Ti amerò, mia dolce Ipsitilla (Carme 32)Ti amerò, mia dolce Ipsitilla,mia delizia,
mia adorata,fammi venire da te al pomeriggio.E se lo farai, aiutami così,non
lasciare sprangata la porta,nè ti sia gradito sgusciar fuori,piuttosto resta in casa e preparati pergiacere nove volte assieme.A dire il vero, suvvia, se lo vorrai, comandalo all’istante:infatti io sono qui, dopo pranzo, sazio e coricato, sfondo tunica e mantello. Una volta dicevi (Carme 72)Una volta dicevi che avresti conosciuto il Catullo, Lesbia, e che al posto mio non avresti desiderato abbracciare (neanche) Giove.Ti amai, in quel tempo, non tanto come la gente ama l’amica,ma come il padre ama i figli ed i generi.Adesso so chi sei: perciò, anche se brucio di una fiamma più ardua,sei per me molto più vile e spregevole.“Com’è possibile?”, dici. Perché un’offesa del genereimpone l’amante ad amare di più, ma a voler bene di meno. Simile a un dioSimile a un dio mi sembra che siae forse più di un dio, vorrei dire, chi, sedendoti accanto, gli occhi fissiti ascolta rideredolcemente; ed io mi sento morired’invidia: quando ti guardo io, Lesbia,a me non rimane in cuore nemmenoun po’ di voce,la lingua si secca e un fuoco sottilemi scorre nelle ossa, le orecchiemi ronzano dentro e su questi occhiscende la notte. Da me cenerai beneSe dio vorrà, uno di questi giorni,mio Fabullo, da me cenerai bene:ma con te porta una cena abbondantee squisita, una ragazza in fiore,vino, sale e tutta la tua allegria.Solo così, ripeto, amico mio,cenerai bene, perché il tuo Catulloha la borsa piena di ragnatele.In cambio avrai un affetto sinceroe tutto ciò che è bello e raffinato:ti darò un profumo che la mia donnaha avuto in dono da Venere e Amore.Quando l’odorerai, prega gli dei,Fabullo mio, di farti tutto naso.