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Emma Green

CENTO SFACCETTATURE DI MR. DIAMONDS

Vol. 2: Smagliante

1. L'ufficio lamentele

Per la prima volta in ventidue anni, non sento il Natale. Non mi sento al mio
posto. Eppure,

conosco molto bene questa casa, queste persone. Lo stesso, mi sento


soffocare. Sono nella mia casa

d'infanzia, come ogni anno, attorniata dai miei cari… eppure mi sento quasi
un'estranea. I miei adorati

genitori, il loro matrimonio dura orma da oltre trent'anni. Quest'amore


tranquillo ed evidente, che a

lungo ho invidiato e sperato, questa sera mi sembra di una noia mortale! La


mia sorella maggiore,

Camille, suo marito e il loro bambino, questa piccola famiglia perfetta, ma


non veramente voluta,

arrivata semplicemente troppo in fretta. Il mio fratellino Simon, piccolo


arrogante appena

maggiorenne che crede di sapere tutto della vita solo perché colleziona
conquiste effimere una dopo

l'altra. E mia nonna, vedova e triste, che vive nel passato. Per la prima volta
nella mia breve vita mi

domando cosa ci faccio qui. Il mio corpo è presente, ma il mio spirito pensa
solo a lui. Gabriel. Non
sono presente a questa festa, sono ancora in Toscana. Mi basta chiudere gli
occhi per rivivere quei

magici istanti, il week-end intenso e romantico che mi ha offerto, la sua pelle


contro la mia, i suoi

muscoli tesi sotto le mie mani, il suo corpo profondamente immerso nel mio.
E' tutto ancora così

presente e così terribilmente lontano.

– Si va a tavola, Amandine. Mia madre mi risveglia bruscamente dalle mie


fantasticherie e,

vedendo la mia aria assente, mi lancia un'occhiata per metà divertita e per
metà di compatimento.

– Tu mi nascondi qualcosa, figlia mia. Vieni con noi e molla un po' il


telefono, è Natale. Per una

volta che siamo tutti insieme.

Faccio scivolare il cellulare nella tasca posteriore dei jeans e, con un sospiro,
raggiungo la mia

famiglia strascicando i piedi. Questa cena mi sembra eterna. Cerco di fare


bella figura mentre

controllo almeno cento volte il cellulare attraverso la stoffa, perché credo di


sentirlo vibrare. Vibra,

chiedo solo questo. Gabriel ha il mio numero. Perché il mio bellissimo


amante non mi chiama? Fino

ad ora non l'ha mai fatto, mi sento una stupida ad aspettare un segnale da
parte sua… prendo in
considerazione l'idea di farmi viva io. Dopo l'apertura dei regali, in pratica
quasi gli stessi dell'anno

scorso, do uno sguardo a quelli che mi circondano e a questa scena così


stereotipata, vissuta e rivissuta

ogni anno e corro a chiudermi in bagno. Tiro fuori il mio cellulare e digito
senza riflettere: «Quando ti

rivedo?» Inviato. Lo sto già rimpiangendo quando vedo la risposta


comparire sullo schermo. «Più

velocemente di quanto immagini», ho una sorpresa per te. Buon Natale.


Amandine.

Dopo questo messaggio enigmatico sono trascorsi diversi giorni. Ho ripreso


a lavorare e cerco in

qualche modo di celare la mia impazienza, a me e agli altri. Questa mattina


Éric, il mio capo, è

veramente di ottimo umore, non riesce proprio ad abituarsi all'idea di


prendersi tre giorni di vacanza.

Tuffo il naso nel computer per cercare di concentrarmi. Alle 10 precise,


prendo il secondo caffè della

giornata e per poco non mi strozzo. Questa voce. La sua voce. Gabriel è qui.
Non l'ho ancora visto ma

lo sento parlare, e lo sente anche tutto il mio corpo. I suoi passi mescolati a
quelli di Éric si

avvicinano. Inspiro a fondo, cerco di darmi un tono. Sorridente ma


distaccata. Gabriel attraversa il

corridoio. Sublime con un soprabito blu, mentre con nonchalance si libera


della lunga sciarpa beige a
sottili righe azzurro cielo che illumina i suoi occhi, questi occhi così azzurri
che purtroppo non si

girano verso di me. L'uomo che ha fatto a lungo l'amore con me nemmeno
otto giorni fa, non mi degna

neppure di uno sguardo. Vedendo le sue ampie spalle che si allontanano, i


capelli biondi che ho

arruffato, questa nuca abbronzata a cui mi sono intensamente aggrappata, ho


voglia di urlare. O di

piangere. Ma Éric non me ne lascia il tempo, mi chiama nel suo ufficio. Il


signor Diamonds desidera

un caffè, nero e molto ristretto, prima di iniziare l'incontro. Mi sento morire,


non solo Gabriel mi ha

ignorato bellamente ma devo anche fargli da cameriera e presentarmi a lui,


con l'etichetta di stagista

ben incollata sulla fronte. Suprema umiliazione. Preparo un caffè molto


lungo, aggiungo due zollette

di zucchero (so che non lo vuole) e porto la tazza con tutta la professionalità
e il distacco che riesco a

trovare in questo istante preciso.

Una volta arrivata in ufficio, Éric esce dietro di me rimandando a Gabriel:

– Glielo vado a cercare, al massimo ne ho per dieci minuti. Amandine, puoi


occuparti del nostro

ospite?

– Hai sentito, Amande? mi sussurra Gabriel con un sorriso. Si avvicina e mi


prende la tazza dalle
mani. Devo trattenermi dal gettargli il caffè bollente in faccia. Sbotto:

– Come osi…?

M'interrompe ricoprendo la mia bocca con la sua mentre mi tiene saldamente


per il collo

attendendo che smetta di resistere. Passa dolcemente la sua lingua tra le mie
labbra e quando

finalmente cedo al bacio, arretra di poco meno di un centimetro. Sento il suo


alito profumato di menta

e sento che mormora: «Non ti piace la mia sorpresa? Ci restano solo nove
minuti…» Con rabbia e

desiderio mi getto su di lui e lo bacio a bocca spalancata. Chiude la porta con


il piede e il suo

immenso braccio mi circonda la vita e mi solleva dal pavimento, mentre con


la mano libera da un giro

di chiave alla serratura. Mi mette a sedere sulla scrivania di Éric, con una
mano mi allarga le gambe e

con l'altra si slaccia la cintura. Tuffo le mani nei suoi pantaloni per far uscire
la camicia, ma Gabriel

mi afferra i polsi e mi rovescia sulla scrivania imprigionandomi le mani


sopra la testa. «Non

muoverti, è il tuo regalo, ricordati.» Si rialza, mi domina dall'alto della sua


statura e comincia ad

aprire i bottoni che chiudono i miei pantaloni, i suoi occhi luminosi piantati
nei miei. Con un certo
impeto libera una delle mie gambe dai jeans e dalle mutandine, mi solleva i
glutei per farmi

avvicinare al bordo della scrivania ed estrae il suo sesso dai pantaloni.


Eretto, teso verso di me, avevo

dimenticato quanto fosse impressionante la sua erezione. Mentre mette il


preservativo mi guarda

mentre approfitto dello spettacolo. Non mi ha ancora toccato ma il mio sesso


è già gonfio di desiderio

e frustrato per la sua assenza. Allungata sulla scrivania, le braccia incrociate


sopra la testa non ho

cambiato posizione visto che mi ha detto di non muovermi ma tutto il mio


corpo lo chiama, lo vuole.

Allargo un po' di più le gambe per invitarlo a entrare, a riempirmi, a


colmarmi. Non ho bisogno di

parlare, Gabriel passa la mano su ciascuna delle mie cosce e mi penetra con
un violento colpo di reni.

