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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TRENTO

Dipartimento di Ingegneria Industriale


Corso di Laurea Triennale in Ingegneria Industriale

TECNOLOGIE DI DEVULCANIZZAZIONE PER GLI


ELASTOMERI
APPROFONDIMENTO TEORICO

Studente: Diego Nardelli

Anno Accademico 2019-2020


SOMMARIO 2
• Tipologie
1 - Introduzione agli elastomeri • Processo di vulcanizzazione
• Utilizzi

• Considerazioni ambientali
2 - Fine vita degli elastomeri
• Tecnologie di riciclo

• Processo termomeccanico
3 - Tecnologie di devulcanizzazione • Processo chimico/termochimico
• Processo a ultrasuoni/microonde

4 - Considerazioni finali
INTRODUZIONE 3
TIPOLOGIE
Gli elastomeri, sono complesse miscele di polimeri di sostanze organiche, naturali o sintetiche con aggiunta di additivi.
Vengono tipicamente suddivise in gomme naturali e gomme sintetiche.
GOMME SINTETICHE
GOMME NATURALI
Tramite polimerizzazione si generano lattici artificiali che vengono
La più nota è la gomma naturale (NR) o successivamente coagulati.
caucciù, ottenuta dalla coagulazione del lattice Sono classificate secondo la DIN/ISO 1629 in:
dalla pianta di Hevea brasiliensis. • gruppo M: contenenti catene polimeriche sature di polietilene.
• gruppo O: contenenti atomi di ossigeno.
• gruppo Q: contenenti atomi di ossigeno e silicio.
• gruppo R: contenenti carbonio insaturo.
• gruppo U: contenenti carbonio, ossigeno e azoto.

L’SBR è la gomma sintetica industrialmente più


importante. È ottenuta attraverso la copolimerizzazione di
butadiene e stirene, ed è caratterizzata da una buona
resistenza all’abrasione, buona stabilità all’invecchiamento
e nei confronti di sostanze chimiche.
INTRODUZIONE 4
PROCESSO DI VULCANIZZAZIONE
La vulcanizzazione è un processo di lavorazione della gomma che favorisce la formazione di ponti solfuro, reticolando le
varie catene polimeriche e limitandone così i movimenti. Le reticolazioni aumentano la resistenza della gomma e
permettono al polimero di riprendere la forma originale dopo l’applicazione di uno sforzo, conferiscono stabilità
dimensionale, insolubilità, infusibilità ed elasticità.

Questo processo fu scoperto nel 1839 da C. Goodyear, che


vulcanizzò gomma NR utilizzando zolfo e carbonato basico di
piombo. Ad oggi sono usati vari tipi di agenti vulcanizzanti, ma i
più comunemente adottati sono quelli basati sull’aggiunta di zolfo.

Alternativamente esistono la clorurazione o la solfoclorurazione e


successiva deidroclorurazione per azione dello zolfo o di ossidi
metallici, oppure trattamento con perossidi organici. Anche le
radiazioni ad alta energia sono capaci di favorire la reticolazione,
ma questo procedimento comporta però una forte degradazione
delle catene principali e quindi delle proprietà della gomma.
INTRODUZIONE 5
UTILIZZI
Gli utilizzi della gomma sono vastissimi, in tutti i settori industriali. Grandi quantità di NR trovano impiego come adesivi,
oppure per la realizzazione di nastri di gomma e gomme da cancellare; anche nell’industria aeronautica molte
guarnizioni e tubi sono tuttora realizzati in gomma naturale.
Le gomme sintetiche SBR sono spesso usate in sostituzione della gomma naturale e trovano applicazioni in pneumatici,
guarnizioni, isolamenti termici, superfici di attrito, adesivi.
La gomma non vulcanizzata viene usata per produrre
mastici, adesivi, isolanti e suole delle scarpe, mentre
la gomma vulcanizzata è più diffusa, ed è adatta alla
produzione dei battistrada per pneumatici e dei nastri
trasportatori.

La produzione di pneumatici rappresenta il mercato


più ampio della gomma. Le caratteristiche di ottima
aderenza al suolo ed attenuazione delle vibrazioni
la rendono il materiale ideale per questo impiego.
Nel mondo si stima che ogni anno vengano prodotti
29.2M ton di gomma, delle quali, in Europa, il 75%
viene utilizzato per la produzione di pneumatici.
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CONSIDERAZIONI AMBIENTALI – PREFAZIONE

Considerando gli elastomeri, le problematiche ambientali più


comunemente dibattute dall’opinione pubblica sono quelle
riguardanti lo smaltimento.

