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• Considerazioni ambientali
2 - Fine vita degli elastomeri
• Tecnologie di riciclo
• Processo termomeccanico
3 - Tecnologie di devulcanizzazione • Processo chimico/termochimico
• Processo a ultrasuoni/microonde
4 - Considerazioni finali
INTRODUZIONE 3
TIPOLOGIE
Gli elastomeri, sono complesse miscele di polimeri di sostanze organiche, naturali o sintetiche con aggiunta di additivi.
Vengono tipicamente suddivise in gomme naturali e gomme sintetiche.
GOMME SINTETICHE
GOMME NATURALI
Tramite polimerizzazione si generano lattici artificiali che vengono
La più nota è la gomma naturale (NR) o successivamente coagulati.
caucciù, ottenuta dalla coagulazione del lattice Sono classificate secondo la DIN/ISO 1629 in:
dalla pianta di Hevea brasiliensis. • gruppo M: contenenti catene polimeriche sature di polietilene.
• gruppo O: contenenti atomi di ossigeno.
• gruppo Q: contenenti atomi di ossigeno e silicio.
• gruppo R: contenenti carbonio insaturo.
• gruppo U: contenenti carbonio, ossigeno e azoto.
We supposedly valued human life while our enemy did not. Yet we paid the owners of the Michelin plantations $600 for each rubber tree we damaged, while
the family of a slain Vietnamese child got no more than $120 in payment for a life. - B. Romo, P. Zastrow, J. Miller - VVAW, 2002
FINE VITA DEGLI ELASTOMERI 7
CONSIDERAZIONI AMBIENTALI – PRODUZIONE DI NR
Per ovviare a queste problematiche legate alla produzione, si sono intraprese attività
di ricerca volte a trovare delle concrete ed industrialmente sostenibili, studiando
materie prime diverse da alternative quelle tradizionali.
Si è ad esempio scoperto che per quanto riguarda la NR, una potenziale alternativa
all’Hevea può essere il Guayule, arbusto che presenta alcuni importantissimi
vantaggi:
Sul Guayule stanno investendo ingenti risorse Versalis e Pirelli, mentre Continental
programma l’avvio della produzione di pneumatici per autocarri contenenti una
percentuale di gomma ricavata dalle radici di una particolare specie di tarassaco,
pianta facilmente reperibile.
FINE VITA DEGLI ELASTOMERI 8
CONSIDERAZIONI AMBIENTALI – PRODUZIONE DI GOMME SINTETICHE
Altrettanto importanti sono gli sforzi che si compiono per ridurre (ed in un’ottica futura eliminare) la produzione di gomma
sintetica derivante dai derivati del petrolio.
Ad esempio Versalis, in collaborazione con
Genomatica, ha siglato un accordo per la fabbricazione
sperimentale di bio-butadiene da risorse rinnovabili al
fine di ottenere una “gomma biologica”, che
attualmente ha raggiunto un volume di produzione
pari a più di 100’000 ton annue.
Un altro esempio è lo dallo studio di una gomma bio-
EPDM, conosciuta come Keltan Eco, promossa da
Arlanxeo (attiva nell’ambito della gomma sintetica).
Questa è prodotta a partire dall’etilene ricavato dal
bioetanolo, ottenuto a sua volta dalla canna da
zucchero.
La non biodegradabilità e l’elevata infiammabilità (con emissione di gas tossici) della gomma, hanno reso necessaria una
legiferazione sullo smaltimento.
Secondo la normativa italiana ed europea, gli pneumatici sono considerati rifiuti speciali (ovvero inquinanti e dannosi
per terra, acqua ed aria). Negli anni successivi al varo della prima direttiva europea in materia (1999), che prevedeva un
ottimistico divieto di smaltimento di pneumatici in discarica entro il 2003 (disatteso), sono stati emanati continui
aggiornamenti:
• 2000: viene imposto lo smontaggio degli pneumatici dai veicoli prima della demolizione. Si introduce l’obbiettivo di
riciclo di questi nell’ordine dell’85% entro il 2006 e del 95% entro il 2015.
• 2006: viene resa obbligatoria la registrazione delle sostanze già riciclate, inclusi gli pneumatici e il granulato di
gomma.
