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«Chi sono? Dove vado? Cosa mi metto? Che si fa? Cosa voglio?» è la mia
lotta quotidiana. E «Non lo so» è la mia risposta preferita.
Sospiro a lungo e chiudo gli occhi dopo aver guardato ancora una volta le
due foto di Gabriel Diamonds. Senza accorgermene, sprofondo in un sonno
incredibilmente dolce, il sorriso sulle labbra e la mente persa nei sogni.
***
– Ah. Sì, spiacente, sono la stagista di Éric Chopard. Il sito del vino.
– Amandine. Amandine B…
Viva l'educazione!
– Ecco una saggia decisione, dolce Amande. Passiamo allora alla domanda
successiva. Qual è il suo tipo d'uomo?
– Piccolo, moro, il tipo latino. Vestito con semplicità. Un tipo alla mano,
discreto, naturale.
E toh!
– Credo che questa non sia una risposta alla mia domanda.
Colpita e affondata.
Ho 22 anni, tre ex in conto, di cui uno solo serio, cioè con cui la relazione è
durata più di sei mesi.
La maggior parte dei ragazzi non m'interessa e quando io interesso loro, non
me ne accorgo nemmeno.
***
Perché ho fatto questo sogno da ragazzina con lui come attore principale?
E' a bocca aperta e con gli occhi sgranati che sono arrivata alla tenuta di
Bagnolet, nel tardo pomeriggio. Il castello è sublime molto più di quanto
avessi potuto immaginare. La costruzione principale quadrata in pietra
bianca, è circondata da due ali che la prolungano a est e a ovest. Un'antica
pergola, trasformata in roseto, dona al luogo un'atmosfera poetica e un po'
desueta. Il parco all'inglese che si estende su oltre sette ettari digrada
dolcemente fino a La Charente che scorre tranquilla più in basso. Alcuni
giornalisti arrivati prima di me passeggiano lentamente, a piccoli gruppi, tra
gli alberi centenari, dando vita a un vero e proprio quadro vivente e molto
bucolico. Due bossi potati incorniciano la porta davanti alla quale la vettura
si arresta, facendo scricchiolare la ghiaia con gli pneumatici. Subito, un
uomo in livrea viene ad aprirmi la portiera, s'impossessa dei miei bagagli
che si trovano nel baule. Tutto questo lusso mi mette terribilmente a disagio
ma sorrido il più naturalmente possibile al giovane servitore che mi
conduce fino alla mia camera. Più si procede e meno mi sento a mio agio,
tolgo il portatile dalla borsa per darmi un contegno. L'uomo mi fa entrare in
una stanza immensa e incredibilmente accogliente, colloca la mia valigia ai
piedi del letto king size, mi augura gentilmente un eccellente soggiorno e
lascia il locale. Appena è uscito sfodero il mio telefono per inviare una
scarica di sms a Marion.
– Del tipo?
– Dai, non fare la gelosa. Se sei gentile, ti porterò una bottiglia di quelle
buone...
La conosco molto bene, in realtà è felice per me, sa che questo break mi
farà bene, ma non riesce a impedirsi di fare la rompiscatole. Lei è fatta così!
Rimetto l'iPhone in borsa rimpiangendo che non sia qui con me per vivere
insieme questa esperienza incredibile.
Il letto, due volte più grande di quello che ho a Parigi, è ricoperto da una
parure di lenzuola in tinta con le tende color crema e grigio talpa che
circondano le immense finestre del locale. La testata del letto è imbottita,
color grigio-rosa, aggiunge un tocco d'autore e allo stesso tempo romantico
all'insieme. Le lenzuola sono incredibilmente morbide e i cuscini, ce ne
sono ben sei, sono disposti talmente bene che quasi non oso toccarli. Scopro
un ultimo dettaglio che conferma che mi trovo in un luogo straordinario: il
giroletto, in legno pregiato, riporta lo stemma sottolineato in oro dei
Diamonds.