Tuttavia, le problematiche ambientali non si limitano soltanto


allo smaltimento, ma anche alla reperibilità delle materie
prime. La criticità della produzione di gomme sintetiche nel
lungo periodo risiede nel futuro aumento di prezzo del
petrolio, che renderà i suoi derivati sempre meno convenienti
in un contesto industriale moderno, mentre per quanto
riguarda le gomme naturali (la cui domanda è in costante
aumento), si deve considerare che la produzione deriva dalle
piantagioni di Hevea, soggette quindi a fattori ambientali
(come il cambiamento climatico) ed alle condizioni politico-
sociali – non sempre stabili – dei Paesi produttori.

We supposedly valued human life while our enemy did not. Yet we paid the owners of the Michelin plantations $600 for each rubber tree we damaged, while
the family of a slain Vietnamese child got no more than $120 in payment for a life. - B. Romo, P. Zastrow, J. Miller - VVAW, 2002
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CONSIDERAZIONI AMBIENTALI – PRODUZIONE DI NR

Per ovviare a queste problematiche legate alla produzione, si sono intraprese attività
di ricerca volte a trovare delle concrete ed industrialmente sostenibili, studiando
materie prime diverse da alternative quelle tradizionali.
Si è ad esempio scoperto che per quanto riguarda la NR, una potenziale alternativa
all’Hevea può essere il Guayule, arbusto che presenta alcuni importantissimi
vantaggi:

• Possibilità di ottenere anche altre sostanze utili principalmente nei settori


cosmetico e farmaceutico.
• Minor consumo di acqua e minor cura richiesta
• Estrazione del lattice più automatizzabile e conseguente richiesta di manodopera
meno qualificata

Sul Guayule stanno investendo ingenti risorse Versalis e Pirelli, mentre Continental
programma l’avvio della produzione di pneumatici per autocarri contenenti una
percentuale di gomma ricavata dalle radici di una particolare specie di tarassaco,
pianta facilmente reperibile.
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CONSIDERAZIONI AMBIENTALI – PRODUZIONE DI GOMME SINTETICHE

Altrettanto importanti sono gli sforzi che si compiono per ridurre (ed in un’ottica futura eliminare) la produzione di gomma
sintetica derivante dai derivati del petrolio.
Ad esempio Versalis, in collaborazione con
Genomatica, ha siglato un accordo per la fabbricazione
sperimentale di bio-butadiene da risorse rinnovabili al
fine di ottenere una “gomma biologica”, che
attualmente ha raggiunto un volume di produzione
pari a più di 100’000 ton annue.
Un altro esempio è lo dallo studio di una gomma bio-
EPDM, conosciuta come Keltan Eco, promossa da
Arlanxeo (attiva nell’ambito della gomma sintetica).
Questa è prodotta a partire dall’etilene ricavato dal
bioetanolo, ottenuto a sua volta dalla canna da
zucchero.

Nell’immagine a sinistra, guarnizioni ed o-ring


realizzati in Keltan Eco
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CONSIDERAZIONI AMBIENTALI – SMALTIMENTO
La maggior preoccupazione dal punto di vista ambientale, è lo smaltimento degli pneumatici
Esso è problematico sia per la complessità strutturale dello pneumatico (derivante dall’impiego di un numero
consistente di materiali molto diversi fra loro) sia per il volume di consumo annuo.
Nonostante l’attenzione rivolta al fine vita di questo indispensabile articolo sia infatti molto alta sin dagli anni Novanta,
ad oggi circa ottocento milioni di pneumatici l’anno sono destinati alla discarica, con conseguente perdita di materiale
ed energia.
Questo senza considerare i molteplici risvolti negativi ambientali e sociali che gli enormi accumuli di materiale causano,
come il potenziale covo di infezioni dovuto a ristagni d’acqua ed altre sostanze, oppure i grandi disagi che conseguono
alla combustione accidentale degli stessi.
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TECNOLOGIE DI RICICLIO – LEGISLAZIONE