Brucio di desiderio e lo sento tutto in fondo a me e vorrei che ci restasse in


eterno. Ma all'improvviso

decide di farmi sentire la sua assenza, si ritira quasi completamente per poi
rituffarsi ancora in me con

ancora più forza. Questo nuovo assalto mi fa perdere la testa. M'inarco per
chiederne ancora, Gabriel

non si fa pregare e accelera il ritmo. Afferra i bordi della scrivania


sfidandomi con lo sguardo. Non so

se sia per avvisarmi che ancora non ho visto niente o per chiedermi di
mostrarmi all'altezza. Qualsiasi
cosa voglia io ho perso ormai il controllo. In questo istante, può fare di me
quello che vuole, sono un

oggetto tra le sue mani. E il mio amante tiene fede a tutte le promesse. I suoi
andirivieni potenti mi

tolgono il fiato, il mio corpo s'inarca, la testa si rovescia all'indietro e i miei


occhi si posano sulla

parete opposta. Nella vertigine, non riesco più a distinguere le pareti dal
soffitto. Ma i fogli che

intravedo sul tavolo, mi ricordano dove sono.

Nello spazio di un secondo, realizzo che sto facendo l'amore nell'ufficio del
mio capo, o meglio,

sulla sua scrivania, che sono per metà nuda e ai limiti dell'orgasmo con il suo
più grosso cliente tra le

gambe, e che può tornare da un istante all'altro, trovare la porta chiusa e


scoprire la sua innocente e

piccola stagista occupata in un ardente corpo a corpo. Che ne è della ragazza


saggia e beneducata che

ero una volta, dove sono finiti il mio pudore e la mia timidezza, cosa ho fatto
della mia coscienza

professionale? E lui, cosa ha fatto di me? Tutto quello in cui credevo sembra
improvvisamente

evaporato. Come se prima di lui non fossi esistita. E' stato sufficiente un
bacio per lasciare che un

uomo azzerasse il mio mondo e mi trasportasse nel suo. Mi possiede


interamente e, in questo
momento, ce l'ho con lui. La mia collera si mescola alla paura di essere
scoperta, al rimpianto di non

essere stata capace di dirgli di no, e alle onde di piacere che mi assalgono e
che m'impediscono di dire

basta.

– Guardami!

La voce roca di Gabriel mi riporta bruscamente alla realtà. Come se avesse


compreso il mio

tormento, stringe il mio viso tra le sue forti dita e mi obbliga a guardarlo.
Obbedisco ma vedo che il

suo sguardo azzurro si è incupito. Le sue mascelle si contraggono, sembra


furioso per la mia

momentanea fuga. Si china un po' verso di me, fa scivolare la mano


pesantemente lungo la mia gola,

si attarda sul mio seno, raggiunge la vita e afferra il mio fianco nudo. Le sue
dita affondano nella

carne delle cosce. Con la mano libera, afferra il suo sesso ancora turgido e lo
fa scivolare in me il più

lentamente possibile. Non mi abbandona con gli occhi. Il mio sospiro di


piacere sembra dargli

soddisfazione. Riparte all'assalto del mio corpo con ardore e i suoi slanci
ripetuti mi fanno

dimenticare tutto. Peggio, decuplicano il mio desiderio e mi raddrizzo per


afferrargli i glutei con
entrambe le mani. A ogni bordata, sento il suo pube che sfrega il mio
clitoride. Mi mordo le labbra per

trattenere i gemiti. Raggiunge profondità inimmaginabili e sento che la


scrivania picchiare contro il

muro, sempre più forte. Blocca il tavolo con la gamba e si avvicina a me


ancora di più. Avvolgo le

mie gambe attorno alle sue reni e sento l'orgasmo travolgermi. I suoi rantoli
di piacere e le sue dita

contratte attorno ai miei fianchi finiscono per avere la meglio. Mi lascio


scappare un lungo lamento.

Mi tappa la bocca con la mano e godiamo insieme, aggrovigliati l'uno


all'altra, i nostri corpi in

perfetta sintonia. Non mi era mai capitato un orgasmo simultaneo.

Si è appena ritirato e già sta facendo scivolare le mutandine attorno alla mia
caviglia e risalire i

jeans lungo la mia gamba nuda. Depone un bacio sul mio sesso in fiamme e
si riveste. Sento la sua

cintura che scorre e nello stesso tempo i passi di qualcuno che si avvicina
lungo il corridoio. Gabriel si

aggiusta la cravatta e apre la serratura mentre io chiudo l'ultimo bottone. Mi


sto dando una lisciata ai

capelli quando Éric apre la porta dell'ufficio. Il viso di Gabriel non lascia
trasparire nulla mentre io ho

l'impressione di sapere di sesso. Mi eclisso il più rapidamente possibile e li


lascio ai loro affari.
Mentre Éric si scusa per averci messo tanto, spio il sorriso complice del mio
amante. Ma mi ha già

voltato la schiena.

2. Discesa in acque tumultuose

Quando la sera lascio il lavoro, ho come la sensazione di non essere più la


stessa. Da piccola

stagista discreta e interessata, ho l'impressione di essere diventata una


ragazza sicura di se e senza

scrupoli. Non mi riconosco più. Probabilmente esagero, ma è come se


qualche settimana romantica

con Gabriel mi avesse fatto guadagnare dieci anni di fiducia in me stessa e di


maturazione.

Sessualmente, professionalmente, tutte le mie barriere sono crollate. Forse


dovrei sentirmi sporca,

provare vergogna, e invece è la fierezza a prendere il sopravvento in me.


Mentre uscivo, non ho potuto

fare a meno di gettare un'ultima occhiata all'ufficio di Éric, per vedere se


rimanevano tracce dei miei

giochi mattutini. Nonostante la pioggia ghiacciata, cammino lentamente


lungo il tragitto che conduce

al mio appartamento per far durare ancora un po' questa giornata. Le luci di
Natale nelle strade di

Parigi mi costringono a strizzare gli occhi. E il ricordo della folle mattinata


mi piega le labbra in un
sorrisetto malizioso. Arrivata a casa, getto via le scarpe e lascio cadere il mio
cappotto inzuppato

nell'ingresso, semino i miei indumenti mentre raggiungo la stanza da bagno


e faccio scorrere la doccia

finché l'acqua diventa bollente. Scorgo la mia nudità riflessa nello specchio e
un enorme livido sul

fianco sinistro. Guardandolo più da vicino riesco a scorgere la forma di


quattro dita di Gabriel rimaste

impresse sulla mia pelle. Ci passo sopra la mano e sorrido ancora di più.
Riesco quasi a sentire la sua

stretta. Mi volto e giro la testa per guardarmi la schiena. La dove si trovava il


fermaglio del mio

reggiseno c'è un bel graffio che mi ricorda la scomoda scrivania che mi


raspava la schiena mentre

Gabriel si dava da fare. Un lungo graffio rosso mi attraversa la coscia. Tutto


il mio corpo è

indolenzito, ma stamattina non sentivo proprio niente. Adesso capisco quel


che leggevo nelle riviste

femminili, è così che il dolore può diventare persino piacevole.

Mi lascio scivolare sotto la doccia e rimango sotto l'acqua calda per venti
minuti buoni. Anche il

mio corpo sembra diverso. Insaponandomi passo la mano sul mio sesso
ancora indolenzito. Il mio

desiderio sale immediatamente alle stelle. Questo nuovo appetito mi


sorprende, ma macchinalmente
dirigo il getto del doccino verso il mio clitoride. Devo solo chiudere gli
occhi per immaginarmi

Gabriel che mi raggiunge sotto questa doccia fumante, il suo corpo da


Apollo, i capelli biondi

grondanti d'acqua, i suoi muscoli scolpiti sotto la pelle dorata, le sue labbra
bagnate. Incollo il mio

corpo nudo contro le piastrelle fredde, come se mi ci avesse sbattuto contro,


intensifico la pressione

del getto posizionando strategicamente le mie dita sul doccino ma, nella mia
immaginazione, sono le

sue dita che mi accarezzano, proprio come desidero. Sento avvicinarsi


l'orgasmo, quasi troppo presto,

cerco di trattenermi, come lui senz'altro vorrebbe. Ma cedo al piacere e la


mia mano si abbatte sul

vetro appannato. Godendo, guardo l'impronta che ho lasciato, è l'impronta di


Gabriel, il mio animo ne

è convinto.

