Sei sulla pagina 1di 34

FIGLI DEL DIVIN VOLERE

Claudia Palladino - catechesi di Caserta

Appello del Re Divino nel Regno della Sua Volontà

Miei cari e amati figli, vengo in mezzo a voi col Cuore affogato nelle mie
fiamme d’amore.

Vengo come Padre in mezzo ai figli che amo assai, ed è tanto il mio
amore, che vengo a rimanere con voi per far vita insieme e vivere con
una sola volontà, con un solo amore. Vengo col corteggio delle mie
pene, del mio sangue, delle mie opere e della mia stessa morte.

Guardatemi: ogni goccia del mio sangue, ogni pena, tutte le mie opere, i
miei passi, fanno a gara perché vogliono darvi la mia Divina Volontà;
perfino la mia morte vuole darvi il risorgimento della vita in Essa.

Nella mia Umanità tutto vi ho preparato ed impetrato: grazie, aiuti, luce,


forza, per ricevere un dono sì grande. Da parte mia tutto ho fatto, ora
aspetto la parte vostra.

Chi, ingrato, non vorrà ricevere Me e il dono che gli porto? Sappiate che
è tanto il mio amore, che metterò da parte la vostra vita passata, le
stesse vostre colpe, tutti i vostri mali; li seppellirò nel mare del mio
amore, affinché siano tutti bruciati, ed incominceremo insieme la nuova
vita, tutta di Volontà mia.

Chi avrà cuore di farmi un rifiuto e di mettermi alla porta, senza accettare
la mia visita tutta paterna?

Se mi accetterete, Io rimarrò con voi, come Padre in mezzo ai figli miei;


ma dobbiamo stare con sommo accordo e vivere con una sola Volontà.
Oh, quanto lo sospiro, gemo e deliro, e giungo fino a piangere, perché
voglio che i miei cari figli stiano insieme con Me e vivano della mia
stessa Volontà! Sono circa seimila anni di lunghi sospiri e di lacrime
amare della mia Santa Umanità, che reclamo e voglio i miei figli intorno a
me per renderli felici e santi.

Giungo a chiamarli piangendo; chissà se si muovono a compassione


delle mie lacrime, del mio amore, che giunge fino a soffocarmi e a farmi
spasimare; e tra i singhiozzi e gli spasimi vado ripetendo:

Figli miei, figli miei, dove siete? Perché non venite al Padre vostro?

Perché andate lontani da Me, raminghi, poveri, pieni di tutte le miserie? I


vostri mali sono ferite al mio Cuore; sono già stanco di aspettarvi, e
giacché non venite, non potendo più contenere il mio amore che Mi
brucia, vengo Io a cercarvi e vi porto il gran dono della mia Volontà. Deh,
vi prego, vi supplico, vi scongiuro, ascoltatemi, movetevi a compassione
delle mie lacrime, dei miei sospiri ardenti!

E non solo vengo come Padre, ma vengo come Maestro in mezzo ai


discepoli, ma voglio essere ascoltato.

Vi insegnerò cose sorprendenti, lezioni di Cielo, le quali vi porteranno


luce che mai si spegne, amore che sempre arde.

Le mie lezioni vi daranno forza divina, coraggio intrepido, santità che


sempre cresce, vi indicheranno la via ad ogni passo, saranno le
conducenti alla Patria celeste.

Vengo come Re in mezzo ai popoli, ma non per esigere imposte e tributi,


no, no; vengo perché voglio la vostra volontà, le vostre miserie, le vostre
debolezze, tutti i vostri mali. La mia sovranità è proprio questa: voglio
tutto ciò che vi rende infelici, inquieti, tormentati, per nasconderlo e
bruciare tutto col mio amore e, da Re benefico, pacifico, magnanimo qual
sono, ricambiarvi con la mia Volontà, col mio amore più tenero, con le
mie ricchezze e felicità, con la pace e la gioia più pura.

Se Mi darete la vostra volontà, tutto è fatto, mi renderete felice e sarete


felici.

Non altro sospiro, se non che la mia regni in mezzo a voi. Il Cielo e la
terra vi sorrideranno, la mia Mamma Celeste vi farà da Madre e da
Regina. Già essa, conoscendo il gran bene che vi riporterà il Regno del
mio Volere, per appagare i miei desideri ardenti e farmi cessare di
piangere, e amandovi da veri suoi figli, va girando in mezzo ai popoli,
nelle nazioni, per disporli e prepararli a ricevere il dominio del Regno
della mia Volontà.

Fu lei che mi preparò i popoli per farmi scendere dal Cielo in terra, e a lei
affido, al suo amore materno, che mi disponga le anime, i popoli, per
ricevere un dono sì grande.  

Perciò ascoltatemi; e vi prego, figli miei, di leggere con attenzione queste


pagine che vi metto sott’occhio e sentirete il bisogno di vivere della mia
Volontà. Io mi metterò vicino quando leggerete, vi toccherò la mente, il
cuore, affinché comprendiate e risolviate di volere il dono del mio Fiat
Divino.

Una Vita piu’ Celeste che Terrena

Testimonianza di S.Annibale Di Francia su Luisa Piccarreta

"…Essa vuole vivere solitaria, nascosta ed incognita.

Per nessun patto al mondo avrebbe posto in scritto le intime e


prolungate comunicazioni con Gesu’ adorabile, dalla piu’ tenera eta’ fino
ad oggi, e che seguitano ancora chi sa fino a quando, se Nostro Signore
stesso non l’avesse replicatamente obbligata, sia personalmente, sia per
mezzo della santa ubbidienza dei suoi Direttori, alla quale si arrende con
grande fortezza e generosita’, perche’ il concetto che essa ha della santa
obbedienza le farebbe rifiutare anche un ingresso in Paradiso, come
effettivamente avvenne…"

"La sostanza e’ quest’anima e’ in una lotta tremenda tra un prepotente


amore al nascondimento e l’inesorabile impero dell’Obbedienza, a cui
assolutamente deve cedere.

E l’Obbedienza vince sempre!

E questo costituisce uno dei piu’ importanti caratteri di uno spirito vero, di
una virtu’ solida e provata, poiche’ si tratta di una quarantina di anni, in
cui con la piu’ forte violenza contro se’ stessa si sottopone alla gran
Signora Ubbidienza che la domina!"
"Quest’anima solitaria e’ una vergine purissima, tutta di Dio, che appare
come oggetto di singolare predilezione del Divin Redetore Gesu’.

Nostro Signore, che di secolo in secolo accresce sempre di piu’ le


meraviglie del suo Amore, pare che di questa vergine, che Egli chiama la
piu’ piccola che abbia trovato sulla terra, destituita di ogni istruzione,
abbia voluto formarne un istrumento adatto per una missione cosi’
sublime, che nessun’altra le si possa paragonare ,

cioe’ il trionfo della Divina Volonta’ sull’universo orbe, in conformita’ con


quanto e’ detto nel Pater Noster: " Fiat Voluntas Tua, sicut in Coelo et in
terra ."

"Questa vergine del Signore da piu’ di 40 anni, dacche’ era ancora


adolescente, e’ stata posta a letto come vittima del Divino Amore. Quello
e’ stato letto di una lunga serie di dolori naturali e soprannaturali e di
inebriamenti della Carita’ eterna del Cuore di Gesu’.

Origine dei dolori, eccedenti ogni ordine di natura, e’ stata quasi


continuamente un’alternata privazione di Dio…"

"Ai patimenti dell’anima si aggiungono anche quelli del corpo, di cui la


massima parte allo stato mistico.

Senza che nessun segno appaia nelle mani, nei piedi e nel costato o
sulla fronte, essa riceve da Nostro Signore stesso una frequente
crocifissione.

Gesu’ stesso la stende sopra una croce e le conficca i chiodi.

Allora avviene in essa quello che diceva S.Teresa quando riceveva la


ferita dal Serafino, cioe’ un sensibilissimo dolore da farla venir meno e
nel tempo stesso un inebriamento di amore."

"Ma se Gesu’ cosi’ non facesse, sarebbe per quest’anima un patire


spirituale, immensamente piu’

grande, perche come la Serafina del Carmelo, dice anch’essa: "O patire
o morire". Ecco un altro segno del vero spirito…"

"Dopo quanto abbiamo accennato della lunga continuata dimora di anni


in un fondo di letto, nella qualita’ di vittima, con partecipazione di tanti
dolori spirituali e fisici, potrebbe parere che la vista di tale vergine
dovrebbe essere qualche cosa di affliggente, come il vedere una
persona giacente con tutti i segni di patiti dolori o di attuali sofferenze e
simili." "Eppure qui sta qualche cosa di ammirabile. Questa Sposa di
Gesu’, che la notte la passa nelle estasi dolorose e nei patimenti di ogni
genere, la si vede poi nella giornata mezzo seduta in letto, lavorare di
ago e di spillo; e non traspare affatto che la notte abbia tanto sofferto;
nulla, nulla di aria sovrannaturale.

Invece la si vede in tutto aspetto di una persona sana, lieta, gioviale.

Parla, discorre, occorrendo ride, accoglie pero’ poche amiche."

Talvolta qualche cuore tribolato le si confida, le domanda preghiere.


Ascolta benignamente,

conforta, ma giammai si avanza a fare da profetessa , giammai una


parola che accenni a rivelazioni.

Il gran conforto che essa presenta e’ sempre uno, sempre lo stesso


argometo: la Divina Volonta’".

Sebbene non possegga alcuna umana scienza, pure e’ dotata in


abbondanza di una Sapienza tutta celeste, della Scienza dei Santi.

Il suo parlare illumina e consola.

Di sua natura non e’ scarsa d’ingegno.

Di studi quando era piccola, fino alla prima elementare."

"Una nota del gran distacco di quest’anima da ogni cosa terrena, si e’


l’aborrimento e la costanza di non accettare qualunque dono o in denaro
o in altro.