La non biodegradabilità e l’elevata infiammabilità (con emissione di gas tossici) della gomma, hanno reso necessaria una
legiferazione sullo smaltimento.
Secondo la normativa italiana ed europea, gli pneumatici sono considerati rifiuti speciali (ovvero inquinanti e dannosi
per terra, acqua ed aria). Negli anni successivi al varo della prima direttiva europea in materia (1999), che prevedeva un
ottimistico divieto di smaltimento di pneumatici in discarica entro il 2003 (disatteso), sono stati emanati continui
aggiornamenti:

• 2000: viene imposto lo smontaggio degli pneumatici dai veicoli prima della demolizione. Si introduce l’obbiettivo di
riciclo di questi nell’ordine dell’85% entro il 2006 e del 95% entro il 2015.
• 2006: viene resa obbligatoria la registrazione delle sostanze già riciclate, inclusi gli pneumatici e il granulato di
gomma.
• 2008: viene definito lo stato di “End-of-Waste”, ovvero quel processo che porta il rifiuto ad assumere un ruolo utile
come prodotto.

Considerando una visione globale del fenomeno, in molti Stati in via di sviluppo (e non), la tematica è ancora ignorata o
considerata solo parzialmente rispetto alla sua gravità ed alle sue dimensioni reali.
Nonostante in questo ultimo ventennio i passi che si sono compiuti per migliorare la situazione ambientale siano molti,
una gestione univoca a livello globale del fenomeno è ancora difficile da immaginare e realizzare in un futuro prossimo.
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TECNOLOGIE DI RICICLIO – PRODUZIONE DI ENERGIA

Ad oggi, il principale processo di smaltimento è termovalorizzazione, ovvero la loro combustione con conseguente recupero di
energia; il calore ottenuto è utilizzato per alimentare una turbina atta alla produzione di energia elettrica, ed un suo ulteriore
recupero è talvolta effettuato tramite uno scambiatore di calore. Al termine del procedimento sono previsti complessi sistemi di
filtraggio dei fumi e delle polveri al fine di ridurre al minimo l’impatto ambientale dell’impianto.
Esistono in particolare due principali tipologie di impianti:

• Forno a tamburo rotante: possono essere alimentati con pneumatici interi e permettono il recupero delle parti in acciaio e
le ceneri.
• Forno a letto fluido: può essere a letto bollente o ricircolante. Permettono l’elaborazione di sola gomma macinata, che
implica un aumento dei costi.

Un metodo alternativo di termovalorizzazione degli elastomeri è quello che sfrutta la co-combustione degli pneumatici fuori
uso nei forni dei cementifici. Questo permette un notevole risparmio energetico e di risorse e lo smaltimento indiretto dei
metalli e degli inerti della mescola elastomerica presenti nei pneumatici, che vengono quindi inglobati nel clinker di cemento.

La pirolisi è un altro trattamento che consiste nella degradazione termica della gomma, dando come risultato del cracking
termico una componente solida, una liquida, ed una gassosa parzialmente condensabile. Le componenti liquida e gassosa sono
sfruttabili come combustibile, mentre dalle ceneri si producono carbon black e carboni attivi.
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TECNOLOGIE DI RICICLIO – PRODUZIONE DI ENERGIA

Forno a tamburo rotante Forno a letto fluido


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TECNOLOGIE DI RICICLIO – RICICLO MECCANICO

La pratica del riciclo meccanico della gomma è la più diffusa; questo processo consiste nel macinare il materiale e ridurlo in
diverse granulometrie omogenee, le quali vengono impiegate diversamente (ad esempio in pannelli fonoassorbenti) a seconda
dello spessore raggiunto.
Considerando gli pneumatici, dopo un primo trattamento per togliere gli anelli metallici nel tallone dello pneumatico e ridurre le
dimensioni dei pezzi di gomma, la macinazione può avvenire per:

• Triturazione meccanica: lo pneumatico subisce una prima fase di triturazione, successivamente granulazione e
micronizzazione, dove si riducono progressivamente le dimensioni dei brandelli e si separano acciaio e tessuto.
• Processi criogenici: il materiale viene raffreddato con azoto liquido ed infragilito; si procede quindi con una triturazione
criogenica, infine tramite un mulino a dischi o a martelli, il materiale viene polverizzato.
• Processi elettrochimici: il materiale viene immesso in un forno verticale ad induzione elettromagnetica, all’interno del quale
un trattamento elettrotermico fa riscaldare l’acciaio contenuto nello pneumatico fino a circa 700 °C, causando la
carbonizzazione della gomma adiacente ed il suo conseguente distacco. Separato il metallo e la gomma carbonizzata dalla
gomma rimasta inalterata, quest’ultima viene devulcanizzata e mescolata a composti vergini.