Una volta asciutta e ripresami dalle mie emozioni, crollo sul divano. Fisso lo
schermo nero del

televisore, non ho il coraggio di accendere la tv. Dovrei anche farmi da


mangiare ma non ne ho la

forza e nemmeno la voglia. Il mio cellulare vibra sul minuscolo tavolino e


appare il numero di

Marion, la mia migliore amica. Rispondo e butto là:

– Indovina cosa ho fatto questa mattina tra le 10 e le 10 e 10.


– Ciao sono Marion, come stai? Bene è tu Amand’, c'è qualche novità? Ecco
fatto, i convenevoli

sono stati fatti, adesso puoi andare.

– Scusami, troppa fretta di raccontare. Non crederai mai a quello che mi è


capitato.

– Oh, non sono sicura di avere voglia di saperlo. Ti telefonavo per


lamentarmi per questo mese di

dicembre che non finisce mai, tutta questa pioggia, questo freddo. Natale che
è già finito e nessun

nuovo progetto per il nuovo anno, ho voglia di andare in letargo.

– Coraggio vecchia mia, avevamo detto che il 2013 sarebbe stato il nostro
anno! Gabriel è passato

in ufficio stamattina, aveva un appuntamento con il mio capo per parlare di


affari…

– No! Te lo sei fatto in ufficio? Nei bagni?

– Peggio…

– Ma sei matta? Vuoi farti cacciare via? Credevo che adorassi questo stage.

Mi allungo sul divano e ascolto Marion che mi fa la paternale, gli occhi


rivolti al soffitto scrostato.

A dire il vero, l'ascolto per metà, sento solo il suo tono da guastafeste e una
piccola punta d'invidia

nella sua voce. Alla fine per chiudere la telefonata le prometto di essere
prudente e di non fare non so

cosa.
Indosso il cappotto e mi risolvo ad andare a cercare un po' di sushi dal
giapponese all'angolo.

Passando dall'ingresso dello stabile, faccio scivolare la mano nella cassetta


della posta, mi sono

proprio dimenticata di aprirla quando sono rientrata dal lavoro. Con la punta
delle dita percepisco una

busta ruvida che non assomiglia per nulla alle solite fatture. Mi risolvo a
usare la chiave per aprire la

cassetta e afferro il grande rettangolo argentato. La busta non è timbrata e


riconosco subito la scrittura

di Gabriel, le belle lettere scritte in nero che formano il mio nome.


All'interno un invito dello stesso

colore, con un messaggio molto formale. Il signor Diamonds dà un


ricevimento per festeggiare il

nuovo anno con i vini del suo castello. L'indirizzo dice Miami Beach,
Florida. Ho bisogno di

rileggerlo cinque volte. Non sono mai stata negli Stati Uniti e soprattutto per
un pranzo d'affari o per

una festa mondana. Sul retro del cartoncino qualche parola scarabocchiata da
Gabriel: «Raggiungimi

per il bagno di mezzanotte. Per te la festa inizia il 30 dicembre alle 20. G.»

Sono tre giorni che scalpito, che non mangio più, che non dormo quasi più,
che passo le mie notti

su internet alla scoperta della Florida. La mia piccola valigia è pronta. Un po'
a malincuore, Marion
mi ha aiutato a scovare il vestitino chic che mi mancava per il ricevimento.
Tutti i miei risparmi se ne

sono andati per il biglietto aereo. Fuori questione che domandi a Gabriel di
pagarlo. Domenica

30 dicembre, alle 19 e 25 atterro a Miami. All'aeroporto mi attende un uomo


con il mio nome su un

cartello. Mi conduce verso South Beach in una lussuosissima automobile.


Dopo la città e la sua

agitazione, alla mia sinistra scorre la spiaggia mentre a destra si susseguono


file di palme e di piccole

ed elegantissime abitazioni bianche. L'aria è incredibilmente mite, potrebbe


essere primavera. Il mio

autista mi lascia davanti a una costruzione imponente poi una ragazza in


tailleur nero mi accoglie

parlando in inglese e sale con me nell'ascensore parlante, che nell'arco di


pochi minuti mi spara

all'interno di un appartamento. Cioè, forse questa non è la parola esatta.


Questo è senza dubbio un

attico. Un lungo corridoio in marmo chiaro sbocca su una gigantesca porta a


vetri angolare che offre

una vista panoramica sull'oceano. Non credo ai miei occhi. Scorgo Gabriel
di schiena sull'immensa

terrazza, con i gomiti appoggiati alla balaustra. Indossa un paio di bermuda


beige, i piedi nudi dentro

le scarpe da barca in tinta e una polo bianca immacolata che sottolinea i suoi
virili bicipiti. Ho voglia
di andare a incollarmi alla sua schiena senza dire nulla. Ma ha sentito che mi
avvicinavo e si volta

verso di me: - Che ne pensi di questo posto? Non ne ho mai abbastanza di


questa vista. Farfuglio

qualcosa a proposito del fatto che sono felice di essere là e Gabriel mi passa
una mano attorno alle

reni per farmi avanzare. Un brivido mi attraversa, fino alla nuca

Mi conduce all'interno chiedendomi se ho fame. In una cucina ultramoderna,


grande due volte il

mio appartamento, tira fuori due bicchieri da vino. Tenendoli con una mano
sola, li inclina per

versarvi un nettare dorato. Tutti i suoi gesti mi affascinano. Non è solo bello,
è anche molto

aggraziato. Vedendo che non reagisco, mi prende per mano e mi sussurra:


«Credo che la cena

aspetterà.» Lo seguo, silenziosa, già inebriata dal suo odore e dalla sua voce.
Mi conduce nuovamente

fuori e avanziamo su una piattaforma in legno scuro. Tutto d'un tratto,


all'aria aperta, una Jacuzzi

enorme dall'acqua smeraldina sembra come sospesa sopra il mare. Mi da le


vertigini.

Gabriel depone le coppe di champagne sul bordo della vasca, si toglie le


scarpe e si avvicina a me.

Vicinissimo. Delicatamente passa l'indice sulle mie labbra, sul mento,


scende lungo il collo e arriva
all'attaccatura dei seni. Attacca il primo bottone della mia camicia e lo apre
con il pollice. Continua la

sua lenta discesa e sento il desiderio crescere nel mio ventre. Molto
delicatamente fa scivolare la mia

camicia accarezzandomi le braccia poi mi fa cadere le bretelle del reggiseno


dalle spalle. Il suo indice

riprende la corsa verso il mio ventre, si attarda sull'ombelico e finalmente


raggiunge il bottone dei

pantaloni. Superato l'ostacolo, mi abbassa la cerniera e contemporaneamente


il mio tanga e il suo dito

si trovano a posarsi lì dove le mie labbra si uniscono. S'immobilizza e


guarda l'effetto che produce su

di me. Libera velocemente la mano e si china. Sempre molto lentamente, mi


slaccia le scarpe, me le

toglie, quindi mi fa scivolare i pantaloni lungo le gambe. La pelle si


elettrizza, il bassoventre

s'incendia. Arretra leggermente per osservarmi in abbigliamento intimo e


sussurra: «Questi non ti

serviranno più.» Mi toglie il tanga e si rialza per slacciarmi il reggiseno con


una mano. Gabriel fa un

passo indietro per togliersi la polo, poi slaccia la fibbia della cintura e infine
si toglie i pantaloncini.