Piu’ di una volta, persone che hanno letto "L’Orologio della Passione" – e
si e’ svegliato in loro un senso di sacro affetto per quest’anima solitaria e
sconosciuta – mi hanno scritto di volerle inviare del denaro.

Ma essa si e’ opposta cosi’ recisamente come le avessero fatto


un’offesa."

"il suo vivere e’ molto modesto.


Essa possiede poco, vive con una amorevole consanguinea che
l’assiste.

Il poco che possiede, non bastando per affitto di casa e pel


mantenimento indispensabile in questi tristi tempi di caro vivere, essa
lavora tranquillamente, come innanzi abbiamo detto, e

trae qualche guadagno dal suo lavoro, e del tutto deve fruire
specialmente la sua amorevole consanguinea, poiche’ in quanto ad essa
non ha da fare spese per un vestito o per calzature;

il suo cibarsi e’ di poche once al giorno, quale le viene presentato


dall’assistente, perche’ essa non ordina di piu’ e per di piu’, dopo
qualche ora che ha preso lo scarso cibo, lo rimette.

Pero’ il suo aspetto non e’ di una morente, ma neanche di una persona


perfettamente sana. Eppure non sta inerte, ma consuma le forze, sia con
le sovrumane vicende del patire e dell’affaticarsi la notte, sia con il lavoro
di giorno.

Il suo vivere si riduce quindi quasi ad un miracolo perenne."

"Al suo gran distacco da ogni guadagno che non procacci con le sue
mani, si deve aggiungere la sua fermezza di non avere mai voluto
accettare un tanto, che di diritto le apparterrebbe come proprieta’
letteraria sull’edizione e vendita dell’Orologio della Passione.

Pressata da me a non

rifiutarlo, ha risposto:

"Io non ho nessun diritto, perche’ il lavoro non e’ mio, ma e’ di Dio."

"Io non passo avanti.

La vita e’ piu’ celeste che terrena di questa vergine Sposa di Gesu’, che
vuol passare nel mondo ignorata e sconosciuta, non cercando che Gesu’
solo e la sua SS. Madre, che essa chiama la Mamma, la quale ha preso
di quest’anima eletta una particolare protezione."

Da una lettera di
S. Annibale a Luisa:

"Sono Scritti che ormai bisogna far conoscere al mondo.

Credo che procureranno grandi beni.

Per quanto sublime e' questa scienza del Divino Volere, altrettanto questi
scritti di una dettatura celeste, la presentano chiara e limpida.

Ma, a parer mio, nessun umano ingegno avrebbe potuto formarli."

Messina, li' 20.6.1924

Accompagniamo la registrazione con la meditazione della lettera di


sant'Annibale confessore spirituale di Luisa.

Luisa Piccarreta “ La Piccola Figlia della Divina Volontà ”

QUADERNO DI “MEMORIE DELL’INFANZIA” Luglio 15-1926

Mio Gesù, amor mio, mia Mamma celeste e sovrana Regina, venite in
mio aiuto, prendete fra le vostre mani il povero mio cuore; non vedete
come mi sanguina per il duro combattimento di dover cominciare da
capo, per dire la mia povera esistenza, della mia infanzia?

A qualunque costo vorrei sfuggire questo dolorosissimo e duro sacrificio,


e tanto più duro perché inaspettato; ma una novella ubbidienza esce in
campo per martoriare la mia povera ed insignificante esistenza. Gesù,
Mamma, venite in mio aiuto, altrimenti mi sento che la mia volontà
vorrebbe uscire in campo di nuovo, per avere vita e poter dire un ‘no’
reciso a chi mi comanda.

Ah, Gesù, permetterai tu forse che io abbia che ci fare col mio volere,
dopo tanto tempo che tu con tanta gelosia lo tieni legato ai tuoi piedi
come dono e trionfo della piccola figlia tua?

Mi hanno imposto di pregare per sapere da te se debbo o no farla, e tu


invece di essere con me, mi hai detto: “Ciò servirà a far conoscere la
terra che doveva illuminare il sole della mia Volontà , per formare il regno
suo”. Ah, Gesù, che importa a me far conoscere la mia piccola terra!
E a te deve importare che si conosca il tuo Volere, non è vero o Gesù?

Ma Gesù ha fatto silenzio ed è scomparso, ed io pronunzio con tutta


l’intensa amarezza dell’anima : “Fiat! Fiat!”, ed incomincio.

Onde dico in principio ciò che mi hanno detto, la stessa mia famiglia.

Nacqui il 1865, 23 aprile, la domenica in albis, di mattina; la sera stessa


mi battezzarono.

Diceva mia madre che io nacqui a rovescio, ma lei non soffrì nulla nel
parto, tanto che io, negli incontri e circostanze della mia povera vita, son
solita di dire: “Nacqui al rovescio!

È giusto che la mia vita sia al rovescio della vita delle altre creature”.

Onde ricordo che nella mia tenera età di tre o quattro anni, fino all’età di
circa dieci, ero di temperamento pauroso, ed era tanta la paura che, né
sapevo star sola, né dare un passo da sola; ma ciò era causato che fin
dall’età di tre anni, nella notte facevo quasi sempre sogni di paura.

Sognavo il demonio, che mi metteva spavento tale da farmi tremare;


molte volte lo sognavo che mi voleva portare con sé e mi tirava forte, ed
io facevo tutti gli sforzi per fuggire; ed io nello stesso sogno sudavo
freddo, mi nascondevo, fuggivo in braccio alla mamma mia; quindi il
giorno mi restava l’impressione dei sogni, e tale paura come se da tutte
le parti il demonio volesse uscire.

Ora credo che ciò mi fece bene, perché sin da quella tenera età io
recitavo molte Ave Maria e Pater Noster a tutti i santi [di cui] io
conoscevo il nome, per avere la grazia di non farmi sognare il demonio;
e se mi veniva nominato un altro santo che io non conoscevo, subito
aggiungevo un Pater, se era santo maschio, un’Ave se era donna,
perché dicevo che se non li onoravo tutti, mi facevano sognare il
demonio.

Ricordo che le sette Ave alla Mamma addolorata, fin da quell’età le


recitavo sempre, sicché tenevo una lungaggine di Pater ed Ave Maria; e
perciò mentre le altre bambine e mie sorelline giocavano, io restavo un
po’ discosta da loro, oppure insieme con loro perché avevo paura, ma
non prendevo parte ai loro giuochi innocenti, per recitare le mie lunghe
Ave e Pater Noster…
Ricordo pure che qualche volta sognavo la Vergine, che mi cacciava il
demonio, ed una volta mi disse: “Figlia mia, piangi, che è morto mio
Figlio”.

Io restai scossa e la compativo; ma ciò mi rendeva infelice.

Quando giunsi all’età più capace in cui potevo fare la meditazione,


leggere, non potevo appartarmi per la paura, e quindi non potevo fare ciò
che volevo.

Luisa Piccarreta “ La Piccola Figlia della Divina Volontà ”

QUADERNO DI “MEMORIE DELL’INFANZIA” Luglio 15-1926

Ora, avendomi fatta all’età di undici anni figlia di Maria, un giorno, mentre
volevo pregare e meditare, la paura mi sorprese e stavo per fuggire in
mezzo alla famiglia, mi intesi una forza nel mio interno che mi tratteneva,
e sentii nel fondo dell’anima mia una voce che mi diceva: “ Perché temi?

C’è l’angelo tuo vicino al tuo fianco, c’è Gesù nel tuo cuore, c’è la
Mamma celeste che ti tiene sotto il suo manto; perché dunque prendi
paura?

Chi è più forte: l’angelo tuo custode, il tuo Gesù, la tua Mamma celeste,
o il nemico infernale?

Perciò non fuggire, ma restati e prega, e non aver paura”.

Questo sentire nel mio interno mi recò tanta forza, coraggio e fermezza,
che si allontanò la paura, ed ogni qual volta mi sentivo sorprendere dalla
paura, mi sentivo ripetere la stessa voce nel mio interno, ed io mi sentivo
portare come con mano dal mio angelo, dalla sovrana Regina e dal
dolce Gesù; mi sentivo trionfante in mezzo a loro, in modo che acquistai
tale coraggio che mi allontanò tutta la paura; molto più che i sogni
paurosi cessarono del tutto.

Così potetti restare sola, camminare sola, andare sola in giardino


quando si stava alla masseria, mentre prima, se ci andavo, solo che
vedevo muoversi un ramo d’albero, fuggivo, perché pensavo che lì sopra
c’era il demonio.
Ricordo che un giorno, ricordando la paura della mia piccola età, i tanti
sogni del nemico, che mi rendevano infelice la mia fanciullezza, dicevo a
Gesù: “A che pro, amor mio, aver passata la mia infantile età con tanta
paura, con tanti sogni cattivi, che mi facevano tremare, sudare ed
amareggiare un’età così tenera?

Io non ne capivo nulla, né credo che il nemico avesse nessuno scopo,


stante un’età così piccola”;

e Gesù mi disse:

“Figlia mia, il nemico intravedeva qualche cosa su di te: che mi potresti


servire a qualche cosa della mia grande gloria, e che lui doveva ricevere
una grande sconfitta, non mai ricevuta; molto più che vedeva che, per
quanto si sforzava, non poteva far penetrare in te nessuno affetto o
pensiero meno puro, perché io gli tenevo chiuse le porte, e lui non
sapeva da dove entrare; vedendo ciò si arrabbiava e cercava di atterrirti,
non potendo altro, con sogni paurosi e di spavento.

Molto più che non sapendone la cagione dei miei grandi disegni su di te,
che dovevano servire alla distruzione del suo regno, si metteva
sull’attenti per indagare la causa, con la speranza di poterti nuocere in
tutti i modi”.