• 2008: viene definito lo stato di “End-of-Waste”, ovvero quel processo che porta il rifiuto ad assumere un ruolo utile
come prodotto.
Considerando una visione globale del fenomeno, in molti Stati in via di sviluppo (e non), la tematica è ancora ignorata o
considerata solo parzialmente rispetto alla sua gravità ed alle sue dimensioni reali.
Nonostante in questo ultimo ventennio i passi che si sono compiuti per migliorare la situazione ambientale siano molti,
una gestione univoca a livello globale del fenomeno è ancora difficile da immaginare e realizzare in un futuro prossimo.
FINE VITA DEGLI ELASTOMERI 11
TECNOLOGIE DI RICICLIO – PRODUZIONE DI ENERGIA
Ad oggi, il principale processo di smaltimento è termovalorizzazione, ovvero la loro combustione con conseguente recupero di
energia; il calore ottenuto è utilizzato per alimentare una turbina atta alla produzione di energia elettrica, ed un suo ulteriore
recupero è talvolta effettuato tramite uno scambiatore di calore. Al termine del procedimento sono previsti complessi sistemi di
filtraggio dei fumi e delle polveri al fine di ridurre al minimo l’impatto ambientale dell’impianto.
Esistono in particolare due principali tipologie di impianti:
• Forno a tamburo rotante: possono essere alimentati con pneumatici interi e permettono il recupero delle parti in acciaio e
le ceneri.
• Forno a letto fluido: può essere a letto bollente o ricircolante. Permettono l’elaborazione di sola gomma macinata, che
implica un aumento dei costi.
Un metodo alternativo di termovalorizzazione degli elastomeri è quello che sfrutta la co-combustione degli pneumatici fuori
uso nei forni dei cementifici. Questo permette un notevole risparmio energetico e di risorse e lo smaltimento indiretto dei
metalli e degli inerti della mescola elastomerica presenti nei pneumatici, che vengono quindi inglobati nel clinker di cemento.
La pirolisi è un altro trattamento che consiste nella degradazione termica della gomma, dando come risultato del cracking
termico una componente solida, una liquida, ed una gassosa parzialmente condensabile. Le componenti liquida e gassosa sono
sfruttabili come combustibile, mentre dalle ceneri si producono carbon black e carboni attivi.
FINE VITA DEGLI ELASTOMERI 12
TECNOLOGIE DI RICICLIO – PRODUZIONE DI ENERGIA
La pratica del riciclo meccanico della gomma è la più diffusa; questo processo consiste nel macinare il materiale e ridurlo in
diverse granulometrie omogenee, le quali vengono impiegate diversamente (ad esempio in pannelli fonoassorbenti) a seconda
dello spessore raggiunto.
Considerando gli pneumatici, dopo un primo trattamento per togliere gli anelli metallici nel tallone dello pneumatico e ridurre le
dimensioni dei pezzi di gomma, la macinazione può avvenire per:
• Triturazione meccanica: lo pneumatico subisce una prima fase di triturazione, successivamente granulazione e
micronizzazione, dove si riducono progressivamente le dimensioni dei brandelli e si separano acciaio e tessuto.
• Processi criogenici: il materiale viene raffreddato con azoto liquido ed infragilito; si procede quindi con una triturazione
criogenica, infine tramite un mulino a dischi o a martelli, il materiale viene polverizzato.
• Processi elettrochimici: il materiale viene immesso in un forno verticale ad induzione elettromagnetica, all’interno del quale
un trattamento elettrotermico fa riscaldare l’acciaio contenuto nello pneumatico fino a circa 700 °C, causando la
carbonizzazione della gomma adiacente ed il suo conseguente distacco. Separato il metallo e la gomma carbonizzata dalla
gomma rimasta inalterata, quest’ultima viene devulcanizzata e mescolata a composti vergini.
La macinazione degli elastomeri è energeticamente molto costosa, ed il prodotto è difficile da immettere sul mercato in quanto
costituito da materiale di scarto; risulta quindi complesso ricavarne un profitto economico apprezzabile. Inoltre, il nuovo
manufatto, una volta giunto a fine vita, presenta lo stesso precedente problema di smaltimento.
