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- Parte terza

Architett ura e storia


>
]Jodo Mi ropongo qui di scnve re del la ston a
di essere ticolare unto 1 vista e a su 1zzazi
architet- vello dei roblemi de a progettua ita are 1 e on1ca.
tonico del- Non trattero
qum 1 argomentt CH stonogra a o
J'esperienza
problemi di metodologia della ricerca storiografica:
il mio uso dell'idea di storia sara molto ampio e piut-
tosto eterodosso.
Esso vuol presentarsi prima di tutto come storicita
del modo di incontrare l' architettura, sia come accer-
tamento all'interno della nostra area disciplinare,
della consistenza,. estensione, qualita storiche della
materia architettonica, sia come incontro con la di-
sciplina dell'architettu ra cosí come storicamente si
e sedimentata.
Da questo punto di vista il primo problema sara la
conoscenza della disciplina non in quanto insieme di
ñozioni , nía inqüañto-dim ensione del suo formar si e
~ro~ ressivo rí trovárñeñ.to~della -sua-o'rig inare· es-senz a.
far questo dobbiamo portare a livé1loar cOscieiiza
sia il?apporto tra architettura e storia dell'architettu-
ra, sia il senso dell '.uso che noi facciamo dei termini
di giudizio, definizione, classificazione ed estensione
delle cose dell' architettura; dobbiamo accertare i suoi
confini attuali per rapporto al nostro orizzonte gene-
rale ma personale di esperienza. ·
Questa descrizione-giudizio, questa lettura dell'ar-
chitettura implica quindi continuament e l'insieme
della nostra esperienza, e un gesto di azione che com-
piamo sul mondo ed insieme e la presa di coscienza
dal punto di vista dell'architettu ra come storia ed
essenza di qualunque nostra azione. Qualunque de-
scrizione disciplinare noi compiamo e istituibile solo
a partire dal confronto con la storia personale della
nostra esperienza.
Immaginiamo di essere seduti nel soggiorno della
nostra casa nell'atto di leggere un libro: il nostro
interesse per esso incespica in quel momento nel no-
stro avere improvvisamente sete. La bottiglia e da~
van ti a noi, m a il bicchiere nella stanza accanto; dob-
biamo alzarci, aprire la porta di comunicazione tra le
due stanze, prendere il bicchiere e tornare nella posi-

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zione in cui eravamo. Per fare questo compiamo una
serie di gesti il cuí grado di automaticita dipende
per cosí dire dalla conoscenza-nella-memoria di cio
che dobbiamo compiere.
Comunque, tuttavia, essi vengano compiuti, se ri-
flettiamo sulla loro natur á e connessione a partire
dalla nostra intenzione, possiamo riscontrarvi una se-
rie di rimandi e relazioni assai piú complicati di quel-
li che sospettiamo. Se in particolare infatti riflettia-.
mo in torno ai gesti che stiamo compiendo "dal pun-
to di vista dell'architettura,, potre mo forse recupera-
re, e in modo saldo, l'intero senso del fenomeno:
da questo punto di vista esso viene in un certo modo
abitato, illuminato.
Innanzitutto alzandomi per anclare a prend ere un
bicchiere al fine di soddisfare la mia sete, ho di col-
po, sinteticamente, scartato e preso una decisione in-
torno ad almeno due ordin i di considerazioni. 11 pri-
mo ordine concerne il controllo sulla indemandabi-
lita e sulla preminenza del mio bisogno (tra il desi-
derio di continuare la lettura e la necessita di bere
ho scelto quest'ultima); il secondo ordin e concerne
la formulazione dell'ipotesi di lavoro per soddisfar-
lo. Avrei potuto decidere di bere dirett amen te dalla
bottiglia o nel cavo della mano , ma ho per cosí dire
"progettato,, la soluzione del bicchiere, come insieme
la piú economica· (per il mio tempo, ad esempio, o
nei confronti del rischio di bagnare il pavimento be-
vendo direttamente), la piú consona al significato ri-
tuale, sociologicamente distintivo, che l'atto di bere
con il bicchiere ha nella nostra societa, la piú como-
da funzionalmente, eccetera eccetera.
Gia quindi la stessa analisi del bisogno e divenuta
colma di conseguenze spaziali al livello della scelta ed
insieme del mio modo di metterla in atto. La prima .
conseguenza della mia decisione enatur almen te quel-
la di posare il libro aperto sul tavolo al quale sono
seduto, alzarmi dalla ~edia ed attraversare la stanza
a~viandomi a_ll_a porta.. 11 ID!O camm ino non e proba-
b1lmente retah nco, evita alcuni ostacoli che si frap-,
pongono (altre scdie, lo spigolo del divano, una lam-
102
~
P(I ¡¡/ K/a. :
p,ospet11va
di una , tanz a
(1920)