QUADERNO DI "MEMORIE DELL'INFANZIA"

Nostro Signore è stato tanto buono con me, dandomi genitori buoni, e
[in] più stavano attenti a non farci sentire neppure una parola di
bestemmia o meno onesta.

Mi amavano, ma con amore dignitoso e serio. Ricordo che mai mio


padre, essendo bambina, mi pigliò in braccio, né di avergli dato, né
ricevuti baci; neppure a mia madre ricordo d’averla baciata, e quando fui
grande e mi misi a letto, la mamma, dovendo andare alla masseria e
mancare lunghi mesi, nel licenziarsi da me faceva atto di volermi baciare,
ed io, vedendo ciò, prima che lo facesse le baciavo la mano, ed essa si
asteneva di fare quello sfogo tutto materno.

Il babbo e la mamma erano angeli di purità e di modestia.

Sono stati larghi coi loro dipendenti: la frode, l’inganno, non tenevano
luogo in casa nostra.
Era tanta la custodia che mai ci affidarono a persone estranee, ma
sempre con loro.

Io mi auguro che il benedetto Gesù abbia premiato tanta virtù, dando


loro per soggiorno la patria celeste.

Ricordo pure che io ero di temperamento vergognoso, e se venivano


parenti o altri a farci visita, io me ne fuggivo sopra, per non farmi trovare,
oppure mi nascondevo dietro d’un letto e pregavo, ed allora uscivo,
quando mi chiamavano e mi dicevano che se ne erano andati; e quando
la mamma mia andava a far visita ai parenti e voleva portarmi insieme,
piangevo, perché non volevo andare; ed io ed un’altra mia sorellina,
quasi dello stesso temperamento, ci contentavamo di restarci sole chiuse
a chiave, anziché d’uscire.

Questa vergogna non mi faceva prendere parte a nulla, né a feste, né a


divertimenti, anche innocenti, che si usano nelle famiglie; ero la
sacrificata della vergogna, e se i miei mi costringevano, stavo in croce,
perché la vergogna, tutte le cose me le rendeva estranee.

Onde ricordando tutto ciò, che in qualche modo rendeva infelice la mia
fanciullezza, il dolce Gesù mi disse: “Figlia mia, anche la vergogna con
cui ti circondai nella tua tenera età fu una delle più grandi gelosie
d’amore per te; non volevo che in te entrasse nessuno, né il mondo, né
le persone; volevo renderti estranea a tutti.

A nessuna cosa volevo che tu prendessi parte e che ti facesse piacere,


perché avendo stabilito fin d’allora che dovevo formare in te il regno del
Fiat supremo, e dovendo tu prendere parte alle sue feste ed alle gioie
che in Esso ci sono, era giusto che nessun’altra festa tu godessi, e che
dei piaceri e divertimenti che ci sono sulla terra ne dovresti restare
digiuna.

Non ne sei contenta?”.

Ma ad onta che ero vergognosa e paurosa, ero di temperamento vivace,


allegra; saltavo, correvo e facevo anche delle impertinenze.

Ora, dopo, all’età di dodici anni circa, incominciò un altro periodo della
mia vita: incominciai a sentire la voce interna di Gesù, specie nella
comunione.
La prima la feci a nove anni, e nel medesimo giorno ricevetti il
sacramento della santa cresima.

Quindi non di rado [la voce di Gesù] si faceva sentire nel mio interno
quando facevo la santa comunione.

Delle volte rimanevo le ore intere inginocchiata, quasi senza moto, dopo
la comunione, e sentivo la voce interna che diceva: - e ora mi
rimproverava se non ero stata buona – “attenta”; e se nel corso del
giorno ero stata qualche volta distrattella, oh, come mi riprendeva, e
finiva col dirmi: “Eppure mi dici che mi vuoi bene; e dove è questo tuo
bene?”.

Io mi sentivo morire nel sentirmi dir ciò, e promettevo di essere più


attenta, e Gesù soggiungeva: “Vedrò, vedrò se sarà vero…; le parole
non mi bastano, ma voglio i fatti”.

La comunione diventò la mia passione predominante.

In essa accentrai tutti i miei affetti. Ero certa di sentir parlare nostro
Signore; e quanto mi costava l’esserne priva, perché ero costretta dalla
famiglia ad andare insieme con loro alla masseria e dovevo stare lunghi
mesi senza messa e senza comunione.

Quante volte rompevo in pianto nel vedere alberi, fiori, la creazione


tutta…!

Dicevo tra me: “Le opere di Gesù sono intorno a me; solo Gesù non è
con me…

Deh, parlami tu fiore, tu sole, tu cielo, tu acqua cristallina che scorri nel
nostro laghetto, parlatemi di Gesù; siete opere delle sue mani, datemi
notizie di lui…!

E mi sembrava che tutte di lui mi parlassero.

Ogni cosa creata mi parlava di ciascuna qualità di Gesù, ed io


piangendo, che non potevo ricevere Colui che tutte le cose amavano, e
che sapevano così bene narrare della bellezza, dell’amore, della bontà di
Gesù, piangevo e giungevo fino ad ammalarmi. Anche nella meditazione
sentivo la voce di Gesù, ma qualche volta mi mancava; invece nella
comunione, mai.
E quante volte meditando restavo le due o le tre ore senza potermi
distaccare; come leggevo il punto e mi fermavo, così la voce di Gesù
sentivo nel mio interno, che atteggiandosi a maestro mi spiegava la
meditazione.

Fin d’allora mi faceva nel mio interno, l’amabile Gesù, lezioni sulla croce,
sulla mansuetudine, sull’ubbidienza, sulla sua vita nascosta…

tal proposito, della sua vita nascosta, ricordo che mi diceva: “Figlia mia,
la tua vita deve essere in mezzo a noi nella casa di Nazareth.

Se lavori, se preghi, se prendi cibo, se cammini, devi avere una mano a


me, l’altra alla Mamma nostra, e lo sguardo a san Giuseppe, per vedere
se i tuoi atti corrispondono ai nostri, in modo da poter dire: ‘Faccio prima
il mio modello sopra a ciò che fa Gesù, la Mamma celeste e San
Giuseppe, e poi lo seguo’.

A seconda il modello che hai fatto, io voglio essere ripetuto da te nella


mia vita nascosta; voglio trovare in te le opere della Mamma mia, quelle
del mio caro san Giuseppe, e le mie stesse opere”. Io restavo confusa e
gli dicevo: “Mio amato Gesù, io non so fare”.

E lui: “Figlia mia, coraggio, non ti abbattere; se non sai fare domandami
che io ti insegni, ed io subito t’insegnerò; ti dirò il modo come facevamo,
le mie intenzioni, l’amore continuo di tutti e tre, che io come mare e loro
come fiumicelli eravamo sempre gonfi, in modo che uno straripava
nell’altro, tanto che poco tempo tenevamo di parlarci, tanto eravamo
assorbiti nell’amore.

Vedi quanto stai dietro?

Molto hai da fare per raggiungerci; ti conviene molto silenzio ed


attenzione, ed io non ti voglio dietro, ma in mezzo a noi”.

Onde, quando non sapevo fare, domandavo a Gesù, e lui m’insegnava


nel mio interno.

Cercavo quasi sempre, quanto più potevo, di appartarmi dalla famiglia


per starmi sola, per mantenere il silenzio; prendevo il mio lavoro e
chiedevo alla mamma che mi permettesse di andarmene sopra, e lei me
lo concedeva.
Sicché la mia mente stava nella casa di Nazareth, ed ora guardavo l’uno,
ora l’altro, e mi confondevo nel vederli così attenti nei loro umili lavori,
così assorbiti nelle fiamme d’amore, che s’innalzavano tanto in alto che i
loro lavori restavano incendiati e trasformati in amore; ed io,
meravigliata, pensavo tra me: “Loro amano tanto, ed il mio amore qual
è? Posso dire che i miei lavori, le mie preci, il cibo che prendo, i passi
che faccio, sono fiamme che s’innalzano al trono di Dio, e formando
fiume straripa nel mare di Gesù?”.

E vedendo che non lo era, restavo afflitta; e Gesù nel mio interno mi
diceva: “Che hai? Non ti affliggere; a poco a poco giungerai. Io ti starò
sopra, e tu seguimi e non temere”.

Se io volessi dire tutto ciò che passai nel mio interno nella mia
fanciullezza, andrei troppo per le lunghe; molto più che nel primo volume
da me scritto, senza precisare l’epoca, prima o dopo, quando fui più
piccola o quando fui più grande, sta dato un accenno del lavorio della
grazia nel fondo dell’anima mia, perché così mi fu detto: che non faceva
nulla che non mettessi l’ordine dell’età, né quello che era stato prima, né
quello che era stato dopo, ma purché dicessi quello che in me era
passato; molto più che dopo tanti anni mi riusciva difficile tenere l’ordine
di ciò che era passato nel mio interno.

Ed ora, per non fare ripetizione, passo avanti.

Ricordo che, ragazza, avevo quasi una smania di volermi far suora, e
siccome andavo dalle suore a scuola, io sentivo un affetto un po’ spinto
per loro, ma però le volevo bene perché volevo essere come una di loro;
ma nel mio interno mi sentivo rimproverarmi di questo affetto, e mentre
promettevo di non amare altro che Gesù, ricadevo di nuovo, e Gesù
ritornava a darmi amari rimproveri.

Unico affetto che ricordo, che ho sentito in vita mia in modo speciale, che
poi non mi son sentita più amore con nessuno.

Che tirannia è un affetto naturale e forse anche innocente, al povero


cuore umano!
Abbiamo terminato la lettura del volume 2 del Libro di Cielo.