Sotto non porta niente. Mi prende per i glutei, mi solleva e mi tiene stretta a
se, le mie gambe attorno

alla sua vita. Sento i miei capezzoli che s'inturgidiscono contro il suo petto,
il mio sesso fradicio
contro il suo ventre e la sua erezione proprio sotto i miei glutei. Mi devo
trattenere per non venire

subito. Scavalca il bordo della Jacuzzi e scendiamo in vasca, sempre


allacciati, nell'acqua calda. Una

volta seduto lungo il bordo mi solleva leggermente e mi pianta sopra il suo


membro eretto. La lunga

attesa non ha fatto altro che decuplicare l'inaudito piacere di questo primo
affondo. I corpi immersi a

metà, mi lascio andare mentre Gabriel, impassibile mi fa scivolare avanti e


indietro sul suo sesso

tenendomi per i glutei. Ogni volta che affonda in me, sento che mi apro un
po' di più. Le ondulazioni

che imprime al mio bacino, sempre più veloci, sempre più a fondo, creano
un'onda dentro la Jacuzzi.

Rovescio la testa all'indietro, pronta a cedere all'orgasmo, che mi travolge e


che per poco non mi fa

vacillare. Mi rialzo e passo le mani dietro la sua nuca e i miei seni vanno a
sfiorare il suo bel viso.

Gabriel approfitta di questa vicinanza per inghiottire avidamente uno dei


miei capezzoli. Il contatto

con la sua lingua calda e i suoi andirivieni nel mio ventre mi fanno
impazzire. Mi afferra i glutei con

maggior forza e scivola ancora più a fondo. S'immobilizza nella mia intimità
ed emette un rantolo di

piacere virile. M'inarco e a mia volta godo lasciandomi sfuggire un lungo


grido che risuona nella
notte. Il mio amante mormora: «Adoro ascoltarti quando godi.»

3. L'imbroglio

Non so dove ha dormito Gabriel. Mi risveglio nuda, sola e sperduta in un


letto gigantesco e,

sollevandomi, scopro una stanza da mozzare il fiato. Non mi era sembrata


così strabiliante nel buio

della notte. Parquet color sabbia che si estende per un centinaio di metri
quadri, il cielo azzurro

intenso che s'intravede dalla vetrata senza intelaiature, spesse tende in


velluto color crema, una sala

privata con le medesime tonalità e una vasca smisurata che troneggia in un


angolo. Devo pizzicarmi

per riuscire a crederci. Dell'ultima parte di ieri notte mi ricordo solo di


Gabriel che mi trasporta tra le

sue braccia, nuda come un verme e insonnolita, che sale alcuni scalini e mi
posa delicatamente su

questi materassi morbidi, in mezzo ai cuscini. Ha deposto un bacio sulla mia


fronte poi su ciascuno

dei miei seni, ho teso la mano per cercare di trattenerlo e lui ha baciato
languidamente il palmo della

mia mano prima di sparire. Mi sono addormentata un secondo dopo che se


n'era andato.

Questa mattina, il sole già brilla alto nel cielo, non ho abiti a portata di mano
e ignoro dove si trovi
la mia valigia. Mi avvolgo nel lungo lenzuolo bianco e vado ad aprire la
porta della camera sperando

di incrociare qualcuno. Un suntuoso buffet con la colazione mi attende su un


carrello che si trova nel

corridoio, con una frase scarabocchiata da Gabriel su un cartoncino:


«Riprendi forza.» Questo

messaggio mi strappa un sorriso, anche se ce l'ho un po' con me stessa per


essere scivolata così

velocemente nel sonno. Il lungo viaggio e il nostro rovente tête-à-tête sotto


le stelle mi hanno sfinita.

Avvicino il carrello alla vasca e faccio scendere l'acqua per il bagno. Tanto
vale approfittarne e,

comunque, non mi ci vedo proprio ad andare a cercare Gabriel in questo


labirinto di scale e di

ambienti immensi vestita solo con un lenzuolo. Scivolo nell'acqua bollente e


affondo i denti in un

panino con l'uva ancora tiepido, bevo d'un fiato una spremuta d'arancia, non
ne ho mai bevuta una così

buona. Com'è che nel mondo di Gabriel tutto è così perfetto?

Due colpi battuti alla porta vengono a interrompere le mie fantasticherie.


Una voce giovanile di

donna mi annuncia in francese, ma con un forte accento americano, che le


mie cose sono state

sistemate nel guardaroba attiguo, che il signor Diamonds sarà assente nel
pomeriggio, che si chiama
Hannah e che è a mia disposizione se desidero approfittare della strutture a
disposizione in attesa del

ritorno del signore. Poi attacca con un elenco che ha imparato a memoria:
sauna, massaggio, spa,

tennis, fitness, spiaggia privata, sport nautici o passeggiata equestre. Esito


per alcuni lunghissimi

secondi e alla fine rompo il silenzio farfugliando «Ehm… sì, d'accordo,


grazie… ok per la spiaggia.»

Dopo parecchie ore trascorse ad abbronzarmi sulla sabbia e a passeggiare sul


lungomare, la noia ha la

meglio. E Gabriel mi manca, sono costretta ad ammetterlo. Decido di


rientrare e riesco a trovare la

strada per la cucina dove spero di trovare qualcosa per rifocillarmi.

Capito in mezzo a una ventina di persone in pieno fermento. Cuochi che


volteggiano, cameriere

agitate, un frastuono di parole scambiate in inglese, piatti che cozzano tra


loro e le immense mani di

Gabriel, sospese nell'aria, che reclamano un po' di silenzio. Tutti si fermano


e tacciono. Impone

rispetto e avverto una punta di orgoglio del tipo: «Guardate cosa è capace di
fare il mio uomo.» Con la

voce profonda e pacata, organizza, delega, ricolloca, incoraggia, sottolinea


che manca solo un'ora

all'arrivo degli invitati e che esige da tutti il meglio. Lancia un sorriso


irresistibile e batte le mani per
invitare tutti a rimettersi al lavoro. Poi esce dalla cucina senza nemmeno
vedermi urtandomi al

passaggio. Lo afferro per un braccio: «Gabriel!» Mi è uscito un po' più forte


di quanto desiderassi.

– Ah, Amandine, non ti avevo visto. Scusami, ti ho fatto male?

– No no, tutto bene. Ma… Tu…?

– Sono molto indaffarato. Hai bisogno di qualcosa?

– Veramente no. Io… Solamente. Insomma… Io, cosa faccio?

Esita, arretra, mi esamina dalla testa ai piedi: il suo sguardo mi mette a mio
agio, la sua freddezza

mi pugnala il cuore e il sorriso finale mi sconvolge ancor di più.

– Se vuoi renderti utile, ho un'idea. Chiedi a Hannah di darti istruzioni e


un'uniforme.

Si china vicino al mio orecchio, il suo alito tiepido sul collo mi fa


rabbrividire e mormora: «Sono

sicuro che su di te sarà molto sexy…» Mi accingo a schiaffeggiarlo quando


afferra il mio polso

lanciato verso il suo viso e mi spinge contro il freddo muro di marmo.


Sussurra di nuovo:

– Piano. No, non ti ho invitato qui per farti fare la cameriera. No, tu sei
diversa dalle altre ragazze

di questa cucina. Adesso, Amandine, ascoltami. Sei libera di andartene


quando vuoi. Ma, se ne hai
voglia anche tu, questa sera, potresti essere la mia specialissima cameriera.
La mia damigella

particolare. Avrò tutta la serata per desiderarti, per ammirarti nella tua
uniforme e per sognare di

strappartela. Io ti darò del lei, tu mi darai del lei, ed io, senza farmi
accorgere, potrò sfiorarti. Nessun

altro saprà che io sono tuo, che tu sei mia. Tu non immagini nemmeno quello
che già provo. E quando

meno te lo aspetterai…

Gabriel dalle parole passa ai fatti: fa scivolare il suo ginocchio tra le mie
gambe e posiziona la

coscia sotto il mio vestito, proprio contro il mio sesso. Mi eccita moltissimo.
In questo momento

vorrei avere il coraggio di gettarmi su di lui e strappargli la camicia. Invece


mi libera dalla sua stretta

e mormora: «Abbi fiducia in me, non lo rimpiangerai.»