FINE VITA DEGLI ELASTOMERI 14
TECNOLOGIE DI RICICLIO – RICICLO MECCANICO
Alcuni esempi in cui l’impiego dei granulati di gomma ottenuti dal riciclo meccanico è consolidato nel tempo:
• superfici drenanti per campi in erba sintetica e asfalto
• pavimentazioni antitrauma per aree gioco
• accessori di arredo urbano e stradale
• isolanti acustici
• antivibranti per rotaie
FINE VITA DEGLI ELASTOMERI 15
TECNOLOGIE DI RICICLIO – DEVULCANIZZAZIONE
Un riciclo vero e proprio della gomma si otterrebbe attraverso un processo ideale di devulcanizzazione, che preveda la
rottura mirata dei ponti sulfurei costituti durante il processo di vulcanizzazione fra le macromolecole del polimero di base.
Tuttavia questa tecnica è ancora poco sviluppata, ed anche con i diversi metodi studiati, non si ottiene mai la rottura
selettiva dei soli ponti sulfurei, bensì si osserva anche una parziale degradazione delle catene polimeriche principali (ovvero
una perdita di peso molecolare) dovuta alla rottura indesiderata di alcuni legami carbonio-carbonio.
DEVULCANIZZAZIONE 16
DEVULCANIZZAZIONE – PROCESSO TERMOMECCANICO
Questo processo opera sfruttando solamente calore ed energia meccanica (taglio), e viene condotto in un in un estrusore
bivite (talvolta anche in un miscelatore interno ad alta pressione) con la possibile aggiunta di alcuni additivi, come oli o altri
agenti di recupero.
Schematicamente può essere riassunto in 2 step: riscaldamento e rottura dei legami poli-zolfo poi rottura dei legami
monosolfidici causata da sforzo di taglio ed elevata pressione idrostatica. Come prodotti di scarto ci sono composti sulfurei a
basso peso molecolare (H2S, SO2, C2S)
I 3 parametri principali sono la geometria delle viti (che
influenza a sua volta altri parametri quali la forza di taglio), la
velocità di rotazione e la temperatura di processo
Nel processo termochimico, la rottura dei legami intermolecolari è effettuata da una combinazione di calore e reagenti chimici.
In questi tipi processi vengono utilizzati composti alcalini, oli plasticizzanti e solventi peptizzanti ed il trattamento viene fatto in
autoclave o in bollitore tra i 140 ed i 200°C. Il prodotto viene rifinito successivamente in mescolatori a cilindri.
La devulcanizzazione a microonde è simile a quella con ultrasuoni, solo che l'energia viene fatta arrivare alla gomma sotto
forma di microonde.
In questo caso, la presenza di gruppi polari è fondamentale, in quanto sono loro ad assorbire l'energia delle microonde ed
a generare quindi calore.
La tecnica di devulcanizzazione a microonde è stata presentata nel 1976 in un brevetto depositato dalla Goodyear Tire &
Rubber Co., in cui sono state utilizzate frequenze di 915 e 2450MHz ed energia compresa tra i 325 ed i 1404kJ/kg. In questo
processo, la temperatura massima raggiunta svolge un ruolo fondamentale; a seconda della temperatura finale, infatti, è
possibile rompere diversi tipi di legami di zolfo.
Per quanto riguarda il parametro tempo, è stato scoperto che i campioni lungamente esposti alle microonde presentavano
nuovi legami zolfo-ossigeno (SO), come risultato del riarrangiamento dei radicali liberi dello zolfo formati dalla
devulcanizzazione della gomma, in atmosfera ambiente.
CONSIDERAZIONI FINALI 22
CONSIDERAZIONI FINALI - ECONOMIA
Nel riciclo meccanico, la fase più economicamente costosa è quella della macinazione dei rifiuti. Risulta dunque
fondamentale ridurre il più possibile il consumo energetico ed allungare il più possibile la vita delle componenti
meccaniche; si tende pertanto a diminuire la potenza in modo da migliorare l’efficienza energetica pur tenendo alta la
velocità di macinazione, così da ottenere delle particelle finali di minor pezzatura possibile (con particolari tecnologie ad
ultrasuoni si arriva fino a 100µm).