara per questo cammino nella fede, sofferto e rinnovato, nella parola del profeta, è madre del
popolo: <<Guardate ad Abramo vostro Padre. A Sara che vi ha generati>> (Is 52,1).

Sara nel Nuovo Testamento

Per il Nuovo Testamento è


 è lodata per la sua fede:
<< Per fede anche Sara, sebbene fuori dell’età, ricevette la possibilità di diventare madre perché ritenne fedele colui che glielo aveva promesso. Per questo da un uomo solo, e inoltre
già segnato dalla morte, nacque una discendenza numerosa come le stelle del cielo e come la sabbia innumerevole che si trova lungo la spiaggia del mare>> (Eb 11,11-12).

 È immagine della Gerusalemme celeste che dà vita a figli liberi (Gal 4,22-23)

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Paolo opera una lettura tipologica che a parere di Padre Vanhoye “manifesta una bella dose di creatività” . Nella madre - serva di Ismaele (Agar) e nella madre libera di
Isacco (Sara) Paolo vede la prefigurazione di due situazioni religiose contrastanti: la sottomissione alla legge del Sinai e la libertà cristiana. Paolo anzitutto mostra la
differenza tra le due madri: la serva genera secondo la carne, vale a dire, senza intervento speciale di Dio; l'altra, Sara, in virtù della promessa, con la quale Dio si impegna a
superare l’ostacolo della impotenza umana. Sara era di condizione libera, anzi la padrona di Agar. Paolo, dunque, pone l’alleanza sul Sinai con Agar, perché questa alleanza
impone la sottomissione alla legge (Es 24,7-8). In contrapposizione alla Gerusalemme attuale c’è quella di lassù, instaurata con al risurrezione di Cristo, appartenente alla
nuova creazione (Gal 6,15). La Gerusalemme di lassù è la Chiesa, nel suo aspetto trascendente, i suoi figli fino ad ora hanno la cittadinanza celeste, grazie alla loro unione
con Cristo risorto ed asceso al cielo. L’affermazione che la Gerusalemme celeste è madre di noi, il pensiero assume immediatamente estensione universale: ebrei e pagani
che incontrano Cristo. Paolo servendosi dell’oracolo di Is 54 mostra come la donna sterile diventerà madre circondata da numerosissimi figli. La storia di Sara permette a
Paolo di indicare che in due modi possiamo essere figli di Abramo:

 per discendenza naturale

 secondo lo spirito, vale a dire, con l’unione spirituale.

 La discendenza autentica è quella spirituale.

La vicenda di Sara in questa lettura tipologico – allegorica è quanto mai adatta per illustrare il grande dono della fede in quanto rapporto personale e dialogico con Dio
che pone in cammino fino a portarci a lui, e la ricchezza inesprimibile dell’esperienza cristiana, dono gratuito di Dio, fonte della vita.

Conclusione generale

Sara morì a 127 anni a Kiriat – Arba, la futura Ebron. La Bibbia la tratteggia con molto realismo nei suoi sentimenti e pensieri di donna vera, da poterla sentire vicina a noi,
una di noi. Offesa nel suo orgoglio femminile reagisce con durezza. Di fronte alle promesse di Dio che superano la razionalità umana, il suo giudizio è di una persona
concreta che vede qualcosa di impossibile e ride di fronte a Dio, senza farsi illusioni. E’ disincantata. La sua fede non è ovvia, è una conquista, ottenuta dopo aspre prove di
pazienza, amare delusioni e anche errori umani. Sara nel suo duro cammino nella fede, riprovando e osando, raggiunge una maturità di fede esemplare per gli uomini e le
donne di tutti i tempi. Essa consiste nella profonda consapevolezza che l’agire di Dio a volte noi incomprensibile tende a sorprenderci per colmarci di gioia. E’ la scoperta
che Dio è l’amore che visita accorciando le distanze; è la Vita che regala fecondità; è la comunione che abbatte le solitudini.

La sua vita assurge a simbolo ed a testimonianza per i posteri che il popolo che da lei nasce è, appunto, solo popolo di Dio. Sara in questo senso è solo la prima di tante
madri sterili, rese feconde da Dio, che nella storia dovranno proclamare che il Signore dell’alleanza ama farsi conoscere come il Dio dell’impossibile, e che ama cominciare

8
Albert Vanhoye, Lettera ai galati, Paoline 2000, pp.118-119.

6
quando l’uomo è giunto all’ultima stazione della sue possibilità, perché la domanda sconcertante e disarmante: << C’è forse qualcosa di impossibile a Dio?>> (Gen 18,14)
possa cadere nel cuore di ogni credente come appello a riconoscere in Dio l’unico bene, la magnifica eredità, e tale certezza si trasformi in energia che pone in cammino.

Sr Filippa Castronovo

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