pada, un vaso) che con un'altra quantita di oggetti


mi si presentano come un insieme, in certo modo
come un paesaggio, e costituiscono l'arredo della
stanza nella quale mi trovo.
In che rapporto si trovano oggetti e stanza? I1
grado di casualita della loro presenza stabilisce gradi
di connessione spaziale (come collocazione) e fisica
(come continuita) con la struttura della stanza. E pos-
sibile stabilire un diverso grado di mobilita degli
oggetti contenuti: alcuni sano rovesciabili e comun-
que collocabili, altri si spostano su un piano, altri
sono appesi o incernierati ad un punto, altri destinati
ad un luogo, altri ancora saldamente connessi alla
struttura e inamovibili.
Se mi fermo a riflettere, anche la loro semplice
descrizione diviene un atto piU:ttosto complesso per
le relazioni che implica e per i rimandi che sugge-
risce: mi accorgo che il linguaggio a cui ricorro du-
rante la descrizione spesso non e proprio delle for-
me che descrivo, ma analogico o oppositivo, e in qual-
che modo un catalogo che si distanzia rapidamente
dalla descrizione verso la memoria o verso l 'inven zi0-
ne: cioe verso cio che la stanza non e.
Tutto l'insieme di oggetti che ho chiam ato l'arre-
do della stanza e contenuto ai miei occhi dentro u n
parallelepipedo regalare ; un pavimento, un soffitto,
quattro pareti verticali. Subito posso affermare che in
101
questo vano le pareti son o vertical i e ~on inclina te,
che il soffitto e piano e parallelo al pavimento e non
ha gobbe, che l'int erno non e una sfera , non e una pi-
ramide, eccetera eccetera Tra questi non essere poi
alcuni mi rivelano subito le ragioni della loro impossi-
bilita se li riferisco per esempio a1l'abitabilita della
stanza, o alla tecnologia con la quale e costruita, 0
all'economia, o al gusto del costruttore. _
Devo insomma mettere in evidenza anche un ordi-
ne di parametri che mi rivelino perché essa non e,
quali condizioni di necessita la de.finiscano. Per esem-
pio devo aver presente che di .fianco, di sopra, di sot-
to altre cellule parallelepipede confinano con la mia,
che nell'insieme definiscono l'edificio in cui vivo e di
conseguenza la _mia strada, il mio quartiere, lam ia cit-
ta. Che un'infinita rete di decisioni, compresa la mia,
han no alla fine stabilito che questa e la form a in cui
si realizza la mia stanza.
Qua ndo poi dico che essa e alta tre met ri, larga
quat tro e cinq uant a e prof ond a sei, ho paragonato
ciascuna delle misure con un para met ro astratto (il
met ro e le sue suddivisioni) cui faccio rifer ime nto;
esso mi e stato consegnato dalJa storia come una
convenzione per mezzo della qual e posso comuni-
care ad altri queste misu re; per esempio perché vo-
glio cercare una stanza eguale o piú gran de o piú
piccola.
Avrei potu to anche stabilire delle relazioni inter-
ne alle misure stesse ed osservare che met a della mi-
sura dell'altezza coincide con un terzo della larghez-
za e un quar to della· lung hezz a fissando un mod ulo
misura ricavato dall'oggetto stesso.
Opp ure avrei potuto tent are di met tere in relazio-
ne le dimensioni della stanza con Je misure del mio
corpo, misurandola per esempio a span ne o a passi,
o, in quan to la stanza e misurabile a part ire dalla me-
dia di una serie di "me ," f arm and o una misu ra mt-
dia di spanne e di passi.
Questi sistemi di misura sono la base del siste-
ma di comunicazioni che rigu arda la collocazione spa-