ORA PROSEGUIAMO PASSANDO AL VOLUME 11 (poi torneremo al


vol 3). Seguiamo il suggerimento di vari sacerdoti che consigliano la
lettura anticipata di tale volume, per l importanza di ciò che contiene:
GESÙ INIZIA QUI A SPIEGARE COS'È LA DIVINA VOLONTÀ E LA IMPORTANZA
DI VIVERE IN ESSA. Buona giornata. Sara Calzavara

Libro di Cielo - Volume 11°

Capitolo (1)

L’addio della sera a Gesù sacramentato.

O mio Gesù, prigioniero celeste, già il sole è al tramonto e le tenebre


invadono la terra, e tu resti solo nel tabernacolo d’amore!

Parmi di vederti atteggiato a mestizia per la solitudine della notte, non


avendo attorno a te la corona dei tuoi figli e delle tue tenere spose, che
almeno ti facciano compagnia alla tua volontaria prigionia.

O mio divin prigioniero, anch’io mi sento stringere il cuore nel dovermi


allontanare da te, e son costretta a dirti addio! Ma che dico, o Gesù, mai
più addio, non ho il coraggio di lasciarti solo, addio con le labbra, ma non
col cuore; anzi il mio cuore lo lascio insieme con te nel tabernacolo.
Conterò i tuoi palpiti e vi corrisponderò con un mio palpito d’amore,
numererò i tuoi affannosi sospiri e per rinfrancarti ti farò riposare nelle
mie braccia. Ti farò da vigile sentinella, starò tanto attenta a guardare se
qualche cosa t’affligge o ti addolora, non solo per non lasciarti mai solo,
ma per prendere parte a tutte le tue pene.

O cuore del mio cuore, o amore del mio amore, lascia quest’aria di
mestizia e consolati, non mi dà il cuore di vederti afflitto; mentre con le
labbra ti dico addio, ti lascio i miei respiri, i miei affetti, i miei pensieri, i
miei desideri e tutti i miei movimenti, che inanellando tra loro continui atti
d’amore, uniti ai tuoi ti formeranno corona che[1] ti ameranno per tutti;
non sei contento, o Gesù? Pare che mi dici di sì, non è vero?

Addio, o amante prigioniero; ma non ho finito ancora, prima che io parta


voglio lasciarti anche il mio corpo innanzi a te. Intendo delle mie carni,
delle mie ossa, fare tanti minutissimi pezzi per formare tante lampade
per quanti tabernacoli esistono nel mondo, e del mio sangue tante
fiammelle per accendere queste lampade, ed in ogni tabernacolo intendo
di mettere la mia lampada, che unendosi alla lampada del tabernacolo
che ti rischiara la notte, ti dirà: “Ti amo, ti adoro, ti benedico, ti riparo e ti
ringrazio per me e per tutti”. Addio, o Gesù, ma senti un’altra parola
ancora: patteggiamo, ed il patto sia che ci ameremo di più. Mi darai più
amore, mi chiuderai nel tuo amore, mi farai vivere d’amore e mi
seppellirai nel tuo amore; stringiamo più forte il vincolo dell’amore, sarò
sol contenta se mi darai il tuo amore per poterti amare davvero.

Addio, o Gesù, benedite me, benedite tutti. Stringimi al tuo cuore,


imprigionami nell’amor tuo, e ti lascio con lo scoccarti un bacio sul cuore.
Addio, addio.

-------------------------------------------------------------------------------------------

Preghiere a Gesù nell’Eucaristia

Nel pregare

Gesù, Ti amo. Vieni, Divina Volontà, a pregare in me e poi offri questa preghiera a Te
come mia, per soddisfare alle preghiere di tutti e per dare al Padre la gloria che
dovrebbero dargli tutte le creature.

Abbandono nella Volontà di Dio per poter riparare per tutti

Mi abbandono, o Gesù, nella tua Volontà, e tutto ciò che stai facendo Tu intendo farlo
io; e siccome tutto ciò che Tu facesti in terra è un continuo atto di riparazione, così col
mio volere unito al Tuo intendo riparare tutte le offese che ti stanno facendo le creature
in questo momento, in modo che la mia voce, facendo eco nella Tua e in tutte le offese
delle creature, voglia scorrere in tutte in modo divino e, toccando i cuori delle creature
con la potenza del tuo Volere, voglio portare tutte a Te nelle tue braccia.

Fusione dell’anima nella Volontà di Dio

Gesù, facciamo tutto insieme, fondiamoci a vicenda nella volontà, nei desideri e
nell’amore, per potermi fondere nei desideri, nella volontà, nell’amore di tutte le
creature, affinché tutte restino rinnovate nel tuo Volere; e poi fondo tutte le mie piccole
particelle nelle tue, per potermi fondere in tutte le particelle delle creature, per darti per
tutte quell’amore, quella gloria e quella soddisfazione che tutti ti negano; e per suggello
ti chiedo, o Gesù, la benedizione per me e per tutti. 

Adorazione a Gesù Crocifisso

Amor mio, nel tuo Volere trovo tutte le generazioni, ed io, a nome di tutta l’umana
famiglia, ti adoro, ti bacio, ti riparo per tutti. Le tue piaghe, il tuo Sangue, li do a tutti,
affinché tutti trovino la loro salvezza; e se le anime perdute non possono più fruire del
tuo SS. Sangue né amarti, lo prendo io per fare ciò che avrebbero dovuto far loro. Il tuo
Amore non voglio che resti defraudato in nulla da parte delle creature; per tutti voglio
supplire, ripararti, amarti, dal primo fino all’ultimo uomo. 

Unione con la Volontà di Dio in Gesù Sacramentato

Mio Gesù, Tu per amor mio Ti restringi nell’Ostia,


quasi scomparendo a tutto, ed io in quest’atto, o Gesù, voglio scomparire nella tua
Volontà, affinché racchiuda tutto Te stesso in me, facendo del mio essere un’altra ostia,
da gareggiare col tuo Amore Sacramentato. E Tu, o Gesù, distruggi tutto il mio povero
essere secondo il peccato, affinché consacri in me col tuo Volere tutto Te stesso, ed io
potrò dirti: “ecco, o Gesù, la mia Ostia”, come Tu lo dici per me.

In quest’atto, o Gesù, mi nascondo nella tua Volontà, affinché trovi la tua Vita
Sacramentale, ed io preghi, operi e prenda parte a tutto ciò che fai Tu, e i veli
sacramentali siano l’ombra che ci tiene nascosti insieme, da renderci inseparabili.

Nell’assistere alla Messa

Gesù, Ti amo! Vieni, Divina Volontà, ad adorare in me e, siccome la tua Volontà


moltiplica gli atti all’infinito, così intendo darti la soddisfazione come se tutti avessero
ascoltato la Santa Messa e dare a tutti il frutto del Sacrificio ed impetrare per tutti la
salvezza.

ALL’ OFFERTORIO

Vergine Immacolata, in unione al Sacrificio Eucaristico, offri Tu stessa a Dio il sacrificio


della mia volontà e di tutte le volontà umane e donaci in cambio la Volontà Divina.

PRIMA DELLA CONSACRAZIONE

O Gesù, brucia l’olocausto della mia misera volontà e di tutte le volontà umane nel
fuoco d’infinito calore della tua Divina Volontà.

ALLA CONSACRAZIONE

O dolce mio Redentore Gesù, che in quest’ora transustanziasti Te stesso nel pane e nel
vino, fa che in ogni momento della mia vita si ripeta in me la consacrazione di Tè stesso,
affinché io diventi la tua piccola Ostia vivente.

ALL’ ELEVAZIONE DELL’ OSTIA

O mio Gesù, adoro in quest’Ostia il tuo Sacratissimo Corpo, che fu crocifìsso a causa
della nostra volontà umana sul Calvario.

ALL’ ELEVAZIONE DEL CALICE

O mio Gesù, adoro in questo Calice il tuo Preziosissimo Sangue: fa che scenda a
purificare le anime nostre, a illuminare le nostre menti, a infiammare i nostri cuori e ad
abbattere il nostro volere umano, affinché possiamo risorgere e vivere solo nella tua
Volontà Divina.

Eterno Padre, nella tua Divina Volontà ti offro, per il Cuore Immacolato di Maria, il
Sangue preziosissimo di Gesù Cristo, in riparazione di tutti gli atti di volontà umana fatti
dalle creature fin dalla creazione del mondo e quelli che si ripetono fino alla
consumazione dei secoli.

ALLA COMUNIONE

Gesù, Ti amo! Vieni, Divina Volontà, in questa Comunione mia con Te; vieni, perché io
intendo non solo donarti all’anima mia, ma a tutte le anime che non ti ricevono, per
riparare i nostri peccati e dare gloria al Padre.
Ringraziamento dopo la Comunione insieme con Gesù

Eccoti, o Gesù, in me: dammi il tuo bacio e stendi le tue divine braccia per stringermi a
Te; e giacché Tu hai trovato tutto in me, dimmi che mi vuoi bene. L’amor mio, o Gesù, e
il tuo formino ondate continue che Ti confortino, e Tu va’ sempre coronando l’anima mia
di nuovo amore. O mio Gesù, la tua Volontà è mia, ed io, per poter corrispondere a tutto
ciò che hai fatto per me, specie che ti sei degnato di scendere nel mio cuore, ti dico tante
grazie nella tua Volontà, onde così poter riempire tutta l’immensità del Cielo e della terra
coi miei “grazie, o Gesù”. Questi “grazie” saranno continue catene che formino tra me e
Te l’unione dei nostri cuori, dei nostri affetti. O mio Gesù, anche nel tuo Volere ti dico: “Ti
adoro”, affine di trarre Cielo e terra intorno a Te, tutti in atto di adorazione.  