Meno di un'ora più tardi, sono in fila indiana con le altre cameriere al centro
del salone dei

ricevimenti. Mi sono messa la gonna corta nera, una camicia bianca molto
attillata di cui riesco a

malapena a chiudere i bottoni, ho raccolto i miei capelli in un severo chignon


come Hannah mi ha

consigliato. E ho fatto scivolare i miei piedi, abituati alle ballerine, in scarpe


con tacco a spillo altezza
dieci che non so ancora come farò a sopportare per tutta la serata. Gli invitati
arrivano e io imito le

altre cameriere che offrono loro una coppa di champagne con il loro più bel
sorriso. Le donne e gli

uomini, in abito a tre pezzi, sono più o meno in egual numero. Gabriel è
sublime in uno smoking nero

dai risvolti satinati. Non mi è mai sembrato cos' alto, così elegante, così
impressionante. Mi avvicino

a lui cercando di stabilizzare la mia andatura ma non oso interrompere la sua


conversazione. Si volta

per prendere la sua coppa di champagne e, con l'altra mano, mi sfiora le reni
senza nemmeno

guardarmi. Mi cedono le gambe.

Quando gli invitati vanno a tavola, Hannah mi consiglia ammiccando di


andare a servire il signor

Diamonds. Quando lo trovo sta ringraziando gli invitati e presentando loro i


suoi vini con fare

scherzoso. Il suo carisma è sconvolgente. Mi sento piccolissima. Mentre


colloco davanti a lui il piatto

dorato, passa la sua mano destra dietro di me e mi accarezza l'interno della


coscia mentre continua a

parlare. Sobbalzo e corro a rifugiarmi in cucina maledicendomi. Al momento


di ritirare il piatto,

ricomincia i suoi maneggi e le sue dita riescono a raggiungere il bordo delle


mie mutandine. Cerco di
rimanere calma, ma mi assale un desiderio folgorante. I suoi polpastrelli si
infilano sotto l'elastico e

lo sento dire ad alta voce: «Signorina, me li vuole togliere» indicando con il


mento i piatti sporchi

davanti a lui. Eseguo e riparto in direzione delle toilette. Mi tolgo le


mutandine, già inzuppate di

eccitazione, le infilo nel cestino della spazzatura e mi precipito in cucina per


portare un altro piatto a

Gabriel. Depongo il piatto davanti a lui il più lentamente possibile, perché


abbia il tempo di scoprire

la mia nudità. Una delle sue dita inizia a titillare il mio clitoride e prolunga la
corsa fino all'ingresso

umido della mia intimità. Poi si porta la mano alla bocca e si lecca con
discrezione la punta dell'indice

assentendo sempre ad alta voce: «Molto meglio», mentre depongo delle


posate pulite sulla tovaglia.

Rimango interdetta quando noto che gli altri invitati sghignazzano. Gabriel
ride con loro prima di

rivolgersi a me in tono canzonatorio: «Può andare.» Al momento del dessert


ribollo internamente, sia

di desiderio sia di collera. Questo gioco dei ruoli mi attizza e mi ferisce, il


mio bassoventre e tutto un

fuoco, ma le sue umiliazioni mi gelano. Gli porto la sua pera affogata al vino
rosso che rovescia con

un furtivo colpo di gomito, assolutamente volontario. La salsa sciropposa


inzuppa la mia camicetta
bianca e mi brucia la pelle, la sento sgocciolare tra i miei seni. Gabriel, si
alza con un sobbalzo

scusandosi e mi guida verso le cucine. Manda via cameriere e cuochi con


quello che indiscutibilmente

è un ordine perentorio. Poi si gira verso di me, passando istantaneamente da


un tono autoritario e

freddo a uno sensuale e febbrile.

«Lasciami rimediare.» Gabriel si china per venire a leccare lo sciroppo sul


mio décolleté prima di

baciarmi con avidità. Mi delizia questo mix tra le sue labbra e la salsa
zuccherina al vino. Afferra i

miei seni a piene mani e strappa la mia camicetta macchiata facendo saltare i
bottoni. Gli levo la

giacca dello smoking e la camicia mentre lui infila le mani sotto la mia
gonna per farmela risalire

lungo i fianchi. Mi solleva e mi posiziona sul piano di lavoro al centro della


cucina, facendo volare

qualche piatto al passaggio. Mentre gli apro la cintura ansimando, bruciante


di desiderio, lui mi disfa

lo chignon e impugna i miei capelli sciolti per farmi sdraiare sul tavolo.
Sono ore che attendo questo

momento, voglio che mi prenda, non sopporto più nemmeno un centimetro


di distanza tra noi. Il mio

corpo reclama il suo a gran voce. Gabriel lo intuisce e si allunga su di me


con tutto il suo corpo. Altri
bicchieri e piatti vanno in briciole attorno a noi. Sento il suo sesso turgido
contro la mia coscia, lo

afferro con la mano per guidarlo verso di me e attendo un liberatorio colpo


di reni. Invece, il mio

amante crudele si rimette in piedi, mi fa rialzare e mi fa girare con la schiena


rivolta verso di lui. Mi

fa chinare con una mano verso il piano di lavoro accarezzandomi con l'altra i
glutei. Inarco la schiena

per offrirgli il mio fondoschiena e Gabriel mi prende con violenza. Era ora.
Le sue mani aggrappate ai

miei fianchi, mi penetra, sempre più forte e sempre più a fondo, come se
indovinasse le mie suppliche.

Si china su di me per abbracciarmi la schiena, mordermi il collo e far


scivolare un dito nella mia

bocca prima di afferrarmi per le spalle per accelerare il ritmo e l'intensità


delle sue stoccate. Sento il

suo ventre che sbatte contro i miei glutei e i suoi rantoli di piacere sempre
più profondi. Sono senza

fiato. I miei gemiti diventano urla ripetute e godo come non mai, incapace di
aspettarlo. Dopo qualche

ultimo intenso andirivieni, anche lui gode a sua volta e si abbatte a peso
morto sul mio corpo. La sua

voce, ansimante mi augura buon anno.

4. Il nastro rosso
Il 2012 è finito con i fuochi d'artificio. Anche se ho festeggiato il passaggio
al nuovo anno sola

nella mia immensa camera di Miami Beach, mentre Gabriel raggiungeva i


suoi invitati, non avrei

potuto sognare niente di meglio che la sua foga, i nostri corpi, la mia
esplosione di piacere su quel

tavolo da cucina… Ma il 2013 è iniziato come se tutto ciò non fosse


successo. Ritorno a Parigi, settore

partenze. Metro, lavoro, dormire e solitudine. Éric, Émilie, Marion, ma


niente Gabriel. Ho ripreso a

lavorare e ho fatto un resoconto sul nuovo anno in stile Diamonds… Molto


ispirato. Al mio titolare è

piaciuto molto e, apparentemente, anche al «cliente». Non ho notizie di


Gabriel da almeno tre

settimane intere mentre Éric ne riceve. Questa gelosia mi sta stretta. Non
posso mica iniziare ad

essere gelosa di una relazione professionale. Cerco di riprendere il corso


della mia vita. Magari è stata

l'ultima volta che l'ho visto. Magari è stato il suo modo tutto particolare di
dirmi addio. Devo, anche

se non ci riesco, cercare di farlo uscire dai miei pensieri. E dalla mia vita.

Una mattina di gennaio, Éric mi convoca nel suo ufficio. Ha scoperto tutto,
mette fine al mio stage

e mi dice fino a che punto l'ho deluso. Credeva in me, aveva fiducia in me.
Lo disgusto. Ecco quel che
passa nella mia testa mentre marcio febbrilmente fino all'ufficio del capo. Un
ufficio dove Gabriel mi

ha fatto violare tutti i limiti schioccando semplicemente le dita. Non riesco


nemmeno a guardare il

tavolo senza vederlo cozzare contro il muro sotto il peso dei nostri corpi.
Faccio un respiro profondo,

busso alla porta già aperta e Éric mi fa entrare, sorridendo.