104

ziale della mia stanza. Nessuna descrizione per quan-
to accurata sara capace di restituirmi tanto sintetica-
roente l'insieme degli elementi che la compongono ed
i loro reciproci rapporti di posizione e dimensione.
Per sezioni e proiezioni io sono in grado di "rappre-
sentare" ad altri l'insieme delle sue relazioni spaziali
interne, de lle forme che la costituiscono.
Le pareti della mia stanza sono lisce e colorate di
bianco, il pavimento e di un certo materiale e co-
lore, e tra pavimento e parete vi e uno zoccolo, dal
soffitto pende un lampadario, eccetera eccetera. Que-
ste altre osservazioni sono complicate dall'inevitabile
connessione materica di cui necessitano per avere la
possibilita di essere definite: l 'essere il colore della
stanza non solo un bianco, ma un bianco di into-
naco con una particolare grana, l'essere il bianco in-
tonaco (o il color legno del pavimento o ancora il
blu peloso del tappeto) non solo connesso ad una ma-
teria, ma fissato dalla particolare tecnología con cui
e lavorata la materia stessa, il che rimanda da un
lato al modo di formarsi di quella tecnología, al modo
di essere scelta per rapporto al prodotto, alle con-
nessioni con altri prodotti e per rapporto a me come
utente.
e
Poiché il pavimento non solo non a gobbe, ma
anche non e di intonaco, ma di materiale piú resi-
stente; sulla parete l'intonaco che copre il mattone
e
(o altro) di cui composta la parete stessa riman-
da a una serie di interrogativi intorno alla natura del-
le connessioni tecniche tra i materiali, alle ragioni di
scelta di questi, ai problemi statici e formali della pa-
rete per rapporto all'insieme della scatola muraría,
rimanda alla rete degli impianti, a tutto cio che essa
cela e riduce, come presenza, alla loro totale finaliz-
zazione, all'essere totalmente nell'attualita dello sco-
po, alla serie di decisioni, di esperienze, di errori che
l'hanno costituita cosí come essa si presenta a me
ora per il sottilissimo spessore della sua superficie.
T utto cio, tuttavia, e per me in fo ndo secondario :
e
cio che importa prima di tutto che io trovo la stan-
za comoda o scomoda per cio che mi serve.
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ne, l'isola-
II riparo, il freddo, il caldo, la separazio
a, la madre.
me nto, !'interno, la capanna, la cavern
come prin-
Posso risalire all'idea stessa dell'abitare
materiale ed
cipio dell'architettura, come prototipo
insieme come essenza.
etto di OS-
Per me , innanzitutto, pri ma di essere ogg
atti che com-
servazione, la stanza e l'insieme degli
go, dove man-
pio: e la stanza dove dormo, dove leg
accoglie o m0-
gio, dove mi presento; e la stanza che
e; la sua c0-
difica le mie abitudini in qua nto gia dat
esse e nei con-
modita e il grado di disponibilita ad
n so.
fronti di altri desideri che ancora no
, o scomoda
Se leggo e comoda perché silenziosa
compro molti
perché troppo buia (per leggere); se
iettive ma di-
libri non cambia le sue dimensioni obb
o piú posto.
venta piccola, perché i libri no n vi trovan
a distribu-
Potrei magari pensare ad un a divers
ad altri colorí
zione degli oggetti den tro di essa, o
ada tti per mi-
delle pareti, o ad oggetti diversi e piú
o immediata-
gliorarne l'abitabilita, ma mi accorg
mente che questa stanza no n e cosí
per capriccio;
la sua forma e connessa con un a serie di giudizi
che ne .fissa-
di natura non architettonica gia stabiliti,
tire dal modo
no il grado di disponibilita per me a par
dalla distri-
come sono state elette alcune .funzioni,
e di molte
buzione di altre funzioni dell'alloggio