Mentre faccio un caldo e schiumoso bagno, penso a una sola cosa: come mi
devo vestire per il concerto di stasera? Mi congratulo con me stessa per aver
pensato di portare i miei due unici abiti, anche se ancora non m'immaginavo
che mi sarei ritrovata alla corte del re Diamonds I. Mi serve un
abbigliamento di alta classe ma non troppo stravagante, e quindi scarto
mentalmente l'abito rosso cangiante che non sono mai riuscita a indossare.
E' dappertutto!
All'altro lato della sala, alla mia sinistra, Gabriel Diamonds è appoggiato
alla parete e mi guarda senza tanti perché. Mi sento contemporaneamente
imbarazzata, anzi terribilmente imbarazzata, ma anche lusingata e, devo
proprio ammetterlo, un po' eccitata. Il mio sogno in treno non è senz'altro
estraneo all'euforia che mi prende, ma sono comunque sorpresa di vedere in
quale stato riesce a ridurmi. Ancora più bello dal vivo che in foto, mi
sembra più alto di quanto immaginassi, anche più muscoloso, con questo
sguardo impenetrabile e la mascella ben squadrata. Il quintetto, sublime,
non riesce a distogliermi dai miei pensieri, e mi trattengo dal guardare
troppo spesso alla mia sinistra.
Quando mi rendo conto che le sto fissando da diversi secondi, non posso
fare a meno di arrossire come una ragazzina. Il mio imbarazzo sembra
divertirlo, mi rivolge un sorrisetto malizioso che mi fa imbestialire. Tento di
farlo stare al suo posto, ma per non disturbare i musicisti, sono obbligata a
bisbigliare, cosa che mi fa perdere ogni credibilità…
– No, è vero e devo dire che sono onorato di avere l'occasione di avervi solo
per me.
– Non andrà molto lontano con le sue minacce, signore. Considerata la mia
giovane età, forse non dispongo di tutta la sua saggezza, ma non cedo così
facilmente. Posso andarmene ora?
Non lasciarti smontare, Amandine! Non avrà l'ultima parola. Dio com'è
bello. E questo profumo che m'inebria…
Percepisco una piccola scintilla nel suo sguardo nel momento in cui il suo
sorriso si allarga. L'ho sorpreso!
Ebbene sì, non so che darei per vedere i suoi occhi azzurri tuffarsi nei miei,
divertirmi alle sue reazioni imprevedibili e sentire il suo calore irradiarsi
fino a me. Una suoneria viene a interrompere le mie fantasticherie. Il mio
cuore si mette a battere più velocemente: afferro il telefono, sperando senza
ammetterlo che il multimiliardario sia riuscito a procurarsi il mio numero e
che desideri giocare i tempi supplementari. Non riesco a impedirmi di fare
una smorfia quando vedo la foto di mia sorella apparire sullo schermo
digitale.
– Oscar ha deciso che a sei mesi, è abbastanza grande per fare baldoria tutta
la notte. E ho appena finito di accapigliarmi con Alex, se n'è andato
sbattendo la porta. Ho bisogno che tu mi schiarisca le idee.
Ho come l'impressione di vivere un déjà-vu… o un già sentito dire.
Amandine, buona e compassionevole al vostro servizio!
– Potresti almeno concedermi cinque minuti del tuo tempo! Non ti fa bene
frequentare gli snob, hanno una cattiva influenza su di te!