– Amandine, siediti. In questo momento va tutto bene con Diamonds, vero?

Il mio cuore batte sempre più forte. Resto in silenzio.

– Ad ogni modo, credo che tu gli piaccia proprio. L'altra volta ho sottoscritto
il contratto con lui per

quest'anno. Sai, quando è venuto qua, a dicembre. Dunque, sta preparando


una campagna pubblicitaria

per i suoi vini, la inseriremo un po' dappertutto sul sito. E ha accettato di


apporvi anche il nostro logo.

Diamonds ha suggerito che tu sia presente alla sessione fotografica di


domani mattina.

– Cosa? Per fare cosa?! Lo interrompo un po' troppo sulla difensiva.

– Non ne so molto, ad ogni modo, mi ha detto che lui non sarà presente. Ma
il cliente ha sempre

ragione! Vai a farti vedere, dai qualche consiglio, renditi utile, prendi
appunti, vedi cosa riesci a

tirarne fuori. Ecco l'indirizzo dello studio.


L'indomani mattina, dopo una notte agitata, attraverso tutta Parigi per
raggiungere gli Champs-

Élysées. Nervosa. E indispettita. Quasi un mese senza notizie e Gabriel


adesso mi spedisce a fare da

soprammobile senza darmi una spiegazione. Non riesco a rassegnarmi


all'idea di essere l'ennesima

piccola stagista con cui fa l'amore. E di essere ancora una volta sempre più a
disagio in un mondo che

non è il mio. Arrivando davanti all'immobile tipicamente parigino dell'VIII


Arrondissement, realizzo

che si tratta del prestigioso studio Harold, uno dei più famosi in Francia.
Pensavano che si

occupassero solamente di ritrarre personaggi famosi, Gabriel non finirà mai


di stupirmi.

Dopo aver bussato alla porta dello studio per diversi minuti, entro senza che
nessuno mi abbia

invitato a entrare. Nessuno sembra far caso alla mia presenza. Grandi sfondi
bianchi, spot di luci,

ombrelli: non c'è dubbio mi trovo proprio su un set fotografico. Ma, a


giudicare dalle altissime

modelle filiformi che passeggiano in abiti succinti davanti ai miei occhi,


dallo stilista, dal

parrucchiere e dalla truccatrice che si danno da fare attorno a loro, credo di


non essere capitata su

quello giusto. O almeno è quel che credo finché un giovane assistente dal
cranio rasato, fatta
eccezione per la presenza di un ciuffo sulla sommità del capo, porta una
cassa di bottiglie di vino e

una borsa frigo piena di grappoli d'uva. Mi rifugio in un angolo del locale
sedendomi per terra, il bloc-

notes sulle ginocchia. Comincio a mordicchiare la mia penna quando, sulla


soglia, appare la silhouette

di una persona di grande statura. Il suo viso è nascosto dalla luce di un


faretto ma io conosco quelle

braccia muscolose, quegli avambracci con le vene in evidenza, le grandi


mani eleganti, le spalle

robuste e quel paio di glutei incredibili. Il lato artistico mi è meno familiare:


t-shirt nera abbastanza

morbida, jeans grigi slavati, stivaletti alla caviglia in pelle, una kefiah
attorno al collo, non è il

Gabriel che conosco… Ma questa voce, questo odore, non può che essere
lui. Cosa ci fa qui? Mi

rannicchio nel mio angolino, vorrei sparire. Oppure gettarmi al suo collo in
un ritrovarsi esplosivo.

Niente di tutti e due.

L'uomo che assomiglia a Gabriel afferra una macchina fotografica e inizia a


bersagliare di foto una

bionda slanciata dal viso di bambola, che regge un enorme bicchiere


riempito a metà di vino rosso. Mi

domando a cosa serva lo stilista visto che la ragazza indossa solamente un


paio di pantaloncini neri.
Sopra è nuda, fatta eccezione per un nastro bordeaux di satin che le avvolge i
seni all'altezza dei

capezzoli. Non sapevo che avesse talento per la fotografia ma Gabriel


sembra sapere perfettamente

cosa sta facendo. Cambia obiettivo, si avvicina alla modella e le da alcune


indicazioni: testa

rovesciata, bocca aperta o chiusa, bicchiere più vicino alle labbra… poi
l'assistente con la cresta

interviene per versarle un filo di vino rosso all'angolo delle labbra e lì dove
nascono i seni. Il risultato

è piuttosto riuscito, sono affascinata. Arriva un'altra modella, una bruna


fredda dal taglio squadrato

corto e con la pelle lattea, ancora più bella della precedente e anch'essa poco
vestita. Lo stesso nastro

le fa diversi giri attorno al collo. L'assistente le tende un grappolo d'uva e


Gabriel, con voce dolce, le

chiede di mordere il frutto. Continua a scattare fino a quando è tutta


imbrattata di succo e di polpa

rosso scura. Gelosa, ma anche ammirata, devo confessare che il quadro è


terribilmente sexy.

Gabriel inizia a togliere il nastro alla modella con delicatezza e mi accorgo


che è completamente

affascinata da lui. Indifferente recupera il nastro e annuncia una pausa


generale. Come se sapesse sin

dall'inizio dove mi trovavo, si dirige direttamente su di me con passo sicuro.


Arrivato alla mia altezza,
mi tende una mano per farmi rialzare e il contatto tra i palmi delle nostre
mani mi elettrizza.

– Sono contento che tu sia venuta. Cosa ne pensi?

– Hmm… è interessante. Non sapevo che fossi anche un fotografo.

– E io scommetto che tu non sapevi di essere anche tu una modella. Posa per
me, Amandine.

– Stai scherzando? Io sono una giornalista. E non so nemmeno cosa ci sto a


fare qui.

– Adesso te lo mostro.

Fa scivolare il nastro dietro la mia nuca e mi attira a lui per un bacio di una
sensualità inaudita. Mi

è mancato così tanto. Continuando a baciarmi, mi conduce verso lo sfondo


bianco là dove posavano le

modelle fino a qualche minuto fa. Mi sfila il vestito dall'alto, facendolo


passare sopra la mia testa. Un

desiderio ardente si fa strada nel mio ventre, mi sciolgo sotto le sue dita e
dimentico tutto: lo studio,

la mia missione, l'assistente e le modelle nei camerini qui a fianco. Gabriel


slaccia il mio reggiseno,

fa scivolare le mani nelle mie mutandine prima di togliermele lentamente.


Languidamente, mi fa

sdraiare a terra e bacia ogni centimetro della mia pelle. Estrae dalla tasca il
nastro bordeaux con cui

mi imprigiona i polsi. La sua lingua disegna dei cerchi intorno ai miei


capezzoli per poi succhiare la
punta dei miei seni. S'infila nel mio ombelico e scivola lungo l' inguine. Sa
come farmi impazzire.

Scende ancora e mi lecca l'interno delle cosce prima di andare a


imprigionarmi le caviglie con un altro

laccio di satin. Quando risale verso di me, si arresta all'altezza del mio sesso
ed emette un sospiro che

mi fa accapponare la pelle. Affonda il suo bel viso tra le mie cosce e mi


stuzzica il clitoride già gonfio

di piacere. Vorrei allargare le gambe ma i legacci me lo impediscono.


Gabriel intensifica i deliziosi

colpi di lingua mentre con entrambe le mani mi massaggia i seni


turgidamente rivolti al soffitto.

Inserisce la lingua calda all'interno nella mia intimità e il mio corpo s'inarca
sollecitato dai suoi

vigorosi andirivieni. Le sue labbra polpose m'inghiottono, mi frugano, mi


divorano e il mio bacino

ondeggia al ritmo di questi movimenti divini. Godo con un urlo che risuona
tra le pareti vuote.