Ed ora, o Gesù, fa che scorrendo la tua Vita del tutto nella mia, Tu possa trovare in me
tutti i compiacimenti e i contenti che il tuo Amore richiede… Sei venuto, o Gesù, in me e
non ne uscirai più. ti darò vita nella mia mente,  nel mio sguardo,  nella mia parola,  in
tutto me stesso;  io sarò la veste che Ti coprirà. Quest’oggi, o Gesù, opereremo insieme
e a bene di tutti ci diffonderemo, occupandoci di formare continue catene d’amore
attorno ai cuori, affinché tutti ti amino e nessuno più ti offenda. Sia questo, o Gesù, il
nostro patto, di lavorare intorno ai cuori, affinché tutti si salvino. Nel tuo Volere, Gesù,
niente sfugge, ed io, avendoti ricevuto nella tua stessa Volontà, starò in guardia, affinché
nessun’anima Ti sfugga. 

Ringraziamento dopo la Comunione

– Gesù, ti do il tuo Amore, per ristorare le tue amarezze.

– Ti do il tuo Cuore, per ristorarti delle nostre freddezze, incorrispondenze,


ingratitudini e poco amore delle creature.

– Ti do le tue armonie, per rinfrancarti l’udito dagli assordamenti che ricevi con le
bestemmie.
– Ti do la tua bellezza, per rinfrancarti delle bruttezze delle anime nostre quando ci
infanghiamo nella colpa.

– Ti do la tua purità, per rinfrancarti delle mancanze di rettitudine d’intenzione e del


fango e del marciume che vedi in tante anime.

– Ti do la tua immensità, per rinfrancarti delle volontarie strettezze in cui si mettono le


anime.
– Ti do il tuo ardore, per bruciare tutti i peccati e tutti i cuori, affinché tutti ti amino e
nessuno più ti offenda.

– Ti do tutto ciò che sei Tu, per darti soddisfazione infinita, amore eterno, immenso ed
infinito.
1. Catechesi nella D.V.
2. [1] Antologia di Meditazioni sulla Divina Volontà
3. Solitudine di Gesù nella SS. Eucaristia

[1] ANTOLOGIA di MEDITAZIONI sulla DIVINA VOLONTÀ

Solitudine di Gesù nella SS. Eucaristia


Meditazione di Roberto Lorenzetto

A volte la verità brucia e fa male, ma è la Verità che ci fa liberi e ci porta la VITA.