Cerco d'ignorare il suo sms assassino e m'infilo in questo letto così morbido
e confortevole. Spengo la luce e subito nella mia testa si ripresentano alcuni
flash back del mio colloquio a quattrocchi con Gabriel. Lo chiamo già con
il suo dolcissimo nome. Ad ogni modo solo nella mia testa, perché nella vita
vera non avrei mai il coraggio di farlo. Lui non sa nemmeno come mi
chiamo e a priori credo che sia l'ultima delle sue preoccupazioni. Non
faccio nemmeno in tempo a rivedere tutta la scena nei miei pensieri, mi
addormento prima delle sue parole sulla mia lingua «certamente squisita,
ma troppo sciolta per i miei gusti»…
Verso le sette e mezzo, mi svegli al canto del gallo. Realizzo dove mi trovo
e un ampio sorriso m'illumina il viso. Ho dormito come un neonato, sono in
forma perfetta, pronta ad affrontare gli eventi della giornata, pronta a
rivederlo, a divorarlo con lo sguardo. Mi stiro languidamente e mi strappo
da questo letto regale saltellando come una ragazzina. Io che non sono
mattiniera, sono felice, impaziente. Mi faccio una rapida doccia, mi lavo i
denti, mi districo i capelli, mi trucco con sobrietà.
Prima di recarmi in veranda per bere il mio solito mezzo litro di caffè nero,
decido d'inviare una mail Émilie, con la scusa di confermarle che ho
ricevuto il biglietto del treno per il ritorno. Spero prima di allora, di aver
avuto il tempo d'intervistare Gabriel Diamonds. Non so esattamente quando
avrà luogo la famosa intervista, ma sono seriamente intenzionata a
raccogliere le sue parole e a torchiarlo sui suoi vini preferiti. Dopotutto
sono qui per questo e Éric mi ucciderebbe se tornassi a mani vuote.
A: Émilie Maréchal
Ciao collega,
AB
Ecco fatto. La mancanza di caffeina comincia a farsi sentire, è tempo di
scendere. Lungo il cammino verso l'immensa veranda composta da porte a
vetri che offrono un'imperdibile vista sul paco, spero, d'incontrarlo. Nota…
forse è troppo presto. Un miliardario ha altro da fare che alzarsi alle otto
della domenica mattina, soprattutto dopo una serata di abbondanti libagioni.
Inoltre, starà senz'altro facendo tranquillamente colazione nei suoi
appartamenti. Magari davanti a lui ci sarà una bellissima ragazza, con una
vestaglia di seta o in costume adamitico, appena uscita da un rilassante
bagno per riprendersi dalla rovente nottata…
Ancora una volta, rimango sbalordita dalla bellezza del luogo. La veranda a
vetri che sovrasta il parco dai colori cangianti si estende per metri e metri.
Decine di tavoli tutti ugualmente apparecchiati e addobbati, gli incantevoli
servizi di porcellana bianca e blu invitano le persone a sedersi ai tavoli e ad
assaporare piatti deliziosi e variegati. Un cameriere sorridente e educato mi
fa accomodare senza attese e mi annuncia che sarà al mio servizio in
qualsiasi momento. In meno di un minuto Nicolas torna con un caffè del
Nicaragua dal divino aroma. Degustandolo, mi scotto leggermente le
labbra, ma la tentazione è troppo forte e il liquido nero mi riscalda in un
momento. Capita a proposito, perché sembra che io sia vestita un po' troppo
leggera.
Deliziose. Insopportabili.
Qualche minuto più tardi, scorgo Nicolas che si dirige verso il mio tavolo
con una specie di pacchetto sul suo vassoio d'argento.
Per qualche secondo, mi fissa, i suoi occhi fieri e intensi fissi dentro i miei,
un sorrisetto beffardo sulle labbra. Non è cieco, sa in quale stato mi fa
piombare e la cosa mi dà decisamente sui nervi.
Un bagliore strano, quasi minaccioso, traspare dai suoi occhi. Nel gioco di
quello che sosterrà più a lungo lo sguardo dell'altro, sono perdente.
Quest'uomo mi fa sentire piccolissima, ma cerco di lottare contro la sua
voglia di dominarmi, di fare di me la sua marionetta. Non sta tirando i miei
fili, ma i miei nervi.
– Accetto regali solo dai miei amici. Sappia che sono in grado di vestirmi da
sola, signore, e che assaporo questa libertà ogni giorno.