e; dall'appar-
altre che nell'alloggio no n trovano sed
abitudini e
tenere io ad un a certa classe sociale con
di istruzione,
aspirazioni ben definite, dal mi o gra do
nomiche, ecce-
dal mio gusto, dalle mi e capacita eco
tera eccetera.
so della mia
Ossia, mi e impossibile percepire il sen
di parametri
stanza se non in rapporto ad un a serie
del formarsi
che nell'insieme costituiscono la storia
si in rapporto
dei mi ei desideri personali e del loro por
erenziale della
col gruppo sociale, della str utt ura ref
crizione della
mia percez ione. Og ni lettura, og ni des
all'inizio. in
mía stanza e, come abbiamo detto
"u n far riferi-
qualch e modo un a visione-g iudizio,
n fluire ver-
mento a, " e, cio che piú importa, "u
noi ne siamo
so "; presuppon e certi riferim ent i, che
106
oscienti o no, si muove secando certe intenzioni e
~esideri confusi ed incerti, ma vivamente esistenti.
Nel momento in cui ci muoviamo, attraverso la
stanza verso la porta, il nostro moto colloca la vi-
sione degli oggetti secando una sequenza spazio-tem-
porale che sarebb_e stata i~nota ad un ~orno del Ri-
nascimento la cu1 costruz1one prospett1ca dello spa-
zio soggiaceva a regole diverse. Sarebbe stata assolu-
tamente diversa per chi, come i Greci, concepiva lo
spazio come un'entita discontinua, come semplice
vuoto tra gli oggetti. Solo la progressiva soggettiviz-
zazione della nozione di spazio, fino alle moderne sco-
perte della scienza, ha istituito quella struttura per-
cettiva cui facciamo riferimento quando appunto ri-
Ieviamo il particolare trasformarsi della nostra visio-
ne nell'attraversa re la stanza come sequenza spazio-
temporale.
Adesso- il nostro attore si e avvicinato alla parete
ed apre ia porta, il portone, il portale, la portella, il
portoncino, portare una porta, portino, porto?, and
door, gate, in tedesco die Türe Stadttor (se e porta
di citta), barricare la porta, sfondare una porta aper-
ta; il Larousse descrive quattro tipi possibili di por-
ta: cochere, a deux vantaux, vitrée, a claire-voie:
la sua classificazione va dal pieno al vuoto, invece
per il Palazzi porta: "per cui si entra e si esce":
classificazione funzionale. Ma anche: Porta Pia, porta
stagna, le porte del Paradiso e "il nemico e alle
porte." Poi: atrio, bussola, cancello, saracinesca, ve-
trata, sportello, uscio, ingresso, passaggio, en trata:
cesura onírica, e: abbattere, accompagnare, accostare,
aprire, puntellare, sbarrare, picchiare (alla), spranga-
re, fissare, ecc. ecc.
Anche la "Porta dei Leoni" al Palazzo di Mi ce-
ne e una porta. Se fosse in un palazzo rinascimentale
la forma di questa porta sarebbe probabilmente con-
cepita come l'architettura di un esterno: tim pano in
pietra, paraste laterali, eccetera. La mia porta invece
e larga 90 cm. ed e alta poco piú di 2 n1etri. ! in
legno (o metallo), piena (o a vetri), rivestita (o ver-
niciata). E montata su due cardini che le pern1et-
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tono di ruotare. Ha una maniglia e possiamo rilevare
che la sua altezza e connessa con la nostra statura
con la necessita della manovra del meccanismo di
scatto, con la dimensione del montante su cui e ªP-
plicata. La maniglia e di ottone: constatiamo su-
bito che e fabbricata a parte e poi messa in opera
sulla porta: qualcuno comunque ha disegnato la ma-
niglia nella sua forma a partire dalle sue relazioni tec-
niche, d'uso e produttive; ed insieme e stato previsto
il suo adattarsi a questa porta e ad un'altra serie di
porte: misure, materia, peso, profondita dello scrocco