Quanto ci sentiamo buoni cristiani, seguaci di Gesù Cristo, apostoli del Vangelo, a posto nella
coscienza, perché ogni giorno facciamo le nostre belle preghiere, andiamo alla S. Messa e
facciamo la S. Comunione e magari riusciamo a fare anche qualche opera buona?! Ma Gesù ci
guarda negli occhi e senza parlare ci dice: “Sai quante volte, anche quando preghi o ti
comunichi nella SS. Eucaristia, mi lasci solo? Sai quante volte durante la giornata cerco la
tua compagnia, ma non la trovo? Tu sei tutto preso dalle tue cose e non sei con Me!!!”
Ascoltiamo lo sfogo di Gesù, dal volume 31 - 18/1/1933, sfogo che vuole essere anche un
insegnamento di vita:
Avendo fatta la S. Comunione stavo facendo i miei soliti ringraziamenti (Luisa
rimaneva così in intima unione con il caro Gesù ore e ore, e chissà quanto ci sarebbe
rimasta se non fossero andati ad interromperla) ed il mio sommo bene Gesù si
faceva vedere afflitto e taciturno, come se sentisse il bisogno della compagnia; ed io
stringendomi a Lui cercavo di consolarlo con l’esibirmi a starmi con Lui sempre unita
per non lasciarlo mai solo, e Gesù pareva tutto contento, e per sfogare il suo dolore
mi ha detto: “Figlia mia, siimi fedele a non lasciarmi mai solo, perché la pena
della solitudine è la più opprimente, perché la compagnia è l’alimento dello
sfogo di chi soffre… Figlia mia, quante anime mi ricevono sacramentato nei
loro cuori e mi mettono in solitudine! Mi sento in esse come dentro d’un
deserto, come se non appartenessi a loro, mi trattano da estraneo”.
Proviamo a pensare a quante volte ogni giorno il caro Gesù viene ricevuto Sacramentato ma
non è desiderato davvero dalla creatura che Lo riceve! Non è amato davvero dall’anima alla
quale Egli si dona e viene ricevuto così, quasi per abitudine, senza pensare che in quell’Ostia
Santa c’è il Dio che dico di amare con tutto il cuore, che dico di desiderare che venga ad
abitare in me.
Lo ricevo lasciandolo quasi subito solo dentro di me, preferendo di sperdere i miei pensieri in
cose che sanno solo di terra? In cose di nessun conto e di nessun valore? Trattandolo come un
perfetto estraneo, idolatrando più me stesso che Lui mio Dio e Signore? Non dicendogli,
magari, nemmeno un piccolo “Ti amo”, “Ti adoro”, “Ti ringrazio”, “Ti benedico”! Dico e
penso una cosa e ne faccio completamente un’altra!
“Ma sai perché? Perché non prendono parte alla mia vita, alle mie virtù, alla
mia santità, alle mie gioie e ai miei dolori! Compagnia significa prendere parte
a tutto ciò che fa e soffre la persona che sta vicino a loro; quindi ricevermi e
non prendere parte alla mia vita è per me la solitudine più amara, e restando
solo non posso dir loro quanto brucio d’amore per loro, e perciò resta isolato il
mio amore, la mia santità, la mia virtù, la mia vita: insomma tutto è solitudine in
Me e fuori di Me”.
Come posso dire di amare, di desiderare e volere che il mio Signore venga a vivere in me, se
non condivido, entrando Lui nella mia anima, ciò che mi vuol dare e le sue necessità, se non
condivido la sua Santità, la sua gioia, i suoi dolori, i suoi disegni, i suoi desideri, le sue ansie
d’amore? Fare compagnia ad un amico significa fare insieme ciò che fa Lui, colui al quale
dico di vivergli vicino, tanto vicino da sentirne il calore della sua pelle nella mia, tanto vicino
da sentire su di me il suo respiro.
Quindi se ricevo il mio Gesù ma non faccio e non partecipo a ciò che fa e pensa Lui, se non
godo ciò che gode Lui, se non amo ciò che ama Lui, se non soffro delle sue stesse sofferenze,
io sono un bluff, sono un falso, e con responsabilità Lo lascio solo, anche se l’ho appena
ricevuto in me; lascio solo il mio Gesù così come se la mia anima e il mio corpo fossero un
deserto arido, dove non trova niente che Lo ristori, uno che Lo compatisca, uno che Lo
accolga per fare vera vita con Lui, in Lui.
Così Gli impedisco di parlare e confidarsi col mio cuore e anche se mi parlerà io sarò sordo
alla sua voce perché non la sentirò!
“Oh, quante volte scendo nei cuori e piango, perché mi vedo solo! E quando
scendo, vedendomi solo mi sento non curato, né apprezzato, né amato, tanto
che son costretto dalla loro non curanza a ridurmi al silenzio ed alla mestizia”.
Questo che abbiamo sentito dovrebbe spaventarci e farci ravvedere e, se necessario,
correggere il nostro modo di ricevere Gesù nel SS. Sacramento. Fare piangere Dio è una
grande responsabilità, come è una grande responsabilità chiuderGli la bocca riducendolo al
silenzio, senza farlo sfogare nel suo amore soffocato, e senza ascoltare quanto mi vuole
confidare. Lui vuole confidarsi con me, e io non glielo concedo!!!
“E siccome non prendono parte alla mia vita sacramentale mi sento appartato
nei loro cuori, e vedendomi che non ho che fare, con pazienza divina ed invitta
aspetto la consumazione delle specie sacramentali, dentro delle quali il mio
Fiat eterno mi aveva imprigionato, lasciando appena le tracce della mia
discesa, perché nulla ho potuto lasciare della mia vita sacramentale, forse le
mie sole lacrime, perché non avendo (le anime) preso parte alla mia vita,
mancava il vuoto dove potere lasciare le cose che a me appartengono e che io
volevo mettere in comune con loro”.
Cosa può lasciare il mio caro Gesù nel mio cuore in queste situazioni? Nemmeno le sue
lacrime, mi dice! Forse non merito neppure quelle! Gli ho detto con il mio
comportamento: “Se Tu vuoi soffrire, soffri pure! Ma a me lasciami libero da ogni fastidio!
Se tu vuoi vivere nella Volontà del Padre, fallo pure, ma a me lasciami vivere la mia
volontà”. Forse non merito nemmeno le sue lacrime; nemmeno quelle forse Gesù lascerà nel
mio cuore. Lasciasse le sue lacrime, avrei almeno qualche cosa in me da potere amare e
adorare!
“Perciò si veggono tante anime che mi ricevono sacramentato e non danno di
Me, sono sterili di virtù, sterili d’amore, di sacrificio; poverelle, si cibano di me,
ma siccome non mi fanno compagnia restano digiune”.
Quanto è vero quello che ha appena detto Gesù! In quanti lo riceviamo, ma è come se non lo
ricevessimo! Rimaniamo sterili, come dice Lui, senza frutto! Sterili di virtù, sterili di amore
alla croce e ai fratelli; anche fra chi non lo penseresti mai!
Con la bocca diciamo una cosa ma con la vita ne pratichiamo un’altra! E pensare che una sola
Comunione, se fatta come Gesù vorrebbe, sarebbe bastante a santificarci.
“Ahi, a quali strette di dolore e di crudele martirio è messa la mia vita sacramentale! Molte
volte mi sento affogato d’amore, vorrei sbarazzarmi e sospiro di scendere nei cuori, ma
ahimè, sono costretto ad uscirne più affogato di prima! Come potevo sfogare se neppure
hanno fatto attenzione alle fiamme che mi bruciavano?”
Vogliamo essere anche noi fra quelli che danno martirio a Gesù nel SS. Sacramento?
Quante volte Lui vorrebbe donarsi a noi con il suo linguaggio, con le sue strette
d’amore, con i suoi modi che non sono certamente i nostri modi, ma io creatura sua
non glieLo permetto, anzi, come dice Gesù, Lo affogo, costringendolo a fuggire il
prima possibile dal mio cuore! Se non faccio attenzione a quanto desidera
comunicarmi e donarmi, Gesù non può sfogare il suo Amore con me! E il suo amore
è Amore di Dio! E io rimarrò presto senza di Lui.
“Altre volte la piena del dolore mi inonda, sospiro un cuore per avere un sollievo alle mie
pene, macché, vorrebbero che io prendessi parte alle loro, non loro alle mie, e (Io) lo faccio,
nascondo i miei dolori, le mie lacrime, per consolarli, ed io resto senza il sollievo
sospirato”.
Ci sono momenti, e purtroppo sono i più frequenti, dove il caro Gesù cerca un cuore che si
conceda nella SS. Eucaristia, per potergli comunicare una goccia delle amarezze, delle
restrizioni che Gli procurano anche coloro che si dicono suoi figli, e dicono di volerGli bene.
Vorrebbe comunicare una goccia del suo dolore per avere un’anima almeno che Lo
compatisca; ma tutto quanto sappiamo dirgli è di liberarci dalle nostre croci, dai nostri fastidi,
dai problemi della nostra vita, e Lui Lo lasciamo solo nel e con il suo dolore. Pensiamo
quanto è grande il suo amore: nonostante il nostro egoismo, spesso, quasi sempre, Egli
soffoca i suoi dolori e li nasconde, per accontentare i suoi figli, anche se questi non lo
meriterebbero. Solo un Dio può arrivare a tanto.
Quanto non sarebbe più amore vero da parte nostra se Gli dicessimo con il cuore: “Gesù, non
ti chiedo nulla se non l’unirmi a Te, per amarti con il tuo Amore, per odorarti con le tue
adorazioni, per ripararti con la tua stessa Passione e morte”.
“Ma chi può dirti i tanti dolori della mia vita sacramentale, e come sono più quelli che mi
ricevono e mi mettono in solitudine nei loro cuori, ma solitudine amara, che quelli che mi
fanno compagnia!?”
Noi pensiamo che siano pochi coloro che Lo ricevono Sacramentato più per darGli dolore che
per darGli amore!!! Purtroppo non è così! Lui dice che sono più quelli che gli danno dolore,
nel riceverlo nel Sacramento, che quelli che Lo consolano partecipando alla sua vita, perché
sono di più coloro che Lo ricevono con la loro volontà umana che nella Divina Volontà.
Pensiamo, per quanto tempo, nel riceverLo, non dovremmo fermarci, quasi trattenere il
respiro per rispetto verso il nostro Dio, ora ospite nostro! Chiudere ogni porta del nostro cuore
e della nostra mente, e unirci con Lui in stretta, strettissima intimità, lasciando fuori dal nostro
cuore tutto il resto?! Parlargli, intrattenerLo, dandoGli ogni attenzione possibile, dandogli
ogni palpito del nostro cuore.
D’ora in avanti quando Lo riceveremo a fare vita con noi, non Lo lasceremo più solo, ma
resteremo in intima unione con Lui. Prenderemo su di noi la sua SS. Umanità, e nella Divina
Volontà Lo loderemo, Lo pregheremo, Lo ripareremo, Gli parleremo, Lo baceremo e lo
ameremo. C’è solo un modo per consolare il caro Gesù nel SS. Sacramento: riceverLo nella
Divina Volontà, solo questo!
“E quando trovo un cuore che mi fa compagnia , metto in comunicazione la
mia vita con essa, lasciandole il deposito delle mie virtù, il frutto dei miei
sacrifici, la partecipazione della mia vita; ed Io la scelgo per mia dimora, per
nascondiglio delle mie pene e come luogo di mio rifugio, e mi sento come
contraccambiato del sacrificio della mia vita eucaristica, perché trovo chi mi
spezza la mia solitudine, chi mi asciuga le lacrime, chi mi dà libertà di farmi
sfogare il mio amore ed i miei dolori”.
Ecco la risposta di Gesù! Quando trova un cuore che Gli fa compagnia: cioè che partecipi alle
sue gioie e ai suoi dolori, alla sua Croce e alla sua Risurrezione, l’anima che vive nella Divina
Volontà, Egli scoppia dalla gioia; a quest’anima Egli si dona completamente e senza riserve;
fa di essa la sua casa di residenza stabile; il suo rifugio nei momenti che il mondo Lo
perseguita, e non pensiamo che questo mondo perverso sia tanto lontano da noi, anzi forse a
volte è addirittura dentro noi.
Beata l’anima che sa fare compagnia a Gesù nel SS. Sacramento, Dio trova il cuore dove
potersi riposare.
“Sono esse che mi servono come specie viventi, non come le specie
sacramentali che nulla mi danno, soltanto mi nascondono, il resto lo faccio
tutto da me solo, non mi dicono una parola che spezza la mia solitudine, sono
specie mute. Invece nelle anime che mi servono come specie viventi,
svolgiamo la vita insieme, palpitiamo di un solo palpito, e se (l’anima) la veggo
disposta, le comunico le mie pene e continuo in essa la mia passione. Posso
dire che dalle specie sacramentali passo nelle specie viventi per continuare la
mia vita sulla terra, non da solo ma insieme con essa”.
Quando il caro Gesù trova l’anima disposta a fargli compagnia, nella forma e nel modo che
abbiamo sentito sopra, non aspetta un attimo: e dall'Ostia fatta di farina e acqua, passa
immediatamente all'Ostia della creatura umana, mettendo con questa in comune la sua stessa
vita: ama insieme; opera insieme nelle anime; palpitano insieme; parlano insieme; vivono con
una sola vita, quella di Gesù Dio. La creatura diventa una corteccia, che contiene al suo
interno il suo Dio, che ci vive e regna come vive e regna in cielo. E non ci dobbiamo
spaventare perché Gesù a questa fortunata creatura comunica in più le sue pene e la sua
passione; le comunica però solo quando la vedrà disposta; non la costringerà, ma aspetterà
con pazienza la sua decisione.
“Tu devi sapere che non sono più in mio potere le pene e le vado chiedendo
per amore a queste specie viventi delle anime, che mi suppliscano a ciò che a
me manca. Perciò, figlia mia, quando trovo un cuore che mi ama e mi fa
compagnia dandomi libertà di fare quello che voglio, io giungo agli eccessi,
non ci bado a nulla, do tanto che la povera creatura si sente affogare dal mio
amore e dalle mie grazie”.
Quando Gesù trova un’anima disposta a fare vita con Lui, che è vivere nella Divina
Volontà, dandoGli il dominio assoluto nella sua vita, nessuno può anche solo
immaginare quante e quali grazie riversa in quella fortunata creatura. Si potrebbe
dire che forma in essa la sua stessa vita di Gesù Dio e di Maria SS. sua Madre.
Questa creatura diventa la SEDE della Divinità sulla terra. Non ci sarà più differenza per
Gesù vivere su nel Paradiso in Cielo o in questa fortunata creatura qui sulla terra.
Quando Gesù trova un’anima che Gli dice sempre ed in tutto “FIAT”, ogni esagerazione che
si può pensare o dire su quest’anima di bene, è sempre l’inizio di ciò che avviene nella realtà.
“Ed allora non resta più sterile la mia vita sacramentale quando scendo nei
cuori, no, ma si riproduce, bilocando e continuando la mia vita in essa; e
queste anime sono le mie conquistatrici che somministrano a questo povero
indigente di pene la loro vita…” FIAT!!!
https://www.ladivinavolonta.it/catechesi-nella-d-v/1-antologia-di-meditazioni-sulla-
divina-volont%C3%A0/

http://www.casadellasperanza.it/wp-content/uploads/2015/02/prato1.pdf

https://www.abbapadre.it/luisa-piccarreta-scritti-pdf/

https://ladivinavolonta.org/

https://divinavolonta.it/index.php/2019/12/08/nuovo-sito-divinavolonta-it/

https://www.daslebenimgoettlichenwillen.com/blog/

https://www.daslebenimgoettlichenwillen.com/la-legge-della-mia-volonta/

https://www.luisapiccarretaofficial.org/

https://ladivinavolonta.org/come-si-alimenta-la-vita-della-divina-volonta/

http://www.fiat-totustuus.org/files/Antologia-di-meditazione.pdf

https://docplayer.it/88148745-Il-manuale-per-i-sacerdoti-che-istruisce-i-laici-sul-
dono-di-vivere-nella-divina-volonta.html

https://www.abbapadre.it/wp-content/uploads/2018/01/Manuale-per-i-Sacerdoti-di-
p.-Joseph-Iannuzzi-A5-verticale-italiano.pdf

[08:29, 3/13/2021] +39 339 475 6474: Volume 2, capitolo 4

Avendomi detto il confessore che io gli spiegassi come veggo la divinità di Nostro
Signore qualche volta, io gli risposi che era impossibile sapergli dir nulla;

ma la notte mi apparve il benedetto Gesù, e quasi mi rimproverò di questo mio


diniego;

ed allora mi fece balenare come due raggi luminosissimi.

Col primo compresi nel mio intelletto che la fede è Dio e Dio è la fede;
mi son provata a dire qualche cosa sulla fede, proverò [ora] a dire come veggo Iddio,
e questo fu il secondo raggio.

Ora, mentre mi trovo fuori di me stessa e trovandomi nell’alto dei Cieli, mi è parso di
vedere Dio dentro a una luce, ed Egli stesso pareva anche luce;

ed in questa luce si trovava bellezza, fortezza, sapienza, immensità, altezza,


profondità, senza termini e confini;

sicché pure nell’aria che respiriamo vi è Dio, è Dio stesso che si respira;

sicché ognuno lo può fare come vita propria, come lo è infatti.