Quando i miei sussulti cessano Gabriel si rialza: «Credo che tu sia pronta.
Non c'è niente di più bello

di una donna dopo l'orgasmo.».

Appena rimessa dalle mie emozioni, mi lascio manipolare come una


marionetta. Mi fa rotolare a

pancia in giù, mi sistema i capelli e mi mette come vuole. Si allontana e


torna con un altro nastro
rosso che srotola tra le mie scapole fino a dove iniziano le natiche. Ha
appena posato con delicatezza

tre bottiglie di vino in equilibrio nell'incavo dei miei reni e ora va a


recuperare l'apparecchiatura

fotografica. «Guardami.» Gli sorrido teneramente, sazia di piacere, e vedo il


flash crepitare nella

stanza. Aggiunge altre bottiglie a piramide sulle mie curve e riprende a


scattare.

– Sei splendida, non muoverti.

– Ho freddo.

– Adesso ci penso io.

Gabriel torna verso di me, mi libera dai pesi, recupera il nastro di satin dalla
mia schiena e me lo

annoda attorno alla testa per bendarmi gli occhi. Sono stesa sulla pancia,
piedi e polsi legati,

sprofondata nel buio e incapace di muovermi, tutti gli altri sensi sono
all'erta. Sento il fruscio degli

abiti che si sta togliendo, le scarpe pesanti che cadono a terra, il rumore della
confezione di un

preservativo che sta strappando. Muoio dalla voglia di vederlo, di toccarlo.


Mi ha sapientemente

privato delle due cose che amo di più al mondo. E tuttavia, l'attesa e il fatto
di non sapere quel che sta

per succedere mi eccitano all'inverosimile. Cosa mi farà?


Gabriel adagia il suo corpo nudo contro il mio. Le sue gambe si mescolano
alle mie. Il suo petto

caldo appoggiato alla mia schiena, i suoi fianchi aderiscono ai miei glutei,
sento che i nostri corpi si

attraggono. Il mio amante invisibile si rialza su un braccio e, senza


preavviso, introduce il suo sesso

tra le mie cosce serrate. Mio malgrado lo accolgo e godo di queste


sensazioni nuove. A giudicare dai

sospiri sembra che questa posizione piaccia molto anche a lui. Mi afferra per
i capelli e mi raddrizza

la testa affondando con un gran colpo di reni nella mia intimità. Urlo di
piacere e m'inarco per

chiederne ancora. Sono in suo potere. Questo andare e venire in profondità


nella mia fessura, la

frustrazione dovuta al non potermi muovere e il suo dominio assoluto mi


fanno perdere la testa.

Raggiungo un orgasmo sconvolgente e lo sento tremare nel mio corpo per


alcuni lunghissimi secondi.

Afferra il nastro rosso che ho sugli occhi perché io lo veda a mia volta
godere.

5. Il passeggero

Quel venerdì sera, sono rientrata a casa mia e sono crollata sul letto. Ho
dormito per dodici ore

filate, un sonno di piombo, come non mia accadeva più da diverso tempo.
Mi risveglio il sabato
mattina, gli occhi persi nel vuoto, la testa vuota, il corpo che fluttua, ancora
impregnato dell'odore di

Gabriel. Incapace di pensare, o di agire, mi aggiro nel mio appartamento,


rivivendo ancora la scena

del giorno prima. Non avevo mai fatto l'amore in questo modo, legata, gli
occhi bendati. Non avevo

mai permesso ad un uomo di dominarmi con così profondo piacere. Non


avevo mai sperimentato

orgasmi così folgoranti. L'ascendente che ha su di me mi fa quasi paura.


Fino a dove sarei capace di

spingermi per lui? Ma i momenti che trascorriamo insieme sono talmente


intensi che ho quasi

l'impressione di essere una privilegiata. Chi ha la fortuna di vivere quello


che sto vivendo?

Una telefonata di Marion mi fa sobbalzare e uscire da questo stato letargico.


La sua voce allegra

m'infastidisce sin dall'inizio. Mi propone di andare al cinema nel pomeriggio


o una serata a casa di un

ex-compagno di università che mi piaceva molto, per provare a schiarirmi le


idee.

– Scendi un po' dalle nuvole, Amandine, bisogna che tu ti ricolleghi alla


realtà!

Ecco il suo consiglio da migliore amica.

– A quale scopo? Le rispondo con un sospiro.


– Perché prima, prima di lui, ci piaceva il nostro modo di vivere. Stai
cambiando e non te ne rendi

nemmeno conto. Ma se la cosa ti diverte, resta pure a casa tua ad aspettarlo,


continua pure con questa

storia strana che non ti porterà da nessuna parte, continua a pensare di poter
fare a meno di tutti, di

poter fare a meno di me, mi richiamerai quando ti avrà mollata nuovamente


dopo averti scopata. Fino

a poco tempo avresti preso in giro qualsiasi altra ragazza che si fosse
comportata così. Non ti

riconosco. Fammi un segno quando sarai tornata ad essere Amandine.

– Hai finito?

Mi sbatte il telefono in faccia e sono già pentita della mia risposta un po' da
strega. Ma veramente

non ho voglia di nulla. Solo di raggomitolarmi su me stessa e rimanere


immobile, solo pensare,

sognare, fantasticare, godere sino in fondo di questa situazione bizzarra e


deliziosa che mi pervade. E

di soffrire in attesa del seguito…

Meno male che ho l'intero week-end davanti a me prima di dover affrontare


Éric e raccontargli la

sessione fotografica. Adoro l'idea di condividere con Gabriel questo segreto


carnale, ma faccio sempre

più fatica a mantenere sotto controllo il mio imbarazzo o la mia agitazione


davanti agli altri. E mi
rendo perfettamente conto del fatto che il mio amante ha il dono di rendermi
imprudente, di farmi

perdere la ragione e il controllo sulla mia vita. Qualsiasi cosa io faccia o non
faccia, mi ossessiona.

Non so quel che devo aspettarmi, ma l'attesa m'intriga. Che mi trascini


ancora nel suo mondo, mi

soggioghi, mi sconvolga, che metta alla prova i miei limiti. So già in anticipo
che non opporrò la

minima resistenza. Marion ha senz'altro ragione. Ma a cosa serve? Io voglio


che mi possieda ancora.

Essere completamente sua e chissà, un giorno, che lui sia tutto mio…

A inizio sera, mi alzo infine dal divano per andare a farmi una rapida doccia.
Infilo una lunga t-

shirt pulita che mi piace molto indossare. Esito a prepararmi da mangiare e


presto vengo scoraggiata

dalla montagna di stoviglie sporche da lavare. Il mio appartamento è tutto


sottosopra ma non ho

proprio voglia di mettere a posto. Domani. Decido di inviare un sms di scuse


a Marion augurandole

una buona serata, e m'infilo sotto il piumone in compagnia di un vecchio


libro.

Domenica, le 6 del mattino, mi sveglia il suono del campanello. Qualcuno


bussa alla mia porta con

insistenza e finisco per strapparmi dal mio caldo letto brontolando. Il freddo
di gennaio s'infila
dappertutto nel mio appartamento, ho i brividi. Gridando «Arrivo!» in
direzione della porta, infilo una

felpa con il cappuccio sulla t-shirt gialla e slavata che mi fa da camicia da


notte e un paio di spessi

calzini rosa, i più caldi che ho. Apro la porta, ancora insonnolita, e scosto i
capelli che mi ricadono

sugli occhi per capire chi sta sulla soglia di casa mia. Scarpe in daino a
punta, un paio di jeans grezzi,

un lungo cappotto nero di lana aperto su di un maglione a collo alto grigio


scuro, guanti di pelle nera

che sorreggono un sacchetto di croissant che profumano il mio ingresso.