robustezza delle sezioni, colore, eccetera eccetera:
Tutto questo rimanda ad un ordine di connessfoni
nuove rispetto alle considerazioni fin qui fatte. Da un
lato il suo essere (della maniglia) prodotta e distribui-
ta a sé ·secondo processi che supponiamo ripetitivi e
largamente indifferenziati per quanto riguarda l'ap-
plicazione; rimanda al suo essere semilavorata per
rapporto alla sua applicazione, ai problemi che com-
porta nei con&onti del senso di quell'oggetto in quan-
to mezzo per aprire la porta e come esso sía definí- ·
hile solo in base alla sua appartenenza ad altri mezzi:
la porta in quanto mezzo di separazione mobile tra
due ambienti, che sono mezzi di .abitazione, e cosí via.
Strettamente inteso non esiste infatti un mezzo iso-
lato, ma il mezzo e sempre qualche cosa "per," e nel-
la struttura del ." per" e sempre sottinteso un riman-
do di qualcosa a qualcosa.
"II modo di essere del mezzo," dice Martin Hei-
degger, "in cuí questo da se stesso si manifesta, noi
lo chiamiamo utilizzabilita. L'osservazione puramen-
te 'teorica' delle cose sottrae la possibilita della com-
prensione dell'utilizzabilita. Ma cio nel cuí ambito si
muove innanzi tutto il commercio quotidiano non
sono i mezzi per attuare l'opera, ma l'opera stessa.
L'opera esprime proprio la molteplicita dei rimandi
entro cui si incontra il mezzo. Non e solo !'opera da
costruirsi ad essere impiegabile per... Lo stesso co-
struire e impiego di qualcosa per qualcosa. Nell'o-
pera e quindi anche implicito un rimando a 'mate-
riali.' C'e un rinvio al cuoio, al filo, all'ago e cosí
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• Ma il cuoio, a sua volta, e ricavato da pelli.
v1a. . . d .
Martello, tenag 11_e, .ª?"º !1?1ªº _a?º 10 se stessi a cio
d' cuí sono cost1tu1t1, c10e acc1a10 ferro bronzo pie-
t:a Iegno. Nell'uso del mezzo usato ne e conscoper-
ta attraverso l'uso, la 'natura' alla luce del prodot-
' ,, 1
to naturale.
t indispensabile quindi alla percezione il ricono-
scimento dell 'uso e della connession e; la nostra co-
noscenza e solo quindi in quanto azione e partecipa-
zione, continua trasformaz ione e costruzion e di nuo-
vi orizzonti di utilizzazio ne, di nuovi mezzi per.
Aperta la porta, il nostro protagonis ta entra nella
stanza attigua. Egli passa con gli occhi le cose alla
ricerca del bicchiere ed esse sono da luí rilevate e
scartate in quanto non bicchiere, diluiscono nello
sfondo; anzi, ciascun elemento della stanza, tavolo,
sedie, pareti, oggetti, colorí, si organizza in quanto
sfondo all'oggetto che si tende a rilevare: "ogni cosa e
il costituirsi di una forma sullo sfondo e nessun ogget-
to e piú particolarm ente indicato a costituirsi in sfon-
do o in forma, tutto dipende dalla direzione della mia
attenzione, 112 dal senso della lettura di quell'insieme.
In realta ci accorgiam o qui che tutta la nostra
lettura della stanza ha subí to un processo analogo:
quando noi abbiamo dichiarato di valer leggere que-
ste nostre azioni dal punto di vista dell'archite ttura,
abbiamo precisame nte compiuto questa operazione,
ma non abbiamo a.ffatto eliminato il senso della totali-
ta dell'esperi enza stessa, bensí abbiamo scelto un ma-
do di essere di questa, precisame nte il modo di essere
an;:hitettonico: abbiamo eletto come "forma" questo
modo di essere.
Tutto il paesaggio che ci circonda assurne, se
osservato da questo punto di vista, se architetton ica-
mente inteso, un'ottica speciale, persino allorché
l'architettu ra e completam ente assente. Allorch é noi
attraversia mo la pianura lombarda essa non solo si