– E' tempo che io la lasci, signore, ho altre cose da fare che filosofeggiare
con lei. Ecco il suo maglione, grazie per le sue attenzioni un filino
paternaliste e condiscendenti…
Sono sotto choc, K.O., sciolta e lui trova anche il modo di parlare di
lavoro?! La sua freddezza mi raggela, ho voglia di piangere.
4. Prendere o lasciare
Mi sono appena infilata alla chetichella nella mia camera e sono rimasta per
un lungo istante appoggiata alla porta che ho appena sbattuto su questa
scena surreale. Le braccia palpitanti, gli occhi chiusi, la testa che gira, le
labbra semiaperte, ancora umide per questo incredibile bacio. Non oso
chiudere la bocca per paura di cancellare questa sensazione divina che
riesco ancora a percepire.
Pensare a respirare. Ecco. Aprire gli occhi. Guardare in altro posto che non
sia il vuoto.
– Va tutto bene!
– Pronto?
– Pff…no. Ma la cosa non t'interessava per niente ieri sera. Cosa succede?
–…
– Non dici più niente? Dai racconta, ti conosco bene. Avevi bisogno di
parlare con la tua sorellona?
– No, io… devo andare, ora. Buona fortuna con i tuoi due ragazzi. Ti
abbraccio.
Riattacco freneticamente per por fine al calvario. Splendida idea questa
telefonata! Un successo!
Infilo di nuovo la testa tra i cuscini, disperata. E tutto questo per un bacio!
D'accordo, le sue labbra erano di una dolcezza infinita e si sono mescolate
alle mie in perfetta armonia, d'accordo la sua lingua si è fatta strada nella
mia bocca con una delicatezza di cui non avrei mai creduto capace un uomo
e ok sapeva leggermente di pesca, un gusto divino, ma alla fine non si
trattava che di un bacio! Cerco di riprendere il controllo e di cacciare questa
tizia, metà ragazzina sentimentale metà regina del melodramma, che si è
impossessata di me. E grazie a tutte queste stupidaggini, ho solo un'ora per
preparami all'appuntamento fissato. Bisogna che riprenda la mia dignità per
condurre al meglio quest'intervista. Posso farcela. Basterà solo che non
guardi la sua bocca, in nessun caso. Me lo proibisco.
Alle 11 e 45, mi precipito fuori dalla camera, taccuino e penna in una mano,
l'altra in tasca e percorro a lunghi passi i lunghi corridoi che conducono agli
appartamenti privati di Gabriel Diamonds. Sono un po' in anticipo nel caso
mi perdessi nei meandri del castello, ne sarei proprio capace. E ho fatto
bene perché mi accorgo a metà strada di aver dimenticato di portare con me
il famoso maglione. A volte non è facile star dietro a me stessa. Dopo un
andata-ritorno a passo di corsa, sono le 12 e 5 quando busso, un po' senza
fiato, alla porta indicata dal maggiordomo dietro la quale si nasconde il
«Signore»
– Avanti.
– Lei è in ritardo.
Apro il mio taccuino, tento di dire qualcosa ma dalla bocca non esce alcun
suono, mi schiarisco maldestramente la voce e riprendo:
– Anch'io .
Nientemeno.
Non trovo nulla da rispondere, sono allo stesso tempo indignata dalla sua
aria di sufficienza, ammirata dalle risposte pronte e sferzanti e sconvolta
dalle ultime due parole che ha pronunciato. Il suo bel viso aristocratico non
riesce a mascherare il desiderio selvaggio da cui sembra animato. Credo che
nessuno mi abbia mai desiderata così. E non so come metterla con il
desiderio che inizia a farsi strada in me. Riprende il suo monologo, credo
sia per provocarmi che per riuscire a controllarsi.
Errore fatale…
Conosco già lo splendido sapore delle sue labbra, ma ora devo proprio
degustare il suo nettare per avere conferma dell'alchimia che presagisco.
Non amo sbagliarmi, lo sa. Queste sono le mie condizioni. Prendere o
lasciare.