Alzo la testa e mi accorgo di

una barba vecchia di due giorni, un paio di labbra carnose che rivelano bei
denti bianchi e un leggero

sorriso e due pupille azzurre divertite dal mio look mattiniero. Gabriel. Dio
come è bello. Il parquet

sprofonda sotto i miei piedi. Muoio di vergogna perché mi ha trovato in


questa orribile tenuta

improvvisata. Tiro un po' la mia t-shirt troppo corta che non riesce neanche a
coprirmi i glutei. Perché,

ma perché non l'ho accolto con un baby-doll di seta? Forse, perché non ne
ho.

– Sexy, questa minigonna! Adoro anche i calzini. Restiamo piantati qui o mi


offri un caffè?

– Entra, non far caso al disordine.


Il suo grande corpo entra a casa mia assieme a una folata di aria fredda e il
mio appartamento, in

sua presenza, sembra ancora più piccolo. Do una rapida occhiata al locale:
libri sparsi sul pavimento,

abiti sparpagliati sul divano, il tavolino pieno di riviste con le orecchie e di


posta sparpagliata. Non

poteva arrivare in un momento peggiore. Cercando di darmi una sistemata


come meglio posso, corro

dietro il bancone della cucina per preparare del caffè fresco. Torno da lui per
sbrogliare il divano e

fargli posto mentre si toglie il cappotto che getta sulla spalliera di una sedia.

– Il caffè sarà pronto tra poco. Siediti, vado a darmi una sistemata.

Cerco di avere un'aria distesa e mi precipito verso il bagno. Gabriel mi


afferra al volo, afferra la

mia mano, si siede sul divano e mi attira verso di lui, accarezzando la mia
coscia nuda.

– Non cambiare niente.

Mi fa sedere sulle sue ginocchia, di profilo, e la temperatura s'innalza


istantaneamente nella stanza.

Tento di farlo parlare.

– A cosa devo l'onore di questa visita?

– In mattinata devo rientrare ad Angoulême. Il mio aereo parte tra due ore
ma avevo voglia di fare

colazione. Mi hanno detto che questi erano i migliori croissant di Parigi.


Morde una brioche ancora tiepida e ne stacca un pezzetto con le dita che fa
scivolare verso le mie

labbra. Mi toglie una briciola da un angolo della bocca e mi bacia proprio lì.
Sto sognando? Non

riesco a credere alla scena che si svolge sotto i miei occhi. Gabriel nel
mondo in cui vivo.

–Volevo anche mostrarti qualcosa. Ma non prima del caffè.

Mi scollo da lui con difficoltà per andare a versare il caldo liquido nero,
senz'altro non abbastanza

forte, in due mug scompagnati. Beve un sorso di caffè bollente quindi fa


uscire una busta bianca dalla

tasca interna del suo cappotto. Fissa il mio tavolino, mi guarda e mi chiede
«Posso?» e con

l'avambraccio fa piazza pulita di tutto quello che vi si trovava sopra e che


adesso si trova sul

pavimento. Allinea con cura sul tavolo dei provini in bianco e nero. Sulle
foto spiccano solo nastri di

colore rosso vivo. Riconosco il mio viso. Le braccia, la schiena, i seni e i


glutei sono tutti miei. Mi

siedo accanto a lui sul bracciolo del divano, gli occhi sgranati .

– Superbe, non trovi? Ma queste mi piacciono ancora di più.

Sopra le immagini per cui mi ricordo di aver «posato», sparpaglia altri


provini. Il corpo nudo di

Gabriel allungato sul mio. La sua testa affondata tra le mie cosce e le mie
mani legate che gli
scompigliano i capelli. Poi le sue mani che si aggrappano alla mia
capigliatura mentre sto a pancia in

giù, il corpo inarcato, una fascia color porpora sugli occhi. Le nostre gambe
tese che si

sovrappongono, il suo bacino incollato ai miei glutei e i miei denti che


mordono le labbra. Il mio collo

teso di profilo, le mie unghie che graffiano il pavimento e la mia bocca


deformata da un grido che

sembra straziante. Il viso di lui, indecifrabile, le labbra piene appena aperte.


Poi la mia testa rivolta

verso di lui, i miei occhi stravolti tuffati nei suoi, mentre mi strappa il nastro
perché assista al suo

orgasmo delirante.

– L'ultima è quella che preferisco.

Mentre pronuncia queste parole Gabriel mi solleva afferrandomi sotto le


cosce per sistemarmi a

cavalcioni sopra di lui. Le sue mani s'infilano sotto la mia t-shirt, mi


accarezzano il ventre e risalgono

fino a raggiungere i miei seni. Due dita hanno appena pizzicato i miei
capezzoli turgidi in un mix di

dolore e piacere. Non mi lascia con lo sguardo mentre la sua mano risale
lungo la schiena e mi afferra

alla nuca per far avvicinare il mio viso al suo. I suoi denti che mordono
delicatamente il mio labbro
inferiore poi la sua lingua che affonda nella mia bocca. Gli restituisco il
bacio e mi avvento su di lui,

gettandogli le braccia al collo e incollandomi a lui. Mi bacia con foga e sento


che il mio sesso si

gonfia d'impazienza. Gli tolgo il maglione e ne approfitto per spogliarmi, il


più languidamente

possibile nonostante l'impellenza del mio desiderio. Gabriel impugna i miei


seni e se li porta alla

bocca per divorarli, letteralmente. Poi inizia a mordicchiarmi le spalle, il


collo e mi sento venire meno

quando mi succhia il lobo dell'orecchio. Lo sento ansimare mentre le mie


dita lottano contro la fibbia

della sua cintura. Libero il suo sesso prigioniero e lo accarezzo, mentre


premo il suo glande turgido

contro il mio ventre. Estrae un preservativo dalla tasca posteriore dei suoi
jeans e me lo tende, strappo

l'involucro con i denti e lo faccio scivolare sul suo membro eretto. Mi bagno
solo all'idea che presto

mi penetrerà con tutta l'intensità di cui so che è capace.

Gabriel si rialza con un balzo, tenendomi per i glutei e mi appoggia alla


parete opposta, le mie

gambe avvolte attorno alle sue reni. Tra le sue braccia, mi sento leggera
come una piuma. Mi sorregge

con una mano e con l'altra afferra il suo sesso teso per guidalo nella mia
avida fessura. Dapprima si
mette a giocare con il mio clitoride pronto a esplodere poi mi penetra in
profondità. La violenza dei

suoi colpi di reni mi dà le vertigini e i miei scaffali pieni di libri si


schiantano rumorosamente al

suolo. Urlo di piacere, dimentica dei vicini, e gli graffio la schiena a sangue
mentre mi prende, con

forza e in profondità, fino a farmi godere con un urlo strozzato. Continua i


suoi affondi contro la

parete e tutto il suo corpo s'irrigidisce fino ad emettere un grugnito animale


che non dimenticherò più

per il resto della mia vita.

Dalla finestra del terzo piano, guardo Gabriel che si allontana, il suo lungo
cappotto nero che

ondeggia nel vento ghiacciato. Si rialza il bavero e sparisce all'angolo della


via. Mi volto per

osservare il caos che regna nel mio appartamento. Gabriel si è infiltrato a


casa mia come un tornado

ed ecco che è già ripartito verso la sua vita. Mi lascia da sola nella mia, nuda
e ancora tutta tremante,

la sua tazza di caffè e le nostre foto sparpagliate come unici ricordi del suo
passaggio.

Continua! Non perdetevi il prossimo episodio!


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Cento Sfaccettature di Mr. Diamonds vol. 3

La relazione tra il tenebroso Gabriel Diamonds e la dolce Amandine prende


una piega inattesa!

La tensione sale, la macchina è lanciata e nulla sembra poterla arrestare...


Document Outline

Cover
1. L'ufficio lamentele
2. Discesa in acque tumultuose
3. L'imbroglio
4. Il nastro rosso
5. Il passeggero
Table of Contents
Cover
1. L'ufficio lamentele
2. Discesa in acque tumultuose
3. L'imbroglio
4. Il nastro rosso
5. Il passeggero

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