La macinazione degli elastomeri è energeticamente molto costosa, ed il prodotto è difficile da immettere sul mercato in quanto
costituito da materiale di scarto; risulta quindi complesso ricavarne un profitto economico apprezzabile. Inoltre, il nuovo
manufatto, una volta giunto a fine vita, presenta lo stesso precedente problema di smaltimento.
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TECNOLOGIE DI RICICLIO – RICICLO MECCANICO

Alcuni esempi in cui l’impiego dei granulati di gomma ottenuti dal riciclo meccanico è consolidato nel tempo:
• superfici drenanti per campi in erba sintetica e asfalto
• pavimentazioni antitrauma per aree gioco
• accessori di arredo urbano e stradale
• isolanti acustici
• antivibranti per rotaie
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TECNOLOGIE DI RICICLIO – DEVULCANIZZAZIONE
Un riciclo vero e proprio della gomma si otterrebbe attraverso un processo ideale di devulcanizzazione, che preveda la
rottura mirata dei ponti sulfurei costituti durante il processo di vulcanizzazione fra le macromolecole del polimero di base.
Tuttavia questa tecnica è ancora poco sviluppata, ed anche con i diversi metodi studiati, non si ottiene mai la rottura
selettiva dei soli ponti sulfurei, bensì si osserva anche una parziale degradazione delle catene polimeriche principali (ovvero
una perdita di peso molecolare) dovuta alla rottura indesiderata di alcuni legami carbonio-carbonio.
DEVULCANIZZAZIONE 16
DEVULCANIZZAZIONE – PROCESSO TERMOMECCANICO
Questo processo opera sfruttando solamente calore ed energia meccanica (taglio), e viene condotto in un in un estrusore
bivite (talvolta anche in un miscelatore interno ad alta pressione) con la possibile aggiunta di alcuni additivi, come oli o altri
agenti di recupero.
Schematicamente può essere riassunto in 2 step: riscaldamento e rottura dei legami poli-zolfo poi rottura dei legami
monosolfidici causata da sforzo di taglio ed elevata pressione idrostatica. Come prodotti di scarto ci sono composti sulfurei a
basso peso molecolare (H2S, SO2, C2S)
I 3 parametri principali sono la geometria delle viti (che
influenza a sua volta altri parametri quali la forza di taglio), la
velocità di rotazione e la temperatura di processo

Come per molti altri processi di devulcanizzazione, il problema


principale di questo processo è la non trascurabile scissione
delle catene principali, che comporta una notevole perdita di
proprietà meccaniche nel prodotto riciclato, limitandone così
l'utilizzo anche nella miscelazione con composto vergine.
DEVULCANIZZAZIONE 17
DEVULCANIZZAZIONE – PROCESSO TERMOMECCANICO

I risultati dello studio più recente effettuato da


Fukumori et al. su gomme SBR ed NR, basato
sull'ottimizzazione dei parametri del processo già
descritto in precedenza, sono molto promettenti:
L’aggiunta del 30% di gomma devulcanizzata ad un
composto vergine ha portato ad una riduzione del
carico di rottura inferiore al 10% rispetto al vergine.

In un test su strada effettuato confrontando


pneumatici standard e pneumatici contenenti il 10%
di gomma NR montati su un camion, quelli
contenenti gomma devulcanizzata hanno presentato
un comportamento estremamente simile a quelli
standard, anche dopo oltre 200.000 km
DEVULCANIZZAZIONE 18
DEVULCANIZZAZIONE – PROCESSO TERMOMECCANICO

Un ulteriore brevetto di Q. Zhang e C. Tzoganakis prevede l'impiego di biossido


di carbonio supercritico (scCO2) in un estrusore a doppia vite.
Lo stato supercritico è un particolare stato di aggregazione in cui non vi è
nessuna separazione fisica tra la fase gassosa e quella liquida; un fluido
supercritico (SCF) avrà quindi proprietà fisiche intermedie tra gas e liquidi;
permettondogli così, tra l’altro, di penetrare nei pori dei solidi, migliorando
l'efficienza dei processi di trasporto di massa. La devulcanizzazione con scCO2
non è ancora del tutto compresa, ma il meccanismo proposto è molto semplice:
in stato supercritico, la CO2 diffonde nelle particelle di gomme gonfiandole,
facilitando così la penetrazione dei reagenti devulcanizzanti ed allungando i
ponti solfuro, rendendoli così più facili da rompere.