Ditemi che sto sognando. Vengo per un'intervista, metto insieme una
conversazione senza capo né coda, abbasso la guardia e non ottengo
nemmeno un bacio. Invece, mi sta veramente proponendo quel che credo mi
stia proponendo? O piuttosto, imponendo?
Sono troppo sconvolta per accettare, troppo eccitata per rifiutare. Resto
muta, incapace di muovermi. Credo di non aver nemmeno detto sì quando
si china davanti a me, appoggia un ginocchio a terra, poi l'altro e la sua
immensa mano comincia un lento percorso lungo la mia coscia. Posso
sentire il calore del palmo della sua mano attraverso il tessuto dei jeans. Le
guance infiammate, ho la gola secca, mi sento come se avessi la febbre. E
non solo in viso! Di riflesso quando le sue dita si avvicinano al bottone dei
miei pantaloni mi ritraggo. Dischiudo la bocca per palare ma non ne esce
alcun suono.
– Una vera delizia. Non mi ero sbagliato, mormora più a se stesso che a me.
Grazie, arrivederci.
5. Ambra e il demone
Facile da dire ora, ma in sua presenza sei molto meno convincente cocca…
A parte Marion, non vedo proprio chi potrebbe farmi ridiscendere sulla
terra. Estraggo il mio iPhone dalla tasca posteriore e questo movimento
furtivo mi ricorda che le mani del miliardario ci sono passate sopra. Mi
invade di nuovo lo sgomento, ma non mi lascio destabilizzare dalla mia
debolezza e chiamo senza indugiare oltre colei che saprà rimettermi la testa
a posto.
– No…
Con la punta del pollice, aggiorno la mia casella e-mail sullo schermo
digitale. Tombola: un messaggio ricevuto!
A: Amandine Baumann
Oggetto: Louboutin attillate?
Ciao collega,
Un consiglio: vacci piano con il vino, perché ti fa venire delle strane idee.
Non perdere il treno, Eric ti aspetta fresca e riposata domani mattina, per il
resoconto del week-end.
Baci,
Em
I suoi occhi azzurri si tuffano nei miei, ma il suo sguardo è lontano. Sembra
altrove. Quando si avvicina a me tendendo la mano, casco dal pero. Sono
passate appena due ore, ero mezza nuda nei suoi appartamenti, offerta alle
sue carezze intime. Dono sono finite la complicità ambigua, la tensione
sessuale? Il contatto, genera un scarica elettrica che attraversa tutto il mio
corpo, ma lui resta di marmo. Noto che ha un po' di terra sotto le unghie e,
invece di disgustarmi, quest'immagine lo rende ancora più maschio ai miei
occhi, ma ben presto rompe l'incanto con un'osservazione inopportuna. Da
un'occhiata sprezzante al mio taccuino.
– Non beve?
Il gusto del cognac mi sorprende ma una volta bevuto il primo sorso, sento
nuovamente il bisogno di berne ancora un po'. E' come se non riuscissi a
impedirmelo, come se ne fossi dipendente. Che mi piaccia o no, è un po'
quel che sento per Diamonds. Semplicemente non posso smettere di
guardarlo, di pensare a quel che è successo fra noi nel suo studio. Le
immagini tornano alla memoria e sento che arrossisco fino alle orecchie.
Cercando di mascherare il mio turbamento, mi aggrappo disperatamente al
mio taccuino e comincio a leggere la prima domanda con voce un po'
esitante.
Colta di sorpresa, guardo il liquido colare fino ai piedi del mio sgabello da
cui non mi sono mossa.
Il calore nel mio ventre, il mio sesso umido, le mie mani aggrappate ai
capelli di Diamonds, sono solo desiderio. In un bisbiglio mormora «ti
voglio tutta», poi, non potendo più resistere, getta i suoi abiti sul pavimento,
e mi ci fa stendere sopra. Mi domina dall'alto, e quando denuda il pene
eretto per infilarci un preservativo, non posso trattenere un piccolo grido di
sorpresa: è gigantesco! Si allunga su di me e mi penetra con squisita
lentezza. Il respiro corto, gemo e il ritmo accelera. Il mio corpo accoglie la
virilità di Diamonds con un piacere incredibile. I suoi lunghi andirivieni mi
fanno diventare pazza e gemo praticamente senza interruzioni.