Sicché nessuna cosa Gli sfugge e nessuno Lo può sfuggire.

Questa luce pare che sia tutta voce, senza che parla;

tutta operante, mentre sempre riposa;

si trova da per tutto, senza niente ingombrare;

e mentre si trova da per tutto, tiene anche il suo centro.

Oh Dio, quanto sei incomprensibile!

Ti veggo, ti sento, sei la mia vita, ti restringi in me, mentre resti sempre immenso e
niente perdi di Te; eppure mi sento balbuziente e mi pare di non saperne dire nulla.

Per potermi spiegare meglio, secondo il nostro umano linguaggio, dirò che veggo
un’ombra di Dio in tutto il creato;

perché in tutto il creato, dove ha gettato l’ombra della sua bellezza, dove i suoi
profumi, dove la sua luce, come nel sole, [nel quale] io veggo un’ombra speciale di Dio.

Lo veggo come adombrato in questo pianeta, come re di tutti gli altri pianeti.

Che cosa è il sole?

Non è altro che un globo di fuoco;


uno è il globo, ma molti sono i raggi, di modo che noi possiamo comprendere
facilmente, il globo, Iddio, e dai raggi, gli immensi attributi di Dio.

Secondo: il sole è fuoco, ma insieme è luce ed è calore, quindi la Santissima Trinità è


adombrata nel sole;

il fuoco è il Padre, la luce è il Figlio, il calore è lo Spirito Santo, ma uno è il sole;

e come non si può dividere il fuoco dalla luce e dal calore, così una è la potenza del
Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, che fra loro non si possono realmente separare.

Come il fuoco nello stesso istante produce la luce ed il calore, sicché non si può
concepire il fuoco senza concepirsi anche la luce ed il calore, così non si può concepire il
Padre prima del Figlio e dello Spirito Santo, e così, vicendevolmente hanno tutti e Tre lo
stesso principio eterno.

Aggiungo che la luce del sole si spande ovunque;

così Iddio, con la sua immensità, dovunque penetra;

però ricordiamoci che questo non è che un’ombra, perché il sole non giunge dove non
può penetrare con la sua luce, ma Dio penetra dovunque.

È spirito purissimo Iddio, e noi lo possiamo raffigurare nel sole che fa penetrare i suoi
raggi dovunque, e senza che nessuno li possa prendere fra le mani;

di più: Dio guarda tutto, le iniquità, le nefandezze degli uomini, e Lui resta sempre
quello che è, puro, santo, immacolato.

Ombra di Dio è il sole, che manda la sua luce sulle immondezze e resta immacolato;

nel fuoco, spande la sua luce e non si arde; nel mare, nei fiumi, e non si affoga;

dà luce a tutti e feconda tutto;

dà vita a tutto col suo calore e non si ammiserisce di luce, né niente perde del suo
calore;

e molto più, fa tanto bene a tutti e lui di nessuno fa bisogno, e resta sempre quello che
è: maestoso, risplendente, senza mai mutarsi.

Oh, come si ravvisano bene nel sole le qualità divine!


Con la sua immensità si trova nel fuoco e non si arde; nel mare e non si affoga; sotto
dei nostri piedi e non [lo] si calpesta; dà a tutti e non si ammiserisce, e di nessuno fa
bisogno; guarda tutto, anzi è tutt’occhi e non c’è cosa che non sente, è a giorno d’ogni
fibra del nostro cuore, d’ogni pensiero della nostra mente.

Ed essendo spirito purissimo, non ha né orecchie né occhi, e per qualunque successo


non mai si muta.

Il sole, investendo il mondo con la sua luce, non si affatica; così Iddio, dando vita a
tutti, aiutando e reggendo il mondo non si affatica.

Per non godere più, l’uomo, la luce del sole ed i suoi benefici influssi, può nascondersi,
può mettere ripari, ma al sole nulla fa, [il sole] rimane quello che è; il male cadrà tutto
sopra dell’uomo.

Così, col peccato può allontanarsi da Dio e non godere più i suoi benefici influssi, ma a
Dio nulla gli fa, il male è tutto suo.

Anche la rotondità del sole mi simboleggia l’eternità di Dio, che non ha né principio né
fine. La stessa luce penetrante del sole, che nessuno può restringere nel suo occhio, che
se alcuno volesse fissarlo nel suo pieno meriggio resterebbe abbagliato, e se il sole si
volesse avvicinare all’uomo, l’uomo ne resterebbe incenerito, così del sol Divino: nessuna
mente creata può restringerlo nella sua piccola mente, per comprenderlo in tutto quello
che è; e se volesse sforzarsi, ne resterebbe abbagliato e confuso; e se questo sole Divino
volesse sfoggiare tutto il suo amore, facendolo sentire [all’uomo] mentre è in carne
mortale, l’uomo ne resterebbe incenerito.

Onde [Dio] ha gettato un’ombra di Sé e delle sue perfezioni su tutto il creato, sicché pare
[che] lo vediamo e tocchiamo e ne restiamo toccati continuamente.

Oltre di ciò, dopo che il Signore disse quelle parole: “La fede è Dio”, io gli dissi: “Gesù, mi
vuoi bene?”. E Lui ha soggiunto: “E tu mi vuoi bene?”.

Io subito ho detto: “Sì, Signore e Voi lo sapete che senza di Voi mi sento mancare la
vita”.

“Ebbene ha ripreso Gesù tu mi vuoi bene, Io pure; quindi amiamoci e stiamoci sempre
insieme”. Così è finito per questa mattina.

Ora, chi può dire quanto la mia mente ha compreso di questo sole divino?

Mi pare di vederlo e di toccarlo ovunque, anzi mi sento investita dentro e fuori di me


stessa; ma la mia capacità è piccina; mentre pare che comprenda qualche cosa di Dio, al
vederlo pare che non ho compreso niente, anzi di avere spropositato; spero che Gesù
perdoni i miei spropositi.

Volume 2 10 marzo 1899


Stando nel mio solito stato, si è fatto vedere il mio sempre amabile Gesù tutto
amareggiato ed afflitto, e mi ha detto:

“Figlia mia, la mia giustizia si è troppo appesantita, e son tante le offese che mi fanno
gli uomini, che non posso più sostenerle.

Quindi la falce della morte sta per mietere molti, e all’improvviso, e di malattie; e poi
sono tanti i castighi che verserò sul mondo, che saranno una specie di giudizio”.

Chi può dire i tanti castighi che mi ha fatto vedere, ed il modo con cui io sono stata
atterrita e spaventata?

L’ animo mio, è tanta la pena che sente, che credo meglio passarlo in silenzio; riprendo a
dire, ché l’ubbidienza non vuole.

Quindi mi pareva di vedere le strade piene di carni umane ed il sangue che inondava il
terreno; città assediate da nemici, che non risparmiavano neppure i bambini; [i nemici]
mi parevano come tante furie uscite dall’inferno, non rispettando né chiese né sacerdoti.

Il Signore pareva che mandava un castigo dal cielo; qual sia non so dire; solo mi pareva
che tutti ricevevano un colpo mortale, e chi resterà vittima della morte e chi si rimetterà.

Mi pareva pur di vedere le piante disseccate e tanti altri mali che devono venire sui
raccolti. Oh Dio, che pena, vedere queste cose ed essere costretta a manifestarle!

Ah! Signore, placatevi; io spero che il tuo sangue e le tue piaghe saranno il nostro
rimedio; oppure versateli sopra di questa peccatrice, che ne son meritevole, altrimenti
prendetemi, che allora sarete libero di fare ciò che volete; ma finché vivrò, farò quanto
posso per oppormi”.

Volume 2 13 marzo 1899

Questa mattina il diletto Gesù non si faceva vedere, secondo il solito, tutto affabilità e
dolcezza, ma severo.

La mia mente me la sentivo in un mare di confusione e l’anima mia tanto afflitta ed


annichilita, specialmente per i castighi visti nei giorni passati.

Vedendolo in quell’aspetto, non ardivo dirgli niente;

ci guardavamo, ma in silenzio.

Oh Dio, che pena!

Quando in un momento ho visto anche il confessore;

e Gesù, mandando un raggio di luce intellettuale, ha detto queste parole: “Carità;

la carità non è altro che uno sbocco dell’Essere Divino, e questo sbocco l’ho diffuso in
tutto il creato, di modo che tutto il creato parla dell’amore che porto all’uomo, e tutto il
creato insegna il modo come deve amarmi, cominciando dall’essere più grande fino al più
piccolo fiorellino del campo”. “Vedi — dice all’uomo [il piccolo fiorellino del campo] — col
mio soave odore e collo starmi sempre rivolto al cielo, cerco di mandare un omaggio al
Creatore; anche tu fa che tutte le tue azioni siano odorose, sante, pure; non fare che col
cattivo odore delle tue azioni [tu] offenda il Creatore.

Deh! O uomo — ci ripete il fiorellino — non essere così insensato da tener l’occhio fisso
alla terra, ma alzalo al cielo;

vedi, lassù è il tuo destino, la tua patria, lassù è il mio e tuo Creatore che ti aspetta”.

L’acqua che continuamente scorre sotto dei nostri occhi, ci dice ancora:

“Vedi, dalle tenebre sono uscita, e tanto devo scorrere e correre, fin quando che
giungerò a seppellirmi nel luogo donde uscii.

Anche tu, o uomo, corri, ma corri nel seno di Dio, da dove uscisti. Deh!

Ti prego, non correre le vie storte, le vie che menano al precipizio, altrimenti guai a
te”.

Anche le bestie più selvatiche ci ripetono: “Vedi, o uomo, come devi essere selvatico per
tutto ciò che non è Dio;

vedi, quando noi vediamo che qualcuno si avvicina a noi, coi nostri ruggiti mettiamo
tanto spavento che nessuno ardisce d’avvicinarsi più e disturbare la nostra solitudine.