L'impiego della CO2 rispetto ad altri fluidi supercritici presenta numerosi


vantaggi: è inerte, non tossica, non infiammabile ed economica, inoltre il suo
punto critico viene raggiunto a bassa temperatura (circa 31°C) e bassa pressione
(circa 7,38MPa). Infine, la rimozione dell'eccesso di scCO2 può avvenire
facilmente e velocemente rilasciando pressione.
DEVULCANIZZAZIONE 19
DEVULCANIZZAZIONE – PROCESSO CHIMICO E TERMOCHIMICO
Nei processi chimici, solitamente effettuati in batch, il polverino di gomma da trattare viene inizialmente inserito in un reattore e
miscelato ad una data quantità di reagenti chimici a temperature e pressioni specifiche. L’agente maggiormente utilizzato è il
difenildisolfuro (DD), la cui reazione procede con meccanismo radicalico, ma oltre al DD, sono stati impiegati molti altri composti
a base di zolfo (mercaptani, tiofenoli) e di fosforo (trifenilfosfina, dibutilfosfito), sono studiati anche composti riducenti come
metalli alcalini (Na), composti di metalli alcalini (tetraidroalluminato di litio, fenillitio), ed altri.
Successivamente il la gomma devulcanizzata viene processata in un estrusore, ed risciacquata, filtrata ed asciugata per eliminare
le eventuali impurità chimiche indesiderate.

Nel processo termochimico, la rottura dei legami intermolecolari è effettuata da una combinazione di calore e reagenti chimici.
In questi tipi processi vengono utilizzati composti alcalini, oli plasticizzanti e solventi peptizzanti ed il trattamento viene fatto in
autoclave o in bollitore tra i 140 ed i 200°C. Il prodotto viene rifinito successivamente in mescolatori a cilindri.

Attualmente, l'industrializzazione di entrambi i processi risulta


molto complicata a causa della dell'elevata tossicità dei
reagenti, dei solventi e degli scarti, quindi di tutti i costi e le
implicazioni che porta lo smaltimento di reagenti tossici. La
complessità delle reazioni (non ancora completamente
conosciute) e la lentezza del processo sono ulteriori fattori che
ne ostacolano la diffusione.
DEVULCANIZZAZIONE 20
DEVULCANIZZAZIONE – PROCESSO AD ULTRASUONI

Il primo processo di devulcanizzazione ad ultrasuoni fu


brevettato nel 1973 da A. Pelofsky, ma nel corso degli anni
molti altri studi sono stati sostenuti, e ad oggi i vari tipi di
reattori sviluppati per la devulcanizzazione ad ultrasuoni fanno
tutti uso di un estrusore monovite.
I residui da devulcanizzare vengono caricati in testa ad una
tramoggia ed introdotti in un estrusore; successivamente, la
vite comprime il materiale e lo porta alla zona di
devulcanizzazione, dove le onde ultrasoniche sottopongono i
legami sulfurei ad un ripetuto stress di compressione ed
estensione, che finisce per romperli con un effetto simile a
quello della fatica. L'efficacia dipende dall'ampiezza delle
onde, dalla pressione nella zona di devulcanizzazione, dal
tempo di processo e dallo spessore dello strato di gomma.
Il controllo della temperatura è un altro fattore critico, poiché gli ultrasuoni generano un'enorme dissipazione di energia nella
gomma, che causa un forte aumento della temperatura, che va quindi attentamente monitorata per evitare il degrado delle
catene principali.
Questo processo è molto veloce, il tempo di stazionamento nella zona di devulcanizzazione è dell'ordine di qualche secondo.
DEVULCANIZZAZIONE 21
DEVULCANIZZAZIONE – PROCESSO A MICROONDE

La devulcanizzazione a microonde è simile a quella con ultrasuoni, solo che l'energia viene fatta arrivare alla gomma sotto
forma di microonde.
In questo caso, la presenza di gruppi polari è fondamentale, in quanto sono loro ad assorbire l'energia delle microonde ed
a generare quindi calore.