Appoggiandosi su una mano, si serve dell'altra per giocare con il mio
clitoride, e mentre lo strofina dolcemente, il suo sesso interamente immerso
in me, sento l'orgasmo che mi sommerge e mordo la sua spalla per non
urlare di piacere.
Mi strizza l'occhio con malizia, poi alza le spalle con noncuranza e si gira,
di nuovo neutrale e inaccessibile.
6. Immagini sospese
Avrei preferito una giornata di dolce far niente al lago Daumesnil o al Bois
de Boulogne, ma in pieno mese di dicembre, sarebbe difficile…
La Casa della Fotografia, è uno dei miei luoghi preferiti quando ho bisogno
di ricaricarmi. Adoro questo luogo nel cuore del Marais. Il cortile
pavimentato, l'antico palazzo signorile che ospita le grandi e luminose sale,
la caffetteria nella cantina a volte, adoro andarmene a spasso sia per via
dell'affascinante ambientazione che per le esposizioni che vengono
proposte. Mi sento a mio agio, tranquilla. Il venerdì non ci va quasi
nessuno, si ha l'impressione che sia a nostra completa disposizione, ed è una
cosa rara a Parigi! Dopo una colazione leggera (un'insalata vegetariana e un
tè disintossicante, la nuova mania di Marion), scendiamo alla stazione di
Saint Paul per recarci all'esposizione. Quella del mese scorso mi aveva
completamente conquistata. La serie di piccole fotografie a colori di Susan
Paulsen era meravigliosa, i suoi ritratti di vita quotidiana poetici e toccanti.
Secondo gli specialisti, le sue opere hanno la bellezza luminosa delle tele di
Vermeer, ma io ero letteralmente rimasta affascinata da questi sguardi che
mi trapassavano dalla carta lucida, da questi sorrisi comunicativi, da questi
fiori artistici. Non so cosa vedrò oggi, Marion adora farmi delle sorprese.
Spero di riuscire ancora a sentire questo turbine di emozioni semplici e
autentiche, solo per farmi trasportare lontano da tutto, dalla realtà, dalla sua
mancanza che mi tormenta.
-Capita raramente di vederti così sexy, Amandine! Centra per caso il tuo
miliardario?
Rieccoci…
Oh mio dio, è davvero qui! Cosa faccio, cosa faccio, cosa faccio?!
Questa è nuova…
Le porte dell'ascensore si aprono davanti a me ed entriamo insieme nella
cabina.
– Sale?
Mi lancia uno sguardo tetro, ma non può fare a meno di sorridere, stupito
dal mio coraggio.
Pare proprio che il signore non apprezzi che gli si opponga resistenza! A
ogni modo…
I nostri visi sono a pochi centimetri l'uno dall'altro. Mi fissa dritto negli
occhi, senza demordere.
Indispettita ma anche umiliata dal suo rifiuto, abbasso gli occhi, non oso più
nemmeno guardarlo in viso. Poi, come un predatore che si avvicina alla
preda, mi domina dall'alto della sua statura e colma la breve distanza che ci
separa. Quando i nostri corpi, premuti l'uno contro l'altro, non sono che uno,
passa la mano tra i miei capelli e, con una leggera pressione, mi obbliga a
rialzare la testa e a prolungare il mio sguardo nel suo.
Quasi in risposta all'eccitazione che anima il mio basso ventre, sento la sua
erezione contro la mia coscia. La sua bocca affamata si getta sul mio collo,
mi bacia, mi mordicchia, mi divora.
– Si giri!
– Addio, Gabriel.
Stupito dal sentirmi pronunciare il suo nome, strizza gli occhi mordendosi il
labbro. Mi aspetto una risposta tagliente, ma invece, mi gira le spalle e si
allontana, senza una parola. Le nostre strade si separano sul pianerottolo del
secondo piano. Presto, ritrovo Marion che mi assale, sull'orlo di una crisi di
nervi.