~resenta a noi come architettur a sotto forma dell'or-
dinamento del terreno, ma anche per rapporto alla
5ffuttura
e distribuzio ne degli abitati, per la fonna
ai1chitetton ica dei cascinali, per l'uso del cotto in par-
109
ticolari tessiture e colori, che a loro volta rimandano
alla memoria storica di tutta l'architettura lombar-
da che in questo senso e una continua "risposta" al
paesaggio costituentesi man mano che nuovi fenome-
ni rientrano ad ordinare da capo quel certo insieme.
Come oggetto avente una forma espressiva, come
architettura, questo bicchiere, che ora ho nelle
maní, a dire il vero io non lo avevo mai preso in
considerazione. E dire che lo "conosco" benissimo
per averlo visto e usato molte volte. O forse e que-
sta mia conoscenza, abituale frequentazione, ad aver-
mi fatto perdere o consumare totalmente la sua ca-
pacita di comunicarmi un messaggio intorno alla sua
forma?
Questa idea di consumo del prodotto si rivela, se
riflettiamo, piuttosto complessa. Essa e legata a mol-
te diverse accezioni dell'idea di consumo: da un lato
econsumo fisico del prodotto che dipende ovviamen-
te dal rapporto tra la resistenza dei materiali e dalle
tecnologie impiegate in funzione dell'uso, dall'al-
tro si tratta di consumo tecnico del prodotto, della
sua degra'dazione ed invecchiamento connessi con
l'invenzione di nuovi materiali o congegni allo stesso
scopo, dall'altro ancora e consumo di mercato, in
quanto rinnovamento del prodotto a scopo di incenti-
e
varne lo smercio. Vi poi un consumo dovuto alla
pura e semplice cessazione dello scopo o all'ingloba-
mento di quella certa funzione in funzioni diversc.
Alla fine vi e il consumo estetico del prodotto stes-
so, il suo finire di comunicarci un messaggio intomo
alla propria esistenza in quanto figura.
Se, per esempio, fosse un bicchiere di carta lo
userei una sola volta e poi lo getterei: il consumo,
coinciderebbc completamente con l'uso dell'oggetto.
Ma in che scnso il bicchiere successivo della fila di
coni di carta uno sull'altro potrebbe non esscre lo
stesso bicchiere ?
La struttura di queste .ultime osservazioni e con-
nessa ad un modo particolare di considerare "l'archi-
tettura del bicchiere '': un modo che implica un giu-
dízío di valore speciale che tiene particolarc conto
110
solo <lella struttura produttiva che fabbrica il
nondotto, ma d.1 una sua paruco . 1are f orma pro d utt1va .
P( ro ella industrialc o ripetitiva) che implica uno spe-
• le rapporto d.1stn'b utivo
qu . con me come f ru1tore .
cian solo del servizio reso dall'oggetto, ma della for-
noa dell'oggetto stesso. I n qua 1ch e mo d o 1·1 mio . " com-
mercio" con l'oggetto e segnato, anche a livello del
~udizio estetico, da questo speciale tratto del mio
gorizzonte, anz1· 1a m1a . percez10ne
. de11'oggetto e' anc he
percezione della sua condizione storica di consumo.
Ed ecco che, impossessatomi del bicchiere, mi vol-
to di nuovo verso la porta per tornare nella stan-
za dove ero prima seduto intento alla lettura: la por-
ta rimasta aperta alle mie spalle mette in comunica-
zione le due stanze. Cio che subito mi vien fatto di
rilevare e la modificazione architettonica che l'atto
di aprire la porta ha provoca to: la nuova dimen-
sione (somma delle due stanze) che ora sono in gra-
do di rilevare, la continuita dei due pavimenti attra-
verso il vano della porta, il rapporto tra i colorí delle
due stanze, tra i vari oggetti che vi sono contenuti, ec-
cetera eccetera.¿_-~.
Subito mi rendo
. . .-·-------... _ _., . . .conto
. -- . . . che la mia vi-
e
Y, .. ~ , , . - - • • - -