La tecnica di devulcanizzazione a microonde è stata presentata nel 1976 in un brevetto depositato dalla Goodyear Tire &
Rubber Co., in cui sono state utilizzate frequenze di 915 e 2450MHz ed energia compresa tra i 325 ed i 1404kJ/kg. In questo
processo, la temperatura massima raggiunta svolge un ruolo fondamentale; a seconda della temperatura finale, infatti, è
possibile rompere diversi tipi di legami di zolfo.
Per quanto riguarda il parametro tempo, è stato scoperto che i campioni lungamente esposti alle microonde presentavano
nuovi legami zolfo-ossigeno (SO), come risultato del riarrangiamento dei radicali liberi dello zolfo formati dalla
devulcanizzazione della gomma, in atmosfera ambiente.
CONSIDERAZIONI FINALI 22
CONSIDERAZIONI FINALI - ECONOMIA
Nel riciclo meccanico, la fase più economicamente costosa è quella della macinazione dei rifiuti. Risulta dunque
fondamentale ridurre il più possibile il consumo energetico ed allungare il più possibile la vita delle componenti
meccaniche; si tende pertanto a diminuire la potenza in modo da migliorare l’efficienza energetica pur tenendo alta la
velocità di macinazione, così da ottenere delle particelle finali di minor pezzatura possibile (con particolari tecnologie ad
ultrasuoni si arriva fino a 100µm).

Dal punto di vista energetico, tra


tutti, il processo di
devulcanizzazione ad ultrasuoni
risulta essere il più efficiente e
permette di ridurre i consumi di
circa due volte rispetto ad uno
tradizionale, ma è ancora poco
sviluppato.
CONSIDERAZIONI FINALI 23
CONSIDERAZIONI FINALI - AMBIENTE
Il riciclo delle gomme rappresenta un grande problema a livello ambientale, e la devulcanizzazione è una delle possibilità
più ecologiche attualmente a disposizione. Tuttavia, pur trattandosi di un processo apparentemente “Environmentally
Friendly” è comunque un’operazione caratterizzata dall’impiego di energia elettrica e – talvolta – di prodotti chimici.
Una delle maggiori problematiche ambientali del processo sono da ricercarsi nella presenza di umidità nel materiale
prodotto dalla devulcanizzazione, che se lasciata evaporare in modo spontaneo porterebbe con sé diverse sostanze
chimiche inquinanti. Ecco, quindi, che a valle della devulcanizzazione e del lavaggio, è possibile applicare una ventilazione
che permette di eliminare una considerevole quantità di acqua residua nel materiale processato, acqua che potrà essere
immagazzinata ed opportunamente trattata per poi essere rimessa in circolo nell’ecosistema.
CONSIDERAZIONI FINALI 24
CONSIDERAZIONI FINALI - CARATTERISTICHE FISICHE
Il processo di devulcanizzazione, indipendentemente dalla sua tipologia, deve garantire la produzione di un materiale che
sia caratterizzato da una buona fluidità (necessaria per la formatura del nuovo prodotto) e da una buona capacità di
rivulcanizzazione. Inoltre, è opportuno tenere in considerazione come la gomma riciclata potrebbe contenere ancora
additivi derivanti dal suo precedente impiego, oltre a parti reticolate residue che non sono state scisse durante il
trattamento di devulcanizzazione.
Solitamente il prodotto devulcanizzato non viene impiegato nuovamente da solo, ma viene miscelato con materiale
vergine.

Come è possibile evincere


dai dati di fianco, i risultati
ottenuti consentono di
ipotizzare un utilizzo di
questi prodotti a livello
industriale per delle
Tabella 2: proprietà in funzione delle applicazioni le cui specifiche
concentrazioni dei campioni di utilizzo siano all’interno
dei parametri misurati.

Tabella 1: composizione campioni


UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TRENTO
Dipartimento di Ingegneria Industriale
Corso di Laurea Triennale in Ingegneria Industriale

TECNOLOGIE DI DEVULCANIZZAZIONE PER GLI


ELASTOMERI
APPROFONDIMENTO TEORICO

Studente: Diego Nardelli

Anno Accademico 2019-2020

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