Venti minuti… Mi sembra che sia trascorsa un'eternità. Farfuglio che sono
dovuta passare dalla toilette mentre sbircio tra i visitatori alla ricerca della
silhouette del mio bell'amante. L'animo rattristato, il corpo ancora
palpitante, seguo la mia miglior amica imbronciata tra le fotografie, senza
vedere nulla. Penso solo all'immagine rinviata dallo specchio
dell'ascensore: un bellissimo uomo dal corpo perfetto e dagli occhi azzurri
penetranti mentre fa l'amore con intensità insieme a una ragazza dal bel
viso. Realizzo che sono io la ragazza e la fierezza che provo mi fa sorridere.
– Sono solo stanca Marion e tutte queste luci mi fanno venire il mal di testa.
– Con il tuo miliardario? Era quello che ti mangiava con gli occhi poco fa?
La guardo dritta negli occhi e attendo una reazione. Avrò senz'altro diritto a
sorbirmi uno dei suoi interminabili monologhi che si concludono sempre
con un penoso "te l'avevo detto io!".
Per una volta, Marion non rende onore al suo soprannome di "madame ho-
sempre-ragione". Sembra sbalordita dalla mia rivelazione, comincia ad
aprire la bocca per rispondere qualcosa e alla fine, ci rinuncia. Per
assicurarmi che non abbia perso la parola, non le dò tregua.
Gironzolo un po’ per le vie del mio quartiere, sperando che l'aria fresca mi
faccia uscire in modo indolore dallo stato di debolezza nel quale mi trovo.
Fatica sprecata, i miei pensieri fluttuano verso Diamonds.
Amandine, tu vaneggi!
Ma eccomi arrivata di fronte alla porta del mio appartamento. Non vedo
l'ora di sprofondarmi sul divano e di mangiare quel che rimane delle penne
all'arrabbiata di ieri. Esploro le tasche alla ricerca del mazzo di chiavi, che
non riesco mai a trovare. Nella tasca destra del mio cappotto, un oggetto
estraneo attira la mia attenzione. Un biglietto da visita color crema, dalla
carta spessa. Il mio cuore dà in escandescenze quanto vedo inciso a lettere
dorate il nome di Gabriel Diamonds.
– Come ti vestirai?
Una grande villa in pietra bianca domina una piscina naturale circondata da
cipressi. A perdita di vista, vigneti e campi riposano mentre il sole è al
tramonto. Non ho il tempo di attardarmi sui dettagli del paesaggio. Vicino a
una costruzione che assomiglia a una scuderia, scorgo Gabriel e la sua
bellezza mi paralizza. Vestito semplicemente con pantaloni di lino bianco, è
a torso nudo. Lo scorgo per la prima volta e lo splendore del suo corpo
muscoloso e dorato mi cattura. Sottili gocce di sudore imperlano il suoi
pettorali e capisco che sta tagliando della legna con l'accetta. Mi scorge e
viene verso di me, ondeggiando.
– Lei e la sua ossessione per la libertà… E cosa dice il suo libero arbitrio?
Sono in piedi e lo sovrasto con tutta la mia collera. Il mio tono è duro, ma la
mia voce è tremula. Se potessi, credo che lo schiaffeggerei. Senza dire una
parola, si alza e si avvicina a me.
– Smettila, tu sei diversa dalle altre, è per questo che non posso più fare a
meno di te!
Chiudo gli occhi, turbata, e gli rendo quei baci che mi fanno vibrare così
tanto
Rallegrati che non ci sia per ammirare la tua criniera arruffata e il trucco
di ieri che probabilmente è colato…
Sul tavolino basso in legno chiaro che troneggia dalla mia parte del letto,
noto una piccola busta.
Sig.na Baumann,
Grazie per questo appassionante interludio.
Sig. Diamonds.