Anche tu, quando il lezzo delle cose terrene, ossia le tue passioni violente, stanno per
farti infangare e farti cadere nel precipizio delle colpe, coi ruggiti della tua preghiera e col
ritirarti dalle occasioni in cui ti trovi, sarai salvo da ogni pericolo”.

Così di tutti gli altri esseri, che dirli tutti sarebbe troppo lungo.

Ad unanime voce risuonano fra loro e ci ripetono:

“Vedi, o uomo, per amor tuo ci ha creato il nostro Creatore e tutti a tuo servizio
stiamo, e tu non essere tanto ingrato; ama, ti prego , ama, ti ripeto, ama il nostro
Creatore”.

Dopo di ciò, il mio amabile Gesù mi disse: “Questo è il tutto che voglio: amar Dio ed il
prossimo per amor mio.

Vedi quanto ho amato l’uomo, ed esso è tanto ingrato; come vuoi tu che non lo
castighi?”.

Nell’atto stesso mi parve di vedere una grandine terribile ed un terremoto che deve fare
notabile danno, fino a distruggere le piante e gli uomini.

Allora con tutta l’amarezza dell’animo mio gli ho detto:

“Mio sempre amabile Gesù, perché sei tanto adesso sdegnato?

Se l’uomo è ingrato, non è tanta la malizia, quanto la debolezza.

Oh, se vi conoscessero un poco, oh, come starebbero umili e palpitanti! Perciò placatevi.
Almeno vi raccomando Corato e quelli che a me appartengono”.
Nell’atto di dire così, mi pareva che anche a Corato doveva succedere qualche cosa; a
confronto di quello che succederà negli altri paesi, sarà niente.

Volume 2 14 marzo 1899

Questa mattina il dolcissimo mio Gesù, trasportandomi insieme con Lui, mi faceva vedere
la molteplicità dei peccati che si commettono, ed erano tali e tanti, che è impossibile
descriverli.

Vedevo pure nell’aria una stella di smisurata grandezza, e nella sua rotondità conteneva
fuoco nero e sangue; incuteva tale timore e spavento nel guardarla, che pareva che fosse
minor male la morte, che vivere in tempi sì tristi.

In altri luoghi si vedevano i vulcani, che aprendo altre bocche dovevano inondare anche i
paesi vicini;

si vedeva pure gente settari[a], che andavano procurando gl’incendi.

Mentre io vedevo, il mio amabile ma afflitto Gesù mi disse:

“Hai visto quanto mi offendono, e quello che tengo preparato?

Io mi ritiro dall’uomo”.

E mentre ciò diceva, ci ritirammo tutti e due nel letto, e vedevo che in questo ritiramento
di Gesù, gli uomini si davano a fare più brutte azioni, più omicidi;

in una parola, mi pareva di vedere gente contro gente.

Quando ci fummo ritirati, Gesù pareva che si metteva nel mio cuore ed incominciò a
piangere e singhiozzare, dicendo: “Oh uomo, quanto ti ho amato!

Se tu sapessi quanto mi duole il doverti castigare!

Ma a ciò mi obbliga la mia giustizia.

Oh uomo!

Oh uomo, quanto piango e mi duole la tua sorte!”.

Poi dava sfogo al pianto, e di nuovo ripeteva le parole.

Chi può dire la pena, la paura, lo strazio che si faceva nell’animo, specialmente nel
vedere Gesù così afflitto e piangente?

Facevo quanto più potevo a nascondere il mio dolore per consolarlo, e gli dicevo: “Oh
Signore, non sarà mai che castighiate gli uomini!

Sposo santo, non piangete!

Come avete fatto altre volte, così farete adesso;


verserete in me, farete a me soffrire, e così la vostra giustizia non vi obbligherà a
castigare le genti”.

E Gesù continuava a piangere, ed io ripetevo: “Ma statemi a sentire un poco; non mi


avete messo in questo letto perché fossi vittima per gli altri?

Forse non sono stata pronta a soffrire le altre volte per far risparmiare le creature?
Perché adesso non volete darmi retta?”.

Ma con tutto il mio povero dire, Gesù non s’acquietava dal piangere.

Allora, non potendo più resistere, anch’io ruppi il freno al pianto, dicendogli: “Signore, se
la vostra intenzione è di castigare gli uomini, anche a me non mi regge l’animo di vedere
tanto soffrire le creature;

perciò, se veramente volete mandare i flagelli, ed i miei peccati non mi fanno più
meritare di soffrire, io invece degli altri, me ne voglio venire, non voglio più stare in
questa terra”.

Poi è venuto il confessore ed essendo stata chiamata all’ubbidienza, Gesù si è ritirato,


e così tutto è finito.

La seguente mattina, continuavo a vedere Gesù nel mio cuore, ritirato, e vedevo che le
persone fin dentro il mio cuore venivano e lo calpestavano, lo mettevano sotto i piedi.

Io facevo quanto più potevo per liberarlo;

e Gesù, rivolto a me, mi ha detto:

“Vedi fin dove giunge l’ingratitudine degli uomini?

Loro stessi mi costringono a castigarli, senza che possa fare diversamente.

E tu, mia cara, dopo che hai visto Me tanto soffrire, ti siano più care le croci e delizie le
pene”.

Volume 2 18 marzo 1899

Questa mattina seguitava ancora il mio diletto Gesù a farsi vedere dentro il cuore mio
e, vedendolo un poco più carino, fecimi coraggio e incominciai a pregarlo, che non
mandasse tanti castighi.

E Gesù mi disse:

“Che ti muove, o mia figlia, a pregarmi che non castighi le creature?”.

Io subito risposi: “Perché sono tue immagini e, dovendo le creature soffrire, verresti
Tu stesso a soffrire”.

Allora Gesù, mandando un sospiro, mi disse: “Mi è tanto cara la carità, che tu non puoi
comprenderlo.
La carità è semplice come l’Essere mio che, sebbene è immenso, è pure semplicissimo,
tanto che non c’è parte in cui non vi penetri.

Così la carità, essendo semplice, si diffonde dappertutto, non ha riguardo di nessuno,


amico o nemico, cittadino o forestiero, tutti ama”.

Volume 2 19 marzo 1899

Questa mattina, Gesù, mentre si faceva vedere, io temevo ancora non fosse
veramente Gesù, ma il demonio che mi volesse illudere.

Dopo che ho fatto le solite proteste, Gesù mi ha detto:

“Figlia, non temere, che non sono il demonio;

e poi, quello, se parla delle virtù, è una virtù scolorita, non vera virtù, né ha virtù
d’infonderla nell’anima, ma di solamente di parlarne;

e se qualche volta mostra di voler far praticare qualche poco di bene, non è [un bene]
perseverante, e nell’atto stesso che l’anima fa quel poco di bene, l’anima è fiacca ed
agitata.

Solo Io ho la potenza d’infondermi nel cuore e di far praticare le virtù e di far soffrire con
coraggio e tranquillità e con perseveranza;

e poi, quando mai il demonio è andato in cerca di virtù?

La sua caccia sono i vizi.

Perciò non temere, stai tranquilla”.

Volume 2 20 marzo 1899

Questa mattina Gesù mi ha trasportata fuori di me stessa, e mi ha fatto vedere molta


gente, tutta in discordia.

Oh, quanta pena faceva a Gesù! Io, vedendolo molto soffrire, l’ho pregato che
versasse in me, ma siccome continuava ancora che voleva castigare il mondo, Gesù non
voleva versare in me; ma dopo averlo pregato e ripregato, per contentarmi, ha versato
un poco.

Indi, essendosi sollevato un poco, mi ha detto:

“La causa che il mondo si è ridotto in questo triste stato, è d’aver perduta la
subordinazione ai capi; e siccome il primo capo è Dio, a cui [gli uomini] si sono ribellati,
di conseguenza è avvenuto che hanno perduta ogni soggezione e dipendenza alla Chiesa,
alle leggi ed a tutti gli altri che si dicono capi.

Ah! Figlia mia, che sarà di tanti membri infetti da questo malo esempio, dato da quegli
stessi che si dicono capi, cioè da superiori, da genitori e da tanti altri?
Ah, giungeranno a tanto che non si conosceranno più, né genitori, né fratelli, né re, né
principi;

questi membri saranno come tante vipere che a vicenda si avveleneranno.

Perciò, vedi quanto sono necessari i castighi in questi tempi, e che la morte quasi
distrugga questa razza di gente, affinché quei pochi che rimarranno imparino a spese
altrui ad essere umili ed obbedienti; onde lasciami fare, non volerti opporre a farmi
castigare le genti”.

Volume 2 31 marzo 1899

Questa mattina il mio adorabile Gesù si faceva vedere crocifisso, e dopo d’avermi
comunicato le sue pene mi ha detto: “Molte sono le piaghe che mi fecero soffrire nella
mia Passione, ma una fu la croce;

ciò significa che molte sono le strade con cui attiro le anime alla perfezione, ma uno è
il cielo, in cui queste anime devono unirsi, sicché, sbagliato quel cielo, non c’è alcun altro
che possa renderle beate per sempre”.

Poi ha soggiunto: “Guarda un poco:

una è la croce, ma di vari legni fu formata detta croce;

ciò vuol dire che uno è il cielo, ma vari posti che questo cielo contiene, più o meno
gloriosi, ed a misura delle sofferenze sofferte quaggiù, più o meno pesanti, saranno
distribuiti i posti.

Oh! Se tutti conoscessero la preziosità del patire, farebbero a gara a chi più volesse
patire, ma questa scienza, dal mondo, non viene conosciuta;

perciò aborriscono ciò che può renderli più ricchi in eterno”.

Potrebbero piacerti anche