sione non la somma de1Te-visioni delle due stanze,


maqualcosa di compl"e't ameñte ·ºdiveiso; che si organiz-
.za -secq__qdo__ü.ñjjyg_~9-~IJ.l:qq~CoC·d,J · struttur~rsi spaziale,
tipologico, dimensionale. E cio che mi appare molto
e
importante che tale nuova organizzazione sono stato
io a provocarla col mio semplice gesto di aprire la
porta. Forse potrei lasciare la porta sempre aper-
ta, o sostituirla con una tenda, o allargare il vano
della porta, o addirittura eliminare la porta o l'in-
tera parete facendo, delle due stanze, una sola stanza.
Potrei cosí, per esempio, avere a disposizione due
paesaggi diversi attraverso le finestre delle due stanze,
il sole illuminerebbe prima una poi l'altra finestra ;
chissa come sarebbe tutta la mia stanza illuminata
da ~inistra anziché da destra. Questa semplice modifi-
caz~one certo implicherebbe una completa riorgan iz-
zaz10ne dell'arredo, della destinazione della stanza,
de?li impianti e dell'intero alloggio, le cui funzioni
abituali verrebbero alterate. Forse tutto l'alloggio
111
ÚCorhu,·,·

o
¡ • er ,
. monurnen.
tidella 1_) -
ma antica"º-
la loro e
. geo_
metrza (sci-' llz. .
zo da VCr3
une architec-
ture, Paris
1923) '

potrebbe essere una sola grande stanza, potrei allar-


gare le finestre, distruggerle, rendere tutto elastico e
trasformabile. La serie dei rimandi potrebbe essere in-
finita: perché per esempio abitare solo il pavimen-
to ? perché, eccetera eccetera.
La mia azione architettonica si presenta quindi
come problema che io devo non solo risolvere, ma
impostare, non solo portare da un punto ad un altro,
devo anche decidere la posizione dei due punti. Il
problema non puo essere interamente posto prima
della soluzione, noi non lo osserviamo da fermi per
muoverci poi verso la sua soluzione: esso ,deve esservi
contenuto, deve coincidere con la soluzione stessa,
divenire e realizzarsi ai diversi livelli del processo.
Adesso io ritorno verso la sedia sulla quale ero se-
d uto a leggere e questo mio camminare e caratteriz-
zato da un lato dalla conoscenza nella mia memoria
dell,aver compiuto prima quella strada, dall'altro dal-
lo stare compiendola in senso inverso. Anche in que-
sto caso la mía visione non esemplice r~ azioñe 01-
tica di elementi, ma percezionc di strutture : sulla mia
visione incide, per esempio, in modo decisivo una
visione niente affa tto visi"a, quella della memoria;
rinsieme della visione che io sto percependo o gli og-
J12
etti presi separatamente .posseggono una loro preci-
ga configurazione, tant' e vero che io sono in grado
~i riconoscerla a distanza di temp o e muta ndo il
punto della_ roia visione ~ttraverso ad una riduzione,
ad un rifen ment o a me 1n quan to corpo, del succe-
dersi di queste percezioni.
Cio che m'im porta sottolineare e che senza sve-
n lare la relazione con me, senza stabilire il grado del
¡ mio consenso, senza mett er lo in relazione con il sen-
so generale delle mie esperienze nel mondo, con la
roía storia personale mi sarebbe impossibile compie-

t re qualsiasi lettu ra di questa stanza.3


Ogni oggetto che rilevo, che osservo, e qualche co-
sa del mon do che e presente alla mia coscienza in
quanto configurazione significativa, in quanto facen-
te parte di un orizzonte, di percezione e di storia.
Ossia, 1'esperienza della cosa deve essere la mia espe-
rienza del mon do o altrim enti non e vera esperienza.
· "Pre nder e una delle 'cose' (la cosa del chimico,
del fisico o dell'economista) e credere che essa sia
concreta," dice Whit ehea d, "-significa cadere nel pre-
giudizio. di una concretizzazione mal posta. 114
Tuttavia senza di essa, la cosa, noi non potrem-
mo prendere contatto con il mon do e solo lavorando
su di essa noi possiamo tentare di procedere, vincen-
do il condizionamento a cui siamo sottoposti dal pre-
giudizio in tutte le sue forme, attraverso alla coscien-
za del nostro essere nella storia. Poiché la liberazio-
ne dal pregiudizio costituito e il fondamento della
nostra prim a azione di lettu ra della forma architetto-
nica del mondo, ed essa stessa e attivita progettan-
te, come lettu ra dell'essenza dalle cose che ci cir-
condano e di cío che esse sono per noi.

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